Chi si rivede: il Saudi Tour rilancia Formolo

09.02.2023
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La messe di vittorie italiane, arrivate in serie la scorsa settimana, ha fatto passare un po’ in second’ordine un grande risultato conseguito da un altro portacolori del ciclismo nostrano. Al Saudi Tour Davide Formolo ha conquistato la seconda piazza nella classifica generale, dopo un’altra piazza d’onore nella quarta tappa e un altro posizionamento nei primi 10. Risultati di spicco che per il veneto suonano come una boccata d’aria fresca, dopo un 2022 difficile.

Formolo è ripartito esattamente da dove aveva finito, con il 2° posto al Veneto Classic dietro il compagno di colori Marc Hirschi. Di mezzo un inverno di lavoro, una fase particolarmente delicata per lui.

«Era qualche anno che non vivevo un inverno così tranquillo, da dedicare interamente alla preparazione curando anche i dettagli. Ho sempre avuto qualche acciacco, inutile star qui a ripetere tutte le traversie dello scorso anno: praticamente ho cominciato a correre come volevo io quando la stagione stava finendo… I risultati in Arabia mi danno fiducia perché significa che il lavoro già dà buoni frutti».

Quarta tappa, in volata Guerreiro (a sinistra) beffa Formolo, ipotecando la generale
Quarta tappa, in volata Guerreiro (a sinistra, fuori immagine) beffa Formolo, ipotecando la generale
Rispetto alla seconda piazza di fine stagione c’è una differenza sostanziale: qui si parla di una corsa a tappe…

Per carità, non è certo il Tour de France, ma era una bella gara, con corridori forti al via che avevano ambizioni. E potermela giocare alla pari mi ha rinfrancato. Alla vigilia erano partiti con me e Grosschartner come uomini da classifica, ma Felix all’inizio non stava bene e ha perso terreno, così tutta la squadra ha lavorato per me e questo mi ha fatto sentire bene: non accadeva da tempo…

Che cosa ti è rimasto delle disavventure di cui accennavi prima?

La sensazione che devi prestare attenzione sempre, ad ogni cosa. Basta un attimo perché tutto il lavoro vada in frantumi. Ti racconto un piccolo aneddoto: lo scorso anno, quando mi sono rotto la mano nell’attraversamento del cinghiale, ero in discesa dopo aver fatto un test di 20 minuti. Beh, non avevo mai avuto i valori che ho riscontrato in quel test, per questo quell’infortunio mi ha fatto ancora più rabbia.

Formolo sul podio con il portoghese e Buitrago. Per il veneto è un podio beneaugurante
Formolo sul podio con il portoghese. Per il veneto è comunque un podio beneaugurante
Ora neanche il tempo di disfare le valigie e si ritorna nella penisola araba…

Sì, ci attende il Tour dell’Oman, che rispetto all’altra gara è un po’ più duro, ma a me non dispiace, perché troveremo tappe leggermente più lunghe e impegnative e a me sono sempre piaciute le prove di fondo, ho più possibilità per giocarmi le mie carte. Nel team entrerà Ulissi, che so essere già in buona forma. Vedremo come si metterà la corsa, quel che è certo è che partiamo per portare qualcosa a casa.

Hai cambiato qualcosa nella preparazione?

Nulla di rilevante, diciamo che in accordo con il team, visto che seguo direttamente quel che è previsto dai preparatori interni, lavoriamo su quelle caratteristiche ormai consolidate in quasi 10 anni di attività ai massimi livelli. C’è poco da cambiare, bisogna curare soprattutto i dettagli.

Formolo con Hirschi, secondo e primo alla Veneto Classic di fine stagione 2022
Formolo con Hirschi, secondo e primo alla Veneto Classic di fine stagione 2022
Hai parlato da leader, una posizione alla quale sembravi un po’ disabituato dopo le ultime stagioni lavorando soprattutto al servizio di Pogacar.

Sto ritrovando piano piano la mia dimensione. E’ chiaro che quando Tadej è in squadra, il capitano è lui. A me queste gare servono per rafforzare la convinzione che dietro ai big, a gente come Tadej ma anche Evenepoel, Vingegaard, Van Aert ossia campioni che sono destinati a contrassegnare un’epoca, c’’è un gruppo di corridori validi dei quali posso far parte anch’io. A proposito del lavoro con Pogacar c’è poi un’altra considerazione da fare.

Quale?

Io non sono veloce. Non avendo la volata è più difficile mettermi in mostra, ma posso essere molto utile con le mie caratteristiche nello scortare Tadej o nello svolgere specifici compiti. Ciò non toglie però che durante la stagione capitano anche le occasioni dove emergere, se il mio livello di forma è buono. Ma le occasioni vanno anche cercate, essere sempre attenti a come si mette la corsa, perché ogni giorno può essere il tuo.

Il veneto davanti a Grosschartner: i due erano i capitani della Uae nell’occasione
Il veneto davanti a Grosschartner: i due erano i capitani della Uae nell’occasione
Dì la verità: aver chiuso a 8” dal portoghese Guerreiro non ti ha fatto un po’ rabbia?

Un po’ sì: nella quarta tappa c’era uno strappetto dove si poteva provare a fare qualcosa per poter vincere, probabilmente col senno di poi poteva essere impostato diversamente. Anche nella tappa conclusiva c’era l’ultima salita che poteva essere affrontata in progressione cercando di fare selezione. Alla fine quando arrivi secondo è stata una bella avventura, ma negli annali ci resta chi vince. Avere però il dente avvelenato è un’arma in più quando devi tornare a correre…

Formolo, un altro buon motivo per tirare fuori la testa

06.12.2022
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La ruota legata alla rete sul Col de Castillon, come ultimo saluto per Rebellin, lungo la strada che da Mentone sale verso l’interno. “Sarai sempre al mio fianco in ogni singola uscita in bici…”, ha scritto Davide Formolo su Instagram e assieme a lui hanno posato gli amici di tanti allenamenti. Trentin e Covi, i fratelli Bonifazio, Troìa e due amatori. Poi il discorso passa a un’altra foto. In questa c’è Formolo, 21 anni, e accanto Rebellin che ne ha già 43.

«Siamo noi due insieme al Turchia – dice – le prime vere fatiche. Lì mi chiese in che anno fossi nato, così non ho più dimenticato che il 1993 era stato anche il suo primo anno da professionista. Non ci capitava di allenarci troppo spesso insieme, con i programmi d’allenamento al giorno d’oggi è difficile combaciare con gli altri. Però se potevo, quando lo vedevo mi giravo sempre. Davide era come un libro aperto per me. E poi caratterialmente mi sembrava anche molto simile a me, sinceramente…»

Primo anno da pro’ per Formolo, 43 anni per Rebellin. I due si conoscono così, su un podio in Turchia
Primo anno da pro’ per Formolo, 43 anni per Rebellin. I due si conoscono così, su un podio in Turchia

Si riparte

A breve sarà il tempo di chiudere la prima valigia e poi Formolo partirà per il primo ritiro europeo del UAE Team Emirates. Per il veronese della Valpolicella quella in arrivo sarà la decima stagione da professionista, con un biennale in tasca e tanta voglia di riprendersi qualcosa che pensa di aver lasciato lungo la strada.

«L’ultimo è stato un anno molto particolare – dice – soprattutto la prima parte di stagione. A gennaio mi sono rotto la mano, ho iniziato a correre e appena dopo la Sanremo mi sono preso l’influenza, perciò ho fatto la settimana a letto. Il tempo di rimettermi in piedi e sono andato ai Baschi. Ma non avendo toccato la bici per una settimana, mi è venuta la tendinite al ginocchio che mi ha tenuto fermo due settimane. Poi sono direttamente al Giro d’Italia. L’ho finito e due giorni dopo ho preso il Covid. Non è stata proprio una bella inizio di primavera.

«A quel punto abbiamo fatto un break estivo per prepararci bene per le classiche di fine stagione, dove finalmente sono tornato ad essere il Davide a cui era abituato, perché è stato un inizio di stagione veramente complicato e molto sofferto anche a livello emotivo».

Appena tre giorni prima della morte di Rebellin, anche Formolo era con lui a Monaco per Beking
Appena tre giorni prima della morte di Rebellin, anche Formolo era con lui a Monaco per Beking
Perché a livello emotivo?

Purtroppo correvo ed ero infortunato e questo per un corridore è la cosa più brutta. Andare alle corse senza poter dare il massimo. Quindi adesso si riparte sperando che vada tutto bene. Cerchiamo di imparare dagli errori e di curare ancora di più i dettagli rispetto a quello cui siamo abituati. D’altronde il nuovo ciclismo ci insegna questo. Che già a novembre abbiamo la tabella di nutrizione e quella di allenamento a 360 gradi. Non si può lasciare nulla al caso neanche nei mesi invernali.

Alla Cannondale parlavano di te come l’erede designato di Basso: grandi Giri e maglie di leader. Soddisfatto di come è andata finora?

A me piacerebbe senz’altro venire fuori di più. Però è anche vero che, guardandomi attorno, siamo in una squadra così forte che per ogni gara cui andremo, abbiamo un capitano che può vincere la classifica, oppure uno sprinter che può vincere le volate. Se io potessi fare la mia corsa, sarei felice onestamente se potessi entrare nei primi 5 delle classifiche generali. Abbiamo dei capitani così forti, che non possiamo giocarci le nostre carte. E alla fine anche questo è un ruolo che mi piace, sinceramente.

Si può essere soddisfatti anche lavorando per gli altri?

A me piace vincere. Quello in cui ho sempre fatto fatica quando facevo classifica per conto mio era difendermi nel giorno in cui non ero super. Perciò mi piace vincere, mi piace l’emozione dell’arrivo dopo la vittoria. E  se riesco a fare un buon lavoro per un capitano che poi porta a casa la vittoria, emozionalmente per me è come aver vinto.

Al Lombardia, Formolo ha lavorato per Pogacar che poi ha vinto per il secondo anno consecutivo
Al Lombardia, Formolo ha lavorato per Pogacar che poi ha vinto per il secondo anno consecutivo
E non ti manca la vittoria di Davide?

Certamente ogni tanto mi piacerebbe, magari andare in fuga e vincere qualche tappa. Sono convinto che riuscirò a ritagliarmi anche qualche piccolo spazio per me.

Ai ragazzini che passavano una volta si diceva: resetta tutto e si ricomincia da capo. Adesso non resettano niente, come com’è stato quando sei passato tu?

Molto diverso. Al primo anno era vietato fare un grande Giro, al giorno d’oggi passano e fanno il podio al primo anno. Ayuso quest’anno alla Vuelta, Tadej due anni fa. O comunque Remco (Evenepoel, ndr) al Giro d’Italia: l’anno scorso è caduto, ma quest’anno alla Vuelta, il secondo grande Giro, ha vinto. E’ un nuovo ciclismo e anche noi ci dobbiamo adattare. Certamente con gli strumenti che abbiamo al giorno d’oggi, hanno un database di watt, calorie bruciate per giorno, metodo di allenamento… Oramai con un database così importante, riescono a estrarre il massimo da ogni corridore, anche di giovane età.

Poco fa, hai fatto il nome di alcune grandi eccezioni: ti rendi conto che non sono la regola?

Sono fenomeni, sono campioni. Se fosse passato cinque anni fa, magari Remco ci avrebbe messo due stagioni in più per vincere la Vuelta, se non addirittura 5-6. Invece ha vinto a 22 anni. E questo significa che lui e pochi altri sono avanti di tre anni sui tempi.

In allenamento con Tadej, si capisce che è un fenomeno?

Lui è un altro mondo, perché i watt che ha già al medio sono tanta roba. Ovviamente per avere una soglia così alta, vuol dire che ci sono anche un medio e una base a tutt’altro livello rispetto agli altri.

Dove vorresti far bene l’anno prossimo?

Mi piace molto la Strade Bianche. Mi piace molto, per dire, anche il Giro d’Italia. Oppure la Sanremo. Che sia per vincere o comunque per fare un lavoro importante, per me è un sogno. Vincere dopo aver fatto un lavoro con i controfiocchi è proprio come se vincessi io…

Veneto Classic, vince Hirschi, saluta Rebellin

16.10.2022
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L’ultimo atto dei tre in programma, l’ultimo della stagione 2022. E’ la giornata della Veneto Classic, arrivata alla sua seconda edizione, che chiude ufficialmente il calendario italiano di quest’anno. Tanti i professionisti che hanno preso il via, da Matteo Trentin, fresco di vittoria al Giro del Veneto, a Miguel Angel Lopez, in corsa anche nella gravel di venerdì scorso, fino a Davide Rebellin, all’ultima corsa in carriera

Quasi 3.000 metri di dislivello

190 i chilometri della classica veneta, da Treviso a Bassano del Grappa (sede della gran fondo VeneToGo di sabato) per un totale di 2.900 metri di dislivello. Una giornata tra le terre del Prosecco con tante salite storiche: dopo un primo tratto pianeggiante, arriva subito il muro di Ca’ del Poggio, con i suoi 1.150 metri al 12,3% di pendenza media. Si entra poi nel primo circuito con la salita della Rosina (2,1 chilometri al 6,5%), affrontata dal gruppo tre volte. Nel secondo circuito lo spettacolo è sulla Tisa, lo strappo di 330 metri al 15,2%, con il fondo in pietra simile al pavé. Ultime asperità di giornata la salita di Diesel Farm, su strada bianca, e lo strappo di Contrà Soarda

Formolo ha chiuso il suo 2022 con una prestazione da luogotenente. Il secondo posto brucia o appaga?
Formolo ha chiuso il suo 2022 con una prestazione da luogotenente. Il secondo posto brucia o appaga?

Argento Formolo

Una giornata guidata dagli uomini UAE Team Emirates che hanno corso in testa al gruppo, rincorrendo i fuggitivi di giornata, usciti sul muro di Ca’ del Poggio, poi ripresi. Trentin ci prova, ma con un eccellente lavoro di squadra, ad avere la meglio è lo svizzero Marc Hirschi, che scatta in discesa e fa il vuoto. Arriva contento, quasi non ci crede, ed è visibilmente emozionato. Ad abbracciarlo il suo compagno Davide Formolo, che conclude la stagione con un secondo posto. 

«E’ stata una corsa molto dura – ci dice Roccia – ma abbiamo fatto un ottimo lavoro di squadra conquistando la prima, la seconda e la quinta posizione con Trentin. Finalmente è finita la stagione, ora un po’ di riposo. Le ultime salite erano proprio toste, lo sterrato è stato decisivo a mio avviso, ma c‘è poco da fare, siamo stati i più forti».

Firma svizzera

Una grande unione di squadra quella della UAE Team Emirates come ha sottolineato, raggiante, il vincitore stesso, che il 14 settembre aveva vinto il Giro della Toscana..

«Sono molto soddisfatto – dice – del lavoro che abbiamo fatto come team. Eravamo sempre davanti, nonostante la corsa fosse veramente molto dura, specialmente nel settore in strada bianca. Alla fine quando ho saputo che dietro di me c’era Formolo da solo, ho capito che uno di noi avrebbe vinto, ed ero già molto contento. Quando poi sono arrivato sotto l’arrivo, non ci potevo credere. Davvero una bella vittoria».

Dietro Hirschi e Formolo, sul podio sale Conci: lo svizzero gli è scappato in discesa…
Dietro Hirschi e Formolo, sul podio sale Conci: lo svizzero gli è scappato in discesa…

Tecnica, non gambe

A chiudere il podio, per l’Alpecin-Deceuninck, un magnifico Nicola Conci, che arriva senza rammarichi.

«Nonostante le sensazioni delle ultime settimane, non proprio ottimali – dice – oggi stavo abbastanza bene. In realtà, desideravo che sin dalla Rosina la corsa si facesse dura, ma non c’erano molte squadre che potessero fare grandi azioni e la vera esplosione c’è stata sul primo passaggio sulla Tisa. Purtroppo sull’ultima discesa della Diesel Farm è partito Hirschi davanti a me e io non sono più riuscito a chiudere. E’ vero che mi ha staccato, ma l’ha fatto in una parte molto tecnica, quindi più che le gambe è mancata da parte mia proprio l’abilità».

Grazie Davide

Un ultimo appuntamento significativo anche, forse soprattutto, per il nostro Davide Rebellin, che dopo trent’anni conclude qui la sua carriera.

«Ci tengo a salutare e ringraziare i miei tifosi – dice – che ci sono sempre stati durante tutti i miei anni da professionista. Sicuramente non smetterò di pedalare, ma è ora di lasciare il ciclismo, sento che questo è il momento giusto».

Un trittico veneto che si preannuncia a diventare uno dei grandi appuntamenti del calendario italiano, e non solo, sulla regia di un magistrale Filippo Pozzato. Una corsa diversa, forse perché in luoghi magnifici, forse per la nostalgia del suo essere “l’ultima”, sicuramente un “arrivederci” degno della stagione che ci lasciamo alle spalle.

A tutto Formolo. Intanto Ackermann vince di forza

02.08.2022
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Tour de Pologne. A Sanok, in un arrivo in volata atipico, visto lo strappo di 300 metri poco prima della linea del traguardo, vince Pascal Ackermann. Un successo di forza, voluto e cercato con tutte le energie rimaste dopo un finale ad altissima velocità. Pascal taglia il traguardo per primo e la folla, riunitasi nella piazza di Sanok, contornata da edifici rinascimentali color pastello, esplode in un boato. «Domani sarà l’Ackermann day», aveva scherzato sul palco della presentazione dei team giovedì scorso Formolo, con qualche giorno di ritardo ma potremmo dire che quel momento è arrivato.

«Quello trascorso per me è stato un periodo difficile – dice il tedesco con il volto rosso mentre si disseta avidamente da una bottiglietta d’acqua – l’infortunio patito a inizio stagione mi ha frenato. Ora sto bene, dopo il secondo posto di domenica ecco la vittoria, ci voleva.

«Il mio grande obiettivo sono gli europei, ma dovrò capire se riuscirò a far parte del team. Poi ci sarà la Vuelta, sarà dura ma la fiducia c’è e la voglia di fare bene anche».

Ackermann vince la quarta tappa del Tour de Pologne con forza e determinazione, ora sogna gli europei
Ackermann vince la quarta tappa del Tour de Pologne con forza e determinazione, ora sogna gli europei

Il solito sorriso

Il parcheggio dei bus delle squadre a Chelm, dove incontriamo Davide Formolo, è a pochi metri dal palco del foglio firma. Arriviamo nel piazzale intorno alle 10, il cielo sopra di noi è grigio e minaccia di piovere, le nuvole sono così basse che hai l’impressione di poterle stringere in una mano. Piano piano arrivano i bus dei team, uno dei primi è quello del UAE Team Emirates, con a bordo Davide Formolo e compagni. 

Davide ci accoglie seduto sulle scalette del bus, tuta della UAE Emirates, occhiali tondeggianti ed il sorriso stampato in faccia, quello non glielo toglie nessuno. «Vi va bene se facciamo l’intervista sulle scale? – ci dice, noi accettiamo, come si fa a dirgli di no? – così non metto le scarpe». Gli chiediamo subito come sta.

«Sto bene, ormai sono un affezionato del Giro di Polonia, è la mia sesta partecipazione, quando facevo Giro e Vuelta era perfetto per prepararsi perché cade esattamente ad un mese dall’inizio della seconda. Quest’anno però non farò la corsa spagnola, ma le corse in Italia quindi siamo più tranquilli non dovendo preparare una grande corsa a tappe.

«Dopo il Polonia mi sposterò in Canada e correrò lì. Prepariamo un bel finale di stagione, ci sono tante belle classiche: il Giro dell’Emilia, il Lombardia, dove aiuterò Tadej a conquistare il bis. Poi ci sono anche le due nuove gare in Veneto che sono interessanti, spero di poter giocare le mie occasioni nelle gare di casa».

Formolo non perde mai il buon umore, eccolo che scherza con i compagni durante la presentazione delle squadre
Formolo non perde mai il buon umore, eccolo che scherza con i compagni durante la presentazione delle squadre

Il Tour da casa

Quest’anno Formolo non ha corso il Tour accanto al suo amico Pogacar, lo ha visto da casa, ma il suo supporto all’amico e compagno di squadra non è mancato.

«Che gara che è venuta fuori – esclama Davide – è stata impressionante, bellissima da vedere. Il fatto che Tadej non avesse addosso la maglia gialla lo ha spinto ad attaccare sempre, lo ha fatto anche sugli Champs Elysées – ridacchia – più di così non poteva fare. Io ho visto il solito Pogacar, un corridore che attacca e che non si tira mai indietro. Non lascia nulla al caso, ha una serenità che gli permette di tentare anche queste azioni da lontano».

«Mi ricordo alla Vuelta del 2019, dove fece terzo, che eravamo caduti nella crono a squadre, doveva recuperare minuti e l’ultima settimana l’aveva fatta sempre all’attacco. Quest’anno è stato simile, questo suo modo di fare dimostra un po’ quel che è lui, un ragazzo che non ha perso la sua essenza della quale ci siamo tanto appassionati».

Davide poco prima del via della seconda tappa: Chelm-Zamosc
Davide poco prima del via della seconda tappa: Chelm-Zamosc

Due contro uno

Cosa pensa Formolo, compagno di migliaia di giornate in sella, della crisi che ha colpito Pogacar sul Granon? Una situazione anomala che sembrava non dovesse arrivare mai per lo sloveno. 

«E’ stato strano vederlo soffrire – dice con una grande risata – è ciclismo, doveva succedere prima o poi che dovesse perdere. Certo che perdere e fare secondo al Tour non è mica male – dice prolungando la risata – sarebbe bello perdere sempre così. La Jumbo-Visma aveva una bella squadra, Vingegaard è andato forte ed è stato bravo ad amministrare il vantaggio che aveva, facendo la stoccata finale quando ha vinto sull’ultimo arrivo in salita.

«Il duplice attacco della Jumbo nella tappa del Granon era inaspettato, si è trovato in una situazione diversa e dovrà imparare a gestirla, alla fine è giovane. Nel calcio c’è un proverbio che dice “O si vince o si impara” e quest’anno Tadej ha vinto un po’ meno ed ha imparato qualcosa in più».

Formolo è stato tante volte accanto a Tadej, eccoli alla Sanremo di quest’anno
Formolo è stato tante volte accanto a Tadej, eccoli alla Sanremo di quest’anno

Ci vuole pazienza

Il foglio firma chiama e Formolo parte insieme ai compagni di squadra. A pochi minuti dal via vediamo il corridore veneto parlare e scherzare con Zhao, l’addetto stampa del suo team. Davide non perde mai il buon umore e la calma, una personalità come la sua aiuta a distendere i nervi nei momenti tesi della corsa. Magari quel che è mancato alla UAE Emirates in Francia è stata proprio la serenità che Formolo è in grado di portare.

«I miei compagni hanno fatto una grande corsa – dice con serenità – ci sono state anche delle complicazioni non indifferenti. I numerosi casi Covid e qualche episodio sfortunato, come la rottura della catena da parte di Majka. Alla fine a Parigi sono arrivati solamente in quattro, non si può rimproverare nulla a nessuno. Tadej lo incontrerò in Canada probabilmente, non so ancora con precisione i suoi programmi. Dopo il Tour non sono riuscito a sentirlo, anche perché lui è tornato ed in contemporanea io sono venuto qui in Polonia».

Da segnalare il terzo posto di Jonathan Milan, il secondo in terra polacca. «Ci ho preso gusto!» dice scherzando prima di fuggire ai bus delle squadre. Il meteo minaccia pioggia, meglio mettere la testa al riparo, Il Tour de Pologne è ancora lungo. E magari anche Formolo potrà ritrovare una vittoria.

Joao non c’è più, come cambiano i piani in casa UAE Emirates

27.05.2022
4 min
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Il ritiro di Joao Almeida è stato un brutto colpo per la UAE Emirates. Un fulmine a ciel sereno che in pochi, nessuno, si aspettava. Le facce di diesse e corridori ieri al via da Borgo Valsugana erano scure. 

Avevano lavorato molto per questo obiettivo e avevano anche corso in un certo modo, proprio per supportare Almeida. Meno fughe del solito e quelle centrate fatte quasi con il solo scopo di portare avanti un uomo in caso di necessità.

I tre italiani del team, “capitan” Diego Ulissi, Davide Formolo e Alessandro Covi, li abbiamo intercettati ieri al termine della frazione, in quel di Treviso.

Ulissi, immediatamente dopo l’arrivo di Treviso
Ulissi, immediatamente dopo l’arrivo di Treviso

Ulissi realista

Diego Ulissi è colui che ci è sembrato più scosso. Subito dopo l’arrivo era abbastanza contrariato. E ci sta, un po’ la stanchezza di una tappa corsa ancora a tutta e un po’ la consapevolezza che i giochi sono fatti e spazio per recuperare ce n’è davvero poco.

«Come cambia il nostro Giro? E come cambia… si cercava di far classifica con Almeida, vi lascio immaginare…

«Si cercherà di combinare qualcosa con le forze rimaste». E lui di forze ne ha spese, per Almeida ma anche per Gaviria.

Poche parole e Diego scappa via tra la folla per tornare ai bus. Ma prima di andare aggiunge che non avrà più spazio degli altri giorni per provarci.

Ormai Diego è esperto e sa che il tempo e la strada in queste ultime due frazioni, la crono neanche la consideriamo, sono pressoché nulle. Ma conoscendolo se avrà solo mezza possibilità oggi farà di tutto per essere lì davanti.

Formolo è andato spesso in fuga, ma per essere un punto d’appoggio per Almeida
Formolo è andato spesso in fuga, ma per essere un punto d’appoggio per Almeida

Parola a Formolo

Il veronese non perde il suo sorriso e il suo consueto buonumore, ma ieri anche lui a Treviso non sprizzava gioia come sempre. Una giornata non bella per la UAE Emirates, iniziata col ritiro del portoghese e conclusasi senza che Gaviria si sia giocato la volata.

«Senza Joao la speranza era di combinare qualcosa oggi (ieri, ndr) con Fernando – ha detto Davide Formolo – ma davanti sono andati davvero forte. Per il resto vivremo alla giornata e vedremo cosa fare. Abbiamo lavorato molto per lui (Almeida, ndr) e Joao aveva lavorato molto per sé. Ci credeva, si era impegnato al massimo, stava bene ed è veramente un peccato.

«Se avrò possibilità di provarci? Quella sì, ma prima servono le gambe». E oggi in tanti vorranno provare.

Covi ha aiutato Joao sul Menador. Alessandro faceva parte della fuga e si è poi messo a disposizione del capitano
Covi ha aiutato Joao sul Menador. Alessandro faceva parte della fuga e si è poi messo a disposizione del capitano

Covi, delusione e riscatto

Dai due veterani si passa poi al piccolo, ad Alessandro Covi. Se il “Puma di Taino” ancora gioisce per lo scudetto del suo Milan, non fa certo i salti di gioia per l’abbandono di Almeida.

«Il ritiro di Joao – racconta Covi – è stata una bella botta per tutta la UAE, non solo per noi corridori. Vedi svanire un obiettivo… svanire per un “nulla”. E la cosa brutta è che non ci puoi fare niente. Stava bene, poi nella notte da quel che ho capito, ha iniziato a non sentirsi bene e mentre stavamo salendo sul bus ci hanno detto che non sarebbe partito».

«Come cambia il nostro Giro? Eh – sospira – non è facile, perché è tutto il Giro d’Italia che abbiamo lavorato e siamo riusciti a risparmiare energie davvero poche volte. Vediamo quello che viene perché restano due tappe e sono dure. Poi ancora non ho parlato con i diesse e non so cosa faremo».

La frazione di Castelmonte si annuncia sempre più interessante. Ci sono tanti intrecci, tanti interessi. La classifica, la vittoria di tappa… per molti è l’ultima occasione di riscatto e il fatto che ieri non si sia arrivati in volata aumenta ancora la pressione. E l’aumenta ancora di più in UAE Emirates, che a conti fatti ancora non ha vinto. Se già ieri Gaviria, per esempio, avesse disputato un buono sprint…

Ma le parole stanno a zero. Tra poche ore sarà la strada a dirci come andranno le cose per Ulissi, Formolo, Covi e compagni…

Almeida e la UAE la studiano bene. Primo ostacolo superato

15.05.2022
5 min
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Joao Almeida fa i rulli vista mare. Dalla Majella si può ammirare facilmente l’Adriatico se non fosse per un po’ di foschia. Ma la cosa importante è che il portoghese oggi in Abruzzo si è tolto un dente mica da poco. Il Blockhaus per lui era uno dei due ostacoli più duri di questo Giro d’Italia, assieme alla Marmolada.

Il corridore della UAE Emirates era il meno scalatore tra gli uomini arrivati davanti quest’oggi. E per riuscirci è stato un metronomo. Lungo la scalata ha compiuto un vero capolavoro. E’ stato uno dei primi big a staccarsi e più volte è riuscito a rimontare. Una fetta della vittoria di Hindley è anche sua per questo!

Ha dato tutto Joao e il fatto che un corridore veloce come lui non abbia fatto lo sprint la dice tutta.

Almeida chiude il gruppetto dei migliori, allungato dal forcing di Porte
Almeida chiude il gruppetto dei migliori

Indicazioni al dettaglio

In casa UAE Emirates l’avevano studiata bene. Con i software, le slide… E tutto questo sapere lo hanno “girato” ad Almeida che ne ha fatto tesoro, sfruttandolo al meglio.

«Noi un capolavoro? Il capolavoro lo ha fatto Joao – ci dice il diesse Fabio Baldato – E lo hanno fatto i ragazzi. Sì, noi, soprattutto Maxtin, in ammiraglia gli davamo le indicazioni. “Tra il quinto e il quarto chilometro tira di più”. “Adesso arriva un tratto più agevole”. “Qui troverai vento”… ma lui è stato bravissimo a gestirsi».

«Almeida è così – continua Baldato – non molla mai, non spreca un pizzico di energia. Ma devo dire che tutti i ragazzi oggi sono stati bravi a proteggerlo e a portarlo davanti all’imbocco della salita. Covi, ma anche Formolo.

«Davide ha fatto un capolavoro. Quando Joao si è staccato in quel punto c’era davvero tanto vento, ma Formolo si è lasciato sfilare e gli ha pedalato davanti coprendolo per 500 metri molto esposti. Un aiuto fondamentale. E lo stesso Almeida quando è scattato Carapaz, sapeva bene che quello era il punto più duro di tutta la scalata e non lo ha seguito».

Almeida sui rulli dopo l’arrivo. Il portoghese è soddisfatto
Almeida sui rulli dopo l’arrivo. Il portoghese è soddisfatto

Recupero attivo

Intanto Almeida continua a fare i rulli. Sono passati appena cinque minuti e il suo volto appare già rilassato. Gesticola con i ragazzi del suo staff che lo assistono, si sistema i capelli quando si riabbassa sul manubrio e sgambetta agile.

Afferma di essere stato bene per tutta la salita e per tutto il giorno. Ma in realtà Baldato ci confida che per radio diceva di non sentirsi in giornata. Probabilmente era un po’ di tensione. Poi quando ha visto che teneva bene le ruote degli scalatori deve aver ripreso fiducia.

«Sono felice di come sia andata – ha commentato Almeida – ho faticato un bel po’ a mantenere il passo dei migliori, ma i miei compagni sono stati eccezionali. Io mi sono concentrato sul mio passo ed è stata la scelta giusta».

Formolo raggiante

Davide Formolo sta per tornare ai bus, che si trovano in pratica 5.000 metri più in basso, al Gpm di Passo Lanciano affrontato in precedenza. Ha la mantellina e un sorriso grosso così. Un po’ perché “Roccia” il sorriso ce l’ha dentro e un po’ perché il suo capitano è andato bene e lui sa di aver svolto un ottimo lavoro.

«Abbiamo iniziato la salita e c’era un po’ di vento laterale – dice Formolo – mi ricordo che c’era anche la prima volta che lo facemmo nel 2017 e la Movistar fece dei ventagli. Cosa che sembra impossibile in salita e anche oggi si sentiva molto. Ho visto che anche la Ineos Grenadiers stava per fare questa mossa, anche perché erano tutti sul ciglio e così ho cercato di tenerlo più coperto possibile».

«Poi – riprende Formolo – mi ricordavo che la scorsa volta il vento fece più differenza in basso che in alto. Un po’ la salita me la ricordavo e quindi sapevo che quello era il momento più delicato. Bisognava stare attenti.

«Il mio compito oggi, e in questo Giro, è di tenere Almeida coperto. Sta bene e noi abbiamo molta fiducia in lui. Il Giro però è ancora lungo e per fortuna domani si riposa! E poi oggi siamo andati bene anche perché avevamo queste ruote nuove (le Campagnolo, ndr), pensate che è la prima volta che le usavo io».

Covi in testa, seguito da Formolo e Rui Costa: tutti al servizio di Almeida
Covi in testa, seguito da Formolo e Rui Costa: tutti al servizio di Almeida

Parola a Covi 

Anche Alessandro Covi è sorridente. Anche lui si è guadagnato, con onore, la stozza. Un ottimo lavoro.

«Sì, la mia gamba è buona – dice il lombardo – Joao è un vero regolarista e mi aspettavo che affrontasse la scalata così. E il suo modo di andare. Pensate che anche in pianura quando dobbiamo riportarlo avanti o se ci sono delle accelerate, lui all’inizio perde sempre quella manciata di metri».

«Comunque la salita l’avevamo studiata bene e chi doveva arrivare in alto davanti anche meglio di me! Come? Su VeloViewer. Per radio sicuramente si sono parlati. Io una volta concluso il mio lavoro l’ho staccata e col 36×32 (rapporto che avevano anche Formolo e Almeida, ndr) sono arrivato “tranquillo” quassù».

Formolo nella morsa olandese: «Ma giuro che ci riprovo!»

13.05.2022
5 min
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«Non sono mai stato un vincente, ma mi piace vincere. Ieri Facebook m’ha mandato il ricordo di quando vinsi a La Spezia, sono passati sette anni. E se non fosse stato per un crampo ai meno sette dall’arrivo, magari riuscivo a rifarlo…». Formolo fa un sorriso amaro, mentre il pullman chiude le porte e si avvia verso il prossimo albergo di questo lunghissimo viaggio che è il Giro d’Italia. Terzo a due secondi sul traguardo di Potenza, nella volata che a suo modo era già stata preannunciata dai gran premi della montagna che Bouwman si è messo nel taschino con evidente superiorità. Quattro olandesi e due italiani in fuga attraverso le montagne aspre della Basilicata. Come un film, un romanzo o una barzelletta.

«Una bella opportunità – racconta a caldo il veronese del UAE Team Emirates – ma come facevamo a fregarli? C’era una sola possibilità per metterli in croce. Seguivo facilmente i loro attacchi e quando si è presentata l’occasione di tirare dritto, è arrivato invece il crampo. Ho aspettato 200-300 metri, perché passasse. Avevo addirittura paura di dovermi fermare, invece mi sono ripreso, ma ormai eravamo in cima all’ultima salita e ho capito che sarebbe stata dura. Si saliva a 35 all’ora col vento contro, difficile andare più forte».

Ultimo Giro di Nibali? Il pubblico lo saluta con un sorriso che sa di gratitudine
Ultimo Giro di Nibali? Il pubblico lo saluta con un sorriso che sa di gratitudine

Il risveglio di Dumoulin

Nel giorno che ha segnato il ritorno in alto di Tom Dumoulin, che ha così riguadagnato qualche posizione in classifica (ha recuperato 2’50”), ai due italiani della fuga (entrambi a caccia di sole e riscatto) la sfortuna ha regalato quanto è bastato per appiedarli. E se Villella è stato costretto a un inseguimento balordo dovuto a noie meccaniche, per Formolo sembrava finalmente arrivato il momento della riscossa dopo una prima parte di stagione che più iellata difficilmente sarebbe potuta essere. Invece niente…

Formolo ha provato a staccare tutti in salita, ma il vento contro ha reso tutto più difficile
Formolo ha provato a staccare tutti in salita, ma il vento contro ha reso tutto più difficile
Rammarico?

Un po’ forse sì, ma i due Jumbo Visma erano forti e simili nelle caratteristiche e soprattutto si aspettavano, era evidente. L’unico modo per staccarli era correre in accordo con Mollema, ma non ci siamo mai riusciti. Alla fine, quando siamo rimasti in tre, mi stava anche bene che rientrasse Dumoulin, perché si sarebbe messo a tirare e magari ci poteva scappare un allungo, ma non è stato possibile.

Cercavi la fuga stamattina?

Non è stato facile portarla via, ci sono voluti 70 chilometri. Per cui quando è partita, siamo andati avanti con le energie che erano rimaste. La cercavo. Ho provato anche sull’Etna, ma ero ancora troppo vicino in classifica perché mi lasciassero andare. Così ne ho approfittato per prendere un po’ di tempo e guadagnarmi la libertà di riprovare. Sulla carta mi piace quella di Napoli, domani. Ma vediamo come ci arrivo.

Se non altro adesso stai bene…

Vediamo. Dopo il Giro dei Paesi Baschi m’è venuta una tendinite al ginocchio e non mi sono allenato per una settimana. Quest’anno è cominciato tutto col cinghiale che a gennaio m’ha attraversato la strada, con tanto di frattura della mano. Sono rientrato alla Tirreno-Adriatico e sono riuscito a mettere insieme una discreta condizione per fare la Sanremo. Poi ho preso come tutti l’influenza e sono stato per una settimana a letto. Mi sono allenato tre giorni e sono andato ai Paesi Baschi, che per noi è la corsa più dura dell’anno, con salite strette e ripide. E lì m’è venuta la tendinite.

Il minimo, dopo una settimana a letto…

Eh, appunto! Quest’anno non so cosa significa allenarsi. A casa sto con la famiglia, perché sto male. E alle corse poi mi distruggo. Di sicuro, ricominciare dai Baschi non è stato molto salutare (ghigna amaramente, ndr). Però una cosa la dico…

Avanti!

Se la gamba è questa, una tappa la porto via. Sono arrivato a Budapest con una condizione migliore di quanto mi aspettassi. Il primo giorno dovevo aiutare Ulissi e ho fatto danni, tirando troppo forte. Nella crono ho spinto, per vedere la condizione e non sono andato male. Sull’Etna pensavo di più, ma non ho la gamba dei migliori in salita. Sono qui per aiutare Almeida, il nostro leader, ma all’occorrenza abbiamo le nostre carte. Io per ora posso giocarle così. E lo ripeto: se la gamba è questa, una tappa la porto via.

In casa UAE? Per Formolo tutto secondo programma

19.03.2022
5 min
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E’ il momento. Uno sguardo e si va tirare. Il UAE Team Emirates decide che è ora di prendere in mano la Milano-Sanremo e di dare a tutti le “legnate” promesse. Siamo sulla Cipressa e Tadej Pogacar deve accendere i motori. Polanc sta tirando già da un po’. Il gruppo si assottiglia, ma Tadej, che intanto beve alla borraccia, con un gesto dice che non è abbastanza. E così entra in scena Davide Formolo, amico e scudiero di tante battaglie.

Davide Formolo (classe 1992) dopo la corsa. Grande stanchezza, ma anche tanta soddisfazione per il lavoro svolto
Davide Formolo (classe 1992) dopo la corsa. Grande stanchezza, ma anche tanta soddisfazione per il lavoro svolto

Ecco Formolo

“Roccia” si mette giù a testa a bassa. Rapporto monster e menate potenti. Quello sguardo con Tadej dice tutto. Dice che c’è voglia di provare, di mantenere le promesse fatte tra compagni di squadra e, se vogliamo, anche con i tifosi.

«Giornata lunga oggi – dice Formolo nel retro del bus con il mare alle spalle – Cosa c’era in quello sguardo? In quel momento stava tirando Polanc, ma volevamo fare l’andatura un po’ più forte perché non riusciamo a fare selezione che volevamo. Allora sono passato io in testa e ho accelerato ancora.

«Abbiamo fatto una bella selezione, dai. Abbiamo portato Tadej a giocarsi tutto sul Poggio. Penso che non sia mai successo che venti leader da soli, o quasi, imboccassero il Poggio tutti insieme».

Per “Roccia” un super forcing da metà Cipressa all’imbocca del Poggio
Per “Roccia” un super forcing da metà Cipressa all’imbocca del Poggio

Tutto secondo programma

La UAE voleva corsa dura. E si sapeva. Senza Trentin, Gaviria e con Pogacar capitano era più che scontato sferrare l’attacco in anticipo.

«Le cose sono andata abbastanza come volevamo – riprende Formolo – alla fine ci aspettavamo una corsa dura. Volevamo correre così e rendere tosta la Cipressa. Volevamo isolare qualche corridore veloce e mettere un po’ di fatica nelle gambe degli altri.

«Era anche in programma che tirassi tra Cipressa e Poggio, magari con qualche altro compagno, quello sì. Ma ci è andata bene lo stesso, non credo sarebbe cambiato poi tanto. Anche oggi abbiamo dimostrato di essere un bel gruppo, una squadra forte e siamo riusciti a mettere il capitano nel posto giusto».

«Sappiamo che la Milano-Sanremo è una corsa di 300 chilometri che si decide in quattro chilometri, il Poggio solitamente. Ebbene abbiamo cercato di aprire quei quattro chilometri a 15 chilometri dalla Cipressa. E’ lì che è cambiato il ritmo. 

«Abbiamo visto che anche altre squadre quest’anno non portavano tanti velocisti, perché sapevano che noi avremmo fatto la corsa dura. E così è andata. Perciò non è stato neanche così scontato fare la selezione che comunque siamo riusciti a fare».

La UAE Team Emirates ha fatto quadrato intorno al suo capitano per tutta la gara
La UAE Team Emirates ha fatto quadrato intorno al suo capitano per tutta la gara

Ce la può fare

E Tadej come stava? Può davvero vincerla un giorno la Sanremo o forse è un po’ troppo veloce per lui? 

«Certo che la può vincere – riprende Formolo – non è facile però. Soprattutto quando tutti sanno che un corridore attraversa un periodo di forma eccezionale come lui. A Tadej non gli lasciavano un metro di spazio».

Formolo parla di un Pogacar marcatissimo, specie dopo essere arrivati in Riviera. Ulissi, Covi, Troia e tutti gli altri lo hanno sempre circondato bene. Lo hanno mantenuto nelle posizioni avanzate pur senza prendere vento. E anche per questo nello staff del UAE Team Emirates c’è una generale soddisfazione: sono contenti di questa quinta piazza.

Stavolta era diverso dalle altre volte. Stavolta lo sloveno era su un terreno a lui poco congeniale e con tutti gli occhi puntati addosso. Pogacar e la UAE quello che dovevano fare l’hanno fatto. Anche Andrej Hauptman, il diesse che segue Tadej, era contento dell’esperienza fatta.

 «Magari – dice il tecnico sloveno – tre, quattro scatti sul Poggio sono troppi, ma va bene così. E’ tutta esperienza e poi lo stiamo dicendo adesso, a mente fredda tra i bus. Mi tengo la prestazione di Pogacar e del team. E poi così marcato, con tutti che ti aspettano è ancora più difficile staccare tutti».

Un bravissimo Diego Ulissi taglia il traguardo 1’09” dopo il vincitore. E’ stato lui a lanciare Pogacar sul Poggio
Un bravissimo Ulissi taglia il traguardo 1’09” dopo il vincitore. E’ stato lui a lanciare Pogacar sul Poggio

Nessun rimpianto

E a proposito di prestazione del team, quello di Formolo è un vero numero. Roccia ha tirato per 17 chilometri al massimo. Salita, discesa e pianura. E lo ha fatto dando fondo ad ogni briciolo di energia. Tanto che lo aspettavamo dopo il traguardo e invece all’imbocco del Poggio ha tirato dritto sull’Aurelia ed è arrivato direttamente ai bus.

«Ho fatto un bel lavoro dai – conclude il veronese – quando riesci a fare un lavoro del genere ti rendi conto di aver fatto un qualcosa d’importante. Ed è una bellissima soddisfazione per me. Abbiamo in squadra secondo me, anzi non secondo me ma perché è un dato oggettivo, il più forte corridore al mondo e si merita di essere messo nelle condizioni giuste.

«La mia vittoria oggi era riuscire a fare questo lavoro».

Nessun rimpianto quindi in casa UAE Team Emirates. Vincere non era facile. C’è la soddisfazione di aver fatto divertire il pubblico. E di aver fatto fare un’esperienza in più a Pogacar.

Il rientro in corsa di Formolo? Via libera dopo 8 settimane

07.03.2022
4 min
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Alla domanda sulle probabilità di vederlo alla partenza del Trofeo Laigueglia Formolo, in cima al Teide, ci aveva risposto così: «Il dottore ha parlato di un 20 per cento, la vedo complicata». Invece, un po’ a sorpresa, “Roccia” era al via della prima gara del calendario italiano. Corsa che ha dovuto concludere anticipatamente a causa di una caduta. 

Alla partenza, il corridore del UAE Team Emirates sfoggiava una vistosa fasciatura alla mano (foto di apertura), infortunata il 3 gennaio sulle strade del Principato di Monaco. Due mesi dopo è tornato in corsa ed anche molto bene, visto che era nel gruppo di testa pronto a giocarsi la vittoria. 

Con Maurizio Radi, Dottore Fisioterapista di Fisioradi Medical Center, abbiamo indagato come si cura e si recupera da un infortunio del genere. 

Quali sono e quante le ossa della mano (foto Chimica Online)
Quali sono e quante le ossa della mano (foto Chimica Online)

La diagnosi

Il referto medico dice che Formolo ha riportato la frattura del 5° metacarpo e del terzo medio dell’osso uncinato. Sono tutte fratture composte, infatti hanno dovuto attendere qualche settimana prima di riuscire a vederle. Se notate, sono state rilevate da una risonanza magnetica, non da una radiografia. La differenza è che la radiografia si fa in due proiezioni, mentre la risonanza è più accurata perché “seziona” l’osso e permette di esplorare tutti i dettagli.

Per le fratture a polso o mano di atleti professionisti non si ingessa più l’arto ma si usano tutori in termoplastica su misura (foto RC Therapy)
Per le fratture a polso o mano non si ingessa più, ma si usano tutori in termoplastica su misura (foto RC Therapy)

Essendo una frattura composta Formolo ha usato un tutore per immobilizzare la mano.

«Dal punto di vista medico – ci dice Maurizio – essendo una frattura composta è stato scelto un giusto trattamento conservativo. Si legge nel referto che hanno dato come convalescenza dalle 4 alle 6 settimane. Alla fine di questo periodo si ripete l’accertamento per controllare lo stato di consolidamento della frattura.

«Con questo genere di infortuni l’atleta viene tenuto fermo in via precauzionale. Anche perché allenarsi su strada non è consigliabile in questi casi. Il rischio è quello di stressare il polso e, nella peggiore delle ipotesi, scomporre la frattura, allungando i tempi di costruzione del callo osseo».

Altri casi simili

Ci sono stati dei casi nei quali alcuni corridori hanno forzato il rientro usando dei tutori appositi per poter guidare la bici. Un esempio è quello di Nibali prima del Giro d’Italia dello scorso anno, anche in quel caso si trattava di un infortunio al polso.

«In quel caso era doveroso tentare di recuperare – riprende Maurizio – perché si era nel pieno della stagione. Nel caso di Formolo non era necessario forzare le tappe visto il periodo della stagione in cui siamo. Dal punto di vista della preparazione ci sono valide alternative come i rulli».

Anche Nibali subì un infortunio simile prima del Giro d’Italia, nel suo caso si forzarono i tempi di recupero
Anche Nibali subì un infortunio simile prima del Giro d’Italia, nel suo caso si forzarono i tempi di recupero

La riabilitazione

Una volta verificato che il callo osseo si sta ricostruendo nel modo corretto può partire la riabilitazione. Come funziona questa fase? 

«Questi tipi di frattura si possono trattare da subito – spiega Radi – cominciando con della fisioterapia strumentale: tipo magnetoterapia, per creare degli stimoli che accelerano la formazioni di callo osseo. Una cosa che bisogna fare in questi casi è evitare che le articolazioni di mano e polso si irrigidiscano, quindi si può intervenire togliendo il tutore per eseguire delle mobilizzazioni passive delle dita e del polso.

«Passata la prima fase di riabilitazione, si inizia ad intervenire con degli esercizi attivi per la mano al fine di stimolare i muscoli per iniziare un rinforzo dell’avambraccio, degli estensori delle dita, del polso e dei flessori delle dita e del polso».

Una caduta ha frenato il suo rientro al Trofeo Laigueglia, per Maurizio Radi nessun pericolo di un ulteriore infortunio al polso
Una caduta ha frenato il suo rientro al Trofeo Laigueglia, per Maurizio Radi nessun pericolo di un ulteriore infortunio al polso

Il ritorno alle gare

Tornare in corsa dopo 8 settimane, è stato un rischio? Visto che Formolo è stato anche coinvolto in una caduta?

«No, un atleta di quel livello dopo un periodo di degenza così lungo – spiega – recupera pienamente. Non ha fatto una corsa stressante come una Roubaix o un Fiandre (ma per precauzione ha saltato la Strade Bianche, ndr). Una volta che viene dichiarata guarita la frattura vuol dire che c’è stato un completo consolidamento del callo osseo e quindi l’atleta si può considerare guarito».