L’avevamo lasciata con il racconto del bronzo di Tokyo sulle strade di Sestriere e difficilmente si poteva pensare che alla prima gara dopo l’altura, Elisa Longo Borghini graffiasse già con tanta potenza. Invece la campionessa italiana è andata a Plouay e mostrando una freschezza da prima della classe ha staccato le avversarie su un percorso che solitamente chiama la volata. La Trek-Segafredo voleva difendere la vittoria di Lizzie Deignan del 2020 e l’operazione è riuscita alla grande.
«L’idea poteva essere di arrivare in volata con Audrey Ragot che è bretone – racconta Elisa – ma quando mi hanno ordinato di attaccare, io l’ho fatto. E onestamente è stato bello. Mi sono allenata tanto a fare le volate al cartello, ma arrivare da sola dà tutta un’altra serenità».
Si correva per la volata, ma la caduta di Audrey Ragot ha spinto la Trek ad attaccareSi correva per la volata, ma la caduta di Audrey Ragot ha spinto la Trek ad attaccare
Forte. Calma. Sicura. E’ come se i mille discorsi fatti negli ultimi anni con chi la seguiva stiano arrivando a compimento tutti insieme. E ti rendi conto che sta accadendo tutto perché qualcosa è scattato nella sua testa. Nulla altrimenti sarebbe stato possibile.
Pensavi di essere così brillante dopo il lavoro in altura?
Di solito soffro un po’, ma dopo i primi tre giri di rodaggio sul percorso, mi sono sentita bene. Sono contenta. Perché a Sestriere ho lavorato bene e con la testa libera. E a Plouay sono partita felice di correre.
La testa libera?
Ad agosto finalmente ho potuto dedicarmi agli affetti e questo ha fatto la differenza. Ho affrontato i giorni di Sestriere con un bel piglio, ma in modo tranquillo, senza concentrarmi troppo ad esempio su quello che mangiavo. Un bel periodo di lavoro tosto, ma sereno. Credo che la parola giusta sia serenità. Ho fatto le mie sei ore, i 40-20 e ho lavorato anche per le volate… Non sono andata a fare melina, altrimenti a Plouay non sarei andata così bene.
Arrivo solitario per Elisa che lo scorso anno aveva aiutato Deignan. Battute Verhulst e FaulknerArrivo solitario per Elisa che lo scorso anno aveva aiutato Deignan. Battute Verhulst e Faulkner
Adesso la Vuelta?
Che servirà per fare ritmo e prepararmi bene per gli europei. Quella della nazionale non è una maglia qualunque. Penso di averlo dimostrato. E con il fatto che si corre in Italia, davvero vorrei ben figurare.
A proposito di azzurro, arriva in Trek un’altra azzurra come Elisa Balsamo. Che effetto fa?
Sono sempre stata a favore di questo ingaggio, ho spinto tanto. Elisa ha grandi potenzialità e talento da vendere. La vedo vincere corse come il Fiandre, per intenderci. Ha già ottenuto vittorie di classe e ha uno spunto veloce notevole. Non è impossibile neppure che possa vincere una corsa come il Trofeo Binda, perché sulle salite brevi può dire la sua e poi in volata le secca tutte.
Dal 2022 alla Trek arriverà Elisa Balsamo. Eccole insieme ai mondiali 2019: Longo 5ª , Balsamo 47ªDal 2022 alla Trek arriverà Elisa Balsamo. Eccole insieme ai mondiali 2019: Longo 5ª , Balsamo 47ª
Europei a Trento e mondiali in Belgio: quale preferisci?
Forse Trento ha un percorso che mi si addice di più e, correndo in Italia, la sento di più. Il mondiale sulla carta è più una corsa per gente veloce, ma voglio ugualmente arrivarci in forma.
Non lo dice, ma anche Plouay passava per essere una corsa per gente veloce e abbiamo visto come sia finita. La nuova Elisa 2021, che corre serena e spesso col sorriso, ha imparato che non esistono imprese impossibili se si attacca il numero con la testa sgombra. La corsa di domenica insegna più di mille parole.
Una medaglia su strada e tanto rammarico in pista, con un occhio su Parigi 2024. Così si può sintetizzare in poche parole l’Olimpiade di Tokyo per le ragazze azzurre che ancora una volta hanno fatto affidamento sulla donna dei grandi appuntamenti, Elisa Longo Borghini, che proprio come a Rio 2016 si è messa al collo il bronzo nella prova in linea conclusasi all’autodromo del Monte Fuji, arricchendo la già vasta collezione di perle raccolte nelle tre grandi rassegne internazionali (Olimpiadi, mondiali ed europei).
Al velodromo di Izu, invece, la fortuna non ha girato dalla parte delle nostre portacolori e, dopo un convincente sesto posto nell’inseguimento a squadre, due cadute di cui è stata vittima Elisa Balsamo hanno compromesso i sogni di gloria sia nella madison (con Letizia Paternoster) sia nell’omnium.
Secondo Salvoldi, in vista di Parigi 2024 ci sarà da ragionare sul lancio del quartetto: qui tocca a Rachele BarbieriSecondo Salvoldi, in vista di Parigi 2024 ci sarà da ragionare sul lancio del quartetto: qui tocca a Rachele Barbieri
Punti deboli e soluzioni
Il ct Dino Salvoldi guarda già avanti, ripartendo dal quartetto che aveva aperto le danze: «Nell’inseguimento a squadre, da un punto di visto cronometrico e dal gap con le avversarie di alto livello, l’analisi finale è positiva. Sappiamo benissimo quali sono i nostri punti deboli e ci lavoreremo. Sicuramente, dobbiamo migliorare il ruolo e l’attitudine dell’atleta che fa la partenza, ma soprattutto la seconda tirata di chi fa la partenza, perché quel momento lì è cruciale». Ai Giochi, il compito di lanciare il quartetto è toccato in due occasioni a Rachele Barbieri e in una a Martina Alzini.
Non solo pista
«Questo gruppo è giovanissimo, nato dopo l’Olimpiade di Rio 2016, dove ci eravamo presentati con un quartetto completamente diverso. Le conosco tutte da quando hanno 15-16 anni e qualcuna di loro avrebbe attitudini più mirate verso la pista, come Barbieri e Fidanza. Però è un discorso più ampio e non è nella nostra cultura quello di copiare altre situazioni. Le risorse per potersi concentrare solo sulla pista ci sarebbero, ma non fa parte della nostra tradizione», precisa il ct del settore femminile azzurro.
Due cadute hanno condizionato e falsato le Olimpiadi di Elisa BalsamoDue cadute hanno condizionato e falsato le Olimpiadi di Elisa Balsamo
Verso Parigi 2024
Chissà che qualcosa non cambi dopo l’Olimpiade di Tokyo, con tante ragazze che comincino a guardare la pista non come piano B, ma come alternativa di prima classe alla strada.
«In ambito femminile, si è visto che strada e pista possono convivere senza problemi in modo indifferenziato – prosegue Salvoldi – poi però, ad altissimo livello, in alcuni momenti e in occasione di un certo tipo di eventi, ci vuole una specializzazione e un lavoro più mirato per la pista, trovando un compromesso con l’attività su strada».
L’avvicinamento per Parigi 2024 è già partito: «Il nostro settore funziona e ha dato risultati in continuità. Ci sono grandi prospettive, anche se abbiamo nell’immediato il problema di Montichiari che ci obbligherà a riadattare i programmi nell’inverno e a fare dei mini raduni in Svizzera, preferibilmente a Grenchen, in alternativa a Aigle».
Piste e velocisti
La speranza per il futuro è che in Italia, visti i risultati della pista, non ci sia più soltanto un velodromo su cui fare affidamento. C’è ancora tanto da fare, a riguardo, come conferma il presidente della Federciclismo italiana, Cordiano Dagnoni.
Salvoldi con Amadio e Villa: i settori pista endurance lavorano bene, i tecnici saranno confermati?Salvoldi con Amadio e Villa: i settori pista endurance lavorano bene, i tecnici saranno confermati?
«Dobbiamo lavorare sulle strutture – dice – potenziare le piste, soprattutto quelle coperte perché abbiamo solo Montichiari che è part-time. Di velodromi ne abbiamo tanti, come San Francesco al Campo o San Giovanni al Natisone dove abbiamo fatto di recenti i campionati italiani. Poi, in Lombardia, ci sono Dalmine che funziona benissimo o Busto Garolfo, in aggiunta, sono iniziati i lavori di ristrutturazione di quello di Crema. In giro per l’Italia ce ne sono diversi, anche al Sud e si parla, ad esempio, di mettere a posto quello di Monteroni di Lecce. Però, servono anche le piste coperte per l’attività invernale. Poi bisognerà creare da capo il movimento per le discipline veloci della pista, in cui a Tokyo non c’era nessuno».
In tre anni
Mancano soltanto tre anni alla prossima avventura olimpica di Parigi 2024 e l’Italia della pista vuol farsi trovar pronta, per raccogliere un bottino ancor più ricco in termini di medaglie, con le donne pronte a dare il loro contribuito ai colleghi maschi, mattatori a Tokyo con l’oro storico dell’inseguimento a squadre (61 anni dopo Roma 1960) e la zampata di bronzo del portabandiera Elia Viviani nell’omnium.
L'avvicinamento di Kopecky alle Olimpiadi è passato anche attraverso il Giro d'Italia Women. Dopo tanto volume, ora la belga andrà alla ricerca della brillantezza
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Il Giappone è lontano e tutto sommato si sta bene anche qui. La medaglia di bronzo ha chiuso il cerchio e confermato la tenacia di Elisa Longo Borghini, che da ieri sera è in montagna per riprendere il cammino. Oggi le Olimpiadi avranno i titoli di coda, per qualche settimana ancora vedremo scorrere immagini e interviste delle imprese azzurre, compresa la sua, ma la sensazione parlandole è che a un certo punto, tornata a casa, la piemontese avesse soprattutto voglia di normalità.
«Rispetto alle precedenti – racconta – Tokyo è stata un’esperienza diversa per il contesto. Per il fatto che non fossimo nel villaggio, ma in un hotel riservato a noi, inizialmente la sensazione era più quella di un mondiale. Poi siamo arrivate alla partenza e finalmente abbiano capito di essere alle Olimpiadi. Non potendo fare niente di diverso rispetto alla vita di hotel, abbiamo vissuto una situazione alienante. Non vedevo l’ora di correre per uscire da quei birilli che delimitavano il viale dell’hotel. Un giorno i meccanici sono andati a correre un po’ e dopo 500 metri la polizia è andata a riprenderli. La sola volta che abbiamo passato quel limite è stato per andare sulla strada a veder passare la gara degli uomini».
Passando sul traguardo, in quel sorriso sfinito, il termine di un cammino impegnativo ma bellissimoPassando sul traguardo, in quel sorriso sfinito, il termine di un cammino impegnativo ma bellissimo
Così, mentre gli occhi si abituano nuovamente agli scenari alpini, il viaggio nei giorni diventa un percorso attraverso le sensazioni di una ragazza, che è anche una grande atleta, cui tutti chiedono sempre il cielo forse senza chiedersi quale prezzo possa avere il cielo in certi giorni.
Ci sono grandi differenze fra Tokyo e il bronzo di Rio?
Sono state due avventure completamente diverse. Nel 2016 ero uscita benissimo dal Giro d’Italia e avevo davanti un percorso che mi si addiceva alla perfezione. In Giappone già sapere che la corsa avrebbe potuto avere diverse soluzioni, faceva pensare che il risultato fosse meno scontato. Sicuramente, rispetto ad allora, luglio è stato un mese impegnativo. Il Giro non è andato troppo bene, ma una volta che sono arrivata lì mi sono detta che dovevo dare un senso ai sacrifici e a tutto quello che avevo patito. La mia testa dura ha fatto la sua parte.
Testa dura e luglio impegnativo: difficile rispettare le attese?
Non è semplice passare tutto l’anno a sentirsi chiedere delle Olimpiadi. A volte i giornalisti non si rendono conto, ma te la fanno pesare. Io cerco sempre di guardare a quello che faccio e a non lasciarmi condizionare troppo da quello che viene scritto, ma resta il fatto che se un corridore non va, sente tutto amplificato. Certi giorni ti colpisce anche il commento negativo a bordo strada. Passi un po’ staccata davanti a una casa e senti dire: «Ma quella è la Longo Borghini?». Ci resti male. Abbiamo una maglia, ma siamo persone.
Questo cartello va aggiornato: adesso le medaglie olimpiche sono due
Bello tornare a casa e trovare certe dimostrazioni di affetto
Questo cartello va aggiornato: adesso le medaglie olimpiche sono due
Bello tornare a casa e trovare certe dimostrazioni di affetto
La prossima volta che te la facciamo pesare, sei autorizzata a mandarci a quel paese. Ma torniamo laggiù, il caldo era così opprimente?
Più che il caldo, che ho sentito, in Giappone era pesante l’umidità. La sera prima della gara ha piovuto, per cui c’era qualche grado in meno. Ma l’aria era irrespirabile, a Tokyo soprattutto. Siamo arrivate una settimana prima e io patisco il jet lag, per cui sono stata per tre giorni a non dormire bene. Slongo lo aveva previsto e ha voluto che facessi uscite doppie per regolarizzare la situazione. Infatti tre giorni prima della gara ho cominciato a dormire bene. Sono davvero arrivata giusta giusta.
Come è stata la vigilia, che clima si era creato in squadra?
Giorni tranquilli al netto della strana situazione generale. Sapevamo che la corsa poteva andare in tanti modi diversi, compresa la possibilità di un arrivo in volata. C’era Marta Bastianelli per questo, con il dubbio di come stesse davvero.
Invece alla fine ti sei ritrovata con l’Italia sulle spalle.
La corsa doveva essere più aperta. Nel finale ho parlato con Marta Cavalli. In gruppo non c’erano più grandi gambe. Quando il caldo ha livellato i valori, è stata la testa a fare la differenza.
Sul podio al centro del circuito, Anna Kiesenhofer davanti a Van Vleuten e Longo Borghini
Selfie dopo il podio con Marta Bastianelli e Soraya Paladin
Sul podio al centro del circuito, Anna Kiesenhofer davanti a Van Vleuten e Longo Borghini
Selfie dopo il podio con Marta Bastianelli e Soraya Paladin
Possibile che non vi foste accorte che c’era ancora Kiesenhofer in fuga?
Lo sapevamo. Personalmente mi ero messa a contare le ragazze che riprendevamo e poi c’era un tecnico tedesco a bordo strada (in realtà non so se fosse sempre quello con il dono dell’ubiquità o fossero più d’uno) che continuava a dare i tempi del ritardo. Io capisco il tedesco perché l’ho studiato a scuola, quindi era chiaro che ci fosse ancora qualcuno davanti. E penso che se lo avessero saputo le olandesi e avessero adottato una tattica più normale, avremmo potuto riprenderla.
Non avete mai parlato tra voi della situazione?
A un certo punto la Van Vleuten è venuta a chiedermi di tirare, ma le ho risposto che non era quello il mio ruolo, visto che poi mi avrebbe battuto in volata.
Quindi alla fine è stato un bronzo da brindisi o un bronzo da mangiarsi le mani?
Un bronzo da brindisi, sono stata sollevata. E’ stato difficile arrivarci e quel giorno ho portato con me sulla strada le persone più care. Volevo far vedere che quello che abbiamo fatto e superato insieme non era stato invano.
Sul Lago Maggiore, recuperando energie fisiche e mentali dopo il faticoso viaggio in GiapponeSul Lago Maggiore, recuperando energie fisiche e mentali dopo il faticoso viaggio in Giappone
Paolo Slongo ha scritto su Twitter parole bellissime. Che effetto ti fa?
Paolo è uno che non parla tanto, è particolare. Non si sbilancia mai nei discorsi e tantomeno nei pessaggi. A volte, se vinco, gli mando una foto e lui mi risponde: “Brava”. Per cui leggere quelle parole mi ha davvero fatto tanto piacere. Per un po’ abbiamo dovuto interrompere la nostra collaborazione perché la squadra lo impegnava a 360 gradi e non aveva tempo di seguirmi. Ora siamo tornati insieme e sono stata contenta di condividere con lui il Giro d’Italia.
Come si fa a ripartire dopo un viaggio così impegnativo, soprattutto sul piano emotivo?
Di andare in bici per fortuna ho sempre piacere, anche quando cala la tensione. Per cui da un lato hai voglia di rilassarti, ma dopo due giorni senti che qualcosa ti manca. Tokyo mi ha dato consapevolezza e voglia di finire bene la stagione e poi siamo ciclisti, non possiamo mollare. Ritrovare le motivazioni in fondo è facile, se hai attorno le persone giuste. Per cui sono stata a casa, ho passato del tempo con i miei nipoti e adesso vado in altura a preparare la seconda parte della stagione. Si dice tanto della Van Vleuten che non fa che allenarsi, ma alla fine secondo me ci sono ragazze che fanno di più, ma non lo mettono nei social.
Il Giro del lago Maggiore, 180 chilometri passeggiando con il gusto di andare in bicicletta. Bello il Giappone, ma casa propria…Il Giro del lago Maggiore, 180 chilometri passeggiando con il gusto di andare in bicicletta…
A lei si rimprovera che pensi solo ad allenarsi e non abbia una vita sociale.
In realtà nessuno che faccia questo lavoro ne ha una. Non più di tanto, almeno. Il lavoro diventa la tua vita e la scandisce. E Annemiek semplicemente per tante dinamiche è la più forte.
Allora ricominciamo con la pressione: ci vediamo agli europei?
L’occhio che fiammeggia, il sorriso cui ci ha abituato da inizio stagione. Per questa volta ce la caviamo così, ma una riflessione merita farla. La lasciamo ai suoi chilometri e ai suoi pensieri. Bentornata a casa. Il Giappone è lontano, ma si sta bene anche qui. Anzi, probabilmente qui si sta molto meglio.
Paolo Slongo mette a segno un altro colpo. Dopo i tanti trionfi con Nibali, a Tokyo arriva il bronzo con Elisa Longo Borghini e, incrociamo le dita, potrebbe non essere finita. Eppure la piemontese era uscita da un Giro Donne non troppo positivo, ma nel finale della gara olimpica ha mostrato il colpo di pedale dei giorni migliori.
La medaglia di bronzo della Longo BorghiniLa medaglia di bronzo della Longo Borghini
Doppia uscita “anti-sonno”
Ma come è stata la metamorfosi della Longo Borghini dalla corsa rosa a quella olimpica? A spiegarcelo è proprio Slongo, preparatore della Trek-Segafredo, che ha continuato a seguire Elisa anche a distanza, con una preparazione minuziosa, fatta di dettagli e accortezze al “millimetro”.
«La gara nel finale si è messa meglio di come era stata. Ed Elisa è stata brava a raccogliere quel bel risultato. Un medaglia olimpica, ragazzi…», dice con commozione Slongo.
«Siamo partiti per il Giro Donne vedendo come si metteva. Dopo la seconda tappa abbiamo capito che non si sarebbe potuto lottare per la classifica e così abbiamo provato a fare del lavoro per le Olimpiadi, specie nelle due fughe in cui è entrata. In quelle occasioni Elisa ha accumulato tanta fatica che gli è servita.
«Quando è tornata a casa ha staccato un po’, soprattutto di testa. In bici è uscita sempre. Faceva dalle due alle tre ore a sensazione. Niente lavori. Poi il 17 è partita e il 18 è arrivata a Tokyo. Quei due giorni sono stati di “riposo” totale. Dal 19 ha ripreso a pedalare. Per farla adattare al fuso orario le facevo fare la doppia uscita. Ma la seconda era davvero una passeggiata. Più che altro non doveva stare in camera, altrimenti il sonno prima o poi ti prendeva. Doveva riuscire subito “a prendere la notte”, superando il problema del fuso orario».
Gli azzurri del ciclismo non alloggiano nel villaggio olimpico, ma fuori Tokyo. Tuttavia meglio non stare troppo in camera per smaltire il fusoGli azzurri del ciclismo non alloggiano nel villaggio olimpico, ma fuori Tokyo. Tuttavia meglio non stare troppo in camera per smaltire il fuso
Sensazioni a confronto
La Longo Borghini in Giappone faceva quindi due ore la mattina e un’oretta e mezza al pomeriggio. Al mattino faceva un po’ meno proprio perché sapeva che sarebbe riuscita.
«Nei primi due giorni a Tokyo ha solo pedalato. Poi ha iniziato ad inserire dei piccoli lavoretti: Sfr, lavoro intermittente come per esempio 2×5′ facendo 20”-40”… un qualcosa che simulasse la gara. E anche il giorno prima della corsa ha fatto un paio di medi. Meglio partire un po’ “stanca” e non con il cuore che sale troppo velocemente. Cosa che poteva essere fuorviante».
La gare (strada e crono) si avvicinano e la tensione sale. Elisa ha determinate sensazioni, che sono diverse da quelle dei dati che invia a Slongo.
«Lei diceva di non sentirsi super, ma io vedevo che reagiva bene. Abbiamo analizzato la gara ieri e chiaramente i dati sono legati allo strano andamento tattico che si è visto. Se la polacca in fuga non si fosse staccata le olandesi non si sarebbero svegliate e addio medaglie. Addio anche per Elisa.
«Invece sull’attacco ho visto che andava. Non erano i suoi migliori valori assoluti, ma con quel clima e quella temperatura si livellano molto. I valori vanno contestualizzati. Faccio un esempio. Un corridore ha 400 watt alla soglia, ma se dopo tre settimane scala il Ventoux con il caldo e ne fa 370 non vuol dire che è andato piano».
Elisa nella crono del Giro del Giro d’Italia DonneElisa nella crono del Giro del Giro d’Italia Donne
Verso la crono di domani
Slongo ha ripetuto con Elisa Longo Borghini quel che riuscì a fare a Rio 2016 con Nibali: vale a dire arrivare al meglio nel giorno X.
«Il Gap di Elisa rispetto al Giro si è livellato parecchio. E infatti chi ne aveva di più nel finale erano proprio Elisa e la Van Vleuten. Anche per questo sono speranzoso per la crono. Dati alla mano, analizzando anche le altre, stimiamo possa arrivare tra il 5° e 8° posto, ma appunto vedendo come è andata su strada…
«Il percorso della crono è abbastanza duro, ma meglio così che tutto piatto. E’ un po’ meno per specialiste. Le olandesi sono di nuovo le favorite, ma occhio anche alle americane».
In questi giorni giapponesi, la Longo Borghini ha già usato la bici da crono. Lo ha fatto anche in qualcuna delle uscite pomeridiane.
«E lo stesso ha fatto dopo il giorno in cui ha fatto la distanza. Dopo la prova in linea ha usato soprattutto la bici da crono ovviamente per trovare il giusto feeling. Trek ha fornito le bici nuove prima del Giro. Elisa ha svolto dei test in pista. Avevano cambiato il manubrio. Adesso è un po’ più lunga. Se prima i gomiti erano a 90°, ora l’angolo è un po’ più aperto. Ma per il resto le misure sono quelle del Giro Donne».
BERGAMO – Il clima esterno va in contrapposizione a quello della UAE Team ADQ alla vigilia del Giro d’Italia Women. Fuori dal Radisson Blu di Chorus Life si boccheggia per […]
Sarebbe cambiato qualcosa se Annemiek Van Vleuten avesse saputo che là davanti c’era ancora Anna Kiesenhofer? Avrebbero inseguito in modo più organizzato ed incisivo? Probabilmente sì. Quando corri senza radioline e se le lavagne in strada non sono infallibili o tu non ci presti attenzione, cose del genere possono succedere. Nella corsa scombinata delle olandesi, a ben vedere l’errore più marchiano è stato non rendersi conto che là davanti fosse rimasta proprio l’atleta della prima fuga. Colei che l’aveva ispirata in partenza e di lì a 137 chilometri l’avrebbe portata vittoriosamente a temine.
«Non lo sapevo – ha detto l’olandese rendendosi conto che il suo festeggiare sulla riga entrerà nella gallery delle gaffe – ho sbagliato. Non lo sapevo».
Le ha fatto eco di lì a poco la collega di nazionale Anna Van der Breggen, campionessa uscente: «Non lo sapevo neppure io – ha detto – quando Plichta e Shapira sono state riprese, pensavo stessimo correndo per l’oro».
Questo l’arrivo… giusto di Anna Kiesenhofer…
E questo quello… sbagliato di Annemiek Van Vleuten
Questo l’arrivo… giusto di Anna Kiesenhofer…
E questo quello… sbagliato di Annemiek Van Vleuten
Olanda confusa
Tutte aspettavano loro, non c’è da meravigliarsi che le abbiano lasciate fare. Con la fuga di Kiesenhofer, Carla Oberholzer, Vera Looser, Omer Shapira e Anna Plichta che è arrivata ad avere anche 11 minuti di vantaggio, le arancioni si sono messe a fare un’insolita melina. Quando però è stato chiaro che il rischio si stesse facendo troppo alto, Anna Van der Breggen ha dato il primo segnale di risveglio, anche se per aspettare la Van Vleuten caduta, la squadra dei Paesi Bassi ha dovuto rialzarsi. I successivi 13 chilometri di stanca hanno dato probabilmente la prima svolta alla corsa. E se davanti la fuga si andava assottigliando, non sono stati gli scatti di Vollering, poi ancora Van der Breggen e infine di Van Vleuten a darle il colpo di grazia. Con il risultato che Anna Kiesenhofer è transitata sul traguardo sfinita e incredula, mentre Annemiek Van Vleuten e la splendida Elisa Longo Borghini si sono aggiudicate argento e bronzo. Avrebbero corso diversamente le ragazze olandesi, sapendo che davanti c’era ancora l’austriaca? Probabilmente sì.
Anna Kiesenhofer ha portato via la fuga e l’ha condotta al traguardo: oro olimpico
Nella fuga del mattino viaggiavano Kiesenhofer, qui davanti, Oberholzer, Looser, Shapira e Plichta
Anna Kiesenhofer ha portato via la fuga e l’ha condotta al traguardo: oro olimpico
Nella fuga del mattino viaggiavano Kiesenhofer, qui davanti, Oberholzer, Looser, Shapira e Plichta
Grande cuore Longo
Elisa si è mossa quando ha capito che stavolta l’affondo della Van Vleuten era giusto per andare al traguardo. Mentre le ragazze erano impegnate nel Giro d’Italia Donne, vinto il Fiandre e la Valenciana, Annemiek era uscita dai radar. Veniva però avvistata quotidianamente sullo Stelvio, con tanto di allenamenti assieme ai professionisti che le capitava di incontrare. I racconti da Livigno avevano prodotto il fondato timore che a Tokyo sarebbe stata imprendibile.
«Ho corso più di cuore che di gambe – racconta Longo Borghini, arrivata a 14 secondi dall’olandese – oggi ho sofferto particolarmente per il caldo. Le olandesi hanno lasciato sfuggire questa ragazza austriaca a cui vanno i miei complimenti. Non ho capito la loro tattica, ma ho pensato a fare la mia corsa. La responsabilità dell’inseguimento era delle olandesi, non certo mia o di Marta (Cavalli, ndr) che non siamo veloci. La mia continuità di rendimento? L’avevo spiegato anche alla vigilia: io lavoro, metto giù la testa e faccio sacrifici che a volte vengono ripagati. Oggi va bene così, va molto bene! Nel finale Van Vleuten ci ha provato di nuovo e io non sono riuscita a tenerla. Questo risultato è frutto del tanto lavoro, sono abituata fare così. La medaglia è per la mia mamma, il mio papà, mio fratello, i miei nipoti e il mio fidanzato. Perché abbiamo fatto tanti sacrifici insieme e loro non mi lasciano mai sola».
Marta Cavalli, 23 anni, 8ª al traguardo nel gruppetto della VosMarta Cavalli, 23 anni, 8ª al traguardo nel gruppetto della Vos
Conferma azzurra
La tattica delle italiane, che sono riuscite a piazzare Marta Cavalli fra le prime dieci, ha funzionato meglio di quella adottata ieri dagli uomini di Cassani.
«L’Italia ha gareggiato con lucidità e pazienza – ha detto il cittì Salvoldi – in una corsa particolare come l’Olimpiade. Noi abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Ci sarà una squadra piuttosto rammaricata questa sera. Brava alla vincitrice Kiesenhofer che non ha rubato nulla. Noi siamo felici di esserci confermati».
Anche in questo caso, il riferimento all’Olanda è palese. Va detto che il risultato delle arancioni è stato migliore del nostro, ma certo se parti per riempire il podio, non sarà certo l’argento di van Vleuten a poterti bastare.
Cavalli fra le 10
Marta Cavalli si è divertita. Dalle sue parole traspare anche questo, come è possibile divertirsi nelle prime Olimpiadi della carriera ad appena 23 anni. Era lei, dopo la Longo, la più forte in salita e si è ben difesa.
«Correre questa gara – ha commentato – è stata un’emozione indescrivibile. La mia preparazione non è andata proprio liscia: ho avuto qualche intoppo e questo ha messo in dubbio la mia convocazione. Fortunatamente Dino Salvoldi e la nazionale hanno avuto fiducia in me, permettendomi di vivere questo sogno a 23 anni. Nonostante la mia gara non sia stata eccellente rimango soddisfatta. Aver portato a casa una medaglia con Elisa è un valore aggiunto: il livello qui è altissimo e il risultato ci ripaga di tutto. Me la sto godendo fino all’ultimo».
Sul podio al centro del circuito, Anna Kiesenhofer davani a Van Vleuten e Longo BorghiniSul podio al centro del circuito, Anna Kiesenhofer davani a Van Vleuten e Longo Borghini
Bastianelli gregaria
Marta Bastianelli è stata a lungo additata per la sua convocazione, subendo battute poco simpatiche. Lei avrebbe dovuto fare la volata in caso di arrivo di gruppetto alle spalle dell’olandese di turno. Invece ha lavorato con grande generosità per la Longo Borghini e ne rivendica il peso.
«Una bella gara – commenta – e sono veramente felice per il risultato di squadra. Visto come si era messa la corsa non pensavamo nemmeno più di riuscire a finalizzare il lavoro nel migliore dei modi. Il caldo non ha aiutato: ci ha spente un po’ nel finale dopo aver sofferto molto. Abbiamo però visto quanto Elisa stesse bene, cercando di portarla avanti verso lo strappo dove poi lei ha attaccato, dando il massimo per rimanere unite. E’ stata un’esperienza anomala, sia per quanto riguarda il contesto del Villaggio sia per come poi è andata la corsa. Siamo rimaste tutte sorprese dalla fuga, ma avevamo bene in mente che l’Olanda fosse la squadra da battere, per cui dovevamo solo rimanere unite e giocarcela nel circuito ».
Selfie time, però manca Marta Cavalli
Il momento delle feste dopo il podio, per il presidente Dagnoni, Bastianelli, Longo Borghini e Paladin
Selfie time, però manca Marta Cavalli
Il momento delle feste dopo il podio, per il presidente Dagnoni, Bastianelli, Longo Borghini e Paladin
Fatica Paladin
L’altra debuttate di casa azzurri era Soraya Paladin, che dopo la convocazione si era un po’ eclissata, al punto da farci credere che si stesse preparando al meglio lontana dai riflettori, mentre forse la rincorsa alla maglia azzurra l’aveva logorata oltremodo.
«Non stavo benissimo – ha detto – quindi ho cercato di mettermi a disposizione delle compagne, nettamente più in forma di me. Quando ho tagliato il traguardo e ho visto il terzo posto di Elisa è stata un’emozione incredibile. Se lo merita. Correre un’Olimpiade è bellissimo perché quando crei così tanto entusiasmo è sempre un onore e un orgoglio».
Stasera per Elisa Longo Borghini non mancherà un passaggio a Casa Italia, poi però sarà di nuovo tempo di rimettersi a testa bassa per cercare nuova concentrazione. La cronometro infatti bussa già alla porta.
Consonni per un giorno non pensa al treno e si infila nella fuga. Regge bene sugli strappi e si piazza quarto. Impossibile riprendere i primi. Tokyo chiama
Parola a Salvoldi. La via per Tokyo passa da un calendario ballerino. La pista ha un super gruppo, su strada abbiamo due punte: Longo Borghini e Bastianelli
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Poco prima di partire per il Giappone, con la mente che vaga nei particolari per sincerarsi di aver davvero preso tutto, Elisa Longo Borghini si è tuffata nella nuova avventura olimpica, con quel profumo di incertezza che paradossalmente potrebbe darle il coraggio giusto nella gara di domenica.
«Non sono ancora calata perfettamente nel mood olimpico – dice – ma già dal mio arrivo in ritiro, dal banale ricevimento del carico di abbigliamento azzurro, ho iniziato nella mia testa il conto alla rovescia. Negli ultimi giorni ho pensato più a riposarmi dopo le fatiche del Giro Donne. Ho scelto di concentrarmi sul recupero fisico e mentale, in attesa di calarmi completamente nella nuova avventura e di sentire le vibrazioni dei giochi olimpici».
Barriera olandese
La spedizione delle azzurre è animata sicuramente da grande entusiasmo, anche se avere davanti la sagoma arancione e apparentemente insormontabile delle olandesi è da una parte un freno psicologico, mentre dall’altra costringerà le nostre a un pizzico di incoscienza necessario per sorprenderle.
«Il Giro Donne – dice Elisa – è servito anche per inquadrare alcune delle concorrenti con cui dovrò misurarmi. Van der Breggen, Vollering e Moolman sono andate fortissimo. Idem Marianne Vos. Credo che anche la squadra Usa abbia un insieme di corridori forti e in condizione. In ultimo, ma non certo per importanza, menziono la mia compagna in Trek-Segafredo Lizzie Deignan. Oltre all’indiscutibile talento, al Giro Donne l’ho vista pedalare forte, con una condizione in crescendo. Credo possa essere una protagonista».
La piemontese disputerà anche la prova a cronometro, di cui è campionessa italianaLa piemontese disputerà anche la prova a cronometro, di cui è campionessa italiana
Il coraggio di osare
Piatto ricco, non resta che accettare la sfida e viverla con la nuova leggerezza di spirito che da quest’anno accompagna fruttuosamente la piemontese. A ben vedere, il Giro d’Italia Donne è stato l’unico passaggio vagamente a vuoto, ma tutto sommato è stato meglio che il calo di concentrazione sia avvenuto in quei giorni, piuttosto che doverlo fronteggiare in Giappone.
«Personalmente – dice – arrivo all’appuntamento olimpico dopo una stagione molto intensa. Le soddisfazioni non sono mancate e questo, moralmente, mi trasmette tranquillità. Ho interpretato il Giro Donne con un la mente sgombra. L’aggressività con cui ho corso potrebbe essere il modo giusto per interpretare anche la prova di Tokyo. Serviranno condizione, coraggio e voglia di osare su un percorso che ben si presta».
Questa foto dal suo profilo Instagram lancia la rivalità olimpica con Lizzie Deignan dopo il GiroQuesta foto dal suo profilo Instagram lancia la rivalità olimpica con Lizzie Deignan dopo il Giro
Bronzo nel cassetto
L’ultimo accenno è per la medaglia di Rio 2016, anche se sarebbe sbagliato pensare che sarà automatico e facile riprodurne le dinamiche.
«Ho ancora vivida nella mia mente – ricorda – l’esperienza di Rio del 2016. Un evento unico, memorabile. Mi ero preparata per un’esperienza che poi, nella realtà, è stata molto diversa. In senso buono, ovviamente. E’ difficile spiegare le sensazioni che si provano. Ti senti parte integrante di un evento unico al mondo. La mia avventura si concluse poi con un bronzo bellissimo. Ma ora bisogna concentrarsi sul presente.
Il 2021 l’ha scoperta con una rinnovata serenità e leggerezza d’animoIl 2021 l’ha scoperta con una rinnovata serenità e leggerezza d’animo
«L’approccio alla gara è decisivo perché il rischio di essere sopraffatti dall’emozione e dalla tensione è alto. Bisogna avvicinarsi alla competizione senza la memoria di quello che è stato. E’ giusto avere confidenza in se stessi, avere consapevolezza che è stato fatto un percorso di preparazione. Ma basare le proprie aspettative sull’esperienza passata sarebbe un errore».
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E' l'anno d'oro del ciclismo piemontese, che ha fatto incetta di maglie tricolori e vittorie. Ne parla Marco Della Vedova, che tanti li ha visti crescere
Con i loro 71 ragazzi selezionati in 19 discipline, le Fiamme Oro sono il gruppo sportivo italiano più presente ai Giochi Olimpici di Tokyo, con quasi il 18,5 per cento dell’intera rappresentativa azzurra che, pur con qualche defezione di troppo soprattutto fra le squadre, è la più folta della storia italiana dell’evento a cinque cerchi. In questo contingente, il ciclismo recita un ruolo finalmente importante, con 6 ragazze in gara, 4 su pista e 2 su strada (con Elisa Balsamo chiamata a fare da riserva per la gara del 25 luglio).
Già una presenza così significativa è un risultato importante per tutto il gruppo ciclistico, guidato dall’Ispettore Superiore Nicola Assuntore, che per spiegarlo ripercorre la breve storia della sezione ciclistica: «Avevamo iniziato il nostro cammino nel 2015 con 3 ragazze e già a Rio 2016 ne portammo 2, tra cui Elisa Longo Borghini che ci ripagò con il suo straordinario bronzo. Oggi il contingente è triplicato, significa che abbiamo fatto le cose per bene».
Elisa Longo Borghini (prima, al centro) e Marta Cavalli (terza, a destra) targate FF.OO.: è il podio dei tricolori 2020Elisa Longo Borghini (prima, al centro) e Marta Cavalli (terza, a destra) targate FF.OO.: è il podio dei tricolori 2020
Nella loro preparazione avete avuto voce in capitolo?
La gestione delle ragazze in funzione dell’evento olimpico è pienamente in mano alla Federazione e ai suoi tecnici. Ci siamo confrontati spesso con Salvoldi sul lavoro delle ragazze trovando sempre una piena sintonia e i risultati nascono anche da questo.
E per quel che riguarda l’organizzazione della trasferta?
Lì la responsabilità è in toto del Coni, che ha un ufficio specifico, quello della Preparazione Olimpica. Non nascondo che avremmo voluto esserci e avevamo anche pensato ad organizzare la trasferta nel Sol Levante per una delegazione delle Fiamme Oro, ma le difficoltà legate alla pandemia ci avevano fatto desistere. Poi è arrivata la notizia che le Olimpiadi saranno a porte chiuse e quindi la nostra sofferta decisione è stata suffragata dai fatti.
Tante interviste nel periodo preolimpico anche per Rachele BarbieriTante interviste nel periodo preolimpico anche per Rachele Barbieri
Che cosa vi aspettate?
Se si tratta di fare pronostici, siamo scaramantici al massimo… Scherzi a parte, a Rio si presentarono 37 atleti delle Fiamme Oro che vinsero 7 medaglie, facendo le proporzioni ci aspettiamo sicuramente belle soddisfazioni. Quel che è certo è che abbiamo chance in tutte le discipline, ciclismo naturalmente incluso.
Guardando dall’esterno, come giudichi il gruppo?
Si è lavorato davvero bene, saremo a Tokyo con una squadra giovane ma in grado di battagliare con ambizioni in tutte le prove. Mi sono andato a riguardare i risultati degli europei dello scorso anno, molti dicevano che avevano poco valore viste le assenze, eppure vincemmo la madison contro le britanniche campionesse olimpiche e nel quartetto vincemmo l’argento con un tempo da semifinale olimpica. Perché allora non sperare? Poi c’è Elisa Longo Borghini: l’ho incontrata al campionato Italiano, era impressionante per la sua carica, è l’unica che può mettere in difficoltà le olandesi, il Giro donne non fa testo, lei pensa a Tokyo.
Barbieri e Balsamo guardano verso l’orizzonte: con loro a Tokyo ci saranno anche Guazzini e FidanzaBarbieri e Balsamo guardano verso l’orizzonte: con loro a Tokyo ci saranno anche Guazzini e Fidanza
Sai che il quartetto dell’inseguimento per la prima volta potrebbe essere composto da atlete di un solo gruppo sportivo?
E’ una cosa che mi renderebbe orgogliosissimo, sarebbe un messaggio molto importante per tutto il nostro gruppo sportivo a prescindere dal risultato.
Proviamo ad andare oltre i responsi che darà Tokyo: il fatto di avere 6 ragazze in gara dà una spinta nuova anche per allargare il gruppo?
Certamente, noi siamo già proiettati su Parigi 2024. Se ci saranno prospetti interessanti li prenderemo sicuramente in considerazione per allargare il gruppo. Il nostro simbolo ha bene impressi i cinque cerchi olimpici, il che significa che il nostro obiettivo principale sono e saranno sempre le Olimpiadi. Le nostre scelte e strategie sono sempre indirizzate verso quell’obiettivo, dopo Tokyo ci metteremo al tavolo e studieremo il da farsi perché il tempo corre.
A Gavardo stamattina c’erano un bel fresco e nubi di moscerini. Pare che nella notte abbia piovuto e quelli siano saltati fuori come assassini. Dicevano gli abitanti del posto che se fosse venuto fuori il sole, i moscerini se ne sarebbero andati. Ora però il sole picchia davvero forte, c’è un caldo sconcio, mentre con Elisa Longo Borghini ci ripariamo all’ombra del truck delle premiazioni.
Elisa è arrivata seconda, battuta da Marianne Vos in una giornata torrida e umida, preconizzando uno scenario olimpico da cui stiamo volutamente alla larga.
«Dovevamo fare il treno – dice – per portare Lizzie (Deiganan, leader della Trek-Segafredo, ndr) alla volata. Io l’ho presa abbastanza regolare e a un certo punto ho sentito Lizzie dire di andare e mi sono attenuta alle disposizioni del capitano (sorride, ndr). Forse sono partita un po’ lunga e Marianne Vos non mi ha dato cambi. Ha vinto di astuzia e di forza fisica. Mi sento bene, sono contenta di come sta andando questo Giro, diverso ma divertente. E sto anche bene con il caldo. Sto vivendo alla giornata e mi sto godendo la corsa».
Decima nella crono a Cascata del Toce, in ripresa dopo la crisi di Prato NevosoDecima nella crono a Cascata del Toce, in ripresa dopo la crisi di Prato Nevoso
Altra maturità
La maglia tricolore è davvero bella, ti fa capire che non sei accanto all’ultima arrivata. E così fra una chiacchiera e l’altra, il discorso finisce sulle Olimpiadi in arrivo, per le quali la piemontese sta lavorando in silenzio. Il passo falso di Prato Nevoso è stato probabilmente la somma delle tante tensioni, fra il correre in casa e l’attesa del grande risultato non sempre possibile. Probabilmente ora, con la mente sgombra, il lavoro scorrerà più fluido.
«L’arrivo a Tokyo sarà diverso da Rio – dice – ho un’altra consapevolezza, se non altro perché sono più matura. Però quando si parla di Olimpiadi oppure i mondiali, è come se ogni volta fosse la prima. Sono appuntamenti cui non ti abitui mai».
Nel finale, Marta Bastianelli ha provato l’attacco
Tappa torrida sul lago di Garda: più di 30 gradi, caldo e umidità altissima
A Puegnago seconda vittoria per Marianne Vos
Nel finale, Marta Bastianelli ha provato l’attacco
Tappa torrida sul lago di Garda: più di 30 gradi, caldo e umidità altissima
A Puegnago seconda vittoria per Marianne Vos
Obiettivo olimpico
La tappa era di quelle nervose, sulle strade di Soprazocco che negli anni hanno visto scontri classicissimi fra i dilettanti. Il Giro ha già espresso verdetti importanti. Anna Van der Breggen appare solidamente al comando e la lotta è aperta semmai per le tappe. Chiaramente le ambizioni di partenza erano altre.
«Io sono qui per fare una buona preparazione – prosegue Elisa – con la miglior prospettiva di arrivare in condizione. Sapete che non amo pensare a una corsa in funzione della successiva, per cui all’inizio ero arrivata al Giro con altri obiettivi e continuo a starci dentro vivendo alla giornata. Poi verranno le Olimpiadi. Non ho mai dato nulla per scontato. Nel ciclismo come nella vita non c’è niente che non si debba conquistare».
La fuga sul lago di Como, nella tappa di Colico, è stata un gran segnale di vitalitàLa fuga sul lago di Como, nella tappa di Colico, è stata un gran segnale di vitalità
Percorso da capire
Sulla squadra e sul percorso, consapevole che non tutte le ragazze hanno ben digerito le scelte del cittì Salvoldi, Elisa sfodera una diplomazia da brividi.
«Dino ha fatto le sue valutazioni – dice – e io ad esse mi attengo. Quanto al percorso invece, ho la sensazione che Rio fosse più duro, ma è anche vero che non ho visto ancora Tokyo. C’è di buono che accadrà presto. Il 17 luglio si parte, mancano dieci giorni. E allora capiremo di cosa si sta parlando».
Viva i moscerini
Alla partenza, Guderzo cercava riparo dal sole ed è fra coloro che l’esclusione l’ha vissuta peggio. E adesso, vicino all’ammiraglia, la vicentina è stravolta dal caldo e ha lo sguardo spento. Tatiana aveva tenuto duro proprio puntando alla convocazione, altrimenti probabilmente avrebbe già smesso. Finirà il Giro, ma poi?
Elisa saluta sua madre che la guarda d’oltre la transenna, poi si avvia verso il pullman nella baraonda dell’arrivo. Il caldo è soffocante, forse era meglio stamattina quando c’erano i moscerini.
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E’ il momento d’oro del ciclismo piemontese. Negli ultimi mesi sono fioccati i sigilli dei talenti di questa regione, in cui brilla la stella di Filippo Ganna, trascinatore del movimento insieme a Elisa Longo Borghini tra le donne. Alle spalle dei due assi che macinano successi già da qualche stagione, sono arrivate le zampate di Matteo Sobrero, al primo titolo tricolore assoluto nella cronometro di Faenza e quelle di Francesca Barale, figlia di Florido, capace di indossare la seconda maglia di campionessa italiana nel giro di sette mesi tra le junior. Dopo la prova su strada della scorsa annata, ecco quella nella gara contro le lancette a fine giugno.
Per farci raccontare qualche retroscena, abbiamo chiesto a chi di talenti piemontesi se ne intende come Marco Della Vedova, ex pro’ salito in ammiraglia. E’ stato lui a plasmare alcuni dei campioni sopracitati. L’abbiamo raggiunto mentre è al lavoro con Rcs Sport per studiare il percorso di due classiche d’autunno come la Milano-Torino e il Giro del Piemonte.
Ganna e Sobrero, Team Ineos e Astana
Elisa Longo Borghini, tricolore strade e crono
Elisa Balsamo, protagonista su strada e pista
Fabio Felline, Astana, torinese
Francesca Barale, tricolore crono 2021
Jacopo Mosca, Trek-Segafredo, di Savigliano
Andrea Piccolo, qui con De Candido agli europei strada 2019, corre all’Astana
Ganna e Sobrero, Team Ineos e Astana
Elisa Longo Borghini, tricolore strade e crono
Elisa Balsamo, protagonista su strada e pista
Fabio Felline, Astana, torinese
Francesca Barale, tricolore crono 2021
Jacopo Mosca, Trek-Segafredo, di Savigliano
Andrea Piccolo, qui con De Candido agli europei strada 2019, corre all’Astana
Marco, che ne pensi di questi campioni tuoi conterranei che hai visto crescere sin da ragazzini?
Sono felicissimo perché davvero li ho seguiti da vicino nella loro crescita, a parte Elisa Longo Borghini, con cui avevo fatto soltanto qualche test quando era esordiente. Anche lei comunque, l’ho vista sfrecciare tante volte sin da piccolina davanti a casa mia, perché siamo originari di due paesi vicini: io sono di Mergozzo e lei di Ornavasso, per cui ci divide soltanto il fiume Toce.
C’è un risultato che ti sta a cuore nello specifico?
Quello di Sobrero, perché è uno dei pochi corridori per cui penso di averci messo un po’ del mio. I vari Felline, Alafaci, Ganna e Piccolo sono tutti corridori che avevano già un certo pedigree, per cui era più facile farli andar piano che forte. Sobrero, invece, arrivava senza grandi exploit tra gli allievi, per cui l’abbiamo preso quasi per scommessa attraverso un mio amico sponsor, Donini, un po’ anche perché il papà faceva il vino.
Un Ganna in erba, nel 2014, prima del passaggio fra gli under 23 (foto Scanferla)Un Ganna in erba, nel 2014, prima del passaggio fra gli under 23 (foto Scanferla)
E poi?
E’ cresciuto e gli ho messo subito in testa la crono perché ho visto che andava forte in salita. Durante il primo anno da junior, nella Crono Sbirro, a Biella, aveva fatto una prova strepitosa, arrivando a 20” da Ganna, che non era in super forma in quel momento. Però è stata una gara che ci ha dato fiducia per proseguire su questa strada. Anche perché prima di partire non andava bene la bici da crono e così gliene ho data una che avevo di riserva e che in passato aveva utilizzato Felline.
Come avete costruito questa maglia tricolore?
Matteo è cresciuto avendo davanti Ganna e Affini, per cui essendo un corridore di 60 chili da junior faceva un po’ fatica, però ci ha sempre creduto. Tant’è vero che il secondo anno ha vinto il Giro del Veneto proprio con una cronometro.
Ci sono margini per vederlo crescere ancora?
La cronometro non è la sua specialità al 100 per cento, però se il percorso è mosso come quella degli italiani, gli si addice. Poi lui è molto bravo a guidare la bici, davvero un funambolo: si butta dentro e sa quello che fa. E’ ovvio che Ganna, essendo un metro e 90, fa più fatica, anche se pure lui è migliorato parecchio nel controllo del mezzo.
Da junior Sobrero, piemontese di Alba, aveva già un’ottima predisposizione per le crono: qui nel 2014 (foto Scanferla)Da junior Sobrero, piemontese di Alba, aveva già un’ottima predisposizione per le crono: qui nel 2014 (foto Scanferla)
Filippo lo segui ancora da vicino?
Adesso ci vediamo un po’ meno, anche perché lui è di base in Svizzera e al giorno d’oggi i corridori passano davvero pochissimo tempo a casa. Però quando è qui, ci incrociamo e due parole le scambiamo sempre. Siamo in contatto, non quotidianamente come quando era uno junior, ma il rapporto tra di noi è sempre ottimo.
Come lo vedi in ottica olimpica?
Sono convinto che abbia delle ottime possibilità, sia nella crono sia nell’inseguimento. In pista ha dei compagni non proprio alla sua altezza, ma penso che sarebbedifficile trovarli su scala mondiale visto il livello che ha raggiunto. Però basta che gli diano quei quattro cambi giusti e possono portare a casa tutti insieme qualcosa di eccezionale. So che il ct Marco Villa li sta motivando al massimo e che i ragazzi ci credono, per cui si può ambire a molto.
E su strada?
Non bisogna lasciarsi influenzare dal risultato di Faenza: quando prende una sberla, Filippo ne dà una più forte. L’ha sempre fatto anche da junior e lo si è visto anche quest’anno al Giro d’Italia che, dopo aver preso due scoppole nelle gare di preparazione, ne ha rifiliate due agli altri quando più contava nella Corsa Rosa. La sconfitta al campionato italiano sarà uno stimolo per l’Olimpiade. Ovviamente non è il percorso cucito su di lui, però se la giocherà. Se fosse stato un tracciato tutto piatto, sarebbe stato iper favorito, ma Pippo al 100 per cento è una “carogna” e in salita va come un treno: già da junior volava.
Prima del campionato italiano di Faenza, la piemontese Francesca Barale ha vinto la Euganissima Flandres (foto Scanferla)Prima del campionato italiano di Faenza, la piemontese Francesca Barale ha vinto la Euganissima Flandres (foto Scanferla)
Dove può migliorare ancora?
Il prossimo step, dopo le Olimpiadi, per me è di puntare alla Milano-Sanremo e alle classiche del Belgio per crescere ancora. E’ nella squadra giusta e ha davanti 5 o 6 anni in cui può fare classiche o anche brevi corse a tappe non troppo dure, magari lasciando un po’ da parte il lavoro a crono per qualche tempo.
Anche tra le donne si parla tanto piemontese…
Non conosco tanto bene Elisa Balsamo, che speriamo ci faccia sognare a Tokyo. Mentre, grazie anche al papà che sento ogni giorno, seguo da vicino Francesca Barale. E’ una diciottenne molto seria, che è cresciuta un passo alla volta, ma soprattutto che ha una passione incredibile. Quando hai questa voglia di far fatica e di arrivare in alto, puoi davvero fare grandi cose e io ci scommetterei al buio su di lei. Ai miei ragazzi dico sempre: se date 100 alla bici, ricevete 100. La “Baralina” è così e ha un futuro radioso davanti perché va forte su tutti i terreni, diciamo che il Dna aiuta visti il papà e il nonno che correvano. Potrebbe raccogliere il testimone di Elisa Longo Borghini, intanto però godiamoci questo momento d’oro per il ciclismo piemontese e per il Verbano Cusio Ossola.