Pellizotti si gode la Bahrain della “giovine Italia”(e non solo)

16.12.2023
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ALTEA (Spagna) – Quanti progetti, quante novità per la Bahrain-Victorious. Un mercato più forte sia in uscita che in entrata, tre contro sei, che però ha portato diverse novità: nuovi ruoli, atleti con altri obiettivi e responsabilità. Un corposo rimescolamento di cui parliamo con Franco Pellizotti. 

Il direttore sportivo friulano si siede con noi per parlarne. Ormai è sera, quasi ora di cena. Anche oggi i ragazzi si sono allenati sodo, hanno sbrigato i massaggi e tutto sembra procedere nella tranquillità della routine. Routine che in questi casi è sinonimo di buon lavoro.

Franco Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Pellizotti (classe 1978) è uno dei direttori sportivi della Bahrain-Victorious
Franco, abbiamo notato un bel gruppo, un gruppo collaudato. Due partenze importanti, come quelle di Landa e Milan, ma nel complesso siete stati forse la WorldTour che ha cambiato meno. Sono arrivati tre giovani: Bruttomesso, Pickering e Traen…

Dal mio punto di vista, la partenza che ci farà più soffrire è quella di Jonathan Milan. Mikel ci ha dato tanto e può dare ancora molto, però da quel punto di vista siamo ben coperti con Pello Bilbao che sta dimostrando di crescere anno dopo anno. Mi sembra che lui abbia trovato la propria dimensione. E poi abbiamo giovani come Santiago Buitrago, che presto farà il salto di qualità. E quindi dico che Jonathan è quello ci mancherà di più, anche perché a differenza di Landa era più giovane e ci si poteva lavorare in ottica futura.

E gli innesti, soprattutto quelli italiani?

Come avete detto, siamo un bel gruppo. Gli innesti diciamo che sono stati tre più due, per i due mi riferisco ad Antonio Tiberi e a Nicolò Buratti, inseriti nel corso dell’anno. Nicolò mi ha colpito molto per come si è inserito. Bravissimo. Quando parti così, sono convinto che è tutto più facile. Se ti arrivano dieci corridori nuovi, devi iniziare a lavorare da zero, devi conoscerli e loro devono conoscere la squadra. Così invece il gap è molto piccolo. Il terzo italiano è Alberto Bruttomesso, che è arrivato adesso.

Quest’anno dovrai fare anche tu da chioccia! E’ arrivato anche Sonny Colbrelli come diesse…

Sonny si sta integrando bene già di suo. Qui è di casa. Chiaro che quando passi “di qua” ti accorgi che c’è molto da fare. Ma vedo che si sta rimboccando le maniche benone e con voglia.

Buratti (classe 2001) è stato inserito la scorsa primavera. E’ passato dal CTF alla Bahrain in aprile. Il suo esordio? Alla Freccia del Brabante (foto @charlylopezph)
Buratti (classe 2001) è stato inserito la scorsa primavera. E’ passato dal CTF alla Bahrain in aprile. Il suo esordio? Alla Freccia del Brabante (foto @charlylopezph)
La colonia italiana alla Bahrain resta forte. Oltre ai più esperti Caruso e Pasqualon avete un manipolo di ragazzini italiani…

Collaboriamo con il CTF. Crediamo molto nei ragazzi italiani, a differenza magari di tanti che pensano che in Italia il livello sia basso…

Beh, molto dipende dall’attività under 23 che si fa. Al CTF l’obiettivo non è il circuito del martedì, con tutto il rispetto per questa tipologia di gara…

Esatto e per questo abbiamo deciso di lavorare con loro. I ragazzi che escono dal CTF hanno già una certa disciplina quando arrivano da noi. Si vede che hanno una certa impostazione professionale. Alberto Bruttomesso è un ragazzo molto giovane, per esempio, è molto acerbo ma ha anche ampi margini. 

Cosa significa che è più acerbo?

Che deve crescere, soprattutto fisicamente. Sono convinto che tra i dilettanti non si è spremuto per niente. E questo è buono. Anche a vederlo in bicicletta: ha un bel fisico, però se messo vicino ad un atleta che è pro’ da un po’ di anni, noti che deve ancora crescere, che deve formare la gamba. Secondo me lui stesso deve capire fin dove può arrivare. Quest’anno ha vinto molte volate, ma credo che lavorandoci bene, possa ottenere qualcosa in più anche in corse non solo per velocisti.

E Zambanini?

Zamba” è cresciuto parecchio in queste due stagioni. Ha completato due grandi Giri. Anche in questo caso c’è molto da scoprire. Ha fatto un primo anno secondo me al di sopra delle aspettative e un secondo in cui invece si è trovato sempre a rincorrere, soprattutto per motivi di salute. Lui lo scatto lo deve fare soprattutto mentalmente: è un ragazzo molto timido. Si abbatte facilmente e questo un po’ lo penalizza. Se riusciamo a trovare il giusto equilibrio, può dare veramente tanto.

Non solo crono: Tiberi va (e deve andare) forte anche in salita se vuol puntare al Giro. Ma Pellizotti non ha dubbi: emergerà
Non solo crono: Tiberi va (e deve andare) forte anche in salita se vuol puntare al Giro. Ma Pellizotti non ha dubbi: emergerà
Poi c’è Tiberi con questo Giro d’Italia all’orizzonte…

Antonio è giovane, ma ha già parecchia esperienza. Lui non lo scopriamo adesso. E’ passato professionista con molte aspettative. E’ arrivato a metà anno, i primi mesi gli sono serviti per integrarsi con la squadra, con l’allenatore nuovo. E non era facile nel pieno della stagione. Ha fatto un’ottima Vuelta, anche se ha avuto alti e bassi, legati ad alcuni problemi alla schiena. E infatti stiamo lavorando anche su questo. Mi diceva che era una questione che si portava dietro da un po’. E infatti appena si è conclusa la stagione abbiamo iniziato a lavorarci su con i nostri fisioterapisti, per rinforzare un po’ la catena posteriore, l’elasticità. Ai tifosi italiani Antonio potrà dare grandi soddisfazioni.

Parlando più in generale della squadra, Franco, in questo ritiro sentivamo parlare di gruppi. Li avete divisi in corridori da corse a tappe e in corridori da classiche?

Qui c’è il gruppo che dovrà partire in Australia e quelli che invece partiranno un po’ dopo. I primi sono più avanti e magari messi assieme porterebbero i secondi a spingere un po’ troppo.

Da chi possiamo aspettarci belle cose?

Per il Belgio, e non solo, c’è Matej Mohoric, che è il nostro faro. Ma penso anche a ragazzi come Nikias Arndt, nel fiore degli anni, che quest’anno potranno mettersi in mostra. Poi c’è Pasqualon, che ha un’esperienza grandissima e potrà essere decisivo sia per se stesso, che per la Bahrain-Victorious. Quest’anno era al primo anno con noi e si è trovato molto bene, così come noi ci siamo trovati benissimo con lui. E poi i soliti nomi, le certezze: Pello, Damiano… Ah, per il Belgio mi ero dimenticato Fred Wright. Sono già due anni che entra nella top 10 al Fiandre. E’ caduto alla Roubaix, quando era messo bene. Questo ragazzo ha dei numeri veramente importanti. Lo stiamo aspettando. Se dovesse presentarsi alle gare con la giusta condizione fisica e mentale potrebbe andare molto forte. E per me non sarebbe una sorpresa.

Non solo giovani: Pellizotti può contare anche su due esperti quali Damiano Caruso e Andrea Pasqualon
Non solo giovani: Pellizotti può contare anche su due esperti quali Damiano Caruso e Andrea Pasqualon
Con un Giro che parrebbe non avere dei super big, Santiago non potrebbe pensare in grande?

Certo, a parte le due cronometro, ci sono anche molte salite. Ogni anno è cresciuto ed è arrivato il momento di pensare alla classifica generale. Per ora abbiamo delle long list, ma al Giro abbiamo già  Damiano e Antonio. E noi dobbiamo essere coperti anche al Tour e alla Vuelta.

Con tanti corridori non è facile fare le formazioni e farli ruotare tutti?

No! Siamo in 27 per essere precisi. Mi ricordo ai miei primi anni da pro’: una squadra era formata da 16 corridori e si riusciva a fare tutto il calendario lo stesso. Okay, il ciclismo è cambiato però è anche vero che le squadre sono più grandi in tutto, ma per assurdo in certi momenti avresti bisogno di qualche corridore in più fra le tante gare, i malanni, gli acciacchi… 

Per curiosità, ma in un anno un direttore sportivo riesce a dirigerli tutti almeno una volta?

No, sembra strano ma è così. Tanti corridori li vedi qua e poi li rivedi ancora qui, ma il prossimo anno…

Fusaz e Pellizotti: gli “sherpa” di Tiberi per scalare il 2024

20.10.2023
5 min
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Una novità in casa Bahrain Victorious, per quanto riguarda la stagione 2024, sarà la presenza, fin dal ritiro invernale di Antonio Tiberi. Dopo aver salutato anzitempo la Lidl-Trek l’atleta di Frosinone è approdato in Bahrain Victorious. Che abbia un gran motore e tante potenzialità lo si è visto, ma che cosa potrà fare in più dopo questo cambio squadra?

In pochi mesi la Lidl-Trek ha perso due corridori giovani di grande prospetto: prima Tiberi e poi Baroncini, diretto alla UAE Emirates. Come lavorerà il team Bahrain e cosa hanno visto in questi primi mesi insieme al giovane Tiberi? Per capirci qualcosa in più siamo andati a bussare a due porte: quella del preparatore Andrea Fusaz e a quella del diesse Franco Pellizotti. 

La grande forza a cronometro di Tiberi è una buona base su cui lavorare
La grande forza a cronometro di Tiberi è una buona base su cui lavorare

La visione di Fusaz

Dal punto di vista atletico Tiberi ha fatto vedere buone prestazioni in questi tre anni da professionista. Un corridore in grado di fare bene a cronometro e in salita, tanto da aver conquistato la sua prima vittoria nel ciclismo che conta sulle rampe di Gyongyos-Kékesteto al Giro di Ungheria. 

«Antonio Tiberi – racconta il preparatore Fusaz – è il prototipo del buon corridore per le corse a tappe. E’ molto forte a cronometro e si difende bene in salita, in questi primi mesi con noi l’ho visto molto motivato e disponibile. Chiaramente essersi fermato a metà stagione ed aver perso giorni di allenamento non lo ha aiutato. Si è immerso bene nella nostra realtà capendo subito come lavoriamo. Alla prima gara si è messo subito a disposizione andando in fuga e dandosi tanto da fare per i compagni».

Tiberi non è uno scalatore puro: il ciociaro è un passista-scalatore che “gioca” molto sul passo
Tiberi non è uno scalatore puro: il ciociaro è un passista-scalatore

Metodo di lavoro

Ma come lavoreranno Tiberi e Fusaz per far crescere e sbocciare il talento del ciociaro? Arrivare a metà anno non aiuta, ma può essere un passaggio utile per gettare le prime basi in vista della stagione successiva. 

«E’ un ragazzo dotato – spiega ancora Fusaz – d’altronde non vinci un mondiale a  cronometro juniores per nulla. A livello fisico si nota una buona base per costruire. L’obiettivo principale potrebbe essere capire come cresce nei prossimi mesi e vedere se potrà correre un grande Giro con un approccio fisico e mentale di primo livello. Difficile capire cosa può migliorare perché i test che abbiamo sono influenzati dal fatto che sia stato fermo per un mese. Però c’è da crescere nell’endurance, fattore chiave per un corridore da corse a tappe. In salita la differenza è nella continuità, allenarsi tutto l’anno su determinate situazioni potrà portare grandi vantaggi. Sicuramente Tiberi non è un ragazzo formato, ha 22 anni e deve crescere e migliorare ancora. Strada facendo capiremo se potrà reggere carichi maggiori di allenamento e pressioni psicologiche».

Durante le tre settimane alla Vuelta Tiberi ha avuto come compagno di stanza Caruso
Durante le tre settimane alla Vuelta Tiberi ha avuto come compagno di stanza Caruso

Parola a Pellizotti

Una visione d’insieme la può dare Franco Pellizotti, diesse del team Bahrain Victorious. In questi mesi lo ha visto in corsa e ha avuto modo di farsi una prima idea di come gestire Tiberi, partendo dai punti deboli.

«Sono convinto – ci dice Pellizotti – che siamo riusciti ad accalappiare uno dei pezzi pregiati del ciclismo italiano. Ha ancora dei margini sui quali migliorare, soprattutto dal punto di vista tattico. Uno su tutti è il modo in cui si muove in corsa, spesso corre in fondo al gruppo. Questo lo si è visto al Lombardia quando sull’attacco di Pogacar si è fatto cogliere di sorpresa. Poco dopo lo abbiamo rivisto alla ruota di Roglic, ma per rientrare ha fatto sicuramente uno sforzo enorme. Si fosse piazzato meglio avrebbe potuto giocarsi una top 10. Per aiutarlo a migliorare questo aspetto, alla Vuelta lo abbiamo messo in camera con Caruso, uno che sa come insegnare ai giovani. Anche in Spagna spesso lo riprendevamo perché si perdeva all’interno del gruppo. 

«Non è un difetto inguaribile – continua – il solo fatto di correre con noi fin dall’inizio della prossima stagione ci dà modo di poterlo correggere. Si tratta di una cosa che gli può tornare utile anche per quello che è il suo futuro nei grandi Giri, correre davanti aiuta a risparmiare energie, cosa che in tre settimane di gara è fondamentale».

Tiberi deve imparare a correre più vicino ai suoi compagni, qualità che crescerà corsa dopo corsa
Tiberi deve imparare a correre più vicino ai suoi compagni, qualità che crescerà corsa dopo corsa

Possibile leader

Le parole di Pellizotti fanno capire come in lui ci credano tutti: la squadra, lo staff e i compagni. Il 2024 diventa quindi un anno importante, dove si dovranno anche tirare le prime somme. Nelle brevi corse a tappe Tiberi ha mostrato qualcosa, ora tocca fare un passo in più.

«Non mi sorprenderei – spiega il diesse – se nelle corse di una settimana dovesse togliersi qualche soddisfazione. E non lo sarei nemmeno se dovessimo portarlo al Giro d’Italia, il percorso prevede tanti chilometri a cronometro. Anche se lui non è propriamente uno scalatore, ma un passista-scalatore. In salita prende il suo passo e difficilmente lo si vedrà fare un cambio di ritmo. 

«Un primo spartiacque – conclude Pellizotti – potrebbe essere il mese di aprile con corse come la Tirreno-Adriatico o la Parigi-Nizza. A seconda dei percorsi vedremo dove potrebbe risultare più efficace la sua presenza. E’ chiaro però che se un corridore vuole fare bene il Giro d’Italia a questi appuntamenti deve essere pronto. Stiamo già lavorando con lui per il 2024, a livello fisico ha avuto qualche problema alla schiena e deve fare della ginnastica posturale per risolverli. E’ bene che si facciano prima dell’inizio della stagione perché una volta in bici tutto deve essere a posto. Lo sta facendo andando qualche volta in piscina. Vedo che è un ragazzo disponibile e volenteroso».

Pellizotti su Landa gregario: «Una scelta che capisco»

22.09.2023
6 min
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Perché un corridore come Mikel Landa, che ha ancora le gambe per arrivare quinto alla Vuelta, di colpo si converte in gregario e passa con Evenepoel? La domanda ce la siamo fatta un po’ tutti e così a un certo punto c’è venuto in mente di porla a Franco Pellizotti, che Landa ha guidato nella corsa spagnola. Anche se di recente il basco è parso meno incisivo, è un fatto che quando trova la condizione sia fra i pochi a cambiare gli equilibri delle corse in montagna. Forse alla Soudal-Quick Step avrà i suoi spazi, ma il passaggio nella squadra belga lo rimette al servizio di qualcuno più grande di lui, come inizialmente fu con Nibali e poi parzialmente con Aru.

«Mikel – dice Pellizotti – ha dimostrato di essere uno dei primi fra i… normali. All’inizio sembrava quasi che avessero trovato l’accordo per restare con noi, ma alla fine è possibile che la scelta di andare con Remco sia stata dettata dalla voglia di avere un po’ meno pressione. Qua era il nostro leader, entrare nella squadra che ha un capitano come Evenepoel, che sta dimostrando di essere uno tra i più forti al mondo, gli permetterà di fare un lavoro che conosce bene. Quindi è una scelta che capisco e magari posso anche condividere…».

Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Landa è stato con voi per quattro anni, secondo te è riuscito a esprimere tutto il suo potenziale o la sfortuna in certe occasioni l’ha frenato?

Prima ho corso contro di lui, poi da direttore sportivo l’ho avuto come corridore. Devo dire che secondo me nella sua carriera avrebbe potuto fare molto di più. Ma lui è così, non per niente tantissima gente gli vuole bene per il suo modo di essere: il famoso “landismo”. Mikel è questo e non puoi farci niente, però ha doti che non hanno nulla da invidiare a quelle di Vingegaard e Roglic. Magari ha il punto debole della cronometro, però in salita ha delle doti fantastiche.

Che cosa significa che Mikel è questo e non ci si può fare niente?

Lo vedo come un’artista. Ha le sue idee, non è un corridore come il ciclismo moderno vorrebbe. Non fa diete assolute e ferree, è ancora un corridore vecchio stile. Gli piace godersi la vita, la famiglia, gli amici e questo magari lo porta ad arrivare alle corse non ai livelli che vediamo al giorno d’oggi.

Perché dici di condividere la sua scelta?

Perché per questo suo modo di essere, va bene così. Con quel ruolo riuscirà a vivere un po’ meglio come qualità della vita. Condivido la scelta perché comunque, per quello che dice, stiamo parlando degli ultimi anni della sua carriera. Oddio, quando vai a metterti a disposizione di un corridore come Remco (senza togliere che anche lui potrà togliersi altre soddisfazioni in corse dove magari l’altro non ci sarà), comunque dovrà essere a livelli altissimi. Se andiamo a vedere, l’ultimo uomo dei leader della Jumbo-Visma ha appena vinto la Vuelta. Oggi l’ultimo uomo di un grande capitano fa il lavoro quando davanti restano veramente pochi, quindi devi essere a livelli molto alti. Mikel riesce ancora a farlo.

Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Tu passasti al servizio di Nibali che ormai avevi 38 anni, ci sono punti di contatto?

Non troppi, Mikel è ben più giovane e con altre qualità. Lui non vede ancora tanti anni di ciclismo davanti a sé, ma tra il dire e il fare passa veramente tanto. Perché adesso la vede così, poi va a lavorare per un leader e magari scopre gli stimoli per andare avanti qualche anno in più.

Gli pesava fare il leader?

Non so neanch’io se sia stato questo. Sinceramente non mi aspettavo che andasse via, ma pensandoci le opzioni erano due. Quella che ha scelto, oppure restare qui facendo il leader e un po’ la chioccia per i giovani. Mi avrebbe stupito di più se avesse scelto di andare a fare il leader in un’altra squadra, alla Lidl o alla AG2R come si era sentito dire. Quello mi avrebbe colpito di più, perché ci ha sempre detto che qui alla Bahrain Victorious si trovava bene. La scelta di andare alla Soudal-Quick Step ha un senso.

Cosa vi lascia Mikel?

Domenica sera, dopo l’ultima tappa abbiamo cenato a Madrid. E Milan Erzen, il nostro capo, ha preso la parola e lo ha ringraziato molto. A questa Vuelta non era arrivato in grandissima forma, però ha dimostrato ancora una volta di aver avuto carattere e di aver lottato fino alla fine. Giorno dopo giorno è stato un esempio per i giovani che c’erano in squadra, il nostro Antonio Tiberi, Govekar e anche Buitrago. Ogni giorno prendeva la parola anche lui dopo le riunioni, quindi è uno che ci metteva del suo anche nella gestione della squadra.

Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Proprio alla Vuelta è andato forte all’Observatorio Astrofisico della sesta tappa e anche sull’Angliru, un fatto di motivazioni o di condizione in arrivo?

Ha sofferto nella prima settimana, perché non è arrivato al 100 per cento per problemi di stomaco. Sapevamo che si era allenato bene, era anche andato a provare alcune tappe, però fisicamente non era al massimo. Per cui nella prima settimana siamo andati un po’ cauti, poi piano piano è cresciuto. E’ entrato nella fuga dei 40 corridori con Kuss, recuperando quello che aveva perso nel primo arrivo in salita ad Andorra. Poi ha fatto una bella cronometro: visto il percorso, una delle più belle della sua carriera. E alla fine ha dimostrato di essere un corridore di fondo. La tappa del Tourmalet è stata dura, corsa a velocità molto alte. Nel finale non usciva più la differenza fra chi aveva 7 watt/kg e gli altri, ma chi aveva più fondo. Lui ha sempre sofferto le tappe piatte con l’arrivo in salita, perché non è esplosivo come gli altri. Però nelle tappe impegnative ha dimostrato di avere ancora grandi attitudini nel soffrire e sempre la solita classe.

Che bilancio fai della vostra Vuelta?

Lo ripeto: la prima settimana abbiamo sofferto perché i ragazzi non andavano come volevamo, però piano piano sono cresciuti. Siamo riusciti a mantenere la calma e nella terza settimana sono usciti molto bene. Tiberi è un ragazzo su cui stiamo lavorando molto e abbiamo visto dei miglioramenti grandissimi dalla prima all’ultima tappa, non solo a livello fisico, ma anche a livello tattico. Abbiamo dovuto lavorare molto per fargli capire che ogni tappa ha una logica e che noi partiamo sempre con un copione diverso. All’inizio aveva qualche difficoltà a entrare in questi meccanismi, correva sempre molto lontano dai suoi compagni. Invece piano piano, anche con l’aiuto di Damiano Caruso (lo abbiamo messo in camera con lui proprio per questo) è venuto fuori. Siamo molto felici. Quello che è riuscito a fare è solo l’inizio di quello che ci aspettiamo da lui. E poi la vittoria di Wout Poels…

Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Importante?

Ha vinto la tappa numero 20, che per noi è stata la ciliegina sulla torta. Abbiamo fatto un’ottima terza settimana, ma col fatto che Evenepoel era uscito di classifica, ce lo trovavamo sempre nelle fughe e non era facile. Come non era facile, quando arrivavi in gruppo sotto le salite, battere quelli della Jumbo. Caruso ha fatto un ottimo secondo posto, ma la vittoria di Poels è stata importante perché, dopo aver vinto due tappe al Giro e tre al Tour, finire la Vuelta senza vincerne una sarebbe stato brutto. Ce l’abbiamo messa tutta, è stata sofferta, ma siamo tornati a casa finalmente soddisfatti.

Bahrain Victorious, la squadra giusta per Tiberi

08.06.2023
5 min
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Quando si fa per ragionare in modo serio, a volte anche i giornalisti ci prendono. Così, quando verso fine Giro ci siamo trovati a scommettere su quale sarebbe stata la miglior collocazione per Antonio Tiberi, il ragionamento aveva portato all’Astana e alla Bahrain Victorious. Entrambi con un gruppo dirigente di matrice fortemente italiana, entrambi capaci di creare un clima familiare. Ma l’Astana aveva già 30 corridori, perciò non restava che il Bahrain (in apertura il team sul podio finale del Giro, dopo la vittoria della classifica a squadre).

Così alla partenza dell’ultima tappa da Roma, visto Pellizotti in attesa di partire con la sua ammiraglia, lo abbiamo affiancato. E’ vero che Tiberi viene con voi? «Non so niente – ha risposto impassibile – non posso dire niente».

Ora che il passaggio di Tiberi è stato annunciato ufficialmente, abbiamo sentito di avere un credito morale con il direttore sportivo friulano, così siano tornati al suo finestrino per iniziare il discorso stroncato a Roma sul nascere.

Dopo la chiusura del rapporto con la Trek, dal primo giugno Tiberi è diventato un atleta Bahrain Victorious (foto TBV)
Dopo la chiusura del rapporto con la Trek, dal primo giugno Tiberi è diventato un atleta Bahrain Victorious (foto TBV)
Quando hai saputo che sarebbe arrivato?

Non mi ricordo di preciso, ma circa un mesetto prima. Io mi occupo anche del discorso abbigliamento e di colpo e anche alla svelta abbiamo dovuto fare tutto il vestiario per lui.

Lo conoscevi già?

Il primo ricordo è di quando vinse il mondiale crono ad Harrogate, pur avendo avuto dei problemi alla bici. Ricordo anche che andava forte su strada, mi piace seguire i ragazzi italiani, poi non so dire se sia passato troppo presto, ma ricordo che appena passato fece vedere qualcosa. Tanto che al UAE Tour, Nibali e Damiano Caruso fecero una scommessa.

Che scommessa?

Noi avevamo Milan, Tiberi era alla Trek. E Vincenzo diceva che il giovane Antonio sarebbe andato più forte di Jonathan nella crono. Si giocarono il posto in business per tornare a casa. Chi avesse perso lo avrebbe ceduto al “suo” giovane. Fu la volta che Tiberi cadde sul traguardo, ma andò fortissimo. Arrivò 19°, Milan si piazzò 32° e Damiano perse la scommessa.

Harrogate 2019, nel mondiale juniores Tiberi cambia bici per un guasto in partenza, poi vince l’oro
Harrogate 2019, nel mondiale juniores Tiberi cambia bici per un guasto in partenza, poi vince l’oro
Contento che arrivi da voi?

Molto contento. Credo che debba crescere ancora molto e questo è dovuto al fatto che è passato troppo presto. C’è chi magari è pronto, non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Secondo me lui ha delle doti veramente importanti e speriamo che adesso abbia raggiunto o stia raggiungendo la solidità mentale per affrontare il professionismo.

Come si stila il programma di un corridore fermo da due mesi che arriva in squadra a metà stagione?

Intanto si valuta la condizione fisica, un po’ come immagino abbiano fatto lo scorso anno quando Piccolo è passato alla Ef Education. Antonio arriva da una situazione un po’ particolare, quindi posso immaginare anche che negli ultimi mesi non si sia potuto allenare come avrebbe voluto, anche se era tranquillo.

Pensi fosse preoccupato di non trovare squadra?

Non credo quello, perché è un corridore promettente, però mentalmente non è stato facile. Noi lo abbiamo inserito subito e lo abbiamo messo anche nella long list del Tour de France. E’ un atleta valido. Per cui se qualcuno dei corridori che dall’inizio dell’anno sapeva di fare il Tour dovesse avere dei problemi, potremmo chiamare lui. Altrimenti potrebbe tornare per la Vuelta, che sarebbe ugualmente una scelta ben fatta, perché ci arriverebbe più fresco degli altri e con molta voglia di dimostrare.

L’ultima corsa di Tiberi è stata il UAE Tour, concluso il 26 febbraio: riprende sabato, dopo tre mesi e mezzo
L’ultima corsa di Tiberi è stata il UAE Tour, concluso il 26 febbraio: riprende sabato, dopo tre mesi e mezzo
Prima corsa in maglia Bahrain?

Farà Gippingen, Giro di Svizzera, campionato italiano e poi si vedrà.

In queste prime trasferte lo affiancherete, anche in camera, a un corridore più esperto?

Sì, è una cosa che facciamo sempre. Cerchiamo di fare le coppie per le camere in base all’esperienza dei corridori. Il giovane finisce sempre in camera con uno più esperto, che lo aiuterà a inserirsi meglio e così sarà per lui.

Pensi che in squadra peserà la vicenda che ha vissuto?

Credo proprio di no. Il primo ad averne sofferto è stato lui, ma sicuramente in squadra su questo ci ci sarà ancora qualche battuta, ma solo per metterla sul ridere. I nostri sono ragazzi intelligenti e per quel poco che ho visto al Giro, quando hanno saputo che sarebbe venuto con noi, erano molto felici. Sono convinto che lo inseriranno molto bene. 

Pellizotti in ammiraglia e magari Caruso in corsa e nei ritiri saranno per Tiberi un’ottima guida
Pellizotti in ammiraglia e magari Caruso in corsa e nei ritiri saranno per Tiberi un’ottima guida
Come l’hai trovato al primo contatto?

La prima volta che l’ho chiamato, l’ho trovato un po’ formale. C’è da capirlo: hai 22 anni, entri a far parte di una squadra nuova e vieni chiamato dal direttore sportivo. Ma io ho cercato di parlargli da amico e non da direttore sportivo. Ho cercato di farmi sentire molto tranquillo e di fargli capire che il passato è passato

Da chi sarà seguito per la preparazione?

Da Michele Bartoli, che fa parte del nostro staff tecnico. Non viene alle corse perché è una sua scelta, però a tutti gli effetti è con noi. A gennaio è stato in ritiro con noi e nelle riunioni parla apertamente di tutto, dei programmi a tutto il resto. Antonio è con lui, come pure Landa. Sono convinto che il clima familiare che abbiamo costruito sarà perfetto per lui. La nostra è una squadra di amici, di ex corridori che si conoscono da una vita e di personale affiatato. Penso che Antonio si troverà bene e che abbiamo da dargli la serenità di cui ha bisogno.

Gambe e tattica, Buitrago succede a Nibali

26.05.2023
5 min
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TRE CIME DI LAVAREDO – La vittoria di Santiago Buitrago sotto le Tre Cime probabilmente è figlia della delusione di ieri. In Valle di Zoldo il colombiano della Bahrain-Victorious avrebbe voluto fare meglio. Molto meglio. Quella era una delle frazioni che aveva cerchiato in rosso.

Ma il Giro d’Italia è così. Un giorno stai bene e uno paghi. Succede agli uomini di classifica, figuriamoci ad un ragazzo di neanche 24 anni.

Questa mattina quando la fuga è andata, lui era sempre guardingo. Non si era mai mosso prima. Poi sono state la gambe e le prime pendenze dolomitiche a mettere in chiaro le cose. A quel punto la Ineos-Grenadiers ha lasciato fare e “Santi” si è potuto mettere comodo.

Spesso il colombiano è stato “messo in mezzo”: gli oneri di chi è il più forte. Usare una buona tattica è stato vitale
Spesso il colombiano è stato “messo in mezzo”: gli oneri di chi è il più forte. Usare una buona tattica è stato vitale

Una fuga difficile

Comodo per modo di dire. La sua esuberanza poteva essere il rivale numero uno. E anche i compagni di fuga, avversari insidiosi.

Per tutta la tappa il suo direttore Franco Pellizotti gli ha dovuto dire di non perdere mai di vista la testa della corsa, che poteva essere pericoloso, ma anche di non tirare sempre lui. Cosa non scontata, quasi un ruolo che ti casca addosso quando chi è in fuga con te sa che sei il più forte.

Gestire la fuga di oggi non è stato semplice dunque per Buitrago e anche per la sua squadra. Proprio perché era il più forte, molti facevano affidamento su di lui per l’impulso della fuga. E questa cosa in corsa i suoi compagni di attacco gliel’hanno fatta pesare.

«Tanti corridori – ha detto Buitrago – mi hanno detto che dovevo tirare io perché ero quello più vicino in classifica. Ma io volevo giocarmi diversamente le mie carte. E poi pensavo alla tappa. Volevano che chiudessi sempre io e per questo non volevo una gara aperta. Avrei dovuto fare tanti scatti».

«Ma in questo Pellizotti mi ha aiutato molto. Soprattutto nel finale, quando Gee ha attaccato prima della spianata, mi ha detto di stare tranquillo. Io però lo vedevo. Era lì a trenta metri. Franco mi ha detto di non scattare. Solo ai 1.500 metri mi ha detto di dare tutto. E così ho fatto». 

Nibali ha premiato Buitrago. Lo Squalo aveva vinto quassù 10 anni fa, quando Santi aveva appena 13 anni e sognava di diventare un pro’
Nibali ha premiato Buitrago. Lo Squalo aveva vinto quassù 10 anni fa, quando Santi aveva appena 13 anni e sognava di diventare un pro’

Nel ricordo di Nibali

«Vincere sulle Tre Cime, una delle salite più importanti di questo Giro, per di più da solo, è stata una vera emozione. Mi ricordavo quando aveva vinto Nibali quassù, con la neve. Io ero un bambino e oggi mi ha premiato lui. Alle sue spalle c’erano tanti colombiani: Betancur, Uran, Duarte».

In sala stampa, dalla mascherina che Rcs Sport ha imposto dopo i tanti casi di Covid, di Buitrago si scorgono solo gli occhi. E come spesso accade nei colombiani lo sguardo è sempre velato da un filo di nostalgia.

«Il sacrifico più grande per me è stare lontano dalla mia famiglia – spiega Santi – perché è vero che ad Andorra, dove vivo quando sono in Europa, ho molti amici, ma non è la stessa cosa che stare a casa. Sono qui da gennaio. Non è facile.

«Oggi però sono contento, perché il mio Giro sin qui era stato un po’ grigio». 

Pellizzotti sfinito

Franco Pellizzotti completa il giro attorno al Rifugio Auronzo e va a parcheggiare la sua ammiraglia, un anello obbligato che fa incolonnare le auto già per il ritorno a valle a fine tappa. E’ lui che ha seguito ogni metro di Buitrago. 

«Sono sfinito – racconta Pellizotti – in pratica mi sono diviso fra Buitrago in testa e Milan in coda al gruppo. Oggi per Jonathan era molto dura». Ma certo a dominare è il sorriso. 

«La vittoria di Santi? Alla grande. Si è preso la tappa più bella di questo Giro. Quando lo affiancavo gli dicevo di gestirsi, perché io conosco molto bene questa scalata e so che sono tre chilometri e mezzo terribili. Interminabili.

«Gli ho detto di prendere Gee come punto di riferimento, ma non di chiudere subito su di lui. Ed è stato bravissimo ad eseguire il tutto».

Buitrago (classe 1999) conquista la tappa delle Tre Cime. La dedica è per la famiglia. «E per tutti coloro che sanno dei miei sacrifici»
Buitrago (classe 1999) conquista la tappa delle Tre Cime. La dedica è per la famiglia. «E per tutti coloro che sanno dei miei sacrifici»

Classifica in futuro?

Ieri Buitrago è rimasto fuori dalla fuga ed era deluso. Oggi si è voluto rifare. «Ieri era più teso – confida Pellizzotti – oggi più tranquillo. Sapeva di avere una buona condizione. Dopo la vittoria dell’anno scorso a Lavarone ci aspettavamo, e soprattutto lui si aspettava, di ripetersi e oggi ha vinto una tappa splendida. Perché qua vincono in pochi».

«Mentre per la classifica abbiamo voluto testarci. Santiago è un ragazzo giovane, non dobbiamo guardare gli altri giovani che vanno già forte, lui deve crescere… e sta crescendo. Noi non gli mettiamo pressione. Lo aspettiamo… basta che ci creda lui».

«La classifica – replica Buitrago – arriverà quando imparerò a gestire le tre settimane, quando saprò andare forte a crono e in pianura… Ma un giorno arriverà qual momento».

L’urlo di Milan fa tremare San Salvo

07.05.2023
5 min
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SAN SALVO – Pasqualon e la sua barba ridono e sprizzano felicità. Il suo compagno di stanza Jonathan Milan ha appena schiantato il gruppo dei velocisti e nella vittoria c’è stato il potente zampino del corridore veneto approdato quest’anno alla Bahrain Victorious.

«Lo sapevo che oggi avrebbe vinto – grida Pasqualon per farsi sentire nella baraonda del dopo arrivo – perché ha la gamba, lo avevamo visto nella cronometro. Ero certo che se l’avessi lasciato al posto giusto, avrebbe fatto una grande volata. Ho fatto il doppio lavoro, ma così abbiamo preso la rotonda davanti. Non doveva partire prima dei 300 metri. Così è andata ed è stato fantastico.

«Il finale era difficile e c’era quella strettoia. Abbiamo fatto 20 chilometri davanti per non prendere rischi. Gli dicevo di guardare avanti. Eravamo in tre: Johnny, Caruso e io. La cosa importante era metterli entrambi nella posizione giusta, perché Damiano è in classifica e la caduta c’è stata fuori dai 3 chilometri. Quando ho visto che Damiano era al sicuro, mi sono dedicato a Milan…».

Pasqualon lo ha pilotato alla grande: i due sono compagni di stanza
Pasqualon lo ha pilotato alla grande: i due sono compagni di stanza

“Solamente” la volata

A San Salvo c’è la gente delle grandi occasioni. Una marea di pubblico che ha invaso il villaggio d’arrivo e poi si è riversata sulle transenne, cosicché quando Milan lascia esplodere la sua volata, l’arrivo trema e poi esplode. Johnny passa e non smette di urlare. Il suo diesse Pellizotti, raggiunto al telefono, dice che non era certo che Jonathan potesse districarsi nel caos della prima volata del Giro, in mezzo a velocisti freschi e scaltri come gatti selvatici. Ma quando davanti alle ruote del friulano si è aperto il varco e Bonifazio si è spostato, allora la musica è cambiata.

«I ragazzi hanno fatto veramente un ottimo lavoro – mormora Milan e sembra quasi in trance – mi hanno tenuto tranquillo nelle prime posizioni. Per tutti gli ultimi chilometri mi ripetevano sempre: “Ora stai tranquillo, stai tranquillo, stai dietro di noi. Stai coperto. Bevi. Mangia”. Alla fine mi hanno guidato nelle prime posizioni del gruppo e io ho dovuto… solamente fare la mia volata. Sono davvero contentissimo per questo. Devo dire un immenso grazie alla squadra…».

La tappa si è trascinata a lungo al piccolo trotto: nel finale l’andatura è impazzita
La tappa si è trascinata a lungo al piccolo trotto: nel finale l’andatura è impazzita

Un urlo liberatorio

Il sorriso. Il silenzio. Le parole a bassa voce. Qualche lacrima. Nell’intervista durante il viaggio di andata verso Pescara, avevamo avuto la sensazione del bambino al cospetto della corsa dei sogni. Nonostante sia un campione olimpico, l’idea di debuttare al Giro lo scuoteva dentro. E oggi che il sogno di vincere una tappa si è avverato, guardandolo negli occhi e ricordando le prime chiacchierate di quando era dilettante, riconosciamo un’emozione che forse non aveva mai provato prima

«Quell’urlo – racconta – è stato liberatorio. Mi sono passate in testa tante cose. Tanti allenamenti fatti a tutta. I brutti momenti passati all’inizio stagione con le cadute. La stanchezza che ho avuto addosso. Poi ho pensato alla mia famiglia che mi guardava da casa – qui si commuove e trattiene a stento una lacrima – ecco tutto qua. Mio padre aveva corso il Giro prima di me, non sapete quanto sia importante esserci arrivato».

Quando ha potuto sprigionare la sua potenza, alle spalle si è scavato un solco
Quando ha potuto sprigionare la sua potenza, alle spalle si è scavato un solco

Vigilia nervosa

Aveva sviato ogni attesa legata alla crono, non avendola preparata. Il suo avvicinamento al Giro non è stato dei più sereni. Il trapelare delle voci per cui il prossimo anno andrà alla Trek avrebbero potuto guastare i rapporti in squadra e forse qualche mal di pancia in casa Bahrain Victorious c’è anche stato. Invece alla fine la squadra ha scelto per il meglio. Pellizotti ribadisce che se hanno deciso di portarlo, la fiducia è massima.

«Dopo le classiche – dice Milan raccontando gli ultimi tempi – mi sono allenato il più possibile per non soffrire le salite e arrivare alla fine delle corse il più veloce possibile e credo che abbiamo fatto un ottimo lavoro. Quando ho tagliato la linea del traguardo è stata un’emozione che mi è salita dentro. Ero praticamente scioccato e lo sono tutt’ora per la volata che ho fatto».

Raccontando la sua vittoria, Milan è passato da momenti di gioia, all’incredulità, fino alle lacrime
Raccontando la sua vittoria, Milan è passato da momenti di gioia, all’incredulità, fino alle lacrime

Grazie al CT Friuli

Prima di salutare, qualche parola di gratitudine va anche al Cycling Team Friuli, in cui è sbocciato. Fu Roberto Bressan tre anni fa a portarlo al cospetto di Marco Villa in un ritiro azzurro in Slovenia, perché potesse valutarlo e farne una delle colonne del quartetto d’oro a Tokyo. E furono ancora loro a convincerlo delle sue potenzialità anche su strada: l’autorità e lo stupore con cui Jonathan vinse in volata la tappa di Rosà al Giro U23 del 2020 fu solo l’antipasto della potenza mostrata oggi.

«La cosa speciale di quella squadra – sorride – sono l’amore e la passione che i direttori sportivi e tutto lo staff mettono nel tirare su gli atleti. Penso che il segreto del fatto che in quell’angolo di Friuli ci siano tanti buoni corridori è solo questo. Perché di fatto io sono lo stesso di stamattina, solo con un risultato in più. Mi sono messo in gioco, tutta la squadra oggi lo ha fatto e mi ha dato fiducia e per questo devo ringraziare veramente tutti. Non penso di essere cambiato tanto in questi pochi minuti…».

In attesa che Milan torni dalle premiazioni, al bus Bahrain si stringono mani e si commenta la corsa
In attesa che Milan torni dalle premiazioni, al bus Bahrain si stringono mani e si commenta la corsa

La serata ha il sapore dolce della vittoria tricolore. Il Giro d’Italia è bello quando ci fa parlare italiano ed è anche meglio quando a farlo è un giovane di grande talento su cui costruire un’ipotesi di futuro. In casa Bahrain Victorious stasera si brinderà e poi si tornerà a guardare il percorso. Domani può essere un’altra bella giornata, altre per Milan ne verranno. Caruso è uscito indenne dalla trappola della caduta. Con il mare davanti e le montagne ancora bianche alle spalle, il Giro manda in archivio la seconda tappa. Ci vediamo domani.

Zambanini si prepara per due mesi di grande ciclismo

03.05.2023
4 min
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CAVALESE – Zambanini è stato uno dei corridori più richiesti allo scorso Tour of the Alps, il ragazzo della Bahrain-Victorious vede avvicinarsi sempre più il suo secondo Grande Giro da professionista. Il Giro d’Italia, che partirà sabato da Fossacesia, sarà un altro gradino nella crescita del corridore trentino. Dopo la Vuelta dello scorso anno e le parole incoraggianti di Pellizotti, è giunto il momento di crescere ancora. 

Zambanini (il secondo da sinistra) mentre si scalda con i compagni prima dell’ultima tappa del Tour of the Alps
Zambanini (il secondo da sinistra) mentre si scalda con i compagni prima dell’ultima tappa del Tour of the Alps

Un piccolo intoppo

Zambanini è andato in fuga nell’ultima tappa del Tour of the Alps e successivamente si è presentato al Gp Francoforte. La gamba c’è, anche se prima della Tirreno-Adriatico c’è stato qualche ostacolo lungo il cammino. 

«Dopo il Giro dei Paesi Baschi ho fatto un po’ di riposo – racconta – e poi sono andato al Tour of the Alps. Purtroppo prima della Tirreno-Adriatico ho avuto una bronchite che mi ha fermato per una settimana ed ho saltato Strade Bianche e la Corsa dei Due Mari. Avevo in programma di fare un ritiro in altura, ma i programmi sono cambiati. Così insieme alla squadra abbiamo deciso di andare a correre il Giro dei Paesi Baschi (foto in apertura). Avevo ancora pochi giorni di gara e mi serviva mettere fatica alle spalle prima del Giro d’Italia. Nel periodo tra la fine del Tour of the Alps e l’inizio della Corsa Rosa mi sono riposato un po’ ed ho fatto qualche lavoro per mantenere la condizione». 

Niente altura per lui, una bronchite a marzo gli ha fatto cambiare i programmi di avvicinamento al Giro
Niente altura per lui, una bronchite a marzo gli ha fatto cambiare i programmi di avvicinamento al Giro

Passo in più

L’esperienza della Vuelta ha lasciato in Zambanini un sorriso che ancora si accende quando ci ripensa. Una prima volta che lo ha portato molto vicino al successo di tappa a Les Praeres, ora però serve una nuova spinta. 

«L’occasione avuta lo scorso anno è stata bellissima – continua – la squadra è andata bene quasi tutti i giorni ed è importante. E’ arrivato anche il terzo posto nella nona tappa, nonostante arrivassi da un periodo non troppo positivo visto che avevo preso il Covid a metà stagione. La convocazione per la Spagna era arrivata quasi all’ultimo ed ero partito senza preparare la corsa al meglio. Da un lato sono stato contento perché non ho avuto il tempo di farmi tante paranoie. Quest’anno la preparazione è andata meglio, c’è stata più programmazione. Cerco di non pensarci troppo, sono uno molto riflessivo ma devo cercare di distrarmi un pochino».

Dopo la Vuelta del 2022 il trentino ha sentito un’ottima crescita nella sua condizione
Dopo la Vuelta del 2022 il trentino ha sentito un’ottima crescita nella sua condizione

Giro in casa e non solo

Il percorso del Giro d’Italia è duro, le difficoltà non mancheranno e saranno presenti fin dalle prime tappe. Non ci sono grandi possibilità di nascondersi o di sbagliare troppo. 

«E’ duro – ammette con un leggero sospiro – tutte le tappe saranno toste e poi l’intensità sarà sempre alta. Qualche tappa o fuga vorrei provare a centrarla, però bisogna anche coordinarsi con la squadra e le esigenze dei capitani. Abbiamo molte punte a nostra disposizione: Caruso, Haig, Buitrago e Mader. Il primo compito sarà quello di dare supporto, dopo vedremo, ma qualche occasione mi piacerebbe coglierla. C’è la tappa di casa in Trentino che è la più difficile in assoluto, vedremo che cosa riuscirò a fare. Il Giro lo senti nel cuore, fai più fatica a prepararlo mentalmente, in più correre in casa non è mai semplice. Rispetto allo scorso anno cerchiamo di fare il salto, ho aumentato il carico degli allenamenti.  Dopo un Grande Giro si ha uno step di crescita e devo dire che ho sentito dei miglioramenti nel preparare questa stagione.

«Finita la corsa rosa – conclude – tirerò fino ai campionati italiani, che saranno ugualmente in casa (si correrà a Comano Terme, Trento, ndr). E’ un percorso che ho già provato molte volte e risulta estremamente difficile. Insomma, tra maggio e giugno le occasioni non mancheranno».

Bettini e gli altri, compagni di ieri e diesse di oggi

28.03.2023
6 min
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Per tanti anni compagni di avventura lungo le strade di tutto il mondo e non importava se vestissero la sua stessa maglia a o quella di qualche strada rivale. Poi referenti durante la sua avventura alla guida della nazionale, per capire condizioni e stati d’animo dei corridori da convocare. La lunga parabola di Paolo Bettini nel mondo delle due ruote ha sempre avuto a che fare con gente come Gasparotto, Pellizotti, Bramati, Tosatto. Rivali? Qualche volta. Amici? Sempre.

Oggi l’olimpionico toscano li guarda dall’esterno, protagonisti sulle loro ammiraglie del WorldTour, impegnati senza sosta in un calendario frenetico e rivede in tanti loro comportamenti i compagni di mille corse, quelle che hanno insegnato loro il mestiere. Perché in fin dei conti non sono mai cambiati.

Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…
Gasparotto e Bettini, mai compagni di team ma grandi amici e anche vicini di casa…

Gasparotto, schivo ma serissimo

Gasparotto oggi è una colonna portante della Bora Hansgrohe, una delle squadre che più sono progredite nel corso delle ultimissime stagioni e il due volte vincitore dell’Amstel ci ha messo del suo: «Con Enrico mi lega una lunga amicizia. Non abbiamo mai corso nella stessa squadra, ma quando finivamo la stagione andavamo in vacanza insieme. Di lui posso dire che è sempre stato un professionista a 360 gradi. Apparentemente, quando correva, poteva sembrare poco uomo squadra, uno che se ne stava sulle sue ma era carattere, perché quando serviva lui c’era, sempre».

Quell’amicizia non è venuta mai meno: «Ci siamo visti prima dell’ultima Sanremo e l’ho trovato divertito. E’ un lavoro stressante il suo, lo so bene, ma anche appagante soprattutto per come è fatto lui, per come lo interpreta cercando con tutto il cuore di trasmettere il suo sapere ai ragazzi, di invogliarli a vivere questo mestiere. Non posso dimenticare le sue lacrime al Giro dello scorso anno, il senso di appagamento che gli aveva dato vedere il risultato maturare nelle sue mani. Certamente gli serve ancora esperienza, ma sta davvero crescendo nel ruolo».

Conoscendo il suo carattere così schivo, si sarebbe aspettato un suo presente da diesse? «Sì, perché ha sempre avuto una visione di gara superiore e quando hai quella, puoi gestire tutto. In corsa aveva un occhio eccezionale, capiva nel gruppo chi poteva essere protagonista quel giorno, riusciva anche a prevedere come sarebbe andata la gara. Basta parlarci per sentire la passione che traspare in ogni suo gesto».

Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo
Con Pellizotti, corridore che per Bettini era già diesse quando era ancora in gruppo

Pellizotti, il regista in corsa

«Con Pellizotti ci siamo incontrati spesso, una volta affittò anche un appartamento vicino casa per allenarci insieme. Avversari in corsa, ma sempre molto legati, una chiacchierata in gruppo ci scappava sempre. Rispetto a Gaspa era molto diverso: in gruppo si faceva sempre sentire. In certi tipi di corse era eccezionale, un vero riferimento, il classico “regista in corsa” che distribuiva i compiti in seno alla squadra. Si vedeva quale sarebbe stato il suo futuro».

Un conto però è gestire la squadra dall’interno, un altro è salire sull’ammiraglia… «Certo, il lavoro cambia tanto. E’ importante che poi quando sei in auto ti ricordi com’era. Faccio un esempio legato alla Liegi, che conosco bene: devi ricordarti i punti dove mangiare e bere perché la corsa non si muove, dove invece è il punto adatto a scattare, dove tenere gli occhi aperti e soprattutto tutto ciò devi trasmetterlo ai ragazzi, farglielo capire, E’ quello che sta facendo alla Bahrain Victorious».

Una volta hai detto che il campione difficilmente riesce a essere un buon diesse, il gregario sì. Perché? «Perché il lavoro del gregario non è solo fare il “lavoro sporco”, come ritirare le borracce o prendere le fughe. E’ un lavoro psicologico, vivere davvero la vita del gruppo, capire sempre la situazione, magari anche andare a parlare con tizio o caio dell’altra squadra e mettersi d’accordo per gestire la corsa finché non entreranno in scena i capitani. Acquisisci una sensibilità che sarà fondamentale».

Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie
Per anni compagni di squadra ma non solo. Bramati è stato la spalla di Bettini in tutte le principali vittorie

Bramati, compagno di mille avventure

In questo Davide Bramati (in apertura è quello a sinistra, era il 2010) è sempre stato un campione: «Per questo è considerato uno dei diesse più carismatici. Ricordo ad esempio quando c’eravamo io e Valverde. Davide andava da quelli della Movistar e si metteva d’accordo per tirare il gruppo, prendere le fughe e poi toccava a me e Alejandro, ma eravamo stati tranquilli fino alle battute decisive. Si è intessuto una rete di rapporto importante, ora spesso fa lo stesso, solo che usa il telefono e chiama dall’ammiraglia all’altra ammiraglia, ma in soldoni il lavoro è simile».

Con Bramati il rapporto è sempre stato stretto: «Abbiamo corso anni insieme, eravamo compagni di camera, posso dire tranquillamente che certe vittorie come il mondiale di Salisburgo hanno molto di lui dentro, in corsa ma anche e anzi soprattutto fuori, nelle nostre chiacchierate, nella nostra ricerca di tranquillità e concentrazione. E’ sempre stato uno molto carismatico».

Oltretutto lavora nella Soudal QuickStep, fianco a fianco con un “padrone” difficile come Lefevere: «Non è semplice, ma è anche un stimolo. Io non potrò mai parlar male di Patrick per tutto quello che mi ha dato. Certo, è esigente, ma nessuno tiene vivo lo spirito del gruppo come lui. Senza stimoli un corridore si adagia e da lì a buttare via una stagione è un attimo. Porta a essere sempre sul pezzo, sempre un professionista. Io dico che per Davide è la dimensione ideale e i risultati sono lì a dimostrarlo».

Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997
Tosatto e Bettini sono passati professionisti entrambi nel 1997

Tosatto, vecchia scuola nell’ipertecnologia

«Quante cose ha risolto il Toso negli anni… – esclama Bettini a proposito di Matteo Tosatto, oggi diesse all’Ineos – Siamo passati insieme fra i pro’ nel ’97, ma mi ricordo un episodio al Giro da me vissuto da spettatore: caduta di gruppo, Contador è a terra. Tosatto prende la bici e comincia a correre sopra le bici degli altri, per dargli la sua e farlo ripartire subito. Chi avrebbe avuto quella prontezza di spirito così immediata? Quello è mestiere, significa avere sempre la lucidità e una visione completa della corsa».

Tosatto ha trasposto queste sue qualità in un team difficile come la Ineos Grenadiers: «Credo che per lui sia la soluzione migliore, perché ama lavorare con i più giovani e la Ineos è un team in transizione. E’ uno che sta imparando, nel mezzo di una strada che chissà dove lo porterà. Io penso che dia quel pizzico di esperienza in più in un team ipertecnologico: mi sembra di vederlo, nelle riunioni dove snocciolano dati come se piovesse, lui a un certo punto uscirsene con l’accento veneto “Ragazzi, qui c’è solo da menare…”. Tiene tutti con i piedi per terra, uno così è fondamentale».

Parlando di tanti colleghi, a Bettini non viene un po’ di nostalgia per tornare in ammiraglia? «Ributtarmi nella mischia? Dovrei pensarci bene, sulla base di un progetto ben definito e invogliante, perché dopo l’esperienza azzurra che, non posso negarlo, mi ha un po’ bruciato ho raggiunto il mio equilibrio tra famiglia e le mie attività. Vivo di ciclismo 80 giorni l’anno, salire in ammiraglia significa quanto meno triplicarli e la cosa mi fa un po’ paura».

Pellizotti si gode il giovane Zambanini, che cresce tanto e bene

01.03.2023
5 min
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Dal 2022 è uscito con delle prestazioni promettenti un giovane molto interessante: Edoardo Zambanini. Corridore della Bahrain Victorious, in cui è stato guidato, tra gli altri, da Franco Pellizotti. Passato professionista proprio l’anno scorso e già chiamato in causa nel suo primo Grande Giro: la Vuelta

Zambanini Zalf 2021
Pellizotti e Zambanini si sono incontrati per la prima volta nel 2021, quando il giovane trentino correva in Zalf
Zambanini Zalf 2021
Pellizotti e Zambanini si sono incontrati per la prima volta nel 2021, quando il giovane trentino correva in Zalf
Franco, che impressione hai avuto di lui?

L’ho conosciuto di persona nei primi mesi del 2021, quando era ancora alla Zalf e si preparava alla sua seconda stagione da under 23. Il nostro manager disse a me e Artuso di andare a conoscerlo, mi sorprese subito. 

In che senso?

Si presentò all’incontro da solo, insomma da un ragazzo giovane come lui non me lo aspettavo, è stata una bella sorpresa. Mi ha dato l’impressione di essere molto maturo, anche nel modo di porsi. 

La scorsa stagione non era iniziata nel migliore dei modi per Zambanini.

All’inizio ha avuto qualche problema fisico con un dolore al ginocchio che non lo ha fatto lavorare al meglio. Se si parte con qualche difficoltà, soprattutto ad inizio stagione, poi ci si trova sempre a rincorrere. 

Franco Pellizotti ha iniziato la sua terza stagione da diesse della Bahrain Victorious
Franco Pellizotti ha iniziato la sua terza stagione da diesse della Bahrain Victorious
Ha avuto il periodo più difficile ad aprile al Tour of the Alps e al Giro dei Paesi Baschi. 

Sì, i problemi si sono accentuati ad aprile, poi ha fatto un periodo di pausa ed ha ripreso al Giro di Ungheria. Dove ha portato a casa un bel quinto posto in una tappa e la quarta posizione in classifica generale. 

Nella seconda parte di stagione si è visto poi con l’esordio alla Vuelta, era in programma da inizio stagione?

In programma c’era l’idea di fargli fare un Grande Giro, e la Vuelta ci è sembrata la corsa migliore. Il Giro d’Italia, da corridore italiano, ha troppe pressioni a livello emotivo. La corsa spagnola era perfetta, anche per la sua collocazione a fine stagione, gli è servita molto a livello fisico ed emotivo. Disputare una corsa di tre settimane cambia il motore. 

Zambanini si è fatto notare, cosa non scontata.

Si è rivelato molto costante, caratteristica che da un corridore così giovane non ti aspetti. Non dico che ci siamo sorpresi, ma quasi. A livello mentale e fisico ha risposto molto bene.

Il miglior risultato per Zambanini è arrivato alla nona tappa della Vuelta, terzo sull’arrivo di Les Praeres
Il miglior risultato per Zambanini è arrivato alla nona tappa della Vuelta, terzo sull’arrivo di Les Praeres
Nella tappa di Les Praeres si è anche andato piazzato al terzo posto…

Oltre a quel risultato, che ovviamente ha fatto piacere, ci sono stati degli atteggiamenti molto propositivi

Quali?

Si è messo sempre a disposizione della squadra, ascoltando ed eseguendo quello che gli veniva chiesto. Ha fatto parte di due fughe, una delle quali ha portato al terzo posto che dicevamo poco fa. Vi faccio un altro esempio. 

Prego…

Alla 19ª tappa avevamo in programma di fare la volata con Fred Wright, era un arrivo che si sarebbe risolto a ranghi ristretti. Zambanini aveva il compito di guidare il suo compagno nella volata, era una giornata molto calda. Negli ultimi 15 chilometri gli sono venuti i crampi e nel momento in cui con l’ammiraglia gli siamo andati sotto era in lacrime perché non poteva aiutare il suo compagno. E’ un bel segno, dimostra quanto ci tiene alla squadra.

In uscita dalla Vuelta Zambanini ha dimostrato di avere una buona gamba, con un quarto posto al Gran Piemonte
In uscita dalla Vuelta Zambanini ha dimostrato di avere una buona gamba, con un quarto posto al Gran Piemonte
Avete sempre avuto l’idea di portarlo, nonostante l’inizio di stagione un po’ difficoltoso?

Sinceramente sì, era stato inserito nella lista più lunga, ma dalla seconda parte di stagione in poi abbiamo avuto solamente risposte positive. A partire dal Tour de Pologne, dove cresceva di condizione giorno dopo giorno. 

Quel terzo posto di tappa che sensazioni vi ha lasciato?

Di due tipi: la prima è una grande soddisfazione, perché alla prima Vuelta si tratta di un bellissimo risultato. 

E la seconda?

Che ha davvero ampi margini di crescita, com’è giusto che sia. Quel giorno ha lavorato tanto, forse troppo, così nel finale era un po’ spento. Tatticamente deve migliorare, ma solo correndo può crescere. E’ un ragazzo sul quale si può e si deve investire. 

Pellizotti ha trovato uno Zambanini diverso questo inverno, con maggior massa muscolare (foto Federico Bartoli)
Pellizotti ha trovato uno Zambanini diverso questo inverno, con maggior massa muscolare (foto Federico Bartoli)
L’hai visto diverso in questo inverno rispetto al 2022?

Si è inserito bene nel team e quest’anno conosce già i compagni ed è un bene. In più lo vedo più definito fisicamente, ha più muscolo, segno che crescerà ancora. 

La crescita passerà da altre esperienze importanti?

E’ inserito nella lista del Giro, se lo è meritato dopo la Vuelta dell’anno scorso. Ovviamente il percorso di avvicinamento è lungo e tortuoso, ma per il momento è parte della lista.