Diego Rosa e Filippo Zana, una fuga dai mille volti

16.05.2022
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Filippo Zana e Diego Rosa erano tra coloro che hanno animato la fuga verso il Blockhaus. Eppure la genesi del loro attacco è stata ben diversa. Il corridore della Bardiani Csf Faizanè, col quale avevamo parlato prima del via, sembrava quasi non avesse l’intenzione di andarci, mentre quello della Eolo-Kometa aveva le idee molto chiare.

Ma si sa, è la strada che comanda. E’ la strada che crea le occasioni, modifica i progetti, respinge o attrae.

Ognuno dei due ragazzi inseguiva qualcosa.

Un magrissimo Filippo Zana (classe 1999) intervistato al via da Isernia
Un magrissimo Filippo Zana (classe 1999) intervistato al via da Isernia

Inizio così, così

Filippo Zana probabilmente stava inseguendo di più la sua condizione. E’ partito per il Giro d’Italia con l’idea di vincere una tappa e magari provare a vedere di far classifica. Ma il suo inizio è stato un pelo sottotono.

«Per ora non è stato un Giro super – dice Zana – non avevo moltissime gambe. Ho provato ad andare in fuga nella tappa di Potenza ma non è stato facile, visto anche chi c’era. Dumoulin, Formolo… gente che potrebbe far classifica. A quel punto ho cercato di risparmiare.

«Il Giro è ancora lungo e ci riproveremo. Con Gabburo siamo entrati in una fuga che poi è arrivata. Abbiamo colto un ottimo secondo posto e quindi si può fare. Cercheremo di sfruttare soprattutto le tappe in cui si sa che la fuga può arrivare.

«Da parte mia nella prima settimana di Giro fatico sempre un po’, poi mi riprendo. E anche quest’anno è iniziato così e speriamo quindi che possa migliorare ed essere protagonista».

Filippo Zana in azione è stato riassorbito lungo la scalata verso Passo Lanciano
Filippo Zana in azione è stato riassorbito lungo la scalata verso Passo Lanciano

Zana in crescita

Zana ha cambiato approccio quest’anno. Ha lavorato in modo diverso: meno corse e più altura. Una programmazione “da WorldTour”. E in tutto ciò ci è apparso super magro, chissà se non troppo…

«In effetti – dice Filippo – sono un po’ più magro dello scorso anno, spero non troppo e che dia i suoi frutti».

«Per quanto riguarda le corse, in realtà dopo la Coppi e Bartali ero veramente stanco e sono andato in altura anche per recuperare un po’. Ma ci sono altre due settimane e tempo per sfogarci ci sarà. A partire dalla prossima settimana nella quale ci sono almeno due o tre tappe in cui la fuga può arrivare e quindi cercheremo di esserci. E poi l’ultima settimana si arriva anche più vicino a casa mia e spero di far bene».

Ieri il colpo però lo ha dato e il fatto che ci abbia provato è un ottimo segnale. Poi, diciamo la verità: quando un corridore sente che la gamba cresce si gasa. E infatti questa mattina a mente fredda e dopo la sgambata al sole pescarese Zana ha aggiunto: «Ieri stavo un po’ meglio e ci ho provato. Ho avuto un bel segnale. Sicuramente ci riproveremo ancora».

Diego Rosa (classe 1989) in azzurro al termine della Isernia-Blockhaus
Diego Rosa (classe 1989) in azzurro al termine della Isernia-Blockhaus

Rosa… e blu

C’è poi Diego Rosa. Lui la fuga la voleva sin dal mattino. Il piemontese è partito con in testa un programma ben definito: dare battaglia sul Macerone e andare all’assalto della maglia blu di miglior scalatore.

Diego è colui che più di tutti ci ha provato. Ha insistito e alla fine ha portato via un drappello. Era il più attivo e il più forte. E’ andato più avanti di tutti ed è stato ripreso solo alla base della scalata definitiva.

E’ già la seconda volta che Rosa tenta la fuga. La prima fu nel piattone verso Scalea.

«Indossare la maglia blu almeno un giorno era un obiettivo – ha detto ieri Diego – e l’ho centrato. Voglio svelare un segreto: quando mi sono accordato con la Eolo Kometa ho chiesto di inserire un premio speciale per la conquista della maglia azzurra al Giro. Sono andato in fuga pensando a questo obiettivo e anche la volta scorsa verso Scalea. Ho chiesto l’ordine all’ammiraglia e sono scattato».

«Quel giorno – riprende Rosa – ero partito proprio per fare i punti del Gpm, poi sembrava brutto fermarmi. E comunque c’erano in ballo tante ore di diretta tv, un Gpm, due traguardi volanti. Certo, sapendo che non sarei assolutamente arrivato speravo di stare fuori un po’ meno. Ma il gruppo giocava con me. Ad un certo punto mi sono messo a 25 all’ora pensando: adesso recuperano. Invece si sono fermati a fare pipì e ho guadagnato ancora!

«Mentre pedalavo da solo mi rivenivano in mente le pedalate fatte con mio fratello Massimo l’anno scorso in un viaggio verso la Puglia. Ogni giorno facevamo 300 chilometri e poiché lui stava recuperando da un infortunio al femore tiravo sempre io. L’unica differenza è che per mangiare e bere c’era l’ammiraglia e non mi fermavo ai bar!».

«E ci avevo provato anche nella crono di Budapest. Mi ero fermato a cambiare la bici per racimolare qualche punticino ma ho fatto quarto».

In fuga, Rosa è stato tra coloro che più hanno spinto
In fuga, Rosa è stato tra coloro che più hanno spinto

Esperienza e lavatrice

Ma tenere questa maglia non sarà facile e Rosa lo sa bene. Però l’ex biker non demorde.

«Adesso – riprende Diego – viviamo giorno per giorno e vediamo quel che si può fare. Mantenerla sarà complicato. Spesso questa maglia è un ripiego per i leader che sono usciti di classifica come Simon Yates. Lo dico per esperienza diretta.

«Quando ero alla Sky, proprio nella tappa del Blockhaus, perdemmo mezza squadra e Landa modificò gli obiettivi. Mikel disse: non vinco più il Giro, okay mi vado a prendere la maglia blu. Però, siamo in guerra, ognuno ha le sue armi.

«Studierò bene i punti che ci sono in palio sui vari Gpm, starò attento a quante persone saranno in fuga e magari sprinterò per gli ultimi punti a disposizione, ma di base non cambierò molto il mio modo di correre. Cercherò di difenderla più a lungo possibile e magari di portarla a casa».

Infine, Rosa non perde mai il suo buon umore e chiude con una battuta: «La maglia blu più o meno è come quella della Eolo Kometa, quindi cambia poco e posso metterle in lavatrice tutte insieme!».

Piganzoli “conquistador” basco, fa le prove per la rosa

13.05.2022
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E poi c’è Davide Piganzoli che zitto, zitto cresce e mette in cascina anche vittorie importanti. Il valtellinese sta maturando bene nella Fundacion Contador, che poi sarebbe la squadra under 23 della Eolo-Kometa di Ivan Basso e Alberto Contador.

Nel team spagnolo hanno le idee chiare sull’evoluzione dei ragazzi e il fatto stesso che abbiano deciso di non fare troppa altura prima del Giro d’Italia U23 la dice lunga su quella che è l’ottica futura e i margini che lasciano ai corridori. Basso crede molto in questo atleta. E lo sta seguendo proprio come ha fatto (e fa) con Fortunato.

Il lombardo (classe 2002) punta deciso alla classifica del Giro U23 (foto Eolo-Kometa)
Il lombardo (classe 2002) punta deciso alla classifica del Giro U23 (foto Eolo-Kometa)

Ma torniamo a Piganzoli. Lo avevamo visto ben destreggiarsi lo scorso anno a Campo Moro, l’arrivo più duro del Giro U23, lo avevamo poi pizzicato in difficoltà al Val d’Aosta e lo abbiamo ritrovato in rampa di lancio quest’anno, fino a vincere la Bidasoa Itzulia, il Giro dei Paesi Baschi U23.

Davide, hai vinto la Vuelta Bidasoa, che in pratica è il Giro dei Paesi Baschi U23. Inizia ad essere una corsa importante…

Eh sì. Quattro anni fa la vinse Juan Pedro Lopez, il ragazzo che ha preso la maglia rosa sull’Etna. Anche lui tra l’altro veniva dalla Fundacion Contador. Non mi aspettavo di andare così bene e tantomeno di vincere, perché sapevo di stare bene, ma anche che ero in una fase di carico. Avevo lavorato molto sul fondo. Insomma non ero al 100 pr cento. Però si dice che quando non si è al top non si ha niente da perdere.

E come è andata?

Nella prima tappa, che non era per noi, visto che l’arrivo era su uno strappo di un chilometro e mezzo che noi soffriamo, siamo rimasti davanti. Nella seconda, su un percorso nervoso, abbiamo provato a fare qualcosa ma il leader non ha perso un colpo. E nella terza tappa, sull’ultima salita ad un certo punto il leader si è staccato. E anche noi. Però poi lui è andato proprio in crisi vera. E così ci siamo ripresi un po’. Sul falsopiano abbiamo accelerato e in discesa abbiamo attaccato. Siamo andati via e abbiamo guadagnato il margine necessario per vincere.

Davide è migliorato molto nelle fasi intense degli attacchi (foto Instagram)
Davide è migliorato molto nelle fasi intense degli attacchi (foto Instagram)
Continui a parlare al plurale…

Sì, mi riferisco al mio compagno Fernando Tercero. Come detto, non avevamo nulla da perdere e in questi casi salti del tutto o fai qualcosa di buono per davvero. Noi ci siamo detti: proviamo ad attaccare, male che va ci staccano loro.

E adesso l’obiettivo è il Giro d’Italia?

Assolutamente sì. Stiamo crescendo e lavorando per fare il massimo possibile al Giro. Quest’anno non andrò in altura, forse è ancora un po’ presto. Il metodo di lavoro che stiamo utilizzando è due settimane di carico e una di scarico. E in quelle di carico sono comprese anche le corse.

Stai correndo molto in Spagna, che differenze ci sono con il nostro ciclismo?

Se parliamo di pianura, il livello è leggermente più basso. E c’è anche meno nervosismo. E infatti anche prendere davanti le salite è meno complicato. Poi per noi della Fundacion Contador se vogliamo è più facile ancora, perché siamo la squadra faro in Spagna e in qualche modo abbiamo più potere in gruppo. Ma in salita… Il ritmo è più elevato e sono un po’ avanti. Non a caso chi va forte in salita in Spagna, poi è davanti anche tra i pro’. Per esempio, Igor Arrieta al primo anno era con i migliori in salita al Tour of the Alps.  

Piganzoli qualche giorno fa è andato alla scoperta della tappa di Santa Cristina al prossimo Giro U23 (foto Eolo-Kometa)
Piganzoli qualche giorno fa è andato alla scoperta della tappa di Santa Cristina al prossimo Giro U23 (foto Eolo-Kometa)
In cosa può e deve migliorare Piganzoli? Nella continuità? Per esempio, lo scorso anno al Val d’Aosta dopo un grande Giro eri un po’ in difficoltà…

Vero, ma in quella prima tappa ero proprio in “giornata no”. Avevo avuto problemi intestinali e infatti mi ritirai. La costanza ormai non credo mi manchi. Dall’inizio dell’anno, a parte una volta, non sono mai uscito dai primi venti e nelle gare internazionali sono arrivato davanti. Semmai devo migliorare nello sprint. Mi riferisco a quelli a ranghi ristretti. Devo essere più freddo, sgomitare di più…

Okay, ma sei pur sempre uno scalatore: certe doti sicuramente le puoi, e le devi, migliorare, ma ci sono dei limiti fisiologici. Piuttosto con la “botta” sull’attacco? Con quei 20”-30” a tutta come va?

Ecco, su questo aspetto sono migliorato perché ci ho lavorato parecchio. Durante l’inverno ho fatto diversi lavori “on-off” e in gara ne risento di meno. Soffro meno certi scatti.

Davide, sei di Sondrio, anche quest’anno il Giro U23 passa dalle tue parti, sei andato a vedere il Mortirolo, o meglio, il Guspessa?

Sì, ci sono andato giusto qualche giorno fa. Mi sono avvicinato un po’ con la macchina. Prima sono salito all’Aprica. Da lì ho girato, ho percorso la discesa e ho fatto questo versante del Mortirolo. Ho poi continuato fino a Santa Caterina Valfurva e sono tornato indietro in bici. Un bella distanza!

E come ti è sembrato questo valico di Guspessa?

Molto duro e lungo, come me lo aspettavo. Si tratta di una salita che non spiana mai, che durerà sui 40′. Anche se è lontana dal traguardo credo che la selezione avverrà lì.

Ultima domanda: farai qualche assaggio con i “grandi” della Eolo-Kometa?

E’ ancora da valutare, ma da agosto in poi qualche gara da stagista dovrei farla.

Malta con Eolo-Kometa, un progetto importante. Parla il Ministro

04.05.2022
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Clayton Bartolo potrebbe sembrare un ragazzo come altri. Elegante sì, ma al tempo stesso un ragazzo semplice. E invece è il Ministro del turismo della Repubblica di Malta.

Ha le idee chiare sul perché Malta, sia approdata nel ciclismo e nella Eolo-Kometa in particolare. Nel lussuosissimo Hotel Corinthia di Budapest prima della conferenza il Ministro parla con piacere di questo importante progetto.

Ministro, la domanda più immediata è: perché Malta nel ciclismo?

Malta vuole entrare nel mondo del ciclismo e del cicloturismo. Durante la pandemia abbiamo stilato la nostra strategia del turismo. Dieci anni fa abbiamo definito varie nicchie di turismo in cui vogliamo entrare e tra queste c’è quella del turismo sportivo. Anzi, è una delle dei più importanti. Vorremmo diventare una mecca del cicloturismo. E adesso vogliamo dare la notizia al mondo. Grazie all’accordo con la Eolo-Kometa, vogliamo dire che Malta è pronta per entrare in questo mondo. Con loro siamo al Giro d’Italia, che è uno degli eventi più prestigiosi che ci sono nel mondo e vogliamo quindi sfruttare la grande visibilità del Giro che è diffuso in moltissimi Paesi.

Come mai Eolo-Kometa e non altri team?

Noi siamo uno Stato giovane, ma nel ciclismo siamo ancora più giovani. Abbiamo così trovato un team giovane come noi, con cui vogliamo crescere. Fra noi c’è molta fiducia. Abbiamo scelto questo team anche per dare un’opportunità concreta ai nostri giovani. Perché, okay, qui stiamo parlando di marketing per il ciclismo e per il cicloturismo, ma in futuro l’accordo potrebbe rivelarsi una possibilità per i nostri giovani ciclisti. Magari avranno il potenziale di entrare nel team. Potranno lavorare con un obiettivo specifico.

E questo è vero, quando si ha una meta concreta aumentano gli stimoli…

Esatto, potrei dire che stiamo celebrando un matrimonio tra Malta e la Eolo-Kometa!

Se si dice Malta, si pensa al mare, all’estate… e non alla bici. Che opportunità ci sono per il cicloturista? Quanti percorsi?

Ci sono molte destinazioni da scoprire. E non solo su strada, penso alla mountain bike e al gravel. E poi non dobbiamo pensare solo a Malta, ma a Gozo, l’isola sorella di Malta. Ci sono molte campagne e zone dell’entroterra da gustarsi. C’è molto da fare. I paesaggi sono molto differenti fra loro e il tempo è buono tutto l’anno. E questo è uno dei nostri vantaggi. L’idea è quella di attirare i team a Malta. Ed è un modello che abbiamo già sviluppato nel calcio (hanno ospitato tra l’altro, il Manchester United, ndr). Qualcosa che abbiamo attuato durante la pandemia. Malta è stato uno dei pochissimi Paesi a muoversi in questa direzione. E con successo, senza avere problemi particolari. Ebbene vogliamo replicare questo modello anche per il ciclismo.

Un posto ideale per svolgere ritiri di preparazione…

Cominciamo con la Eolo-Kometa intanto. Faremo la presentazione del team e anche un training camp. E da lì vediamo se ci sono anche altri team che saranno interessati a venire.

Quindi, Ministro, non solo turismo tradizionale, ma anche il turismo sportivo. Lei è uno sportivo?

Io vado in mountain bike. Abito a Mellieha, nel Nord dell’isola di Malta. C’è molta campagna, ma ci sono anche altri percorsi nel Sud. Uno può andare in bici al mattino, a visitare una cattedrale al pomeriggio e gustarsi una buona cena alla sera. Malta è una piccola isola ma, come ripeto, offre molte opportunità.

Il ministro Clayton Barton ha spiegato le intenzioni in tema di turismo sportivo
Il ministro Clayton Barton ha spiegato le intenzioni in tema di turismo sportivo
L’idea di incentivare il cicloturismo si lega anche al fatto di non puntare solo alla stagione estiva.

Esatto, si può fare turismo tutto l’anno. Il clima è ideale.

Ministro, anche se siamo in Ungheria, siamo al Giro d’Italia. Cosa sanno i maltesi del ciclismo e del Giro in particolare?

Sanno molto. Ci sono molti ciclisti e molti tifosi del Giro d’Italia. Malta non è lontana dall’Italia. C’è affinità con il vostro Paese, che è una destinazione per tanti maltesi. Penso, poi – aggiunge prima di congedarci – che nel futuro c’è un altro sogno: ed è quello di organizzare una grande partenza del Giro d’Italia da Malta. Un altro passaggio che segna il nostro ingresso nel ciclismo sempre di più.

Potrà sembrare scontato, ma l’entusiasmo è palpabile. Il Ministro stesso ha parlato di marketing, ma questo non toglie fascino a un’iniziativa che sa di buono. Che mira a crescere e a creare circoli virtuosi. Valerio Agnoli, elegantissimo in doppiopetto con la spilletta di Malta che spunta sulla giacca, è stato il gancio di questo progetto. Ci ha lavorato molto e dopo la nostra intervista con il Ministro, strizza l’occhio come a dire: vedrete si può fare ancora molto….

Fetter e Dina: una maglia per due. Zanatta fa il punto

29.04.2022
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Erik Fetter e Marton Dina, due ungheresi, due ragazzi della Eolo-Kometa e un Giro d’Italia che guarda caso parte proprio dalla loro patria, da Budapest. I due corridori faranno del tutto per esserci, ma a quanto pare ne vedremo uno solo.

Noi però più che capire chi prenderà il via alla corsa rosa, vogliamo conoscerli meglio. E Stefano Zanatta (in apertura affianco a Dina), direttore sportivo della Eolo-Kometa che lavora a stretto contatto con loro è l’interlocutore migliore.

Marton Dina (classe 1996) in azione in salita al Tour of the Alps
Marton Dina (classe 1996) in azione in salita al Tour of the Alps

Dina lottatore

«Marton Dina – spiega il diesse – un po’ “più vecchio” tra i due. Lui ha 26 anni. E’ un bravo ragazzo e un buon corridore. Una sua caratteristica è quella di saper entrare nelle fughe. E’ un coriaceo, ha un carattere tosto. Già l’anno scorso ha preso parte al Giro: ha attaccato, si è mosso bene il che va bene per un team come il nostro.

«Per adesso Marton non è ancora al top. Anche lui non ha avuto un inverno proprio facile, ma lo abbiamo portato al Tour of the Alps perché potesse crescere di condizione.

«Tra i due, senza dubbio Dina è il più scalatore. Non è un grimpeur puro, va bene su scalate non lunghissime, non è insomma da arrivo puro in salita. E non è neanche velocissimo, ma come detto è un lottatore e si adatta a molti percorsi».

«E poi l’ho detto, è uno tosto. Alla Coppi e Bartali l’anno scorso ha preso la maglia dei Gpm al primo giorno. Nella seconda tappa per cercare di difendere la maglia voleva entrare in fuga, ma nel momento in cui è partita ha forato. Cambiata la ruota e ripartito e ha inseguito da solo per 25 chilometri. A fine tappa era riuscito a mantenere la maglia, ma in due giorni aveva consumato tutta la benzina per la corsa!».

Erik Fetter, alto 190 centimetri, è un ottimo passista
Erik Fetter, alto 190 centimetri, è un ottimo passista

Fetter talento

E poi Erik Fetter. Anche se più giovane, è classe 2000, è quasi più conosciuto del suo connazionale. Se non altro per le buone prestazioni fatte da dilettante e tra gli U23 come il quarto posto ottenuto lo scorso anno agli europei di Trento.

«Fetter – riprende Zanatta – è certamente più talentuoso. Ha già vinto una gara, una tappa al Tour du Limousin, lo scorso anno, ha disputato un ottimo mondiale under 23 a Leuven e anche quest’anno ha fatto con noi un paio di gare buone, alla Coppi e Bartali e al Gp di Larciano. Al Giro lo porteremo.

«Erik è un corridore più completo rispetto a Marton, è anche campione nazionale a crono. E’ meno scalatore, ma è più potente e veloce. Lo scorso anno ha vinto la tappa al Limousin con un attacco a 1,5 chilometri dall’arrivo e non lo hanno più ripreso.

«Oppure, lo scorso anno lo abbiamo portato alla Strade Bianche. Aveva 19 anni. Ha fatto tutta la corsa davanti fino a una quarantina di chilometri dall’arrivo. Poi si è staccato. Io e Ivan Basso lo abbiamo scortato con l’ammiraglia fino all’arrivo. Ai 2 chilometri, prima di entrare dentro Siena ha avuto i crampi. Ma forte. Si è fermato e steso a terra come i calciatori. Lo abbiamo aiutato, ma è voluto andare a tutti i costi all’arrivo.

«Per dire anche delle qualità morali di questo atleta. Oltre al fatto che a 19 anni è riuscito a finire una corsa dura e di alto livello come la Strade Bianche. Che caparbietà. Hanno entrambi delle qualità che devono emergere e noi ci stiamo lavorando».

Marton Dina seguito a ruota da Erik Fetter: per Zanatta i due ungheresi sono due veri lottatori
Marton Dina seguito a ruota da Erik Fetter: per Zanatta i due ungheresi sono due veri lottatori

Ungheria alla ribalta

E la Eolo-Kometa è forse l’ambiente ideale per crescere. Le pressioni sono il giusto, a ruota tutti hanno i loro spazi e direttori sportivi come Zanatta o Biagio Conte con i giovani sanno il fatto loro.

«Sono due ragazzi – dice Zanatta – che si danno da fare, sono generosi, ma certo non hanno ancora un’elevata cultura ciclistica, nel loro Paese ancora non c’è. Adesso sono loro gli idoli ciclistici in Ungheria. Sono un esempio per tanti altri giovani, sono ben considerati e loro stessi vogliono crescere e far crescere il ciclismo nel loro Paese».

E questa cosa del seguito del ciclismo in Ungheria la scrivemmo anche in merito ad Attila Valter. Nello stato magiaro c’è voglia di ciclismo, c’è curiosità e fermento. Quando Zanatta afferma che sono degli idoli nel loro Paese non ha torto. Per Valter sembra ci saranno 10 milioni di persone lungo le strade del Giro nell’arco dei tre giorni. Dopo la maglia rosa dell’anno scorso la sua popolarità è esplosa in patria.

Fetter e Dina sono nel gruppo Kometa da tempo. Si tratta infatti di uno sponsor ungherese.

«Sono con noi – spiega Zanatta – da tre anni. Facevano già parte della Fundacion Contador e l’anno scorso sono passati con i pro’. Erano già seguiti in Spagna da Barredo. Ascoltano molto i suoi consigli e si sono adattati bene a questa vita. Posto poi che la Fundacion li ha sempre seguiti passo passo.

«Kometa è un gruppo ungherese. Alberto e Fran Contador e anche Ivan per aiutare quei ragazzi hanno pescato in quel vivaio. C’era anche Valter, poi lui è andato alla Groupama-Fdj. Noi abbiamo loro che sono bravi e hanno voglia. Fetter resterà con noi anche il prossimo anno, mentre per Dina stiamo ancora vedendo come andranno le cose».

Corridori e cadute: ce ne parla “Paperino” Maestri

16.04.2022
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Uno dei più grandi rischi dei corridori è andare in terra, le cadute fanno parte di questo mestiere e quando accade bisogna saper reagire. E’ quello che è successo al Presidential Tour of Turkey a Mirco “Paperino” Maestri, che nella seconda tappa è finito rovinosamente a terra. Pochi istanti, un rapido check e subito in sella, pronto per riprendere la coda del gruppo, che piano piano, si era allontanato. 

Ma, cosa succede nella testa di un corridore in quei brevi istanti? E il giorno dopo? Con Mirco analizziamo tutte le situazioni che un ciclista deve affrontare dopo una caduta. Il corridore della Eolo-Kometa ci risponde dal lettino dei massaggi, ha appena concluso la sesta tappa in Turchia e, a detta sua, inizia a sentirsi meglio.

La Eolo alla presentazione della prima tappa del Giro di Turchia dove Maestri ha colto un settimo posto
La Eolo alla presentazione della prima tappa del Giro di Turchia dove Maestri ha colto un settimo posto
Allora Mirco, come stai?

Mah, stavo meglio tutto intero – attacca ridendo – è un vero peccato, la prima tappa ero anche riuscito a piazzarmi (settima posizione per lui sul traguardo di Kusadasi, ndr). Ne parlavo anche con il nostro preparatore Samuel Marangoni, stavo proprio bene, questa caduta ha proprio spezzato il ritmo. 

Una caduta del genere è difficile da “assorbire”…

Quando ti sbucci così tanto non è mai facile, mi sono rimesso presto in piedi e queste ultime tappe mi sono messo a disposizione di “Gava” (Francesco Gavazzi, ndr) che ieri è arrivato decimo ed è il nostro uomo di classifica. Poi ho dato una mano anche a “Lona” (Giovanni Lonardi, ndr) per qualche volata.

E tu, come stai?

Sempre meglio, i primi due giorni dopo la caduta sono stati tosti ma ora ho iniziato ad avere sensazioni in crescendo. Domani ci sarà una tappa bella mossa, una di quelle che fa selezione da sola, speriamo di riuscire a stare davanti.

Dopo la caduta la prima preoccupazione del ciclista è riprendere la bici, le cure si fanno in sella
Dopo la caduta la prima preoccupazione del ciclista è riprendere la bici, le cure si fanno in sella
La caduta è stata brutta…

Sì, ho sbattuto la faccia contro il braccio e ho grattato l’asfalto con tutta la parte sinistra del corpo, la spalla e la gamba sono quelle messe peggio. Diciamo che il soprannome Paperino non l’ho preso a caso…

Come si reagisce dopo una caduta così rovinosa?

Il mio istinto, come quello di tutti i corridori, è quello di alzarsi prontamente e riprendere la bici. Appena è arrivato il massaggiatore gli ho chiesto com’erano messi i denti, appena avuto l’ok sono risalito in bici.

Un corridore capisce subito se la caduta è grave o meno?

E’ una questione di abitudine, ahinoi! Appena ti rendi conto di essere a terra, realizzi se ti sei rotto qualcosa o meno. E’ anche abbastanza semplice capirlo: se cerchi di alzarti e non ci riesci allora qualcosa è rotto, solitamente si tratta di spalle o clavicole.

Maestri nelle tappe successive si è messo a disposizione della squadra
Maestri nelle tappe successive si è messo a disposizione della squadra
Ci sono state cadute dove avevi capito fin da subito di esserti fatto davvero male?

Quella più recente è la caduta sul Gavia durante il Giro d’Italia 2020. Lì ho rotto la clavicola e mi ero reso conto fin da subito che non ce l’avrei fatta a riprendere la corsa.

Una volta che riesci a risalire in bici quando ti accorgi delle ferite?

Durante la tappa stessa non ci fai neanche troppo caso perché sei caldo, con l’adrenalina in circolo e quindi tiri dritto. Poi appena arrivi in hotel inizi a sentire i primi acciacchi e una volta che ti stendi sul letto per dormire son dolori. Sono uno che quando si sbuccia così tanto non si mette a fare neanche i massaggi perché lo ritengo inefficace, piuttosto che fare una gamba sola non faccio nulla. Infatti, oggi (ieri per chi legge, ndr) sono i primi massaggi che faccio dopo due giorni. 

E il giorno dopo?

Il giorno dopo è difficilissimo, vengono fuori tutti gli acciacchi: la botta sotto al ginocchio, la contrattura… Poi le bende danno molto fastidio, perché ti tirano la pelle ad ogni colpo di pedale, anche se si sono fatti grandi passi in avanti in questo senso.

La sera in hotel si fa il primo check e si tirano le somme delle ferite
La sera in hotel si fa il primo check e si tirano le somme delle ferite
In che senso?

Mi ricordo di una caduta quando ero juniores, mi ero grattugiato metà corpo, una volta che mi si sono formate le croste soffrivo da matti. Ora invece con tutti i cerotti e le cure la pelle rimane più morbida e soffri un pochino meno.

Anche se, immaginiamo, che la vera sofferenza sia dormire bene…

Quello è impossibile! Non ci riesci proprio, io ho ricominciato a dormire in maniera decente giovedì sera. Le notti prima continuavo a girarmi nel letto, poi ti si attacca il cerotto alle ferite, insomma non dormi e di conseguenza non riposi.

Poi a te è successo anche all’inizio di una corsa a tappe, doppia sfortuna.

Questo fattore non ha aiutato per nulla. Anche perché in Turchia le tappe in totale sono 8 quindi ne avevo ancora tante davanti. Penso però che la cosa peggiore sia fare una caduta del genere all’inizio dell’ultima settimana del Giro. Lì hai tutta la fatica delle due settimane precedenti, l’organismo è più debole, non so quanti riuscirebbero a reagire. Poi c’è anche il rischio che ti salga la febbre la sera della caduta, insomma, meglio evitare.

Gobik “veste” il Giro di Sicilia: accordo ok con RCS Sport

12.04.2022
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Parte oggi da Milazzo, per poi concludersi in cima all’Etna venerdì 15 aprile, l’edizione 2022 del Giro di Sicilia Eolo, la breve corsa a tappe che conta su ben diciannove squadre al via, ma anche e soprattutto sulla presenza nel gruppo di due siciliani doc. Il vincitore dell’ultima edizione Vincenzo Nibali e il ragusano Damiano Caruso, secondo classificato lo scorso anno nel Giro d’Italia vinto da Egan Bernal.

L’evento, che ricordiamo essere organizzato da RCS Sport in collaborazione con la Regione Sicilia, presenta quest’anno un’importante novità legata alla “new entry” di un partner “di peso” per quanto riguarda la realizzazione delle maglie dei quattro diversi leader di classifica. Parliamo di Gobik, azienda spagnola attiva sul mercato dal 2010, già ben presente nel gruppo dei professionisti attraverso partnership di rilievo quali quelle con UAE Team Emirates e Eolo Kometa.

Una strategia di crescita

Le maglie dei leader di classifica che Gobik ha disegnato per il Giro di Sicilia Eolo sono tutte prodotte con tessuti dell’italiana SITIP. La maglia giallo-rossa – i colori distintivi della Regione – è quella che verrà vestita primo della classifica generale, mentre la ciclamino è quella che verrà destinata al leader della classifica a punti. Come avviene al Giro d’Italia, la maglia verde pistacchio, sponsorizzata da Enel Green Power, è quella che verrà riservata al miglior scalatore, mentre quella bianca con l’evidente logo ENIT sarà assegnata al miglior giovane nato dopo il 1° gennaio 1997.

Alcune divise di squadre professionistiche, tra cui il UAE Team Emirates, sono disegnate da Gobik
Alcune divise di squadre professionistiche, tra cui il UAE Team Emirates, sono disegnate da Gobik

Gobik prosegue dunque decisa nella propria strategia di ampliamento, di promozione e di diffusione sul mercato italiano. Questa rilevante partnership con RCS Sport segue la nomina di Andrea Scolastico quale brand manager Italia, ma segue anche la definizione dell’accordo che Gobik ha definito con la Gran Fondo Internazionale Nove Colli – probabilmente l’evento Gran Fondo più famoso al mondo – che già da quest’anno annovera lo stesso brand spagnolo produttore di abbigliamento per ciclismo tra i propri sponsor ufficiali.

Gobik

Piganzoli: imparo da Basso e Contador e sogno il Giro

09.04.2022
4 min
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Davide Piganzoli è al secondo anno con il team Eolo-Kometa U23, arriva da una stagione ricca di sorprese, per tutti ma non per Basso che ne parla un gran bene. Davide è nato a Sondrio nel 2002, vive a Morbegno e, a sentire Ivan, è uno dei ragazzi più promettenti di casa Eolo. Dopo aver conquistato il decimo posto al Giro d’Italia under 23 alla sua prima partecipazione l’asticella si è alzata e l’attenzione intorno a lui già sale.

Piganzoli intervistato prima del via della tappa di Sondrio del Giro d’Italia under 23 dello scorso anno
Piganzoli intervistato prima del via della tappa di Sondrio del Giro d’Italia under 23 dello scorso anno
Prima di tutto come ti trovi con la Eolo?

Dopo un primo anno di ambientamento vi dico bene, molto bene. Prima di essere una squadra è una famiglia, siamo tutti molto uniti anche se metà gruppo è italiano e l’altra metà spagnolo.

Che organizzazione avete alle spalle?

Davvero molto alta. Non mi sarei mai immaginato prima di venire qua che la squadra potesse essere così attrezzata. Da ogni punto di vista, come mentalità e come stile di lavoro è molto molto simile ad una squadra professionistica.

Rispetto alla scorsa stagione hai trovato qualche differenza?

Quest’anno riusciamo a fare molte più gare in quanto abbiamo un calendario italiano ed uno spagnolo. Sto cercando di prediligere le gare che sono più nelle mie corde, ovvero quelle più dure come Belvedere, Recioto, ho corso a San Vendemiano e al Piva (dove ha conquistato rispettivamente la 14ª e la 7ª posizione, ndr).

E in Spagna andrai a correre?

Probabilmente questo weekend farò una gara lì per cercare di fare un buon carico di lavoro e poi staccherò un breve periodo per arrivare con la giusta condizione al Giro d’Italia under 23.

Davide Piganzoli dopo l’arrivo del Trofeo Piva chiuso in settima posizione, in primo piano Andrea Montoli
Davide Piganzoli dopo l’arrivo del Trofeo Piva chiuso in settima posizione, in primo piano Andrea Montoli
Che differenze noti tra correre in Italia ed in Spagna?

Direi che in Spagna il livello è un pochino inferiore rispetto a quello che abbiamo in Italia, penso che da noi ci sia uno dei più alti livelli in Europa. Lì c’è un po’ meno stress in gruppo, mentre qui si cerca di limare dappertutto soprattutto prima delle salite. Poi però una volta imboccata la salita il ritmo è identico, si va forte sempre.

Dopo il risultato dello scorso anno il Giro d’Italia è un obiettivo per la stagione?

Assolutamente, dopo la buona performance dell’anno scorso voglio cercare di ripetermi e fare meglio. Sarà difficile ma non impossibile, sono fiducioso. Anche perché l’anno scorso avevo la scuola e diversi impegni. Invece, quest’anno ho avuto un inverno ottimo, senza interruzioni, il che è fondamentale per preparare al meglio la stagione.

Come lo preparerai?

Quest’anno cercherò di fare le cose nel modo migliore, probabilmente faremo un ritiro in altura prima. Vedremo, insieme allo staff ed ai tecnici se correre qualche gara prima oppure arrivare direttamente al Giro senza gare.

E l’inverno com’è andato?

Per questa stagione abbiamo cambiato preparatore, è arrivato Giuseppe De Maria che mi sta seguendo molto bene. Ho fatto un bell’inverno, sono partito subito forte nelle gare. Vi dico la verità: non me lo aspettavo neanche io, aver passato l’inverno senza intoppi mi ha dato una marcia in più. Ho una buona condizione, speriamo di poter far bene in queste gare prima di staccare e pensare al Giro.

Sul podio del campionato italiano a crono del 2020, Piganzoli terzo, dietro Milesi e Garofoli. I tre sono tutti in continental
Tricolore crono 2020, Piganzoli terzo, dietro Milesi e Garofoli. I tre sono tutti in continental
Hai lavorato anche con il team pro’?

Sì sono riuscito a fare due ritiri con loro, mi sono trovato bene. Avere questo tipo di esperienze è utile per crescere bene.

Il rapporto con Basso e Contador, com’è?

Molto buono, sono estremamente disponibili, ci chiamano spesso e si preoccupano sempre per noi. Provano ad insegnarci quello che a loro volta hanno imparato in tanti anni ai massimi livelli del ciclismo. Avere due figure così fa davvero la differenza.

Basso atleta studiava già da manager? Risponde Carmine Magliaro

02.04.2022
5 min
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Le stanze dei massaggiatori per i corridori sono posti simili ai confessionali. E’ lì che, la storia del ciclismo lo testimonia, talvolta nascono o si solidificano belle amicizie. Ed è da lì che si possono intravedere capacità, per il futuro, di una persona. Quante volte abbiamo sentito chiedere a un massaggiatore se il tale corridore da grande farà strada? Ecco, Carmine Magliaro, massaggiatore della Eolo-Kometa, aveva già alcune di queste risposte quando conobbe Ivan Basso da atleta.

Nonostante entrambi abitino a Cassano Magnago, ad un chilometro l’uno dall’altro, la loro amicizia è nata in modo curioso sedici anni fa e durante tutto questo periodo le loro attività si sono sia intrecciate che andate parallelamente. Abbiamo voluto sentire proprio Magliaro – classe ’82 e che ha iniziato a lavorare nel ciclismo con la Lampre nel 2004 – per capire se Basso da corridore studiava già da manager.

Carmine Magliaro e Ivan Basso prima della crono di Verona al Giro 2010. I due collaborano dal 2006
Carmine Magliaro e Ivan Basso prima della crono di Verona al Giro 2010. I due collaborano dal 2006
Carmine, come vi siete conosciuti?

Era aprile del 2006, io lavoravo dall’anno prima in Saunier Duval. Ivan era in CSC e cercava un massaggiatore vicino a casa. Per puro caso, grazie ad amicizie comuni, siamo entrati in contatto e nacque subito un bel feeling. Lo trattai un po’ di volte prima che entrambi partissimo per il Giro d’Italia. Sì, proprio quel Giro che vinse Basso su Simoni in cui furono tanto rivali anche se nessuno dei due mi fece battute sul fatto che lavorassi con l’altro. Ho sempre lavorato in modo professionale, entrambi lo sapevano e me lo hanno sempre riconosciuto.

Quando avete iniziato ad essere nella stessa squadra?

Nel 2009 alla Liquigas. Però a fine 2006 Ivan mi chiamò per seguirlo alla Discovery Channel. Inizialmente pensavo fosse uno scherzo degli stessi amici che ci avevano fatto conoscere ma non era così. Dovetti declinare la proposta perché per il 2007 avevo già rinnovato con la Saunier Duval, nella quale restai fino alla stagione successiva. In ogni caso continuai a collaborare con lui in quei due anni.

Nel 2010 arriva la vittoria al Giro…

Esatto. Una grande cavalcata, a mio modo di vedere figlia a livello psico-fisico dell’anno prima nel quale andò forte sia al Giro che alla Vuelta (rispettivamente terzo e quarto, ndr). Dopo la famosa tappa de L’Aquila, quando ci fu quella mega fuga di 40 uomini, fu la prima, e finora unica volta, che vidi Ivan davvero arrabbiato sul pullman. Pensava di non poter più vincere il Giro. Aveva quasi 12′ di svantaggio dalla maglia rosa Arroyo, presente in quella fuga, e tanti altri forti. Mi piace ricordare che fu l’unico che riuscì a superare Arroyo (secondo nella generale, ndr) mentre tutti gli altri capitani che erano finiti con lui nell’imboscata restarono fuori dal podio (terzo fu Nibali, all’epoca gregario di Basso, ndr). Forse solo uno con la sua convinzione poteva farcela.

Nel 2006 Magliaro conobbe Basso (allora alla Csc) quando lavorava per la Saunier Duval di Simoni
Nel 2006 Magliaro conobbe Basso (allora alla Csc) quando lavorava per la Saunier Duval di Simoni
Noti delle differenze in Basso tra corridore e manager?

Non tante. Era maniacale e stakanovista da atleta e lo è anche adesso. Anzi, talvolta mi sembra di rivederlo in alcuni particolari. Quando correva notavo che spesso prendeva appunti su una sua agenda. Si segnava frasi, momenti, informazioni, dettagli o spunti di cui poi discuterne con la squadra. Oppure anche nei rapporti con staff e compagni. Mai usato un tono di voce alto. Poche parole ma giuste. Ti fa sempre sentire a tuo agio. Tutte situazioni uguali allora come oggi.

Fu da quell’impresa nel 2010 che si intravide in Basso un futuro anche da bravo manager?

Sì. Onestamente l’ho sempre pensato anche negli anni precedenti, non ho mai avuto dubbi in merito. Forse sono di parte ma lui era diverso da tutti gli altri. Il nostro è un mondo complicato, dove non è detto che chi sia stato un bravo corridore sia poi un bravo dirigente, specialmente nell’approccio verso gli sponsor. Ivan quando si mette in testa qualcosa da realizzare, o vincere come quel Giro, lo fa senza tralasciare nulla.

Che tipo di dirigente è?

Moderno, in continua evoluzione. Per lui ogni giorno è la costruzione di qualcosa. Non dà mai nulla per scontato. Una volta smesso di correre, Ivan ha praticamente studiato per il suo nuovo ruolo relazionandosi con altri manager. Ha voluto conoscere la managerialità anche di altri sport per capire meglio come comportarsi. E poi credo che ora le migliori idee gli vengano quando pedala o va a correre a piedi (ride, ndr).

Prima ce lo hai avuto come capitano, ora come capo. Che effetto ti fa?

E’ un rapporto bello e confidenziale. Sinceramente dopo tanti anni non ci faccio tanto caso perché tra Ivan e me c’è un rapporto che va oltre l’amicizia. C’è fiducia reciproca. Che sta alla base di tante cose, come la durata della nostra collaborazione. Quando nel 2020 è scaduto il mio contratto con la EF Pro Cycling, l’anno scorso sono stato ben felice di accettare la sua proposta e tornare a lavorare a stretto contatto con lui.

Possibile quindi vedere Basso manager di una WorldTour? Magari con la Eolo-Kometa?

Non so quanto tempo ci vorrà ma sono certo che prima o poi dirigerà un top team. E non so nemmeno con quale sponsor. Al momento comunque posso dire che Ivan si completa alla perfezione sia con Alberto che con Fran (i due fratelli Contador che gestiscono la squadra con Basso, ndr). Hanno tre caratteri e tre ruoli diversi ma c’è una bella complicità fra loro e nessuna gelosia. Per noi della squadra è una grande motivazione avere loro tre come esempio. Credo che lo siano in generale per tutti.

Con Spada e Basso nel backstage della Eolo-Kometa

31.03.2022
7 min
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Casa Eolo, pioggerellina sottile mentre il team prepara la prossima trasferta. Eravamo già stati qui prima della sua inaugurazione. Nella sala riunioni che porta il nome del Cuvignone, allo stesso tavolo troviamo Luca Spada e Ivan Basso, il main sponsor e il team manager della Eolo-Kometa. Tempo di progetti piuttosto che di bilanci, ma capire i ragionamenti dietro la squadra ti permette anche di leggerne le scelte sportive.

Spada si è calato nel ciclismo con l’intensità di un tornado, supportando la società che appartiene a Basso e ai fratelli Contador. E quando gli chiedi coma vada il giocattolino, il cambio di ironia nello sguardo fa capire che l’impegno sia davvero massimale e la posta in palio molto alta.

Per il Giro d’Italia, oltre al bus e al camion officina, la Eolo-Kometa avrà anche un truck cucina
Per il Giro d’Italia, oltre al bus e al camion officina, la Eolo-Kometa avràanche un truck cucina

«Un giocattolino bello costoso – ride – ma sono molto contento. La squadra è nata a novembre 2020, quando il mercato era già fatto, per cui Ivan ha fatto un miracolo a trovare i corridori ancora sul mercato e scommettere su ragazzi come Fortunato e Albanese che si sono rivelati due ottime intuizioni. Ma il vero nocciolo è il team di uomini che ha costruito attorno ai corridori e di cui ho capito la vera importanza. Otto-dieci persone che ci sono qualunque cosa accada e sono in grado di gestirla. I corridori vanno e vengono, il nocciolo resta e si fortifica. Io ci metto l’occhio esterno, che è sempre utile. Non capita anche a voi di essere affogati dal quotidiano e che venga qualcuno a farvi notare una cosa che non avevate proprio visto e può semplificarvi la vita?».

Si è fatto un’idea di come il ciclismo serva alla sua azienda?

Dopo un anno, i risultati di visibilità del brand sono molto interessanti. Abbiamo fatto svolgere uno studio approfondito mediante l’uso di specifiche parole chiave su come la gente percepisca il marchio e in quale ambito. Per intenderci, negli ultimi tre anni si parlava di Eolo in merito a connessioni internet. Dallo scorso anno, il secondo motivo per cui se ne parla è proprio il ciclismo. Se avessimo continuato con una comunicazione tradizionale, saremmo rimasti sempre legati allo stesso pubblico. Entrare nello sport ci ha permesso di ampliare il bacino.

Da luglio scorso, il 75 per cento del capitale è passato a un fondo svizzero. Le cose per la squadra cambieranno?

Neanche un po’, il Fondo è molto convinto della sponsorizzazione, tanto che il sondaggio di cui abbiamo appena parlato è stato commissionato proprio da loro. Io sono appassionato e posso fare anche valutazioni di un certo tipo, loro hanno voluto vedere i numeri e i numeri li hanno convinti. E’ un anno difficile per le telecomunicazioni. I costi dell’energia sono esplosi. Pensate che ogni ripetitore Eolo ha il suo contratto con Enel e la spesa per la corrente è aumentata di 6 milioni di euro. Gli stessi router sono più costosi per la mancanza di materie prime e contemporaneamente il costo della connettività in Italia è fra i più bassi in Europa: 20 euro al mese e l’impossibilità di aumentare. Durante il lockdown i consumi sono aumentati. Fra gli operatori c’è una tensione continua, ma nessuno vuole essere il primo ad aumentare le tariffe.

Andare in fuga da lontano è uno dei tre modi per guadagnare visibilità: qui Rivi a Sanremo
Andare in fuga da lontano è uno dei tre modi per guadagnare visibilità: qui Rivi a Sanremo
Il ciclismo in che modo si inserisce?

Bisogna crederci, crescere e avere un team che funzioni e trasmetta valori positivi. Se ti limiti alla soglia di investimento, resti confuso fra i rumori di fondo. Se svetti, la gente ti nota. Sponsorizzando le corse RCS e coinvolgendo i partner in altre attività con la squadra abbiamo ottenuto questa visibilità. Al Giro saremo nella carovana con un mezzo super figo e avremo stand in tutte le tappe. Come il logo sulla maglia. Se è unico e grande, tutti lo notano. Ma chi vede i tanti marchietti confusi nelle grafiche delle altre?

Le piace ancora stare fra i corridori?

Appena posso, scappo e vado da loro. Sarò molto presente al Giro, con la predilezione per le tappe di montagna, che mi piacciono di più. Nelle volate non riesco a trovare lo stesso entusiasmo. Quest’anno ci hanno contattato tanti corridori, ma abbiamo continuato a puntare sui giovani per i quali Ivan è una sorta di psicologo. Investire su di loro permette certamente di contenere i costi, con la speranza però che crescano. Per tenere quelli buoni abbiamo dovuto spendere 800 mila euro di stipendi in più. Sono contentissimo ad esempio di Diego Rosa.

Non lo conosceva?

No. E quando è arrivato sul pullman dopo quei 5 minuti di gloria nella tappa di Carpegna alla Tirreno, era davvero contento. Mi piace aspettarli agli arrivi, vedi la loro essenza più vera. Ora bisogna che quegli attacchi diventino più frequenti…

Al Giro niente prove

Basso solleva lo sguardo. L’assist di Spada è l’occasione migliore per agganciarsi al discorso e spiegare la filosofia del lavoro con i corridori: i nuovi e i più esperti.

«Abbiamo preso corridori – dice – che si erano disamorati del ciclismo e si erano disabituati a vincere. Gavazzi stesso voleva smettere, invece è ancora lì che lotta. Tante volte sei in gruppo e vai avanti portato dalla corrente. Bisogna risvegliarli, stimolarli partendo da traguardi parziali. Il giorno di Carpegna offre una foto chiara. C’era davanti Rosa che ha anticipato e dietro Fortunato, di cui abbiamo già parlato, che ha provato a correre con i big e non è scattato per paura che poi lo staccassero. Va bene per una volta, alla prossima gli diremo noi di scattare e dovrà farlo.

«Ci sono tre modi per ottenere risultati. Correre per farci vedere, andando in fuga da lontano. Anticipare nei finali, provando a vincere. Correre con i migliori, che è garanzia di randellate nei denti. Ora andremo per 23 giorni in altura, poi ci saranno due corse a tappe per fare qualche prova e poi tireremo fuori gli otto per il Giro. Lì non ci sarà più tempo di fare prove, si corre come dice la squadra. In questo Zanatta ha un controllo totale, è disarmante. Avevo dubbi su due corridori e come correvano, lui mi ha insegnato la pazienza. Alberto (Contador, ndr) è peggio di me. Lui proprio non concepisce che si possa correre nel secondo gruppo (ride, ndr)».

Basso è spesso accanto a Zanatta, che è la colonna portante nella gestione degli atleti
Basso è spesso accanto a Zanatta, che è la colonna portante nella gestione degli atleti

Sponsor italiani cercasi

Spada annuisce e in qualche modo si compiace di questa voglia di emergere, che diventa il biglietto da visita di una squadra appetibile che ha fatto anche dell’immagine il suo cavallo di battaglia.

«Sono contento – dice – che siano arrivati due sponsor come Burger King e Visit Malta, che ci permetteranno di andare al Giro con il nostro camion cucina, convinti come siamo che la corretta nutrizione valga quanto l’allenamento. Il guaio è che è davvero difficile trovare sponsor italiani. Abbiamo mobilitato fior di professionisti e messo in campo importanti conoscenze personali. Ma da un lato c’è ancora paura del doping, anche se gli spieghi tutto il sistema dei controlli. Dall’altro inseguono tutti il calcio…».

La Tre Valli Varesine 2021 è partita dagli stabilimenti Eolo. Qui Spada intervistato da Alessandro Brambilla
La Tre Valli Varesine 2021 è partita dagli stabilimenti Eolo. Qui Spada intervistato da Alessandro Brambilla
Le stesse parole sentite dire da Cassani.

Ne ho parlato tanto con lui e condivido la sua visione. Bisogna allargare la base delle aziende che investono. Se sono sempre le solite 50, difficilmente si andrà oltre le tre professional di adesso. Se fossero 500, allora sarebbe tutto diverso.

Non è per caso, ma risale alla precisa volontà di Basso che i marchi sulla maglia azzurra della squadra varesina siano di aziende prima estranee al ciclismo. Sul tavolo si rincorrono progetti e ragionamenti. Potremmo andare avanti a oltranza, ma il lavoro chiama. Fuori piove ancora. Il Trofeo Senza Fine del Giro 2020 di Basso è attualmente in viaggio verso l’Ungheria per un’esposizione in casa Kometa alla vigilia della partenza del Giro. Nell’ufficio accanto si fanno programmi di viaggio. Il tempo per qualche saluto e si fa rotta su Milano. La Tesla di Spada si infila silenziosa nella pioggerella di marzo e soffiando sparisce.