Circa due settimane fa, a nove mesi dal drammatico incidente al Giro di Polonia, Groenewegen e Jakobsen si sono incontrati in una piccola stanza ad Amsterdam, prima che Fabio partisse per la Turchia. La notizia è passata inspiegabilmente in secondo piano, mentre avrebbe meritato grande risalto, in quanto ha dimostrato la forza del ciclismo e dei suoi protagonisti.
Lo ha raccontato a Sporza il velocista della Jumbo-Visma che quel 5 agosto del 2020 causò la caduta, subendo a sua volta la frattura della clavicola e la squalifica di nove mesi. Dopo aver lottato fra la vita e la morte, Jakobsen è tornato in gruppo lo scorso 11 aprile appunto al Turchia. Il rientro di Groenewegen avverrà invece sabato al Giro d’Italia.
Nelle settimane successive all’incidente, Patrick Lefevere prima si augurò che Dylan finisse in galera, poi annunciò la sua intenzione di portare la questione in tribunale.
La drammatica caduta che stava per costare la vita a Jakobsen (che vola oltre la transenna)La drammatica caduta che stava per costare la vita a Jakobsen (che vola oltre la transenna)
Autorizzato dal contesto ad alzare i toni, scese in campo con argomenti piuttosto infantili anche Remco Evenepoel che in un’intervista a Humo dichiarò: «Non credo che Fabio debba parlare con Dylan, la cosa più giusta sarebbe ignorarlo. E penso che nessuno del nostro team debba parlare con lui. Ha fatto male a un nostro compagno e noi non possiamo dimenticarlo».
Groenewegen iniziò a ricevere minacce e richiese la protezione della polizia. Poi fece la sola cosa giusta: affrontò la questione.
Prima ha scritto un messaggio al padre di Jakobsen. E alla fine ha incontrato Fabio. Troppe persone avevano parlato, tranne loro due. Ed era tempo di farlo.
Evenepoel ha 21 anni: gambe da campione, maturità da raggiungereEvenepoel ha 21 anni: gambe da campione, maturità da raggiungere
Dylan non ha voluto raccontare che cosa si siano detti, si è limitato a spiegare come entrambi abbiano alleggerito i loro cuori. Questo coraggio (reciproco) è una grande lezione. Per i manager, affinché capiscano che concentrarsi su Groenewegen significa ignorare che quelle transenne fossero più criminali della stessa scorrettezza. E anche per Evenepoel e chi lo consiglia. I vent’anni inducono spesso nella tentazione di parlare troppo: tenere a bada simili slanci sarebbe utile soprattutto per il ragazzo. Valga come ottimo esempio la condotta della Trek-Segafredo per le esternazioni politiche di Quinn Simmons. Jakobsen ha insegnato che per affrontare un caso così grave serve anche la bontà di accogliere il dolore degli altri. Il ciclismo è davvero una straordinaria scuola di vita.
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Avrà sempre mezza testa a casa e non potrà farci niente. “Cimo” è lì che riempie la valigia, mentre Alessia, la sua compagna, conta i giorni che mancano all’arrivo della prima figlia. Restano due settimane, per bene che gli vada Davide la conoscerà quando il Giro arriverà a Sacile, a due passi da casa. La storia è piena di casi del genere, però un conto è sentirli raccontare e un altro trovarcisi dentro. In certi momenti la vita del corridore si fa spigolosa, fra ritiri e settimane al fronte, con la valigia, lo smartphone e la bici. Cimolai lo sa bene.
«Certo che ho il magone – dice – e anche tanto. Ma quest’anno scade il contratto e mi piacerebbe garantire un futuro alla famiglia».
Con la compagna Alessia che a breve lo renderà padre (foto Paolo Mazzara)Con la compagna Alessia che a breve lo renderà padre (foto Paolo Mazzara)
Viva la vita
Ci starebbe bene una vittoria, questa volta per fare festa. Davide non vince dalla tappa di Verviers al Giro di Vallonia del 2019 (foto di apertura) e fu una volata di resurrezione.
«In questa vittoria, in questa foto – scrisse allora “Cimo” su Instagram – c’è tutto me stesso. Riprendere la bici dopo il Giro d’Italia mi sembrava impossibile, difficile immaginare e spiegare quello che ho passato, provato e sofferto. A voi amici dedico questa vittoria perché mi siete stati vicini nel periodo più brutto della mia vita».
La sua vita aveva subito un duro colpo durante il Giro d’Italia e la stessa corsa si era trasformata in un inferno. Ma Davide riuscì a voltare pagina e la sua nuova vita e l’idea stessa di un figlio in arrivo sono state la miglior risposta. E’ inimmaginabile la carica emotiva che lo accompagnerà. Viva la vita!
«Il quadro perfetto adesso – conferma – sarebbe portare a casa una tappa e poi aiutare Martin nell’ultima settimana. La squadra avrà sei corridori per aiutare Daniel, mentre io potrò fare le mie volate. Se va bene, avrò Bevin per darmi una mano».
E’ andato al Turchia per rifinire la condizione in vista del GiroE’ andato al Turchia per rifinire la condizione in vista del Giro
Le volate e la moto
Non è semplice, tuttavia, partire per un Giro d’Italia da velocista senza treno e “Cimo” lo sa. Ugualmente sta facendo tutto come si deve.
«Sono tornato dalla Turchia – spiega – sereno per la condizione che ho raggiunto. Ho fatto due richiami in palestra per settimana, perché alle corse perdi forza. E altre due volte ho fatto dietro moto con mio papà. Lui ormai mi conosce. Mi chiede cosa voglio fare e alla fine sa dirmi come sto, se sono stanco o se ho lavorato bene. Facciamo anche delle volate, che fra le tante che puoi fare in allenamento sono le più veritiere. Con il rapporto lungo o più agile, perché in corsa si presentano davvero mille situazioni diverse».
Le volate a casa sono lunghe oppure brevi, cercando di simulare le situazioni di corsa, con il riferimento del potenziometro e le sensazioni che cambiano se la volata la fai dopo un’ora o al termine di un lungo di sei.
Su strada oppure in pista, il lavoro dietro moto per “Cimo” non manca maiSu strada o in pista, il dietro moto per “Cimo” non manca mai
I treni degli altri
Poi ci sono gli avversari, che ogni professionista segue grazie ai mille siti e i social dedicati, per farsi un’idea se non è riuscito a corrergli accanto.
«Se non hai un treno – dice – sprechi un sacco di energie a livello mentale. Perciò le prime tappe serviranno per vedere chi avrà il treno più forte. Non ho visto con quale squadra verrà Groenewegen, ma di certo saranno forti quelle di Caleb Ewan e di Viviani. Nizzolo avrà un paio di uomini, Sagan si arrangia e Gaviria ci sarà de vederlo. Manca il treno della Deceuninck-Quick Step che punterà tutto sulla classifica. Il mio scopo sarà infilarmi a ruota dei più forti, con tanta tensione e stando attenti alle cadute. La cosa migliore sarebbe pescare la ruota giusta all’ultimo momento, perché sgomitare per tre chilometri è snervante. Per fortuna dovrei avere per me Dowsett e Brandle, che sono due grandi cronoman e potrebbero portarmi al finale senza correre rischi».
Sanremo 2021, al traguardo con il gruppo di BennettSanremo 2021, al traguardo con il gruppo di Bennett
Opzione fuga
La squadra punterà su Martin per la classifica: l’irlandese già da qualche settimana va ripetendo di non aver mai avuto una condizione così buona. Le occasioni per arrivare in volata non sono invece così numerose. Novara (2ª tappa), Cattolica (5ª tappa), Termoli (7ª tappa), Foligno (10ª tappa), Verona (13ª tappa), Gorizia (15ª tappa).
«Se una tappa è piatta – dice – sai che si tratterà di scaricare tutta la forza che hai e magari chi ne ha di più, riesce a vincere. Ma capisci che la condizione è vincente quando con il passare dei giorni, superi bene le salite. Per uno come me andrebbero bene anche le tappe con qualche muro, in realtà, ma c’è un doppio problema. Le squadre dei velocisti puri non tirano e quelli di classifica nemmeno. Così va via la fuga e di solito arriva. Perciò vedremo che piega prenderà la corsa, ma non escludo nemmeno di buttarmi a mia volta nelle fughe. Come nell’ultima tappa del Turchia. Era andata via quella buona e se la Androni non avesse tirato, magari saremmo arrivati. Sarà un Giro da interpretare, prima si possono fare tutti i discorsi del mondo».
Battistella era sparito ed è ricomparso all'Amstel. Era sul Teide a lavorare per il Giro. Correrà per Vlasov, ma intanto studia come vincere nelle Ardenne
«Lo scorso anno – ride Puccio – ho beccato tre fughe, come non succedeva da 15 anni. Ma quest’anno credo che lo spazio extra sarà per Gianni o Filippo, il mio ruolo nella Ineos del Giro tornerà a essere quello di stare vicino al leader. A Egan. Loro sono più vincenti, hanno intrapreso subito la via giusta. Prima invece arrivavi e per i primi tempi dovevi metterti a disposizione…».
Il Giro d’Italia 2013 si aprì con una cronosquadre a Ischia: vinse Sky, maglia rosa a PuccioIl Giro d’Italia 2013 si aprì con una cronosquadre a Ischia: vinse Sky, maglia rosa a Puccio
Predestinati e non
“Salva” parla e in queste poche parole su Moscon e Ganna riassume il cambiamento del ciclismo. Se uno come lui passasse oggi, con il Giro delle Fiandre e altre quattro vittorie di peso al terzo anno da U23, lo metterebbero subito nella colonna dei vincenti e come tale lo farebbero crescere.
Nel 2012 invece, inserito nel primo Team Sky di Wiggins e del nascente Froome, gli spiegarono le regole, gli lasciarono appena un po’ di spazio, poi la sua carriera decollò nel segno della generosità e della dedizione. Quando c’è da fare gruppo, tirare e dare la scossa, Puccio c’è. L’anno scorso nel Giro di Tao e delle mille fughe targate Ineos, Salvatore è stato l’elemento d’ordine. In precedenza aveva tirato per Wiggins quando il baronetto si intestardì a rincorrere il Giro. E ha scortato Froome verso la maglia rosa. Però non l’hanno mai portato al Tour, ad esempio, neppure nei primi anni: un tipo di esperienza che lo avrebbe fatto sicuramente crescere. Non si vuole dire che lo diano per scontato, ci mancherebbe, il suo ruolo è super apprezzato. Ma forse, così almeno appare dall’esterno, si dà per scontata la sua disponibilità.
Inizia il Colle delle Finestre al Giro del 2018: si prepara l’attacco di FroomeInizia il Colle delle Finestre al Giro del 2018: si prepara l’attacco di Froome
Tutti per Egan
Mercoledì Salvatore Puccio da Menfi, professionista classe 1989, partirà per il suo ottavo Giro d’Italia. Lo farà da vincitore uscente, anche se per l’occasione il team Ineos Grenadiers ha rimescolato le carte. Tao Geoghegan Hart ha scelto la strada del Tour, assieme a Geraint Thomas, Richard Carapaz, Richie Porte e Adam Yates. Al Giro vedremo Egan Bernal con accanto il vice Sivakov e poi gli italiani più forti, con Moscon, Ganna e Puccio guidati da Tosatto e Cioni. Pare che la scelta di correre il Giro l’abbia imposta Bernal in persona, deluso dopo averlo saltato per caduta lo scorso anno, e che la squadra sia stata ridisegnata di conseguenza.
«In partenza correremo per lui – conferma Salvatore – e non come l’anno scorso, in cui la tattica fu obbligata dall’uscita di scena di Thomas. Egan parte da favorito. Qualche giorno fa siamo usciti in bici insieme, ma pioveva ed era freddo, così siamo stati fuori solo due ore e mezzo. L’ho visto magro e motivato. Mi ha confermato di essersi allenato bene, tiene tanto al Giro».
Salvatore Puccio e Filippo Ganna dopo la fuga vincente di Pippo all’Etoile de BessegesPuccio e Ganna dopo la vittoria di Pippo all’Etoile de Besseges
Il mistero della Liegi
A ben guardare, l’unico italiano del team Ineos che in epoca recente sia stato portato al Tour è Moscon, ma anche per lui è scattato il piano Giro, con la difficoltà di capire se il Tour venga considerato meta per atleti eletti e il resto del calendario venga completato di conseguenza. Cogliere dall’esterno il modo di pensare dello squadrone britannico è diventato sempre più complesso. Come per la Liegi, ad esempio.
«Dovevo andarci anche io – conferma Puccio – dopo il Tour of the Alps, poi la squadra non è stata chiara. Siamo in 32, ma c’è sempre chi sta male e alla fine ci troviamo senza corridori per partire. C’è stata una corsa in Belgio in cui s’è fatta fatica a trovare il quarto, altrimenti non si partiva. Sembra una barzelletta. Fra gli ostacoli per la Liegi alla fine è saltato fuori che non c’era più il volo il venerdì sera. Per cui si sarebbe trattato di partire il sabato. Ma se viaggi alla vigilia della corsa senza un allenamento per smaltire le fatiche del Tour of the Alps… Alla fine forse è andata anche bene. Qualche jet privato ancora si vede, ma per i corridori di Andorra».
In questa foto, la svolta del Giro 2020 per la Ineos. Thomas arranca sull’Etna, si volta paginaLa svolta del Giro 2020 della Ineos. Thomas arranca sull’Etna, si volta pagina
Fra Yates e Remco
Così si pensa al Giro, manca ormai poco, con il grosso punto interrogativo del meteo che non volge al bello.
«Non vedo l’ora di partire – ammette Salvatore – perché anche qui a Monaco non è bruttino e fa freddo. Anche quest’anno credo che sarà decisiva la seconda settimana, perché uno come Yates arriverà fortissimo e nei primi giorni li farà fuori tutti, con il grosso punto di domanda se reggerà sino in fondo. Non è facile contrastarlo quando attacca a quel modo, per cui nelle prime due settimane si proverà a contrastarlo e nella terza dovremo staccarlo. E poi ci sono gli altri, con l’incognita Evenepoel. Se andrà forte al punto di vincerlo, bisognerà rivedere tutti gli schemi. Non corre da nove mesi. Già è difficile trovare la forma correndo, figurarsi stando tanto tempo ad allenarsi. Sono curioso».
Sul podio di Milano nel 2020, podio tutto Ineos, festeggiando la maglia rosa di Tao Geoghegan HartMilano nel 2020, festeggiando con Tao Geoghegan Hart
Stanze singole
«Tao poteva tornare al Giro? Il Tour per lui è un investimento, ma è caduto alla Parigi-Nizza e spero che il ginocchio sia a posto. Senza pressioni va forte, Tosatto l’anno scorso l’aveva capito e l’ha gestito di conseguenza. Al Tour si troverà davanti tanti di quei leader, che potrà restare tranquillo. Ma adesso pensiamo al Giro. Mercoledì sera sarò a Torino. Ancora una volta si dovrebbe dormire tutti in singola per il Covid, ma non so se tutti gli alberghi saranno attrezzati. In camera si sta poco, in realtà. A volte fa piacere sparare due cavolate prima di addormentarsi, altre volte si sta meglio da soli. Dipende molto dalle abitudini dei singoli. Se ti piace svegliarti molto presto e non puoi fare rumore. Se ti capita quello che russa… Per questo ogni inizio anno compiliamo un questionario interno in cui indichiamo anche questo tipo di preferenze. E poi c’è da correre. E’ il Giro d’Italia, ragazzi, proprio non vedo l’ora che inizi».
Il ciclismo è una famiglia. I professionisti ne sono gli ambasciatori. E' il mondo .PRO dal quale siamo nati e di cui bici.PRO è a sua volta la bandiera
Pochi giorni al via del Giro d’Italia. Per Elia Viviani forse l’edizione più importante, soprattutto sapendo quel che ci sarà dopo, la preparazione per i Giochi Olimpici su pista. Arrivarci con lo spirito giusto sarebbe fondamentale.
Suo fratello Attilio lo guarda sempre con attenzione, anche se i due sono relativamente lontani (Elia vive a Montecarlo, Attilio è rimasto in Veneto) e non capita spesso che le loro strade s’incrocino (nella foto d’apertura Elia e Attilio in azzurro alla Vuelta a San Juan 2017).
«Ci siamo ritrovati al ritiro d’inizio stagione – spiega – e avremmo dovuto seguire programmi differenti per riunirci al Giro. Io avrei dovuto fare gare di seconda fascia per cercare qualche risultato e poi lavorare per Guillaume Martin, invece la situazione della squadra ha portato a cambiamenti in corsa e ci siamo ritrovati insieme sia al Uae Tour che alla Tirreno-Adriatico».
Considerando però che, quando siete insieme, tu lavori nel treno che deve portarlo alle volate, questo è servito per ritrovare l’amalgama…
Sicuramente, anche se non era la composizione principale mancando Consonni, lavorare insieme è servito. Se guardate la sua stagione finora, vi accorgerete che delle differenze con il 2020 ci sono, va più forte e soprattutto lavoriamo meglio in squadra. Riusciamo anche a risolvere situazioni difficili, “rimontare” il treno anche nelle peggiori difficoltà.
Attilio Viviani è alla Cofidis dal 2020 (una vittoria), dopo essere stato stagista l’anno primaAttilio Viviani è alla Cofidis dal 2020 (una vittoria), dopo essere stato stagista l’anno prima
Che cosa non aveva funzionato lo scorso anno?
E’ stato un anno strano, tutti lo sanno. Alla Cofidis ad esempio c’era più attenzione per Martin perché poteva far classifica, il che è significato avere al Tour un uomo in meno per le volate e questo può essere decisivo per il risultato finale, fai il doppio della fatica. Poi il Covid in stagione ha colpito me e Sabatini e lui si è ritrovato solo con Consonni.
Qual è la composizione ideale del treno?
Io per primo, poi Consonni, Sabatini ed Elia. Io ho lavorato molto con Simone alla Valenciana e i risultati sono stati confortanti, Elia sta affinando la preparazione al Romandia con Sabatini. Al Giro ci riuniremo e metteremo in pratica tutto il lavoro effettuato.
I quattro dello sprint Cofidis ai tricolori del 2020: da sinistra Sabatini, Consonni, Attilio ed Elia VivianiConsonni, Attilio ed Elia Viviani, così al via dei tricolori 2020
A proposito, come sta Simone?
I problemi al ginocchio sono risolti e in gara si vede che ha ritrovato verve, qualche fastidio esce solo quando c’è grande freddo, come sempre succede con i guai al ginocchio, ma ormai neanche ci pensa più, è concentratissimo.
Sai bene che su Elia e Consonni c’è un occhio particolare addosso, legato alla madison delle Olimpiadi…
Su pista hanno già lavorato insieme, ma le tre settimane al Giro saranno fondamentali, anche al di fuori della corsa, per cementare il rapporto che poi si traduce in gara.
Attilio Viviani vanta 7 successi da under 23. Ha corso per Colpack, Sangemini e ArvediPer Attilio 7 successi da U23. Ha corso per Colpack, Sangemini e Arvedi
Parliamo un po’ però anche di Attilio, delle sue aspirazioni…
A inizio stagione il programma che avevamo approntrato con la squadra era improntato proprio a farmi crescere, a darmi qualche occasione in più a livello personale, ad esempio dovevo andare a Cholet, poi invece i programmi sono cambiati, ma è andata bene così. Ho potuto fare esperienze al World Tour che per un corridore al secondo anno in una squadra del massimo livello non è frequentissimo. Prevalentemente lavoro per il treno di Elia, ma spero di avere qualche occasione per poter sprintare anch’io nel corso della stagione.
Rispetto a tuo fratello, che corridore sei?
Abbiamo fisici differenti, lui è più potente, io sono più pesante, faccio un po’ più fatica nelle salite, ma soprattutto so che devo crescere ancora tanto. Credo di avere le caratteristiche giuste per giocarmi le mie carte in fughe anche di gruppo, di medio-lunga gittata. Serve esperienza, devo migliorare anche per superare meglio le salite corte, quelle che tagliano fuori molti velocisti. Devo solo lavorare e aspettare, per ora però Elia viene prima di tutto.
C’era una volta la distanza, quel giorno senza limiti in cui il corridore passava più ore in sella che dentro casa. C’era una volta la distanza, ora non c’è più. Ne parliamo con Alessandro De Marchi, corridore della Israel Start Up Nation, che ha nelle gambe tanti chilometri, 13 stagioni di professionismo e abitudini che con gli anni sono andate via via cambiando. Nel nome della qualità, la quantità è andata scemando e anche il giorno più lungo, appunto quello della distanza, pur mantenendo un discreto numero di ore, ha cambiato faccia.
Alessandro è in Friuli, in quel buco di tempo fra il Tour of the Alps e il Giro d’Italia in cui si cerca di far stare tutto ciò che si è perso prima e che si perderà poi. E’ un privilegio avere questi minuti, scavati nei trasferimenti in auto tra una faccenda e l’altra.
«Distanza – dice – è il vecchio concetto di allenamento lungo, che però negli anni si è evoluto. Ora raramente si fanno tutti quei chilometri, ma si tende a metterci dentro tante cose. La distanza ora ha tante sfumature, che nel mio caso si possono suddividere in due tipologie. La distanza low carb, cioè un allenamento lungo senza apporto di carboidrati. Oppure un allenamento lungo con una serie di simulazioni, in cui i lavori specifici vengono inseriti nella seconda parte dell’allenamento, per mettere il corpo nelle condizioni di stress che vivrà in gara».
Può capitare in corsa di trovarsi in debito di zuccheri: le distanze low carb educano il corpo a questoTrovarsi in debito di zuccheri: le distanze low carb educano il corpo a questo
La distanza low carb
Siamo già nel vivo, affondiamo i denti incuriositi. Partiamo dalla distanza low carb, con più di qualche curiosità.
A cosa serve?
A insegnare al corpo a utilizzare le risorse di cui dispone, senza apporto di carburante dall’esterno. Per cui nella prima parte della giornata l’alimentazione sarà sbilanciata verso proteine e grassi. I carboidrati non a zero, ma in quota riadattata.
Si comincia dal mattino o dalla sera prima?
Tendo a fare una cena normale, mentre a colazione mangio omelette, affettato, bresaola. Niente avena né fette biscottate. Yogurt greco, noci, cioccolata con cacao all’85 per cento con pochi carboidrati. E in bici privilegio borracce con proteine e barrette proteiche, in linea con quello che ho mangiato al mattino.
La colazione senza carboidrati prevede anche un’omeletteLa colazione senza carboidrati prevede anche un’omelette
Fa pensare alla dieta dissociata: come reagisce il corpo?
Dopo un paio d’ore che pedalo, ho la sensazione di essere molto… piatto, di poter continuare a lungo, ma senza i soliti picchi di rendimento. E’ un regime difficile da mantenere. Gli atleti evoluti riescono a durare così per 5-6 ore, ma le prime volte non riuscivo ad andare oltre le 3 ore e mezza. Adesso arrivo a 5 ore, ma è stato un adattamento graduale.
Riesci ad andare forte o si tratta di allenamenti lenti?
Dipende dalla giornata. Le prime volte era difficile fare grandi intensità, perché costringi il corpo a usare un carburante diverso rispetto agli zuccheri.
Quando torni a casa sei distrutto?
Non è detto. Le prime volte sei in sofferenza, perché il corpo non è abituato, ma col tempo si adatta. Il pranzo comunque è ancora privo di carboidrati, mentre la cena di solito è libera. Completamente free per recuperare.
La distanza per De Marchi (a casa) vuol dire uscire da solo e fare il suo lavoro
Le strade del suo Friuli, prima di iniziare l’avventura del Giro
A casa De Marchi ha tutti i riferimenti, compreso il CTF Lab di Andrea Fusaz
La distanza (a casa) è sinonimo di solitudine
Le strade del suo Friuli, prima Giro
A casa i suoi riferimenti, tra cui il CTF Lab
Si riesce a fare anche del lavoro specifico durante queste uscite?
No, non ci riuscirei. Quando si va in questo modo, puoi allenare al massimo la resistenza. I lavori specifici richiedono gli zuccheri. E’ il motivo per cui allenamenti low carb come questi ne faccio al massimo uno a settimana.
La simulazione di gara
Lavori specifici si affrontano invece nell’altro tipo di distanza, quella in cui si cerca di proporre al corpo il carico di lavoro e di stress che incontrerà in gara.
Un altro tipo di lavoro…
Esatto, si tratta di un lungo con altri obiettivi, fare cose simili alla gara ovviamente con l’intensità che varia in base al periodo dell’anno. Più sei vicino alle corse e più cresci l’intensità.
Lavori specifici e dietro moto?
Se sono in fase di carico, il dietro moto lo faccio nella seconda metà dell’allenamento oppure in finale. Se sono vicino alla corsa, capita di fare dietro moto anche per 5 ore, sin da subito.
Che tipi di lavori specifici si fanno?
Tanto volume, per cui le classiche Sfr, interval training, lavoro intermittente. Tutto ciò che può dare al corpo lo stimolo della corsa.
Al rientro dopo il lungo “simulazione”, borraccia di proteine, poi riso e verdureAl rientro dopo il lungo “simulazione”, borraccia di proteine, poi riso e verdure
In questi casi come varia l’alimentazione?
La colazione è tutta sbilanciata a favore dei carboidrati, come alle corse, perché il vero carburante sono loro. E in bici ci saranno maltodestrine, bevande energetiche e barrette ricche di carboidrati, perché davvero si fa sul serio a ritmi elevati.
Per quanto tempo si sta fuori?
Dipende dai lavori che devo fare, ma si può anche andare oltre le 5 ore, però sempre meno di 6, altrimenti diventa un’altra cosa. Dipende dalla resistenza che hai, io arrivo spesso sul filo delle 6 ore per il tipo di corridore che sono.
Capita di fermarsi durante queste maratone ad alta intensità o nella distanza low carb?
Dipende dalle abitudini, a me non piace, perché la sosta mi spezza il ritmo. Sul Teide, gli altri ci tenevano a fare la pausa caffè e allora mi fermavo anche io, ma se sono a casa e ho il mio lavoro da svolgere, parto e mi fermo solo quando ho finito.
Cosa porti di solito in tasca?
I rifornimenti, proprio per non fermarmi. Il telefono. La carta di identità. Due spiccioli casomai accada qualcosa. Il kit per riparare le forature è fisso sulla bici e di solito, per la tipica fortuna dei corridori, in queste giornate capita sempre di bucare.
Quasi due settimane fra il Tour of the Alps e il Giro: tempo per la famigliaQuasi due settimane fra il Tour of the Alps e il Giro: tempo per la famiglia
Quando rientri dopo 6 ore salti il pranzo?
Cerco di non saltare mai i pasti, seguendo la disciplina della corsa, in cui dopo la tappa devi subito reintegrare. Per cui il recupero immediato, anche se sono le 16, si fa con una borraccia di proteine e poi un primo oppure un piatto di riso, per reintrodurre la quota di carboidrati, e un po’ di verdure. Il primo recupero si fa così.
E la cena?
Dipende dall’allenamento del giorno dopo, ma di solito è 50 per cento proteine e 50 carboidrati. Una distanza come questa di solito si fa alla fine di un blocco di lavoro, per cui il giorno dopo magari c’è un po’ di recupero.
E come si mangia alla vigilia di un Giro d’Italia?
Sto giusto facendo la spesa per la classica grigliata con gli amici, che si fa prima di partire per un grande Giro. Siamo a casa nuova da poco e ancora non siamo riusciti a godercela, verrà il tempo. Per cui carne, verdure e un bicchiere di vino. E poi saremo pronti per andare a Torino…
Visconti s’era un po’ perso dietro a qualche acciacco, ma adesso che tutto sembra avviato a soluzione, il tono di voce ha riscoperto la brillantezza di prima e il motore ha ripreso a girare. Come i primi mesi con la Bardiani, quando il mondo sembrava un buffet da cui semplicemente servirsi. La storia di Giovanni è affollata di stop indesiderati, forse per questo il siciliano di San Baronto ha sviluppato il modo di farvi fronte e pedala convinto verso il Giro d’Italia.
La “gippetta” verde, che poi è una Suzuki, ora è completamente restaurataLa “gippetta” verde, che poi è una Suzuki, ora è completamente restaurata
«Oggi ho fatto tremila metri di dislivello sul San Baronto – dice – la corsa in Serbia non aveva grandi pendenze e purtroppo dopo la Turchia abbiamo avuto tre giorni di viaggio senza toccare la bici. Ma nel tempo che manca al Giro, conto di dare una limatina al peso e di fare il resto in corsa. Sono motivato, questo è l’importante. E quando si sta bene, si lavora con voglia».
Nuova ripartenza
Sono settimane convulse. Prima del Giro il tempo è sempre stretto per metterci dentro quello che non si avrà il tempo di fare poi.
Le prime corse di stagione sono state molto dure, qui alla Strade BiancheLe prime corse di stagione sono state molto dure, qui alla Strade Bianche
«Si va al Giro – dice – con una squadra competitiva per le fughe. Non fughe tanto per farsi vedere, ma per arrivare. Avremo uomini come Battaglin. Carboni che va forte in salita. Occhi aperti su Zoccarato, che è un cavallo pazzo. Scatta sempre a tutta. Ti fa morire dalle risate. E’ capace di partire a 40 dall’arrivo e di rilanciare in pianura a 60 all’ora. E’ un mulo, in futuro lo vedrei bene alla Deceuninck-Quick Step al Nord. Poi c’è Marengo, che è di Torino e ha il morale a mille. Tutta gente che va bene in salita e, se becca la fuga, è anche veloce. La prima settimana magari si starà tranquilli per scaldare il motore, ma poi si attacca per arrivare».
Fiorelli cresce
Per sé tiene un ruolo importante, ma preferisce non parlarsi addosso. Quella prima settimana di attesa sarà tutta uno stringere i denti, ma quando arriverà la condizione giusta, anche Visconti sarà in prima fila. Nel frattempo, si è messo a osservare Pippo Fiorelli e un po’ ci si rivede.
Zoccarato porterà al Giro il suo estro di attaccante: ha 23 anni, è un neopro’ e ha un gran motoreZoccarato al Giro con il suo estro di attaccante: ha 23 anni ed è neopro’
«Ha preso coraggio – dice – sa che non è facile come sembra, ma ha capito che può sognare più in grande. E’ uno che tiene i 10 minuti in salita e ha la cattiveria per essere davanti nei finali. Mi ricorda il Visconti dei primi tempi, si sta avviando verso quel tipo di corridore. Spero per lui anche meglio di me. Se crescendo perderà qualche chiletto, se arriverà sui 66-67, potrà specializzarsi nelle corse dure con arrivo di gruppetto. E’ troppo leggero per fare il velocista e non è uno scalatore, ma siate certi che al Giro lo vedrete sgomitare. In Serbia, sull’unica salita di tutta la corsa, era così forte che si è messo a scattare e alla fine l’ha buttata. Io salivo a 420 watt medi, lui intorno ai 440: il motore c’è. Ha sbagliato, ma era il più forte. Con un altro Giro, si assesta e poi diventa un brutto cliente».
Due torinesi
Il sottofondo è quello di Thomas che è uscito dalla scuola calcio. C’è tempo per altre due chiacchiere sulla Jeep verde che ormai ha finito di restaurare e sulla bicicletta per il Giro, che poi sarà la stessa usata finora.
Per Marengo, torinese, il Giro d’Italia sarà una scarica di adrenalinaPer Marengo, torinese, il Giro d’Italia sarà una scarica di adrenalina
«La bici è fantastica – dice – davvero bella. Con un paio di accorgimenti starebbe tranquillamente sotto i 7 chili, ma ha una tale rigidità per essere anche veloce, che proprio non te ne accorgi. Per il Giro forse avremo il nastro rosa e rosa saranno anche le mascherine. La squadra tiene a questi particolari e per noi è il modo di sentirci importanti. Ieri mi ha chiamato un giornalista piemontese, visto che sono nato a Torino. Voleva sapere che cosa significhi partire col Giro dalla propria città. Forse poteva chiedermelo l’anno scorso che si partiva da Palermo. Vorrà dire che la Bardiani-Csf al via avrà due torinesi. Marengo e il palermitano Visconti…».
Mentre tutti parlano di sicurezza dopo la caduta di Landa, Caleb Ewan punta al record di vincere una tappa in ogni grande Giro. Ma per farlo andrà via prima
Damiano Caruso si ritrova capitano. Gli era già successo al Tour del 2017. Lui sta bene. La condizione cresce. La squadra non fa pressioni: «Me la gioco!»
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Tomaia leggera e traspirante per le DMT KR1Tomaia leggera e traspirante per le DMT KR1
Spinta ottimale
La suola anatomica è in carbonio e questo aspetto, oltre a rendere gli scarpini leggeri (nella misura 42 pesano appena 240 grammi), garantisce un’ottima trasmissione di potenza sui pedali. Le tacchette hanno una possibilità di regolazione anteriore-posteriore di 8 millimetri.
La tomaia è realizzata interamente in Engineered Knit 3D, leggera e traforata per aumentare il livello di traspirabilità. Essa infatti consente un completo ricambio di aria all’interno dello scarpino. Il piede si mantiene fresco e ossigenato, a vantaggio della circolazione. La calzata è ottima è conferisce un incredibile appoggio. Il corridore ne beneficerà e si troverà senza dubbio a suo agio, in grado di esprimersi nel migliore dei modi.
Gli scarpini top di gamma DMT, per il Giro d’ItaliaGli scarpini top di gamma DMT, per il Giro d’Italia
Tributo al Giro d’Italia
Il sistema di chiusura è il Boa Fit Ip1 e permette di controllare la chiusura dello scarpino con rotore microregolabile. Le KR1 sono caratterizzate da una struttura in maglia brevettata che elimina tutti i punti di pressione, garantendo una calzata estremamente comoda. L’impegno della grande azienda lombarda è evidente: un connubio di passione e professionalità rendono i nuovi KR1 già leader nel settore degli scarpini.
Il design lascia senza parole: rosa acceso con la scritta laterale DMT nera, uno scarpino unico sotto ogni punto di vista. Il robusto tacco antiscivolo inoltre protegge la suola in carbonio da eventuali contatti con l’asfalto.
Le misure disponibili vanno dal 37 al 47 (mezze taglie dal 37,5 al 45,5).
«Chiamatemi Natalino», sorride Tesfatsion. Come a dire che non sarà questo a cambiargli la vita. E’ stato Stefano Di Zio, massaggiatore della Androni Giocattoli-Sidermec, a coniare il diminutivo, perché Natnael non riuscivano a dirlo.
Natnael Tesfatsion ride e con orgoglio ci guida nella sua storia, iniziata in Eritrea 21 anni fa. I capelli ricci legati sopra e l’inglese per farsi capire. In Europa non ha ancora ottenuto grandi risultati, per cui di fronte alla richiesta di un’intervista deve aver pensato che fosse motivata soltanto dalle sue origini. In realtà, l’idea di approfondire il discorso è scattata dopo aver parlato con Daniele Nieri. Il direttore sportivo del Team Qhubeka continental a un certo punto dell’articolo iniziò a raccontarci di quanto siano forti gli eritrei che negli ultimi tempi sono transitati per la sua squadra e aveva puntato il dito su due in particolare. Tesfatsion della Androni e Ghebreigzabhier della Trek. Per questo siamo qui.
Re del Rwanda
Natalino è arrivato alla Androni proprio quest’anno, dopo due stagioni nella continental sudafricana. Nel suo palmares spiccano soprattutto la classifica generale del Tour of Rwanda del 2020 e il secondo posto dell’anno prima ai campionati nazionali, battuto dall’amico Natnael Berhane della Cofidis. Un metro e 75 per 58 chili, la scheda parla di uno scalatore. Il Giro d’Italia sarà un bel banco di prova, ma sarebbe prematuro pretendere la luna: si tratta pur sempre di un neoprofessionista di 21 anni.
Al Tour of Rwanda 2020, per Tesfatsion tappa e maglia a RubavuAl Tour of Rwanda 2020, per Tesfatsion tappa e maglia a Rubavu
Quando sei salito per la prima volta su una bicicletta?
Avevo 13 anni, ad Asmara. La mia città, la capitale dell’Eritrea. Un amico aveva cominciato a correre e quando vidi che c’erano dei grandi campioni eritrei, come Daniel Teklehaimanot, Merhawi Kudus e Natnael Behrane, è venuta la voglia anche a me. In più mio padre era molto appassionato di ciclismo e mi portava a vedere le gare. Insomma, prima giocavo a calcio ed ero anche bravo. Poi è arrivata la bicicletta. Nella prima corsa arrivai sesto.
Ricordi la prima bici?
Era bianca e nera, una mountain bike. In Eritrea cominciamo tutti sulla mountain bike, la bici da strada è arrivata a 16 anni. Adesso uso la mountain bike per andare a fare la spesa.
Com’è il mondo intorno Asmara?
Ci sono tante salite, c’è anche pianura, a una quota è di quasi 2.400 metri. Per me non è difficile correre e allenarmi a quella altitudine, perché ci sono nato. Di solito tornavo a casa ogni tre mesi, ma questa volta a causa della pandemia non vado da novembre. Ho due fratelli e due sorelle, da noi le famiglie sono più numerose che in Europa. Anche mio fratello più piccolo ha cominciato a correre. Quando sono giù ho amici corridori con cui allenarmi. I miei tre migliori amici sono tutti corridori.
Presentazione delle squadre, ultima tappa al Tour of the Alps: ora il GiroPresentazione delle squadre, ultima tappa al Tour of the Alps: ora il Giro
E’ vero che in Eritrea si parla ancora l’italiano?
Diciamo che dopo il tigrino e l’arabo c’è l’italiano. Ho scoperto venendo in Italia che i termini tecnici della bicicletta si dicono allo stesso modo. La ruota, il telaio, la sella…
Come ci si allena in Eritrea?
Meglio che in Europa, secondo me, grazie alla alta quota. E se non fosse per qualche problema con il visto, sarebbe ottimo anche andare a farci dei training camp. Ma se non hai la possibilità di venir fuori, meglio sfruttare l’occasione e partire.
Sul fatto di allenarsi a in Eritrea, il diesse Ellena racconta che il grosso problema di quanto Tesfatsion si trova ad Asmara è l’assenza di connessione internet. Se devono parlargli, il ragazzo va presso un hotel e ne sfrutta la connessione, ma quando hanno provato a fare videochiamate per spiegargli il sistema Adams, la linea non faceva che cadere.
Ci sono tanti giovani corridori ad Asmara?
Tanti e anche forti. Con Daniele Nieri abbiamo anche parlato per provare a portarli da juniores, perché il ciclismo in Eritrea è diverso da qui e per gli juniores non ci sono tante chance di venir fuori. Cresciamo guardando tutte le grandi corse in televisione. Io sono arrivato per la prima volta nel 2019 con la Dimension Data e ricordo che le prime volte rimasi colpito dal numero dei corridori, dalle discese, dalle curve, dalla velocità. E capii che per fare il corridore bisogna anche essere molto svelti. I due anni nella continental sono stati un bel modo di imparare come stare in corsa, la tecnica, il rispetto per i rivali.
Hai vinto il Tour of Rwanda.
E’ diverso, le salite però sono dure. Le strade sono grandi e ben fatte. Magari non ci sono tanti corridori forti, ma per vincere devi andare forte lo stesso.
La crono è un terreno su cui Tesfatsion dovrà lavorare moltoLa crono è un terreno su cui lavorare molto
Hai lasciato casa con un sogno?
Il mio sogno è vincere il Tour de France… Anche il Giro d’Italia, sono tutte grandi corse. Se è possibile riuscirci? E’ possibile, se lavori duramente e se Dio mi darà una mano. Con il duro lavoro e con l’aiuto di Dio, niente è impossibile.
Hai tanti tifosi in Eritrea?
Tutti i tifosi di ciclismo tifano per tutti i corridori eritrei. E noi siamo amici, sentiamo molto questa appartenenza. Per cui magari nelle corse in Africa si fanno preferenze, ma quando siamo in Europa tutti tifano per tutti.
Vivi a Lucca come quando eri nella continental?
Esatto, vivo assieme a Ghebreigzabhier della Trek e Berhane della Cofidis, mentre altri due corridori della Qhubeka, anche loro eritrei, vivono a due chilometri. Mi piace vivere in Italia, il cibo è buono. Quando non mi alleno, magari vado a fare un giro, ma il più delle volte restiamo a casa.
Alla Tirreno, il primo assaggio di WorldTour accanto ai veri big del gruppoAlla Tirreno, il primo assaggio di WorldTour accanto ai veri big del gruppo
Sei musulmano o cristiano?
Sono cristiano ortodosso, credo molto.
E’ vero che per questo alcuni cibi non puoi mangiarli?
Non poi così tanti. Non mangio prosciutto (Ellena ha aggiunto che evita anche la carne di ovini, per quello che le zampe ungulate rappresentano nella Bibbia, ndr). Quando sono a casa preparo anche un po’ di cucina eritrea, soprattutto quando posso portare qualcosa da casa. Il mio preferito si chiama injera, un piatto unico. A Lucca non ci sono ristoranti eritrei, ma a Milano o Bolgna sì. Il nostro cibo è simile a quello dell’Etiopia.
Come è andata al Tour of the Alps?
Ho portato a casa un bel mal di gambe, ma per me è stata una grande corsa, ottima per accrescere la mia condizione e le mie performance, giorno dopo giorno. Mi sono sentito meglio sulle salite e nei piccoli sprint di gruppo. A Innsbruck mi sono piazzato nono alle spalle di Moscon. Ma non chiedetemi cosa mi aspetto dal Giro. Per il momento potrei soltanto parlarvi delle mie emozioni…
E’ cresciuto ad Asmara, però manca da novembre. La città sorge a quasi 2.400 metriE’ cresciuto ad Asmara, però manca da novembre. La città sorge a quasi 2.400 metri
Quanto vale Natalino?
L’ultima parola la chiediamo al suo tecnico Giovanni Ellena, perché è raro imbattersi in un neopro’ che ti racconti di voler vincere il Tour.
«Lui vale molto – conferma il piemontese – lo sa, però a volte se lo dimentica. Ha dei momenti in cui cerca di capire da che parte stare. Ha molte piccole problematiche che si stanno risolvendo una ad una. Aspetti fisici, tecnici e altri legati alle abitudini e alla cultura del ciclismo. Perché in Eritrea per fortuna o per sfortuna è diversa dalla nostra, anche se i termini tecnici riguardo alla bici sono uguali ai nostri. Però ha un potenziale enorme, impressionante. Ed è una persona eccezionale. Deve crescere, ma ha tutti i mezzi per farlo. Non so quanto sia pronto per una corsa a tappe di tre settimane, però è giusto che anche lui faccia parte della partita».
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In una settimana, la stagione di Eduardo Sepulveda ha cambiato volto. Mentre il ventinovenne argentino si assicurava il terzo posto nella classifica generale del Giro di Turchia, ha scoperto che a maggio si sarebbero spalancate le porte del Giro d’Italia, in seguito alla decisione di Rcs Sport di assegnare all’Androni Giocattoli-Sidermec la wild card lasciata vacante dalla Vini Zabù a causa della positività all’Epo di De Bonis.
Al Giro di Turchia ha ottenuto il terzo posto in classifica finale (foto Androni-Sidermec)Al Giro di Turchia ha ottenuto il 3° posto (foto Androni-Sidermec)
Dopo due apparizioni da gregario (nel 2016 e lo scorso autunno) con la Movistar, Eduardo è pronto ad affrontare per la prima volta la corsa rosa con la maglia della formazione di Gianni Savio, libero da compiti e con tanta voglia di far divertire. In questi giorni, dopo essere rientrato a casa sua ad Andorra, sta studiando il terreno per decidere dove sferrare l’attacco. Le gambe, a forza di far su e giù sui Pirenei, sono già pronte.
Che cosa ha voluto dire per te il podio in Turchia?
Innanzitutto, sono stato contento di finirlo, vista la situazione del Covid e con due squadre costrette a ritirarsi. Avevo già fatto secondo qui in Turchia sei anni fa e devo dire che questa corsa mi piace sia per le strade sia per le salite. Sono soddisfatto: è il mio quarto podio in una corsa a tappe, visto che avevo fatto due volte secondo: al Tour de San Luis in Argentina nel 2016 e al Giro d’Austria nel 2019.
Coppi e Bartali 2021, Eduardo Sepulveda in rotta sul Giro (foto Androni-Sidermec)Coppi e Bartali 2021, Eduardo Sepulveda in rotta sul Giro (foto Androni-Sidermec)
Nel frattempo è arrivata un’altra bella notizia: pronto per il Giro d’Italia da capitano?
Per tutta la squadra è un’ottima notizia perché è la corsa più importante d’Italia e per una squadra italiana come la nostra ha un valore speciale, anche per le ragioni legate agli sponsor. Non penso a fare il capitano, ma sicuramente sarò più libero di muovermi rispetto al passato. Quando partecipi a una corsa in supporto a un leader come mi accadeva con la Movistar (nel 2018 era gregario di Richard Carapaz,ndr) è differente e tutto il giorno lavori per lui. Stavolta, invece, avrò la possibilità di lanciarmi in qualche bella fuga e provare a vincere una tappa.
Prima di tutto il caos delle wild card, avevi per caso dato una sbirciatina al percorso?
La verità è che noi dell’Androni non abbiamo visto niente del Giro perché prima pensavamo di non correrlo. Adesso che sono a casa qui in Andorra, sto cominciando a studiare bene il percorso e vedo se c’è qualche tappa in comune rispetto alle altre volte che ho fatto il Giro. Comunque, sono motivato e ho il tempo giusto per fare allenamento in altura e prepararmi con tanta salita.
Al Tour de San Luis del 2016 vince a Cerro El Amago e conquista anche il podio finaleAl Tour de San Luis del 2016 vince a Cerro El Amago e conquista anche il podio finale
Beh, c’è lo Zoncolan che avevi fatto nel 2018: te lo ricordi?
Assolutamente sì (ride, ndr). Quello è bello duro, me lo ricordo proprio bene, come potrei dimenticarlo. Comunque mi piacciono le tappe dure così, sono il sale del ciclismo.
Quale frazione ti è piaciuta di più dell’ultima corsa rosa?
La tappa dello Stelvio. E’ una salita speciale, tutti quei tornanti, l’altura: è stata davvero unica.
Dopo il Giro d’Italia, hai qualche idea di quale sarà il tuo programma?
Ho parlato un po’ con l’Argentina, che avrà soltanto un posto per l’Olimpiade di Tokyo: qualche possibilità c’è, ma non hanno ancora deciso chi correrà. Per me sarebbe la seconda volta ai Giochi dopo Rio. E anche in Giappone il percorso mi piace perché sarà per scalatori, con tanto dislivello.
Come ci si sente a non dover più fare il gregario a tempo pieno?
Mi piace perché ogni giorno è diverso, a volte si corre per gli sprinter, mentre nelle tappe in salita i ragazzi mi aiutano. Qui all’Androni ogni corridore ha la possibilità di inseguire un bel risultato e questo è stimolante.
Ha corso dal 2018 al 2020 con la Movistar, qui al Giro 2020 verso RoccarasoHa corso dal 2018 al 2020 con la Movistar, qui al Giro 2020 verso Roccaraso
Come si vive in Andorra?
Mi piace perché si parla spagnolo e anche per mia moglie, che è pure lei argentina, è l’ideale. Ci sono delle belle montagne da scalare e poi ci sono tantissimi professionisti che abitano qui e ci si può allenare insieme. E’ un po’ Purito Rodriguez che ha lanciato la moda, ora credo che saremo una settantina di corridori che vivono qui. Mi piace fare dislivello, ma con la testa, senza esagerare.
Ti manca l’Argentina?
Moltissimo, soprattutto la mia famiglia: mia mamma, mio fratello, mia sorella. Lo scorso inverno non ci sono andato a causa della pandemia, perché era molto complicato coi voli. Vedremo come va quest’anno.
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