Mondiali deludenti? Bragato proietta i suoi numeri su Parigi

27.08.2023
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Non nascondiamocelo: i mondiali di ciclismo a Glasgow potrebbero aver lasciato una punta di amaro in bocca in sede di consuntivo per la rappresentativa italiana. Nelle discipline olimpiche (e quando si è nell’anno preolimpico è a quelle che bisogna soprattutto guardare) sono arrivati un argento e un bronzo, sempre con Ganna di mezzo. A mente fredda è il caso di riesaminare quanto avvenuto nelle due settimane in terra scozzese proprio proiettando quanto avvenuto – e soprattutto le indicazioni emerse – verso il 2024 e nessuno più di Diego Bragato è adatto a farlo.

Bragato, oltre che parte integrante dello staff tecnico di Villa per il ciclismo su pista è il responsabile del Team Performance e appena chiusa la rassegna iridata ha ripassato al computer la marea di dati emersi, traendone idee utilissime per l’avvicinamento all’appuntamento di Parigi 2024.

Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive
Il quartetto femminile ha lavorato poco insieme, eppure i dati dicono che ha grandi prospettive

«Il bilancio secondo me è positivo – esordisce subito Bragato – non dobbiamo dimenticare che ai mondiali ci sono anche gli altri e una rassegna preolimpica è sempre qualcosa di diverso rispetto alle altre. Tutti sanno di giocarsi molto, ma più che guardare fuori guardiamo in casa nostra e a come siamo arrivati a questo appuntamento».

Che cosa intendi?

Sono stati per noi mondiali molto diversi dagli altri. Gli infortuni sparsi e l’attività su strada hanno influito sulla nostra compagine più che sulle altre. Io devo commisurare i risultati ottenuti proprio in base a questo cammino di avvicinamento e per questo posso dire che nel complesso siamo andati bene.

Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Viviani è l’esempio di come sia necessaria una maggiore attività su pista per i nostri atleti olimpici
Misurare il ciclismo non è facile: salvo che nell’inseguimento a squadre e, parzialmente, nella velocità (facendo sempre riferimento alle prove del programma olimpico) non si hanno numeri che quantifichino subito la prestazione…

Infatti, il mio compito è valutare ogni singolo caso, guardare alla prestazione complessiva in base alla prova affrontata. Guardate ad esempio Viviani: è arrivato al mondiale decisamente in forma, ma gli mancava l’approccio alla gara a causa della desuetudine. Non basta essere pronti fisicamente, serve anche correre più volte le gare anche per commisurarsi agli altri, vecchi e nuovi. Lo stesso vale per le ragazze: la Paternoster era competitiva come da tanto non accadeva, ma le mancavano i giusti meccanismi. Questo è un primo aspetto sul quale ragionare in vista di Parigi: fare in modo che i nostri riacquistino dimestichezza.

Essendo proprio un mondiale così delicato, la scelta di lasciare responsabilità di decisione alle ragazze non è stata un po’ affrettata?

E’ un quadriennio delicato, più corto e le ragazze sono alle prese con mille cambiamenti nel WorldTour – sottolinea Bragato – Villa ha ritenuto opportuno non sovraccaricarle, sapendo che c’era un prezzo da pagare. Se guardo all’inseguimento a squadre, il cronometro mi dice che non siamo così distanti dal vertice. Nella finale per il bronzo abbiamo perso di soli 3 decimi contro la Francia che aveva ragazze che, per essere lì al massimo, avevano rinunciato al Tour de France, la gara di casa. Anche questo va valutato in positivo.

Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
Per Amadio si prospetta un autunno delicato, nel quale tracciare il cammino verso Parigi 2024
E’ però un’esperienza sulla quale bisogna porre le basi per un approccio olimpico ben diverso.

Su questo non si discute. C’è bisogno di un accordo organico con i team di appartenenza di tutti i nostri ragazzi. Dopo la Vuelta il team manager Amadio supportato dai tecnici di settore ha in programma una serie d’incontri con tutti i manager delle squadre WT di riferimento, al maschile e al femminile, per tracciare il cammino verso Parigi. Villa come Bennati e Sangalli deve iniziare il lavoro con una certezza di tempi e modi. Anche perché la stagione su pista inizierà subito, con gli europei in programma dal 10 al 14 gennaio e bisognerà fare bene in quell’occasione.

Poi ci saranno anche tre tappe di Nations Cup da febbraio ad aprile…

Bisognerà trovare la quadra, dare la possibilità a ragazzi e ragazze di lavorare su pista con continuità, ma anche avere occasioni di confronto vere in gara e la challenge sarà utilissima in tal senso. Certo, conciliarla con il calendario su strada non sarà semplice, per questo le settimane subito dopo la fine della stagione saranno importantissime.

Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Ganna a Parigi sarà impegnato già il primo giorno di finali. Ci si giocherà tanto…
Torniamo su un tema dibattuto subito dopo Tokyo: per noi del ciclismo come per tutte le altre federazioni di riferimento non sarebbe utile avere un contraltare costituito da un settore Preparazione Olimpica del Coni con diversi poteri, che possa svolgere un ruolo di controllo e di affiancamento nel cammino di qualificazione per i Giochi Olimpici?

Ci addentriamo in un argomento spinoso – avverte Bragato – le discipline sono molto diverse, il ciclismo ha esigenze che non sono certo quelle di atletica e nuoto, per fare due esempi. Noi abbiamo un rapporto consolidato e molto stretto con la Scuola dello Sport, ci confrontiamo spesso per alzare il livello delle nostre discipline. Tanto per fare un esempio, dalla Scuola abbiamo avuto tutta una serie di attrezzature per la registrazione e la visualizzazione specifica dei lavori effettuati a Montichiari e questo ci serve molto. Sempre con la Scuola stiamo affrontando anche il discorso di discipline specifiche come il bmx freestyle dove partiamo da zero, abbiamo bisogno di reclutare giovanissimi e possiamo farlo guardando anche ad altre discipline simili.

Obiettivamente, ti senti ottimista?

Io sono convinto che possiamo fare davvero bene in ogni disciplina dalla strada alla pista alle altre. Siamo forti e lo sappiamo, anche le gare che non ci hanno premiato a Glasgow ci dicono comunque questo. Serve qualcosa in più, serve entusiasmo, ritrovare quell’energia che c’era a Tokyo e che si respirava già a mesi di distanza. Bisogna partire col piede giusto e fare in modo che tutto s’incastri al meglio. Oltretutto cominceremo subito – afferma Bragato – nella prima giornata di finali ci saranno le cronometro su strada e sappiamo che ci giochiamo molto, noi del ciclismo e l’intera spedizione azzurra, vediamo d’iniziare col piede giusto…

Viviani: la perla di Pedersen ad Amburgo vissuta dall’interno

25.08.2023
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Elia Viviani era nel pieno della mischia di Amburgo – Bemer Cyclassics – quando Mads Pedersen è partito a 850 metri dal traguardo e ha fatto quel numero pazzesco, andando a vincere. Ma il veronese è anche in gara al Renewi Tour, nel Benelux. Il corridore della Ineos Grenadiers sembra aver trovato il miglior colpo di pedale della stagione (in apertura foto @gettysport).

Con il veneto ripercorriamo quel chilometro finale (che comunque potrete rivivere cliccando qui) e guardiamo anche avanti. Perché di obiettivi importanti Viviani ne ha ancora diversi per questa stagione. E anche per quella a venire.

Pedersen, vince ad Amburgo. Van Poppel (secondo) e Viviani (terzo e schiacciato sulla bici) lo riprendono sulla linea
Pedersen, vince ad Amburgo. Van Poppel (secondo) e Viviani (terzo e schiacciato sulla bici) lo riprendono sulla linea
Elia, ad Amburgo un tuo squillo importante, terzo, e un numero da manuale di Pedersen…

Sì, ho una buona condizione, ora bisogna aspettare la volata perfetta. Anche nella prima tappa del Renewi ho rimontato parecchio, avevo delle buone sensazioni, ma ero dietro.

Tu sei tecnico e hai l’occhio lungo: ripercorriamo gli ultimi 3.000 metri di Amburgo. Politt, McNulty e Lampaert davanti…

E noi dietro facevamo la guerra per la posizione anche se il gruppo non era grandissimo. E’ stato un finale concitato, come sempre in quella gara del resto. Io avevo Connor Swift che mi ha ben pilotato. Poi ai 2.500 metri ho visto i Bora-Hansgrohe che risalivano da dietro e mi sono messo dietro a loro. Tiravano, ma non proprio a tutta perché davanti comunque avevano Politt.

E c’è stata questa situazione “incerta” fino al chilometro finale?

Esatto, siamo arrivati al chilometro finale con un buon gap da parte dei fuggitivi. Ho pensato: «Se nessuno si muove, arrivano». Pedersen deve aver fatto questo stesso mio ragionamento… ed è andato. Alla fine veniva dalla sua “settimana santa”, aveva vinto tanto, non aveva nulla perdere e gli è riuscito questo “numeraccio”.

Eri a ruota di chi in quel momento?

Di Haller (della Bora, ndr) che tirava. Ho avuto l’istinto di partire, ma nel tempo in cui mi sono organizzato – sarà passato forse un secondo – Mads era già distante. Ricordo che ha affiancato me e Swift, e mi ha passato sulla sinistra, quindi all’interno della curva.

Vince: crono, classifiche generali, tappe in volata… Per Viviani, Pedersen sta vivendo la sua stagione migliore
Vince: crono, classifiche generali, tappe in volata… Per Viviani, Pedersen sta vivendo la sua stagione migliore
Il resto è storia. Pedersen spinge all’inverosimile e voi poi arrivate al doppio della velocità sul traguardo. Ma tardi.

Siamo arrivati al doppio della velocità sulla linea, ma visto dove erano quei tre e con dietro in testa la Bora che non tirava a tutta, l’unico modo per vincere era fare come ha fatto Pedersen.

Questo numeraccio, come lo hai chiamato tu, è paragonabile a qualche azione? Ti ricorda qualcuno?

A Cancellara che vinse la tappa al Tour in maglia gialla. Fabian aveva visto un buco e anziché rialzarsi ci si “buttò dentro”. Ma per fare certe azioni oltre all’istinto servono le gambe. Dopo l’arrivo ho fatto i complimenti a Mads. Gli ho detto che solo pochi corridori possono fare quello che ha fatto lui. Però serve una condizione che non ti faccia avere paura di perdere. Alla fine aveva vinto una tappa, la crono e la classifica finale del Danimarca il giorno prima. Si è fatto tre ore e mezzo di macchina per arrivare ad Amburgo… Se vinci così, puoi permetterti di fare tutto.

C’è anche una situazione psicofisica vantaggiosa.

Io dovevo portare a casa il risultato e quindi non me la sono sentita di prendere quel rischio, nonostante l’avessi letta bene. Nella sua situazione, non senti il mal di gambe se parti a 850 metri dall’arrivo, con davanti tre ottimi corridori, li riprendi e tiri dritto. Per me Pedersen sta vivendo l’anno migliore della sua carriera. Ha steccato il mondiale, o meglio, ha buttato il secondo posto, solo perché aveva sprecato tanto in precedenza. Ma se andiamo a vedere nelle classiche non è mai uscito dalla top cinque, ha vinto al Giro e al Tour.

Per te, tecnicamente quell’azione può essere paragonata a quella di un pistard o di una disciplina del parquet, magari il chilometro?

No, non c’è questo legame. C’è la lucidità di fare due conti in un secondo e andare. Perché poi il vero gesto atletico, la vera bellezza, non è stato tanto fare quel numero, ma pensarlo.

Elia ha chiamato in causa la vittoria di Cancellara a Compiegne al Tour del 2007, con Zabel che al colpo di reni lo riprende sull’arrivo
Elia ha chiamato in causa la vittoria di Cancellara a Compiegne al Tour del 2007, con Zabel che al colpo di reni lo riprende sull’arrivo
In quel momento, Elia, si guarda il potenziometro? Si spinge e basta?

Lui ha avuto il pregio di non guardare indietro. Ha preso quella decisione e l’ha portata avanti. Ha detto: «Tiro dritto e basta». Il suo riferimento all’inizio erano quei tre, poi la linea d’arrivo, dove ha trovato persino la forza di rialzarsi. Un numero da campione.

E a proposito di campioni. Tu come stai?

Io sto bene. Come sempre del resto dopo che passo da altura e pista. Dopo le Olimpiadi del 2021, stesso cammino, andai bene al Tour of Britain… e questo mi fa ben sperare per l’europeo, che in pratica è Drenthe, ma con il finale su uno strappetto. 

Come ti sembra questo Renewi Tour?

E’ il mondiale dei velocisti! Ma come ho detto all’inizio bisogna trovare la volata perfetta, la posizione giusta. E qui non sono messo male: ho Turner che mi guida bene e c’è Kwiatkowski, che ha un’esperienza formidabile ed è bravissimo nei finali. Da oggi in poi ci sono altre due possibilità. Vediamo di sfruttarle al meglio. 

Qual è il tuo programma?

Dovrei fare il Britain che è due settimane prima dell’europeo, altrimenti il piano B è il GP Plouay, che è più duro e misura 250 chilometri, ma è a tre settimane dall’appuntamento continentale. A quel punto potrei aggiungere qualche gara italiana. Finirò la stagione abbastanza presto e non osserverò uno stacco troppo lungo. Farò tre settimane anziché quattro, perché a fine gennaio, inizio febbraio ci sono gli europei su pista. Quindi a novembre e dicembre devi già spingere forte. 

Viviani scrive il piano per Parigi: «Mi serve più pista»

08.08.2023
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GLASGOW – Se il vecchio leone manca la preda, prima o poi i giovani vorranno il suo posto. Forse anche per questo il bronzo di Viviani nell’eliminazione ha il sapore della conferma. Non certo quello della conquista, Elia è abituato a ben altre prede. Però un’altra volta, accanto a Ganna che stupisce, la sua presenza è quella del capo branco che non è ancora pronto per lasciare strada. Lo farà con un sorriso, ma quando deciderà lui. E per questo, al netto di tutto, lo disturba non poco che sia “solo” bronzo e non qualcosa di meglio. Questo lo firmo, sembra dire, per il futuro vedremo…

«Sicuramente sono contento della condizione – dice – però dobbiamo aggiustare il fatto che con una condizione così, sto raccogliendo poco. Nel senso che ieri potevo prendere una medaglia e oggi poteva essere una vittoria. Non è guardare il bicchiere mezzo vuoto, perché alla fine torno a casa con una bella medaglia di bronzo, però a pochi mondiali sono arrivato con una condizione così. Altre volte ho raccolto di più. Manca ancora la madison con Scartezzini e possiamo ancora fare una bella corsa e magari prendere una medaglia in una specialità olimpica. Eppure, il riassunto di questo mondiale da parte mia è che ho una condizione super e ad ora ho raccolto meno di quello che potevo».

Alla partenza si è visto un Viviani molto determinato: le imprecisioni nell’omnium gli hanno dato la carica
Alla partenza si è visto un Viviani molto determinato: le imprecisioni nell’omnium gli hanno dato la carica
Che cosa è mancato?

E’ stata sicuramente un’eliminazione subito pericolosa appena è partita (ci sono state due cadute fra l’olandese Buchli e Vernon che poi ha vinto, ndr) in cui però non ho preso rischi. Probabilmente invece, per vincere un mondiale, bisogna correrne qualcuno in più. Ho speso tanto e si è visto nelle ultime tre eliminazioni, nel senso che non ero brillante come Vernon, che ha preso più rischi, ma ha vinto il mondiale. Quindi diciamo che ho corso un’eliminazione come va corsa nell’omnium e non “one shot”, come per vincere il mondiale.

Hai speso troppo?

Esatto. E a vedere come è andata, l’ho pagata cara nell’ultimo sprint. Era chiaro che la guerra fosse fra me e Bibic per l’argento. Così io avevo la testa alla volata con Vernon, sperando con quella di passare Bibic, arrivando all’ultima volata facendone una di meno. Invece Bibic ha resistito nell’ultima curva e sono saltato io. Dopo la pausa per la caduta eravamo rimasti in otto e rispetto a Vernon ho speso parecchio di più.

Per non rimanere chiuso nelle retrovie, Viviani ha commesso l’errore di restare troppo a lungo in testa
Per non rimanere chiuso nelle retrovie, Viviani ha commesso l’errore di restare troppo a lungo in testa
Hai parlato di aggiustare qualcosa, a cosa ti riferivi?

Devo correre di più. Probabilmente l’anno prossimo faremo un calendario solo pista, nel senso che devo correre tutte le Coppe del mondo e le corse internazionali. Nelle prime tre prove dell’omnium ho corso male e, se voglio vincere, non posso permettermi di correre male alle prossime Olimpiadi. L’avvicinamento a questi mondiali non è stato dei migliori, con gli uomini e con le donne.

Lo dicono i risultati?

Nel maschile stiamo raccogliendo meno dello scorso anno, perché avvicinandoci alle Olimpiadi ovviamente la qualità di tutti si alza e non ci possiamo permettere di arrivarci zoppi o comunque con i meccanismi non allineati. Quest’anno ho fatto poche corse di livello internazionale, quindi non ho colto gli attimi giusti nello scratch e nell’eliminazione dell’omnium. Ho provato a rimediare nella corsa a punti buttandola sulle gambe. Benjamin Thomas ha corso come me, ma nelle prime tre prove ha fatto meglio ed è arrivato all’ultima prova con i 16 punti in più che mi hanno impedito di prendere la medaglia.

Una pacca sulla spalla dal vincitore Vernon, che quest’anno ha già vinto anche tre corse su strada
Una pacca sulla spalla dal vincitore Vernon, che quest’anno ha già vinto anche tre corse su strada
Quindi servono più corse?

Quindi devo correre. E correre vuol dire guardare a tutte le gare internazionali, che possono essere la Champions League, le Coppe del mondo del prossimo anno, ma anche gli europei di gennaio, per arrivare all’Olimpiade con più esperienza.

Questo vuol dire che metterai da parte la strada?

Ho fatto tanta pista prima di arrivare a questo mondiale. Tuttavia i campionati italiani o la Sei Giorni di Fiorenzuola sono certo bellissimi eventi, ma non sono Coppe del mondo e non sono su pista di 250 metri contro avversari così. Quindi è ovvio che quello manca. Devo fare più pista e meno strada: forse l’anno più difficile per me era proprio questo, a metà fra due terreni in cui provare a ottenere risultati. Il prossimo anno ci sono le Olimpiadi e quindi per me non sarà un problema sacrificare la strada per la pista.

Mondiale dell’eliminazione a Ethan Vernon (GBR, Soudal-Quick Step), 22 anni. Secondo il canadese Bibic
Mondiale dell’eliminazione a Ethan Vernon (GBR, Soudal-Quick Step), 22 anni. Secondo il canadese Bibic
Cosa si può dire dell’oro di Ganna ottenuto con quella rimonta pazzesca?

Abbiamo detto qualche anno fa che Pippo doveva raccogliere il testimone. Quindi è lui che deve portare la maglia iridata e salvare la trasferta. Ha vinto per 54 millesimi, una rimonta super con addosso tantissime pressioni. Gli auguro di rivincere la crono, che sarebbe un altro step importante di questa stagione. Comunque è il capitano che trascina l’Italia, l’abbiamo visto dall’anno scorso. E ha le gambe e il carattere per farlo. 

A Fiorenzuola il punto con Viviani, da Glasgow a Parigi

29.06.2023
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FIORENZUOLA D’ARDA – L’agenda di Elia Viviani forse non sarà fittissima come in altre stagioni, ma è certamente pesante in termini di appuntamenti fissati. Negli ultimi tre giorni ha vinto i tricolori nell’inseguimento individuale, a squadre e nella corsa a punti, ma sintetizzando nel mirino ci sono i mondiali in pista e l’europeo su strada. Due eventi che ne richiamano un altro ancora.

Per il veronese della Ineos Grenadiers velodromo chiama velodromo. L’anello di Fiorenzuola, su cui si sono svolti i campionati italiani, stimola sempre a spostare lo sguardo su manifestazioni importanti. La rassegna iridata di agosto di Glasgow dista meno di cinque settimane e per gli azzurri del cittì Marco Villa non sarà solo un semplice mondiale. Bisogna ottenere innanzitutto la qualifica olimpica dopo di che dalla Scozia si aprirà già l’orizzonte oltre Manica, verso la guglia della Tour Eiffel di Parigi 2024. Nella zona box del “Pavesi” abbiamo avvicinato Viviani per capire come si stia preparando (in apertura, foto Fiorenzuola Track).

Elia finora com’è andata la stagione?

E’ iniziata così così. Ho passato un buon inverno ,ma nonostante quello non riuscivo a trovare il buon colpo di pedale, a parte qualche top 10 in Argentina al Tour de San Juan. Ovvio poi che il mio calendario si sia sbilanciato sulle gare di seconda fascia. A quel punto ho dovuto resettare. Sono andato in altura e ne sono uscito bene. In Occitania a metà giugno ho ricominciato a vedere gli ordini d’arrivo nonostante due volate sbagliate. Mancano ancora un po’ di coraggio e confidenza, però un terzo posto l’ho centrato. Il colpo di pedale sta arrivando.

Agli italiani in pista ti abbiamo visto in crescita.

Sono soddisfatto di come vado. La performance nell’inseguimento individuale è stata ottima quindi ho avuto più garanzie lì che nelle gare di gruppo. Sto ritrovando le buone sensazioni e spero di svoltare in questa seconda parte di stagione, che solitamente mi è abbastanza favorevole nel mese di agosto.

Viviani ha vinto i tricolori nell’inseguimento individuale, a squadre e nella corsa a punti
Viviani ha vinto i tricolori nell’inseguimento individuale, a squadre e nella corsa a punti
La mente è già proiettata verso altri obiettivi, giusto?

Adesso sono concentrato al 110 per cento sul mondiale in pista. Sto facendo una preparazione simile a quella che sarà l’anno prossimo per le olimpiadi. Quindi voglio vedere come arriverò a Glasgow fra poco più di un mese e capire qualcosa per Parigi 2024. Non mancherà tuttavia un importante momento su strada in previsione dell’europeo. Correrò il Giro di Vallonia (22-26 luglio, ndr) che mi servirà per i mondiali in pista ed anche per mettermi a confronto con gli altri, sperando magari di provare a vincere la prima corsa del 2023. Poi da metà agosto in poi farò Amburgo, il Renewi Tour (l’ex Eneco, ndr) e poi Plouay prima della prova in linea del 24 settembre.

Apriamo una parentesi su quella gara.

L’europeo in Olanda ha un percorso che mi si addice e naturalmente ci penso. Vediamo come andrà il periodo che lo precede. Chiaramente per chiedere una leadership devo fare dei risultati ed essere competitivo. Il cittì Bennati sa che posso essere una figura di riferimento. Le probabilità di essere all’europeo ci sono, per il mio ruolo dipenderà da me. Sento di stare meglio rispetto all’anno scorso, dove ero stato catapultato in extremis al posto di Nizzolo e dove avevamo portato a casa il miglior risultato possibile (settimo posto, ndr). Voglio pensare che sto facendo l’avvicinamento migliore.

Verso il mondiale in pista il programma di Viviani prevede anche la strada. Poi rotta sull’europeo in Olanda
Verso il mondiale in pista il programma di Viviani prevede anche la strada. Poi rotta sull’europeo in Olanda
Torniamo in Scozia. Questi mondiali in pista sono molto sentiti da tutti…

Si avverte questa sensazione. Averli ad agosto ha portato tutti a sperimentare e fare una sorta di prova generale in vista di Parigi. Diciamo che per tanti versi è un po’ contrario all’immaginario classico dei mondiali, ma il lato positivo è che avremo tanti riferimenti per l’anno prossimo.

Il lavoro della nazionale come sta procedendo?

Bisogna dire che quest’anno con la pista ci stiamo trovando poco. Nel mio programma individuale io ci sto riuscendo supportato dalla squadra, ma col quartetto ci stiamo incrociando poco perché Milan, Consonni e lo stesso Pippo (Ganna, ndr) stanno seguendo altri programmi. L’anno prossimo invece sappiamo tutti che finito il Giro d’Italia, si tirerà una riga e tutti lavoreremo per l’Olimpiade.

Manca poco per la certezza del posto a Parigi. Elia Viviani e la nazionale sentono un po’ di pressione?

Il nostro gruppo è solido. La qualifica alle Olimpiadi è cominciata benissimo con la vittoria degli europei, proseguita così così con le prime due prove di Nations Cup poi nella terza a Milton i ragazzi hanno fatto un super lavoro con un bel secondo posto. Non dico che siamo chiamati a vincere, ma dobbiamo fare un buon mondiale per essere tranquilli. Non abbiamo pressione per la qualifica quanto più invece per vincerlo, visto che l’anno scorso lo abbiamo perso dagli inglesi. Io credo che arriveremo bene a Glasgow, ma non saremo al livello dell’anno prossimo ad agosto per le Olimpiadi. E credo che sia un bene, perché sarà sì uno specchio, ma avremo ancora margini di miglioramento. Rispetto agli altri, il nostro punto forte è che all’Olimpiade mettiamo assieme tutti i pezzi del puzzle.

Viviani (qui con Bragato e Villa) dà sempre tanti riscontri allo staff azzurro per l’utilizzo di nuovi materiali
Viviani (qui con Bragato e Villa) dà sempre tanti riscontri allo staff azzurro per l’utilizzo di nuovi materiali
Tu sei da sempre uno a cui piace fare approfondimenti con i meccanici per i studiare e provare i materiali. Ne state già discutendo?

Loro sanno che posso dare dei riscontri. Mi piace proprio ed è questo il punto fondamentale. Se non hai pazienza di testare durante i ritiri, non puoi fare quello scatto in più. Abbiamo scoperto che la mia metodologia nel preparare l’Olimpiade di Rio è poi continuata. Non si vince per queste cose, ma quando si è tutti uniti si può fare la differenza, basta guardare i tempi dell’oro di Tokyo. Non siamo una nazionale ricca come altre, però siamo supportati bene da sponsor tecnici enormi tutti italiani, che a qualsiasi nostra richiesta rispondono sempre presente. I nostri prodotti per Parigi li presenteremo a Glasgow. Il regolamento prevede che sia il mondiale l’ultimo momento dove dichiarare quali bici, ruote e altro materiale userai all’Olimpiade. Ad agosto però non useremo questi upgrade tecnici. Ho sempre pensato che vadano usati solo quando servono. Per questo dico che a Parigi arriveremo al 100 per cento.

Viviani su Milan: non si può incatenare lo stile

09.06.2023
4 min
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Si è parlato spesso dello stile di Jonathan Milan in volata, del suo muoversi, dei rapporti, della posizione… Non ultimo è stato Alessandro Petacchi. Ma c’è un corridore che più di altri può aiutarci a capire quanto effettivamente il friulano possa e debba intervenire sui suoi sprint, ed è Elia Viviani.

Elia, lo sappiamo è un “compendio di tecnica a cielo aperto”, ma soprattutto è un corridore in attività ed è anche un pistard. Come sempre il corridore della Ineos Grenadiers  non è stato affatto scontato nella sua analisi.

Elia Viviani (classe 1989) ha grandi conoscenze tecniche sia su strada che su pista
Viviani (classe 1989) ha grandi conoscenze tecniche sia su strada che su pista
Elia, partiamo dai rapporti. In più di qualche occasione abbiamo visto Milan essere troppo agile.

Io direi piuttosto che in tal senso ha sbagliato veramente una sola volata (Napoli, dr): lì effettivamente era troppo agile. Non so per quale motivo non abbia messo l’11, ma le altre, anche quelle che ha perso col rimontone da dietro il rapporto era giusto. Semmai le ha perse per la posizione di partenza.

Questa sua agilità, ma in generale questo modo di fare gli sprint, derivano dal suo essere pistard?

Milan in pista fa gli inseguimenti: individuali e a squadre e non ha quel vantaggio che ti dà per esempio una corsa a punti. Lui trae vantaggio dalla pista per quel che concerne le partenze e quindi la potenza. Non ha quella scaltrezza di movimento che possiamo avere Consonni, Gaviria o io che facciamo anche le altre specialità (quelle di situazione, ndr). L’agilità di cui ha bisogno è quella di riuscire a fare quel paio di pedalate in più quando gira l’11. Se andiamo a vedere l’unica volata in cui non è stato il più forte è stata l’ultima, quella di Roma. Ma ci sta. Aveva faticato molto, era al primo Giro e aveva speso tanto per difendere la maglia ciclamino.

A Napoli, Milan ha sbagliato rapporto. Per Viviani, l’unico vero errore di Jonathan
A Napoli, Milan ha sbagliato rapporto. Per Viviani, l’unico vero errore di Jonathan
Beh, quella è un’agilità per modo di dire! E’ potenza…

In pista se in un inseguimento si fanno 120-125 rpm, e lui è in grado di farne 125 in piedi con l’11 ecco che fa quelle quattro pedalate in più degli altri e vince. E questo è sì qualcosa che gli viene dalla pista.

Hai parlato di corsa a punti e specialità simili. Quanto possono aiutarlo, anche nello stile?

Mi sentirei di dire che può aiutarlo di più l’avere un treno, tre uomini tutti per lui. Un treno che lo porta a giocarsi nove sprint su dieci e non quei due o tre che ti devi guadagnare e ti deve andare tutto bene. Tante volte uno sprinter non fa la volata più per una questione di situazioni esterne che non di gambe. Che poi era quello che succedeva a me quando ero alla Quick Step. Il treno ti può far fare il salto di qualità. La corsa a punti, l’omnium… sì possono aiutare, ma è un processo lungo. Magari avrà fatto qualcosa quando era bambino, ma prima che apportino benefici ne passa di tempo. Con un treno Jonathan se la gioca già da domani e vincerebbe il doppio, il triplo delle corse.

Petacchi ci ha parlato di uno stile migliorabile. Quei tanti movimenti incidono su aerodinamica e dispersione di forza. E’ così? E’ migliorabile?

Sì è migliorabile e l’allenamento ti aiuta, ma poi c’è lo stile del corridore e la sua è potenza pura. Quando sei a tutta è difficile controllare lo stile. Possono esserci dispersioni di forza? Può darsi, ma se lo blocchi lì, lo costringi di là, magari non riesce più ad esprimere tutti i suoi watt. Guardate anche Alaphilippe. Per me il rischio è alto.

Le fasi di partenza dell’inseguimento aiutano a sviluppare grandi doti di potenza, utili anche su strada. Milan è il secondo da sinistra
Le fasi di partenza dell’inseguimento aiutano a sviluppare grandi doti di potenza, utili anche su strada. Milan è il secondo da sinistra
E a livello tecnico?

Io non so quanto Milan possa abbassarsi con la bici, scendere sul manubrio… è anche alto. Ripeto, può lavorarci un po’ in allenamento, essere più composto, ma non più di tanto. Io per dirla fuori dai denti, non lo vedo con la testa vicino alla ruota anteriore come Cavendish, ecco.

Abbiamo parlato di corsa a punti, eliminazione… quanto realmente quelle specialità possono aiutarlo in uno sprint su strada a livello stilistico?

E’ tutto un altro gesto. In pista sei spesso seduto, raramente ti alzi e sempre da seduto fai le tue progressioni. I benefici che Jonathan può trarre dalla pista sono sul fronte della preparazione fisica. Il resto, che è comunque relativo ad un discorso di scaltrezza, sarebbe un processo troppo lungo. Con lui un treno sarebbe anche abbastanza facile da organizzare in quanto basta che lo lasciano ai 300 metri visto che ha dimostrato di non avere problemi a tenerli.

Concludendo Elia, se tu fossi il coach di Jonathan Milan, su cosa lo faresti lavorare per migliorare nelle volate?

Non insisterei troppo sullo stile, quanto sulla forza dei 15”-20”. E neanche tanto sul picco di velocità assoluto, ma sulla progressione: volata lunga. Volata nella quale gli avversari non sono in grado di uscirti di ruota negli ultimi 250 metri. Jonathan ha i valori per riuscirci.

Ieri junior, oggi tra i pro’. Belletta, raccontaci l’esordio

21.04.2023
6 min
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«Sto vivendo un sogno, sono tra i professionisti e mi sto giocando una vittoria». Un pensiero di corsa a 10 chilometri dall’arrivo. Dario Igor Belletta, 19 anni compiuti il 27 gennaio, ha esordito tra i pro’ e lo ha fatto con la maglia della nazionale maggiore al Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria. Si è portato a casa un settimo posto e un bagaglio di esperienze pieno di emozioni, stupore, errori e tanta voglia di fare parte di quel mondo lì.

Al telefono Dario ha la voce squillante e piena di entusiasmo, ma sembra avere la testa ben salda sulle spalle. Forse anche grazie alla corazzata Jumbo-Visma Development Team che lo sta guidando passo a passo nel mondo del ciclismo europeo. Junior fino a 4 mesi fa, il giovane lombardo si è svegliato una mattina con la convocazione via whatsapp del cittì Bennati. Facciamoci trasportare nel suo esordio tra i pro’…

L’esordio di Belletta con la nazionale maggiore
L’esordio di Belletta con la nazionale maggiore
Com’è nato questo esordio?

Era una corsa che non era in programma nel mio calendario, però quando il CT ti convoca non puoi di certo dire di no, anzi… (ride, ndr). Alla Jumbo andava molto bene, per svezzarmi un po’. In realtà è stato organizzato tutto all’ultimo. 

Quando hai ricevuto la convocazione?

Mi hanno chiamato subito dopo il Circuit des Ardennes dove era presente la nazionale under 23. Ho avuto modo di parlare con Mario Scirea. Mi ha visto in ottima condizione e soprattutto in crescita. Ero stato fermo dieci giorni per un’influenza che mi aveva colpito circa due settimane prima.

Come l’hai ricevuta questa chiamata in nazionale?

Tramite Gianluca Bortolami che è un po’ il mio padre ciclistico e conosce molto bene Bennati che mi ha fatto questa proposta. Dopodiché mi sono trovato una mattina con il messaggio del commissario tecnico che mi chiedeva com’ero andato alle Ardenne e che appunto mi faceva questa convocazione. Io gli ho risposto immediatamente che non c’era nessun motivo per non dire di sì. Non vedevo l’ora di vestire la maglia della nazionale maggiore ed esordire tra i pro’. 

Qui la ricognizione sul circuito, casco giallo Jumbo per Belletta
Qui la ricognizione sul circuito, casco giallo Jumbo per Belletta
Te l’aspettavi?

In realtà avrei dovuto debuttare tra i professionisti alla Volta Limburg Classic con la squadra WorldTour. Però appunto essendo stato fermo dieci giorni per l’influenza, ho dovuto posticipare l’esordio. La squadra è stata molto soddisfatta sia dell’interesse della nazionale e così ha anche avuto l’occasione di vedermi esordire tra i grandi. 

Ti sei sentito pronto fisicamente?

La mia condizione era in crescita, era una settimana che pedalavo bene alle Ardenne. Ne parlavo già con il mio preparatore e mi diceva che i valori che esprimevo stavano salendo e io effettivamente mi sentivo sempre meglio.

Che emozione è stata arrivare lì tra i pro’?

Ovvio la corsa tra i professionisti è sempre emozionante e nei giorni prima il fatto di andare a dormire nello stesso hotel di Viviani è stato un’emozione diversa. Per un ragazzo che ha appena compiuto 19 anni è qualcosa di forte. Inoltre non correvo in Italia dall’anno scorso. Aggiungici uscire il giorno prima vestito con la maglia della nazionale in mezzo alla gente che ti guarda e magari si avvicina incuriosita per scambiare due parole. E’ stato tutto speciale ed è un mondo che sinceramente devo ancora conoscere

Viviani capitano e faro di Belletta e compagni
Viviani capitano e faro di Belletta e compagni
Viviani lo conoscevi già?

Sì. Entrambi siamo molto attivi in pista. Lui ovviamente con un altro tipo di risultati rispetto ai miei (ride, ndr). Elia è un ragazzo che sinceramente non so descrivere. Dire che è un atleta formidabile è riduttivo, perché è anche una persona di cuore. Ad esempio quando abbiamo fatto un giro per il centro lo avranno fermato 10 volte per delle foto e lui si è fermato a farle tutte con il sorriso.

Come nazionale eravate perlopiù giovani a parte appunto Elia. Che capitano è stato?

Ci ha trasmesso tranquillità e sicurezza ed è stato il nostro faro. Nella riunione pre gara è stato molto attivo e si vedeva che aveva voglia di insegnarci. Noi anche avevamo ancora più voglia di imparare da un’atleta e persona così. Tra l’altro c’era anche Marco Villa. Lui mi dipinge un po’ come un piccolo erede e vederci in azione ha emozionato in primis Marco. Io so che ho molto da imparare da Elia e sono felice di avere l’opportunità di farlo. 

Con i compagni hai condiviso qualche emozione pre gara?

Più o meno ci conoscevamo già tutti. Con quelli della mia età ci avevo già corso, ad esempio con Andrea Raccagni Noviero che corre nella Soudal-Quick-Step Devo Team, abbiamo scherzato su quando ci incontravamo da giovanissimi, mentre invece ora ci siamo ritrovati a vestire insieme la maglia della nazionale maggiore. Questo ci ha strappato un sorriso e qualche battuta. 

Raccagni Noviero, Garofoli e Belletta, la next-gen scalpita
Garofoli e Belletta, la next-gen scalpita
Veniamo alla corsa. Sei riuscito a stare concentrato?

Mi son fatto forse un po’ influenzare dall’atmosfera che c’era. Io pensavo che Reggio Calabria fosse una città grande, ma non una città metropolitana. Correre tra i pro’, battendomi per la vittoria, in una città di quasi 200.000 persone che si è fermata per vederti è qualcosa di pazzesco. Non me lo aspettavo. Vedere tutto quel pubblico forse non ha giocato a mio favore perché mi sentivo tanta responsabilità. C’erano davvero un sacco di persone. L’emozione ha un po’ preso il sopravvento.

Un settimo posto alla prima corsa tra i professionisti. Raccontaci le sensazioni in corsa…

Stavo davvero molto bene. Sapevo che avrei dato il massimo delle mie possibilità. Sotto il punto di vista mentale devo dire che ho pagato l’inesperienza. Mi stavo giocando una vittoria, mi son fatto influenzare dal pubblico e facevo quella tirata di troppo che non era necessaria. Non essendo abituato ad un arrivo di gara dei pro’, che è ovviamente diverso da quello juniores, mi sono fatto condizionare più dall’aspetto mentale che da quello fisico perché stavo davvero bene. Tutta esperienza che sicuramente mi gioverà. 

Se tornassi indietro quindi, faresti qualche tirata in meno e un finale diverso?

Sì, esatto. Mi ricordo che negli ultimi 10 chilometri in mezzo alla folla tremavo dall’emozione e mi dicevo: «Sto vivendo un sogno, sono tra i professionisti e mi sto giocando una vittoria». Però sono cosciente che sia meglio sbagliare adesso che ho 19 anni che farlo in un futuro prossimo quando ci sarà da dare il meglio. Era scontato che facessi questi errori, però è vero che fanno parte tutti del bagaglio delle esperienze che mi sto costruendo. 

Il debutto di Belletta con la WT è previsto per maggio
Il debutto di Belletta con la WT è previsto per maggio
Hai notato differenze di corsa tra le prime gare in Jumbo-Visma Development Team e questa?

Correndo con la Jumbo siamo abituati a controllare la corsa e ad essere sempre nelle prime posizioni del gruppo, parlare con i compagni alla radio e andare all’ammiraglia. Tutte cose che arrivando dal mondo juniores non si sanno fare, ma che crescendo in questo team mi hanno subito insegnato e trasmesso. Sotto quel punto di vista ero già abbastanza preparato. 

Ora che fai?

Sto a casa un po’ di giorni, poi vado in ritiro con la squadra e da lì riprendo ad allenarmi in modo più continuativo e impegnativo. In generale alterniamo periodi in cui facciamo molte gare a periodi dove recuperiamo e ci alleniamo.

Prossimi obiettivi?

Spero che Marino Amadori mi tenga in considerazione per qualche corsa a tappe all’estero perché ci tengo ad indossare la maglia azzurra. A breve farò il debutto con la squadra WT, dovrebbe essere nel mese di maggio. Dopodiché il mio obiettivo è quello di fare bene alla Parigi-Roubaix Espoirs. Un po’ per riscattare quello che è successo alla squadra maggiore quest’anno. Noi ragazzi Jumbo ci crediamo e vogliamo portare una maglia gialla sul gradino più alto del podio. Dopodiché si vedrà, il programma di corsa ce l’ho ma preferiamo adattarlo e vedere come si evolve la stagione in base al mio andamento. 

Villa e una Nations Cup vissuta in emergenza

22.03.2023
6 min
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Dopo le prime due tappe di Nations Cup su pista è il momento di fare un primo punto della situazione con Marco Villa. Siamo nel pieno delle qualificazioni olimpiche ed ogni trasferta assume un significato particolare in base alla corsa ai posti per Parigi 2024, ma il tecnico azzurro più che alla classifica guarda alle contingenze, legate al calendario dei suoi ragazzi intriso di impegni su strada. Bisogna fare di necessità virtù e non è facile.

Le due trasferte, a Jakarta e Il Cairo, non hanno portato grandi risultati, soprattutto con i quartetti ma Villa questo lo sapeva già: «Abbiamo dovuto affrontare queste trasferte in emergenza, facendo la conta degli elementi a disposizione, ma sinceramente speravo meglio. Per due volte in campo maschile siamo finiti fuori in qualificazione, ma abbiamo pagato problemi superiori a quelli che mi aspettavo e in una situazione già difficile, ci siamo trovati in ulteriori difficoltà anche se naturalmente non sono rimasto contento».

Tanti problemi per Villa nella gestione della Nations Cup. Anche in Canada ci sarà un team rimaneggiato
Tanti problemi per Villa nella gestione della Nations Cup. Anche in Canada ci sarà un team rimaneggiato
Che cosa è successo?

A Jakarta doveva venire con noi Pinazzi, ma la sera prima si è accorto di avere un problema con il passaporto e quindi non è potuto partire. Al Cairo Mattia sapeva di non poter venire essendo già stato precettato da Amadori per alcune trasferte azzurre su strada, è venuto con noi Boscaro, ma il giorno prima della gara ha avuto una crisi di asma da sforzo, non avendo preso le medicine prescritte e il medico ha sconsigliato il suo impiego. Non posso negare che siamo andati male, il vento freddo e la pista all’aperto non ci hanno aiutato. Ora resta la terza prova, speriamo di far meglio, avremo finalmente Pinazzi, ma non avremo un quartetto per i primi 4 posti.

In campo femminile le cose sono andate meglio…

Il quinto posto del Cairo è un bel risultato, considerando che mancavano quasi tutte le titolari e abbiamo inserito giovani come Crestanello e Vitillo che si sono ben disimpegnate. A Milton a differenza dei maschi avremo quasi tutte le più forti e quindi andremo per far bene.

Uno dei due podi azzurri in Egitto, grazie a Michele Scartezzini terzo nell’eliminazione
Uno dei due podi azzurri in Egitto, grazie a Michele Scartezzini terzo nell’eliminazione
Sui social molti si sono allarmati pensando al ranking olimpico e alla qualificazione per Parigi 2024: la situazione ti preoccupa?

La vittoria all’europeo ci pone in una situazione di tranquillità, oltretutto saranno 10 i quartetti qualificati, noi abbiamo una vittoria e due noni posti. Il problema non è la qualificazione, ma la posizione nel ranking. A me non piace andare nelle gare che contano davvero e partire per primi, secondi o terzi, voglio potermi regolare sulla base di quanto hanno fatto gli altri, quindi dovremo risalire la china. C’è un mondiale a punteggio doppio, nel 2024 ci saranno europei e altre due prove di Nations Cup. Io guardo all’aspetto complessivo, lì non dovremo sbagliare.

Il quartetto femminile francese in trionfo a Il Cairo. Per le azzurre un quinto posto non disprezzabile
Il quartetto femminile francese in trionfo a Il Cairo. Per le azzurre un quinto posto non disprezzabile
Chi non è avvezzo alle dinamiche del quartetto può pensare che sia troppo dipendente dal valore dei singoli: se Ganna e Milan non ci sono, si perde troppa qualità…

E’ vero solo in parte. Se non ci sono i titolari bisogna reinventare il quartetto e non è facile. Trovare chi fa la partenza, chi è secondo a tirare che è un ruolo molto delicato. Quando Ganna e Milan sono in gara, le loro trenate consentono agli altri di recuperare, Lamon ad esempio senza di loro è chiamato a un lavoro molto diverso. Cambiano tutti i meccanismi ma questo lo sappiamo. Io però mi aspetto che i giovani si mettano in gioco, mostrino entusiasmo per trovare spazio e non si sentano messi da parte perché ci sono quei due e altrettanto mi aspetto che i meno giovani si facciano vedere per guadagnarsi il posto. Vorrei che prendessero esempio da Viviani…

Il suo secondo posto nell’omnium lo mette al sicuro per i punti necessari per essere ai mondiali…

E’ stato bravissimo, ma io guardo oltre il risultato. Mi è piaciuta la sua continua ricerca di competitività per acquisire più sicurezza che gli sarà utile anche su strada. Alla Ineos sei sempre sotto esame, c’è una competizione interna incredibile. Inoltre mi piace che si stia impegnando anche per il quartetto, sa che se vuole essere a Parigi dovrà essere disponibile e competitivo anche per quello e superare la concorrenza di altri.

Per Viviani piazza d’onore nell’omnium dietro il transalpino Bourdat, ma ottimi segnali complessivi
Per Viviani piazza d’onore nell’omnium dietro il transalpino Bourdat, ma ottimi segnali complessivi
Queste prove di Coppa, relativamente alle altre squadre, che ti hanno detto?

La competitività è altissima, le altre Nazioni hanno perso al massimo un elemento, sapevamo già che non c’era partita. Alla Francia ad esempio mancava solo Thomas. Noi eravamo con il quartetto a mezzo servizio. Quando agli europei eravamo al completo la situazione è stata ben diversa.

Tornando a giovani e meno giovani, fra le donne questo sta avvenendo?

Io noto un grande entusiasmo, il mio lavoro è iniziato da poco. Mi sono accorto però che dietro una generazione di campionesse, da Balsamo a Paternoster, da Guazzini a Barbieri e le altre, c’è un buco. Ci manca quasi completamente il settore under 23, il che significa che dobbiamo lavorare sulle più giovani e farle maturare in fretta. Per questo le prestazioni di Crestanello e Vitillo mi hanno confortato. Il gruppo è nutrito, ma non dobbiamo dimenticare i ricambi.

Miriam Vece, qui in semifinale, ha chiuso quarta nella velocità, suo miglior piazzamento di sempre
Vece, qui in semifinale, ha chiuso quarta nella velocità, suo miglior piazzamento di sempre
Miriam Vece quarta nella velocità significa che la qualificazione olimpica è più vicina?

Sì, ha fatto un grande passo avanti, ma non deve fermarsi. Deve dare continuità alle sue prestazioni. Lei sa che la sua specialità, i 500 metri da fermo, non è olimpica, prima sottovalutava il keirin perché ne aveva un po’ paura, ma ora la vedo più convinta e in Egitto è andata a livelli altissimi, ma io credo siano quelli i suoi. Deve solo crederci, d’altronde nella velocità non abbiamo una squadra al femminile e al maschile forse è ancora presto per staccare il biglietto olimpico, quindi bisogna puntare sulle specialità singole.

Che ti aspetti dalla prossima prova di Milton?

Saremo ancora in emergenza, lo so già, ma almeno al maschile recupererò Pinazzi e fra le ragazze rientreranno un po’ di titolari. Spero comunque che le prestazioni siano superiori a quelle finora registrate, da parte di tutti.

Il velocista cambia in volata? L’esperienza di Viviani…

16.02.2023
4 min
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Un velocista cambia in volata? E’ una questione che forse qualche anno fa neanche avremmo immaginato di porre… e non ci riferiamo all’era “in bianco e nero” dei manettini al telaio, ma ad una dozzina di anni fa. Con l’evoluzione tecnica dei materiali qualcosa sembra muoversi. Anche su questo fronte.

Jonathan Milan ci ha detto che in volata va in progressione e che preferisce “indurire” man mano. Lui è uno sprinter sui generis nel senso che è altissimo, molto potente ed è più di uno sprinter puro. Ma i suoi colleghi di volata?

Per chiarire questo aspetto tecnico-tattico abbiamo spodestato il “maestro” Elia Viviani. Il campione della Ineos-Grenadiers è particolarmente sensibile a certe questioni.

Elia ha iniziato la sua stagione su strada a San Juan (in foto). Sfortunato agli europei su pista, causa febbre, oggi parte per il UAE Tour
Elia ha iniziato la sua stagione su strada a San Juan (in foto). Sfortunato agli europei su pista, causa febbre, oggi parte per il UAE Tour
Elia, dunque un velocista cambia in volata?

Io dico di no. Da sprinter puro arrivo già al limite con l’11 in canna. Ci sta che Milan provi a cambiare: lui parte dai 400, 300 metri e avere qualche dente da scalare in quel caso ti aiuta. Ma io una volta che parte lo sprint vero e proprio non cambio. Mi concentro solo sulla spinta e a sprigionare la massima potenza.

Chiaro, testa e bassa concentrazione…

Poi dipende anche dalla situazione, cioè in base a come è fatto l’arrivo. Se magari c’è una curva abbastanza stretta e si riparte da bassa velocità. Bisogna poi considerare che con i bottoncini vicino alle mani (quelli all’interno della piega, ndr) è abbastanza facile. Ma io, ripeto, preferisco non cambiare.

Che poi è anche un rischio. Al netto che in quel “mezzo secondo” del passaggio della catena da un pignone all’altro si perde qualche istante, per voi che sprigionate fiumi di watt il rischio è quello che la catena possa saltare, subire strattoni pericolosi per la sua stessa tenuta…

Esatto, è un rischio. E per questo io preferisco mantenere l’11.

Sempre l’11? Anche con questi rapportoni anteriori che usate?

Io sono tradizionalista e solitamente uso il 54×11. Monto il 55 o il 56 solo se nella riunione del mattino siamo certi che il vento è a favore o che l’arrivo tira leggermente in discesa.

Gli “sprinter shift”, i bottoncini del cambio all’interno della piega. Molto spesso il nastro manubrio li copre del tutto
Gli “sprinter shift”, i bottoncini del cambio all’interno della piega. Molto spesso il nastro manubrio li copre del tutto
E un 56×12 avrebbe senso?

A me non piace, anche perché poi il 56 una volta che lo monti lo devi portare in giro tutto il giorno. E non è così facile. Magari una salita (veloce) con il 53-54 la puoi anche fare, ma con il 56 sei costretto a passare al 39. Nizzolo è famoso per questa cosa. A Cittadella ha vinto l’italiano perché aveva il 56. Lui usa questi rapporti così duri per caratteristiche fisiche e anche tattiche. Arrivando da dietro cerca di sfruttare quel dente in più.

L’avvento del cambio elettronico ha cambiato qualcosa? E’ comunque più facile cambiare anche in frangenti concitati come gli sprint?

Sì, perché con il cambio manuale meccanico dovevi fare un movimento, dovevi “fare leva” e questo era un movimento che ti faceva “sbilanciare”, dovevi spingere qualcosa (la leva, ndr). Il cambio elettronico ha semplificato parecchio le cose, specie con i bottocini alla piega. Li spingi con il pollice e non cambia il tuo assetto.

E in tema di sicurezza sullo sprint, il cambio elettronico ha migliorato la situazione?

La cambiata è più veloce e anche più sicura, ma non è scritto da nessuna parte che elettronico significa zero errori… Dico che in generale è più facile.

Algarve: ieri primo Kristoff (al centro). Essendoci vento contro, il norvegese ha messo l’11 solo l’istante prima che il suo apripista si spostasse
Algarve: ieri primo Kristoff (al centro). Con il vento contro, il norvegese ha messo l’11 solo l’istante prima che il suo apripista si spostasse
Oggi che si sta attenti ad ogni dettaglio, le catene dei velocisti sono più robuste? Disperdono meno energia, se così si può dire?

No, sono quelle indicate dal costruttore, anche per questioni di responsabilità in caso di eventuali guasti, tutt’al più, chi punta (scalatori e velocisti) usa una catena trattata in certo modo, con polveri particolari. Il trattamento dura 200, 300 chilometri al massimo. 

E tu la senti questa differenza?

Non la senti, ma la vedi. La vedi al banco di prova. Come per le ruote. Quando vedi che non smettono di girare allo stesso tempo sai che rendono di più. Lo vedi. E’ un guadagno reale. Un’altro aspetto tecnico delle volate su cui ragionare, e su cui dico “ni”, è il cambio con le rotelle grandi. E’ vero che la catena scorre meglio, ma secondo me è meno rapido nella cambiata, meno rigido. Mentre è un buon marginal gain per le crono.

Il futuro del quartetto maschile nei piani di Villa

07.02.2023
6 min
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MONTICHIARI – Europei con vista sulle Olimpiadi. La rincorsa per Parigi 2024 inizia domani a mezzogiorno dal Velodromo Tissot di Grenchen. Tra l’impianto svizzero e quello di Saint Quentin en Yvelines ci sono circa seicento chilometri, ma per la nazionale azzurra la strada che porterà in Francia dovrà passare prima anche da Indonesia, Egitto e Canada per la Nations Cup. Intanto il cittì Marco Villa (in apertura a Montichiari con Viviani, che oggi compie 34 anni) ha diramato le convocazioni.

Nessuna novità rispetto alla nostra visita a Montichiari. Se nella velocità le scelte sono obbligate e se tra le donne i ruoli sono quasi già tutti assegnati, adesso il tecnico cremasco dovrà decidere come impiegare gli uomini nelle varie prove. Una base c’è. Proviamo quindi a capire meglio con Villa quali idee ha in testa per gli europei e per il futuro del quartetto, che punta al suo secondo trionfo continentale.

A Grenchen l’obiettivo sarà riscattare l’europeo 2022
A Grenchen l’obiettivo sarà riscattare l’europeo 2022
Marco a che punto è in generale il quartetto maschile?

E’ allo stesso punto del femminile. Ci sono quattro campioni olimpici (Ganna, Milan, Lamon e Consonni, ndr). C’è anche Viviani che col sistema olimpico deve provare anche lui ad essere competitivo col quartetto. C’è anche Bertazzo che è campione del mondo. Insomma chi farà l’inseguimento a squadre alle Olimpiadi dovrà essere competitivo anche nelle altre prove. Ad esempio, le ragazze sono più polivalenti sotto questo aspetto. Negli uomini ho Milan e Ganna che ad oggi non hanno fatto gare di gruppo, ma sono indispensabili nel quartetto. Quindi se uno sa fare i conti, per gli altri tre posti non c’è tanta scelta.

Abbiamo visto Ganna con Scartezzini nella madison di Fiorenzuola. In previsione di Parigi 2024 state già facendo dei pensieri?

Con Pippo ci stiamo già lavorando, ma non da questi europei. Per i mondiali di agosto vedremo, di sicuro in funzione olimpica dovrà testarsi. La mia idea sarebbe quella di fargli correre un paio di Sei Giorni durante l’inverno, ammesso che la sua squadra sia dello stesso mio parere.

L’altro indispensabile che hai nominato è Milan.

Indubbiamente è molto forte, altrimenti non sarebbe campione olimpico, medagliato ai mondiali e non sarebbe qua nel nostro gruppo. Mi fa piacere questa evoluzione di Jonathan, la stessa che hanno fatto Ganna, Consonni e ai tempi anche Viviani. Ci tengo a rimarcare subito che questa è l’ennesima dimostrazione che qui non si viene per perdere tempo, quanto piuttosto per fare un lavoro parallelo di crescita dell’atleta su strada. Noi non deviamo la carriera dell’atleta e questi risultati mi riempiono d’orgoglio.

Che tipo di corridore è Milan su strada?

Ho sempre detto in tempi non sospetti che non va paragonato a Ganna. Pippo è Pippo. Jonathan è più velocista, più finisseur e meno cronoman, anche se ha vinto il tricolore U23 proprio perché è forte. Se ci sono degli sprinter più forti di lui non lo so, posso dire che è diverso da altri come sono diversi tutti. Milan ha una volata lunga in progressione, data più dalle sue caratteristiche che dal lavoro in pista. Jonathan a differenza di Pippo ha preso anche medaglie nel chilometro. Non è un Groenewegen che esce all’ultimo, né Viviani che fa le volate di rimonta. A me è venuto subito un paragone con Petacchi e Cipollini più che a un Boonen, quantomeno nelle volate. Poi se sarà più competitivo ad una Sanremo, una Gand o solo su tappe piatte, ce lo dirà il tempo.

Torniamo ai tre posti vacanti per Parigi. Uno di questi il cittì Villa lo assegnerà a Viviani, che sarebbe alla sua quarta Olimpiade?

Di certi non c’è nessuno. Elia può essere il quinto. Deve dimostrare di essere riserva del quartetto qualora dovesse succedere qualcosa lassù ad uno dei titolari. Manlio Moro è un altro che può entrare nel quartetto, ma se entra lui devo rivedere chi farebbe la partenza. Lamon è uno che parte bene e ci ha fatto vincere le Olimpiadi come gli altri tre. In più sa fare bene la madison e l’omnium. Bertazzo è uno dei migliori che ho per la seconda posizione, una delle più dure. Dovrà lavorare però per le gare di gruppo. Consonni aveva la seconda posizione a Tokyo. Scartezzini corre benissimo la madison, ma bisogna vedere se può tornare nel quartetto.

Col quartetto hai vinto un europeo, un mondiale ed una Olimpiade. Stai pensando ad un ricambio generazionale?

E’ normale farlo. Ho Boscaro che è un buon chilometrista, sa fare le corse a punti ed è campione europeo U23 dell’eliminazione. C’è Pinazzi che è campione europeo U23 nell’inseguimento a squadre con lo stesso Boscaro, Manlio Moro e Galli. Mattia corre bene lo scratch, l’omnium e anche la corsa a punti se vuole. Spero che quest’anno lui diventi un’altra sorpresa nelle gare su strada. Ci sono gli juniores che sono passati U23, come Belletta o Delle Vedove. Non sono spaventato del ricambio. Spero bene nella mentalità delle squadre, che possano venirci incontro. Hanno davanti degli esempi per cui, come dicevo prima, venire qua non è una perdita di tempo.

Sembra che stiano rispondendo bene questi nuovi ragazzi.

Ad esempio Belletta ce l’ho avuto due anni fa, mentre l’anno scorso il tecnico degli juniores non ero io (è Dino Salvoldi, ndr). Altro esempio, Ganna, Consonni, Pinazzi, Lamon e Scartezzini me li sono portati da juniores in avanti. La mia speranza quindi è che si fidino a passare con un tecnico che non hanno mai conosciuto prima, anche per una questione di approccio.

Ivan Quaranta col gruppo velocità degli europei. Sullo schermo si studia dove migliorare
Ivan Quaranta col gruppo velocità degli europei. Sullo schermo si studia dove migliorare
Alla vigilia degli europei, qual è lo stato d’animo di Marco Villa?

Non siamo mai partiti convinti di vincere una medaglia o di essere già battuti. E’ un gruppo, sia maschile che femminile, che può conquistare qualsiasi prova. E non ce n’è una più difficile dell’altra. Anzi, grazie all’impegno di Ivan Quaranta correremo gli europei con buone prospettive nella velocità. Siamo qua come Italia, una delle Nazioni che è tornata ad essere competitiva su tutto e che fa paura un po’ a tutti. I titoli vinti ne sono la testimonianza. E’ la prima gara dell’anno e non so come siano gli avversari. Così come loro non sanno come stiamo noi. Dobbiamo fare attenzione a tutti, d’altronde quando arrivi a disputare la prima qualifica olimpica, il livello si alza per forza di cose. Nessuna nazionale arriverà sprovveduta. Vedremo chi starà meglio.