La cosa peggiore è vedere avverarsi l’incubo che ti ha tolto il sonno per giorni. Van der Poel deve aver pensato questo quando per due volte consecutive ha visto Pogacar sferrare l’attacco sul Vecchio Qwaremont. E se nell’E3 Saxo Classic era riuscito a rintuzzarlo, questa volta la distanza si è fatta sentire e mentre lo sloveno prendeva il largo, l’olandese ha resistito alla tentazione di arrendersi, ma ugualmente ha dovuto chinare il capo.
Gli errori dello scorso anno sono dimenticati: doveva arrivare da solo e lo ha fattoGli errori dello scorso anno sono dimenticati: doveva arrivare da solo e lo ha fatto
Parola mantenuta
Pogacar ha fatto con grande naturalezza quello che aveva promesso. Il solo modo per vincere il Fiandre era arrivare da solo e così è stato. Il Qwaremont non è il Poggio, ma forse anche il Poggio dopo sei ore di saliscendi e la media pazzesca di oggi farebbe danni maggiori. E così, quando si è ritrovato da solo a spingere sull’undici in quegli interminabili 13 chilometri fino all’arrivo, Tadej ha smesso di pensare e ha finto di essere nella crono finale con cui al Tour del 2020 mise in croce Roglic. E Van der Poel ha subìto lo stesso destino, senza però andare a fondo del tutto.
«Non so se ho scritto la storia – sorride Pogacar con la solita disinvoltura – scrivo solo le mie gare e sono felice e grato di poter competere in tante corse diverse, come il Fiandre, il Tour de France, il Lombardia, la Liegi e anche la Sanremo. Oggi sono anche felice e orgoglioso di tutto il team. C’è stato un grande sforzo da parte di tutti e penso che abbiamo meritato la vittoria».
Wellens sarebbe dovuto entrare in azione per Pogacar, torna a casa con la clavicola rottaAffini stava tirando quando è avvenuta la caduta nel gruppoL’ultimo Fiandre di Sagan si conclude con il ritiro pochi minuti dopo la cadutaAnche Alaphilippe è rimasto coinvolto: rientrerà, ma le gambe a quel punto saranno finiteWellens sarebbe dovuto entrare in azione per Pogacar, torna a casa con la clavicola rottaAffini stava tirando quando è avvenuta la caduta nel gruppoL’ultimo Fiandre di Sagan si conclude con il ritiro pochi minuti dopo la cadutaAnche Alaphilippe è rimasto coinvolto: rientrerà, ma le gambe a quel punto saranno finite
Qual è stato il segreto per vincere?
La prima cosa che ha fatto la differenza è stato avere le migliori gambe della gara. Sapevo di dover arrivare da solo al traguardo e questo in partenza era estremamente difficile. Ma sono stato fortunato ad avere una buona giornata, che penso mi godrò a lungo.
Hai fatto quello che avevi annunciato: quanto è stato difficile?
E’ stata una gara davvero dura dall’inizio alla fine. Con la squadra abbiamo giocato molto bene le nostre carte ed è riuscito tutto alla perfezione. Devo dire un enorme grazie a tutti. Sfortunatamente Wellens è caduto e si è rotto la clavicola, ma penso che alla fine sarebbe stato lì anche lui per aiutarmi. Tutti hanno fatto un lavoro perfetto a partire da Trentin e prima anche Bjerg, che mi ha lanciato in modo fantastico quando abbiamo deciso di fare la gara al primo passaggio sul Qwaremont.
Pogacar si è detto sereno perché Trentin nella fuga dava garanziePogacar si è detto sereno perché Trentin nella fuga dava garanzie
Hai vinto il Lombardia e la Liegi, il Fiandre si può considerare una gara speciale?
Lo è sicuramente, probabilmente fra le corse di un giorno è la migliore gara al mondo. L’atmosfera sulle salite è incredibile, il percorso è davvero interessante e tutti i migliori avversari sono qui. E’ davvero una gara incredibile.
Due settimane fa, Van der Poel ti ha staccato sul Poggio, che cosa è cambiato nel frattempo?
Oggi avevo la stessa forma della Sanremo, ma questa è una gara completamente diversa. La Sanremo è perfetta per Mathieu, che è stato assolutamente il più forte. Il Poggio è uno sforzo di 6 minuti e lui ha spiccato il volo, poi in discesa ha messo in campo le sue abilità che sono totalmente diverse dalle mie. Oggi invece la corsa era più adatta a me, perché è più impegnativa e con più dislivello. Van der Poel volava anche oggi, non è che le carte in tavola siano cambiate totalmente, il risultato invece sì (ride, ndr).
Van der Poel attacca sui Kruisberg: manda fuori giri Van Aert, non PogacarPedersen ha tolto a Van Aert la soddisfazione del podio: per il danese un super FiandrePedersen è stato tutto il giorno in fuga e poi ha sprintato per il terzo postoVan der Poel attacca sui Kruisberg: manda fuori giri Van Aert, non PogacarPedersen ha tolto a Van Aert la soddisfazione del podio: per il danese un super FiandrePedersen è stato tutto il giorno in fuga e poi ha sprintato per il terzo posto
Perché non vuoi provare la Roubaix?
Perché è totalmente diversa. L’ho fatta da junior e non riesco a immaginare quanto sia difficile farla da professionista. E’ un dolore, su quei sassi c’è una sofferenza totalmente diversa da questa. Io sono uno scalatore e anche se al Tour ho fatto bene nella tappa del pavé, c’erano soltanto undici settori, senza la Foresta di Arenberg.
Dopo l’arrivo Van der Poel ha detto che i primi della corsa sono tutti speciali, ma tu lo sei stato di più, perché hai vinto come avevi detto di voler fare. E ha detto che sei il solo che possa vincere i cinque Monumenti.
Non so se posso rispondere a questa domanda. Vedremo in futuro. Ripeto che sono davvero felice di poter di correre in tutte queste gare e di competere ai massimi livelli e sono grato al team che mi supporta anche in questo. Sono super felice di poter fare il Fiandre e il Tour nello stesso anno.
Conferenza stampa finita, c’è un aereo da prendere, ma prima si firmano le maglieLa Colnago ha vinto il fFiandre: risposta sul campo alle polemiche di BoonenSul traguardo per Pogacar l’abbraccio della futura moglie UrskaConferenza stampa finita, c’è un aereo da prendere, ma prima si firmano le maglieLa Colnago ha vinto il fFiandre: risposta sul campo alle polemiche di BoonenSul traguardo per Pogacar l’abbraccio della futura moglie Urska
Ti sei mai preoccupato per quella fuga così numerosa davanti?
No, perché avevamo dentro Matteo Trentin, in ottima forma come a Sanremo. In quel gruppo c’erano degli ottimi corridori. Non ho molta esperienza di questa corsa, non sapevo se li avremmo ripresi e un certo punto sembrava che avessero buone possibilità. Ma io ero senza stress, grazie a Matteo.
Firma le maglie e poi si avvia verso il pulmino che lo porterà in aeroporto, con quella freschezza che fa sembrare tutto così naturale. Fuori lo aspetta Urska, nella serata di Oudenaarde il rock e la birra hanno volume identico: altissimo. Usciamo dalla conferenza stampa che sono le 19. Non ci resta che scrivere…
Abbiamo avuto l’occasione di pedalare alla Gran Fondo “We Ride Flanders” nel gruppone assemblato da Sportful. Il giorno prima della corsa dei professionisti le strade e i Muri più iconici sono stati aperti al pubblico e si sono trasformati in uno scenario che ti riempie il cuore di ciclismo. Ogni tipologia di bici ha solcato le pietre del Fiandre: dalle e-bike da città fino alla più performante bici da strada.
Questi sono tutti i Muri presenti all’interno del percorso corto della Gran Fondo “We Ride Flanders”I segni della pioggia e del passaggio sulle pietre sporcano la biciQuesti sono tutti i Muri presenti all’interno del percorso corto della Gran Fondo “We Ride Flanders”I segni della pioggia e del passaggio sulle pietre sporcano la bici
Una guida d’eccezione
Nel girare in questo territorio intriso di storia legata al ciclismo, nella giornata di venerdì, ci siamo affidati ad una guida di eccezione: Simone Masciarelli. Lui queste strade le ha vissute prima da corridore e poi da comune cittadino, quando, cinque anni fa, ha seguito il figlio Lorenzo nella sua avventura nel mondo del ciclocross. Tra pochi giorni Simone tornerà in Italia per seguire nuovamente il figlio Lorenzo, passato quest’anno alla Colpack-Ballan.
«Su queste strade – ci racconta – i miei due figli: Lorenzo e Stefano, si allenavano tutti i giorni, sia con la bici da corsa che con quella da cross. Tutte le gare più importanti del ciclocross si svolgono in questa zona del Paese».
La parte finale del tratto in pavé pianeggiante di MariaborrestraatLa parte finale del tratto in pavé pianeggiante di Mariaborrestraat
I percorsi
Gli appassionati hanno avuto l’occasione di scegliere tra quattro percorsi differenti, tre con partenza da Oudenaarde: il corto, da 75 chilometri, un secondo da 144 chilometri ed un altro da 177. Il percorso più lungo, quello da 249 chilometri, segue interamente le orme del Fiandre e parte, quindi da Bruges.
Fin dal giorno prima della Gran Fondo le strade di Oudenaarde si riempiono di ciclisti, anche più del solito. Il ritiro dei pacchi gara è da fare al De Qubus, un centro congressi e di eventi. Al suo interno c’è musica, chioschi con cibi e bevande, mentre nel piazzale adiacente sono posizionati gli stand delle aziende sponsor dell’evento.
La maggior parte delle case nelle Fiandre sono costruite con i tipici mattoni rossi, nonostante ciò non mancano i coloriIl pavé è presente anche nei tratti non segnalatiLa maggior parte delle case nelle Fiandre sono costruite con i tipici mattoni rossi, nonostante ciò non mancano i coloriIl pavé è presente anche nei tratti non segnalati
Clima fiammingo
Il tempo, nella giornata di sabato è pessimo: vento e tanta pioggia, come è abitudine vedere da queste parti. Nessuno si fa intimidire e fin dalle prime ore del mattino la gente arriva ad Oudenaarde per prendere il via. La partenza è alla “francese” in un orario compreso tra le sette e le dieci del mattino. L’acqua scende a scrosci continui, ripetitiva, incessante. Gli occhiali si trasformano presto in una maschera piena di gocce di fango, bere dalla borraccia diventa impossibile vista la terra che ci si accumula sopra.
Il clima fiammingo, però, non si vede solo dal meteo, ma soprattutto dalle persone, presenti in maniera numerosa e costante lungo tutti i chilometri della Gran Fondo. E chi non pedala è pronto ad incitare da bordo strada, si vedono molte famiglie ad aspettare amici o conoscenti, qualcuno è munito anche di cartelli, così da farsi riconoscere più facilmente.
Il ristoro era situato dopo 43 chilometri, nella cittadina di RonseAppena ripartiti dalla sosta c’è giusto il tempo di ammirare la Sint-Hermesbasiliek di Ronse, costruita in stile goticoIl ristoro era situato dopo 43 chilometri, nella cittadina di RonseAppena ripartiti dalla sosta c’è giusto il tempo di ammirare la Sint-Hermesbasiliek di Ronse, costruita in stile gotico
Si inizia dal Koppenberg
All’interno del percorso scelto da noi, quello corto da 75 chilometri, erano presenti dieci Muri, al primo dei quali capisci subito che passare una giornata in queste condizioni meteo e di strade sarà davvero tosto. Il primo ostacolo di pietre da scalare è stato niente meno che il Koppenberg. La caratteristica bella di questa giornata è che la sfida è con se stessi, non è importante quanto tempo ci metti, conta la passione che ti spinge ad affrontare questa avventura. Le pietre ti respingono, quasi stizzite dal tuo passaggio, ogni pedalata è un salto, un sussulto.
«Proprio in cima al Koppenberg – ci raccontava Simone Masciarelli nella giornata di venerdì – si tiene una delle gare di ciclocross più iconiche: il Koppenbergcross. Negli anni il percorso è stato modificato, rendendo questa gara ancora più dura».
In cima alla collina di Hotond si è corso fino al 2019 il GP De Clercq, importante gara di ciclocrossIn cima alla collina di Hotond si è corso fino al 2019 il GP De Clercq, importante gara di ciclocross
La “casa” del ciclismo
Oltre al Koppenberg abbiamo avuto modo di passare su: Steenbeekdries, Taaienberg, Berg Ten Houte, Kaperij, Kanarieberg, Oude Kruisberg, Hotond, Karnemelkbeekstraat, Oude Kwaremont e Paterberg.
Proprio percorrendo gli ultimi due Muri, Oude Kwaremont e Paterberg, senti entrare nelle vene lo spirito di questa corsa. Subito saltano in mente immagini, istantanee del ciclismo, come la caduta di Sagan nel 2017. Oppure l’attacco di Cancellara nel tratto finale dell’Oude Kwaremont. Mentre rimbalzi pesantemente su queste enormi pietre, con le gambe che ribollono dalla fatica nonostante il freddo, ti chiedi come sia possibile fare delle accelerazioni con quella potenza. Ma, anche questo fa parte della magia di questo bellissimo sport.
L’attacco del pavé ai piedi dell’Oude Kwaremont, il penultimo Muro del FiandreNel 2013, in questo tratto, ci fu l’attacco di CancellaraLe pietre bagnate rendono ancora più difficile salire sui Muri, la bici si scompone in tutte le direzioniL’attacco del pavé ai piedi dell’Oude Kwaremont, il penultimo Muro del FiandreNel 2013, in questo tratto, ci fu l’attacco di CancellaraLe pietre bagnate rendono ancora più difficile salire sui Muri
«In cima alla collina di Hotond – ci spiegava sempre ieri Simone Masciarelli – si tiene il GP Mario De Clercq, che Lorenzo ha vinto nel 2019, anno della sua ultima edizione. Quando ancora era juniores. Nelle Fiandre l’accostamento strada e cross è continuo. I ragazzi non fanno la pausa invernale ma si fermano a marzo, prima di riprendere su strada».
Gli ultimi dieci chilometri della Gran Fondo ripercorrono quelli del Giro delle Fiandre. Il vento ti respinge , l’acqua ti scorre lungo il collo e le gambe faticano a portarti avanti, l’ultimo tratto diventa infinito. L’arrivo si trova sempre ad Oudenaarde ed è lo stesso che oggi vedrà trionfare il vincitore dell’edizione 107 di questa fantastica corsa.
Slongo è sul Teide. Lo abbiamo chiamato per farci raccontare il Fiandre di Longo Borghini. E' stata una lenta ricostruzione e il bello deve ancora venire
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Affini. Ballerini. Trentin. Pasqualon. Fedeli. Parisini. Puppio. Gli italiani al Fiandre starebbero quasi in una sola ammiraglia. Non si tratta di piangersi addosso, ma di rilevare il dato. Era atteso Bettiol, vincitore nel 2019, ma è tornato a casa con la febbre. E così, tolti i primi tre chiamati a fare i gregari per Van Aert, Alaphilippe e Pogacar, gli altri faranno la loro esperienza (in realtà qualche speranza su Ballerini e Pasqualon liberi da compiti di gregariato ce la teniamo timidamente per noi).
Italiani al Fiandre. Affini fa parte della guardia di Van AertBallerini sempre in prima fila già dalla SanremoTrentin ha recuperato dagli acciacchi post SanremoIl fatto che a Pasqualon piaccia il Belgio è un tratto molto importantePer Fedeli un buon inizio tra Saudi Tour e Tour des Alpes MaritimesParisini è al primo anno da pro’: battesimo ad alta tensionePer Puppio scuola di grande ciclismo sulle strade del FiandreAffini è stato richiamato per rinforzare la guardia di Van AertBallerini sempre in prima fila già dalla SanremoTrentin ha recuperato dagli acciacchi post SanremoIl fatto che a Pasqualon piaccia il Belgio è un tratto molto importantePer Fedeli un buon inizio tra Saudi Tour e Tour des Alpes MaritimesParisini è al primo anno da pro’: battesimo ad alta tensionePer Puppio battesimo del fuoco sulle strade del Fiandre
La fantasquadra di Zanini
E’ mai possibile, ci siamo chiesti ieri pomeriggio a margine della riunione dei direttori sportivi, che non ci siano a casa nostra corridori all’altezza di questa corsa? E allora, un po’ giocando e un po’ non potendo che aggrapparci alle ipotesi, abbiamo chiesto una mano a Zanini, diesse dell’Astana Qazaqstan Team, secondo nel 1998 alle spalle del suo compagno di squadra Museeuw che in suo onore ha battezzato il figlio Stefano. Con quali corridori italiani costruiresti una squadra italiana per il Fiandre? Zazà ci ha prima guardati come fossimo matti, poi si è prestato al gioco, partendo da un talento come Moscon che da quando è all’Astana non ha mai avuto i pianeti allineati. Dopo essere guarito dall’infezione batterica, ecco la frattura al Tour Down Under.
«Gianni lo metterei – dice – per quello che ha fatto vedere alla Roubiax di tre anni fa. Parlando di italiani, è ovvio che lo metto. Come pure metterei Affini. Nella mia squadra vorrei che fossero tutti in grado di fare la corsa, poi vediamo quello viene fuori».
Moscon ha lanciato bei lampi di classe alla Roubaix, ma quest’anno niente pavé: Amstel e ArdenneMoscon ha lanciato bei lampi di classe alla Roubaix, ma quest’anno niente pavé: Amstel e Ardenne
Avresti un capitano?
Ballerini, a lui darei carta bianca. Mi è dispiaciuto tantissimo che sia andato via, anche se è un canturino. Fra Cantù e Varese, lui lo sa benissimo, non corre buon sangue, però io e lui andiamo d’accordo (ride, ndr). Davide è uno su cui si potrebbe fare la corsa. Ha vinto l’Het Nieuwsblad, che qua è un campionato del mondo e ci tengono tantissimo. Perciò, Ballerini leader, e poi nella mia squadra italiana, ci metterei anche un Mozzato. Perché è sempre là davanti, anche se pure lui è abbastanza sfigato perché rompe la bici, oppure cade, però lo prenderei assolutamente.
Ganna lo prenderesti?
Oggetto misterioso, come fai a dire di no? Lo vorrei assolutamente, però lo farei correre di più. Il fatto che non faccia il Fiandre non mi convince tanto. Per come la vedo io, devi correre qua, non fare una sola corsa, soprattutto noi italiani che siamo su queste strade un mese all’anno… Devi venire dalla prima, poi magari ne salti una per recuperare, ti gestisci bene. Però devi correre qua, non c’è storia e non c’è VeloViewer che tenga. Devi memorizzare il campanile, la casa bianca, la curva…. Tutte queste cose qua, devi farti la tua esperienza. VeloViewer ti aiuta in determinate condizioni come il vento, è un aiuto in più. Ma io, da parte mia, non è che gli dico tutto alla radio. Anche perché sennò non sono neanche più concentrati, perché aspettano solo quello che gli dici tu. Così parlo solo per l’indispensabile.
Pasqualon e Milan?
Subito, li prenderei subito. Sono ottimi corridori che in queste corse vengono fuori, perché sono percorsi che gli piacciono e questa è la cosa fondamentale. Il Belgio lo devi amare, sennò non riesci. Se non ti piace, non venire neanche perché è troppo particolare.
Milan non ha finito la Gand per una caduta e rientra alla RoubaixMilan non ha finito la Gand per una caduta e rientra alla Roubaix
E Covi, che è quasi delle tue parti?
Anche lui ci starebbe benissimo. L’ho visto l’anno scorso, forse alla sua prima esperienza in Belgio, e mi era piaciuto subito. Era andato in fuga, il modo migliore per conoscere le strade, e aveva fatto comunque un buon risultato.
Tu hai corso nella Mapei, squadrone di tanti grandi corridori. Come si fa a venir fuori se hai il compito di tirare?
Come si fa? Vai in fuga, speri che vada bene e vinci. Devi fare in modo di farti notare. Queste sono gare particolari e magari, se qualcuno ha sfortuna e tu stai bene, riesci a ritagliarti il tuo spazio a crescere di grado. Però non è neanche bello fare il furbo, dire che non tiri così poi arrivi in fondo e te la giochi. Non appartiene al mio modo di fare, perciò non lo dico neanche. Il consiglio è di fare il tuo lavoro e poi sicuramente arriverà l’occasione.
Da cosa dipende che si fa tanta fatica a venir fuori in corse come questa?
Si dice sempre che manca una squadra WorldTour, ma secondo me i corridori per fare le squadre ce li potremmo anche avere, perché in un team devi avere anche dei corridori a livello internazionale, non solo italiani. Il problema in Italia è che fra un po’ non avremo neanche più i giovani da far crescere. Questo è il grande problema. In provincia di Varese sono veramente pochi e continuano a calare. Da giovanissimi ce ne sono abbastanza, però da esordienti e allievi si perdono. E’ questo il problema, bisogna intervenire lì, non su una squadra WorldTour.
Lo scorso anno sul pavé del Brabante, Covi si è messo alla provaLo scorso anno sul pavé del Brabante, Covi si è messo alla prova
E come lo risolvi?
Cercando di portare i ragazzi al ciclismo. Magari non subito sulla strada, perché capisco benissimo che anche per i genitori non sia una cosa facile, però ci sono la mountain bike e la BMX. Si può cominciare da quelle e poi andare anche sulla strada. Abbiamo campioni della strada che hanno fatto mountain bike, secondo me si può cominciare anche così.
Quando correvi con Reverberi, venivi mai a correre qui?
Nell’ultimo anno che ho fatto con loro, era il 1994, siamo venuti su. Oggi temo che le nostre professional facciano fatica a partecipare, anche se io anticiperei tutto. Ci verrei anche con gli juniores. Sai mai che cominciando presto le cose non migliorino?
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Peter è sereno, si potrebbe dire che sia felice. Di lui abbiamo parlato con Elisabetta Borgia per capire cosa possa animare un atleta che ha già deciso di smettere. Lo incontriamo a Kortrijk nel pomeriggio di vigilia del Fiandre (ieri) per capire che cosa nel ciclismo gli faccia ancora battere il cuore. Lo slovacco è uno di quelli condannati a vincere, ma è pur vero che da un paio di stagioni si è allontanato dalle posizioni che contano. Le ragioni sono da capire. Si parla degli effetti deleteri del Covid, come pure del volo di 8 metri al Tour del 2018, dell’eccessiva disponibilità con gli sponsor fino ai rilevanti cambiamenti nella vita privata.
Resta il fatto che se ti chiami Peter Sagan e hai vinto tre mondiali, il Fiandre, la Roubaix, tre Gand, 12 tappe al Tour e sette maglie verdi, piazzandoti per 500 volte nei primi 10, hai diritto di esistere solo se continui a vincere. Altrimenti ti dicono che fai meglio a smettere e lo dicono con sprezzo.
Abbiamo incontrato Peter nel pomeriggio di ieri, alla vigilia del suo ultimo FiandreAbbiamo incontrato Peter nel pomeriggio di ieri, alla vigilia del suo ultimo Fiandre
Tredici anni di carriera
Fuori piove, per la corsa dicono che ci sarà il sole. Lo abbiamo visto crescere e quando gli mostriamo la prima foto del 2010, anche lui è costretto ad ammettere che questi 13 anni hanno scavato sul volto e nell’anima. Poi iniziamo a parlare.
«La prima volta che ho fatto il Fiandre – ricorda – mi sono ritirato, la seconda si è rotto il telaio. Volevo fare bene, ma ho dovuto aspettare tanto per la macchina. Nel 2016 l’ho vinto e secondo me facevo bene anche l’anno dopo, ma mi hanno fatto cadere sul Qwaremont. Il Fiandre è Monumento, come Sanremo e Roubaix. Sono le corse più grandi, con più storia, quelli dove tutti vogliono fare bene».
E’ il 2010, un giovanissimo Sagan sbarca al Tour Down Under: debutta così tra i pro’E’ il 2010, un giovanissimo Sagan sbarca al Tour Down Under: debutta così tra i pro’
Sono anche le corse che preferisci?
No, le corse che piacciono a me sono più piccole. San Juan. Tour Down Under. Tour of California. Belle gare, divertenti, con buon tempo. Nei monumenti non c’è tanto da divertirsi. Va bene, anche il Tour de France è una grande gara, però con una pressione enorme. C’è grande aspettativa da parte di tutte le squadre e alla fine per il corridore diventa una gara brutta, perché dominata dallo stress.
Quindi il percorso e la storia c’entrano poco?
Non sono questi fattori a farti dire se una gara è bella o brutta, ma lo stress. Tutte le gare importanti hanno smesso di essere belle per i corridori proprio per questo. E’ chiaro che tutti si impegnano e uno alla fine vince, ma non è facile convivere con certe tensioni. Per me con gli anni è diventato più facile.
Dopo il ritiro del 2011, Sagan torna al Fiandre nel 2012 e arriva quintoDopo il ritiro del 2011, Sagan torna al Fiandre nel 2012 e arriva quinto
In che senso?
Ormai ho l’esperienza per dire che il fatto di stressarsi più o meno non cambia il risultato. Il Fiandre di domani (oggi, ndr) sarà una gara come tutte le altre. E’ importante e l’ho già fatto tante volte, spero davvero che non piova.
Come ci sei arrivato?
Con la tosse (ride e poi tossisce, ndr). Voglio fare bene, ma non voglio stressarmi per qualcosa che non posso cambiare. E’ il mio ultimo anno e voglio godermelo piuttosto che viverlo male. Vediamo cosa sarò in grado di fare. Tutti sappiamo che è difficile limare e gestire i problemi che ci saranno, perché in una corsa di 260 chilometri può succedere di tutto e ci sarà da lottare. Mi aspetto una guerra, come la Roubaix.
Il rapporto con Cancellara inizialmente è teso e di sfida: lo svizzero nel 2013 ribadisce chi comandaIl rapporto con Cancellara inizialmente è teso e di sfida: lo svizzero nel 2013 ribadisce chi comanda
Parlano tutti di Van der Poel, Van Aert e Pogacar, ti dispiace che non si faccia più il tuo nome?
No, vabbè… Adesso è il loro momento, si godano pure la pressione. Io l’ho già gestita abbastanza.
Si parla dei disagi creati dal lockdown nei corridori di trent’anni: pensi di averlo pagato anche tu?
Di sicuro non è stato piacevole, ma non lo è stato per nessuno. E’ stato un momento difficile, nel quale è avvenuto un passaggio nel ciclismo che a me non è piaciuto. Non voglio mettermi a fare paragoni adesso che ho 33 anni, perché quando sono arrivato io, altri avranno pensato le stesse cose. Io non sentivo un cambiamento, mentre loro magari lo hanno sofferto. Però è sicuro, dopo 13 anni da professionista, vedo delle differenze.
Il 2014 è per sua ammissione un anno problematico: arriva 16° e vince “solo” 7 corse, fra cui il Gp E3 di HarelbekeDopo il passaggio a vuoto nel 2014, per Peter arriva il 4° posto del 2015: vince KristoffIl 2014 è per sua ammissione un anno problematico: arriva 16° e vince “solo” 7 corse, fra cui il Gp E3 di HarelbekeDopo il passaggio a vuoto nel 2014, per Peter arriva il 4° posto del 2015: vince Kristoff
Qual è la differenza più grande che vedi?
Non voglio fare il professore, però di sicuro la tecnologia nelle corse ha cambiato tanto. Fino a poco tempo fa, facevamo le riunioni prima della gara con una mappa e con un pennarello si segnavano i 4-5 punti da ricordare. La grande differenza l’ha fatta VeloViewer. Adesso ogni direttore sportivo può usare lo zoom e vedere dove sono i corridori, capire il vento e i punti pericolosi o stretti.
Quindi?
Quindi se fino a 8-9 anni fa ci dicevano che stava per iniziare la salita oppure che dopo 5 chilometri avremmo trovato una curva pericolosa in cui stare davanti, adesso parlano ogni 100 metri. Puoi anche non dargli peso, ma ci sono i più giovani che non capiscono niente, non conoscono le strade e sono alle prime gare in Belgio, che hanno grinta e lottano tutto il giorno per la posizione. Anche se poi restano senza gambe. Prima non c’era questo stress.
Il 2016 è l’anno giusto: vittoria in solitaria a OudenaardeSe ne va sul Paterberg, resistendo alla grande al rientro di CancellaraAnche Cancellara con il sorriso bonario riconosce che il ragazzino è cresciutoIl 2016 è l’anno giusto: vittoria in solitaria a OudenaardeSe ne va sul Paterberg, resistendo alla grande al rientro di CancellaraAnche Cancellara con il sorriso bonario riconosce che il ragazzino è cresciuto
Una volta si ragionava sul togliere le radio…
Oggi la radio è solo lo strumento per utilizzare tutta la tecnologia che hanno in macchina e fare pressione sui corridori. Parlano tanto, ma dicono cose che a volte non servono e fanno solo casino. La strada resta sempre larga tre metri e non c’è posto per 200 corridori tutti davanti. Prima tirava una squadra, due al massimo e gli altri avevano rispetto e si mettevano dietro. Adesso vedi 8-9 squadre in testa e stare in gruppo diventa uno stress. Sarebbe bello che ogni corridore studiasse il percorso senza affidarsi solo alle radioline.
Ti condiziona in corsa?
Se qualcuno ti dice sempre che devi stare avanti, come fai a stare concentrato? A volte sto prendendo la posizione e mi sto concentrando, quando cominciano a parlarti in radio. Alla fine non ascolto neanche, ma intanto la concentrazione è stata interrotta. Non voglio venire qua a giudicare, voglio godermi l’ultimo anno e amen. Tocca ai giovani semmai lamentarsi.
Nel 2017 Sagan al Fiandre con il numero uno di vincitore uscente. Anversa ai suoi piediUna banale caduta sul Qwaremont e chiude 27°: per Peter il peggior risultato di sempreNel 2017 Sagan al Fiandre con il numero uno di vincitore uscente. Anversa ai suoi piediUna banale caduta sul Qwaremont e chiude 27°: il peggior risultato di sempre
Il fatto di non volerti stressare non ti limita?
Prima non ero così tranquillo. Ho raccontato a un fisioterapista che ogni tanto faccio yoga. Lui mi ha chiesto che cosa significhi e io gli ho spiegato che lo yoga serve per trovare la pace dentro di sé. E lui mi ha detto che per un atleta non va bene, perché l’atleta deve combattere e, se non trova la rabbia, non riesce a farlo. Adesso non sto facendo yoga (ride, ndr), però guardo la situazione da un angolo diverso. Perché devo rischiare di morire? Alla fine correre in bici è pericoloso, ma io ho anche altri obiettivi nella vita.
Avresti voluto chiudere anche prima?
Ho avuto il pensiero. La mia carriera non è stata sempre ogni anno rose e fiori, sono passato anche per momenti difficili, infortuni o momenti che non andavo più. Cercavo di capire dove sbagliassi, ma nel 2014 volevo già ritirarmi. Dopo ho risolto un po’ di problemi e da quel momento c’è stato il cambio della mia carriera. I miei migliori anni ancora sono arrivati allora. Ma non credo che possano arrivarne altri se continuo fino a 36-37 anni.
Perché?
E’ molto difficile stare in questo mondo, perché più sei vecchio e più cose devi fare. Trovare la condizione è sempre più difficile. E se arriva un giovanotto che segue il suo allenatore alla lettera, cui non pesa fare la dieta e andare in palestra di mattina e in bici pomeriggio, avrà un vantaggio. Non voglio dire che a me pesa, perché è il mio lavoro, ma io ho un figlio e preferisco passare del tempo con lui che essere tutto il giorno a tutta.
Nel 2019, primo anno dal 2016, Peter corre senza iride e chiude 11°. Il Covid è alle porteNel 2019, primo anno dal 2016, Peter corre senza iride e chiude 11°. Il Covid è alle porte
Alla fine si sta semplicemente chiudendo la parentesi di Sagan corridore…
Vero, ma solo perché voglio che si chiuda. E’ difficile restare in gruppo senza un motivo. Potrei andare ad aiutare un giovane con la mia esperienza, rimanere nel ciclismo solo per stare in gruppo, ma non è nel mio carattere. Ho sempre voluto essere leader e vincere le gare, non rimango in bici solo per stare in gruppo e finire le gare. E’ meglio continuare con un’altra strada e che ti dà la motivazione, no?
Elisabetta Borgia dice che senza un obiettivo non si riesce a tirar fuori molto.
Il mio obiettivo è fare bene e poi qualcosa arriva. Non verrei alle classiche se non avessi fatto allenamenti e sacrifici. Poi c’è il Tour e lì devi arrivare preparato. Subito dopo ci sono i mondiali, che possono essere la mia ultima occasione. E subito dopo ci sono i mondiali di mountain bike, che diventano la mia priorità per qualificarmi per le Olimpiadi.
L’addetto stampa Gabriele Uboldi è parte fissa del Team Peter, come il massaggiatore Marosz, il diesse Valach e il procuratore LombardiL’addetto stampa Gabriele Uboldi è parte fissa del Team Peter, come il massaggiatore Marosz, il diesse Valach e il procuratore Lombardi
Poi sarà tempo di vacanze?
Vediamo. Sono via da casa dall’inizio dell’anno. Abbiamo fatto l’Argentina, ma sono tornato dopo un mese e mezzo perché sono andato in ritiro con la squadra in Colombia. Al rientro subito Het Nieuwsblad e poi Strade Bianche, Tirreno e Sanremo. Poi di nuovo in Belgio, tornando a casa per un paio di giorni. Sacrifici se ne fanno ancora e io sto vivendo così da 14 anni. Non ho una mia vita privata, così per continuare mi serve un obiettivo che è la qualificazione olimpica.
Si dice che da grandi conviene correre di più, piuttosto che fare tanti ritiri…
Dieci anni fa dicevano che quando sei più vecchio, è meglio allenarsi di più e correre di meno, quindi chi ha ragione? Prima si diceva che l’età migliore arrivava fra 27 e 32 anni, poi arrivano Pogacar e Bernal e vincono la corsa più importante del mondo a 21 anni. Nel nuoto hanno vietato i costumi che galleggiano e scivolano meglio, ma continuano a battere tutti i record. Presto o tardi arriverà chi batterà i tempi di Usain Bolt. Nel ciclismo lo stesso. E’ cambiata la generazione. Prima vincevano il Tour de France a 29-30 anni, adesso a 30 sei vecchio. Da dove nasce questa differenza? Io non lo so.
Pogacar ha detto la sua, ma resta il fatto che per il Giro delle Fiandre di domani lo sloveno sia l’outsider di lusso che da queste parti, come pure alla Sanremo, ha acceso già la miccia e poi ha dovuto piegarsi alla reazione di altri più furbi o semplicemente più esperti. E anche se questa volta Tadej sembra armato al punto giusto, gli altri due – Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert – non hanno intenzione di venir meno alle attese, sia pure con psicologie diverse e diversi punti di partenza.
Alla E3 Saxo Classic, Van der Poel ha fatto la corsa, Van Aert ha inseguitoAlla E3 Saxo Classic, Van der Poel ha fatto la corsa, Van Aert ha inseguito
Van der Poel, la cicala
Van der Poel ha cucita addosso la fiducia di uno che il Fiandre lo ha già vinto per due volte. Una contro Van Aert nel 2020 e una contro Pogacar nel 2022 (anche se al secondo posto lo scorso anno si piazzò Van Baarle). Conquistando il terzo, raggiungerebbe Boonen e Cancellara. Con la Sanremo ha dimostrato di saper vincere anche non essendo al top, ma sui Muri questo difficilmente accadrà. L’olandese ha raccontato di aver lavorato sodo in Spagna negli ultimi giorni.
«Conosco bene il percorso del Fiandre – ha detto venerdì – e la settimana scorsa con la E3 Saxo Classic l’ho in parte ripassato. Poi ho preferito volare verso la costa spagnola per finalizzare la mia preparazione con ottime condizioni meteorologiche. Mi sono anche accorto che correndo tutte le corse fino al Fiandre, arrivavo in calando alla Roubaix: una cosa che quest’anno vorrei evitare.
«L’anno scorso a causa dei problemi alla schiena, ho trovato una grande condizione per il giorno della gara, ma è durata davvero poco. Questa volta sto bene. Per cui nel giorno della Gand ho fatto l’ultimo allenamento davvero impegnativo, poi ho pensato a recuperare e mantenere la freschezza».
Van der Poel sa che nell’ultimo scontro, in salita è stato forte come Pogacar, mentre Van Aert ha cedutoVan der Poel sa che nell’ultimo scontro, in salita è stato forte come Pogacar, mentre Van Aert ha ceduto
«Ad Harelbeke penso di essere andato fortissimo – prosegue – e avrei preferito vincere. Wout è stato solo un po’ più forte in volata, ma in salita mi sono sentito decisamente tra i migliori ed è quello che conta, anche se non puoi paragonare la E3 con il Fiandre, che è comunque molto più lunga. Allo stesso modo non voglio pensare che sarà solo una battaglia a tre. La gara è imprevedibile, qualcuno potrebbe anticipare e magari potrebbe esserci qualcuno che si è nascosto preparando soltanto il Fiandre.
«In ogni caso, parlando dei due, Tadej proverà ad arrivare da solo, mentre Wout diventerà pericoloso in caso di sprint. Nelle ultime tre edizioni siamo arrivati al traguardo in compagnia, per cui arrivare da soli sarebbe qualcosa di particolare, ma non è scontato. Il tratto dal Paterberg all’arrivo non è paragonabile al finale della Milano-Sanremo. Mi basterebbe riuscire a lottare per la terza vittoria».
La vittoria su VdP alla E3 Saxo Classic potrebbe aver segnato una svolta psicologica per Van AertLa vittoria su VdP alla E3 Saxo Classic potrebbe aver segnato una svolta psicologica per Van Aert
Van Aert, la formica
Vincendo e gridando forte sul traguardo di Harelbeke che lui non deve niente a nessuno, Wout Van Aert arriva al Fiandre con uno stato d’animo da decifrare. La vittoria della E3 Saxo Classic dà morale, ma resta in testa il fatto che all’ultimo passaggio sul Qwaremont si è staccato e solo lui e la sua caparbietà potevano a quel punto tenere duro, rientrare e vincere. La rivalità con Van der Poel pesa e anche il giudizio della stampa belga e di campioni come Merckx e Boonen è insolitamente freddo nei confronti di un simile campione.
«Non ho la stessa cultura delle gare fiamminghe dei corridori di un tempo – ammette Van Aert – quando ero bambino non andavo sul ciglio della strada a vedere il Fiandre. Non ho mai avuto un idolo in particolare, mi piaceva Boonen, ma soprattutto mi piaceva seguire la sua rivalità con Fabian Cancellara. Però so anche io che non aver ancora vinto un Fiandre è un deficit enorme. Sono un fiammingo, un giorno dovrò avere la Ronde nel mio palmares. Finché non lo avrò vinto, rimarrà l’obiettivo principale della mia carriera. Senza questa vittoria, non mi sentirò mai veramente un vero corridore da classiche.
«Non guardo mai i commenti che mi riguardano – spiega Wout che è seguito stabilmente da un mental coach – i miei genitori a volte me li portano, ma evito di stare dietro a queste cose. Però non crediate che io sia distaccato, anch’io sono stressato prima delle gare. Cerco solo di non darlo mai a vedere perché sarebbe già un segno di debolezza rispetto ai miei avversari.
Staccato sull’Oude Kwaremont, Van Aert ha avuto il carattere di tenere duro, rientrare e vincere la volataStaccato sull’Oude Kwaremont, Van Aert ha avuto il carattere di tenere duro, rientrare e vincere la volata
«La rivalità con Mathieu – chiude Van Aert – è un fatto importante della mia carriera, ma a volte penso che sia il modo per entrambi di andare oltre i nostri limiti. La sconfitta al Fiandre del 2020 non mi toglie certo il sonno, ma ovviamente è ancora presente nella mia memoria. Fra le sconfitte, è la più difficile da dimenticare. Il modo per andare avanti è ovviamente vincere il Fiandre. Farlo battendo Mathieu sarebbe ancora meglio».
L’hotel della TotalEnergies si trova dieci minuti fuori dal paese di Kortrijk, lontano dalla folla e dallo stress del Giro delle Fiandre. Dalla strada si vede un mulino antico, costruito con mattoni bianchi, le sue pale di legno sono attente guardiane dell’ingresso. E’ venerdì pomeriggio, Peter Sagan è atterrato poche ore prima a Lille ed è appena arrivato in hotel, il tempo di qualche massaggio e poi la cena con i compagni di squadra.
L’attacco manubrio di Sagan è estremamente pronunciato, alla ricerca della massima posizione aerodinamicaL’attacco manubrio di Sagan è estremamente pronunciato, alla ricerca della massima posizione aerodinamica
L’ultimo Fiandre
Per il campione slovacco si tratta dell’ultimo giro sui muri delle Fiandre, che ha domato nel 2016 davanti a Cancellara e Vanmarcke. Come affronterà questa sua ultima danza sui muri? Quali saranno le scelte tecniche fatte dal tre volte campione del mondo? Saliamo sul camion dei meccanici e Jan Valach, diesse di riferimento di Peter, ci illustra le scelte tecniche sulla Specialized Tarmac dello slovacco, molto simile a quella già utilizzata alla Gand-Wevelgem (foto in apertura)
«Sagan – ci racconta – ha un fisico particolare, con un busto molto lungo e le gambe, invece, più corte. Infatti se guardate la sua bici ha una distanza sella manubrio sproporzionata rispetto a quella tra sella e movimento centrale. Anche l’attacco manubrio è pronunciato, per andare alla ricerca della massima aerodinamicità».
Il camion officina della TotalEnergies si fermerà al Nord fino alla RoubaixEcco le ruote di scorta per Sagan, da caricare sulla prima ammiragliaIl camion officina della TotalEnergies si fermerà al Nord fino alla RoubaixEcco le ruote di scorta per Sagan, da caricare sulla prima ammiraglia
La scelta dei rapporti
Avevamo già parlato delle nuove scelte legate alla corona anteriore, il numero di denti aumenta, quasi in proporzione alle medie di gara sempre maggiori. Anche in una corsa dura come il Fiandre la tendenza è la stessa.
«Davanti – riprende Valach – monterà il 54-39, nella prima parte completamente pianeggiante le velocità saranno già alte. Per quanto riguarda la moltiplica più piccola si è deciso di montare il 39 perché gli sforzi che bisogna fare sui muri sono brevi ed intensi. Scegliere il 36 sarebbe stato controproducente. Il pacco pignone del Dura Ace a undici velocità va dall’11 al 30, per un discorso di sviluppo metrico penso proprio che la più corta delle combinazioni usate sarà 39×27. Arrivare ad usare il 30 vorrebbe dire salire troppo agile, non riuscendo ad imprimere così la giusta forza sui pedali».
Il profilo della ruota anteriore è più schiacciato, per aumentare l’aerodinamicaIl profilo è da 50 millimetriIl profilo posteriore è più tondo, così da essere maggiormente resistenteIl profilo della ruota anteriore è più schiacciato, per aumentare l’aerodinamicaIl profilo è da 50 millimetriIl profilo posteriore è più tondo, così da essere maggiormente resistente
Ruote e tubeless
Uno dei dettagli che si notano anche ad occhio nudo sulla bici di Sagan è la scelta delle ruote: particolare.
«Per la ruota anteriore – racconta il diesse – la scelta è andata verso un profilo da 50 millimetri, con una conformazione del profilo più piatta. Una caratteristica studiata per avere un miglior flusso d’aria ed una maggior efficienza aerodinamica. Al posteriore, invece, il profilo è da 55 millimetri ed il cerchio ha una forma più tonda. Questo perché la forza della pedalata viene scaricata tutta lì, serve quindi tanta rigidità per non perdere nemmeno un watt.
«La scelta dei copertoni – conclude – è andata verso dei tubeless con sezione da 28 millimetri. Per la pressione dovremo vedere a seconda del meteo, ma con gara asciutta dovremmo rimanere intorno ai 5,0 bar».
La Deceuninck-Quick Step prosegue nel cambiamento di pelle. E se da un lato si è assicurata la prosecuzione di Alaphilippe, con Evenepoel si sposta sui Giri
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«Spero e penso che Michele abbia ragione – dice Baldato, riferendosi alle parole di Bartoli sulle chance di Pogacar al Fiandre – pensiamo tutti che dopo sei ore e mezza Tadej possa avere una maggiore resistenza alla fatica rispetto a Van der Poel e Van Aert. Le azioni della settimana scorsa alla E3 Saxo Classic sono state delle prove. Abbiamo capito che il Qwaremont è la salita più adatta a lui, quella in cui li può mettere in difficoltà. Invece quanto all’osservazione di Michele sui tanti scatti della Sanremo…
«Ha ragione, anche io che ero a casa l’ho notato. Forse avrebbe potuto voltarsi una volta di più e si sarebbe accorto che Van der Poel stava rientrando a ruota di Van Aert senza fare fatica, ma quando sei lì e sai che hai solo quei 500 metri, tante volte ragionare non è facile. Oggi abbiamo fatto tre ore, due asciutte e una con la pioggia. E’ andata meglio dell’anno scorso quando trovammo la neve. Stiamo bene e abbiamo una bella squadra. Ma del resto non ho mai sentito Tadej Pogacar lamentarsi perché sta male».
Pogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenicaPogacar sembra molto a suo agio ed estremamente sereno parlando della sfida di domenica
Due giorni al Fiandre
Le cinque del pomeriggio a Waregem. Nell’hotel del UAE Team Emirates parla Tadej Pogacar, ma cominciare dal direttore sportivo che lo guiderà domenica al Giro delle Fiandre serve per avere il polso della situazione. Fuori piove, per tutto il giorno la temperatura è rimasta intorno ai 10 gradi, ma per domenica danno bel tempo.
Pogacar ha la consueta espressione serena e dalle sue parole traspare il gusto di esserci, che è alla base della passione di ogni professionista che venga quassù a sfidare queste stradette di sassi e fango, ma in lui si concretizza in un sorriso contagioso.
E’ vero che l’altro giorno hai fatto le prove?
Ho voluto capire cosa c’era ancora nelle gambe, sapendo che domenica quello sarà il punto in cui inizierà la fase decisiva della corsa. In più stamattina siamo andati a fare la ricognizione sul percorso ed è stato importante, perché non conosco ancora bene queste strade. Ne avevo bisogno per riprendere il feeling con questi posti. Negli ultimi giorni sono stato a Monaco. Avevo qualche appuntamento e ne ho approfittato per fare un paio di allenamenti duri. Ho cercato anche di recuperare prima di tornare quassù. Sarà importante ricordare i punti chiave, soprattutto quando Van Aert schiererà il suo squadrone e Van der Poel partirà all’attacco.
Le Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovereLe Colnago appena rientrate dalla ricognizione sono piuttosto sporche: ha iniziato a piovere
Che cosa rappresenterà il Qwaremont nel tuo Fiandre?
E’ la salita più lunga, quella in cui posso far valere le mie doti, quella con il pavé sino in cima. Il Paterberg invece è troppo corto per le mie caratteristiche. So che arrivare da solo sarà molto difficile, bisognerà trovare il momento giusto. L’anno scorso il mio grosso problema fu lo spreco di energie per recuperare le posizioni, ero sempre indietro. Quest’anno mi sembra di essere migliorato con l’esperienza e soprattutto dopo sei ore ci saranno gambe più stanche e meno stress.
E se non arrivassi da solo?
In un sprint con loro due, dovrei essere contento per la conquista del podio. Preferisco concentrarmi sull’ipotesi di essere il più forte sulle salite, per provare ad arrivare da solo, ma faccio fatica a dire dove si potrebbe provare.
Perché ti piace il Fiandre?
Per l’atmosfera, i tifosi a bordo strada, le strade spettacolari e il percorso interessante per me. Se il Tour è il primo obiettivo di stagione, il Fiandre potrebbe essere il secondo, anche se non mi piace fare classifiche. Diciamo che è uno dei più grandi. Il Belgio mi piace per questa atmosfera speciale…
Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…Anche ai campioni capita di mettere piede a terra: una risata e si riparte…
Le statistiche dicono che soltanto Merckx e Bobet hanno vinto Tour e Fiandre.
Non lo sapevo, non conosco la storia del ciclismo e onestamente preferisco vivere il presente e pensare al futuro. Certi calcoli semmai li farò a fine carriera.
La Jumbo-Visma ha dominato in lungo e largo, come siete attrezzati voi?
Abbiamo una bella squadra, con Wellens e Trentin che sono in ottima forma. Probabilmente non si può fare un paragone, ma non credo che sarà facile dominare il Giro delle Fiandre. In ogni squadra c’è almeno un potenziale vincitore e non credo che tutti vorranno stare ad aspettare le mosse di pochi. Questo ciclismo è diventato bellissimo, ogni giorno fuochi d’artificio. Mi piacciono queste corse, vengo a farle perché è molto meglio che guardarle in televisione.
Qualcuno dice che essere più leggero di Van Aert e Van der Poel sia uno svantaggio.
Non sono tanto leggero, in realtà. Sono certamente più pesante di quando corro il Tour, due giorni fa ero a 67 chili. Ma la differenza in salita la fai con la potenza e se hai quella, vai forte a prescindere da quanto pesi.
La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)La UAE Emirates parte con una bella squadra. Accanto a Pogacar, anche Wellens e Trentin (foto Instagram)
Quei 16 chilometri dalla fine del Paterberg all’arrivo sono una condanna?
Sono lì per tutti, ma certo non sono pochi. Soprattutto dopo sei ore e mezza di corsa. Confido di avere le gambe migliori dopo una corsa così lunga. Non so se con Van der Poel e Van Aert possa nascere un’alleanza, ma fra i due mi capisco meglio con Mathieu. Non so perché, deve essere un fatto di affinità. Ma da qui a dire che saremo alleati…
Dal ritiro UAE Emirates di Benidorm arriva la notizia che Ayuso sarà leader del team al Giro d'Italia. Lo spagnolo vuole crescere, con Pogacar come modello
Il Fiandre mette in luce Pogacar ed evidenzia la sua inesperienza. Al contrario, Van der Poel stavolta fa sfoggio di lucidità. E in volata, un capolavoro
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Anche all’interno della nostra redazione si scatenano le discussioni “da bar”. Che poi da bar mica tanto… Sono sempre analisi tecniche e ponderate (e guai se non lo fossero). E così tra chi diceva che Pogacar non avrebbe potuto vincere un Fiandre finché ci saranno di mezzo quei due bestioni di Van Aert e Van der Poel, e chi sosteneva il contrario, abbiamo deciso di mettere un giudice super partes, ma anche super preparato: Michele Bartoli.
Michele il Fiandre lo ha vinto nel 1996. I suoi numeri di allora sono assolutamente paragonabili a quelli di un Pogacar: 176 centimetri per 66 chili lo sloveno; 179 centimetri e 65 chili il toscano. Ma soprattutto Bartoli ha le capacità e le esperienze dirette per affrontare questo tema, che riguarda non solo il peso, ma anche i watt, la guida, la tattica…
Michele Bartoli (classe 1970) conquista il Giro delle Fiandre 1996. Il toscano era super magroMichele Bartoli (classe 1970) conquista il Giro delle Fiandre 1996. Il toscano era super magro
Michele, partiamo con la domanda delle domande: Tadej Pogacar può vincere un Fiandre con Van Aert e VdP di mezzo?
Non sono mica tanto convinto che sia impossibile, anzi… Se guardiamo come è andata ad Harelbeke, Pogacar ha dimostrato di essere il più forte di tutti, specialmente sull’ultimo strappo e l’ultimo strappo del Fiandre è 60 chilometri dopo quello di Harelbeke. Io sono convinto che se si farà una corsa dura, Pogacar potrà vincere il Fiandre.
Però Tadej non ha la stessa potenza di quei due. Lui ha un ottimo rapporto peso/potenza, ma i muri sono troppo brevi perché questo rapporto sia più efficace della forza pura di quei due…
Questo è vero, ma non è solo questione di potenza pura o di rapporto peso/potenza: è questione di resistenza agli sforzi. E su questo aspetto Pogacar mi sembra più avanti di Van Aert e Van der Poel. Dopo il quarto o quinto sforzo massimale gli altri due perdono efficienza, Pogacar no. O comunque ne perde molta meno.
Lo scorso anno infatti se ci fossero stati solo 50 metri in più di Paterberg, Pogacar avrebbe vinto il Fiandre. VdP era oltre il limite. Non sarebbe rientrato…
Esatto e torna il discorso della resistenza. Se andiamo a rivedere le immagini, all’inizio del Paterberg a soffrire di più era Pogacar e non VdP. Poi ad un certo punto, e lo si nota chiaramente, la situazione s’inverte. In più lo scorso anno Van der Poel era al 100%, in giornata super… Se non dovesse esserlo di nuovo, le cose potrebbero andare diversamente.
L’altro giorno, ad Harlebeke, sul Paterberg sono passati a lungo sulla canalina laterale in cemento (e quindi liscia) e non sul pavè: questo ha agevolato l’affondo dello sloveno?
Il pavè in pianura può metterlo in difficoltà, ma sui muri non credo che possa essere decisivo. Alla fine, proprio per il discorso fatto sulla resistenza, se ti rimane più benzina nelle gambe, se hai più energia quella differenza si assottiglia e anche sul pavé uno come Pogacar può fare la differenza. Inoltre ricordo che gli sforzi dopo i 200 chilometri sono tutt’altra cosa rispetto a quelli sotto i 200.
Giro delle Fiandre 2022, sul Paterberg l’azione di Tadej Pogacar e Mathieu Van der PoelGiro delle Fiandre 2022, sul Paterberg l’azione di Tadej Pogacar e Mathieu Van der Poel
Numeri alla mano, almeno su carta, tu avevi quasi lo stesso peso di Pogacar (65 chili tu, 66 lui): non credi che questo possa svantaggiarlo nei confronti di quei due? Oppure le soluzioni tecniche attuali, tra telai, ruote e coperture più larghe e più sgonfie lo agevolano?
In realtà io ero più leggero di quel peso! Ho vinto il Fiandre a 63 chili, quindi come vedete si può fare al netto delle soluzioni tecniche.
Messa così, Michele, allora Pogacar ha più chance di vincere un Fiandre che una Sanremo…
Per me sì. E’ davvero difficile fare la differenza sul Poggio. Casualmente dovrebbe trovare quei due entrambi in giornata no. Ed entrambi la vedo dura. Alle velocità con cui viene oggi affrontato il Poggio, in scia si sta bene. Per toglierli di ruota devi essere due gradini al sopra di loro. E due gradini al di sopra di Van Aert e Van der Poel è impossibile. Con gli altri ce la può anche fare, ma con loro due no. A meno che, ripeto, non li becchi entrambi con “una gamba su e una gamba giù”.
Abbiamo parlato di peso, di potenza, resta la guida. Van Aert e VdP ci sono cresciuti su quelle strade, Pogacar le ha scoperte dopo: quanto conta il feeling di guida?
Certamente è un valore importante, che resta e resterà per sempre. A parità di forza tra uno bravo e uno non bravo, il risultato è che quello bravo non si stacca. Ma Pogacar ha mostrato di trovarsi bene anche in quelle condizioni e soprattutto di trovarcisi bene anche sotto sforzo. E poi uno come lui anche se dovesse perdere un pizzico di terreno su un tratto in pavé ha talmente tanta forza e tanta resistenza che appena finisce rientrerebbe subito su asfalto.
Per contrastare i picchi di forza di Van Aert e Van der Poel, Pogacar dovrà fare corsa dura secondo BartoliPer contrastare i picchi di forza di Van Aert e Van der Poel, Pogacar dovrà fare corsa dura secondo Bartoli
Tatticamente invece cosa dovrebbe fare Pogacar?
Come ho detto: corsa dura. Se aspetta gli ultimi 20 chilometri (la sequenza Oude Kwaremont-Pateberg, ndr) è troppo tardi. Con due pesi massimi come loro si rischia di fare come ad Harelbeke.
La corsa dura taglia fuori tutti gli altri? E’ un discorso a tre?
Sì, con la corsa dura outsider e sorprese si eliminano. L’unica cosa che posso appuntare a Pogacar è quella di essere un po’ meno presuntuoso, o di essere più scaltro…
Cioè?
Quando attacca come ha fatto sul Poggio e non li stacca, non può fare altri 600-700 metri in quel modo con loro dietro pensando di toglierli di ruota. Non può pensare di staccarli. Se pensa così sbaglia, perché alla fine “s’impicca” anche lui. Invece ti rialzi, chiedi un cambio… Poi magari va allo stesso modo. Van der Poel attacca, ma di certo lo fa con meno efficienza e tu hai le gambe per provare ad inseguirlo
Non si fa certo scoraggiare da una caduta Martina Alzini. Certo, avrebbe fatto volentieri a meno del capitombolo alla Gand-Wevelgem, ma il suo spirito resta ottimistico in vista del Giro delle Fiandre e delle successive gare.
Il buon inizio di stagione ha dato alla 26enne velocista della Cofidis qualche motivo supplementare per vedere più lati positivi che negativi. L’aver corso la Dwars door Vlaanderen senza particolari fastidi al ginocchio destro colpito nella caduta è proprio uno di quelli. E Alzini non si tira mai indietro nemmeno quando c’è da parlare. Ha sempre pronte una risposta e un’opinione per ogni argomento.
Il podio del Trofeo Oro in Euro a Montignoso. Alzini terza dietro Realini e Spratt (foto Ossola)Realini e Spratt imprendibili in fuga, Alzini ha vinto la volata del gruppo (foto Ossola)Il podio del Trofeo Oro in Euro a Montignoso. Alzini terza dietro Realini e Spratt (foto Ossola)Realini e Spratt imprendibili in fuga, Alzini ha vinto la volata del gruppo (foto Ossola)
Martina com’è la tua condizione?
Sto bene, anche se un po’ acciaccata. Ieri ho corso per onorare la Dwars che forse è la mia gara preferita. Ho avuto ancora fastidio al ginocchio, ma sta migliorando. Alla Gand prima dei muri mi sono venute contro alcune ragazze e sono volata in un fosso con alcune bici sopra di me. Solitamente io sono una che sta lontana dalle cadute, che le evita. Ma il Belgio è così, non perdona.
E’ tipico di quelle gare…
Va detto però che ogni anno lassù è sempre peggio. Si cade tanto e di più per un mix di cose. Stradine, pavè, canaline e meteo. Partiamo sempre in tante e talvolta c’è una frenesia immotivata. Noto che stare in gruppo è ormai parte dell’allenamento. Puoi fare tutte le ore in bici che vuoi, andare forte, ma se non sai stare o passare in spazi strettissimi allora diventa un problema sia per l’atleta stessa sia per chi ti sta vicino.
Alzini con la compagna Talbot. La Cofidis sta crescendo molto come squadra (foto Mathilde L’Azhou)Alzini, oltre a mantenere il suo spunto veloce, sta migliorando sulle salite brevi (foto Mathilde L’Azhou)Alzini con la compagna Talbot. La Cofidis sta crescendo molto come squadra (foto Mathilde L’Azhou)Alzini, oltre a mantenere il suo spunto veloce, sta migliorando sulle salite brevi (foto Mathilde L’Azhou)
C’è una ragione secondo te per tutto questo?
Non saprei, ci possono essere diverse motivazioni dietro. Ad esempio io capisco una come Marta (Cavalli, ndr) che non si senta ancora a suo agio dopo la botta tremenda che ha preso non per colpa sua. Escludendo il suo che è un caso limite, mi sento di dire però che in generale sembra quasi che molte ragazze disimparino a stare in gruppo durante l’inverno lontano dalle corse.
E’ tanto evidente?
Le prime gare dell’anno sono sempre le più pericolose. Molte atlete si prendono rischi inutili iniziando a limare a cento chilometri dalla fine. E non è un caso che a fine stagione questa tensione non ci sia più. A me spiace perché poi si apre il dibattito che noi donne cadiamo più degli uomini ed invece non è così.
Alzini in Normandia si è messa alla prova su nuove dinamiche di gara per curare la generale (foto Mathilde L’Azhou)Alzini in Normandia si è messa alla prova su nuove dinamiche di gara per curare la generale (foto Mathilde L’Azhou)
Quest’anno sei partita forte. Te lo aspettavi?
A dire il vero no, anche se sapevo di avere lavorato bene. Dopo lo Strade Bianche è come se mi fossi sbloccata. Non la dovevo correre e mi rode essere finita fuori tempo massimo per pochissimo. Tuttavia ho recuperato molto bene e il giorno dopo a Montignoso ho fatto terza dietro a due ragazze (Realini e Spratt della Trek-Segafredo, ndr) che sono tra le più forti scalatrici al mondo e che quel giorno erano di un altro pianeta. E’ stato un onore salire sul podio con loro. Sono soddisfatta della mia prova perché sulla salita del circuito, decisamente lontana dalle mie corde, ho stretto i denti e non sono mai andata alla deriva. Nel finale ho vinto la volata del gruppo.
Poi, guardando le date, è iniziato un mini tour de force per te.
Esatto. Sono partita con la nazionale della pista per la Nations Cup al Cairo. Siamo andate laggiù con un quartetto sperimentale (insieme a lei c’erano Consonni, Crestanello e Vitillo, ndr) e credo che il quinto posto finale sia un ottimo piazzamento tenendo conto di Paesi che erano più attrezzate di noi. In pratica dopo la prova dell’inseguimento a squadre, in accordo con lo staff azzurro, sono rientrata per correre il Tour de Normandie con la Cofidis. Non avevo idea di come sarebbe andata ma direi bene.
Grazie agli abbuoni raccolti nell’ultima tappa, Alzini è salita sul podio del Normandia (foto Mathilde L’Azhou)Al Tour de Normandie, Alzini ha conquistato due secondi posti di tappa e il terzo finale (foto Mathilde L’Azhou)Grazie agli abbuoni raccolti nell’ultima tappa, Alzini è salita sul podio del Normandia (foto Mathilde L’Azhou)Al Tour de Normandie, Alzini ha conquistato due secondi posti di tappa e il terzo finale (foto Mathilde L’Azhou)
Ti sei ritrovata a fare classifica.
Sì, è stata la prima volta che mi capitava. Ho fatto secondi posti di tappa e poi terza nella generale. Mi brucia un po’ che non sia arrivata una vittoria, ma ho scoperto qualcosa di nuovo di me. All’ultima tappa ero fuori dal podio, così sono andata alla ricerca dei secondi di abbuono nei traguardi volanti. Erano tutti importanti. Grazie a quelli e a quelli del traguardo finale ho potuto scavalcare due atlete come Cordon-Ragot e Majerus. Per me è stata un’altra grande soddisfazione aver battagliato per il successo finale. Ho corso pensando a dinamiche cui non avevo mai pensato prima.
Come ci arrivi al Fiandre?
Di sicuro con un buon morale e con una maggiore consapevolezza dei miei mezzi. So che in gare come il Normandia ci può essere più spazio per me. Per una corsa come la “Ronde” invece sono più realista, come sempre del resto. Non siamo noi della Cofidis che dobbiamo fare la corsa. Per quello che mi riguarda voglio godermi al massimo il contesto del Fiandre. La presentazione dei team è da pelle d’oca. Non è nelle mie corde ma è la gara per eccellenza, bisogna essere contenti già di partecipare. Poi vedremo come starò.
Sogno azzurro. Alzini spera di potersi guadagnare una convocazione in nazionale su strada (foto Mathilde L’Azhou)Sogno azzurro. Alzini spera di potersi guadagnare una convocazione in nazionale su strada (foto Mathilde L’Azhou)
Martina Alzini ha ambizioni particolari per quest’anno?
Se il 2022 è stata la prima vera stagione su strada, questa sarà quella in cui raccogliere qualcosa in più, anche per presentarmi meglio al 2024. Vorrei alzare l’asticella. Ho capito una volta di più che dove non ci arrivano le gambe, ci arriva la testa. Al Giro Donne mi piacerebbe centrare quelle top ten che l’anno scorso mi sono sempre sfuggite di un nulla. Poi ci sarà il Tour in cui la Cofidis vuole ben figurare. Sarà una gara in funzione dei mondiali di Glasgow. Dovrò vedere se rientrerò nei piani del cittì Villa e se io mi reputerò all’altezza per correre in pista. Sarebbe un sogno anche vestire la maglia azzurra su strada. Mondiali o europei non fa differenza. Andrei anche per tirare tutto il giorno.