Fauniera giudice spietato. Premia Van Eetvelt ma non solo

17.06.2022
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«Non credo che il Colle del Fauniera sia troppo adatto a Lennert Van Eetvelt. Sì, alla Corsa della Pace ha vinto in salita, ma quella era tutt’altra scalata. Più corta, meno dura e non in quota. Però possiamo portare a casa il podio… se corriamo bene».

Erano state queste le parole del direttore sportivo della Lotto Soudal U23, Wesley Van Speybroeck, questa mattina a Boves. La storia di oggi inizia qui.

Passano poche ore e viene da dire: per fortuna che il Fauniera non era la sua salita! Van Eetvelt ha vinto. E alla grande. E per qualche istante è sembrato quasi poter mettere in crisi la maglia rosa e portarsi a casa il Giro d’Italia U23.

Sul Fauniera procedono tre storie. Tre storie non sempre parallele.

Coraggio e gambe

Ancora una giornata di fuoco. In ogni senso. I ragazzi sono partiti a tutta, stracciando ogni tabella di marcia prevista. Una fuga corposissima parte quasi subito. Una trentina di uomini tra cui ci sono anche Van Eetvelt e due compagni.

E’ la situazione perfetta. Può stare a ruota e prendere la salita con del margine. E così va. 

«Abbiamo riscattato – dice Van Eetvelt dopo l’arrivo – la prestazione di ieri, quando per poco non siamo riusciti ad accodarci ai ragazzi della Groupama-Fdj.

«Io non avevo però grandi sensazioni. Anche per questo oggi sono andato in fuga all’inizio. Poi invece sulla salita stavo meglio. E ho cercato di concentrarmi solo sul mio passo. Pensavo al podio».

La storia del suo Fauniera parla di un ragazzo che lotta in primis con se stesso. Lennert guarda a terra impassibile. Il tempo è scandito dal countdown dei chilometri scritti con la vernice sull’asfalto. E dal respiro affannato.

Sulla sua testa l’arrivo e l’aria sempre più sottile.

Nel piccolo gazebo montato miracolosamente sul pochissimo spazio che concede il Fauniera, arrivano i suoi compagni. Sanno della vittoria e lo abbracciano. Lui ricambia. Parlottano un po’ in fiammingo. Grasse risate.

«Devo ringraziare questi ragazzi – riprende Van Eetvelt – Tra ieri e oggi hanno fatto un grandissimo lavoro. Hanno tirato tantissimo. Se adesso sono qui sul podio è merito loro.

«Ad un certo punto Martinez ha ridotto il distacco a 45”, però sono rimasto tranquillo. Non volevo saltare. Mi avevano detto che i due chilometri finali erano un po’ meno duri e ho mantenuto un po’ di energia per spingere forte lì».

Tutto istinto

Anche oggi la Groupama-Fdj si ritrova a tirare. Ieri era il topo, oggi il gatto. Appena iniziano le pendenze più dure Martinez scatta. Mancano davvero tanti chilometri, almeno undici. 

«Non ce la facevo più a stare in gruppo», ha detto Lenny Martinez dopo l’arrivo, mentre aspettava di sapere se fosse terzo nella generale oppure no.

Quando poi lo speaker annuncia la classifica, lui scuote i pugni e si lascia uscire un “Oui”, sì.

Stamattina il loro diesse Gannat parlava di podio. Era preoccupato perché i suoi ragazzi ieri avevano speso moltissimo. «Speriamo abbiano recuperato bene. Il tempo per guadagnare terreno sul Fauniera c’è anche, ma non credo che basti per prendere la maglia rosa. Martinez ha più di sette minuti. Il vento soffia alle spalle e questo può avvantaggiare chi è davanti».

«Ho visto che c’è una ciclosportiva (così si chiamano le gran fondo in Francia, ndr) la Fausto Coppi e su Strava ho notato che i primi l’hanno scalata in un’ora e 12′, magari questi ragazzi faranno in un’ora e 7′, ipotizzo. Sono pur sempre a fine Giro. Cerchiamo di vincere la tappa». 

Lanny scatta e recupera bene. Sembra possa mangiarsi il belga in quattro e quattr’otto e invece non va così. Ad un tratto qualcosa s’inceppa. Non guadagna più. E quel puntino che vedeva avvicinarsi sul costone della montagna, torna lentamente, ma inesorabilmente ad allontanarsi. 

Quell’inceppamento si chiama fastidio allo stomaco.

«Ero sul filo – spiega la maglia blu – se avessi spinto di più sarei saltato».

Come una crono

«Quanto è il distacco? Quanto ho preso?». Leo Hayter risponde con queste domande alle nostre domande.

In questo Fauniera lui è stato solo “gatto”. Doveva inseguire. La maglia rosa doveva solo guardare in su. Le sue prede erano davanti.

I suoi compagni lo hanno portato sin sotto la salita. Hanno fatto quel che potevano. Poi stava a lui. In questi casi la maglia rosa può diventare un fardello.

Ma Axel Merckx l’ha saputa lunga. Stamattina dava l’ormai consueto pugno su pugno ai suoi ragazzi. Un po’ di tensione c’era in effetti.

Aveva mentalizzato Hayter sul fatto che lo aspettasse una cronometro in salita. Non doveva pensare ad altro. E così lui ha fatto. Ad un certo momento aveva oltre 3′ dal belga. Gregoire era staccato, ma Van Eetvelt iniziava a fare paura. Mancava parecchio e nella generale virtuale ormai era a poco più di 2′.

Ma come dice Adriano Malori, le crono si vincono nel finale.

«Ai sei chilometri sono andato a tutta? No, ai cinque – spiega Hayter, stanco ma molto meno provato rispetto al giorno di Santa Caterina Valfurva – A quel punto ho cercato di dare il meglio di me stesso. Ho fatto tutta la scalata in controllo. Non dovevo saltare. Ero sempre sul limite, ma mai oltre. Non ho mai fatto salite così lunghe e a queste quote».

Lo spettacolo selvaggio del Fauniera. ExtraGiro è riuscita a portarci per la prima volta l’arrivo di una gara (al centro in alto)
Lo spettacolo selvaggio del Fauniera. ExtraGiro è riuscita a portarci per la prima volta l’arrivo di una gara (al centro in alto)

Tutti e tre si vedevano, dunque. Van Eetvelt si voltava verso il basso nelle svolte della strettissima stradina di questa splendida montagna. Martinez vedeva la sua preda allontanarsi dopo che l’aveva annusata da vicino. Mentre Hayter, sapeva che tenerli a vista era il suo traguardo.

E’ stata questa la storia del Fauniera, un giudice severo ma che ha detto chi sono davvero i migliori di questo Giro.

A Peveragno è ciclismo champagne. Attacco in blocco “degli Fdj”

16.06.2022
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«Ciclismo champagne», dice Lorenzo Germani al suo massaggiatore appena conclusa la tappa. Il corridore della Equipe Continental Groupama-FDJ in qualche modo ha ragione. Anche se non hanno vinto. Anche se la Busca-Peveragno si è conclusa con un niente di fatto, sono stati i protagonisti della corsa (in apertura, foto Isola Press).

Il caldo è opprimente in questo spicchio di Piemonte. La tappa ha vissuto sul bellissimo e affascinante attacco della squadra francese. Ma alla fine l’ha spuntata il belga Gil Gelders. Il biondino della Bingoal Pauwels Sauces WB Development ha preceduto di un soffio Sergio Meris. Bravissimo, anche per la grinta mostrata.

Beffa belga per Meris

Il ragazzo della Colpack-Ballan dopo l’arrivo dava pugni sul manubrio. Uno sfogo del momento. Pochi istanti dopo, infatti, era di nuovo lucido. E tutto sommato anche soddisfatto.

«Siamo andati via sulla salita finale del circuito – ha detto Meris – Ho chiuso su tutti e nel finale, proprio negli ultimi dieci metri mi sono mancate le gambe. Peccato davvero. Va bene così, ma un primo posto sarebbe stato decisamente meglio».

Chi fa festa invece è Gil Gelders. Sull’arrivo ci sono sua mamma ed altri parenti. Sono venuti sin dai sobborghi ad ovest di Bruxelles, dove vivono, per vedere il loro ragazzo. E lui non li ha delusi.

«Non conoscevo la tappa – dice l’atleta belga – Ho studiato l’altimetria e sapevo che se avessi retto la prima salita, o comunque non fossi rimasto dietro dopo la discesa, poi poteva essere un buon percorso per me».

«Io non sono un velocista e neanche uno scalatore. Ho spinto molto nel finale ed è andata bene. Ma proprio per un soffio. Se passerò pro’? La Bingoal ha anche la professional, ma ancora non lo so. Per ora non è previsto».

Sull’arrivo di Peveragno Gelders precede Meris (a sinistra) e Dalby (foto Isola-Press)
Sull’arrivo di Peveragno Gelders precede Meris (a sinistra) e Dalby (foto Isola-Press)

Applausi alla Groupama 

Ma la quinta tappa del Giro d’Italia U23 ha vissuto sull’attacco della Groupama-Fdj. Gannat, il diesse dei francesi, è stato di parola verso Peveragno. 

«Il Giro non è finito – ci aveva detto qualche giorno fa – c’è il Fauniera, ma ci sono anche delle discese». E così hanno fatto. E lo avevamo detto: la squadra francese covava sorniona.

Martinez sta mostrando un coraggio importante. Magari correrà senza criterio visto da fuori, ma essendo uno scalatore se non attacca sul Mortirolo o sulla salita del Santuario di Valmala come oggi, dove dovrebbe attaccare? Il percorso è questo e sfrutta ogni occasione. Restare a ruota a cosa avrebbe portato? Qualche energia risparmiata, ma anche Leo Hayter ha dovuto spingere, per chiudere, e i suoi nervi non se la sono passata liscia.

Va detto infatti che Martinez aveva allungato sulla salita, prendendo tra l’altro i punti per il Gpm e ritornando in testa alla classifica della maglia blu. E poi allo scollinamento Thompson, Germani e Gregoire avevano preso in testa la discesa. E alla fine erano in quattro su cinque davanti. 

Tattica suicida

«Oggi abbiamo provato una tattica suicida – spiega Lorenzo Germani sull’arrivo di Peveragno – però alla fine era una delle poche soluzioni possibili da qua a sabato pomeriggio, a Pinerolo. 

«Ci abbiamo provato. Il vantaggio era arrivato anche ad essere buono, abbiamo sfiorato i 3′, e quindi abbiamo continuato e continuato ancora a spingere».

«Di sicuro era meglio se ci fosse stato qualche altro ragazzo con noi. Invece eravamo solo in sei (oltre a loro quattro anche Lorenzo Milesi e Felix Engelhardt, ndr). Magari un Lotto-Soudal…».

Eh già, perché la fortuna di Leo Hayter oggi è stata tutta nel fatto che tra quei fuggitivi non ci fosse Van Eetvelt, terzo in classifica. Quindi i belgi non solo hanno aiutato la Hagens Berman Axeon, ma si sono sobbarcati la maggior parte del lavoro.

«Non possiamo avere recriminazioni – continua Germani – noi ci abbiamo provato. Ed era giusto così. Abbiamo preso la discesa davanti e io l’ho fatta “a blocco”. Avevo gli altri dietro. Quando sono arrivato in fondo, mi sono girato, ho visto che eravamo in cinque. Abbiamo ripreso Lenny (stavolta sapientemente fermato dall’ammiraglia, ndr) e abbiamo detto: ormai andiamo!

«Abbiamo capito che Leo non è fortissimo in discesa quindi abbiamo deciso di provare lì. Semplicemente eravamo troppo lontani dall’arrivo».

Testa a domani

«Nel finale – continua Germani – ci ho provato anche da solo. Ho preso qualche metro, ma ho visto che da dietro non mi lasciavano spazio e stavano rientrando. Così li ho aspettati e ci hanno ripreso all’ultimo Giro. Sull’ultimo strappo ho portato Romain (Gregoire, ndr) davanti e poi ho mollato. Sono venuto all’arrivo facile, facile…».

E questo la dice lunga sulla mentalità di Lorenzo e della sua squadra. Non si spreca un’energia in più del necessario. E anche Lenny Martinez è stato tra i primi a mollare. Segno che, saltata l’operazione ribaltamento, già pensavano a domani.

Gannat si è fatto bene i suoi conti. Sa che la frazione di domani è perfetta per il suo scalatore. Tappa breve, esplosiva, salita lunga e pendente: ideale per un crossista come Martinez.

Se Hayter dovesse andare in crisi potrebbe perdere molti minuti. Ci si aspetta una scalata prossima ai 70′-75′. Il distacco di Martinez è di 7’11”. Significa salire il 10% più veloce dei suoi rivali. Difficile, ma non impossibile su quelle pendenze.

In questo modo la Groupama-Fdj avrebbe due carte da giocare. Con Gregoire che inizialmente potrebbe stare a ruota. Ancora una volta pertanto l’ago della bilancia potrebbe essere la Lotto-Soudal con Van Eetvelt.

Sono congetture, è vero, ma “congetture ponderate”, che si basano anche sulle dichiarazioni dei diesse raccolte in questi giorni. Alla fine conteranno solo le gambe. Una salita come il Fauniera non lascia spazio ad altro. Tra 24 ore lo sapremo.

Rosola: «La crescita dei ragazzi è un fuoco che va alimentato»

16.06.2022
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Paolo Rosola nella sfortuna o meglio nell’indifferenza del caso Gazprom, ha trovato il modo di fare tante nuove esperienze. Dal Giro d’Italia in moto staffetta, all’Adriatica Ionica Race, fino ad arrivare alla General Store al Giro under 23 che oggi (ieri per chi legge) sta vivendo il suo giorno di riposo.

Nell’editoriale di lunedì scorso si era parlato di motivazione e di giovani. Vederlo al Giro under ci ha dato lo spunto per chiederci cosa possa fare un diesse come lui insieme a questi ragazzi.

Per i ragazzi della General Store tanta esperienza e un po’ di aria in faccia (foto Facebook Giro d’Italia U23)
Per i ragazzi della General Store tanta esperienza e un po’ di aria in faccia (foto Facebook Giro d’Italia U23)
Come è arrivato Paolo Rosola in General Store?

Ero al Giro d’Italia in staffetta, il venerdì prima dell’ultima settimana mi hanno chiamato e mi han chiesto se fossi stato disponibile a traghettare la squadra fino alla fine della stagione. In questi mesi hanno avuto dei problemi con il diesse precedente. La cosa mi stimolava e così ho colto al volo l’occasione ed eccomi qui.

Cosa ti ha spinto ad accettare?

I giovani, la voglia di trasmettere loro la mia passione per il ciclismo a dei ragazzini che hanno 21-22 anni. 

Che mondo hai trovato?

Sono ragazzi tanto curiosi, mi chiedono spesso delle cose riguardo al mio passato da corridore. Anche oggi in macchina, nel trasferimento (che ha portato la carovana del Giro giovani da Chiavenna fino alla zona del cuneese, ndr), ho raccontato dei miei errori commessi quando avevo la loro età. Questi racconti non servono per annoiarli, ma per permettergli di aprire gli occhi ed insegnargli qualcosa

Rosola cerca di trasmettere insegnamenti ed esperienza ai giovani della General Store
Rosola cerca di trasmettere insegnamenti ed esperienza ai giovani della General Store
Tu arrivi da anni di esperienza nel professionismo, che ragazzi hai trovato?

Una cosa che mi ha sorpreso è stato vedere la loro incredulità quando ho aperto il PC per mostrare come lavora una squadra professionistica. Ho mostrato loro i video pre gara, il percorso, la riunione la sera prima… Sono piccoli passi che stiamo facendo insieme per inserirli nel mondo dei pro’, alcuni li vedi che sono ancora acerbi.

Tuttavia passano sempre più giovani…

Ho qui tanti ragazzi che hanno 21-22 anni e alcuni già si demoralizzano perchè non sono passati professionisti. Perdono proprio lo stimolo. Invece a questa età dovrebbe essere il contrario, ogni giorno si devono svegliare con la voglia di imparare a fare meglio. Ma non è colpa loro.

E di chi è?

Del sistema che si è venuto a creare. Le squadre junior hanno ragazzini, anzi io li definisco ancora bambini, ed il loro unico obiettivo è vincere. Poi però si presentano alle gare con la batteria del cambio elettronico scarica, capite che c’è qualcosa che non va? Mancano le basi. Certi insegnamenti li puoi dare quando hanno 14-15 anni, non a 22.

Ecco la squadra prima della partenza della tappa, riunione finita
Ecco la squadra prima della partenza della tappa, riunione finita
Ora che sei al Giro under che differenza vedi con le squadre straniere?

Gli stranieri vanno forte, considerate che la maggior parte delle squadre estere sono i team development del WorldTour (Lotto, Groupama, DSM, Israel, Astana, ndr). La cosa più evidente è come ai nostri ragazzi manchino le esperienze fuori confine, non corrono mai fuori dall’Italia e questo non permette uno sviluppo totale. 

Qualche squadra però all’estero a correre ci va.

Se vai una volta all’anno è come accendere un fiammifero, la fiamma dura poco. La crescita dei ragazzi è un fuoco che va alimentato volta per volta. In Italia noi abbiamo solamente 3 corse a tappe: Giro d’Italia, Giro della Val d’Aosta e Giro del Veneto, e due di queste sono davvero brevi. Le squadre straniere invece fanno tante corse a tappe in tutta Europa e i risultati si vedono ampiamente.

Nella seconda tappa Busatto è arrivato 2° conquistando la maglia rosa-nera di miglior italiano in classifica (foto Facebook Giro U23)
Nella 2ª tappa Busatto ha conquistato la maglia rosa-nera di miglior italiano in classifica (foto Facebook Giro U23)
I ragazzi che vanno forte sono tutti di team development di squadre WorldTour. Da noi invece i ragazzi passano per le continental…

Ci sarebbe da aprire un libro su questo tema. Le squadre continental crescono i ragazzi con la consapevolezza di perderli, mentre le squadre di sviluppo straniere li crescono con l’obiettivo di inserirli nel team principale. Ovviamente le seconde hanno più a cuore la crescita degli atleti.

Tu hai visto in breve sequenza Giro d’Italia pro’ e Giro under 23, che cosa pensi?

Che si fa a gara per portare i ragazzi sempre più giovani, ma poi quando si vanno a confrontare sul serio, prendono le bastonate. Il passaggio under 23 non serve più per far crescere i ragazzi, ma per cercare uno che possa essere un piccolo fenomeno, ma quelli sono rari. Al Giro d’Italia pro’ c’è gente che ha 25, 26 anni che fa 30-40 chilometri a tirare in testa al gruppo a 50 all’ora. Sono uomini fatti e finiti, è logico che se si manda un ragazzo di 20 anni non ancora fisicamente maturo si fa male. In tutti i sensi.

Al Giro under è presente anche Kevin Pezzo Rosola, figlio di Paolo, per lui una caduta nella seconda tappa, di cui porta ancora i segni
Al Giro U23 c’è anche Kevin Pezzo Rosola, figlio di Paolo, con i segni di una caduta
Al Giro under c’è anche tuo figlio, ci hai parlato?

Kevin è qui ma non doveva esserci, è stato fermo un mese e ha ripreso la bici solamente 15 giorni prima del Giro. Durante la seconda tappa è caduto e si è massacrato, nella terza tappa si è salvato “con le mani lunghe” (ridacchia amorevolmente, ndr). Ieri è stato tutto il giorno con i migliori, ma dopo l’arrivo mi ha detto: «Papà, son già caduto e non ho voluto rischiare, così mi sono fatto sfilare».

E com’è?

E’ stato più fortunato degli altri perché io e sua mamma (Paola Pezzo, ndr) gli abbiamo insegnato tante cose sul mezzo e come si mettono le mani sulla bici. Sa fare qualche cosa in più dei suoi coetanei. Però è come loro: fanno fatica a parlare, a confrontarsi. Il giorno che è caduto, mi diceva che stava male e voleva andare a casa. Così gli ho chiesto se si fosse confrontato con il diesse o con i massaggiatori, anche per capire come curare le ferite e mi ha detto di no. Ma tutti i ragazzi sono un po’ così, a volte sembra abbiano paura a parlare o chiedere e si perdono dietro al telefono. Capita a tutti ormai, lo abbiamo sempre in mano. A volte però bisognerebbe lasciarlo giù e parlare, che fa tanto bene a tutti.

AIR, Giro U23 e Bike Day: Suzuki sempre più amica del ciclismo

14.06.2022
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Suzuki si conferma un brand realmente partner del grande ciclismo. E il mese di giugno può considerarsi con ragione un momento della stagione durante il quale la casa di Hamamatsu è particolarmente vicina ad alcune grandi manifestazioni agonistiche intrecciando rapporti di attiva e proficua collaborazione con altrettanti organizzatori.

Suzuki ha difatti ricoperto un importante ruolo in termini di sponsorship in occasione della recentissima quarta edizione della Adriatica Ionica Race. La breve corsa a tappe è stata splendidamente organizzata da Moreno Argentin e poi conquistata da Filippo Zana sul traguardo finale di Ascoli Piceno. Suzuki ha “nominato” la Maglia Rossa indossata dal leader della classifica a punti: lo speciale ranking che somma i risultati ottenuti sia negli arrivi di tappa quanto nei traguardi intermedi.

Il brand nipponico ha messo a disposizione dello staff della AIR 2022 una speciale flotta di Swace Hybrid. Si tratta di uno dei modelli che compongono la gamma 100% Hybrid di Suzuki in grado di raggiungere, grazie alla sinergia tra motori elettrici e motori termici, il massimo dell’efficienza rispettando l’ambiente.

La collaborazione con ExtraGiro

Ma Suzuki, come oramai vuole la tradizione, affianca anche tutti gli eventi ciclistici organizzati da ExtraGiro, la società nata dalla collaborazione tra la Nuova Ciclistica Placci 2013, presieduta da Marco Selleri, e la Communication Clinic di Marco Pavarini. E dunque anche il Giro d’Italia Giovani Under 23, che proprio in questi giorni, fino a sabato 18 giugno, è in pieno svolgimento: partenza dallo splendido Castello di Gradara, nelle Marche, arrivo a Pinerolo in Piemonte.

E del 45° Giro d’Italia Giovani Under 23 Suzuki è main sponsor, caratterizzando con il proprio riconoscibilissimo logo anche la Maglia Rosa indossata dal leader della classifica generale… Il Giro Giovani ha contato al via 176 atleti in rappresentanza di 35 team provenienti da ben 14 paesi differenti. Le formazioni straniere in gara sono 17, quelle italiane 18 (compresa una “mista” interregionale). Sono state selezionate dagli organizzatori tra le oltre settanta richieste ricevute e a garanzia di una partecipazione di altissimo livello.

Suzuki ha messo il proprio logo anche sulla maglia della classifica a punti dell’Adriatica Ionica Race
Suzuki ha messo il proprio logo anche sulla maglia della classifica a punti dell’Adriatica Ionica Race

Arriva il Suzuki Bike Day

Ma l’impegno di Suzuki nel mondo del ciclismo non si esaurisce certo e solo qui… Il 9 luglio prossimo sarà difatti il momento in cui tornerà richiestissimo il Suzuki Bike Day, giunto quest’anno alla seconda edizione. E dopo la “prima” andata in scena l’anno scorso sulle rampe ben ripide del “Cippo” Carpegna, tra qualche settimana toccherà all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola ospitare questo evento in bicicletta. Si tratterà di una vera e propria festa aperta a tutti!

Il percorso, interamente chiuso al traffico, sarà esattamente quello teatro dei Campionati del Mondo del 2020: 28,5 chilometri di pedalate, dalle 8,30 e fino alle 13,30, in totale sicurezza. Chi parteciperà al Bike Day avrà l’opportunità di far “viaggiare” la propria bici tra i cordoli del circuito (privilegio riservato a piloti e ciclisti professionisti). Si affronterà lo stesso percorso su cui si sono sfidati i professionisti durante la kermesse iridata dove a trionfare fu Alaphilippe.

Il 9 luglio, a Imola ci sarà il Suzuki Bike Day, si potrà pedalare sulle strade del percorso iridato del 2020
Il 9 luglio, a Imola ci sarà il Suzuki Bike Day, si potrà pedalare sulle strade del percorso iridato del 2020

Inoltre, il Suzuki Bike Day racconta della passione per la bicicletta, mette sotto i riflettori il tema della sicurezza sulla strada, non dimentica la questione della sostenibilità, ma soprattutto non manca di fare del bene… L’intero ricavato della manifestazione generato dalle iscrizioni verrà difatti devoluto alla Fondazione Marco Pantani, impegnata da diversi anni in progetti di sostegno nei confronti di persone e famiglie in difficoltà, al tempo stesso promuovendo la diffusione del ciclismo e dei veri valori dello sport tra i più giovani. 

Per informazioni sulle modalità di iscrizione al Suzuki Bike Day del prossimo 9 luglio: auto.suzuki.it/suzukibikeday/.

Suzuki

Neanche Axel Merckx avrebbe pensato di giocarsi il Giro U23

14.06.2022
5 min
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Ed ecco un altro ragazzo che passa per le mani di Axel Merckx. Leo Hayter è uno dei numerosi corridori di classe che il diesse belga ha lanciato con la sua squadra americana, la  Hagen Bermans Axeon.

Nel dopo tappa di ieri, una mezz’oretta dopo l’arrivo del suo pupillo, lo abbiamo visto risalire l’ultimo chilometro in sella ad una delle bici di scorta. Aveva con sé una giacca a vento. Con una mano reggeva il manubrio e con l’altra il pasto da portare a Leo.

Axel già ci aveva parlato del suo team affiliato negli Stati Uniti. Mentalità (e sede operativa) belga, ma con l’innovazione e la leggerezza “made in Usa”, se così possiamo dire. 

Axel Merckx con Leo Hayter dopo l’arrivo di ieri
Axel Merckx con Leo Hayter dopo l’arrivo di ieri
Axel, complimenti. Vi aspettavate un successo del genere?

No, no… Anzi, sicuramente no! Ero già molto felice per la vittoria di tappa dell’altro giorno a Pinzolo. Oggi (ieri, ndr) aspettavamo cosa sarebbe successo. Era una frazione così dura e decisiva per il Giro d’Italia U23 che anche per questo volevamo vedere la reazione di Leo dalla tappa del giorno prima.

Nella quale comunque aveva speso tanto…

Però andava meglio man mano che passavano i chilometri. E anche verso Santa Caterina Valfurva è andata così. Ha fatto un grande numero.

Dopo Pinzolo, Hayter ci aveva detto che non conosceva i suoi limiti e che il Mortirolo sarebbe stato un test importante per lui. Un’occasione per testarsi.

In effetti è stato un super test. Sia per la prestazione in salita in sé per sé, sia per le sei ore di corsa. Sei ore di bici (compresi i 40′ di trasferimento, ndr) tra gli under 23 non si vedono tutte le settimane. E’ stata una tappa molto dura. E lo si vede con i distacchi e con la gente che continua ad arrivare. In situazioni così, quando sei il più forte, nel finale puoi fare la differenza ancora di più.

Dall’ammiraglia gli hai dato dei consigli? Gli hai suggerito te quando partire?

No, è lui che ha deciso. Io poi non ero nelle sue gambe! Gli ho dato solo i distacchi e volevo essere sicuro che si alimentasse. Quindi gli dicevo di mangiare e di bere. Volevo che arrivasse più fresco possibile all’ultima salita. Poi sarebbe stata una lotta uomo a uomo. E’ un numero tutto suo.

La Hagens Berman Axeon aveva controllato la corsa già ieri. Adesso per loro si farà più dura (foto Isola Press)
La Hagens Berman Axeon aveva controllato la corsa già ieri. Adesso per loro si farà più dura (foto Isola Press)
Adesso siete qui a giocarvi il Giro, ma eravate partiti con questa idea?

No, eravamo partiti per vincere una tappa. Per questo prima ho detto che ero contento già dopo Pinzolo. A volte serve anche un po’ di fortuna. Lo scorso anno eravamo qui per fare bene nella generale e al primo giorno abbiamo perso due corridori e solo uno è arrivato alla fine. Adesso, abbiamo vinto la Strade Bianche di Romagna prima del Giro e in tre giorni abbiamo portato a casa due tappe e abbiamo la maglia rosa.

Già, la maglia rosa. Cambierà il vostro Giro?

Sì, adesso cambia la corsa per noi. 

E come sarà la strategia?

La prima cosa è recuperare. La tappa di domani e il giorno di riposo dovrebbero aiutarci. Poi dovremo controllare il più possibile, ma con cinque corridori sarà difficile. Però se Leo mantiene questa gamba, direi che siamo messi bene. Ma attenzione, il Giro è ancora lungo e possono succedere tante cose. Vediamo giorno per giorno, dai…

Axel, come hai scoperto questo ragazzo? Sappiamo che hai un certo feeling con i corridori inglesi (anche Tao Geoghegan Hart è passato dalle sue mani, e ce ne sono tre in squadra, ndr)…

Leo aveva conquistato la Liegi U23 l’anno scorso. L’avevo visto vincere e poi sono venuto a sapere che era senza un contratto, che non sarebbe rimasto alla Dsm. Io avevo ancora un posto libero in squadra e così l’ho preso subito. 

Axel aveva portato i suoi ragazzi in ritiro a Castagneto Carducci, in Toscana, a febbraio (foto Instagram)
Axel aveva portato i suoi ragazzi in ritiro a Castagneto Carducci, in Toscana, a febbraio (foto Instagram)
Come mai?

Perché avevo visto come aveva vinto. Si vedeva che avesse talento e che poteva diventare un grande corridore. Però anche io non pensavo che fosse così forte. Ma è tutto merito suo, perché ha fatto una grande lavoro da questo inverno e tanta fatica oggi. Noi siamo qui per aiutarlo.

Cosa ti ha colpito di questo ragazzo?

Come ha reagito alle difficoltà. Ha avuto un po’ di sfortuna all’inizio dell’anno perché ha avuto il Covid ed è stato fermo e questo lo ha messo fuori forma per qualche mese. Ma adesso, proprio al Giro, sta ritrovando la gamba buona. Magari anche perché all’inizio della stagione è andato meno forte e ha corso meno, adesso è più fresco dei suoi competitor.

Già si fanno i paragoni con il fratello. Ethan è più pistard, nonostante tenga in salita. Leo è più scalatore: è così?

Sì è così, ma non mi sembra giusto paragonarlo al fratello. Penso che Leo sia il corridore che è. Ha un grande talento e lo ha dimostrato anche oggi. Pensiamo a questo fine settimana, a come si mettono le cose, a come si comporta con la maglia addosso e con la squadra. E poi vediamo sabato sera.

Il primo giorno che lo hai avuto è stato questo inverno?

Sì, abbiamo fatto un ritiro proprio in Italia, a Castagneto Carducci. E’ stato un contatto molto buono con lui e con il resto del team. Penso che abbiamo una squadra buona e molto forte quest’anno. Ripeto, non credevo fossimo così forti con lui già adesso, ma meglio per noi!

Urlo, tappa e maglia. Impresa di Leo Hayter a Pinzolo

12.06.2022
5 min
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Come nelle migliori storie del ciclismo: fuga a lunga gittata, attacco nel finale, arrivo in solitaria, tappa e maglia. Pinzolo, incastonato tra l’Adamello da una parte e il Gruppo del Brenta dall’altra, sorride a Leo Hayter.

L’inglese della Hagens Berman Axeon, nonché fratello di Ethan in forza alla Ineos-Grenadiers, è la nuova maglia rosa del Giro d’Italia U23. La sfila ad Alberto Bruttomesso.

Caldo bestiale

La Rossano Veneto-Pinzolo fila via velocissima. Il caldo del mattino è opprimente. In casa Israel Academy, dove è passato Marco Frigo, a dare un saluto ai suoi compagni, si prepara persino il ghiaccio. E molti altri si spalmano di crema protettiva, tanto più con i body ultraleggeri. Che sono areati sì, ma coprono anche ben poco. Ieri più di qualcuno si è cotto le spalle. 

Gianluca Valoti, e in parte anche Andrea Fusaz, si aspettavano delle fughe. Ma più corpose.

E invece in fuga vogliono andarci tutti e, merito anche del vento a favore all’ingresso della Valsugana, la media della prima sfiora i 48 all’ora. Prima del Gpm, finalmente escono in tre: Piotr Kelemen (Tudor) Kyrylo Tsarenko (Gallina Ecotek Lucchini) e appunto Hayter. Prendono un margine subito molto ampio.

Nel finale il gruppo rimonta, ma non basta. I tre sentono il fiato sul collo e iniziano gli scatti. Hanno tenuto parecchio, molto più del previsto. L’ucraino si stacca “subito”, Kelemen sembra avere la meglio, ma Hayter contrattacca di rapportone. Pancia a terra e va via.

Man mano che arrivano, i compagni vanno ad abbracciare Hayter, super commosso
Man mano che arrivano, i compagni vanno ad abbracciare Hayter, super commosso

Urlo e pianto

Quando taglia il traguardo l’urlo di Leo è arrivato fin sulla vetta dell’Adamello, ancora timidamente imbiancata.

Hayter continua a pedalare dribblando i massaggiatori. Mentre gli organizzatori di ExtraGiro gli corrono dietro e lo chiamano per portarlo alle premiazioni.

Lui ad un certo punto si ferma. Monta sul marciapiede, sale tre gradini e si siede sulla soglia di un negozio di abbigliamento per bambini. Lì, mette la testa fra le mani e inizia a singhiozzare…

E’ un pianto di gioia, che solo l’arrivo alla spicciolata dei suoi compagni, che invece se la ridono, riesce ad interrompere.

«Non credevo di vincere – racconta Leo – non era questa la tattica del mattino. Dovevamo stare più “buoni”. Invece nel bailamme degli scatti mi sono trovato davanti. Il gap è stato subito grande. Quindi era un’opportunità e l’ho colta».

«Non conoscevo la tappa. Sì, l’avevo vista su carta come i miei compagni. Poteva essere adatta alle fughe, ma anche ad uno sprint non proprio di gruppo, ma a ranghi ridotti. Non credevamo andasse così insomma».

 

«Nel finale quando sono scattato, sono partito forte, ma all’inizio avevo paura perché sentivo un dolore qui – si tocca il fianco destro – come se mi avesse punto qualcosa. In più l’altro ragazzo (Kelemen, ndr) mi seguiva da vicino, strada saliva e le gambe mi facevano male. Poi è iniziato un tratto di discesa e sono riuscito a spingere forte. Da lì tutto è stato più facile».

«E’ andata così… e il resto è storia!».

Ma prima di salire sul podio, il britannico (classe 2001) ritrova il sorriso
Ma prima di salire sul podio, il britannico (classe 2001) ritrova il sorriso

Tutto da scoprire

Il resto è storia. Leo, come suo fratello Ethan l’hanno appena iniziata la loro storia con il ciclismo. E lo hanno fatto a colpi di pedale vincenti un po’ ovunque. Ethan vince in pista e in salita. Magari non sull’Alpe d’Huez (non ancora almeno), ma ti porta a casa il Giro di Norvegia. Oppure le volate di gruppo. 

Leo all’apparenza sembra più scalatore. Rispetto al fratello è più longilineo: stessa statura (178 centimetri) ma tre chili di differenza (69 Ethan, 66 Leo). Ciò nonostante nel finale, ha dato una “botta” da pistard.

«Non so – dice Hayter – cosa aspettarmi sono tutto da scoprire. Il Mortirolo non lo conosco: lo scoprirò domani. L’ho visto solo in tv. So che è duro e normalmente le salite dure e la salita in generale mi piacciono. Ho l’opportunità di dimostrare che sono bravo anche in salita. Adesso però voglio godermi questo momento… e la maglia rosa».

Marcellusi bravo

La fuga di oggi non è servita solo ad Hayter per conquistare la rosa, ma anche per far scoprire le carte del gruppo. Correre quando si è troppo favoriti implica delle responsabilità indirette e il gruppo di fatto, con Bruttomesso staccato, ha lasciato fare alla Groupama-Fdj. Li hanno fatto correre come se fossero già in maglia.

«Erano solo loro che tiravano – ci ha detto Martin Marcellusi, buon quarto – sono i più forti e nessuno gli ha dato una mano. Neanche i Dsm. Quindi siamo andati forte, ma non fortissimo. Infatti non abbiamo chiuso».

«Loro davanti sono stati bravi. Peccato che io non abbia potuto mettere nessun uomo a darmi una mano. Abbiamo tre ragazzi di primo anno al via ed erano dietro. L’unico che poteva aiutarmi era Nieri, ma è caduto.

«Peccato, perché questa era la tappa migliore per me. Ma non è finita. Domani, faccio gruppetto per risparmiare il più possibile e più in là ci riproveremo».

Maglia rosa per caso. L’estate di Bruttomesso inizia così

11.06.2022
6 min
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«Neanche dovevo farlo il Giro. Faresin mi ha chiamato martedì mattina.Mi ha detto se me la sentissi. E io non ho esitato». Non ci crede Alberto Bruttomesso. Il corridore della Zalf Desiree Fior è la prima maglia rosa del 45° Giro d’Italia U23.

Il veneto è un primo anno. Fisico massiccio. Gambe muscolose che sono ancora da scolpire, tipiche di chi non ha ancora 20 anni, anzi 19, visto che è di ottobre. Un velocista puro? Chissà… La cosa certa è che ad Argenta ci si aspettava una volata e una volata è stata.

Vittoria a sorpresa

Mette le mani nel capo Bruttomesso quando taglia il traguardo. Non ci crede. Non ci crede lui e neanche sua mamma Katia, che corre dietro all’arrivo alla ricerca del figlio per abbracciarlo.

«Siamo venuti qui per questa tappa e abbiamo fatto bene – spiega la mamma – perché era il suo debutto e sapevamo che poteva fare bene. Ma non così tanto. E poi era anche il più piccolo della squadra».

La corsa si è conclusa sotto un caldo sole. Non rovente come quello che hanno trovato qualche giorno fa i corridori all’Adriatica Ionica Race, ma quasi. 

La DSM ha controllato gran parte della corsa e il ritmo è stato un po’ più blando del previsto, tanto che è saltata anche l’ultima tabella oraria, quella più lenta. Hanno corso da professionisti. Molto nervosismo all’inizio, ma dopo che è andata via la fuga, le acque si sono calmate.

Lo spettacolo però non è mancato. Come ci aveva detto anche Lorenzo Germani qualche giorno fa: occhio al vento. E infatti in un punto in piena pianura a ridosso della costa adriatica il gruppo si è spezzato. E questa accelerazione ha sancito la fine della fuga.

Argenta abbraccia i ragazzi con un certo calore. Nella piazza dell’arrivo c’è davvero parecchia gente. Un bel colpo d’occhio. E se il buon giorno si vede dal mattino… va bene così!

I compagni della Zalf. Guzzo, il portavoce e “pilota” di Bruttomesso, è il secondo da destra
I compagni della Zalf. Guzzo, il portavoce e “pilota” di Bruttomesso, è il secondo da destra

Zalf compatta

I compagni della Zalf si radunano prima di ripartire in direzione delle ammiraglie che li porteranno a Rossano Veneto. Si radunano e si danno il cinque.

«Sicuramente – dice Federico Guzzo, che si fa portavoce – era un arrivo adatto alle nostre caratteristiche. Qui al Giro abbiamo più che altro una squadra per percorsi mossi, però avevamo anche questa opzione di Bruttomesso, che è veramente forte. Alberto è uno dei più bravi in volata al momento. Uno dei più forti dell’intera stagione».

«Ci siamo mossi bene per la volata. Direi che “siamo usciti giusti”, nel finale. Poi lui è forte e se l’è giocata davvero alla grande. Sa sfruttare le scie giuste. E’ nella posizione giusta al momento giusto. Io per esempio ho tirato, ma alla mia ruota c’era un ragazzo della Lotto, mi sembra. Poi però Alberto si è arrangiato. Comunque lo abbiamo portato fino ai 300 metri. Per tutta la tappa abbiamo corso compatti e nel finale eravamo tutti per lui».

In Zalf sono contenti. Come dicono i ragazzi stessi, una vittoria di tappa e la maglia rosa sono già tanto.

Bruttomesso in rosa 

Nel frattempo mamma Katia è stata raggiunta da papà Massimo. I genitori abbracciano il loro ragazzo. Saranno presenti anche domani al via, poi tutti a casa a Valdagno.

Provando ad immedesimarci in lui alla sua età, colpisce il suo self control. Si vede che è contento e ci mancherebbe, ma Alberto fa sua questa vittoria come fosse un veterano. Il che denota sicurezza.

«Ripeto, inizialmente neanche dovevo esserci – dice Bruttomesso mentre è seduto su una sedia prima di vestire la maglia rosa – ho la maturità che mi aspetta tra pochi giorni. Però da quando mi hanno detto che sarei venuto al Giro, ho studiato questa tappa, che sapevo mi si addiceva.

«Sapevo anche che il livello dei partecipanti era altissimo. Che c’erano tutti i più forti sprinter d’Europa. Speravo in un piazzamento: un buon posto, magari per prendere la maglia bianca. Arrivare a vincere e alla rosa… proprio no! Sono super contento».

L’esultanza di Bruttomesso, che poi porta le mani tra “i capelli”, segno di incredulità (foto Isola Press)
L’esultanza di Bruttomesso, che poi porta le mani tra “i capelli”, segno di incredulità (foto Isola Press)

Velocista dentro

I suoi compagni lo hanno aiutato. Hanno tirato per il più piccolo. Il più piccolo che però ha le idee chiare. Molto chiare. Guzzo, aveva ragione: “Alberto se la sa cavare da solo…”.

«Il fatto che abbiano tirato per me è un onore. Ci siamo trovati in due all’ultimo chilometro, Guzzo ed io. Federico ha fatto un lavoro impeccabile.

«Ai 400 metri ero un po’ indietro, credo intorno alla decima posizione, però sono riuscito a portarmi avanti, ma sempre restando coperto. Poi ai 200 metri sono riuscito ad uscire. Mi sono riportato avanti, sapendo che il rettilineo tirava verso destra e così mi sono spostato un po’ all’esterno per non rischiare di restare chiuso. Tutto è andato in modo perfetto».

I palloncini messi da “Ciano” nelle camere dei suoi ragazzi. Magari non sono proprio rosa, ma il concetto non cambia! (foto Rui)
I palloncini messi da “Ciano” nelle camere dei suoi ragazzi. Magari non sono proprio rosa, ma il concetto non cambia! (foto Rui)

Palloncini in camera

A questo punto la prima persona che ci viene in mente è Luciano “Ciano” Rui. Il vecchio pilastro della Zalf ci aveva parlato in tempi non sospetti di Bruttomesso e sempre in tempi non sospetti ci aveva detto della sua paura che i procuratori glielo portassero via subito. Adesso chissà come andranno le cose.

Lui però con la sua saggezza si gode il momento: «Se me lo aspettavo? Sapevo che Bruttomesso era forte, ma non credevo che fosse già maturo per queste gare. Oggi c’era un parterre mica indifferente. Chapeau, come si dice in questi casi. Io già lo seguivo quando era alla Borgo Molino (team juniores, ndr) ma adesso è ancora più maturo».

«Intanto ci gustiamo la maglia rosa. Quando si parte bene si è a metà dell’opera – dice Rui, mentre aspetta i suoi corridori in hotel – i ragazzi già erano motivati e la maglia nuova (griffata MS Tina, ndr) ha portato bene. Ma soprattutto hanno fatto una gran bella volata».

 

«Ho messo dei palloncini rosa in camera di Alberto e dei ragazzi, perché la forza è il gruppo. Come detto, ci godiamo il momento, ma da domani si riparte da zero: un po’ più maturi e con un po’ meno di pressione». 

L’Astana al Giro U23 con un solo italiano: l’apprendista Toneatti

11.06.2022
6 min
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L’avventura è qualcosa che ha sempre intrigato gli esseri umani nel corso dei secoli. Il gusto della scoperta, la voglia di mettersi alla prova in qualcosa di nuovo. Queste emozioni, inevitabilmente, toccano anche il mondo dello sport. L’ebbrezza di ripartire da zero, in una nuova disciplina, e vedere fino a che punto si riesce ad arrivare, a crescere e maturare. Davide Toneatti ha deciso di intraprendere questa strada: quella dell’avventura.

Così a inizio anno è cominciata la sua esperienza con il team Astana Development. Il friulano arrivava dal mondo del fuoristrada, del fango e dei sentieri impervi. I dubbi che circondavano il suo approdo nella squadra kazaka era molti, ma evidentemente lui e lo staff del team erano convinti di poter fare qualcosa di buono insieme.

Davide Toneatti ha corso molto nel fuoristrada, qui ai campionati italiani ciclocross under 23 del 2022
Davide Toneatti ha corso molto nel fuoristrada, qui ai campionati italiani ciclocross under 23 del 2022

La nuova avventura

Così Davide ha cominciato la sua prima stagione su strada a 21 anni. Ha iniziato a correre in Croazia ed alla sua seconda gara – il Porec Trofej – è arrivato 16°. Un bel risultato se si pensa che era una corsa 1.2, dove il livello non era alto, ma c’erano tanti corridori di esperienza. La sua crescita è stata costante, ha corso anche qualche gara internazionale under 23.

«L’ultima gara – ci spiega Davide – l’ho fatta a Meldola (conclusa al 9° posto, ndr), poi con la squadra siamo venuti direttamente a Riccione per la partenza del Giro Under 23 (avvenuta oggi, ndr). Ad inizio stagione insieme al team avevamo l’obiettivo di capire quali potessero essere le mie caratteristiche e come mi sarei adattato al nuovo modo di correre. Fino ad ora il mio adattamento lo ritengo soddisfacente, anche la squadra è contenta di come sono andate le cose.

«Anche la convocazione per il Giro è una grande soddisfazione,  mi hanno avvisato che lo avrei fatto all’inizio di maggio. Poi insieme alla squadra siamo andati in ritiro tre settimane a Sierra Nevada, una volta tornati ho corso le tre gare internazionali che mi dividevano dal Giro (Strade Bianche, Coppa della Pace e Meldola, ndr).

Al Trofeo Piva, a inizio aprile, Toneatti ha iniziato a sentire il colpo di pedale giusto
Al Trofeo Piva, a inizio aprile, Toneatti ha iniziato a sentire il colpo di pedale giusto

Un adattamento graduale

Quando si affronta un qualcosa di nuovo la prima domanda che ci si pone è: quanto impiegherò per adattarmi? La stessa domanda se l’è fatta anche il giovane friulano.

«Insieme a Cucinotta, nel primo periodo di preparazione, ho iniziato a lavorare per adattarmi bene alla distanza ed ai volumi di allenamento. Il primo blocco di gare l’ho fatto in Croazia, due gare di un giorno e poi una breve corsa a tappe: l’Istrian Spring Trophy, quella gara mi ha dato un qualcosa in più per quanto riguarda il ritmo gara. In quell’occasione ho avuto modo di imparare come lavora la squadra e come si sta in gruppo. Una cosa che devo ancora imparare bene sono le dinamiche di corsa: capire quando un’azione può risultare decisiva o quando farmi trovare davanti. Un esempio in questo senso può essere stato il Trofeo Piva, nel momento clou stavo bene ma sullo strappo mi sono fatto trovare indietro ed i primi dieci sono andati via».

La cosa più difficile per Davide è stata adattarsi ai ritmi ed al correre frenetico di alcune situazioni di corsa (foto Valentina Barzi)
La cosa più difficile è stata adattarsi al correre frenetico di alcune situazioni di corsa (foto Valentina Barzi)

L’alimentazione

Se si è sempre corso in discipline di breve durata e con sforzi ad alta intensità, non è mai sorta la necessità di alimentarsi in corsa. Con il cambio di disciplina Toneatti ha dovuto aggiungere anche questo tassello, con un supporto di qualità: la dietista Erica Lombardi.

«L’alimentazione in corsa – racconta – è stata una cosa rivoluzionaria. Pensavo si trattasse semplicemente di dover mangiare ad ogni ora. Poi mi sono confrontato con i compagni e con la nutrizionista, imparando a curare tutti gli aspetti. Sono uno a cui piace capire cosa fa, quindi mi sono interessato e ho “studiato” un po’. In gara non ero abituato a mangiare spesso, quindi le prime volte dovevo fare uno sforzo di memoria e ricordarmi di farlo, poi è diventato via via più automatico».

Anche l’alimentazione in corsa è stato un momento di grande insegnamento (foto Valentina Barzi)
Anche l’alimentazione in corsa è stato un momento di grande insegnamento (foto Valentina Barzi)

Prime batoste e primi insegnamenti

Non può essere sempre tutto bello e tutto facile: la vita e lo sport non sono così. Quando si fa qualcosa di nuovo, bisogna mettere in conto che si sbatterà il muso per terra, e Davide lo ha fatto, in tutti i sensi.

«Il primo insegnamento – ammette – l’ho ricevuto direttamente dalla strada durante l’Istrian Trophy. Nel corso della prima tappa sono caduto, ma nell’alzarmi e riprendere la corsa non ho fatto tanta fatica, anzi. Una volta arrivato al traguardo però, medici e massaggiatori mi guardavano con una faccia non tranquillissima. Ci ho messo poco a capire il perché. Il giorno dopo ho sofferto tantissimo, mi faceva male tutto e non riuscivo a pedalare bene. E così ho appreso il primo insegnamento: le cadute si pagano il giorno dopo.

«In quella tappa ho scoperto anche un’altra cosa – dice con continuità – ovvero la crisi di fame. Nei primi chilometri della tappa avevo forato ed ero rimasto attardato, era un momento non buono. Il gruppo andava forte e ho fatto tanta fatica a rientrare. Solamente quando mi sono agganciato al gruppo, ho realizzato di aver fatto un’ora e mezza senza aver mangiato o bevuto. E dopo 3 ore, buio, crisi di fame. Ma crisi vera, eh! Non andavo avanti. In quella tappa tra caduta e crisi di fame ho tagliato il traguardo per ultimo, in compenso ho imparato molte cose».

Qui Davide in ritiro a Sierra Nevada con la squadra dopo la convocazione per il Giro d’Italia under 23
Qui Davide in ritiro a Sierra Nevada con la squadra dopo la convocazione per il Giro d’Italia under 23

Compagni e staff

Nella sua nuova avventura in Astana, Toneatti ha trovato un po’ di Italia. Nel team c’è, anche se fermo a causa della miocardite, Gianmarco Garofoli. Mentre nello staff Cucinotta e Maini sono i fari cui affidarsi in qualsiasi momento.

«Prima che Gianmarco  avesse quel problema – racconta Davide – ho passato un po’ di tempo con lui. Essendo gli unici due italiani, eravamo in stanza insieme e mi ha raccontato tante cose. Mi ha spiegato molto anche della vita fuori gara, dell’alimentazione e di come stare in gruppo. 

«Maini e Cucinotta – riprende il giovane corridore – mi hanno sempre dato una mano e con loro parlo molto, soprattutto con Orlando (Maini, ndr). Lui è sempre disponibile, ci ascolta senza problemi, qualsiasi cosa tu abbia da chiedergli. Spesso, dopo le gare, mi fermavo a parlare con lui e chiedevo cosa fosse andato bene o meno. Una cosa che mi ha fatto notare tante volte è la mancanza di lettura della gara e di tattica. In alcune occasioni, si capiva che stessi bene, ma non riuscivo a cogliere l’attimo giusto. Però ci ha sempre tenuto a tranquillizzarmi, dicendomi che è normale e prima o poi imparerò».

De Cassan, un volto nuovo per le corse a tappe?

11.06.2022
5 min
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La Corsa della Pace non avrà forse più quel sapore epico del secolo scorso, quand’era il terreno di confronto fra il dilettantismo di Stato dell’est europeo e i giovani occidentali pronti a passare professionisti, ma resta con il Giro Under 23 e il Tour de l’Avenir la prova principale per la categoria inferiore, quella chiamata a mettere in mostra i migliori talenti. Per questo un 11° posto ottenuto qui ha più valore di tanti altri piazzamenti.

Davide De Cassan è tornato a casa proprio con un 11° posto in quella che era la sua prima vera esperienza a tappe e questo piazzamento dice tanto. Amadori, il cittì della nazionale, aveva impostato la squadra su Piganzoli e su di lui ed entrambi si sono dimostrati all’altezza, con l’altro finito 8° in un consesso di assoluto livello. Se però di Piganzoli già si parla molto come di un prospetto per i grandi giri, De Cassan è una scoperta assoluta.

Boscolo con il suo ex allievo Jonathan Milan. Al CTF ha creato una famiglia
Boscolo con il suo ex allievo Jonathan Milan. Al CTF ha creato una famiglia

Parola a Boscolo

A presentarlo convenientemente è il suo diesse al Cycling Team Friuli, Renzo Boscolo: «Ci è stato presentato da Raimondo Scimone che ha sotto contratto molti nostri atleti. Ci aveva detto che valeva davvero la pena d’investire su di lui, lo abbiamo sottoposto ai test e non abbiamo avuto più dubbi. Davide è uno che non solo va forte in salita, ma è intelligente e ha un modo innato di leggere la corsa. Deve imparare a osare di più, ma ci stiamo arrivando».

Lo trovi adatto per le corse a tappe?

Di base sì, anche se un corridore per grandi Giri lo costruisci solo con il tempo. Lui sta crescendo nei tempi giusti, non deve farsi ossessionare dalla rincorsa della vittoria perché ha dimostrato che sa correre per la squadra. Io gliel’ho già detto: se sai sacrificarti per gli altri, se contribuisci alle vittorie dei compagni, risalti in questo ciclismo, perché un team del WorldTour verrà a cercarti sapendo che può acquisire un corridore prezioso. Le vittorie non dicono tutto e soprattutto non danno il passaporto per la gloria. Guardate Aleotti: ne parlavo con il padre, nelle cronache magari non apparirà, ma ha fatto un Giro straordinario.

De Cassan compagni 2022
Davide è nato il 4 gennaio 2002. Quest’anno ha già tre Top 10 e buone prove anche al Giro di Sicilia
De Cassan compagni 2022
Davide è nato il 4 gennaio 2002. Quest’anno ha già tre Top 10 e buone prove anche al Giro di Sicilia
Ora De Cassan si troverà a cercare un’altra prestazione di rilievo al Giro U23 di fronte ad autentiche corrazzate come l’FDJ di Gregoire e Martinez. Non temi che si parta con un po’ di soggezione?

Ma scherziamo? Noi siamo la succursale della Bahrain Victorious, una delle tre squadre più forti del WorldTour, la paura non deve esistere, sono gli altri che devono temerci. Quando si è trovato nei grandi eventi, De Cassan come i suoi compagni non si è mai tirato indietro. Guardate al Recioto, ha lottato con i più forti del mondo fino all’ultimo metro finendo 4°. Al Giro metterà la sua firma, ne sono certo.

Parola a De Cassan

E lui, De Cassan, che cosa dice? L’impressione è quella di un ragazzo che dietro l’educazione nasconde una forte determinazione a emergere e che ha preso l’esperienza in Repubblica Ceka per imparare.

«E’ stata un’opportunità – dice – per prendere le misure a molti avversari per il Giro che è il mio vero obiettivo. Ho visto che il mio livello è già alto e questo mi dà molta carica».

De Cassan Ctf 2022
Al Ctf dal 2021, De Cassan si sta mettendo in luce come scalatore di vaglia
De Cassan Ctf 2022
Al Ctf dal 2021, De Cassan si sta mettendo in luce come scalatore di vaglia
Ti senti specialista per le corse a tappe?

E’ una bella domanda… Di sicuro mi trovo bene e non ho problemi a recuperare, per saperlo dovrei però anche capire se ho quel guizzo in più per centrare il successo pieno. Nelle gare di più giorni vado bene, più i percorsi sono duri e più mi si addicono. Per questo il Giro sarà un bel test.

Parlando con molti corridori della tua età, tecnicamente emerge quasi sempre la figura del passista in grado di reggere in salita, mentre latitano un po’ gli scalatori puri. Tu di quale categoria fai parte?

Fisicamente direi per quest’ultima, essendo altro 1,70 per 60 chili scarsi. Ciò non significa che in pianura vada piano, anzi se c’è da lavorare per la squadra, da tirare non mi tiro indietro. A cronometro ho più difficoltà sui tracciati brevi, quando la distanza è maggiore mi difendo meglio, per questo credo che nelle gare a tappe potrei dire la mia.

De Cassan Faenza 2019
La volata vincente di De Cassan alla GF Cassani giovani 2019 (foto Photobicicailotto)
De Cassan Faenza 2019
La volata vincente di De Cassan alla GF Cassani giovani 2019 (foto Photobicicailotto)
Quali obiettivi ti poni a breve termine?

Io mio sogno è vestire la maglia rosa al Giro Under 23. So che ci sono grandi nomi, ho visto Van Eetveld ed è davvero forte, ma non dobbiamo porci ostacoli prima del tempo, dobbiamo giocare le nostre carte. Dopo il Giro vedremo che programma prendere per la seconda parte di stagione.

Come ti trovi nel team? Un fatto che spicca è che nel corso della stagione ogni suo componente ha modo di emergere…

Merito di una struttura tecnica ideale per noi, che ci mette in condizione di fare bene ogni volta che siamo chiamati in causa. Sappiamo che a turno verrà per ognuno di noi l’occasione per puntare al risultato, non ci sono capitani o gregari prestabiliti. Inoltre siamo un bel gruppo, molto unito e questo conta. Ma devo dire grazie anche al cittì Amadori per l’opportunità che mi ha dato: anche in quell’ambiente si lavora bene, ognuno sa bene che cosa fare. Spero di avere altre occasioni.

De Cassan disco
La copertina del disco pubblicato da De Cassan nel 2019. A quando il prossimo?
De Cassan disco
La copertina del disco pubblicato da De Cassan nel 2019. A quando il prossimo?

Intanto Davide va avanti anche nell’altra sua passione, quella della musica che nel 2019 l’ha portato a pubblicare il suo primo disco, “Something new”: «Sono sincero, probabilmente non è il genere che la maggior parte di voi ascolta quotidianamente – aveva scritto come presentazione nel suo profilo Instagram – però è quello che ho dentro io. Ascoltatela, magari può piacervi davvero tanto». Ora però è decisamente più concentrato sul ciclismo.