Arzeni risponde a Bertizzolo: è il tempo di raccogliere

30.09.2022
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«Non conosco per niente Arzeni – diceva l’altro giorno Sofia Bertizzolo del suo futuro diesse – per ora ne ho sentito parlare molto bene. Da lui cerco soprattutto la fiducia e la motivazione, una cosa che lui è molto capace di mettere in tutte. Da fuori gli puoi solo riconoscere che dà la possibilità a tutte le ragazze. Nel giro dell’anno, infatti lui con la Valcar ha sempre vinto e sempre con più atlete. Se guardiamo i migliori talenti di questa primavera, sono usciti dalla Valcar, perché abbiamo Elisa Balsamo, la stessa Marta Cavalli, Guazzini, Persico quest’anno formidabile. E sono tutte uscite da lui. Quindi vuol dire che a livello fisico, ma soprattutto a livello mentale, è riuscito a dare loro qualcosa di più».

Nel 2019 a 23 anni, Bertizzolo arriva 4ª al Fiandre: esulta per la vittoria della compagna Bastianelli
Nel 2019 a 23 anni, Bertizzolo arriva 4ª al Fiandre: esulta per la vittoria della compagna Bastianelli

Atlete moderne

Il Capo (in apertura con Alice Maria Arzuffi alla Vuelta Burgos) ha letto le parole dell’atleta veneta, che guiderà il prossimo anno al UAE Team Adq. Ma oggi, più che sapere la sua opinione sull’atleta, ci interessa capirne il metodo di lavoro. La sua capacità di programmare e dare fiducia a tutte le ragazze della squadra con cui lavora, affinché rendano al meglio.

«Non conosco come si lavora altrove – dice – ma certo programmare il lavoro è una buona cosa. E’ utile per tutti, per tecnici e atlete. Sofia parlava anche del mondiale e io credo sia utile che un tecnico vada componendo una rosa sempre più ristretta. In questo modo può dare le indicazioni giuste alle società, che devono programmare la loro attività. Per il resto, non c’è una ricetta Arzeni. Finora ho avuto la fortuna di avere atlete moderne che sanno fare il capitano e anche aiutare su tutti i percorsi. Mi piace questo tipo di corridore e credo che Sofia ci rientri appieno. E’ un’atleta completa e moderna. Una che a 23 anni è arrivata quarta al Fiandre e che nel finale di un mondiale così lungo era ancora lì a lavorare…».

Ilaria Sanguineti ha fatto vincere tante compagne e alla Dwars door het Hageland ha ottenuto l’8ª vittoria in carriera
Ilaria Sanguineti ha fatto vincere tante compagne e alla Dwars door het Hageland ha ottenuto l’8ª vittoria in carriera

Ruoli intercambiabili

C’è un passaggio nelle parole successive di Sofia Bertizzolo che ha richiamato la nostra attenzione ed è riferito al fatto di essersi trovata troppo spesso a tirare per altre, quasi per eccesso di onestà.

«Non credo sia corretto definire un’atleta gregaria e basta – riprende Arzeni – ma qui posso parlare soltanto di quello che facciamo alla Valcar-Travel&Service. Ho sempre cercato di avere atlete polivalenti, capaci di aiutare e anche di fare la corsa. Una giovane che arriva in squadra deve guadagnarsi sul campo i gradi di capitano. Da noi è sempre andata così e comportandosi in questo modo, le giovani si sono guadagnate la fiducia delle altre. Così poi capitava che una ragazza come Elisa Balsamo a un certo punto della stagione si mettesse a disposizione di altre che l’avevano sempre aiutata. Ed era qualcosa che veniva in modo naturale. Sarebbe invece difficile se c’è la giovane che passa pensando di essere già al top e magari fa la furba. Ma queste sono dinamiche che ci sono in tutti i lavori e tutte le squadre».

Valcar
Consonni e Balsamo si sono spesso aiutate a vicenda: Arzeni punta molto su queste complicità
Valcar
Consonni e Balsamo si sono spesso aiutate a vicenda: Arzeni punta molto su queste complicità

Spazio per tutte

Ma Arzeni va oltre. Perché al di là delle dinamiche fra atlete e l’interscambio di favori, ormai bisogna tenere conto anche del calendario molto ricco, che rende impossibile puntare sempre sulle stesse ragazze, condannando le altre ai… lavori forzati.

«E’ lampante che la stagione si sia davvero allungata tanto – spiega – il prossimo anno il WorldTour si aprirà a gennaio in Australia e si finirà a ottobre. Per cui nel momento in cui hai 14-15 atlete solide, durante un periodo così lungo ci sarà posto per tutte. E Sofia Bertizzolo, per fare un nome, è del 1997 come Silvia Persico e come lei magari sta arrivando alla maturità giusta. Atlete veloci fanno prima, prendiamo una Consonni. Ma se devi confrontarti contro la Van Vleuten o la Vos, non si deve avere premura. Servono pazienza e costanza, senza lasciarsi andare».

Il podio di Wollongong con Kopecky, Van Vleuten e Silvia Persico: pochi si aspettavano un 2022 così
Il podio di Wollongong con Kopecky, Van Vleuten e Silvia Persico: pochi si aspettavano un 2022 così

Sorpresa Persico

Proprio Silvia Persico, bronzo ai mondiali, è lo spunto per l’ultimo pensiero. E nonostante Arzeni abbia sempre detto che fosse pronta per il grande salto, vederla a questi livelli ha stupito anche lui.

«Che Silvia fosse pronta per certe corse – conferma Davide – lo sapevo e ne parlavo spesso anche con Valentino (Villa, presidente della Valcar-Travel&Service, ndr). Quando sono partite, gli dissi che non avremmo rivinto il mondiale, ma ci saremmo andati vicino. E credo che se non avessero dormito quando è partita la Van Vleuten, se la Kopecky che la guarda due volte si fosse mossa, Silvia sarebbe andata con lei e magari si sarebbe giocata il mondiale. Comunque, tornando a lei, sapevo che fosse forte, ma non che avrebbe chiuso così avanti nel ranking.

«Ha avuto una costanza importante di rendimento. Dal bronzo al mondiale di cross a questo su strada, sono passati 9 mesi in cui è sempre stata davanti. Tanto che alla Vuelta Burgos, visto che rendeva così bene nelle corse a tappe, l’ho fermata e le ho cambiato il programma. Doveva andare in Belgio, invece è finita in altura a preparare il Giro. Ha trovato la maturità a 25 anni, normale che i primi fra le elite siano difficili. E adesso che è nel momento di raccogliere, proveremo a fare tutto per bene. Lo stesso magari sarà con la Bertizzolo. E il bello è che le avrò entrambe in squadra con me».

Arzeni, leggi qua: Bertizzolo ha qualcosa da dirti

28.09.2022
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Sofia Bertizzolo esce dal mondiale con la testa a mille e le gambe stanche. Per riconoscimento unanime, la bassanese ha corso il mondiale più bello da quando è nel giro della nazionale, dopo una serie di anni mezzi e mezzi. L’arrivo al UAE Team Adq le ha ridato motivazioni, l’arrivo di Sangalli in azzurro le ha portato entusiasmo e programmazione. E tanto è bastato. Guardandola nel quadro più ampio della squadra che Bertogliati sta costruendo, questa Bertizzolo potrebbe prendersi un ruolo di tutto rispetto, in supporto delle compagne, ma anche come leader quando se ne presenterà l’occasione.

Con lei abbiamo parlato nella notte fonda australiana, seduti accanto a una finestra, mentre si finiva di impacchettare le bici in partenza per l’Italia. Gli scatoloni di fine mondiale parlano di ritorno a casa, ma lasciano sempre una scia di malinconia.

Alla Liegi i primi contatti con Sangalli, poi da luglio è scattato il piano Wollongong
Alla Liegi i primi contatti con Sangalli, poi da luglio è scattato il piano Wollongong
Hai davvero fatto il mondiale più bello di sempre?

E’ il terzo che disputo nella categoria elite. Dopo quattro anni è stato un bel rientro, con tanta fiducia da parte del commissario tecnico. E una programmazione, cosa che non c’era mai stata. Il mondiale è sempre a fine stagione, quindi non puoi non programmarlo e questo mi ha permesso di arrivarci bene.

Quanto è stata pesante la stagione?

Ho corso il Giro, poi avrei dovuto fare il Tour e la Vuelta. Ho saltato il Tour, perché dopo il Giro non mi sentivo in forma e pronta per farlo. Già in quei giorni di luglio avevo sentito Paolo che mi parlava di questa convocazione, a cui lui teneva. E così con lui e con l’appoggio della squadra ho fatto un avvicinamento ad hoc. Con l’altura e correndo la Vuelta in preparazione. Sicché sono soddisfatta di essere rientrata un po’ nel circuito nazionale con questo nuovo ambiente molto positivo.

Dopo il Giro d’Italia, quello di Scandinavia, con tre piazzamenti fra le prime 10
Dopo il Giro d’Italia, quello di Scandinavia, con tre piazzamento fra le prime 10
Un mondiale che però ha fatto saltare i piani?

E’ stato un po’ imprevedibile. Ci aspettavamo bel tempo, ma ha cominciato a piovere ed è stato un po’ antipatico. Abbiamo diviso la corsa in due parti. Prima cercando di tutelare Elisa Balsamo, quindi facendo gli strappi regolari e qui hanno fatto un grandissimo lavoro Vittoria ed Elena, soprattutto (rispettivamente Guazzini e Cecchini, ndr). E poi, una volta che abbiamo capito che Elisa non riusciva a tenere gli strappi, abbiamo puntato su Persico e Longo Borghini, che hanno fatto entrambe una grande prova.

Spiega…

La Longo ha provato negli ultimi due giri portando via un gruppetto e stando poi con le 4-5 migliori in seconda battuta. Io sono riuscita a rientrare con Silvia (Persico, ndr) la prima volta, mentre la seconda ho dovuto gestire la situazione dell’attacco della Reusser, che sappiamo bene come corre e se prende un minuto, non la vedi più. E poi nel finale Silvia è stata veramente tanto brava con un bel lavoro di squadra che l’ha portata al posto giusto e nel momento giusto.

Sei arrivata con la forma ideale?

I primi giorni con il fuso orario ero un po’ sballottata, però è stato così per tutte. Poi invece l’ho recuperato bene e forse anche meglio di altre ragazze che non l’hanno mai assorbito del tutto, non solo fra noi. 

Bertizzolo ha corso la Vuelta anche in preparazione ai mondiali: il risultato è stato eccellente
Bertizzolo ha corso la Vuelta anche in preparazione ai mondiali: il risultato è stato eccellente
Pensi di esserti ritrovata appieno quest’anno?

E’ stato un anno positivo, con questo nuovo innesto della UAE anche al femminile. Un bel progetto, molto ambizioso e sicuramente ci vorranno ancora 2-3 anni per realizzare veramente tutto quello che è nei loro piani. E’ stato il miglior anno da quando sono passata elite. C’è chi ha sofferto di più e chi meno l’anno del Covid. Nel mio caso ho sempre trovato corridori più veloci di me, a cui dovevo tirare la volata. E altri più scalatori di me, che dovevo tutelare prima delle salite.

Come ti troverai il prossimo anno con Arzeni in ammiraglia?

Non lo conosco per niente, per ora ne ho sentito parlare molto bene. Da lui cerco soprattutto la fiducia e la motivazione, una cosa che lui è molto capace di mettere in tutte. Da fuori gli puoi solo riconoscere che dà la possibilità a tutte le ragazze. Nel giro dell’anno, infatti lui con la Valcar ha sempre vinto e sempre con più atlete. Se guardiamo i migliori talenti di questa primavera, sono usciti dalla Valcar, perché abbiamo Elisa Balsamo, la stessa Marta Cavalli, Guazzini, Persico quest’anno formidabile. E sono tutte uscite da lui. Quindi vuol dire che a livello fisico, ma soprattutto a livello mentale, è riuscito a dare loro qualcosa di più.

Al Fiandre, Bertizzolo ha corso per Marta Bastianelli e ha centrato per sé il 16° posto
Al Fiandre, Bertizzolo ha corso per Marta Bastianelli e ha centrato per sé il 16° posto
La testa conta…

Tante volte l’atleta non ha niente in più a livello fisico degli altri, ma semplicemente ha più voglia di vincere, più convinzione. E’ questo che in poche parole al mondiale a me ha dato Paolo (Sangalli, ndr). Ha dato a tutte noi la fiducia, quindi parte tutto dalla testa. Perché alla fine gli allenamenti li fanno tutti, la nutrizione la seguono tutti, chi più chi meno. Però quando arrivi a un certo livello, la testa è fondamentale e io soffro tanto il dover mettermi a disposizione sempre, sempre, sempre. Poi forse sono anche troppo sincera e onesta a mettermi a tirare quando so che devo. Alcune non sono così e poi non sempre viene riconosciuto. E questo ti lascia un po’ di amaro in bocca perché nel ciclismo femminile ancora non esiste il gregario. A breve comparirà anche quella figura perché stiamo marciando velocissimo, però al momento sembra tutto dovuto

La nuova Persico alla UAE, al bivio fra strada e cross

27.09.2022
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L’annuncio è arrivato ieri, altri seguiranno. Come anticipato nel giorno del bronzo ai mondiali, Silvia Persico è uno dei nuovi acquisti del UAE Team Adq: la squadra di Rubens Bertogliati che il prossimo anno avrà anche altre ragazze della Valcar-Travel&Service e in ammiraglia Davide Arzeni, che di Silvia è l’allenatore.

Il podio di Wollongong segna la vera svolta dopo un anno che prima ha visto la bergamasca prendere il bronzo ai mondiali di cross e poi tuffarsi in modo più convinto sulla strada. Lei a tirarsi indietro, Arzeni a spingerla avanti. I piazzamenti ottenuti le hanno aperto gli occhi.

L’abbiamo incontrata proprio in un giorno australiano, mentre fuori pioveva e lei aveva deciso per un giorno di rifugiarsi sui rulli. I ricci scompigliati, lo sguardo a volte fisso, altre a scrutare nel vociare intorno.

Ti aspettavi una stagione così bella su strada?

Sicuramente no. Ho cominciato bene col cross e poi nelle prime gare su strada sapevo di stare bene, ma non pensavo di fare un Giro e un Tour così. Anche perché pensavo di essere più donna da classiche e non sicuramente da giri a tappe. 

Ti eri mai dedicata seriamente ai giri?

Magari fino a qualche anno fa, cioè fino all’anno scorso non ne avevo mai fatti tanti. Poi l’anno scorso, comunque credo di essere anche maturata fisicamente e mentalmente, ho iniziato a crederci un po’ di più e sicuramente quest’anno si è visto che c’è da fare.

Il podio di Wollongong con Van Vleuten e Lotte Kopecky sarà per Silvia Persico un punto di partenza
Il podio di Wollongong con Van Vleuten e Lotte Kopecky sarà per Silvia Persico un punto di partenza
A questo punto, pensi di continuare d’inverno col cross? 

Sicuramente comincerò più tardi, a dicembre. Non lo so, la vedo come una porta che si sta lentamente chiudendo, anche se da parte mia non me lo sarei mai aspettata. Anche perché il cross fino all’anno scorso era la specialità che mi dava più soddisfazione, quindi metterlo da parte mi fa male (nel 2022 Silvia ha vinto anche il tricolore, ndr). Ma allo stesso tempo so che prima o poi questa decisione, appunto fra cross e strada, dovrò prenderla. Se non abbandonarlo del tutto, comunque accantonarlo un po’.

La nuova squadra ti ha dato indicazioni?

Da parte loro sembra che sia tutto okay, comunque credo che vogliano che io sia performante più su strada. Quindi come ho già detto, farò qualche gara, ma non voglio tirarmi il collo durante tutto l’inverno. Sono molto contenta di aver cambiato squadra, anche se d’altra parte sono un po’… Per 12 anni sono sempre rimasta nella mia comfort zone, quindi adesso cambiare un po’ mi spaventa. Però sono tranquilla e davvero felice di aver preso questa decisione.

Prima di un allenamento, le azzurre si ritrovano con Rossella Callovi, collaboratrice di Sangalli
Prima di un allenamento, le azzurre si ritrovano con Rossella Callovi, collaboratrice di Sangalli
In realtà non cambia proprio tutto, giusto?

Esatto, per fortuna. Il mio preparatore sarà ancora Davide Arzeni. E porterò anche qualche compagna, quindi mi sentirò ancora un po’ a casa. 

Però intanto la “casa Valcar” si sta smontando…

Tutte noi siamo cresciute. Quando Elisa (Balsamo, ndr) ha cambiato squadra, noi abbiamo deciso di stare ancora un anno, ma per crescere abbiamo bisogno di quel qualcosa in più che troviamo nelle squadre WorldTour

Terza nell’ultima tappa del Tour de France, chiuso al quinto posto
Terza nell’ultima tappa del Tour de France, chiuso al quinto posto
Quanto ti è sembrato grande il Tour de France?

Beh, sicuramente è stato qualcosa di magico, non me lo sarei mai aspettato. C’era davvero tanta gente, tanti media, tante interviste, tanta visibilità. Quindi è stato davvero bello e diciamo che se non c’è ancora questa parità tra uomini e donne, credo che siamo sulla buona strada.

Sei più sorpresa per il risultato del Giro o quello del Tour?

Del Tour. Al Giro stavo abbastanza bene, avevo anche delle buone sensazioni, mentre prima del Tour non mi sentivo un granché. Anche nelle prime tappe, ho fatto davvero fatica. Quando ho concluso seconda dietro alla Vos è stato credo uno dei miei giorni più difficili in bici.

Tour de France Femmes, Silvia Persico seconda dietro Marianne Vos a Provins
Tour de France Femmes, Silvia Persico seconda dietro Marianne Vos a Provins
Perché?

Quando nella fuga tiravano Elisa Longo Borghini, Elisa Balsamo e Marianne, pensavo di staccarmi, anzi volevo staccarmi. Ma Davide nella radiolina mi diceva che non potevo. Anche nell’ultima tappa non stavo bene, però l’unica cosa che pensavo era: okay, devi arrivare in cima a questa Planche des Belles Filles, poi finalmente si va al mare. Quindi diciamo che l’ho presa con questa filosofia. 

Arzeni ha sempre creduto in questi tuoi mezzi…

Io credo in me, credo tanto in me, ma sicuramente manca ancora un pochino. La vittoria della tappa alla Vuelta mi ha dato la convinzione giusta per il mondiale (foto di apertura, ndr). Magari con qualche risultato in più posso iniziare a crederci ancora un po’ di più, no? 

Carbonari resta alla Valcar, ma che spavento in Olanda…

04.09.2022
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La foto che ci manda venerdì pomeriggio Anastasia Carbonari non è certamente quella del suo profilo migliore. Questa è la storia di un’intervista nata e chiusa tre giorni fa e che, cronaca alla mano, abbiamo dovuto aggiornare. Tuttavia lo spirito, malgrado quello che le è appena successo, non le manca e ci rincuora sentirla così.

«Se avete altre domande adesso ho molto tempo libero per rispondere – ci racconta Carbonari dall’ospedale di Maastricht – la diagnosi parla di fratture ad una scapola, cinque costole e due vertebre. Poi mi hanno detto che avendo battuto anche la testa sarò un po’ scombussolata per qualche settimana.

«Sto facendo caos con l’inglese, ma magari inizierò a parlare lettone, visto che mi hanno presa in giro dicendo che non sono capace. Nel 2019 ero stata investita in allenamento, ma i tempi di recupero erano stati molto lunghi. Ora sto guardando a chi è successo lo stesso di recente, per capire in quanto tempo potrò tornare a pedalare».

Anastasia Carbonari sull’ambulanza dopo l’incidente in corsa. Fratture di una scapola, 5 costole e 2 vertebre
Anastasia Carbonari sull’ambulanza dopo l’incidente in corsa. Fratture di una scapola, 5 costole e 2 vertebre

Rischi esagerati

L’incidente di venerdì della 22enne della Valcar Travel&Service, guardando le immagini, poteva avere conseguenze ben peggiori. Lei ricorda solo che era in fondo ad un gruppetto e che ha centrato un pick-up nero. La dinamica non è ancora chiara, ma quel che è certo e che fa rabbia è che in una gara WorldTour come il Simac Ladies c’era un’auto in mezzo alla strada e non doveva esserci, benché segnalata in extremis da un addetto della scorta tecnica.

Qualcuno dice che la gara olandese mostrasse già qualche pericolo nei giorni precedenti e che nella stessa tappa ci fossero auto in manovra mentre il gruppo approcciava il Cauberg. Qualcuno dice che questo è il mestiere del ciclista, che fa parte del gioco. Non è vero.

Il tema della sicurezza non passerà mai di moda e lo rimandiamo ad altri approfondimenti, ma ora insieme a Carbonari vogliamo solo riavvolgere il nastro della nostra chiacchierata del giorno prima partendo da un suo messaggio di qualche ora prima.

Un’istantanea dell’incidente di Carbonari. Il pick-up nero non doveva essere lì (foto twitter)
Un’istantanea dell’incidente di Carbonari. Il pick-up nero non doveva essere lì (foto twitter)
Anastasia eravamo rimasti indietro di una risposta. Quest’anno hai fatto tanti chilometri in fuga. Cosa rappresenta per te?

E’ prima di tutto un modo per mettermi in mostra. E anche per essere parte della gara, perché mi rendo conto che su alcuni percorsi, quando la corsa entra nel vivo, non ho ancora la capacità di restare con le prime. Quindi avvantaggiarmi o partire in anticipo è una maniera per essere più utile alla mia squadra senza essere solo un numero attaccato alla maglia. Poi c’è anche un aspetto quasi propedeutico. Ad esempio alla mia prima corsa della stagione, la Omloop Het Nieuwsblad, c’era da fare del pavè. “Capo” (come viene chiamato il team manager Davide Arzeni, ndr) non mi riteneva ancora sicura per affrontarlo in gruppo e così al mattino mi ha consigliato di andare in fuga in modo da prenderci le misure con meno ansia.

Finora hai avuto un calendario intenso.

Sì, è vero, ho fatto 50 giorni di corsa. Diciamo che mi sono testata su tanti terreni. Non solo pavé, ma anche strappi della Ardenne, salite dure nei Paesi Baschi. O ancora gare al Nord con tanto vento. Ecco, lassù ho imparato a girare nei ventagli…

Spiega pure.

Alla Ronde van Drenthe se ne è aperto uno e non sapevo come fare. Tutti danno per scontato che sia facile starci, invece non è così. Se non giri nel modo giusto, non solo fai più fatica tu, ma anche le tue compagne o colleghe che ti sono attorno. E a quel punto puoi prendere dei rimproveri (sorride, ndr). Per fortuna il Capo dopo quel giorno mi ha spiegato la tecnica e come comportarmi. Ma quest’anno ho appreso tanto osservando le mie compagne, anche nelle piccole cose al di fuori della gara.

Carbonari quest’anno ha alzato il suo livello, risultando preziosa per la Valcar
Carbonari in fuga. Un’azione che la contraddistingue e su cui la Valcar conta molto
Incidente a parte, com’è il bilancio della tua annata?

Positivo. Sono soddisfatta di quello che ho fatto. Se penso a come ero all’inizio della stagione e a come sono ora, vedo una grande differenza. Ora ho più esperienza. In gruppo mi sento più a mio agio. Riesco a gestirmi meglio, anche se devo ancora migliorare tanto. Ma soprattutto sono contenta perché adesso mi sento davvero utile alla squadra.

Arzeni durante il Giro Donne ci aveva detto che eri pronta per un team WorldTour. Invece resterai alla Valcar. Come la vivi questa situazione?

Avere una persona come lui che crede in te è importante, specie per una ragazza giovane come me. Mi lusingano le sue parole e anche gli interessamenti che ho avuto da parte di una formazione WorldTour. Però sono consapevole che devo crescere in tanti aspetti. In Valcar c’è l’ambiente giusto per farlo con tranquillità. Sono certa che Davide ci lascerà dei consigli per continuare nel nostro processo di crescita.

A proposito di consapevolezza, nel 2023 sarai una delle punte dalla squadra. Ti senti pronta?

So che avrò più responsabilità. E dovrò imparare a conviverci, ma non sono spaventata. O meglio, so che devo migliorare nella gestione mentale pre-gara. Devo eliminare ansie e timori. Dovrò diventare più fredda senza farmi prendere dal panico se qualcosa non andrà bene o come volevo io. Mi metterò in gioco. Sono stimolata ed anche emozionata. Sono curiosa di vedere ciò che verrà fuori.

Carbonari in fuga alla Freccia Vallone. Per lei quest’anno tanti chilometri in avanscoperta
Carbonari in fuga alla Freccia Vallone. Per lei quest’anno tanti chilometri in avanscoperta
Obiettivi per l’anno prossimo? Hai una gara da cerchiolino rosso?

Vorrei correre senza sprecare energie. Sapere come e quando muovermi o spendermi per le mie compagne che saranno più adatte di me in una determinata gara. Ho caratteristiche da passista. Arzeni dice che un percorso ondulato mi si addice. Anzi lui sostiene che la Strade Bianche sia tagliata per me, anche perché da allieva e junior ho fatto ciclocross. Però mi accontenterei di fare risultato in una qualsiasi altra corsa.

Covi: passaggio in Canada, poi gran finale in Italia

04.09.2022
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Mentre quasi tutti erano impegnati sulle strade di mezza Europa a correre e darsi battaglia, Covi era a Livigno. Tanti giorni di allenamento e molti chilometri nelle gambe, finalmente pronto per ripartire. 

«Lo stop di quasi due mesi non era previsto – spiega – dopo il Giro d’Italia l’obiettivo era di fare Vallonia, San Sebastian e Tour de l’Ain. Insomma, i progetti erano diversi, ma il Covid si è messo di mezzo, facendomi perdere quasi 20 giorni di allenamento. Non il massimo con la stagione in pieno svolgimento. Non potendo andare in bici ho riposato e ripreso fiato, anche se non ne avevo molta voglia. Ho rincominciato poco alla volta e come prima cosa abbiamo pensato, insieme alla squadra, di andare a Livigno, lontani dal caldo e da altre distrazioni».  

La vittoria al Fedaia aveva dato grande motivazione e voglia di far bene, ma il Covid ha fermato il buon momento di Alessandro
La vittoria al Fedaia aveva dato grande motivazione e voglia di far bene, ma il Covid ha fermato il buon momento di Alessandro

Due mesi di troppo

Non si affacciava alle corse da quasi due mesi. E’ tornato a correre in Francia, al Tour du Limousin, a metà agosto. Subito dopo, il tempo di rifare la valigia ed è partito per Weimar, destinazione Giro di Germania. D’altronde la vita del corridore è questa. E quando per un motivo o per un altro non si riesce a farla, ci si sente come privati di un pezzo di sé. 

Covi aveva chiuso la prima parte di stagione con una grande vittoria al Giro d’Italia. E adesso che finalmente è riuscito a ripartire, è super concentrato sulle gare che mancano da qui a fine stagione. Il passo è breve, ma le ambizioni sono alte. D’altronde quest’anno il “Puma di Taino” ha iniziato a vincere e ci ha preso gusto

Covi (tra Trentin ed Ulissi) debutterà in Canada e poi farà il finale di stagione in Italia, a caccia di un successo
Covi (davanti ad Ulissi) debutterà in Canada e poi farà il finale di stagione in Italia

Step dopo step

Ripartire da zero non è facile, servono testa, grande forza di volontà e un pizzico di pazienza. Inutile mangiarsi il fegato e forzare il ritmo per tornare subito in condizione. 

«Alla fine – dice ancora il Puma – riprendere è semplice, quel che è più difficile è riprendere a correre. Quello che ti scoccia di più è fare un lavoro di preparazione quasi invernale in un momento di piena stagione. E’ chiaro che avrei preferito ripartire subito ed andare forte già da dopo il Giro d’Italia, ma non è andata così, non ci posso fare nulla e la devo prendere con filosofia (racconta con un sorriso, ndr). L’obiettivo era di fare una base, quindi si è pensato di andare a Livigno, essendo in altura non potevo fare certi tipi di lavori, come quelli di forza. Ero seguito dalla squadra, avevo i massaggi tutti i giorni ed il supporto tecnico. In più ero affiancato da due ragazzi di Abu Dhabi che si allenavano con me tutti i giorni. Le sensazioni al Giro di Germania erano un po’ altalenanti, a volte mi sentivo bene altre no. Ma è normale quando rientri alle corse».

Nel 2021 un gran finale di stagione per Covi, al quale è mancata solamente la vittoria: qui al Giro di Sicilia dietro Nibali e Valverde
Nel 2021 un gran finale di stagione per Covi, al quale è mancata solamente la vittoria: qui al Giro di Sicilia dietro Nibali e Valverde

Canada e poi Italia

Ora per Alessandro c’è la trasferta in Canada, per debuttare nelle corse WorldTour d’oltre Oceano. Il Grand Prix Cycliste de Quebec del 9 settembre e il Grand Prix Cycliste de Montreal di due giorni dopo. Poi, come è stato anche lo scorso anno, si chiuderaà con il calendario italiano, sperando di ritrovare la vittoria.

«E’ la prima volta che vado in Canada – dice – saranno gare nuove ed importanti, ci tengo a farle bene. Anche la squadra vorrà ben figurare, ci sarà un team forte: con Ulissi e soprattutto Pogacar. Diego (Ulissi, ndr) mi ha raccontato un po’ come sono le corse laggiù e come funzionano i circuiti. Sono uno abbastanza curioso, soprattutto quando si tratta di correre in nuovi Paesi, non vedo l’ora di provare.

«Una volta tornati dal Canada ci saranno le corse italiane: Bernocchi, Agostoni, Tre Valli Varesine, Gran Piemonte… Poi le ultime in Veneto. Sono gare che ho imparato a conoscere, spero di ottenere una bella vittoria piuttosto che tanti piazzamenti come nel 2021. Il 29 agosto ci sarà la Coppa Agostoni, il giorno dopo il mio compleanno, chissà se mi regalerò un buon motivo per festeggiare. Mi piacerebbe fare bene anche alla Tre Valli, la gara di casa, ci ho messo un cerchio rosso, prima o poi in carriera spero di vincerla».

Un dolce ritorno

Dalla prossima stagione sull’ammiraglia della UAE Team ADQ, la squadra femminile dell’emirato, siederà Davide Arzeni, una vecchia conoscenza di Covi. Il “Capo” l’ha guidato fra gli juniores, i due si ritroveranno dopo parecchio tempo.

«Ho visto le notizie, ma mi aveva già anticipato del suo arrivo con un messaggio, abbiamo scherzato un po’. Mi ha detto che mi tirerà il collo e mi porterà a fare qualche dietro macchina – dice ridendo – gli ho risposto che lo prenderò un po’ in giro. A parte tutto sono contento per lui, ha sempre avuto un ottimo rapporto con i suoi atleti, diventa quasi un amico. Ti sta dietro giorno e notte, è super disponibile, tira fuori davvero il meglio da tutti i suoi atleti. Lo incontrerò più spesso rispetto ad ora, ma non credo ci vedremo molto, purtroppo. Sarà bello anche pensare che è lì vicino a me».

La UAE riparte da Marta e dalla… Valcar: Bertogliati spiega

31.08.2022
5 min
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Questo articolo nacque a suo modo alla partenza della Parigi-Roubaix Femmes di quest’anno. Rubens Bertogliati aveva appena finito di parlare con Marta Bastianelli che si scaldava sui rulli, poi si era messo a osservare il camper della Valcar-Travel&Service, da cui le ragazze andavano e venivano. Era una sorta di punto di riferimento per tutte. Per Elisa Balsamo e Marta Cavalli, che si erano fermata a parlare con Davide Arzeni. Per Martina Alzini, che aveva chiesto a Chiara Consonni di legarle i capelli. E per tutte le ex, che per vari motivi tornano ogni volta a salutare, informarsi di come vada e chiedere consiglio.

«Sanno lavorare molto bene con le giovani – disse il team manager del UAE Adq Team – sono sicuramente un bell’esempio da seguire. Noi ci siamo presi quest’anno come osservazione, ma dal prossimo inizieremo a dare la nostra impronta».

Bertogliati erà nello staff del team emiratino come allenatore (foto UAE Team Emirates)
Bertogliati erà nello staff del team emiratino come allenatore (foto UAE Team Emirates)

Poi la corsa scrisse la sua storia con la vittoria di Elisa Longo Borghini e delle parole di Bertogliati ci siamo ricordati un paio di mesi dopo, quando si è sparsa la voce che alcune ragazze della Valcar sarebbero passate con loro: si parla di Consonni, Persico e Gasparrini. E soprattutto che anche Davide Arzeni avesse deciso di cambiare. Proprio lui, che assieme al presidente Villa è stato l’artefice della favola Valcar. Perciò da Rubens siamo ripartiti.

E’ iniziata la fase due?

Esatto. Annunceremo più avanti i nomi delle ragazze, ma è vero che diverse arrivano dalla Valcar, due molto importanti. Abbiamo costruito la squadra 2023 in modo diverso. Ho bisogno di 12 ragazze solide, che sappiano fare i loro risultati e aiutino le compagne a conseguirli. Atlete capaci di fare il lavoro vitale di supportare le leader. Il nostro obiettivo è dichiarato. Diventare entro il 2024-2025 una delle squadre faro del movimento. Non dico la numero uno, ma che diventi la squadra in cui vogliono venire le più forti.

Arzeni, qui alla Roubaix 2022, è forse il rinforzo più importante per il team
Arzeni, qui alla Roubaix 2022, è forse il rinforzo più importante per il team
Sulla falsa riga del team maschile?

Più o meno, sapendo bene che anche Mauro (Gianetti, ndr) farebbe fatica a diventare la numero uno con Pogacar. Preferisco riuscire a vincere Giro e Tour: sarò all’antica, ma certe classifiche non mi dicono molto. Per me la numero uno al mondo dovrebbe essere la Movistar, che ha vinto la maglia rosa e la gialla con Annemiek Van Vleuten.

Bene le ragazze, ma fa notizia l’arrivo di Arzeni.

Non è più un segreto. Avevamo bisogno di un rinforzo e lui ha creduto nel progetto dal momento che glielo abbiamo sottoposto, prima che arrivassero le ragazze. Volendo rifondare la squadra, abbiamo preso prima una nutrizionista e poi Arzeni. Con Valentino Villa ho un buon rapporto e so che grande lavoro abbiamo fatto negli anni. Sappiamo di portargli via una bella fetta della squadra. Non sarà facile sostituire uno come Davide, ma mi ha detto di aver già individuato persone valide.

Il team degli Emirati vuole diventare il riferimento entro il 2024-25 (foto UAE Team Adq)
Il team degli Emirati vuole diventare il riferimento entro il 2024-25 (foto UAE Team Adq)
Conoscevi Arzeni?

Solo di vista, lo avevo incontrato a Montreux a un aggiornamento UCI. Il suo nome me l’ha fatto per la prima volta il nostro tecnico, Fortunato Lacquaniti. Gli avevo chiesto chi avrebbe preso e lui rispose che il migliore fosse Davide. Quando ho scoperto che è di Varese, ho fatto una decina di telefonate ad amici e corridori della zona e tutti me ne hanno parlato molto bene. Anche Alessandro Covi, che lo ha avuto come direttore sportivo fra gli juniores. Con queste referenze e i 10 anni di esperienza che porta in dote, penso che il nostro parco direttori sportivi sia a posto.

Andate verso una struttura tecnica importante.

Decisamente, quello che volevo. Ora mancano due profili di donna, su questo sono stato categorico, per cui abbiamo individuato due ragazze che devono ancora firmare. Una coach e un direttore sportivo, che si integreranno col resto dello staff. Sarà donna anche il nuovo medico, lo abbiamo visto al Tour.

Mavi Garcia ha scelto di lasciare il team per passare alla LIV Cycling Xstra di Giorgia Bronzini
Mavi Garcia ha scelto di lasciare il team per passare alla LIV Cycling Xstra di Giorgia Bronzini
Tanti direttori sportivi e le corse si possono seguire con una sola ammiraglia?

Questo è un bel problema. Pare che l’UCI voglia mettere la seconda per Giro, Tour e le corse a tappe più importanti. Finora siamo stati fortunati che non è successo niente. Ma se fosse capitata una fuga importante, avremmo dovuto lasciarla scoperta o abbandonare la squadra dietro. Magari non in tutte le gare, ma questo ormai è uno sport in cui si fanno salite più lunghe di 10 chilometri. Se anche la doppia ammiraglia ce l’hanno solo 5-6 squadre, ci si organizza fra noi per coprirle tutte.

Ragazze in arrivo, cosa succede a quelle che ci sono già?

Marta Bastianelli dovrebbe rimanere e fate ancora un anno (foto UAE Team Adq in apertura). Restano Bertizzolo e Magnaldi. Non continua con noi Maaike Boogaard che va con Lefevere e Mavi Garcia che passa alla LIV Racing Xstra, forse perché è l’unica WorldTour che non abbia una leader per le corse a tappe. La trovo una scelta strana, ma ha detto di volere un ambiente diverso, forse perché ha sofferto la presenza di più leader.

Magnaldi è fra le ragazze del team 2023, qui al Tour of Scandinavia (foto UAE Team Adq)
Magnaldi è fra le ragazze del team 2023, qui al Tour of Scandinavia (foto UAE Team Adq)
Arzeni è stato fortissimo finora con velociste e pistard, come lo vedi a lottare per i Giri?

Ho visto come ha gestito il Tour di Silvia Persico e secondo me è stato molto bravo. Ha le caratteristiche per farlo. Diciamo che la squadra 2023 sarà nuova per tutti, dovremo decidere cose cammin facendo. E in questi giorni ho avuto una chiamata importante con una ragazza di gran nome, già impegnata però con un lavoro importante. Il suo arrivo sarebbe la ciliegina sulla torta.

Arzeni: «Alla Valcar ricordi indelebili. Ora ci rispettano»

27.08.2022
6 min
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«Alla fine ci siete riusciti, mi avete fatto licenziare dalla Valcar! Ho letto il titolo: Arzeni e le più forti se ne vanno…». Inizia con una battuta delle sue l’intervista con  Davide Arzeni, lo storico direttore sportivo della squadra blu-fucsia. Che poi aggiunge: «E comunque è impossibile: dalla Valcar non si va mai via».

Il “Capo” è rimasto emozionato dall’intervista fatta qualche giorno con il patron della Valcar-Travel & Service, Valentino Villa. Parole che lo hanno colpito. Si chiude un capitolo importante non solo per Arzeni, ma anche per la squadra e, non ci sembra di esagerare, per il ciclismo femminile italiano.

Questa realtà bergamasca ha inciso davvero molto sulla crescita del movimento femminile nel Belpaese, soprattutto negli ultimi anni. Parlano i risultati e ancora di più il gran numero di ragazze create e uscite da quel vivaio.

Davide Arzeni (a sinistra) e Valentino Villa: per anni hanno rappresentato la spina dorsale della Valcar-Travel & Service
Davide Arzeni (a sinistra) e Valentino Villa: per anni hanno rappresentato la spina dorsale della Valcar-Travel & Service
Davide, partiamo dall’intervista: Villa ha espresso belle parole nei tuoi confronti…

Eh sì, è stata un’intervista importante che mi ha commosso. Mi fa piacere sentire certe parole da una persona così influente della mia vita professionale e non solo… Il siparietto del “padre e dello zio” è tutto vero. Così come sono vere non solo le cose che ha detto ma le parole che ha usato.

Quindi è anche vero che un giorno farete una squadra di ciclocross. Sarebbe la chiusura del cerchio?

Sì, vero anche quello. Ce lo siamo promessi.

Per te e per la Valcar si apre un altro capitolo. Ad un certo punto, complici tante offerte crediamo, hai sentito di dover andare?

Per me non è stata una scelta facile, così come non sono mai facili le scelte importanti della vita. E in quanto scelte importanti vanno condivise con le persone più importanti. Quelle della vita privata, come la famiglia e mia moglie, e quelle della vita professionale, Valentino Villa. Prima di prendere la decisione io ne ho parlato con lui. Non sono andato da Valentino e gli ho detto: “Ciao, io me ne vado”.

Com’è stare lì adesso, sapendo che te ne andrai?

Dopo un primo periodo un po’ strano subito dopo aver preso la decisione, adesso ci sto pensando veramente poco. Sono concentratissimo sulle gare (mentre è al telefono con noi sta visionando il circuito di Plouay dove oggi hanno corso le sue ragazze, ndr) e voglio fare bene. E anche le ragazze, sia quelle che vanno via che quelle che restano, pensano su ciò che bisogna fare adesso e non nel 2023.

Il team di Arzeni ha sempre corso in modo aggressivo. Una volta disse: «Per le corse veloci non ho paura di nessuno con le mie ragazze»
Il team di Arzeni ha sempre corso in modo aggressivo. Una volta disse: «Per le corse veloci non ho paura di nessuno con le mie ragazze»
Avete fatto, e state facendo un’ottima stagione…

Senza nulla togliere a nessuno, ma credo che quest’anno sia stato il vero capolavoro di Valentino.

Perché?

Perché ripartire dopo che se erano andate via la campionessa del mondo (Elisa Balsamo, ndr), la Guazzini(l’anno prima avevano perso anche la Marta Cavalli, ndr) non era facile. E invece nonostante tutto siamo ottavi assoluti nel ranking UCI davanti a molte WorldTour. Abbiamo ottenuto dieci vittorie con sei ragazze diverse… Anche per questo siamo concentrati sul finale di stagione. Vogliamo finire alla grande. Siamo motivatissimi.

Questo aspetto della motivazione non è così scontato. Spesso nel calcio i giocatori quando sanno che l’allenatore andrà via tendono “a mollare”, a non ascoltarlo troppo. Da voi non è così?

No, no… C’è stato un momento un po’ sofferto quando è emersa la mia decisione di andare via, ma adesso il clima del gruppo è sereno. C’è condivisione. E tutte quelle parole che vi ha detto Valentino rendono l’idea di questa serenità, appunto, che c’è in squadra.

Con la vittoria alla MerXem Classic, Eleonora Gasparrini è la sesta atleta della Valcar ad alzare le braccia in stagione
Con la vittoria alla MerXem Classic, Eleonora Gasparrini è la sesta atleta della Valcar ad alzare le braccia in stagione
Quindi c’è voglia di godersi la Valcar?

Siamo tutti competitivi, da me a Villa, dallo staff alle ragazze: ci piace fare bene e ci piace vincere. E poi non è che non ci si vede più! Non ho la sensazione di chi sta per lasciare, o peggio ancora, per abbandonare. C’è condivisione totale.

E’ vero che stai anche cercando il tuo successore per lasciare la squadra nelle migliori mani possibili?

E’ già nelle migliori mani possibili. Villa è una garanzia. Quando Arzeni è venuto in Valcar la squadra già c’era e quando se ne andrà non crollerà. Nel 2015, quando sono arrivato, c’erano già la Consonni, la Persico, la Cavalli, la Balsamo… tutte quelle atlete che poi sono state la base solida del team. Erano lì grazie al lavoro di Villa. Grazie alla sua conoscenza del mondo giovanile, del ciclismo femminile. E così è riuscito a creare un gruppo juniores tanto forte.

Hai un obiettivo, un “pallino” da realizzare, prima di andare via?

Eh – sospira Arzeni – quello più grosso non ve lo dico! L’obiettivo è vincere. Ma mettiamola così: il numero preferito di Valentino è il sette. Noi siamo ottavi in classifica, l’obiettivo è quello di scalare ancora una posizione nel ranking. Ormai c’è questa cosa che mi rimbomba nella testa.

Secondo Arzeni, Villa ha avuto l’occhio lungo. In questa foto del 2016 la Balsamo era davvero una bimba. E’ andata via da iridata elite
Secondo Arzeni, Villa ha avuto l’occhio lungo. In questa foto del 2016 la Balsamo era davvero una bimba. E’ andata via da iridata elite
Insomma, ci stai dicendo che quel senso dello “smontare le righe” non c’è?

Assolutamente no. Neanche da parte di chi il prossimo anno non correrà con la Valcar. E tutte, almeno da quel che so io, hanno già un contratto per l’anno prossimo: sia chi resta ed è confermata, sia chi passa ad un nuovo team e ha firmato contratti importanti. Non c’è la ragazza che pensa: “Vado forte perché devo trovare squadra”. La Persico morde, Chiara Consonni è fuori per infortunio, ma è una tigre in gabbia che non vede l’ora di correre. Anzi, se proprio dovessi dire: io le vedo in crescita. Mi sembrano più in palla di prima. La Cipressi mi dà ottime sensazioni, idem la Piergiovanni. Certo ogni tanto c’è quel pizzico di nostalgia.

Tipo?

L’altro giorno per esempio ho sentito Ilaria (Sanguineti, ndr) dire alla Persico: “Sono le ultime che faccio con te”. Però sono unite. Anche un paio di giorni fa, alla Kreiz Breizh Elites Féminin, non hanno vinto, ma hanno svolto un ottimo lavoro di squadra.

Una bella avventura, dai…

Una volta andavamo alle corse e ci dicevano: “La Valcar? Ma cos’è una squadra?”. Adesso ci presentiamo alle gare WorldTour, perché ne abbiamo diritto, e sapete che per la posizione delle ammiraglie non c’è l’estrazione ma si fa in base al ranking dei presenti. Ebbene, puntuale, dopo i primi 3-4 squadroni ecco la Valcar. Insomma, adesso ci riconoscono e ci rispettano.

Arzeni e le più forti se ne vanno: cosa fa la Valcar?

25.08.2022
7 min
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Se l’aspettava anche lui una chiamata prima o poi. Valentino Villa, presidente e fondatore, accoglie con un sorriso le domande sul futuro della squadra. Le ragazze più forti sono in procinto di lasciarla per approdare in team WorldTour e soprattutto dalla nave sta per sbarcare Davide Arzeni, il comandante di lungo corso che l’ha resa così forte. Ma la Valcar-Travel & Service continua, fedele alla filosofia di sempre. Poco importa se domani sarà costretta a cambiare nome: quando al centro c’è un’idea, il colore della maglia non incide poi molto.

Valentino Villa, qui con Chiara Consonni, è il fondatore della Valcar
Valentino Villa, qui con Chiara Consonni, è il fondatore della Valcar
Presidente, cosa si fa?

Abbiamo trovato le soluzioni per continuare, un’azienda che ci sponsorizza, puntando ancora su ragazze giovani e promettenti. Alcune hanno scelto di rimanere. E se chiuderemo la stagione fra le prime tre continental, come penso, l’anno prossimo potremo comunque fare la nostra bella attività. Stiamo bene nella nostra dimensione. Il team si ringiovanisce ed è una sfida che mi piace. Era giusto che le ragazze di 23-25 anni andassero in squadre più strutturate.

A un certo punto infatti avete abbandonato l’idea di diventare una WorldTour.

E’ un discorso mio, personale. Sono felicissimo di aver fatto il Tour de France, una cosa indescrivibile. Ma quando sono arrivato lì, mi sono reso conto che fossimo la Cenerentola del ciclismo. Non tanto per un fatto di risultati, quelli ci sono stati, quanto per la dimensione del team. Per questo devo dire grazie alle ragazze per la fiducia, allo staff che ha chiesto di essere confermato e anche a chi andrà via. E’ il mio destino. Sono un buon costruttore, ma una frana sul fronte del marketing. Solo che non si può fare tutto e noi abbiamo raggiunto il nostro massimo. Torniamo a essere piccoli come quando siamo nati, ma non lo resteremo per sempre.

L’uscita di “Capo” Arzeni forse fa più notizia delle atlete.

Gli devo molto. Ci sentiamo in ogni momento della giornata. Ricordo una festa di fine anno, in cui parlavo a ragazze come la Persico, arrivata a 12 anni mentre ora ne ha 25. E dicevo loro che per me sono come delle figlie, mentre Davide è più di un fratello. Allora lui ha preso il microfono e rivolgendosi alle ragazze, ha detto di essere loro zio. Dire che non mi dispiace della sua partenza sarebbe una bugia, ma di fronte a certe offerte non poteva voltarsi dall’altra parte. Lui è un competitivo, si metterà in gioco.

Arzeni e Sanguineti, festa dopo l’attesa vittoria di giugno alla Dwars door het Hageland
Arzeni e Sanguineti, festa dopo l’attesa vittoria di giugno alla Dwars door het Hageland
E’ forse strano che non lo abbiano avvicinato prima.

Pensavo la stessa cosa, erano due anni che mi chiedevo quando sarebbe successo. Eppure sono convinto di tre cose. Che faremo grandi sfide. Che se dovessi indicare una persona con cui andare a cena, sceglierei lui. E che quando saremo entrambi a fine carriera, metteremo su una squadra giovanile di ciclocross e ci divertiremo ancora. La fortuna della Valcar è stato il dinamismo di due persone dai caratteri complementari. Davide mi guarda negli occhi e capisce cosa sto pensando, lo stesso io con lui.

Come è stato il momento in cui ha annunciato che andava via?

Ne parliamo già da un paio di mesi, perché possiamo trovare la soluzione migliore, ma non mi aspettavo di vedere quelle lacrime. Il nostro legame nasce sì dai risultati, ma soprattutto dai momenti difficili.

Avete già in mente chi sarà il suo successore?

C’è qualche nome e sono determinato a rinforzare la struttura, in termini di personale e mezzi. Abbiamo due diesse che ci aiutavano in caso di tanti impegni, ma mi sto confrontando anche con Arzeni su chi prenderà il suo posto.

Torniamo per un attimo alla scelta di continuare ripartendo da una dimensione più piccola?

Ho avuto contatti con sponsor importanti, purtroppo stranieri, che proponevano di andare avanti alzando il livello del team. Sia pure in extremis, si sono accorti del nostro buon lavoro e ci hanno proposto di fare una fusione. Nell’ultimo mese e mezzo ho fatto delle scelte, convinto che riconoscere e ammettere i propri limiti sia segno di maturità.

Quali limiti?

Il sogno è sempre stato di avere un team italiano alla conquista del mondo, ma gli sponsor tecnici ci hanno fatto capire che non sarebbe stato male renderlo più internazionale. Quando arrivano le straniere, dico loro che la lingua nazionale qui è il bergamasco e quella ufficiale l’italiano. Prima mi guardano come fossi matto, poi capiscono la nostra dimensione. Ricordo spesso che siamo partiti da cinque esordienti e quello che abbiamo fatto dopo è stato tanta roba. Credo che in questo ciclismo che va così veloce, serva una squadra cuscinetto per un’età molto delicata. Lo vedo nel mondo del lavoro. I ragazzi che lavorano alle macchine a controllo numerico sono dei fenomeni, con abilità pazzesche, ma sono anche fragili. Nel ciclismo è lo stesso.

Ci spiega meglio per favore?

Tutti i preparatori conoscono numeri e sistemi di allenamento, ma l’aspetto umano è un’altra cosa. Serve avere una squadra senza l’assillo del risultato, del peso, in cui si abbia il tempo per crescere. Un ambiente in cui si lavora bene, ma in cui si sorride. A 19 anni servono pazienza e tempo, che secondo me sono valori aggiunti. Senza viziarle, ma mettendole nelle condizioni di crescere e spiccare il volo. Sarei in grado di gestire una Vos? Forse no e allora è meglio fare quel che siamo in grado di fare.

Fra le ragazze della Valcar resta grande affetto. Qui Balsamo dopo la vittoria di Consonni al Giro
Fra le ragazze della Valcar resta grande affetto. Qui Balsamo dopo la vittoria di Consonni al Giro
Di sicuro le ragazze che sono passate di qua avranno sempre una buona parola…

Infatti ci arrivano richieste dall’Italia e dall’estero. Anche se le cose stanno cambiando, c’è un mercato di cui tenere conto. Ogni giorno è una battaglia, puoi fare del tuo meglio, ma devi sapere che ci sono anche gli altri. Davanti alle cifre che mi giungono per alcune atlete di vertice, rimango stupito, ma sono anche contento perché finalmente si è raggiunta la parità, che è un grande obiettivo. E’ bello vedere le ex che si fermano, girano la bici e vengono a chiedermi come sto, anche poco prima della partenza. E mi sono commosso quando Margaux Vigie mi ha mostrato la maglia della nazionale francese a Monaco con il marchio della nostra squadra. Voglio ringraziare quei signori della Federazione francese.

Alla fine si fa parte del mondo Valcar a prescindere dal cambio di maglia, un bel messaggio, no?

Devo molto al ciclismo e a queste ragazze. Sono felice. Il fatto che ancora oggi vengano a salutarmi, quando sono finiti i rapporti di interesse, fa capire che hai costruito qualcosa. Il fatto che dopo essere andate via, alcune ammettano che forse stavano meglio con noi è un altro segnale. Per questo andiamo avanti. Per coerenza. E perché non ho proprio avuto cuore di interrompere questa storia.

Ciclismo femminile e maschile: differenze sempre minori

03.08.2022
5 min
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Che il ciclismo femminile stia somigliando sempre più a quello maschile è ormai evidente. Sia nei montepremi, sia nelle strutture dei team ma anche nelle tattiche e, con le dovute proporzioni, nelle distanze. E quindi vedere gare femminili ben oltre le quattro ore è sempre più frequente.

I 176 chilometri della quinta frazione del Tour de France Femmes hanno destato certamente scalpore e rappresentano il record stagionale ma non sono una novità assoluta per quel che riguarda i lunghi percorsi di tappe o classiche. Tanti anni fa c’erano gare negli Stati Uniti, come il Tour de Toona (in Pennsylvania), che avevano chilometraggi importanti.

Testa bassa e menare. Anche le fughe più numerose sono state riacciuffate grazie ai giochi di squadra
Testa bassa e menare. Anche le fughe più numerose sono state riacciuffate grazie ai giochi di squadra

Oltre le deroghe

Negli anni ci sono stati tanti esempi di gare-fiume come la prima tappa in linea del Giro Rosa del 2007 di 168 chilometri. Oppure la crescita esponenziale del Giro delle Fiandre: dai 94 chilometri, vale a dire 2 ore e mezza di sforzo, della prima edizione nel 2004 ai 159 di quest’anno, 4 ore e un quarto di fatica.

O ancora, nel 2020 al Giro Rosa la Assisi-Tivoli misurò 182 chilometri: 170 di gara e 12 di trasferimento per quasi 3.500 metri di dislivello. Non una passeggiata insomma, che sollevò più di una discussione in merito al ciclismo femminile.

A termini di regolamento l’UCI ha fissato un limite di 160 chilometri per le gare WorldTour, fatta salva qualche deroga. Su questo argomento abbiamo voluto fare un giro di pareri per capire se questa tendenza potrà allargarsi sempre di più e di conseguenza come possono cambiare le preparazioni e gli svolgimenti delle corse femminili.

Tattiche sempre più ordinate nel ciclismo femminile, complice un livellamento verso l’alto delle atlete
Tattiche sempre più ordinate nel ciclismo femminile, complice un livellamento verso l’alto delle atlete

Non troppi chilometri

«Personalmente spero che non si vada oltre – ci spiega Davide Arzeni della Valcar Travel&Serviceanche perché il risultato non cambierebbe. Sono un po’ contro a queste distanze perché diventano uno spauracchio per le atlete e poi si rischierebbe di avere una gara noiosa. Poi le ragazze si distraggono e arrivano le cadute. Se ci va di mezzo lo spettacolo non va più bene per il nostro movimento.

«Bisogna tenere conto delle ore e del dislivello, come è successo in Francia per le tappe di montagna. Però anche in quel caso con un po’ di buon senso. Aggiungere salite su salite o rendere le gare eccessivamente dure per me non ha molto senso. Ripeto, il risultato finale non cambierebbe».

«Tuttavia capisco le esigenze degli organizzatori – prosegue il “Capo” – che vogliono accontentare le sedi di partenza e arrivo. Ci sono interessi economici che comportano queste decisioni. Ma anche in questo c’è da tenere conto dei vari trasferimenti.

«Per arrivare alla partenza della quinta tappa del Tour Femmes avevamo fatto già un’ora e mezza di trasferimento. Pensate infine alle ultime ragazze che arrivano al traguardo. In quella tappa lunga o nella settima con arrivo a Le Markstein, le atlete che sono arrivate in fondo hanno pedalato per quasi cinque ore, alcune arrivando fuori tempo massimo. Le mie ragazze ad esempio, tranne qualche raro caso, non hanno mai fatto sopra le cinque ore di allenamento e credo che facciano così tante altre».

Ad Arzeni fa eco il suo collega Fortunato Lacquaniti.

«Non bisogna esagerare, i chilometraggi devono crescere in modo graduale – analizza il diesse della UAE Team ADQ – ma fino ad un certo punto. L’UCI cerca di spingere molto su alcuni aspetti per fare crescere il ciclismo femminile però non si devono forzare i tempi. Il livello si è alzato ma non tutte le ragazze hanno la giusta competitività per gareggiare nel WorldTour.

«La media deve essere attorno ai 130-140 chilometri, ce n’è già abbastanza. Pensate alla tappa di Cesena al Giro Donne che ne era solo 120 e ha creato distacchi incredibili. Detto questo, non so se sia un bene o un male voler alzare le distanze nel femminile. C’è un calendario sempre più intenso e ravvicinato. Diventa difficile gestirlo con team da quattordici atlete e staff limitati, seppur si stia crescendo anche in quel senso».

Tattiche che cambiano

«C’è stata una evoluzione anche a livello tattico – riprende Arzeni – dove le fughe possono ricoprire un ruolo importante, come capita nel ciclismo maschile. Anche se poi ci sono casi particolari. Ad esempio nella sesta tappa del Tour Femmes erano fuori una quindicina di atlete di quindici formazioni diverse. Probabilmente nel ciclismo maschile quella fuga sarebbe arrivata, da noi invece no. Sono state riprese nonostante i team più importanti avessero una loro ragazza. Noi della Valcar non eravamo presenti in quella fuga e abbiamo aiutato a chiudere, però non nascondo che sia stata una tappa strana».

Il livellamento verso l’alto ha portato tante squadre ad avere più soluzioni per ogni tappa.

«Una volta c’era la Boels-Dolmans (l’attuale SD Worx, ndr) che la faceva da padrona in tutte le corse – conclude Lacquaniti – mentre adesso ci sono più team che possono fare la corsa. Quando si arriva in volata ora si possono contare almeno otto treni che tirano per ricucire sulla fuga per le proprie velociste».

«Sia al Giro che al Tour abbiamo visto le battistrada avere discreti vantaggi ma tenute sotto controllo dal gruppo. Che quando poi decide di chiudere lo fa. Oppure penso anche che adesso si trovano squadre che finiscono le stagioni con almeno quindici vittorie. Penso che sia un bene questa uniformità di livello».