La storia del ciclocross insegna ancor più che altre discipline sportive che non c’è alcun corridore che possa davvero considerarsi imbattibile. In 24 ore Wout Van Aert ha imparato la lezione sulla propria pelle: il giorno prima, nel tradizionale appuntamento di Capodanno intitolato a Sven Nys, il campione della Jumbo Visma aveva colto la sua settima vittoria consecutiva nella stagione, staccando di 10” Tom Pidcock e sembrava quasi che quella vittoria, l’ennesima, avesse scavato un solco ben più profondo delle 10 tacche di orologio, fra sé e i suoi avversari.
Sono passate 24 ore, ma è come se il mondo si fosse messo a testa in giù. A Hulst, tappa olandese di Coppa del Mondo, l’ex iridato ha capito ben presto che tirava brutt’aria. Nel primo giro, mentre stava battagliando per guadagnare la testa della corsa e imporre il suo ritmo come ormai aveva abituato a fare nelle ultime settimane, la sua bici si è inceppata: la catena non voleva saperne di riagganciarsi alle corone e i box erano troppo lontani. Il belga si è messo d’impegno, è anche stato un meccanico veloce (ha impiegato una quarantina di secondi) ma ormai i primi erano lontani e si è ritrovato a partire dalla 32esima posizione.
Messaggio per Van der Poel
A quel punto la gara era andata: «Penso che la mia dose di fortuna si sia esaurita, non c’era alcun modo di correre per la vittoria – ha dichiarato al traguardo, neanche troppo deluso in verità – ho guardato qual era la situazione e ho capito che il 4° posto era il massimo a cui potevo puntare. Questo è l’altro lato delle corse, quello talvolta un po’ amaro, ma non volevo arrendermi».
Una frecciatina a Van der Poel? Forse, considerando quello che era successo meno di una settimana prima a Heusden-Zolder con il ritiro dell’olandese e la sua precipitosa fuga verso casa, ma può anche essere una considerazione maliziosa. L’infortunio alla schiena del campione del mondo è reale, soprattutto comincia a essere datato e cronico: difficilmente lo vedremo in gara prima dei mondiali e non è neanche detto che a Fayetteville Van Der Poel ci vada, considerando quel che c’è in ballo poche settimane dopo, ossia tutta la stagione su strada.
Si parte per l’Arkansas? Forse no…
Dal canto suo Van Aert non ha cambiato la sua strategia. Di mondiali non si parla fino a dopo i campionati nazionali di domenica prossima, le “regole d’ingaggio” considerando la diffusione del Covid negli Usa non cambieranno e si dovrà partire per l’Arkansas con corposo anticipo. La decisione sta a lui e anche nel suo caso la rinuncia sarebbe in funzione di tutto quel che ci sarà in seguito.
Resta così il terzo tenore e va detto che Tom Pidcock (nella foto di apertura) esce da Hulst rinfrancato nello spirito da una vittoria che ha un sapore speciale. Dopo le piazze d’onore di Heusden-Zolder e di Baal, il britannico ha colto la sua seconda vittoria al termine di una gara strana, un confronto quasi a distanza con Eli Iserbyt. Parlando con i giornalisti, lo stesso Pidcock ha chiarito i termini del suo successo: «Iserbyt mi è sempre rimasto vicino e alla lunga ciò mi ha portato anche a fare qualche errore nella seconda parte di gara. Credo che se avesse veramente voluto, avrebbe anche potuto agganciarmi. D’altronde avevo visto che cosa era successo a Van Aert e alla sua catena, non volevo accadesse anche a me, così nei passaggi tecnici l’ho presa più calma».
Pidcock fa la lepre…
La vittoria gli ha dato nuovo slancio: «Su questo percorso mi sono sentito abbastanza in palla. E’ diverso correre sempre all’inseguimento e mettersi davanti a fare la lepre, per molti versi è meglio perché hai più libertà nello scegliere le traiettorie. E’ stato un buon risultato».
Ancora una volta l‘esito della corsa lascia molte perplessità sulle scelte di gara di Iserbyt, ma a ben guardare il suo evitare di spremersi al massimo questa volta è stato giustificato: il secondo posto infatti gli ha consentito di mettere in ghiaccio la Coppa del mondo, con due gare di anticipo e questo trionfo ha per lui un sapore speciale. Non va dimenticato infatti quanto avvenne nel dicembre 2020, il terribile incidente occorsogli a Heusden-Zolder che in pratica gli costò ogni ulteriore obiettivo stagionale e che gli aveva lasciato tanto rammarico. Questa vittoria mette un punto nella sua ancor giovane carriera.
E Iserbyt mette il sigillo
Iserbyt non ha nascosto, nel corso della stagione, un senso di inferiorità nei confronti dei tre campioni provenienti dalla strada, ma a suo modo di vedere conquistare la Coppa del mondo nonostante loro ha un valore in più: «Erano tre anni che puntavo a questo traguardo, stavolta è andata bene. Mi piace averla vinta nel nuovo format, con 16 gare difficili e tutte diverse fra loro. Ho 28 gare nelle gambe, ma è servito a portare a casa qualcosa di grosso. Lo scorso anno l’infortunio mi tolse questa possibilità, stavolta no».
Le sfide fra il piccolo belga e Pidcock stanno diventando una costante e chissà che se i due grandi protagonisti delle ultime edizioni mondiali (dominatori incontrastati dal 2015) diserteranno la rassegna americana, non toccherà proprio a loro dare spettacolo sul percorso americano. Per ora il portacolori della Ineos Grenadiers l’ha sempre avuta vinta, ma il mondiale, come si sa, è un’altra storia…