Franco Pellizotti ha smaltito le fatiche del Giro. Anche lui, che lo ha vissuto in ammiraglia, ha avuto la necessità di fermarsi un attimo prima di ripartire. Che poi a casa non è che si riposi, scherzando, prima di iniziare l’intervista ci ha detto che il “lavoro” accumulato tra le mura di casa nelle tre settimane di Giro è tanto.
«Il Giro d’Italia – dice Pellizotti – è andato come ci eravamo prospettati a inizio maggio, quindi eravamo tutti sereni nel tornare a casa. L’obiettivo era stato raggiunto, e questo aiuta a non trascinarsi dietro il lavoro e qualche domanda. Stamattina (martedì, ndr) siamo usciti dal performance meeting settimanale, nel quale facciamo il punto delle gare e non solo. Ne avevamo fatto già uno il martedì dopo la fine del Giro per parlare della corsa rosa».
Cosa era emerso, rispetto alle prestazioni di Tiberi?
E’ stato un Giro molto positivo, in tutti i sensi. Dal punto di vista fisico Antonio ha avuto un’ottima crescita, a partire dalla Tirreno-Adriatico. Al Catalunya già pedalava bene, poi nel ritiro in altura ha lavorato e al Tour of the Alps era in ottima condizione. Il Giro è stato il coronamento di un lavoro positivo e che ha dato tanti frutti.
Tre settimane in cui ha retto anche mentalmente…
Quello è stato il punto per cui ci ha sorpresi maggiormente. Era il suo primo Grande Giro da leader, non era facile stare concentrato e attento per tre settimane. Ha sopportato il peso della gara molto bene.
Ve lo aspettavate?
Sì e no. Eravamo consapevoli delle sue qualità atletiche, per questo era il leader della squadra insieme a Caruso. Dal punto di vista mentale non dico che ci ha sorpresi, ma quasi. Ci ha colpiti per come è andato e come ha gestito la corsa. Soprattutto per come ha gestito la giornata di Oropa.
Perdere due minuti per una doppia foratura a inizio Giro può abbattere chiunque..
Lui invece non si è mai demoralizzato. Quello è stato il primo segnale positivo che ci è arrivato da Tiberi. E’ facile dire che con quei due minuti in più avrebbe potuto lottare per il podio, ma il ciclismo non è matematica. Sicuramente quella giornata negativa gli ha tirato fuori ancora più grinta.
Aveva già fatto una Vuelta con voi, l’anno scorso.
Sì, ma non era partito con il ruolo di leader. Volevamo vedere come avrebbe gestito le tre settimane di gara, era più un test. Dal quale, devo essere sincero, siamo usciti con ottime risposte. Un ragazzo così giovane che nella terza settimana va più forte che nella prima ci ha rassicurati, tanto da puntare su di lui per il Giro di quest’anno.
Tu ci credevi, nell’intervista prima del Giro avevi detto che avrebbe potuto curare la classifica, credevi potesse fare così bene?
Prima del Giro dire che Tiberi sarebbe potuto entrare nella top 5 sembrava una blasfemia. Invece noi ci credevamo, come eravamo sicuri che avrebbe potuto lottare per la maglia bianca.
Ha reagito bene alle responsabilità.
A lui non pesa avere le incombenze da capitano, anzi ne trae maggior grinta. E’ un ragazzo giovane che sa cosa vuole.
Cosa deve migliorare ancora?
Nella comunicazione in corsa, ma ci sta. Tiberi in gara parlava, diceva quello che avrebbe voluto fare, ma il road captain era Caruso. Damiano teneva in mano la squadra, così che Antonio si sarebbe potuto concentrare solo sulla prestazione. E’ un po’ il metodo che usavo quando correvo insieme a Nibali. Io gestivo la squadra, i dialoghi con l’ammiraglia, e Vincenzo restava concentrato solo sulla prestazione.
Un modo per alleggerire la tensione.
Esatto. Caruso era il portavoce, parlava con noi in ammiraglia e con Antonio, gestendo i compagni.
Ci sono state situazioni che avreste potuto gestire diversamente?
Sinceramente l’unico “errore” lo ha commesso nella tappa di Livigno. Era una giornata no e lo si sapeva fin dai primi chilometri, lo sentiva. Nel finale, quando Arensman ha attaccato Tiberi ha fatto l’errore di seguirlo. In quel momento aveva ancora al suo fianco Caruso. Avrebbe dovuto mettere davanti lui e fargli fare un ritmo giusto, ma è una cosa che viene con l’esperienza.
Il podio lo conquisti anche superando al meglio le giornate no.
Vero. Quando stai bene è tutto facile. Invece, quando sei in difficoltà devi limitare i danni. Anche perché in altri casi molti leader, nei momenti di difficoltà, mettono davanti i compagni per fare un ritmo comodo.
In questo modo disincentivano gli attacchi.
E’ una tattica che Thomas ha usato un paio di volte. E’ una cosa che acquisisci con l’esperienza. Antonio deve imparare a guardare gli avversari e capire la loro condizione dalla pedalata o da come stanno in bici. Se impara a fare questo può capire eventuali crisi e attaccare, sfruttando il momento.
Finito il Giro è ripartito subito per il Delfinato, come mai?
Perché a giugno ci sono diverse corse in programma e non è facile fare le squadre. Antonio fisicamente stava bene, ma mentalmente era finito. Abbiamo comunque provato a vedere come avrebbe reagito al Delfinato, ma alla seconda tappa ha terminato con il gruppetto. Così ieri (martedì, ndr) è stato richiamato a casa. Ci sta che mentalmente fosse stanco, vuoto, era comunque il suo primo Giro da leader.