Nel Giro della Bahrain: un “nuovo” Tiberi e il solito grande Caruso

07.06.2025
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La Corsa Rosa della Bahrain Victorious ha subito un forte rimescolamento nell’ultima settimana di gara. I ragazzi guidati da Franco Pellizotti erano partiti dall’Albania poggiando le loro speranze sulle giovani spalle di Antonio Tiberi, forte del quinto posto dello scorso anno. Con il passare dei giorni la corsa si è fatta sempre più difficile da gestire a causa dei tanti momenti di stress. Proprio una di queste circostanze concitate ha portato alla caduta di Antonio Tiberi nella tappa di Gorizia. Da lì il Giro d’Italia del team Bahrain Victorious è cambiato e i gradi di capitano sono passati sulle spalle del più esperto Damiano Caruso. Il siciliano è stato capace di raccogliere quanto seminato e di portare a termine un Giro d’Italia nel quale ha dato prova, qualora ce ne fosse stato bisogno, delle sue grandi qualità.

«In corsa – racconta Franco Pellizotti – il capitano è sempre stato Caruso, mentre il leader era Tiberi. Abbiamo lavorato così anche lo scorso anno. Una volta che Tiberi è caduto tutte le responsabilità sono passate a Caruso».

Antonio Tiberi era arrivato al Giro per curare la classifica per la Bahrain e con grandi ambizioni
Antonio Tiberi era arrivato al Giro per curare la classifica per la Bahrain e con grandi ambizioni

Recuperare

Pellizotti analizza e racconta, intanto in sottofondo si sente un gran strofinare e spazzolare. Il diesse sta lavando la bici di sua figlia Giorgia, che domani correrà in una gara di mtb e anche in questo caso si deve arrivare pronti. 

«Una volta sceso dall’ammiraglia – continua – ho lasciato da parte il lavoro del diesse e mi sono dato a quello del papà, che poi ci sia sempre di mezzo una bici cambia poco. Oggi (venerdì per chi legge, ndr) Giorgia ha l’ultimo giorno di scuola e domani andrà a fare una gara. Da una corsa come il Giro si torna a casa stanchi, ma bisogna recuperare il tempo perso in famiglia. Anche perché poi venerdì prossimo riparto: direzione Tour de Suisse».

Ecco Tiberi, Caruso e Pellizotti: leader, capitano in corsa e diesse
Ecco Tiberi, Caruso e Pellizotti: leader, capitano in corsa e diesse
Torniamo al Giro, eravate partiti con grandi ambizioni…

Vero. Con Tiberi l’obiettivo era di salire sul podio e di provare a vincere una tappa, poi la caduta di Gorizia ha fermato il tutto. Meno male che Caruso ci ha tolto le castagne dal fuoco conquistando un ottimo quinto posto. La nostra punta era Tiberi, ma Caruso aveva dimostrato di stare bene. 

Com’era stato impostato il Giro del siciliano?

Caruso quando è in condizione non è capace di lasciarsi sfilare e uscire di classifica, non fa parte del suo carattere. Lui stesso era consapevole del suo stato di forma. Si è trattato di un Giro d’Italia strano, il primo vero arrivo in salita è arrivato all’inizio della terza settimana. Solo in quel momento ci siamo resi conto delle reali forze in campo

Dopo la caduta nella 15ª tappa Tiberi ha mollato definitivamente il colpo a Bormio, cedendo dieci minuti ai primi
Dopo la caduta nella 15ª tappa Tiberi ha mollato definitivamente il colpo a Bormio, cedendo dieci minuti ai primi
Dopo la caduta di Gorizia si è mai pensato di fermare Tiberi?

No. Ha preso una bella botta, ma il suo cammino al Giro non era a rischio. Avevamo Caruso in classifica ed è stato giusto che Tiberi restasse in corsa per dare il suo contributo. Quando Antonio è arrivato in squadra da noi è stato subito elevato a leader, ma per un ragazzo giovane come lui è stato giusto fare anche questo tipo di esperienza. Un conto è fare il leader, un altro è sapersi muovere da gregario

Spiegaci meglio.

In passato non ha mai ricoperto questo ruolo, ma se vuole diventare un corridore capace di curare la classifica al 100 per cento è una parte fondamentale. Nei due Giri d’Italia corsi con noi, Tiberi è sempre stato il leader, ma il ruolo di capitano lo ha ricoperto sempre Caruso. 

Cosa cambia?

Che Caruso aveva il compito di guidare la squadra, parlare con l’ammiraglia, usare la radio. Tiberi, invece, doveva preoccuparsi solamente di andare forte. In quest’ultima settimana di Giro ho visto Antonio cambiare negli atteggiamenti.

Già a San Valentino Tiberi aveva perso terreno, per Caruso era arrivato il via libera
Già a San Valentino Tiberi aveva perso terreno, per Caruso era arrivato il via libera
In che senso?

L’ho visto più presente in corsa, spesso parlava alla radio, comunicava con i compagni quando si creava la fuga. Insomma ha preso consapevolezza che esiste anche l’aspetto di gestione della gara. Avere accanto un corridore come Caruso sicuramente gli ha dato una mano a capire come si fa.

E’ mancato il risultato ma è stato un Giro comunque importante…

Per questi aspetti appena elencati credo che finire questa corsa sia stato fondamentale per Tiberi. Ha visto e messo in pratica aspetti nuovi. 

Damiano Caruso ha concluso il Giro d’Italia in quinta posizione, è stato il migliore degli italiani
Damiano Caruso ha concluso il Giro d’Italia in quinta posizione, è stato il migliore degli italiani
Spendiamo anche qualche parola per Caruso?

Che dire, ha fatto un grande Giro d’Italia. Conosciamo bene le sue doti, che lo hanno portato a essere uno dei corridori più forti sul fondo. Ha passato un 2024 non semplice e aveva tanta voglia di tornare a fare bene. Ha curato diversi aspetti e si è dato da fare ancora di più. Dopo la scorsa stagione aveva anche pensato di smettere, quindi era partito per questo 2025 con l’obiettivo di voler finire bene la carriera. 

E invece ha prolungato di un altro anno.

Al Tour of the Alps mi aveva già accennato qualcosa a riguardo. Ci eravamo detti di aspettare il Giro. Per fortuna nostra correrà insieme a noi per un’altra stagione. Credo che il 2026 potrà essere un anno fondamentale per il nostro team, ma non abbiamo fretta. Prima c’è la Vuelta e sia Tiberi che Caruso arriveranno agguerriti.

Pogacar e il grattacapo Sanremo: sentiamo tre diesse

17.12.2024
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Manca ancora tanto, tantissimo, eppure già si parla della Milano – Sanremo come abbiamo visto qualche giorno fa con i 20 anni del trionfo di Petacchi, ma lo si fa anche in ottica futura e soprattutto sul grande atteso: Tadej Pogacar. Come dovrà fare per vincerla? Secondo molti, per non dire tutti, nell’ambiente del ciclismo la Classicissima potrebbe essere la spina nel fianco dell’asso della UAE Emirates, la gara più difficile da conquistare per lui. E in effetti viste le caratteristiche fisiche di Pogacar e visto il percorso si fa fatica a non essere d’accordo.

Ma allora come potrebbero fare Pogacar e la sua squadra a vincere la Sanremo? Con che tattica? Lo abbiamo chiesto ad alcuni direttori sportivi che con la Classicissima hanno ed hanno avuto, anche come corridori, un certo feeling.

Pareri discordanti emergono sulle tattiche da impostare, ma su una cosa sono d’accordo: il meteo avverso. Freddo, pioggia e vento, potrebbe essere gli alleati più preziosi per lo sloveno, se non l’unica chance di vittoria.

Piva ipotizza una corsa dura sin dal Turchino. Ma alla UAE servirebbe una squadra super e anche una seconda punta che possa dare garanzie
Piva ipotizza una corsa dura sin dal Turchino. Ma alla UAE servirebbe una squadra super e anche una seconda punta che possa dare garanzie

Piva, attacco lungo

Lo scorso anno, con il secondo posto di Michael Matthews, la Jayco-AlUla ha dimostrato di avere una solida conoscenza della gara, ma è evidente che c’è una componente di incertezza che può cambiare radicalmente le sorti della corsa. Per Valerio Piva, è stata addirittura l’occasione mancata del 2024.

«Secondo me – dice Piva – la chiave sta nel fare una selezione precoce, anticipando gli attacchi e cercando di sfondare già prima del Poggio. La difficoltà principale di Pogacar alla Sanremo è che l’idea di una volata finale a ranghi ristretti è davvero difficile per lui. La salita del Poggio è corta e le possibilità di un attacco vincente sono limitate e se non ha già staccato i velocisti più potenti… gli diventa dura poi.

«Penso che la soluzione migliore per Pogacar potrebbe essere quella di cercare un attacco solitario, o almeno un attacco in un piccolo gruppo che sia in grado di arrivare al traguardo facendo la Cipressa veramente forte, forte».

Piva dunque è per una selezione precoce. Lui ipotizza qualche mossa addirittura sul Turchino o la sua discesa. La discesa Turchino, o anche quella del Poggio, possono essere un trampolino di lancio, Pogacar potrebbe avere la possibilità di fare la differenza se le condizioni meteo sono brutte. La Sanremo è una corsa che non si vince mai facilmente e Pogacar dovrà farci i conti.

«Il meteo avverso è sicuramente una componente fondamentale – riprende Piva – In passato abbiamo visto come un po’ di fortuna, unita a un attacco deciso, possa fare la differenza. Ricordo quando vinse Chiappucci, io avevo Argentin. Pogacar avrà bisogno di sfruttare questa variabile al meglio, ma anche la sua condizione fisica e mentale dovranno essere impeccabili. E lo stesso vale per la sua squadra. Uno dei grandi problemi è che tutti lo aspettano e tutti sanno quel che può fare. Servirebbe una seconda punta molto importante, un vice che potrebbe vincerla veramente. In quel modo correre del tutto contro di lui potrebbe un po’ cambiare le cose.

«Credo che la Sanremo per Pogacar rimarrà una delle corse più difficili da vincere. Serve anche un po’ di fortuna. Io ho avuto Gilbert che era uno specialista e non ci è mai riuscito. Al contrario Cavendish l’ha vinta alla prima partecipazione. Pensate che a Cav dissi: “L’hai vinta oggi, rischi di non vincerla più”. E infatti…».

Cipressa a tutta? Okay, ma andare via da solo lì è dura anche se ti chiami Pogacar
Cipressa a tutta? Okay, ma andare via da solo lì è dura anche se ti chiami Pogacar

Zanini, sul Poggio ma…

«La Milano-Sanremo è una corsa che ha sempre avuto un fascino particolare, anche quando ero corridore. A differenza di altre classiche, qui non basta essere veloci o forti sulle salite. La Sanremo è una gara che richiede molto più di una semplice gamba in salita. Pogacar, ha sicuramente le caratteristiche fisiche per vincere questa corsa, ma ci sono una serie di variabili che entrano in gioco. Il percorso è sempre lo stesso, ma il livello di velocità è aumentato, così come la preparazione dei corridori, che ora hanno un approccio completamente diverso rispetto al passato»:  Stefano Zanini, direttore dell’Astana-Qazaqstan, va direttamente al nocciolo della questione.

Se fossi il direttore sportivo della UAE, la mia strategia sarebbe quella di puntare su un attacco deciso sul Poggio. Come detto, la corsa è sempre più veloce, quindi non ha senso tentare qualcosa di lontano, come attaccare dalla discesa del Turchino o dalla Cipressa, come avveniva in passato. Oggi il ritmo è talmente alto che se provi ad andare via da lontano, rischi di bruciarti troppo presto. Invece, l’idea è quella di fare un attacco secco, deciso, sull’ultimo tratto del Poggio. Pogacar può essere in grado di anticipare i rivali con uno scatto potente, come fece Van der Poel due anni fa. Ma non è facile».

Per “Zazà” il Poggio è il punto chiave, ma anche su quella salita ormai tutti si aspettano l’attacco. Se Pogacar aspetta troppo rischia di non fare la differenza. «La mia idea sarebbe quella di attaccare prima del punto classico, quando spiana per intenderci, ma un po’ prima a metà della salita. Intorno al chilometro e mezzo dalla cima, in modo da avere un vantaggio un po’ più ampio quando inizia la discesa. Chiaro che anche la squadra lo deve portare ottimamente all’imbocco del Poggio e anche prima deve impostare un ritmo che faccia male».

Anche Zanini insiste poi sulla questione meteo: «Se ci fosse la pioggia, ad esempio, sarebbe più difficile mantenere un ritmo elevato sulla Cipressa e sul Poggio e quindi ci sarebbe un po’ più di possibilità di fare la differenza. Tra l’altro abbiamo visto che lui sa guidare bene anche in queste condizioni. Potrebbe essere il momento giusto per provare a staccare gli altri: col maltempo cambia tutto».

Il meteo avverso potrebbe essere l’alleato speciale di Pogacar. Ci vorrebbe una Sanremo tipo quella del 2013 quando addirittura nevicò
Il meteo avverso potrebbe essere l’alleato speciale di Pogacar. Ci vorrebbe una Sanremo tipo quella del 2013 quando addirittura nevicò

Pellizotti, all-in sul Poggio

La Milano-Sanremo è una delle gare più affascinanti e complicate da vincere, anche per i direttori sportivi, cosa che però Franco Pellizotti è riuscito a fare tre anni fa, ormai, con Mohoric.

«Come corridore – racconta Pellizotti – non era la mia corsa, ma mi è sempre piaciuta moltissimo. Credo che Pogacar abbia tutte le potenzialità per vincerla, ma deve affrontarla con una strategia molto mirata. La Sanremo è una corsa che si decide sui dettagli, e ci sono diversi modi per tentare di conquistarla, ma bisogna essere estremamente lucidi nella scelta dei momenti giusti per attaccare».

«Oggi non si può più pensare di fare la corsa da lontano. La Cipressa è diventata troppo veloce per essere un punto utile per fare selezione. Oggi si deve puntare al Poggio. Il segreto è riuscire a fare il vuoto prima dell’ultimo tratto, ma senza bruciarsi troppo presto. Qui entra in gioco anche la gestione della squadra, che deve essere impeccabile. Bisogna arrivare al Poggio con gli uomini giusti, e non è mai facile trovare il giusto equilibrio. Ne servono almeno tre per il Poggio. Quello che tira in pianura sull’Aurelia, quello che ti porta all’imbocco vero e proprio, perché quella fase è cruciale per le velocità che si sviluppano: quel corridore spenderà tantissimo e non sarà in grado di aiutare Tadej successivamente. E appunto un terzo compagno che lo aiuti nella prima parte del Poggio. Altro aspetto: Pogacar non deve stare oltre la quinta, sesta posizione. Altrimenti con i tornanti del Poggio ad ogni uscita prenderebbe delle frustate e avrebbe già 2″-3″ di ritardo dalla testa».

«Alla Sanremo – conclude il diesse della Bahrain Victorious – il meteo può fare la differenza. Se piove, se c’è vento, allora le cose cambiano, e la corsa si fa più selettiva. In quel caso Pogacar potrebbe sfruttare le condizioni meteo per fare il vuoto prima del Poggio. Col bagnato, se il gruppo è allungato, allora l’attacco può avvenire anche sulla Cipressa, magari con l’aiuto della squadra, cercando di guadagnare terreno prima che il gruppo si riorganizzi. Andare via tra Cipressa e Poggio? E’ quasi impossibile, anche perché poi tutti lo marcherebbero».

Zambanini, un 2024 corposo. E non finisce qui…

30.11.2024
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Edoardo Zambanini, atleta della Bahrain-Victorious, si prepara ad affrontare la sua quarta stagione da professionista e lo fa con l’entusiasmo e la determinazione che lo contraddistingue sin dalle categorie giovanili. Il 2023 ha rappresentato per il trentino un’importante svolta nel suo percorso.

Ora archiviati anche gli impegni extra-ciclistici come il torneo di padel organizzato nella serata di A&J All Sport, la società che cura i suoi interessi e quelli di molti altri corridori di primo piano, Zambanini è già tornato al lavoro.

Zambanini (classe 2001) durante il torneo di padel di A&J All Sport
Zambanini (classe 2001) durante il torneo di padel di A&J All Sport
Partiamo da questo 2024. Io l’ho visto come un anno corposo, in cui sei andato in crescendo. Tu che mi dici?

Sì, esatto. Come avete detto bene, questo 2024 è stato un anno in crescita. Il 2023 era stato sfortunato dal punto di vista della salute, ho avuto due bronchiti e ho passato tutta la stagione a rincorrere. Quest’anno invece sono stato fortunato, ho potuto allenarmi sempre nel modo giusto e ottenere i risultati come ricompensa degli sforzi. Senza intoppi, ho avuto una crescita costante. Devo ringraziare la squadra, che mi ha dato le libertà e responsabilità al momento giusto, e il mio preparatore, Michele Bartoli, che ha sempre dosato bene gli sforzi.

A nostro avviso hai fatto un bel salto dopo il Giro d’Italia. Sei d’accordo?

Sì, anche durante il Giro d’Italia mi sono trovato bene. Avevo una buona condizione e il mio compito era principalmente di aiutare la squadra. C’era poco spazio per giocarsi le tappe, perché molte le hanno decise le fughe o i big della classifica generale. Dopo il Giro, al campionato italiano, ho avuto più libertà, visto che non c’era un leader fisso. In quella gara ho iniziato a farmi notare e la squadra ha iniziato a credere maggiormente in me, vedendo che potevo difendermi bene quando mi veniva dato spazio. Da lì è iniziata una crescita costante.

Quanto hanno contato i risultati per la tua autostima?

Molto, perché storicamente sono sempre stato un po’ negativo su me stesso. Questa è una mia debolezza, ma quest’anno i risultati mi hanno dato fiducia. Gara dopo gara, vedendo che potevo giocarmela con i migliori, mi sentivo sempre più motivato. Prima ero più timoroso, con l’autostima bassa, ma ora ho capito che posso competere. La sicurezza cresce quando vedi che stai lì davanti.

Questo aumento di fiducia dipende anche dalla gamba che risponde meglio rispetto al passato?

Sì, fa parte della crescita fisiologica. I primi anni magari tenevo la prima accelerazione, ma scricchiolavo alla seconda. Ora invece, essendo più maturo, riesco a rimanere lì e guadagno fiducia. Quando ti sblocchi, tutto diventa più naturale e il progresso è continuo.

Giro di Croazia: nella 4ª tappa Tobias Andresen infila Zambanini
Giro di Croazia: nella 4ª tappa Tobias Andresen infila Zambanini
È mancata solo la vittoria. Secondo te la squadra ti darà più spazio nel 2025?

Una volta che vedi di essere vicino ai big, la motivazione cresce sempre di più. È vero, la vittoria è mancata, ma quest’anno la squadra ha iniziato a credere in me e a darmi gli spazi giusti per crescere. Devo ringraziare i direttori sportivi come Franco Pellizotti e Roman Kreuziger, con cui mi trovo molto bene. Loro mi stanno aiutando a maturare nel modo giusto.

Qual è stata la giornata in cui ti sei morso le mani per una vittoria sfumata?

Al Giro di Croazia, quando sono rimasto davanti fino agli ultimi 50 metri e poi un corridore della DSM-Firmenich mi ha superato con una sparata finale. Non dico che avessi già la vittoria in tasca, ma forse avrei potuto gestire meglio la situazione. Invece lui è sbucato improvvisamente da dietro e non sono riuscito a reagire in tempo.

Hai già ripreso ad allenarti per il 2024? Sai qualcosa del tuo calendario?

Sì, ho già iniziato. Settimana prossima partirò per il primo ritiro ad Altea, in Spagna. Il calendario definitivo ci sarà comunicato in quel contesto. Al momento abbiamo solo indicazioni generali, ma non vedo l’ora di iniziare.

Se potessi disegnare la tua stagione ideale, quali gare sceglieresti?

Mi piacerebbe concentrarmi sulle classiche delle Ardenne, come la Liegi-Bastogne-Liegi e l’Amstel. Poi vorrei correre il Giro d’Italia, magari con l’opportunità di giocarmi qualche tappa. Un’altra gara che adoro è la Strade Bianche, che ho fatto due volte e mi è piaciuta tantissimo. Mi piacerebbe anche chiudere la stagione con il Lombardia, che ho corso tutti e tre gli anni ed è una gara che vivo alla grande.

La costanza di rendimento di fine stagione di Edoardo non è passata inosservata a Bennati che lo ha convocato per i mondiali
La costanza di rendimento di fine stagione di Edoardo non è passata inosservata a Bennati che lo ha convocato per i mondiali
Più della Vuelta?

Il discorso è che quest’anno mi è piaciuto di più fare gare di un giorno e brevi corse a tappe nel finale di stagione. Questo mi ha consentito di provare di più, di buttarmi, di correre in modo più aggressivo. E infatti ho ottenuto buoni risultati. Ho potuto essere leader.

Guardando agli anni da professionista, cosa è cambiato nel tuo modo di affrontare la stagione?

Nel 2023 avevo corso moltissimo, con 85 giorni di gara. Nonostante tutto, recuperavo bene, ma quest’anno mi piacerebbe avere un programma più definito con obiettivi precisi. Nel 2024 ho fatto un tour de force in primavera, con Catalunya, Paesi Baschi, Romandia e Giro d’Italia di fila. È stato tanto, forse troppo, ma alla fine mi sono trovato bene anche in quel contesto. Però ora voglio lavorare in modo più mirato e organizzato.

E dopo il Giro hai fatto anche lo Slovenia…

Esatto. In due mesi, cioè in 60 giorni ne avrò fatti 45 di gara, un bel tour de force!

Le emozioni di papà Franco: il primo tifoso della figlia Giorgia

06.11.2024
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Il sorriso che Giorgia Pellizotti ha strappato a suo padre Franco attraversa potente anche il telefono ed è come se lo avessimo davanti agli occhi. L’incredulità della giovane azzurra che è tornata dalla sua prima spedizione continentale con due medaglie in altrettante gare ve l’abbiamo raccontata. Ora tocca a Franco Pellizotti, suo padre e primo tifoso. La famiglia intera ha seguito Giorgia fino a Pontevedra, in Spagna, per la gara continentale.

«Noi siamo partiti da Venezia sabato mattina – racconta Franco – per atterrare a Madrid e prendere la macchina e arrivare fino al campo di gara. Giorgia, invece, ha viaggiato con la nazionale e sono volati prima a La Coruna e poi si sono spostati a Pontevedra. Lei e la figlia di Bramati hanno viaggiato insieme, noi l’abbiamo recuperata solamente ieri a casa del “Brama”. Nell’ora di macchina per tornare a casa, Giorgia non ha fatto altro che parlare dei giorni passati con la nazionale».

Qual è stato il primo argomento toccato?

Il gruppo. Per lei era tutto nuovo e la cosa che mi ha colpito maggiormente è stata la felicità che ha provato nello stare con il team azzurro. Sia con le ragazze che con i ragazzi. Sinceramente sentirla parlare così era la cosa cui tenevo di più. I risultati sono stati sorprendenti, non me li aspettavo. Ma da genitore sono ancora più contento di averla sentita felice e divertita dall’esperienza. 

Davvero non ti aspettavi queste medaglie?

A essere onesto dal team relay credevo sarebbero usciti con un podio, ma battere la Francia la vedevo complicata. Era la squadra più forte a mio modo di vedere, c’erano Célia Gery, Aubin Sparfel… Insomma tutte le prime linee. L’Italia aveva una squadra forte, ma mancava la Casasola. Invece hanno dimostrato di essere i più forti di tutti. 

Franco Pellizotti insieme agli altri due figli: Giacomo e Mia
Franco Pellizotti insieme agli altri due figli: Giacomo e Mia
Nella gara di domenica?

Non nascondo che da tempo la vedevo andare forte, ma scontrarsi in un contesto internazionale con ragazze di un anno più grandi non è facile. La prima corsa fatta nel 2024 è stata in Svizzera a fine settembre e lì c’era Anja Grossman, che poi ha vinto anche il titolo europeo. In quell’occasione Giorgia da lei aveva pagato più di un minuto, ma in un mese l’ho vista crescere tanto. Quando parlavamo dell’europeo sapevamo che fosse un appuntamento difficile, ma credevo in lei. Sapevo che non l’avrebbero staccata. 

Invece non era partita benissimo.

Nel primo giro e mezzo ha pagato una decina di secondi dal gruppo di testa, lì ci ero rimasto un attimo. Ho pensato: «Cavolo, siamo già fuori dai giochi». Giorgia al contrario non si è demoralizzata, è rimasta fredda ed ha avuto la grande capacità di tornare in corsa e giocarsi la medaglia. Con un atteggiamento più cattivo, in senso agonistico, magari sarebbe rimasta più fresca nel finale. E’ vero che la cattiveria agonistica ti viene anche dalla consapevolezza che acquisisci in questi contesti. 

Giorgia si scioglie nell’abbraccio del fratello Giacomo dopo la vittoria nel team relay
Giorgia si scioglie nell’abbraccio del fratello Giacomo dopo la vittoria nel team relay
Dove ti ha sorpreso?

Nella gestione della corsa. E’ sempre rimasta lucida e non si è mai fatta prendere dal panico. Sono arrivate due medaglie che erano distanti da quanto ci saremmo aspettati, diciamo che è riuscita a salire un bel gradino. 

Sei stato più genitore o tifoso?

Sono uno abbastanza silenzioso, di solito cerco di appartarmi e guardare la corsa da solo. Sapete se sto in mezzo alla folla poi la gente arriva, ti chiede. Preferisco mettermi in un punto tattico e isolato dove vedere bene la gara in più passaggi. Sto lì e incito Giorgia, senza darle consigli. Da questo punto di vista me ne guardo bene, c’è chi fa il suo lavoro e sa farlo: il cittì Pontoni e tutto lo staff, anche quello del team. Quando siamo via con la squadra, do una mano come qualsiasi genitore, lavo le bici, e me no sto in disparte. A Giorgia pensano i suoi tecnici. 

Pronti, via! La più piccola dei fratelli Pellizotti, Mia, pronta a sostenere sua sorella Giorgia
Pronti, via! La più piccola dei fratelli Pellizotti, Mia, pronta a sostenere sua sorella Giorgia
Com’è stato vivere quei due giorni di gara? 

Innanzitutto è stato bello perché siamo stati tutti insieme. Un anno fa abbiamo fatto la scelta di comprare un camper per seguire Giorgia nelle varie gare. Il mio off season è il ciclocross e mi piace davvero molto. Le nostre ferie sono condite dal fango dei tracciati. E’ davvero un’esperienza bellissima, che viviamo con molta serenità. Riusciamo anche a fare i turisti. Coincidenza vuole che sia stato a Pontevedra anche in un giorno di riposo della Vuelta quest’estate, solo che non ero riuscito a vederla. Nei giorni scorsi la sera siamo andati a visitare la cittadina, abbiamo mangiato fuori. Insomma, ci siamo divertiti.

Ripensa a quando avete preso il camper per seguire Giorgia ad ora, come rivivi questo anno?

E’ stata fantastico. A dicembre del 2023, come le avevo promesso, siamo andati a fare dieci giorni in Belgio, nella terra del ciclocross. Ha disputato due gare e poi siamo stati a vedere la corsa in notturna a Diegem. Sono state delle ferie atipiche, ma davvero molto belle per tutti noi. A gennaio eravamo andati anche a vedere i mondiali di Tabor, durante le premiazioni Giorgia mi ha detto: «Chissà se un giorno salirò su un podio così». 

Un anno dopo lo ha fatto…

Per due volte! E in una di queste ha anche sentito l’inno di Mameli. Mi ha confessato che è stata la prima volta in cui ha pianto per una vittoria. Il gruppo è stato incredibile, con un legame davvero forte. Ogni volta che qualcuno di loro saliva sul podio, gli altri erano sotto a festeggiare. Da genitore, ma anche da diesse, quella del gruppo è la soddisfazione più grande che mi porto a casa, senza ombra di dubbio.

Pellizotti, un oro, un bronzo e quel sorriso strappato al padre

05.11.2024
5 min
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La fantastica spedizione azzurra a Pontevedra, culminata con l’inedito primato nel medagliere degli europei di ciclocross, ha avuto anche la protagonista che non ti aspetti. Giorgia Pellizotti è tornata a casa con un oro nel team relay e il bronzo nella prova individuale junior e forse è proprio questa la medaglia più inattesa dell’intera spedizione azzurra. L’andamento della stagione aveva indicato la punta azzurra in Elisa Ferri (alla fine onorevole quinta), invece la figlia d’arte ha tirato fuori il classico coniglio dal cilindro.

Il podio finale con la Pellizotti al fianco della Bukovska e della vincitrice Grossmann
Il podio finale con la Pellizotti al fianco della Bukovska e della vincitrice Grossmann

Tornata a casa, Giorgia si è subito reimmersa nella routine quotidiana fatta di studio e allenamenti: «Il primo giorno ho preferito però saltare la scuola per rimettermi in pari con lo studio avendo saltato qualche giorno, e poi non nascondo che lì in Spagna ci si svegliava sempre molto presto e tra stanchezza ed emozioni ero veramente spossata».

Ti aspettavi risultati simili?

Decisamente no, quest’anno non avevo mai corso all’estero salvo l’esordio in Svizzera. Non sapevo che cosa attendermi, mi dicevo che anche una Top 10 sarebbe stata un buon risultato per me che sono primo anno.

Un pezzo del percorso, affrontato dall’azzurra anche nel team relay, una prova fondamentale
Un pezzo del percorso, affrontato dall’azzurra anche nel team relay, una prova fondamentale
Tu eri stata scelta per il Team Relay del sabato, quanto è stato utile partecipare in funzione della gara domenicale?

Tantissimo, direi che è stato fondamentale per molti aspetti. Intanto ho potuto provare il percorso ad alte velocità, il che non è la stessa cosa che farlo per allenamento. Vedi le traiettorie anche in base alla fatica, alla spinta che dai alla bici. Poi la vittoria ha dato a tutti una carica enorme, direi che ha fatto davvero la differenza.

C’è un segreto, qualcosa che ti ha dato la spinta giusta per il podio?

Io direi la lucidità nell’affrontare ogni frangente di una gara difficile. Soprattutto nei momenti iniziali, nei quali non ero messa benissimo. Ho avuto anche aiuto dalla fortuna, trovandomi al posto giusto nel momento giusto, ad esempio quando ho seguito l’azione di svizzera e ceka che alla fine si è rivelata decisiva.

Lo sprint di Giorgia, battuta di un’incollatura dalla ceka Bukovska, sfuggitale sull’ultima curva (Photopress.be)
Lo sprint di Giorgia, battuta di un’incollatura dalla ceka Bukovska, sfuggitale sull’ultima curva (Photopress.be)
Eppure in un primo momento eri anche un po’ rammaricata per il secondo posto sfuggito…

Ero felicissima, sia chiaro, però quando ho visto che avevamo fatto il buco mi sono leggermente rilassata ed è stato un errore perché non ho lottato sul rettilineo finale come avrei dovuto, ma la Bukowska era ormai sfuggita e sul rettilineo finale non potevo più rimontarla. Sarebbe stato importante rimanerle incollata.

Tu sei entrata nel team azzurro lo scorso anno pur essendo ancora allieva. Quanto è servito anticipare i tempi?

Moltissimo perché si è formato un gruppo coeso, anche con lo staff, c’era già una conoscenza consolidata. Diciamo che non siamo partiti da zero quest’anno, eravamo tutti pronti ad affrontare la trasferta nel bene come nel male. Io credo che sia stato importante, infatti non mi sono sentita come una novizia in un evento pur così importante.

Titolo junior all’elvetica Anja Grossmann, già titolata nella mountain bike
Titolo junior all’elvetica Anja Grossmann, già titolata nella mountain bike
La svizzera Grossmann era davvero imbattibile?

Io l’avevo affrontata già alla prima prova stagionale e mi ero accorta della sua superiorità, ma la conosco bene. Negli ultimi due anni è stata campionessa europea di mtb nella categoria allieve. Poi ha un fisico completamente diverso dal mio, infatti a dir la verità su un percorso come quello iberico non mi aspettavo di arrivarle così vicino.

Che cosa ti ha detto tuo padre all’arrivo?

Papà non è un uomo di tante parole. Io poi ero con la nazionale, ci siamo potuti vedere poco, ma si vedeva che era contento, molto contento. Avremo modo di confrontarci e di parlarne, una cosa però me l’ha detta: di pensare subito alle prossime gare e non cullarmi sugli allori perché l’appuntamento che conta è sempre davanti a noi. Io punto alle maglie nelle categorie superiori, quando conterà davvero. Questa è una tappa importante, ma pur sempre una tappa.

Con l’oro della staffetta insieme alla famiglia e a papà Franco, diesse della Bahrain Victorious
Con l’oro della staffetta insieme alla famiglia e a papà Franco, diesse della Bahrain Victorious
Sei sempre convinta a non seguire le sue orme e quindi dedicarti all’offroad?

Sì, la mountain bike resta la mia opzione per l’estate mentre il ciclocross è sempre la disciplina che preferisco. Non nascondo poi che l’idea che questa disciplina possa entrare nel programma olimpico mi esalta moltissimo e mi fa prendere questa attività con un altro spirito. Infatti ora che sono a casa già non vedo l’ora che arrivi il fine settimana con le nuove prove internazionali, tra il Giro delle Regioni a Cantoira e la prova di Torino.

Insieme a Pellizotti nel (fantastico) Giro d’Italia di Tiberi

05.06.2024
5 min
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Franco Pellizotti ha smaltito le fatiche del Giro. Anche lui, che lo ha vissuto in ammiraglia, ha avuto la necessità di fermarsi un attimo prima di ripartire. Che poi a casa non è che si riposi, scherzando, prima di iniziare l’intervista ci ha detto che il “lavoro” accumulato tra le mura di casa nelle tre settimane di Giro è tanto. 

«Il Giro d’Italia – dice Pellizotti – è andato come ci eravamo prospettati a inizio maggio, quindi eravamo tutti sereni nel tornare a casa. L’obiettivo era stato raggiunto, e questo aiuta a non trascinarsi dietro il lavoro e qualche domanda. Stamattina (martedì, ndr) siamo usciti dal performance meeting settimanale, nel quale facciamo il punto delle gare e non solo. Ne avevamo fatto già uno il martedì dopo la fine del Giro per parlare della corsa rosa».

Il giorno di Oropa, Tiberi ha dimostrato di avere una grande solidità mentale
Il giorno di Oropa, Tiberi ha dimostrato di avere una grande solidità mentale
Cosa era emerso, rispetto alle prestazioni di Tiberi?

E’ stato un Giro molto positivo, in tutti i sensi. Dal punto di vista fisico Antonio ha avuto un’ottima crescita, a partire dalla Tirreno-Adriatico. Al Catalunya già pedalava bene, poi nel ritiro in altura ha lavorato e al Tour of the Alps era in ottima condizione. Il Giro è stato il coronamento di un lavoro positivo e che ha dato tanti frutti. 

Tre settimane in cui ha retto anche mentalmente…

Quello è stato il punto per cui ci ha sorpresi maggiormente. Era il suo primo Grande Giro da leader, non era facile stare concentrato e attento per tre settimane. Ha sopportato il peso della gara molto bene. 

Ve lo aspettavate?

Sì e no. Eravamo consapevoli delle sue qualità atletiche, per questo era il leader della squadra insieme a Caruso. Dal punto di vista mentale non dico che ci ha sorpresi, ma quasi. Ci ha colpiti per come è andato e come ha gestito la corsa. Soprattutto per come ha gestito la giornata di Oropa.

Un’altra risposta positiva è arrivata dalle cronometro, dove Tiberi ha tenuto dietro tanti uomini di classifica
Un’altra risposta positiva è arrivata dalle cronometro, dove Tiberi ha tenuto dietro tanti uomini di classifica
Perdere due minuti per una doppia foratura a inizio Giro può abbattere chiunque..

Lui invece non si è mai demoralizzato. Quello è stato il primo segnale positivo che ci è arrivato da Tiberi. E’ facile dire che con quei due minuti in più avrebbe potuto lottare per il podio, ma il ciclismo non è matematica. Sicuramente quella giornata negativa gli ha tirato fuori ancora più grinta. 

Aveva già fatto una Vuelta con voi, l’anno scorso.

Sì, ma non era partito con il ruolo di leader. Volevamo vedere come avrebbe gestito le tre settimane di gara, era più un test. Dal quale, devo essere sincero, siamo usciti con ottime risposte. Un ragazzo così giovane che nella terza settimana va più forte che nella prima ci ha rassicurati, tanto da puntare su di lui per il Giro di quest’anno. 

Tu ci credevi, nell’intervista prima del Giro avevi detto che avrebbe potuto curare la classifica, credevi potesse fare così bene?

Prima del Giro dire che Tiberi sarebbe potuto entrare nella top 5 sembrava una blasfemia. Invece noi ci credevamo, come eravamo sicuri che avrebbe potuto lottare per la maglia bianca

Il giovane della Bahrain Victorious è stato l’unico ad aver il coraggio di attaccare Pogacar
Il giovane della Bahrain Victorious è stato l’unico ad aver il coraggio di attaccare Pogacar
Ha reagito bene alle responsabilità.

A lui non pesa avere le incombenze da capitano, anzi ne trae maggior grinta. E’ un ragazzo giovane che sa cosa vuole. 

Cosa deve migliorare ancora?

Nella comunicazione in corsa, ma ci sta. Tiberi in gara parlava, diceva quello che avrebbe voluto fare, ma il road captain era Caruso. Damiano teneva in mano la squadra, così che Antonio si sarebbe potuto concentrare solo sulla prestazione. E’ un po’ il metodo che usavo quando correvo insieme a Nibali. Io gestivo la squadra, i dialoghi con l’ammiraglia, e Vincenzo restava concentrato solo sulla prestazione.

Un modo per alleggerire la tensione.

Esatto. Caruso era il portavoce, parlava con noi in ammiraglia e con Antonio, gestendo i compagni. 

Tiberi deve migliorare nelle giornate difficili, come a Livigno: avrebbe dovuto appoggiarsi ai compagni
Tiberi deve migliorare nelle giornate difficili, come a Livigno: avrebbe dovuto appoggiarsi ai compagni
Ci sono state situazioni che avreste potuto gestire diversamente?

Sinceramente l’unico “errore” lo ha commesso nella tappa di Livigno. Era una giornata no e lo si sapeva fin dai primi chilometri, lo sentiva. Nel finale, quando Arensman ha attaccato Tiberi ha fatto l’errore di seguirlo. In quel momento aveva ancora al suo fianco Caruso. Avrebbe dovuto mettere davanti lui e fargli fare un ritmo giusto, ma è una cosa che viene con l’esperienza. 

Il podio lo conquisti anche superando al meglio le giornate no.

Vero. Quando stai bene è tutto facile. Invece, quando sei in difficoltà devi limitare i danni. Anche perché in altri casi molti leader, nei momenti di difficoltà, mettono davanti i compagni per fare un ritmo comodo. 

Tiberi era anche al via del Delfinato, ma alla seconda tappa si è ritirato, troppe le fatiche mentali accumulate al Giro
Tiberi era anche al via del Delfinato, ma alla seconda tappa si è ritirato, troppe le fatiche mentali accumulate al Giro
In questo modo disincentivano gli attacchi.

E’ una tattica che Thomas ha usato un paio di volte. E’ una cosa che acquisisci con l’esperienza. Antonio deve imparare a guardare gli avversari e capire la loro condizione dalla pedalata o da come stanno in bici. Se impara a fare questo può capire eventuali crisi e attaccare, sfruttando il momento. 

Finito il Giro è ripartito subito per il Delfinato, come mai?

Perché a giugno ci sono diverse corse in programma e non è facile fare le squadre. Antonio fisicamente stava bene, ma mentalmente era finito. Abbiamo comunque provato a vedere come avrebbe reagito al Delfinato, ma alla seconda tappa ha terminato con il gruppetto. Così ieri (martedì, ndr) è stato richiamato a casa. Ci sta che mentalmente fosse stanco, vuoto, era comunque il suo primo Giro da leader.

Caruso e Tiberi: dal Catalunya ora puntano sul Giro

30.03.2024
5 min
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Dalla Volta a Catalunya la Baharain Victorious è uscita con una soddisfazione e un punto di domanda. La prima arriva dalla bella prestazione di Antonio Tiberi, che dopo una settimana solida ha chiuso la corsa all’ottavo posto nella classifica generale. Il punto di domanda riguarda invece Damiano Caruso. Il siciliano ha vissuto un inizio di stagione a rallentatore, con una Tirreno lontana da primi e un Catalunya in ripresa ma senza squilli.

Tiberi è uscito in crescendo dal Catalunya: una settimana di corsa che ha dato i suoi frutti
Tiberi è uscito in crescendo dal Catalunya: una settimana di corsa che ha dato i suoi frutti

Calendari modificati

Ne parliamo con Franco Pellizotti, diesse del team e alla guida dell’ammiraglia nella corsa spagnola. Il Giro d’Italia si avvicina, le strade sono delineate e si fanno i primi conti, anche se tutto è ancora da costruire. 

«Sia Tiberi che Caruso – racconta – non avevano in programma il Catalunya. Dovevano correre Andalucia e Tirreno, poi andare in altura. Alla fine la cancellazione della prima ha costretto entrambi ad esordire alla Tirreno-Adriatico, hanno sofferto un po’ e ci siamo convinti che fosse il caso di portarli al Catalunya. Antonio (Tiberi, ndr) è uscito bene dalla corsa dei due mari e ha fatto una bella prestazione in Spagna. Al primo arrivo in salita, dominato da Pogacar, è andato bene fino agli ultimi due chilometri, poi si è un po’ spento. Se avesse gestito al meglio la scalata, sarebbe entrato nella top 5. Nel complesso ha fatto un’ottima settimana di corsa, migliorando giorno dopo giorno.

«Caruso – continua – ha sofferto di più la cancellazione della Ruta del Sol, ma ci sta. Antonio ha 23 anni, è giovane e un cambio di programma non lo destabilizza più di tanto. Caruso, invece, che di anni ne ha 38, deve fare passaggi più mirati. L’ho visto comunque sereno e contento di quanto fatto, sono convinto che al Giro, come ogni anno, sarà competitivo».

Il miglior risultato è stato un terzo posto nella 3ª tappa dietro Pogacar e Landa
Il miglior risultato è stato un terzo posto nella 3ª tappa dietro Pogacar e Landa

Approccio al Giro

Il prossimo Giro d’Italia, che partirà da Torino, sarà il primo di Tiberi. Un esordio che incuriosisce parecchio, soprattutto perché avrà al suo fianco proprio Caruso, come già accaduto alla Vuelta nel 2023. Le strade dei due verso la corsa rosa si sono divise ora, ma si intrecceranno di nuovo a Torino. 

«Ora entrambi andranno a fare un periodo di altura – spiega Pellizotti – e poi correranno in vista del Giro. Tiberi al Tour of the Alps e Caruso al Giro di Romandia. Con Tiberi, prima di correre in Trentino, andremo a vedere la cronometro di Verona. Una volta finita la corsa, faremo la ricognizione di altre due o tre tappe: la cronometro di Perugia e la tappa di Prati di Tivo, se avremo tempo ne vedremo una terza.

«Caruso – continua il diesse – dopo l’altura andrà al Romandia perché è una gara che gli piace e da qualche anno la usa come preparazione per il Giro. Lo aiuta molto e gli dà una bella gamba».

Dopo l’annullamento della Ruta del Sol, Caruso ha corso Tirreno e Catalunya per migliorare il colpo di pedale
Dopo l’annullamento della Ruta del Sol, Caruso ha corso Tirreno e Catalunya per migliorare il colpo di pedale

Capitani insieme?

Nelle tre settimane di corsa al Giro d’Italia Tiberi e Caruso condivideranno i gradi di capitano? La Bahrain potrà contare sulla solidità del siciliano, mentre il giovane laziale ha dalla sua tanta forza e determinazione, che però è il momento di mettere in campo.

«Caruso e Tiberi – dichiara Pellizotti – sono una coppia sulla quale lavoriamo dalla Vuelta 2023. Erano in camera insieme, Damiano ha la giusta esperienza per guidare un ragazzo come Antonio e sa farsi voler bene. Ci siamo accorti che Tiberi ha preso Caruso come un riferimento, lo ascolta e impara tanto da lui. D’altro canto, Damiano sa che Tiberi è il futuro del nostro team e del ciclismo italiano

«Al prossimo Giro – continua ad analizzare – Damiano sarà tra i più forti e una certezza per noi. Antonio, invece, potrà giocarsi le sue carte e mostrare di cosa è capace. Già alla Vuelta dello scorso anno abbiamo visto che sulle tre settimane c’è, ha sistemato qualche problema e ora è pronto. Potrà misurarsi dall’inizio alla fine con i migliori e curare la classifica, vedremo dove potrà arrivare. Avere accanto un corridore solido come Caruso permetterà a Tiberi di correre con calma e tranquillità. Al contrario, avere al suo fianco un giovane in grado di fare bene potrà alleggerire Damiano dalle pressioni».

La condizione non è delle migliori, ma il siciliano ha l’esperienza per arrivare pronto al Giro
La condizione non è delle migliori, ma il siciliano ha l’esperienza per arrivare pronto al Giro

La voglia di Nibali

Di Tiberi si parla da tanti anni, fin da quando era alla Trek, ora con il team Bahrain Victorious sembra aver trovato un equilibrio. E’ giovane, considerando che tra poco compirà 23 anni, ma è il momento di tirare fuori tutte le sue qualità

«Antonio è giovane – conclude “Pelli” – ogni ragazzo ha i suoi tempi ed è giusto rispettarli, però siamo convinti che sia arrivato ad un buon punto di maturazione. Per un verso mi ricorda Nibali da giovane: ha tanta voglia di crescere e far vedere che c’è. Avere accanto un corridore come Caruso lo sprona a dimostrare di essere più forte, a migliorarsi. Questo aspetto può giocare a suo favore».

Da Nibali e Pellizotti a Caruso e Tiberi. Quali analogie?

11.02.2024
6 min
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L’esperto e il giovane: è un leit motiv del ciclismo. Vincenzo Nibali ci ha raccontato di quando da neopro’ si ispirava a Franco Pellizotti o Ivan Basso. Di come in allenamento fosse in perenne battaglia con Danilo Di Luca… Oggi anche questo aspetto si è evoluto e la famosa chioccia si fa in altro modo. Tuttavia certe basi sono le stesse e permettono ai giovani che crescono accanto a grandi campioni di imparare più in fretta e di acquisire in breve sicurezze che per gli altri arrivano col contagocce.

Proprio Franco Pellizotti è l’anello di congiunzione del tema che stiamo per affrontare. Il friulano fu, come detto, un riferimento per Nibali e oggi alla Bahrain-Victorious si ritrova a dirigere la coppia italiana più rappresentativa in fatto di chioccia e allievo, vale a dire Damiano Caruso e Antonio Tiberi.

Franco, partiamo da quel Nibali di un tempo. Com’era?

Vincenzo era molto giovane. Ricordo quei primi ritiri sul Teide in cui per esempio a tavola mangiava esattamente come era abituato da ragazzino a casa. La pasta, il secondo, il dolce… Poi mi guardava e mi chiedeva perché magari non avessi mangiato il dolce. Faceva di testa sua, ma guardava. Rubava con gli occhi.

E in allenamento?

Tante volte quando facevamo la salita per ritornare in quota, lui andava via a tutta. Mentre noi salivamo del nostro passo o facevamo i lavori specifici. Allora gli dicevamo: «Vince, siamo qui per costruire, non per fare le gare. Siamo qui per fare una base». Col tempo anche lui ha capito. Ha seguito quest’onda e ha messo tutto in pratica.

Ma con i suoi tempi…

Esatto. Con quel pizzico di orgoglio… da vero siciliano! Capiva che magari non aveva ragione, ma non voleva ammetterlo sul momento. Però poi ci rifletteva su, si vedeva.

Chioccia e allievo oggi. Pochi giorni fa Covi, che vecchio non è, raccontava di come i giovani passino e già sappiano tutto su alimentazione e allenamenti…

In effetti è cambiato molto. I giovani, che spesso sono degli juniores, sono già mentalizzati e impostati con la vita del ciclista moderno. E anche per questo riescono subito a mostrare il loro valore. Tutto ciò li agevola in qualche modo. Io ricordo gli ultimi anni da professionista quando arrivò il nutrizionista. Okay, io ero sempre sul pezzo e mi piaceva ascoltare nuovi parerei, ma cambiare certi abitudini mi risultava difficile. Sembrava di rompere equilibri che davano certezze.

Caruso e Tiberi in ritiro in Spagna. Rispetto al passato in allenamento il giovane è meno esuberante e più ligio alle tabelle che in passato (foto @charlylopez)
Caruso e Tiberi in ritiro in Spagna. Rispetto al passato in allenamento il giovane è meno esuberante e più ligio alle tabelle che in passato (foto @charlylopez)
Era come se ci fosse un barriera?

Sì. Mi ricordo di Caruso al primo anno in cui anche lui ebbe a che fare col nutrizionista. Diceva: «No, io ho le mie modalità. So che la pasta in questo preciso momento mi fa bene…». Poi però, facendo delle prove, vedeva che in effetti c’erano dei miglioramenti. Si faceva delle domande e si dava delle risposte. Per un giovane questo scalino non c’è. Però magari peccano in altro, ma per quanto riguarda regole di vita da atleti e aspetti scientifici sono avvantaggiati.

Da Nibali e Pellizotti a Caruso e Tiberi: quali analogie ci sono?

Appena Tiberi è arrivato in Bahrain, lo abbiamo affiancato a Caruso, perché il ciclista non è solo mangiare e allenarsi bene. Ci sono tante altre cose. Magari prima di addormentarsi è meglio usare meno il cellulare e stare un po’ più su un libro. Saper recuperare meglio dopo una corsa. O il modo di stare in gruppo… 

Insomma quando prima dicevi che magari sbagliano altre cose…

Esatto. Magari in gruppo sprecano più energie perché sono nella posizione sbagliata, perché risalgono nel momento meno opportuno o non sfruttano gli altri corridori. Sono meno conservativi. E oggi questo serve ancora di più visto che, come detto, i ragazzi vengono direttamente dagli juniores o hanno un solo anno di under 23 sulle spalle, categorie dove comunque il modo di correre e di fare il ciclista è diverso.

Cosa intendi?

Che in quelle categorie corri due, tre, volte a settimana. Tra i pro’, specie per uno come Tiberi che predilige le corse a tappe, la cosa è differente. Va alla Ruta del Sol, poi sta a casa tre settimane e va alla Tirreno. E’ in quei periodi che deve imparare a gestirsi. Il recupero dopo la gara. La fase di allenamento, quella di avvicinamento alla corsa successiva. E anche se oggi sono seguiti a stretto giro dai coach, gli può mancare qualcosa in questo intermezzo. Ecco dunque che il vecchio in camera è fondamentale. Per un Tiberi avere un Caruso o un Poels come riferimento vuol dire molto, anche in allenamento. Ti fanno alzare l’asticella.

Damiano Caruso oggi può aiutare Tiberi, mostrando la sua esperienza e il modo di vivere con calma anche i momenti di maggior stress
Damiano Caruso oggi può aiutare Tiberi, mostrando la sua esperienza e il modo di vivere con calma anche i momenti di maggior stress
Asticella. A anche di questo abbiamo parlato. Nella pista italiana si crea un circolo virtuoso per esempio. Ganna fa da punto di riferimento a Milan. Milan a Moro… Che poi è Nibali che si confronta con Pellizotti. Serve dunque l’asticella in allenamento?

Serve l’asticella alta. Serve nella vita normale anche per chi va in ufficio. Se tu vuoi diventare il migliore o vuoi restare il migliore, quando qualcuno ti arriva vicino cerchi di fare di più e questo ti porta a crescere. Poi se sei in un ambiente il cui livello è medio, sarai un leader medio. Il confronto con i più forti ce l’hai, ma alle corse e a quel punto la frittata è fatta. Per questo è importante avere gente forte intorno, gente che tiene l’asticella alta. Il bello delle corse e dell’agonismo è questo: non è tanto la corsa in sé, ma prepararla giorno dopo giorno.

Però, Franco, è anche vero che per le chiocce non è facile tenere l’asticella alta. Oggi, e lo abbiamo detto, i ragazzini vanno forte come e più degli esperti. Tu all’inizio andavi più forte di Nibali, oggi Caruso come fa a mettere Tiberi alle corde?

Vero, età e recupero sono dalla parte di Antonio che magari su una salita secca è anche più forte di Damiano, ma poi c’è tutta la gestione dell’insieme e della corsa, specie se è a tappe. E capita spesso che il giovane non ottenga i risultati che potrebbe. Questo perché corre in modo più esuberante, risale il gruppo quando non dovrebbe, è più teso… Col passare dei giorni spreca energie, anche nervose, che poi magari non ha nel finale, mentre l’esperto sì.

Insomma, il ruolo di chioccia diventa ancora più “mistico”, più prezioso. E’ quasi un sapere nascosto?

E’ lo sporco lavoro che non si vede: sì, in qualche modo è così. Ma serve. E’ fondamentale. Pensiamo a Remco che spesso s’innervosisce, spreca energie e anche se è il più forte non vince.

Giorgia Pellizotti vince in Belgio: buon sangue non mente…

31.12.2023
5 min
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Parlando con la giovanissima Giorgia Pellizotti è quasi automatico che la mente vada indietro nel tempo, alle imprese di suo papà Franco. Per certi versi Giorgia ne è la conseguenza, perché dalle sue parole si percepisce forte una feroce determinazione, quella stessa che permise a Franco di vincere la maglia a pois al Tour, di diventare un personaggio fra i pro’ italiani pur senza essere un capitano e di essere un apprezzato e importante diesse alla Bahrain Victorious.

Giorgia sta crescendo in fretta. Il suo trainer Paludetti aveva spiegato come la ragazza stia maturando e candidandosi come uno dei principali prospetti del ciclocross azzurro con la particolarità, rispetto a tanti altri, di voler puntare con forza proprio sulla disciplina dei prati, quella che spesso è il “vaso di coccio” nella multidisciplina che caratterizza le nuove generazioni.

Paludetti aveva anche detto che Franco, come regalo di Natale aveva previsto una lunga trasferta in Belgio, per portare Giorgia a competere nella patria del ciclocross e sua figlia lo ha ripagato come meglio non poteva, aggiudicandosi la sua prima gara a Beernem. «E’ stato il più bel regalo che mi potesse fare – racconta Giorgia – sapeva bene quanto ci tenessi a mettermi alla prova in un contesto così diverso».

Alla sua prima gara a Beernem la Pellizotti ha subito centrato la vittoria (foto S Photography)
Alla sua prima gara a Beernem la Pellizotti ha subito centrato la vittoria (foto S Photography)
Perché era così importante per te?

Le gare italiane ormai le conosco quasi tutte e volevo provare qualcosa di diverso. Tracciati meno scontati, avversarie nuove perché quelle italiane ormai le conosco tutte, ci confrontiamo sempre fra le stesse. Inoltre gareggiare qui impone nuove tecniche, per affrontare il fango e la sabbia.

Avevi già avuto modo di gareggiare su questi elementi?

Nel fango sì, ma qui è tutto diverso. E’ davvero la patria del ciclocross, devi metterti alla prova al 100 per cento. E’ faticoso, ma bello. C’è tanto da spingere. E’ un modo di correre tutto nuovo per me. Oltretutto iniziare con una vittoria è stato il massimo, anche perché era una gara con tante atlete locali ma anche altre straniere oltre me, cicliste canadesi e francesi ad esempio.

Il podio di Beernem. Nell’occasione vittoria italiana anche fra i pari età con Tommaso Cingolani
Il podio di Beernem. Nell’occasione vittoria italiana anche fra i pari età con Tommaso Cingolani
Che cosa ha detto tuo padre della tua vittoria?

Non siamo partiti con tante pretese, avremmo preso qualsiasi cosa fosse arrivata, l’importante era fare esperienza a prescindere dal risultato. Lui non si esprime mai con particolare entusiasmo, ma sento sempre la sua presenza.

Hai avuto modo di vedere le sue gare?

Sono stata ad alcune corse quand’ero molto piccola, ma non ricordo molto. Ho però visto tutto quello che potevo su Youtube e le cassette. Il suo esempio ha influito su di me in maniera fortissima e so quant’è stato importante e quanta esperienza ha. Quando ho bisogno di un consiglio, chiedo innanzitutto al mio tecnico, ma anche a lui che cosa ne pensa, anche quando è lontano per lavoro.

Giorgia e suo padre Franco in Belgio, una trasferta che durerà per tutte le feste con molte gare
Giorgia e suo padre Franco in Belgio, una trasferta che durerà per tutte le feste con molte gare
Vedendo le sue gare, noti tanta differenza con il ciclismo che vivi tu?

Enorme, ma non tanto dal punto di vista tecnico, quanto proprio sul modo di interpretare le corse. Ai suoi tempi c’era spazio per l’inventiva, per la strategia personale, era un ciclismo fatto sì di muscoli e agilità, ma anche d’intelligenza personale. Oggi contano tantissimo i diesse e la squadra, è quasi tutto prestabilito e i cambiamenti in corso d’opera sono corali. La squadra è importante, ma si vede meno l’individuo e questo a me non piace tanto.

Franco ha provato a influenzarti per privilegiare la strada, sapendo anche che, in alternativa al ciclocross, preferisci la mountain bike?

Papà non mi ha mai influenzato in tal senso, mi lascia completamente libera. Quando ero piccola a dir la verità non era neanche troppo felice che facessi ciclismo, non voleva che affrontassi la stessa fatica che ha fatto lui per anni. Per lui quel che conta è che io sia felice e faccia liberamente le mie scelte.

La friulana ha già vinto quest’anno il Master Cross e punta a confermarsi tricolore (foto S Photography)
La friulana ha già vinto quest’anno il Master Cross e punta a confermarsi tricolore (foto S Photography)
Quest’anno stai rapidamente bruciando le tappe, secondo te da che cosa dipende?

Non saprei dirlo neanch’io, dipende sia dalla crescita fisica che da quella di esperienze. Io penso di essere migliorata soprattutto nella visione delle gare, nel capire come muovermi e nell’interpretare le prove delle avversarie a mio vantaggio. Ma è chiaramente un percorso in divenire.

Una curiosità che era emersa parlando con il tuo tecnico Paludetti è legata al vostro (tuo e dei tuoi coetanei del team) rapporto con i cellulari e i social. Marco dice che quando siete in gruppo chiede di non sostare sugli smartphone, tu che ne pensi?

A me non cambia molto perché per mia natura cerco di non usare moltissimo il telefono per messaggi o Instagram. Vedo però che molti miei compagni hanno più difficoltà a staccarsi, d’altronde è comune alla nostra generazione. Quando siamo insieme e non utilizziamo il telefono, ci accorgiamo che c’è un mondo al di là di quello schermo, un altro modo per comunicare e socializzare, infatti quando parliamo alla fine non ci ricordiamo più del telefono…

Il momento del riscaldamento. Quel che colpisce di Giorgia è la sua estrema professionalità
Il momento del riscaldamento. Quel che colpisce di Giorgia è la sua estrema professionalità
Ora che cosa ti proponi?

Innanzitutto vorrei riconfermare il titolo italiano di categoria e poi avere altre occasioni per vestire l’azzurro, magari in Coppa del mondo: so che significherebbe bruciare le tappe, ma io guardo sempre più avanti. Forse perché ho una natura competitiva in tutto e questo mi aiuta anche con la scuola. Voglio emergere anche lì…