Primo novembre, la grande sfida del Koppenberg

01.11.2022
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E’ il primo novembre e alle 15,30 si corre in Belgio, nella zona di Oudenaarde, il Koppenbergcross: una delle classiche più importanti, relativamente giovane dato che il debutto è datato 1988, che si svolge intorno al muro più ostico del Fiandre. Il mitico Koppenberg, appunto. E’ l’apertura belga del cross, più o meno come l’Omloop Het Nieuwsblad inaugura la stagione delle classiche del pavé su strada. A seguirla nei panni di manager della Baloise-Trek ci sarà anche quest’anno Sven Nys, che quella gara l’ha vinta per 9 volte. E che ha raccontato alla stampa le sue sensazioni di tecnico e di padre alla vigilia della corsa. In gara ci sarà infatti anche suo figlio Thibau, fresco acquisto della Trek-Segafredo.

«Per me – racconta – è sempre stata una delle gare più importanti dell’anno. Dovevi scalare l’intero Koppenberg. Poi c’era la lunga discesa in cui dovevi resistere e si arrivava in pianura. Per vincere, l’attacco doveva essere tempestivo e dovevi anche essere tecnicamente il migliore in discesa. Quella era la cosa più spettacolare del Koppenberg. Ora è completamente diverso perché l’arrivo è in cima alla salita. Tatticamente è completamente diverso e mi dispiace. Penso che a tanti corridori e al pubblico piacesse il vecchio percorso, ma capisco che quel prato non si può più usare. Ora lo spettacolo è vedere i corridori in salita. E anche questo ha il suo fascino».

Oggi Nys gestisce la sua Academy di ciclocross ed è team manager della Baloise-Trek (foto Facebook)
Oggi Nys gestisce la sua Academy di ciclocross ed è team manager della Baloise-Trek (foto Facebook)

Arrivo in salita

Cambia il profilo del vincitore, secondo un orientamento che fa molto discutere nel cross europeo, che si sta spostando verso gare più veloci e meno tecniche, con meno ostacoli, avvicinando il profilo del crossista a quello del corridore su strada.

«Oggi per vincere – conferma – serve avere un grande motore. Questo è il primo requisito, ma devi anche essere tecnicamente bravo e saper pedalare sul pavé con la giusta pressione delle gomme. Non è così ovvio. Soprattutto se è piovuto, cosa che oggi non accadrà. La sfida quindi è tenere la maggior velocità possibile con la minor pressione delle gomme. Su quelle pietre spesso si ha la sensazione che il tubolare arrivi a battere sul cerchio e il limite è proprio quello di non forare, anche se una volta sono arrivato al traguardo con una gomma a terra e ho vinto lo stesso. Quando c’è fango, corri sempre con le gomme a bassa pressione per avere trazione e insieme abbastanza aderenza in curva e comfort. E’ un percorso super complicato. Devi mettere insieme esplosività, forza e resistenza».

Un certo Van Aert

Le ultime tre edizioni le ha vinte Iserbyt e prima di lui si segnala la tripletta di Van Aert (2014-2016). Lo score di Nys è impressionante, dato che sette delle sue nove vittorie le ha ottenute consecutivamente (2004-2010).

«Il Koppenberg per me – dice – era la prima classica dell’anno. Sapevano tutti dove avrei attaccato, cioè nell’ultima parte della salita. Quando poi questo ha smesso di essere un mistero e tutti se lo aspettavano, per me è cominciata la pressione, ma sono stato in grado di gestirla bene, soprattutto nell’ultima parte della mia carriera. E’ una sensazione fantastica essere fra i migliori in gara e poter decidere dove attaccare. Su quel percorso ho sfidato tutte le generazioni: da Groenendaal a Wellens, Stybar, Lars Boom e nel 2014 ho dovuto lottare anche con Van Aert, che mi ha battuto allo sprint.

«La prima volta che mi sono confrontato davvero con lui, ho subito avuto la sensazione che non fosse uno qualunque. In cima alla salita avevo attaccato come al solito, ma lui non si è staccato! Fu il primo a seguirmi lì e poi è arrivato lo sprint. Abbiamo svoltato sulla strada verso il traguardo e all’improvviso si è trovato in mezzo Jan Denuwelaere, che era doppiato. Non sono riuscito a sprintare, ma non avrei vinto lo stesso».

Test per Namur

Sull’importanza di Koppenberg per il resto della stagione, il discorso è molto semplice. Il pubblico del cross aspetta i suoi corridori da tutta l’estate. In base a quanto pubblico ci sarà sul muro, si capirà l’andamento della stagione. Anche se ormai i grossi calibri stanno alla larga e scenderanno in gara da dicembre. La sfida di Oudenaarde sarà anche un bel test in vista degli europei di Namur.

«Il Koppenberg sono pietre e un prato – conferma – Namur invece è piena di pietre. Quando il Koppenberg è bagnato, si affonda fino alle caviglie. Il resto dell’anno ci sono mucche su quel prato. A Namur anche se è bagnato, hai una superficie dura su cui sviluppare velocità. Ma la possibilità di forare è molto superiore. Quest’anno si aggiunge il problema del caldo, che non rende facile Koppenberg. Non è un percorso scorrevole, ma davvero un prato non curato. Quindi la bici oscilla da sinistra a destra. I corridori preferirebbero un prato più paludoso per avere una guida più stabile».

Nys ha vinto il Koppenbergcross per 9 volte: 7 consecutive (2004-2010) e poi nel 2012, nella foto
Nys ha vinto il Koppenbergcross per 9 volte: 7 consecutive (2004-2010) e poi nel 2012, nella foto

Il Koppenbergcross sarà trasmesso in diretta da Eurosport 1 con il commento di Ilenia Lazzaro e Fabio Panchetti, a partire dalle 13,40. Dopo le prove del mattino dedicate agli juniores e gli under 23, il programma prevede la gara delle donne elite alle 13,45 e quella degli uomini elite alle 15.

In Coppa Iserbyt domina in attesa dei tenori

24.10.2022
5 min
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Ancora persi fra la chiusura della stagione su strada, l’affermazione del gravel, gli ultimi botti della mtb e i primi del ciclomercato, pochi si sono accorti non solo che la stagione del ciclocross internazionale ha preso il via, ma anche che lo ha fatto attraverso il suo circuito principale, la Coppa del Mondo nel segno di Eli Iserbyt. Le prime due tappe si sono svolte in America, e non avendo più quel sapore di scoperta che avevano lo scorso anno, con il test del percorso iridato di Fayetteville, molti hanno evitato una trasferta così onerosa.

Non però i principali portacolori belgi e olandesi, che poi si sono ritrovati a Tabor, in Repubblica Ceca, per la prima prova europea dove finalmente si sono presentate anche le altre nazioni e soprattutto si è smossa la situazione anche per le categorie giovanili. Se guardiamo alla gara principale, quella elite maschile, poco è cambiato perché in tre prove, il vincitore è sempre stato lo stesso.

Per Iserbyt un inizio fulminante con 3 successi in Coppa. Ora punta agli europei del 6 novembre
Per Iserbyt un inizio fulminante con 3 successi in Coppa. Ora punta agli europei del 6 novembre

Tabor era la sua “bestia nera”

Il detentore del trofeo ha dato vita a una bella sfida con l’olandese Van Der Haar, risolta nel corso del sesto giro quando ha allungato: «Nella prima parte non ero andato bene – ha dichiarato dopo l’arrivo – risentivo ancora del jet lag, poi ho preso il comando delle operazioni, ma serviva almeno una tornata per fare la differenza. Quello di Tabor è un percorso difficile per le mie caratteristiche, lo consideravo la mia bestia nera, per fortuna l’ho sfatata finalmente.

«Ora conto di risparmiare le forze, ho messo in cascina un bel numero di punti e affronterò le prossime tre tappe più tranquillamente per affinare la preparazione in vista del mio grande obiettivo insieme alla conquista delle challenge: il titolo europeo di Namur in palio il 6 novembre».

Le sue dichiarazioni hanno lasciato in più di qualcuno un po’ interdetto, ma chi conosce bene il folletto belga sa la sua attività è commisurata alle presenze dei “mammasantissima”, i fuoriclasse che vengono dalla strada. Il belga non ha mai fatto mistero di dividere il mondo del ciclocross in due emisferi diversi: quello con e quello senza i vari Van Aert, Van Der Poel, Pidcock. Lo aveva detto anche alla fine della passata stagione e su questo concetto è sempre più convinto.

A Fayetteville il belga ha sfatato un altro percorso amaro, dove a gennaio ha perso il mondiale
A Fayetteville il belga ha sfatato un altro percorso amaro, dove a gennaio ha perso il mondiale

I campioni fuori contesto

Iserbyt ha chiarito ulteriormente il suo pensiero in un’intervista rilasciata all’organo olandese Wielerflits: «Ho prolungato il contratto con la Pauwels fino al 2026 e l’ho fatto pensando non solo a me, ma anche per mandare un segnale alle nuove generazioni: si può benissimo avere una buona e redditizia carriera da ciclocrossista, non è necessario essere come loro che sono fortissimi ma sono fuori contesto. Sono talenti eccezionali, diversi da quelli che ammiravo da bambino perché dominano anche su strada. Sono troppo forti, per questo ho deciso che per me quello che sto facendo ora è abbastanza.

«Io mi ritengo un ciclocrossista puro, che ha bisogno dei suoi mesi estivi per riposare e preparare i sei mesi della stagione invernale. Fare solamente 10 cross, quand’anche siano i più importanti, per me non avrebbe senso. Magari potrei fare di più nella mtb, ma finora la schiena non me l’ha concesso, vedremo nel 2023 se la situazione sarà migliorata.

Il podio di Tabor con Iserbyt primo su Van Der Haar a 5″ e Vanthourenhout a 26″ (foto Uci)
Il podio di Tabor con Iserbyt primo su Van Der Haar a 5″ e Vanthourenhout a 26″ (foto Uci)

Stagione puntata sugli europei

«Io faccio tutta la stagione – ha continuato Iserbyt in questa sorta di confessione – loro appena arrivano sono competitivi non solo perché sono più freschi sia fisicamente che mentalmente, ma anche perché hanno un’ampia base per emergere e arrivare a tenere la massima resa per un’ora, per loro che sono abituati alla strada, non è difficile. Quando arrivano loro, io penso alle classifiche delle challenge e devo amministrare la situazione. So bene che questo crea un quadro distorto della situazione, ma non l’ho creato io. Il mio compito è puntare al titolo europeo e alle challenge, se poi li batterò una volta sarà un di più, ma per me non è un’ossessione».

Parole destinate a far riflettere, considerando che Van Der Poel ha già annunciato che inizierà a gareggiare sui prati a fine novembre, mentre Van Aert dovrebbe ripetere l’esperienza dello scorso anno entrando nell’arengo a dicembre, questa volta però tirando dritto fino al mondiale dove dovrebbe esserci il ritorno della “recita dei tre tenori”.

La Van Empel ha fatto tris a Tabor: punteggio pieno in Coppa per la sorprendente olandese
La Van Empel ha fatto tris a Tabor: punteggio pieno in Coppa per la sorprendente olandese

Arriva la nuova vincitutto?

Il discorso riguarda parzialmente anche le donne, parzialmente perché se da una parte la Vos attende ancora per impegnarsi nella disciplina invernale, dall’altro la Brand, che pure ha fatto piuttosto bene quest’anno su strada non solo come spalla di Balsamo e Longo Borghini alla Trek Segafredo, ha subito iniziato a gareggiare, ma la campionessa mondiale ha trovato una straordinaria avversaria nella ventenne Fem Van Empel, che avevamo lasciato parzialmente delusa ai mondiali di Fayetteville (terza nella gara Under 23) e ritroviamo dominatrice con tre successi in Coppa, in un panorama arancione come non mai, dove l’unica vera avversaria sembra l’ungherese Blanka Vas, che a Tabor ha però chiuso solo quinta, mentre la seconda non olandese è stata Sara Casasola, undicesima a 49” in una vera grande prestazione internazionale.

A Tabor oltre alla presenza dei ragazzi della Selle Italia Guerciotti Elite, con Bertolini 23°, c’era anche la nazionale italiana, con Pontoni che ha portato un po’ di juniores e under 23 a fare esperienza. Ancora una volta il risultato migliore è arrivato da Federica Venturelli, che sta mettendosi pian piano alle spalle le conseguenze della caduta di Wollongong e che ha chiuso settima fra le junior a 1’20” dalla Molengraaf, naturalmente olandese… Bene anche Davide Toneatti, nono a 1’21” dal figlio d’arte Nys nella gara U23.

Iserbyt psicologo 2022

La paura del grande evento: come gestirla per essere campioni

25.02.2022
5 min
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Che cosa succede nella mente di un atleta alle prese con un grande evento? La confessione di Eli Iserbyt, che ha ammesso di soffrire particolarmente le gare titolate, è una messa a nudo non comune fra i grandi sportivi, eppure abbiamo davanti agli occhi mille e mille casi di grandi atleti che, al momento decisivo, non riescono a cogliere quei risultati che si sono prefissi. Basta tornare alle scorse Olimpiadi, dove anche in casa italiana campioni che sembravano destinati al grande traguardo sono diventati la brutta copia di se stessi.

E’ un problema comune, tra i principali da affrontare nel mondo dello sport, non solo del ciclismo, e di non facile soluzione. Ne abbiamo voluto parlare con una psicologa specializzata in psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Manuella Crini, partendo dal caso di Iserbyt come “exemplum” per sviluppare una casistica molto vasta: «Dal suo racconto si evince come lo stato d’ansia in quei casi travolga tutto il resto. E’ come l’interrogazione al liceo che assume contorni talmente ampi emotivamente da farti dimenticare tutto quello che hai studiato. L’ansia mette in moto neurotrasmettitori che possono essere positivi ma anche negativi: quando ci troviamo di fronte a un ostacolo, il nostro corpo produce maggiore cortisolo che serve ad essere maggiormente reattivi, una maggiore quantità di sangue raggiunge la corteccia della promemoria per andare oltre i propri limiti, ma non sempre questo è un bene».

Crini 2022
La psicologa piemontese Manuella Crini ci aiuta nell’analisi del confronto con “il” grande evento
Crini 2022
La psicologa piemontese Manuella Crini ci aiuta nell’analisi del confronto con “il” grande evento
Perché?

L’ansia può trasformarsi in paura e la paura può avere come effetto quello di paralizzare le nostre funzioni. E’ un meccanismo animale, nel quale ci sentiamo prede. Questa paura influisce sulla prestazione fisica, ci impedisce di ottenere il massimo dal nostro corpo. Come si vince? Non è facile, ma bisogna riuscire a capire cos’è il meccanismo scatenante, spesso un trauma pregresso se parliamo di uno schema ripetitivo nel tempo. C’è poi un altro fattore inconscio che può influire.

Quale?

Se quel grande traguardo diventa il fine principale della nostra attività, posso anche lasciarlo all’orizzonte, prolungare il “viaggio” prima di arrivare alla meta e quindi perdere piuttosto che vincere per non chiudere quel capitolo, intimorito da quel che verrà dopo. Invece rimango in questa sorta di limbo, continuo a lavorare per arrivarci pensando alla prossima volta.

Iserbyt World Cup 2022
Eli Iserbyt ci ha confessato le sue difficoltà nelle gare con un titolo in palio
Iserbyt World Cup 2022
Eli Iserbyt ci ha confessato le sue difficoltà nelle gare con un titolo in palio
E’ anche vero che, come Iserbyt ci ha testimoniato, nella grande occasione si inizi a pensare troppo all’importanza dell’evento, alla responsabilità…

E’ assolutamente possibile. Noi siamo perfettamente in grado di agire sul nostro cervello e le sue dinamiche, possiamo produrre più o meno serotonina che serve a concentrarsi, così nel caso negativo finiamo per vanificare meno quel che dobbiamo fare per arrivare a quel famoso traguardo. Ci perdiamo. Sentiamo che quell’evento è senza appelli. Ci sentiamo addosso lo sguardo di tutti, pronti a giudicarci se raggiungeremo o meno il determinato risultato.

Quanto influisce l’esperienza, l’età dell’atleta?

Molto, perché per un ragazzo il peso è minore in quanto c’è meno vissuto dietro le spalle. Non c’è per così dire un excursus storico di fallimenti. Con l’andare avanti si ha sempre più il timore che quella sia l’ultima occasione e ancor più questo succede quando il traguardo non è molto ripetuto nel tempo, basti pensare all’Olimpiade che arriva ogni quattro anni. Ciò amplifica quella sensazione di situazione senza appello.

Mondiali strada 2021
Il mondiale per molti è un peso, ma c’è ogni anno, figurarsi l’Olimpiade, vero test senza appelli
Mondiali strada 2021
Il mondiale per molti è un peso, ma c’è ogni anno, figurarsi l’Olimpiade, vero test senza appelli
Quanto può servire in questi casi la presenza del mental coach?

Tantissimo, ma è un lavoro molto delicato. Bisogna mettersi in gioco, intraprendere un cammino che non sai dove ti potrà portare. Il mental coach ti aiuta ad affrontare la tua attività, a guardare a quell’evento in maniera positiva, ci si lavora sopra ma si possono anche aprire porte delicate. Il soggetto può ad esempio rimettere in discussione tutto il cammino svolto per arrivare a quel momento, perdere la motivazione, scoprire che lo sta facendo non per se stesso ma per gli altri, non per rispondere ai propri reali bisogni. Serve un percorso motivazionale che non si sa dove porterà. Oltretutto, si può arrivare a un punto nel quale la figura del mental coach deve cedere il passo a uno psicologo specializzato: se l’atleta si trova di fronte a questa crisi motivazionale che va al di là dell’evento e mette in discussione la propria attività, avrà bisogno di un supporto personalizzato diverso.

Il mental coach nelle squadre deve lavorare con più persone, questo non rischia in alcuni casi di essere limitante, di non poter dare all’atleta quel supporto di chi avrebbe bisogno?

Rientriamo nel discorso appena fatto. Il mental coach, più che sull’individuo, lavora sul personaggio, non è un terapeuta, ma nel corso delle sedute possono venir fuori aspetti che richiedono la figura di quest’ultimo. Il mental coach può anche trovarsi di fronte a un conflitto d’interessi: è chiamato a esaltare le prestazioni sportive dell’atleta che invece può tendere verso tutt’altra direzione e a quel punto l’etica impone di passare la mano.

Mental coach 2022
La figura del mental coach è ormai diffusa in tutti i team, ma quanto incide sulla prestazione?
Mental coach 2022
La figura del mental coach è ormai diffusa in tutti i team, ma quanto incide sulla prestazione?
Il grande evento può diventare un ostacolo anche in corso d’opera? Prendendo sempre Iserbyt come esempio, in fin dei conti pur essendo ancora molto giovane le sue gare titolate e le sue medaglie le ha vinte, soprattutto nelle categorie giovanili…

Sicuramente, può avvenire all’improvviso, nel corso del tempo può anche cambiare la percezione della propria prestazione. Quel che da giovane, nelle categorie avveniva quasi con facilità può diventare difficilissimo fra gli “adulti” e questo accresce l’insicurezza, ci si sente piccoli di fronte a qualcosa di troppo grande. Essere al top è molto stressante, la capacità di gestire questa condizione può fare una grande differenza.

Iserbyt 2022

Iserbyt a cuore aperto: quel mondiale fa ancora male…

20.02.2022
5 min
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Questa è la prima domenica di riposo per Eli Iserbyt dopo molte settimane, tra gare e viaggi, una stagione iniziata prestissimo la sua, a settembre quando si presentò nella lunga trasferta americana di Coppa del Mondo ponendo le basi della sua conquista del trofeo di cristallo. Fino all’ultima gara, il campione belga della Pauwels Sauzen Bingoal ha cercato di mantenere alta la concentrazione evitando ogni distrazione, ma si sente dalla sua voce come finalmente sia più rilassato, dopo un anno vissuto sempre al massimo.

In stagione Iserbyt ha messo in carniere ben 14 successi, metà dei quali nel circuito di Coppa del Mondo, andando a conquistare con corposo anticipo il trofeo di cristallo: «Esserci riuscito in anticipo mi ha dato molta soddisfazione, anche se la gara che mi è piaciuta di più è stata quella di Koksijde, la settima prova. Non eravamo neanche a metà del cammino, ma quella vittoria mi ha dato la consapevolezza di quello che potevo fare. E’ stato il momento più bello dell’anno».

Iserbyt Gavere 2022
Iserbyt è nato nel 1997. Vanta 2 titoli mondiali U23 e 3 europei in ogni categoria (foto Davy De Blieck)
Iserbyt Gavere 2022
Iserbyt è nato nel 1997. Vanta 2 titoli mondiali U23 e 3 europei in ogni categoria (foto Davy De Blieck)
Come giudichi nel complesso la tua stagione?

Sicuramente è stata buona, non potrebbe essere altrimenti considerando il numero di successi parziali e le due principali challenge della stagione conquistate (Coppa del Mondo e Superprestige, ndr). Non posso che essere felice per come sono andate le cose.

Quanto ha influito la scarsa presenza di Van Aert e Van Der Poel, almeno rispetto al passato nello sviluppo della stagione?

Intanto Van Aert ha gareggiato per oltre un mese e la sua presenza in gruppo si è sentita molto. Si sapeva già da prima che quest’anno avrebbero privilegiato la preparazione per la strada, poi Van Der Poel ha avuto i problemi che sappiamo e non si è praticamente visto. E’ chiaro che la loro presenza o meno cambia gli equilibri quando non ci sono, ma la medaglia va guardata da entrambi i lati, significa anche che bisogna farsi trovare pronti quando si presenta l’occasione.

Molti ricordano ancora molto bene la tua terribile caduta di Heusden 2020, con il grave infortunio al braccio. Quando è stato importante per te vincere due challenge un anno dopo?

Molto, hanno avuto un significato particolare perché quell’incidente mi aveva lasciato qualche incertezza, anche se ero tornato a gareggiare prima della fine della stagione, ma non ero io. La ripresa è stata lunga e lenta. Il team mi è stato molto vicino, non mi ha mai fatto pressione per farmi approcciare la stagione nel modo giusto dopo l’infortunio e i risultati si sono visti.

Iserbyt Koksijde 2021
La vittoria di Koksijde lo ha lanciato verso la conquista della Coppa del Mondo
Iserbyt Koksijde 2021
La vittoria di Koksijde lo ha lanciato verso la conquista della Coppa del Mondo
Durante l’inverno tu hai detto «Meglio vincere 5 gare senza Van Aert e Van Der Poel che 2 contro di loro», non hai però paura che la loro assenza svilisca un po’ le tue vittorie?

Confermo quel che ho detto e non l’ho detto per timore reverenziale nei loro confronti, due anni fa un paio di vittorie con loro presenti le ho ottenute e lo stesso ho fatto quest’anno con Pidcock. Il concetto che volevo esprimere è che una vittoria è una vittoria a prescindere, per me è importante vincere non guardando a chi c’è e chi non è presente, ma vincere il più possibile, guardando alle classifiche dei tornei e soprattutto a me stesso. Alla fine è l’obiettivo generale che conta. Io sono contento perché ho fatto bene il mio lavoro, la gente poi ricorda chi è primo, non chi non c’era…

Ripensando all’ultimo mondiale, quel bronzo messo in archivio ti ha lasciato più soddisfazione o delusione?

Entrambe le cose. Io ero partito per il massimo risultato e alla partenza ho visto che non ero nella forma che volevo, la corsa poi non si è messa al meglio per me. Alla fine ho ottenuto il massimo possibile in quelle condizioni ma chiaramente visto com’ero andato la domenica precedente mi aspettavo qualcosa di più.

Considerando mondiali ed europei, fra le varie categorie hai vinto 11 medaglie di cui 5 d’oro, però è innegabile che nelle competizioni titolate sembri soffrire il peso della responsabilità. Senti un particolare carico psicologico in quelle occasioni?

Questa è una bella domanda… E’ vero, non lo posso negare, le gare titolate non sono come le altre. Le soffro sempre un po’ alla vigilia ma non va dimenticato che sono ancora giovane, credo faccia parte del mio cammino di maturazione. Quando corro per un titolo e vedo che le cose non vanno come voglio, mi butto giù velocemente e questo non va bene. E’ un aspetto sul quale devo lavorare sapendo che mi aspettano tanti altri campionati da disputare.

Iserbyt Fayetteville 2022
Il podio mondiale, con Iserbyt alla destra dell’iridato Pidcock e dell’olandese Van Der Haar
Iserbyt Fayetteville 2022
Il podio mondiale, con Iserbyt alla destra dell’iridato Pidcock e dell’olandese Van Der Haar
Che cosa farai ora?

Mi dividerò fra gare su strada nel calendario belga e prove di Mtb, non mi dispiacerebbe prendere parte anche a qualche gara di Coppa del Mondo sulle ruote grasse, ma andrò avanti su entrambi i fronti, avendo però sempre in mente la preparazione per la stagione di ciclocross.

Non pensi che, se potessi competere su strada nel World Tour, potrebbe incidere favorevolmente nel ciclocross come avviene per i “3 tenori”?

Difficile dire se sarei più forte. Il discorso è più ampio: devo capire dove e come poter migliorare per portare il mio corpo alle sue migliori prestazioni. Guardo al futuro come a una scoperta per capire come andare sempre più forte nel ciclocross che è e sarà sempre il mio mondo.

Mondiali Persico 2022

Il mondiale di Pidcock e dell’Italia col segno più

31.01.2022
6 min
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La prima regola, nel correre un mondiale, è che devi essere pronto, innanzitutto mentalmente a saper cogliere l’occasione che ti si può proporre. In questo Silvia Persico è stata esemplare. Il suo clamoroso bronzo conquistato a Fayetteville, nei Mondiali illuminati dall’impresa di Pidcock, è figlio soprattutto di quanto successo nella seconda tornata. La gara era ancora lunga, ma Vos e Brand erano stanche di giochicchiare e hanno fatto esplodere la corsa. Da questa esplosione che ha favorito la loro fuga è nata anche una seconda coppia con l’ex iridata Alvarado e l’azzurra, bravissima a cogliere l’occasione mentre le altre, prese di sorpresa, vedevano crescere il divario. Poi l’azzurra ha saputo tenere, anzi l’olandese non le dava neanche cambi. Ma alla fine è stata punita dal destino tramite un problema meccanico che ha lanciato la campionessa tricolore verso un podio insperato.

Mondiali staffetta 2022
Il gruppo azzurro vincitore del Team Relay con Pontoni: da lui in senso orario Persico, Toneatti, Leone e Bramati (foto FCI)
Mondiali staffetta 2022
Il gruppo azzurro vincitore del Team Relay con Pontoni: da lui in senso orario Persico, Toneatti, Leone e Bramati (foto FCI)

Team Relay, una vittoria che conta

L’Italia del ciclocross torna da Fayetteville riaffacciandosi nel medagliere dopo anni. Portando a casa anche la vittoria nel Team Relay che, anche se non valeva come gara iridata, ha pur sempre un peso specifico come ogni evento di squadra, perché testimonia la bontà del movimento (e il fatto che l’Olanda non ci fosse non sminuisce di nulla la prestazione dei nostri). Pontoni chiude come meglio non poteva la sua prima stagione da cittì: «E’ una trasferta nata tra mille difficoltà ma che chiudiamo con un gigantesco segno positivo. Devo dire grazie alla federazione che ci ha supportato sempre al massimo e anche a tutti i ragazzi, quelli che c’erano e quelli che sono rimasti a casa perché tutti hanno contribuito a creare un gruppo fantastico che darà altri frutti, ne sono certo».

Tornando un attimo indietro, mentre la Vos andava a conquistare il suo ottavo titolo mondiale nel ciclocross e 13° complessivo privando la Brand del suo secondo Grande Slam consecutivo, la Persico andava a interrompere l’attesa lunga sequela di nomi olandesi occupando un posto sul podio a testimonianza di quella crescita che dovrebbe produrre risultati anche su strada come si attendono alla Valcar: «E’ un bronzo che mi ripaga di tanti sacrifici, quelli che mi hanno dato la forza di resistere e di andare a caccia di un risultato che alla vigilia sembrava un’utopia. Il mio approccio alle gare ora è più tranquillo, credo che anche questo serva».

Arriva l’acuto del “terzo tenore” Pidcock…

Si ha un bel dire che il mondiale americano era quello degli assenti e delle delegazioni ridotte. Lo spettacolo non è mancato, come anche le sorprese: chi avrebbe mai immaginato uno svizzero conquistare la gara junior maschile, dove Paletti ha retto nel gruppo di testa finché le forze lo hanno sorretto pagando poi dazio al jet lag? In fin dei conti anche la gara Elite maschile, anche se priva di Van Der Poel e Van Aert, ha dato molti spunti, premiando il terzo tenore rimasto, quel Tom Pidcock che continua a collezionare medaglie d’oro in qualsiasi disciplina, basta che ci siano due ruote…

Nel ciclocross il gioco di squadra funziona fino a un certo punto. Il Belgio (unica formazione europea al completo) ha messo Vanthourenhout addosso al britannico per proteggere Iserbyt. Sweeck e Aerts hanno svolto all’inizio un grande lavoro rintuzzando i due scatenati francesi Dubau e Venturelli per mettere i bastoni fra le ruote all’inglese. Nel 4° dei 9 giri in programma, Pidcock ha forzato su un piccolo strappo. Iserbyt si è fatto prendere di sorpresa soprattutto mentalmente, ha messo il piede a terra e la gara è finita lì. Vanthourenhout e Sweeck hanno provato a chiudere ma il ritmo era troppo alto.

Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada
Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada

Iserbyt, sconfitta che fa male

Una settimana prima Iserbyt faceva la voce grossa a Hoogerheide, in America è sembrato invece timoroso, troppo timido nell’affrontare la gara, anche il giro finale con l’olandese Van Der Haar, provando a staccarlo senza poi insistere e venendo infilato allo sprint. Una gara titolata è qualcosa di davvero diverso, il peso che viene dalla posta in palio rischia di schiacciarti: c’è chi riesce a gestirlo e si esalta, chi no…

Certamente Pidcock fa parte della prima categoria. Il fatto che “quei due” non ci fossero poteva accrescere il suo carico di responsabilità: «Paradossalmente ha reso tutto più difficile – ha affermato nelle interviste dopo l’arrivo – tutti si aspettavano che la gara sarebbe stata più gestibile, invece è diventato qualcosa di tattico sul quale bisognava ragionare e l’ho fatto per tutta la settimana. Siamo arrivati qui con un piano e io l’ho messo in pratica alla lettera, avendo la meglio sullo stress. Sapevo che in quel preciso momento dovevo attaccare e l’ho fatto».

Due titoli per Olanda e Gran Bretagna

La Gran Bretagna porta così a casa due titoli esattamente come l’Olanda, grazie a Pidcock (primo britannico a vincere la prova elite) e alla Backstedt, davvero imbattibile fra le juniores dove c’è stata la bellissima prova della Venturelli quinta (e chissà che cosa avrebbe potuto fare la Corvi se non fosse arrivata a Fayetteville solo poche ore prima della partenza). Il Belgio paga ancora dazio, com’era avvenuto lo scorso anno a Ostenda: evidentemente la rassegna iridata non porta molta fortuna alla nazione più forte del movimento, che ha pagato oltremisura la rinuncia di Van Aert: «Abbiamo corso la nostra migliore gara possibile e sono stati gli altri ad essere migliori – ha detto Iserbyt dopo il bronzo conquistato – Non dobbiamo essere felici ma accontentarci, gli altri erano più forti». Ma quando piazzi 6 uomini fra i primi 11, è forse un po’ poco per una nazione che aveva puntato tutto su Fayetteville…

Van Aert nazionali 2022

Van Aert vince e se ne va. Ma sogna un altro iride…

11.01.2022
5 min
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Nel complesso il weekend dedicato ai campionati nazionali non ha stravolto più di tanto i pronostici, certamente meno che in Italia. Tutti guardavano alla rassegna belga, perché doveva essere l’ultima recita stagionale di Wout Van Aert, quella dopo la quale avrebbe sciolto le riserve sulla partecipazione ai mondiali e sorprese non ce ne sono state: vittoria e messa in soffitta della bici da cross, ora si pensa solo alla strada.

Il suo successo a Middelkerke non è mai stato in discussione. Van Aert partiva come netto favorito e quella gara poteva solo perderla. Il campione della Jumbo Visma lo sapeva e ha scelto un approccio soft: «Sapevo che era decisiva la partenza, l’approccio alla prima curva – ha dichiarato dopo l’arrivo – una brutta scelta poteva compromettere la gara, l’esperienza di Hulst dimostra che i problemi nel ciclocross sono sempre dietro l’angolo. Poi ho pensato a controllare».

Van Aert MIddelkerke 2021
A MIddelkerke Van Aert ha dominato, con 1’16” su Sweeck e 1’27” su Hermans
Van Aert MIddelkerke 2021
A MIddelkerke Van Aert ha dominato, con 1’16” su Sweeck e 1’27” su Hermans

Dopo la “manita”, focus sulla strada

Tutti i cronisti, al di là del suo successo (nella foto d’apertura ©belga), volevano sapere la sua decisione, ma si era capito che quell’eventualità – partecipare alla rassegna iridata – non è realmente mai stata una vera opzione: «E’ stata una stagione breve ma molto intensa e ringrazio il mio team per il supporto che mi ha dato, ma ora il mio focus è sulla strada. A questa gara tenevo, volevo “completare la mano” – facendo segno del cinque, i titoli conquistati, ndr – do molta importanza a questa maglia perché potrò portarla un anno intero».

Niente mondiali quindi, ma l’iride resta sempre qualcosa di importante ai suoi occhi e nelle sue interviste anticipa un po’ quello che sarà uno dei leit motiv della sua stagione: «L’inverno è andato bene, ma abbiamo scelto di preparare la strada più velocemente e massicciamente per essere pronto per i primi grandi appuntamenti. Ma ho avuto buone stagioni anche quando ho tirato dritto fino alla fine dell’annata sui prati e magari lo rifarò. Intanto quest’anno un mondiale che mi tenta è a Wollongong: è un percorso più difficile di quanto si pensava, ammetto che ci sto puntando».

Iserbyt Middelkerke 2022
Ritiro anticipato per Iserbyt ai nazionali belgi: la mente è già verso i mondiali
Iserbyt Middelkerke 2022
Ritiro anticipato per Iserbyt ai nazionali belgi: la mente è già verso i mondiali

I belgi a caccia… dell’amalgama

E’ chiaro che la sua scelta avrà grandi ripercussioni sulla prova iridata: la sua assenza, unita a quella di Mathieu Van Der Poel, se da un lato sminuisce un po’ il valore della gara di Fayetteville, dall’altro cambia profondamente il suo schema tattico. Lo ammette Quinten Hermans, non a caso indicato in tempi non sospetti da Pontoni come uno dei più adatti al percorso americano, anche se a Middelkerke non ha convinto: «Ho sbagliato a cambiare sulla sabbia e così il secondo posto è andato. Volevo surfare con Wout almeno all’inizio, ma andava già in modo impressionante. Ai mondiali dovremo lavorare di squadra, noi del Belgio, se vorremo contrastare Pidcock».

Senza Van Aert però chi sarà la punta della squadra? Il rischio che si corra tutti contro tutti c’è, anche perché la nuova connotazione della gara iridata ha cambiato i piani di molti. Basti guardare Iserbyt, reduce dalla conquista anticipata della Coppa del Mondo ma che a Midderkerke è stato poco più che una semplice comparsa: «La giornata non era neanche male, considerando le mie condizioni di forma, ma avevo perso troppo all’inizio: il deragliatore ha ceduto e ho dovuto subito cambiare bici perdendo molto terreno. A quel punto o tiravo avanti per onor di firma o mi ritiravo e ho scelto la seconda opzione pensando ai mondiali. Ora vedremo come lavorare in queste tre settimane per arrivarci al meglio».

Van Der Haar Rucphen 2022
Senza avversari il campione europeo Van Der Haar a Rucphen. 2° Van Kessel a 51″, 3° Hendrikx a 58″
Van Der Haar Rucphen 2022
Senza avversari il campione europeo Van Der Haar a Rucphen. 2° Van Kessel a 51″, 3° Hendrikx a 58″

Senza VDP, Van Der Haar sogna la tripletta

Tutti guardano a Pidcock, l’unico dei “3 tenori” che sarà presente e che tra l’altro ha rinunciato alla conquista del titolo britannico partendo per il primo ritiro prestagionale della Ineos a dimostrazione che anche lui è già proiettato verso la stagione su strada. Se il Belgio deve costruire un’alchimia di squadra, cosa molto complicata, in Olanda la situazione è ben diversa. La federazione, anche guardando all’esito della gara nazionale dove dietro il vincitore annunciato Van Der Haar sono arrivati quasi tutti Under 23, ha scelto di iscrivere nella gara elite solo il campione europeo e Corne Van Kessel, suo vassallo nella rassegna arancione di Rucphen.

Van der Haar sapeva bene che in assenza di VDP difficilmente quella maglia poteva sfuggirgli: «Ho diviso la gara in due sezioni: nella prima, i primi due giri, ho pensato più a controllare la guida degli altri per capire dove potevo guadagnare, nella seconda ho scatenato i cavalli… Devo ammettere però che quando ho vinto gli Europei ero in una forma migliore: ora bisogna lavorare duro per Fayetteville, l’opportunità di completare la collezione di maglie è ghiotta e voglio sfruttarla».

Vos Rucphen 2022
La Vos ha confermato di amare il tracciato di Rucphen. Brand a 19″, Alvarado a 32″ (foto Cor Vos)
Vos Rucphen 2022
La Vos ha confermato di amare il tracciato di Rucphen. Brand a 19″, Alvarado a 32″ (foto Cor Vos)

Ora la Brand ha paura…

Già, la collezione di maglie, il Grande Slam. Concetti che nel ciclocross sono quasi sempre un miraggio. Lucinda Brand lo scorso anno era riuscita nell’impresa di abbinare le tre challenge all’iride, la possibilità è concreta anche in questa stagione, ma la collezione di maglie no, quella è sfumata perché Marianne Vos ci ha messo lo zampino: «Non mi sorprende – ha affermato l’iridata in carica – avevo già visto nelle prove della vigilia che su questo percorso aveva qualcosa in più, d’altronde nella tappa di Coppa del mondo sapete com’è andata». La gara infatti non ha avuto storia, l’esperta Vos ha sempre comandato la corsa e ora la guerra intestina nell’Olanda si fa sempre più intrigante. Per fortuna che il ciclocross non è come la strada e i giochi di squadra pesano meno…

Pidcock Coppa 2021

Van Aert stecca l’ottava sinfonia, Pidcock ringrazia

04.01.2022
5 min
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La storia del ciclocross insegna ancor più che altre discipline sportive che non c’è alcun corridore che possa davvero considerarsi imbattibile. In 24 ore Wout Van Aert ha imparato la lezione sulla propria pelle: il giorno prima, nel tradizionale appuntamento di Capodanno intitolato a Sven Nys, il campione della Jumbo Visma aveva colto la sua settima vittoria consecutiva nella stagione, staccando di 10” Tom Pidcock e sembrava quasi che quella vittoria, l’ennesima, avesse scavato un solco ben più profondo delle 10 tacche di orologio, fra sé e i suoi avversari.

Sono passate 24 ore, ma è come se il mondo si fosse messo a testa in giù. A Hulst, tappa olandese di Coppa del Mondo, l’ex iridato ha capito ben presto che tirava brutt’aria. Nel primo giro, mentre stava battagliando per guadagnare la testa della corsa e imporre il suo ritmo come ormai aveva abituato a fare nelle ultime settimane, la sua bici si è inceppata: la catena non voleva saperne di riagganciarsi alle corone e i box erano troppo lontani. Il belga si è messo d’impegno, è anche stato un meccanico veloce (ha impiegato una quarantina di secondi) ma ormai i primi erano lontani e si è ritrovato a partire dalla 32esima posizione.

Van Aert Hulst 2021
Van Aert alle prese con la catena, un problema che lo ha condizionato (foto cyclingmagazine.ca)
Van Aert Hulst 2021
Van Aert alle prese con la catena, un problema che lo ha condizionato (foto cyclingmagazine.ca)

Messaggio per Van der Poel

A quel punto la gara era andata: «Penso che la mia dose di fortuna si sia esaurita, non c’era alcun modo di correre per la vittoria – ha dichiarato al traguardo, neanche troppo deluso in verità – ho guardato qual era la situazione e ho capito che il 4° posto era il massimo a cui potevo puntare. Questo è l’altro lato delle corse, quello talvolta un po’ amaro, ma non volevo arrendermi».

Una frecciatina a Van der Poel? Forse, considerando quello che era successo meno di una settimana prima a Heusden-Zolder con il ritiro dell’olandese e la sua precipitosa fuga verso casa, ma può anche essere una considerazione maliziosa. L’infortunio alla schiena del campione del mondo è reale, soprattutto comincia a essere datato e cronico: difficilmente lo vedremo in gara prima dei mondiali e non è neanche detto che a Fayetteville Van Der Poel ci vada, considerando quel che c’è in ballo poche settimane dopo, ossia tutta la stagione su strada.

Van Aert Baal 2021
A Baal, nella gara intitolata a Sven Nys, Van Aert aveva colto la settima vittoria dell’anno
Van Aert Baal 2021
A Baal, nella gara intitolata a Sven Nys, Van Aert aveva colto la settima vittoria dell’anno

Si parte per l’Arkansas? Forse no…

Dal canto suo Van Aert non ha cambiato la sua strategia. Di mondiali non si parla fino a dopo i campionati nazionali di domenica prossima, le “regole d’ingaggio” considerando la diffusione del Covid negli Usa non cambieranno e si dovrà partire per l’Arkansas con corposo anticipo. La decisione sta a lui e anche nel suo caso la rinuncia sarebbe in funzione di tutto quel che ci sarà in seguito.

Resta così il terzo tenore e va detto che Tom Pidcock (nella foto di apertura) esce da Hulst rinfrancato nello spirito da una vittoria che ha un sapore speciale. Dopo le piazze d’onore di Heusden-Zolder e di Baal, il britannico ha colto la sua seconda vittoria al termine di una gara strana, un confronto quasi a distanza con Eli Iserbyt. Parlando con i giornalisti, lo stesso Pidcock ha chiarito i termini del suo successo: «Iserbyt mi è sempre rimasto vicino e alla lunga ciò mi ha portato anche a fare qualche errore nella seconda parte di gara. Credo che se avesse veramente voluto, avrebbe anche potuto agganciarmi. D’altronde avevo visto che cosa era successo a Van Aert e alla sua catena, non volevo accadesse anche a me, così nei passaggi tecnici l’ho presa più calma».

Pidcock Hulst 2021
Per Pidcock seconda vittoria in stagione. Con Iserbyt ormai c’è un conto aperto…
Pidcock Hulst 2021
Per Pidcock seconda vittoria in stagione. Con Iserbyt ormai c’è un conto aperto…

Pidcock fa la lepre…

La vittoria gli ha dato nuovo slancio: «Su questo percorso mi sono sentito abbastanza in palla. E’ diverso correre sempre all’inseguimento e mettersi davanti a fare la lepre, per molti versi è meglio perché hai più libertà nello scegliere le traiettorie. E’ stato un buon risultato».

Ancora una volta l‘esito della corsa lascia molte perplessità sulle scelte di gara di Iserbyt, ma a ben guardare il suo evitare di spremersi al massimo questa volta è stato giustificato: il secondo posto infatti gli ha consentito di mettere in ghiaccio la Coppa del mondo, con due gare di anticipo e questo trionfo ha per lui un sapore speciale. Non va dimenticato infatti quanto avvenne nel dicembre 2020, il terribile incidente occorsogli a Heusden-Zolder che in pratica gli costò ogni ulteriore obiettivo stagionale e che gli aveva lasciato tanto rammarico. Questa vittoria mette un punto nella sua ancor giovane carriera.

Iserbyt Hulst 2021
Iserbyt porta a casa la Coppa del Mondo, soprattutto grazie ai risultati d’inizio stagione
Iserbyt Hulst 2021
Iserbyt porta a casa la Coppa del Mondo, soprattutto grazie ai risultati d’inizio stagione

E Iserbyt mette il sigillo

Iserbyt non ha nascosto, nel corso della stagione, un senso di inferiorità nei confronti dei tre campioni provenienti dalla strada, ma a suo modo di vedere conquistare la Coppa del mondo nonostante loro ha un valore in più: «Erano tre anni che puntavo a questo traguardo, stavolta è andata bene. Mi piace averla vinta nel nuovo format, con 16 gare difficili e tutte diverse fra loro. Ho 28 gare nelle gambe, ma è servito a portare a casa qualcosa di grosso. Lo scorso anno l’infortunio mi tolse questa possibilità, stavolta no».

Le sfide fra il piccolo belga e Pidcock stanno diventando una costante e chissà che se i due grandi protagonisti delle ultime edizioni mondiali (dominatori incontrastati dal 2015) diserteranno la rassegna americana, non toccherà proprio a loro dare spettacolo sul percorso americano. Per ora il portacolori della Ineos Grenadiers l’ha sempre avuta vinta, ma il mondiale, come si sa, è un’altra storia…

Van der Poel ai box. Mondiali a rischio e gruppo in fermento

29.12.2021
5 min
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Non poteva essere solo per il mal di gambe. Infatti dopo la battuta d’arresto di Van der Poel nel Superprestige di lunedì, ecco giungere puntuale la comunicazione della Alpecin-Fenix. L’olandese ha ancora mal di schiena e domani non sarà all’Azencross di Loenhout. Il dannato dolore derivante dalla caduta di Tokyo continua a seguirlo come una maledizione.

«E’ frustrante – dice l’olandese – ma è quello che è. Il problema esiste da un po’ di tempo e sono parzialmente sollevato dal fatto che ci sia una causa identificabile che può essere risolta con riposo e trattamento extra. Tutti sanno che i mondiali negli Stati Uniti sono il primo grande traguardo del 2022, ma non sono certo l’unico né l’ultimo. Sono il primo a voler recuperare, ma senza la pressione del tempo, in modo da poter giocare tutte le mie possibilità. Riprenderò quindi le gare solo quando sarò completamente pronto. Se arrivo ai mondiali, è meglio. In caso contrario, non vedo l’ora che cominci la stagione primaverile su strada».

Vermiglio è stato il terzo cross di Van Aert, rientrato già vincente ai primi di dicembre
Vermiglio è stato il terzo cross di Van Aert, rientrato già vincente ai primi di dicembre

Rodaggio rapido

La schiena preoccupa e per la prima volta da quando lo si conosce ad alto livello, dovendo scegliere Mathieu ha anteposto la strada al cross. Se a questo si unisce la perplessità di Van Aert sulla trasferta iridata per il rischio di quarantene, lo scenario attorno al mondiale di Fayetteville riapre la porta agli specialisti del cross che si stavano già rassegnando alle briciole

Se infatti fino allo scorso anno Van Aert, Van der Poel e Pidcock avevano avuto bisogno di qualche gara di adattamento, quest’anno la fase di rodaggio è parsa ben più rapida e la cosa non ha mancato di suscitare riflessioni fra i colleghi, che pure gareggiavano già da due mesi. Da quando la stagione su strada era ancora in corso: il 10 ottobre si è corsa la prima Coppa del mondo negli Stati Unici, mentre Tadej Pogacar vinceva il Lombardia, una settimana dopo la vittoria di Colbrelli a Roubaix. Se a ciò si aggiunge che, proprio per aver iniziato così presto, le Feste di fine anno coincidono con un calo degli specialisti, ecco spiegata la frustrazione dell’ambiente.

Adrie Van der Poel (qui ai mondiali 1988) ha parlato della poca attività estiva dei crossisti
Adrie Van der Poel (qui ai mondiali 1988) ha parlato della poca attività estiva dei crossisti

Provocazione Van der Poel

Al danno si è aggiunta di recente la beffa, almeno dal loro punto di vista. Sposando un parere che aveva già trovato cittadinanza su bici.PRO dopo la gara di Vermiglio, Adrie Van der Poel, padre di Mathieu, ha parlato dell’attività degli specialisti del cross.

«Dovrebbero avere un programma su strada più consistente in estate – ha detto – per migliorare contro Wout e Mathieu nel ciclocross. Non è misurandosi contro i dilettanti su strada ad agosto che potranno gareggiare in inverno contro questi due».

I crossisti puri si dedicano quasi esclusivamente alla loro disciplina per sei mesi all’anno, tra settembre e febbraio. Raramente compaiono nelle gare su strada in estate. Corrono tutti con squadre continentali, il cui budget è quasi interamente dedicato al ciclocross e il cui calendario è evidentemente limitato.

Iserbyt è realista: sbagliato cercare lo scontro diretto
Iserbyt è realista: sbagliato cercare lo scontro diretto

La risposta di Iserbyt

Letto il parere di VdP senior, Iserbyt ha voluto rispondere, sentendosi forse preso di mira.

«Basterebbe che Adrie Van der Poel – ha detto – guardasse l’altro suo figlio (David, ndr) che si sta godendo un buon programma su strada con la Alpecin-Fenix, senza avere lo stesso livello di Wout e Mathieu. Devi sapere dove sei nella gerarchia. Non ho aspettato che Wout o Mathieu raccogliessero vittorie, altrimenti oggi il mio bilancio sarebbe a zero. Conosco il loro livello, è ben al di sopra di quello di Nys o Stybar ai loro tempi. All’inizio della mia carriera il mio sogno era batterli, ma ora ho capito che non aveva senso. Meglio vincere cinque gare senza di loro che due contro di loro. L’ho fatto due volte la scorsa stagione e anche Aerts ha battuto Mathieu, ma tutti si sono dimenticati di lui. Sappiamo tutti che quando tornano al ciclocross, inizia un’altra stagione. Se mi metto a seguirli, rischio di esplodere. Tanto vale riuscire a conquistare un posto d’onore per continuare a prendere punti in Coppa del mondo».

Nys Thibau Sven
Sven Nys con suo figlio Thibau, campione europeo U23 a Trento 2021
Nys Thibau Sven
Sven Nys con suo figlio Thibau, campione europeo U23 a Trento 2021

Nys rassegnato

E’ infatti innegabile che, al netto di ogni possibile osservazione, a fare la differenza sia il talento naturale di Van Aert e Van der Poel, con Pidcock in rapida ascesa. Per anni campioni come Sven Nys, Niels Albert o Erwin Vervecken sono rimasti padroni dell’inverno, oggi la tendenza si è completamente invertita. Forse solo il tre volte campione del mondo Zdenek Stybar era riuscito prima di loro ad avere un buon livello anche su strada, perdendo però le sue potenzialità nel cross. E la conferma viene proprio da Sven Nys, campione di tre mondiali, 13 Superprestige e tre Coppe del mondo e ora tecnico di Aerts e Van der Haar.

«Hanno raggiunto una tale perfezione – ha ammesso – da costringere gli altri a porsi obiettivi realistici. Se corrono come Wout durante i suoi primi due ciclocross, rischiamo di vivere un periodo natalizio senza vittorie».

Bart Wellens, vincitore di due mondiali, parla di motori evidentemente più potenti
Bart Wellens, vincitore di due mondiali, parla di motori evidentemente più potenti

Più cavalli e gomme nuove

Alla frustrazione sportiva, par di capire che si sommi anche quella finanziaria. Se infatti i tre stradisti ottengono rimborsi a quattro zeri, i ciclocrossisti puri sono costretti a mettere in fila quasi tutte le prove del calendario per ottenere un reddito accettabile. Per questo la comunicazione dello stop di Van der Poel ha spento i suoi tifosi, ma ha ridato il sorriso ai protagonisti della scena invernale.

«E’ come in Formula Uno – ha detto Bart Wellens, ex star del cross a Het Nieuwsblad – se arriva qualcuno con cinque cavalli in più e le gomme nuove. Non serve essere grandi esperti di automobilismo per capire che avrà un enorme vantaggio».

Ma a volte anche le monoposto più veloci si inceppano. Al ritmo di impegni e prestazioni cui si sottopongono quei due, c’è da augurarsi che siano sempre in salute. Altrimenti anche il recupero dal più banale infortunio diventa un calvario.

Vermiglio, fra poco si corre: i segreti di gomme e rapporti

12.12.2021
7 min
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La giornata di ieri ha visto i campioni del ciclocross provare e testare il circuito di Vermiglio, Coppa del mondo cx. Pidcock e la Vos, Iserbyt ed i nostri azzurri, Eva Lechner a guidare il folto plotoncino delle nostre atlete, tutti sulla neve alla ricerca del setting ottimale della bici.

Van Aert ha corso e vinto in Belgio, ma sarà della partita. Abbiamo rubato qualche immagine che stimola la curiosità degli appassionati e non solo. E poi il meccanico della FAS-Valcar&Service ci ha detto quali potrebbero essere le scelte degli atleti.

Un bel dettaglio della Pinarello di Pidcock, la svasatura dell’orizzontale che agevola la presa in spalla
Sulla Pinarello di Pidcock, la svasatura dell’orizzontale agevola la presa in spalla

Le soluzioni di Pidcock

Tre le Pinarello Crossista per Pidcock, tutte con differenti soluzioni, a partire dalla trasmissione, fino ad arrivare alle gomme. Due biciclette sono pronte con il doppio plateau anteriore, la combinazione è 46-39 (il pacco pignoni 11-30). Mentre la trasmissione è la Shimano Dura Ace Di2 11v. Una bicicletta invece è pronta con la monocorona da 44 denti (la corona è unbranding).

Una delle bici è gommata con i tubolari Challenge Limus Seta, specifiche per il fango, mentre una seconda è pronta con i tubolari Dune, sempre di casa Challenge e spesso utilizzati sui terreni sabbiosi ed inconsistenti. La terza bici invece, è settata con un tubolare “multipuntinato”, tanto veloce e scorrevole, un Team Edition di Challenge, ma senza riferimenti specifici in fatto di nome e misura.

Nel corso delle prove ufficiali, dalle 14 alle 16, il campione britannico ha provato i diversi setting, combinando anche le gomme più veloci a quelle maggiormente tassellate, tra anteriore e retrotreno. La scelta definitiva dovrebbe ricadere sui tubolari Challenge Grifo da 33. Tutte le bici sono equipaggiate con le ruote Shimano Dura Ace full carbon dal profilo medio. L’area tecnica del Team Ineos Grenadiers è condivisa con i corridori della compagine Trinity che in dotazione hanno le biciclette Specialized.

Due bici per Iserbyt

Il cockpit della Ridley X-Night è firmato Deda Superzero, con uno stem da 70 o 80 millimetri. Curiosa la scelta della sella, una Specialized S-Works Mimic. Interessante come soluzione, se pensiamo che questa sella corta è originariamente sviluppata per le donne.

Iserbyt utilizza delle ruote DT Swiss dal profilo medio, per tubolari e nella versione CRC. I tubolari sono Dugast: abbiamo notato due versioni, una veloce e una da fango. Quello veloce ha la banda del battistrada con il contrassegno 11Storm, sviluppata da Hutchinson (dettaglio curioso). Il belga ha compiuto diversi giri proprio con questi ultimi, senza fermarsi ai box e utilizzando una pressione compresa tra 1,1 e 1,2 bar. Doppia corona anteriore anche per lui, 46-39.

Vos, spettacolo da vedere

Marianne Vos guida come un uomo (di quelli bravi) e spinge forte sulla neve, senza mai dare l’impressione di subire le condizioni del terreno. La sua Cervélo R5 tutta nuova ha il doppio rapporto anteriore 44-36 e undici velocità posteriori (11/30). Tre le gommature pronte per lei, tubolari e firmati Dugast. Una per il fango con la sezione da 32, una veloce da 33 e una sorta di “multipuntinato” da 30. La Vos ha girato provando anche la pressione di 1 bar. E poi c’é quella gomma da 30 del belga Vandenbossche!

Le Challenge della Teocchi per la gara di Vermiglio
Le Challenge della Teocchi per la gara di Vermiglio

E l’Italia cosa fa?

Molto interessanti i tubolari di Chiara Teocchi, montati sulle Zipp. Challenge Team Edition anche in questo caso, ma con tasselli bassi e piramidali al centro, più pronunciati e spaziati ai lati. Jakob Dorigoni ha provato subito con le Challenge Grifo (veloci), per fare un secondo test con le Limus Team Edition rosse. In entrambi i casi la pressione di esercizio compresa tra l’1,1 e 1,25 bar.

Parla il meccanico

Geert Rombauts, storico meccanico del circus e agli inizi alla Telekom con Jan Ullrich, dopo tante stagioni nel WorldTour dà supporto alle ragazze del FAS-Valcar Travel&Service. A Vermiglio c’è anche lui.

Geert Rombauts, dopo anni tra i professionisti, ora è nel circus del ciclocross
Geert Rombauts, ora nel circus del ciclocross

«Molti atleti hanno già deciso e opteranno per le gomme veloci – spiega – ma con una tassellatura in grado di offrire trazione e grip in curva. La scelta delle pressioni dipenderà molto dal peso del ciclista e anche dallo stile di guida. Ci sarà qualcuno che sceglierà all’ultimo, dopo aver provato ancora una volta a ridosso dell’orario di partenza. Dobbiamo considerare che le condizioni della neve potrebbero essere diverse da quelle di oggi, anche in base alla temperatura.

«Le donne staranno intorno ad 1 bar di pressione, 0,9, comunque non credo si superi 1,1. Gli uomini potranno arrivare anche a 1,2. Qualche belga ha provato 1,3, ma poi ha mollato un poco, subito dopo il primo giro. Inoltre sarà importante tenere la catena ben lubrificata, un buon trucco per evitare che la neve si depositi».