Delfinato a denti stretti, la via di Caruso verso il Tour

13.06.2022
6 min
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Quarto in un Delfinato corso alla velocità della luce, subito dietro Roglic, Vingegaard e O’Connor, gente da Tour in rotta sul Tour: quanto vale il risultato di Damiano Caruso? In attesa di scoprire i verdetti del Giro di Svizzera e di quantificare la forza di Pogacar in Slovenia, in che modo procede il cammino del siciliano verso la Francia?

Lo abbiamo chiesto nuovamente a Paolo Artuso, capo dei preparatori al Team Bahrain Victorious, che a breve raggiungerà Caruso sull’Etna per un altro step di preparazione.

«E’ andato bene – spiega – con i numeri che ci aspettavamo. Al Romandia c’era stata una flessione nell’arrivo in salita, quindi non era riuscito a fare la classifica che volevamo. Per cui ci siamo fermati, Damiano ha staccato la spina per un periodo di recupero, poi è andato direttamente al Teide per i consueti 15 giorni di lavoro in altura. Solo che quest’anno abbiamo cambiato metodo…».

Vale a dire?

Abbiamo intrapreso la via del Block Training, l’allenamento diviso in blocchi. Per cui sul Teide si è fatta tanta base, mentre per l’intensità si è scelto il Delfinato, dove Caruso è andato meglio del previsto.

Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi
Da quest’anno la preparazione di Caruso è stata rivista, nel senso di una periodizzazone a blocchi

Block training, come funziona

Per capire meglio, l’allenamento a blocchi è suddiviso in una serie di fasi orientate al miglioramento di uno specifico elemento della prestazione. La differenza principale è quindi la composizione di ogni blocco in base a quello che si vuole raggiungere. Le fasi tipiche sono l’accumulo, la trasformazione e la realizzazione.

L’accumulo è un periodo di volume elevato a bassa intensità, in cui l’atleta costruisce la base per il resto del suo allenamento. Nella trasformazione aumenta l’intensità mentre diminuisce il volume e l’atleta si concentra sulle caratteristiche che desidera sviluppare. La realizzazione è la fase di picco, quando l’atleta raggiunge le massime prestazioni. Il volume è basso per consentire al corpo di riprendersi, ma l’intensità è alta per portare l’organismo al massimo livello di forma fisica possibile.

Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Roglic e Van Aert (e Vingegaard) hanno monopolizzato il Delfinato: Caruso era lì
Cosa ha fatto dunque Caruso sul Teide?

Prima il solito adattamento, anche se con lui serve meno rispetto alla prima altura dell’anno. Per questo ha iniziato subito a lavorare, senza particolari sessioni specifiche. La prima settimana sono venute fuori 25 ore, nella seconda sono state 28. Niente di esagerato. Di diverso rispetto agli anni scorsi, c’è che anche in allenamento ora diamo il pieno supporto sul piano della nutrizione, come in gara.

Anche Caruso è seguito dal dottor Moschetti?

Esatto, Nicola Moschetti. Anche in allenamento i corridori vengono assistiti sul piano della nutrizione, del recupero, del sonno e della prestazione. Per cui non si tratta solo di mettere insieme una settimana ben fatta, ma si ragiona in termini di consistenza di tutto l’anno. Non andiamo a cercare il peso ideale, perché sarà conseguenza diretta di queste abitudini.

Se il Teide è stato la fase dell’accumulo, il Delfinato è servito per trasformare?

Ha corso sempre al massimo, anche perché parlare di lavori specifici a quelle andature è abbastanza impossibile. Quando conosci le lunghezze delle salite, è anche facile determinare il ritmo giusto per salire, il cosiddetto “pacing”. Per cui nella tappa di ieri, volendo salvare la classifica, a un certo punto Damiano si è lasciato sfilare (è arrivato 6° a 55″ da Vingegaard e Roglic, ndr). Avrebbe potuto tenere duro e per il grande motore che ha, avrebbe fatto un fuorigiri, ma avrebbe compromesso la classifica. Invece così facendo, ha salvato il quarto posto finale. Stesso discorso per la crono.

Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo nella crono di La Batie d’Urfé: il Tour si aprirà con una crono, bisognerà gestirla bene
Ottavo a 1’25” da Ganna e meno di un minuto da Roglic.

Avevamo stabilito di farla a 390 watt, l’ha fatta a 392. Ci lavoriamo sopra bene da maggio. Era una crono lunga, intorno ai 35-36 minuti, ed era tutta piatta. Uno come lui, che ha nella potenza alla soglia la sua arma migliore, si è trovato avvantaggiato.

Come si passa alla terza fase?

Adesso tre giorni di recupero, fra viaggio e riposo vero e proprio. Poi da sabato, Damiano andrà sull’Etna e lo raggiungerò anche io per fare lavori dietro moto ad alta intensità e arrivare pronti al Tour. Nella prima settimana, oltre alla difficoltà di gara, ci sarà da farsi il segno della croce...

Siamo vicini alla condizione del Giro 2021?

Credo che al Tour avremo lo stesso Caruso, per potenza e peso, un atleta che quest’anno è stato competitivo in tutte le corse cui è andato.

Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
Damiano Caruso è nato il 12 ottobre 1987, è pro’ dal 2009, è alto 1,79 per 67 chili
E’ facile ritrovare la forma perfetta? Guardavamo Kruijswijk e non è più sembrato quello del Giro 2016…

Nel suo caso secondo me si dovrebbe parlare di un diverso ruolo in squadra e di qualche infortunio. Lui probabilmente ha gli stessi numeri, ma in una squadra così forte fanno turnover e deve lavorare forte per i suoi leader. Ieri infatti ha fatto un lavoro pazzesco.

Che differenze ci sono fra allenarsi sul Teide e sull’Etna?

L’Etna è leggermente più basso. A livello di strade a Tenerife sono mediamente più dure, mentre in Sicilia ci si può allenare anche in pianura. Il meteo in questa stagione è buono in entrambi i casi, anzi forse l’Etna è più caldo. La logistica degli hotel è buona, forse in Sicilia si mangia troppo bene (sorride, ndr). Per contro, sabato Caruso prenderà la macchina e in un paio d’ore sarà al Rifugio Sapienza, senza tutti i voli che servono per arrivare sul Teide.

Risalite in cima sempre in bici?

Con lui che è scalatore, sempre. Si fanno lavori fino ai 1.200 metri di quota, perché si riesce a replicare l’intensità di gara. Invece sopra i 1.500 comincia a cambiare tutto e il carico esterno inizia a diminuire di un tot ogni 100 metri di quota. Per cui oltre una certa quota, si va senza lavori precisi.

Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Caruso ha chiuso il Romandia al sesto posto, poi ha staccato la spina
Dall’Etna passaggio ai campionati italiani e poi Tour?

Purtroppo Caruso non farà l’italiano, per una questione logistica. Abbiamo valutato la situazione e il fatto che avremmo due soli corridori su un percorso che non gli si addice. Ci sarebbero Damiano e Zambanini, Milan è ormai prossimo al rientro ma il dottore suggerisce prudenza. E di Colbrelli sappiamo la situazione.

Soddisfatto del Delfinato, allora?

Molto, arriviamo giusti al Tour. Avremo davanti quei 2-3 corridori di un altro pianeta, poi però ci siamo anche noi. Damiano avrebbe potuto fare un grande Giro d’Italia, ho provato fino all’ultimo a convincerlo. Ma vedrete che anche al Tour non sarà affatto male…

Un giorno sull’Etna, aspettando l’assolo di Caruso

Giada Gambino
16.04.2022
5 min
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Sta per prendere il via l’ultima tappa del Giro di Sicilia. Caruso si dirige verso il foglio firma, posa la bici e mentre sta per salire sul palco pensa a quante emozioni finora gli ha regalato questa corsa

«La vittoria della seconda tappa – dice – è stata qualcosa di indescrivibile. Avevo la maglia della nazionale, ero con un gruppo di giovani al mio fianco e ho vinto, cosa che non è mai facile. Soprattutto quando in gara i tuoi avversari sono dei campioni. E’ stato come ritornare ragazzino, sulle strade della mia terra. Ogni tanto sentivo qualcuno gridarmi qualcosa in dialetto e di volta in volta avevo la conferma e realizzavo sempre più il fatto che fossi davvero a casa (sorride, ndr)». 

Dalla partenza è chiaro che Caruso sarà il faro della corsa. Fedeli è pronto ad aiutarlo
Dalla partenza è chiaro che Caruso sarà il faro della corsa. Fedeli è pronto ad aiutarlo

Il giudice Etna

Sale sul palco per la presentazione della squadra, i tifosi lo applaudono, i suoi occhi brillano di felicità e nascondono tanta determinazione. 

«Nonostante non mi manchi l’esperienza – racconta ai nostri microfoni – sono davvero emozionato. Potermi battere per la vittoria finale con Nibali e Pozzovivo sicuramente mi dà tanta motivazione. Questi giorni non li dimenticherò mai, magari non sarà l’ultima edizione della corsa a cui parteciperò, ma voglio godermi il presente. Finora ci sono state piccole battaglie, ma la guerra vera e propria si fa oggi. L’Etna deciderà chi è il più forte, non in assoluto, ma della giornata. Sarà lunga e nel finale le energie sicuramente verranno a mancare». 

Scontro fra amici quello fra Caruso e Nibali. E alla fine prevale il ragusano in maglia azzurra. Ma lo Squalo c’è
Scontro fra amici quello fra Caruso e Nibali. E alla fine prevale il ragusano in maglia azzurra. Ma lo Squalo c’è

Un affare di famiglia

Così prende il via l’ultima tappa della corsa sicula. Sull’Etna ad attendere il ragusano c’è la sua famiglia al completo. Ornella, la moglie, sembra rilassata: sa quanto vale suo marito, quanto si è allenato, quante volte ha percorso questa salita in allenamento e quanto si meriti la vittoria.

Oscar, il figlio maggiore, sembra divertirsi con i nonni e gli zii in attesa dell’arrivo del padre. Ha imparato a comprendere lo strano e complesso lavoro che fa il papà e si lascia travolgere dal clima di festa. Federico, il fratello, è teso, desidera la vittoria di Damiano più di ogni altra cosa. Vuole vederlo a braccia alzate, vuole vederlo sorridere, vuole vederlo felice. Ed ecco che, mentre mancano gli ultimi chilometri, stringe tra le sue braccia la nipotina Greta che, sentendo che il suo papà è in testa e vedendo tutti intorno a lei festeggiare, sorride.

Un campione vero

Damiano stacca tutti i diretti avversari, le energie a lui non mancano. Spinge sempre più sui pedali. Il cuore gli batte forte, il traguardo è sempre più vicino. I tifosi gridano il suo nome e così giunge a Piano Provenzana da solo, bacia la maglia, alza le braccia al cielo, chiede al pubblico di essere ancor più applaudito. Sono tutti pazzi per lui. La gioia negli occhi di chi gli sta quotidianamente accanto è visibile e qualche lacrima scende lungo il viso. Il nuovo vincitore del Giro di Sicilia è indiscutibilmente Damiano Caruso. 

«Oggi ho vinto io – dice – la salita non mente. L’effetto di competere al fianco di Vincenzo è stato bellissimo. Due siciliani al Giro di Sicilia che davano spettacolo. Nel finale ne avevo semplicemente di più ed ho fatto la differenza. Questa vittoria non cambia nulla nei miei programmi, rimane tutto uguale. Il Sicilia è una bella corsa che aggiungo al palmarés che non è così ricco. Vincere fa sempre bene comunque».

Si dirige verso i suoi bambini, li abbraccia, bacia sua moglie. E’ lui il più forte di giornata. E’ lui, oggi, il Re della Sicilia. Lui, che spesso viene classificato come un gregario, ancora una volta ci ha dimostrato quanto sia un campione

Gobik “veste” il Giro di Sicilia: accordo ok con RCS Sport

12.04.2022
3 min
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Parte oggi da Milazzo, per poi concludersi in cima all’Etna venerdì 15 aprile, l’edizione 2022 del Giro di Sicilia Eolo, la breve corsa a tappe che conta su ben diciannove squadre al via, ma anche e soprattutto sulla presenza nel gruppo di due siciliani doc. Il vincitore dell’ultima edizione Vincenzo Nibali e il ragusano Damiano Caruso, secondo classificato lo scorso anno nel Giro d’Italia vinto da Egan Bernal.

L’evento, che ricordiamo essere organizzato da RCS Sport in collaborazione con la Regione Sicilia, presenta quest’anno un’importante novità legata alla “new entry” di un partner “di peso” per quanto riguarda la realizzazione delle maglie dei quattro diversi leader di classifica. Parliamo di Gobik, azienda spagnola attiva sul mercato dal 2010, già ben presente nel gruppo dei professionisti attraverso partnership di rilievo quali quelle con UAE Team Emirates e Eolo Kometa.

Una strategia di crescita

Le maglie dei leader di classifica che Gobik ha disegnato per il Giro di Sicilia Eolo sono tutte prodotte con tessuti dell’italiana SITIP. La maglia giallo-rossa – i colori distintivi della Regione – è quella che verrà vestita primo della classifica generale, mentre la ciclamino è quella che verrà destinata al leader della classifica a punti. Come avviene al Giro d’Italia, la maglia verde pistacchio, sponsorizzata da Enel Green Power, è quella che verrà riservata al miglior scalatore, mentre quella bianca con l’evidente logo ENIT sarà assegnata al miglior giovane nato dopo il 1° gennaio 1997.

Alcune divise di squadre professionistiche, tra cui il UAE Team Emirates, sono disegnate da Gobik
Alcune divise di squadre professionistiche, tra cui il UAE Team Emirates, sono disegnate da Gobik

Gobik prosegue dunque decisa nella propria strategia di ampliamento, di promozione e di diffusione sul mercato italiano. Questa rilevante partnership con RCS Sport segue la nomina di Andrea Scolastico quale brand manager Italia, ma segue anche la definizione dell’accordo che Gobik ha definito con la Gran Fondo Internazionale Nove Colli – probabilmente l’evento Gran Fondo più famoso al mondo – che già da quest’anno annovera lo stesso brand spagnolo produttore di abbigliamento per ciclismo tra i propri sponsor ufficiali.

Gobik

Voci di Giro e la testa sul Tour: l’enigma di Caruso

15.03.2022
4 min
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A un certo punto della Tirreno, tra le voci di cui prendere nota, è saltata fuori quella per cui Damiano Caruso farebbe uno strappo al programma e devierebbe sul Giro d’Italia. Se tanto era stato lo stupore nel sapere che per il 2022 avrebbe fatto rotta sul Tour, la possibilità di riaverlo sulle strade che lo scorso anno lo hanno in qualche modo consacrato, ha fatto drizzare le antenne a tifosi, giornalisti e organizzatori.

Intendiamoci, per ora non è nulla più d’una suggestione, che troverebbe terreno fertile se ad esempio Landa, sentendosi particolarmente sicuro, decidesse di giocarsi tutto sul Tour e in quel caso il Team Bahrain Victorious potrebbe puntare su Damiano in Italia, magari affiancandogli Gino Mader.

Nella crono di Camaiore passivo di 1’06” contro dei veri specialisti
Nella crono di Camaiore passivo di 1’06” contro dei veri specialisti

Apertura sul Giro

Che la sua affermazione all’inizio di un… tranquillo giorno di corsa potesse suscitare qualche curiosità, il siciliano probabilmente se l’aspettava. Non credeva però che la notizia partisse come la pallina di un flipper.

«Ho semplicemente detto – ha sorriso il giorno dopo – che è per ora il programma rimane di fare il Tour, però non si può mai sapere cosa succederà da qui a maggio. Quindi per ora rimaniamo legati al progetto Tour de France senza cambiamenti in vista. Però il periodo è quello che è. Abbiamo visto tanti cambiamenti dell’ultimo minuto legati al Covid e problematiche varie. L’importante sarà farsi trovare pronti, ma detto questo, lungi da me voler creare aspettative».

A Bellante, finale di 8 minuti in salita, anche per lui valori altissimi: sopra i 7 watt/kg
A Bellante, finale di 8 minuti in salita, anche per lui valori altissimi: sopra i 7 watt/kg

Il primo italiano

Però intanto la Tirreno-Adriatico, ben lontana dai suoi primi obiettivi, ha detto che il miglior italiano della classifica generale è stato nuovamente lui (7° a 3’20” da Pogacar). E se anche, come ci ha raccontato, non ha grandi margini di miglioramento atletico, è pur vero che i lavori sulla qualità che ha incrementato nell’ultimo periodo potrebbero permettergli di salire un altro gradino. Non certo di raggiungere i numeri di Pogacar e Roglic, ma di lasciarsi indietro altri brutti clienti.

«Il risultato non rispecchia la condizione – dice – ma vi posso assicurare che stiamo parlando di un ciclismo incredibile. Stiamo facendo tutti i record di tutte le salite, dei wattaggi non comuni. Ci sono 15-20 corridori che stanno pedalando veramente forte, anche se Pogacar sembra di un’altra categoria. Con lui attualmente si corre per il secondo posto, con la consapevolezza che potrebbe vincere anche la Sanremo. Siamo andati come dei treni anche nelle tappe con tanto dislivello. L’obiettivo di squadra era cercare di centrare il podio, visto che eravamo in tre lì vicino e ci siamo riusciti con Landa. Abbiamo giocato bene le nostre carte e approfittato di qualche cedimento. In certe fasi bisogna fare così, non è che si possa inventare sempre chissà quale tattica».

Caruso quinto a Carpegna, 46″ dopo il compagno Landa, arrivato terzo, dietro Pogacar e Vingegaard
Caruso quinto a Carpegna, 46″ dopo il compagno Landa, arrivato terzo, dietro Pogacar e Vingegaard

Fondista a Carpegna

La classifica si è fatta nel giorno di Carpegna, in cui Caruso ha tagliato il traguardo in quinta posizione, a 1’49” da Pogacar, ma solo 46″ alle spalle di Vingegaard e Landa. La sua regolarità è stata quindi in parte premiata.

«La tappa di Carpegna – dice – è stata bella e difficile. Conoscevamo tutti la salita, meno la discesa che all’inizio era sporca e anche un po’ pericolosa. Alle fine sono venute fuori le mie doti di fondista. Per questo sono molto contento, perché mi sono sentito bene insieme ai più forti corridori al mondo. Se andiamo a vedere, nei primi 10 c’era solo gente fortissima, quindi per ora sono più che soddisfatto. E’ l’elite del ciclismo mondiale. Alcuni erano in Italia, pochi altri alla Parigi-Nizza. Stare con loro motiva ed è allenante».

Il programma di Caruso prevede il Tour, ma si apre ora qualche spiraglio sul Giro
Il programma di Caruso prevede il Tour, ma si apre ora qualche spiraglio sul Giro

Direzione Tour

Che però la sua strada porti al Tour lo conferma il sopralluogo fatto alla vigilia della Omloop Het Nieuwsblad sul percorso della quinta tappa, quella del pavé da Lille Metropole ad Arenberg Port du Hainaut.

«La ricognizione è andata più che bene – dice – e l’abbiamo fatta in due giorni. Una proprio sul percorso della tappa e l’abbiamo provata nelle peggiori condizioni possibili, quindi con vento e pavé bagnato. E’ stata utile per trovare la giusta combinazione nel settaggio della bici ed era importante per non arrivare al giorno della gara con qualche sorpresa. Quindi tubolari da 30 a bassa pressione, fra 2,8 e 3 atmosfere. Invece il giorno dopo abbiamo fatto il percorso della Het Nieuwsblad e anche quello è stato interessante. L’abbiamo fatta con i ragazzi esperti del pavé e abbiamo capito che l’andatura con loro è veramente differente. Sarà sicuramente una tappa determinante, perché puoi perdere tutto in un solo giorno».

Fortunato studia da grande e Basso lo osserva. Sentite qua…

14.03.2022
5 min
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Nonostante un paio di buchi in discesa e un guasto tecnico che l’ha costretto a fermarsi, Lorenzo Fortunato sul Carpegna ha venduto la pelle a carissimo prezzo. Era la prima salita di stagione, affrontata per giunta in un clima da lupi, eppure lo scalatore bolognese ha chiuso prima di corridori ben più navigati come Uran e Barguil e tutto sommato non troppo lontano da Evenepoel. Intendiamoci, niente di stratosferico, eppure un piccolo segnale da un ragazzo che ha iniziato la stagione al piccolo trotto, avendo i suoi obiettivi da maggio in avanti. E che, soprattutto, sta vivendo in una dimensione per lui totalmente nuova.

Lo scorso anno di questi tempi, nessuno sapeva chi fosse. Ora è uno dei più attesi e salutati
Lo scorso anno di questi tempi, nessuno sapeva chi fosse. Ora è uno dei più attesi e salutati

Ne abbiamo parlato perciò con Ivan Basso. La Eolo-Kometa ha investito parecchio per trattenerlo ed è chiaro che si aspetti degli altri passi avanti dopo le vittorie del 2021. Abbiamo scritto di recente su quanto sia difficile confermarsi, perciò con Ivan cerchiamo di capire quali siano e quanto alte le attese.

Che idea ti sei fatto di Lorenzo?

E’ un ragazzo che sta tirando fuori quello che aveva fatto vedere nelle categorie giovanili e che poi aveva perso per troppo tempo. Lo smalto di correre nelle prime posizioni. Ha faticato un po’ a riprenderlo. In questo momento lo vedo che vuole correre da campione, ma ancora non può, non ce l’ha dentro. Non ha ancora la statura per farlo e l’esempio c’è stato a Carpegna.

Sul traguardo di Carpegna, Fortunato è arrivato con Uran e Barguil
Sul traguardo di Carpegna, Fortunato è arrivato con Uran
Che analisi hai fatto?

Ne ho parlato con lui dopo la tappa. Ha voluto fare corsa con i migliori e non ha osato. Non ha voluto anticipare insieme a Rosa perché aveva paura di staccarsi e ha portato a casa un dignitoso 17° posto. In una corsa così, può sembrare un risultato da poco, ma se guardiamo con chi era e dov’era un anno fa, quando non aveva fatto ancora un piazzamento nei primi 50…

Sta prendendo le misure?

Credo sia giusto che si metta alla prova, ma per ottenere dei risultati deve correre sicuramente in un altro modo, non come a Carpegna. Però a me piacciono i corridori che a volte prendono la responsabilità, fanno delle cose e poi capiscono che era meglio gestirla in un altro modo. Non li considero errori, li considero percorsi di crescita. E’ un corridore che secondo me ci farà divertire durante la stagione.

Con Gavazzi verso la partenza di Apecchio, nel giorno di Carpegna
Con Gavazzi verso la partenza di Apecchio, nel giorno di Carpegna
Che cosa poteva fare di diverso a Carpegna?

Ha fatto un’ottima gara, ma penso che se avesse osato nella prima scalata, avendo le gambe per arrivare 17° prima di Uran e gli altri, avrebbe potuto scollinare con 15-30 secondi e non avere poi problemi in discesa. Tra l’altro deve migliorare, perché ha preso due buchi proprio venendo giù.

Come si pone Fortunato davanti a certe osservazioni?

Ascolta i ragionamenti, li analizza e a volte ne propone altri. Fortunato è uno dei corridori più intelligenti che ho avuto nella mia gestione.

Fra gli aspetti da curare, la discesa, nella quale Fortunato a tratti è insicuro
Fra gli aspetti da curare, la discesa, nella quale Fortunato a tratti è insicuro
Stando così le cose, al Giro ha senso correre per fare classifica?

Il modo in cui correremo al Giro è un’idea in evoluzione anche nella mia testa, non ce l’ho ancora chiaro. Devo dire la verità: mi ha sorpreso positivamente questo suo inizio di stagione. Tenete conto che adesso deve fare un ritiro in altura di tre settimane, poi le ultime due gare di rifinitura prima del Giro. Quindi non pensavo fosse così avanti. Dopo lo Zoncolan si è confermato all’Adriatica Ionica. Ha fatto un ottimo Lombardia correndo con i migliori. Ha già fatto un secondo posto alla Ruta del Sol, ma non era preparato per andar forte. Doveva fare una buona primavera, ma il suo obiettivo è più avanti.

Sappiamo che va bene in salita, avete lavorato ad esempio sulla crono?

Quest’inverno, è andato con Sean Yates (uno dei diesse della squadra, ndr) a Londra per tre giorni in galleria del vento. Sean si sta occupando di lui per l’aspetto crono e la cura dei dettagli. Abbiamo Zanatta che cura di più programmi e risorse umane, in stile Liquigas diciamo. Mentre Yates invece si occupa di materiali e posizione.

D’inverno Fortunato è stato per 3 giorni a Londra con Sean Yates, studiando per la crono
D’inverno Fortunato è stato per 3 giorni a Londra con Sean Yates, studiando per la crono
Non c’è rischio che Lorenzo si metta addosso troppa pressione?

Deve farlo! Secondo me è una persona molto intelligente e poi abbiamo visto che la regge molto bene. Non solo quella che gli mettiamo noi, ma anche quella che si mette da sé, correndo e analizzando ogni cosa che fa. Lo vedo correre da grande. Io credo che Fortunato non abbia nulla da invidiare a Damiano Caruso o al Ciccone di turno.

Non gente qualunque…

Non posso proiettarlo in direzione Nibali ovviamente, però ricordo quando Damiano correva con noi alla Liquigas e vinse la tappa alla Coppi e Bartali. Avreste pensato allora che avrebbe fatto secondo al Giro? Era un ragazzo forte, che aveva fatto delle bellissime cose da under 23. Però doveva crescere, lavorare nel modo giusto, trovare sicurezza. Mancava la maturità che ora l’ha portato a ottenere dei risultati. Lorenzo può seguire il suo percorso. Di questo sono piuttosto sicuro. E può farlo con noi…

Le difficoltà di ripetersi dopo un exploit: ce ne parla Cunego

24.02.2022
5 min
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Appena dopo un exploit le aspettative si alzano e la domanda che tutti si pongono è: riuscirà a mantenerle con gli occhi di tutti puntati addosso? Gli sguardi pesano e quando corri in bici, dove la leggerezza (in tutti i sensi) la fa da padrona, si sentono. Ti curvano la schiena, ti riempiono la mente di domande e a volte rischi di dubitare anche delle tue qualità. E se gli sguardi pesano, le parole di più e anche quelle possono far male. Ne parliamo con Damiano Cunego, uno che di aspettative se ne intende. Gli chiediamo come faranno Colbrelli e Caruso a lavorare serenamente cercando di ripetere la stagione passata.

Caruso e Colbrelli saranno chiamati al difficile compito di ripetere gli ottimi risultati ottenuti nel 2021 (foto Instagram)
Caruso e Colbrelli saranno chiamati al difficile compito di ripetere gli ottimi risultati ottenuti nel 2021 (foto Instagram)

Il rapporto con se stessi e gli altri

«La prima cosa che cambia – incalza Damiano Cunego – e che il corridore nota, è la preparazione. L’anno precedente si ha avuto modo di poterla fare con calma preparando gli appuntamenti che più si desideravano. Ora, invece, viene il bello. Forte e consapevole dei risultati fatti il corridore alza l’asticella. Sei tu per primo che hai aspettative più alte su te stesso e quello che hai fatto l’anno precedente lo consideri la base dalla quale ripartire. Poi si aggiungono le aspettative e le pressioni di sponsor e tifosi, alla fine ci sono due ipotesi…».

Caruso ha fatto il suo esordio stagionale alla Vuelta Ciclista a Andalucia (foto Team Bahrain Victorious)
Caruso ha fatto il suo esordio stagionale alla Vuelta Ciclista a Andalucia (foto Team Bahrain Victorious)
Quali?

La prima è quella che anche lavorando bene, con delle ottime sensazioni a livello di numeri, poi arrivi in gara e ti accorgi che ti manca la sicurezza. Non riesci a rendere come l’anno precedente e fai fatica, è la testa che pesa, piena di pensieri. Il cervello lavora il doppio e alla fine la paghi.

La seconda?

E’ quella secondo la quale anche con le pressioni che ti circondano rimani lucido e concentrato. C’è da aggiungere un particolare importante, questa piccola percentuale di corridori che non soffre le pressioni entra nella categoria dei campioni. Che è quella in cui spero rientrino Sonny e Damiano.

Colbrelli farà il suo esordio stagione alla Omloop Het Nieuwsblad sabato 26 febbraio
Colbrelli farà il suo esordio stagione alla Omloop Het Nieuwsblad sabato 26 febbraio
Caruso cambia obiettivo, dal Giro al Tour, mentalmente potrebbe essere come ripartire da zero?

Ripartire nella stagione nuova con un nuovo obiettivo aiuta a resettare mentalmente, questa è una giusta chiave di lettura. Alla fine fare una competizione nuova potrebbe porlo ancora in una situazione di vantaggio, nessuno sa cosa aspettarsi da lui lì. E’ anche vero che la squadra gli ha alzato l’asticella, questo vuol dire che crede nelle sue potenzialità. Vedremo cosa succederà.

Al contrario di Sonny che torna subito dove ha vinto, in Belgio.

Per lui non c’erano molte scelte viste anche le sue caratteristiche.

La differenza è anche che lui ha vinto, deve difendere il titolo…

Nelle corse di un giorno hai anche un “obbligo” verso i tifosi, l’organizzazione e gli sponsor. In più una volta vinta hai anche voglia di dimostrare che non lo hai fatto per caso, poi dipende anche dalla mentalità dei corridori. C’è anche chi si sente più sereno e la vittoria non la vede come una pressione ma una carica in più, pensa: «Ho dimostrato di poter vincere una volta, lo posso fare ancora».

Colbrelli Caruso 2021
Colbrelli e Caruso, il loro 2022 culminerà in estate col Tour, in base alle esigenze di squadra
Colbrelli Caruso 2021
Per Caruso e Colbrelli due approcci differenti alla nuova stagione
Di sicuro in gruppo non passano inosservati.

Lo senti che in corsa hai gli occhi tutti su di te, sia del pubblico che degli avversari. Cambia anche il modo di correre, non puoi nasconderti o tentare di anticipare perchè ora sanno tutti della tua forza e non ti lasciano libertà di azione.

Colbrelli e Caruso hanno avuto questo exploit rispettivamente a 31 e 34 anni che è diverso rispetto ad averlo da giovani.

Mentalmente sono più maturi e questo li potrebbe aiutare. Si dice che superati i 30-32 anni si abbia un calo fisiologico, si ha meno esplosività ma più fondo e scaltrezza. Sai correre meglio e posizionarti nei posti giusti senza sprecare energie.

I social hanno cambiato il rapporto con il pubblico, ora i corridori sono sempre sotto la lente d’ingrandimento
I social hanno cambiato il rapporto con il pubblico, ora i corridori sono sempre sotto la lente d’ingrandimento
Una cosa che è cambiata è anche il rapporto con i tifosi, ora ci sono i social, prima i corridori li vedevi solo alle gare ora sai sempre cosa fanno.

Sei alla mercé di tutti i tifosi: buoni o cattivi, gentili o maleducati. I commenti negativi si cerca di non leggerli ma alla fine quasi ci inciampi. Quelli positivi possono darti più motivazione e alzare il morale oppure metterti ancora più pressione, non è un mondo facile.

Anche la squadra deve cambiare modo di correre?

Sì, anche la squadra deve trovare un modo differente di correre, più di controllo e di presenza. Devi avere i compagni giusti al tuo fianco, soprattutto nei momenti cruciali altrimenti gli avversari ti mettono in mezzo. E’ capitato tante volte che il corridore dovesse vincere la grande corsa ma la squadra non lo ha supportato a dovere.

Merida e Bahrain Victorious: avanti insieme

14.02.2022
2 min
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Il bike brand Merida è uno degli attori globali più strutturati per numero di biciclette prodotte e fatturato complessivo. Ultimamente ha annunciato l’estensione pluriennale del proprio impegno al fianco del team Bahrain Victorious di Sonny Colbrelli, Jonathan Milan e Damiano Caruso

Merida Bikes è al fianco della squadra sin dal 2017, stagione della propria costituzione, rappresentando in questi anni un vero e proprio partner integrale del team. Merida continuerà dunque a fornire al team Bahrain Victorious le proprie biciclette, ma anche ad apportare quel fondamentale “servizio” in termini di innovazione continua… Preziosissimo nel ciclismo di oggi: un’innovazione tecnica che Merida porta avanti con successo nel mondo del professionismo assieme a storici brand partner del calibro di FSA, Vision, Prologo, Continental e Shimano.

Sonny Colbrelli con Paolo Fornaciari, Presidente e CEO di Merida Italy
Sonny Colbrelli con Paolo Fornaciari, Presidente e CEO di Merida Italy

Una sfida tecnica vinta

«Sin dal nostro primo giorno di corsa – ha dichiarato Milan Erzen, l’amministratore delegato della squadra – Merida è stata parte integrante di questo progetto. Merida ci ha sempre fornito la migliore attrezzatura tecnica possibile, ed ha sempre avuto l’approccio ed il desiderio di innovare costantemente contando sui feedback dei nostri atleti. Abbiamo concluso una stagione incredibile, quella 2021, a testimonianza del nostro ottimo rapporto con l’azienda taiwanese. Siamo dunque entusiasti che il progetto possa continuare in futuro per poter ancora cogliere molte prestigiose vittorie assieme».

Dettagli della bici usata da Sonny Colbrelli per vincere la Parigi-Roubaix 2021
Dettagli della bici usata da Sonny Colbrelli per vincere la Parigi-Roubaix 2021

«Dal 2017 – ha ribattuto Wolfgang Renner, il CEO di Merida Europe – siamo stati in grado di entrare a far parte di questa grandissima squadra. E se guardiamo indietro vediamo con soddisfazione cinque stagioni di successo… Nel corso degli anni, siamo stati in grado di assistere all’eccezionale progresso del team unendoci a loro e celebrando numerosi grandissimi successi. Adesso un’altra stagione agonistica è appena iniziata, e noi siamo entusiasti di poter confermare il nostro continuo coinvolgimento nella squadra: continuando a lavorare a stretto contatto con personale esperto e fantastici corridori faremo senza dubbio del nostro meglio per consentire al team di raggiungere ambiziosi nuovi obiettivi».

Merida

Dal Teide la sensazione di un Caruso ancora più tosto

04.02.2022
6 min
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Quando da Ragusa si affaccia verso Comiso, nei giorni limpidi Damiano Caruso vede chiaramente l’Etna. Quei 130 chilometri sono niente al cospetto dei 3.357 metri del gigante nero di Catania. Da un paio di giorni, il suo scenario è pieno di un altro vulcano, alto appena 200 metri di più, ma così vicino da poterlo toccare. Il Teide, luogo mitologico di eruzioni e campioni, che per due settimane farà compagnia alle sue uscite.

«Da un vulcano all’altro – sorride – uno lo vedo in alto, qua siamo quasi in cima. E’ il secondo ritiro di stagione, ho evitato di andare a quello di gennaio con la squadra per non rischiare contagi. Non era il momento per viaggiare. E alla fine è venuto fuori un inverno bello lungo, anche perché ho staccato abbastanza presto, il 5 settembre dopo la Vuelta. Sono arrivato a fine stagione con le batterie scariche e bisogno di tirare il fiato. Ho pedalato ancora a settembre e ottobre, perché da noi in quel periodo è ancora caldo. Poi quando a novembre, guardando la bici, ho avuto voglia di ripartire, ho ricominciato. A pedalare. A curare l’alimentazione. A lavorare, insomma…».

Sul Teide Caruso rifinirà la preparazione, in vista del debutto alla Ruta del Sol (foto Instagram)
Sul Teide Caruso rifinirà la preparazione, in vista del debutto alla Ruta del Sol (foto Instagram)

Il debutto della 14ª stagione da professionista di Damiano Caruso è fissato alla Ruta del Sol, fino ad allora resterà quassù a macinare chilometri e pensieri.

E’ sempre facile riprendere o dopo un po’ diventa complicato?

Dipende sempre da come finisci la stagione. Quando faccio il Tour e poi stacco, la condizione va giù ed è sempre più difficile. Questa volta, avendo fatto la Vuelta, la ripresa è stata buona, perché andando ancora in bici, il corpo non ha mai smesso in effetti di essere efficiente. E comunque anni e anni di adattamento alla bici e a certi meccanismi non si cancellano per poche settimane senza allenarsi.

Come è stato congedarsi dal 2021?

Se guardo indietro, è stato uno spasso. E’ filato tutto liscio. Guardo quello che ho fatto e mi faccio i complimenti, sono soddisfazioni. Sto ancora metabolizzando il tutto, perché un anno così proprio non me lo aspettavo. Anche se pensavo che dopo tanto lavoro, qualcosa di buono prima o poi sarebbe venuto fuori.

Fare la differenza nel gruppo dei migliori ha fatto crescere in Caruso la consapevolezza
Fare la differenza nel gruppo dei migliori ha fatto crescere in Caruso la consapevolezza
Un anno che fa alzare l’asticella?

E’ facile farsi prendere dall’euforia, soprattutto quando ci sei ancora dentro. Sappiamo tutti però che non tutte le annate sono uguali. E poi c’è la carta di identità che potrebbe presentare il conto, anche se continuando a lavorare con lo stesso impegno, il livello sarà ancora buono. Finché hai voglia di fare il tuo lavoro, le cose filano come devono.

Pensi di avere ancora margini?

Fisicamente magari no, non lo so. Però ho lavorato bene per tanto tempo, probabilmente senza ottenere quel che era giusto. Invece a 34 anni ho tirato fuori l’anno migliore. Contano tanto la determinazione e capire che non si deve essere al top in ogni corsa. A questo livello ne bastano 2-3 fatte al top e fai la differenza. Serve la testa per sopportare lo stress e i carichi di lavoro e questa viene con l’esperienza di anni e anni.

Su Instagram, un selfie con il figlio maggiore Oscar, prima di partire
Su Instagram, un selfie con il figlio maggiore Oscar, prima di partire
Come la mettiamo con i ragazzini degli ultimi due anni?

A parte i veri fenomeni, come Pogacar ed Evenepoel, sono curioso di vedere come evolverà la situazione nei prossimi 2-3 anni. Prima o poi il conto da pagare arriva e qui c’è gente che per euforia o necessità, ha corso 4 grandi Giri in un anno. Non siamo fatti per pedalare 40 mila chilometri a stagione. Io credo di aver trovato il giusto equilibrio che mi ha dato una carriera lunga, ma sono pronto a sentirmi dire che se un ragazzo riesce a guadagnare in 6 anni quello che io ho raggranellato in 15, allora può smettere prima. Di certo se quando sono passato fossi stato capace di certi risultati, neanche io mi sarei tirato indietro.

Hai pubblicato un messaggio di auguri a Bernal, con il podio del Giro e la speranza che torni quel sorriso.

Sto male per incidenti del genere, anche quando coinvolgono il vicino di casa. Capisci quanto siamo vulnerabili. Poi ho capito la dinamica e mi sono reso conto che Egan sia fortunato ad essere qui per raccontarlo. E credo che anche lui se ne starà rendendo conto.

Sul podio del Giro, Caruso con Bernal, cui dopo l’incidente va il suo pensiero
Sul podio del Giro, Caruso con Bernal, cui dopo l’incidente va il suo pensiero
Arrivasti in questa squadra per aiutare Nibali, però alla fine del primo anno lui se ne andò.

All’inizio fui spaesato, andava via la persona per cui ero arrivato. Ma mi sono detto che il Team Bahrain Victorious (allora si chiamava Bahrain-Merida, ndr) mi aveva voluto per i miei numeri e così iniziai a fare bene il mio. Cercavano un gregario e avevano trovato un altro corridore. Le cose della vita sono così, forse se lo scorso anno il povero Landa non avesse avuto quella caduta, non avrei mai fatto un Giro così. Ero partito con l’intenzione di vincere una tappa, sapevo che sarebbe venuta, perché avevo le carte per riuscirci.

E il Giro ha cambiato la consapevolezza?

Sono andato alla Vuelta sapendo che una tappa potevo vincerla ancora e così è stato.

In squadra c’è la stessa euforia dello scorso anno?

Se possibile anche di più. Chi ha fatto risultato vuole ripetersi o migliorarsi, gli altri non vogliono essere da meno. Ci sono i presupposti per fare bene. Se due anni fa ci avessero detto che avremmo vinto più di 30 gare, non ci avremmo creduto.

La vittoria di Caruso all’Alto de Velefique alla Vuelta ha dato più spessore a quella del Giro all’Alpe di Mera
La vittoria all’Alto de Velefique alla Vuelta ha dato più spessore a quella del Giro all’Alpe di Mera
Il Giro è stato la conseguenza di alcune situazioni, l’idea era vincere una tappa.

E’ la mia idea anche adesso. Fare un grande Giro per tenere duro tre settimane è logorante a livello mentale. Meglio partire con una buona condizione, puntando a una tappa e vedere se viene fuori altro. Il bello è che per vincere non devo andare in fuga. E vincere andando via dal gruppo dei migliori è una bella sensazione.

Debutto alla Ruta del Sol e poi?

E poi in Belgio a provare la tappa del pavé del Tour. Sfrutteremo i mezzi che sono su per l’Het Nieuwsblad e spero che piova. Voglio provare il pavé nelle condizioni in cui Sonny (Colbrelli, ndr) ha vinto la Roubaix. Affronterò quel giorno con serietà. Voglio mettermi a ruota di uno che conosce quelle strade. Mi piace ancora fare il mio lavoro…

Merida Scultura Team 2022, il parere di Damiano Caruso

19.01.2022
8 min
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La nuova Merida Scultura CF5 Team, mai così bella, leggera e precisa. Questa bicicletta, in uso al Team Bahrain Victorious, ha il DNA di una bicicletta votata alle competizioni ed il volto di un progetto che fa collimare leggerezza ed aerodinamica, ma anche un comfort di buon livello.

«Ho iniziato ad usare la nuova Merida Scultura da giugno – ci ha raccontato Damiano Caruso, con cui alla fine condivideremo molte sensazioni – e devo dire che molto è cambiato, se metto a confronto questa versione con la precedente. Prima era una bella bici, molto comoda, quasi riposante e il passo che Merida ha fatto con la nuova bicicletta è lampante. Le differenze principali emergono in pianura e in discesa, perché la Scultura di oggi è nettamente più veloce».

Non si tratta di una bici mastodontica, anzi è piuttosto fine ed elegante, è armoniosa nel suo essere moderna. Adotta l’integrazione dei componenti come un valore aggiunto alla piattaforma. Oltre al design c’è anche un tessuto di carbonio nano concept con le specifiche di Nano Matrix Carbon (top di gamma Merida). Entriamo nello specifico della nostra prova.

Una bici stabile e veloce, Damiano Caruso confermerà le nostre sensazioni (foto Sara Carena)
Una bici stabile e veloce, Damiano Caruso confermerà le nostre sensazioni (foto Sara Carena)

Scultura, la prima risale al 2006

La prima versione della Merida Scultura risale al 2006 e da allora molto è cambiato. La ricerca della massima penetrazione dello spazio è entrata di prepotenza anche nel segmento delle bici superleggere. Sono cambiati i materiali e i procedimenti per costruire i telai in fibra composita. Ci sono i freni a disco e i componenti, oltre ad essere integrati nei progetti, sono sempre più funzionali alla resa tecnica del pacchetto. Nel caso della Merida Scultura Team di quinta generazione, oltre al frame, ci sono il reggisella in carbonio con uno shape proprio ed un manubrio full carbon studiato per questa bicicletta. E poi c’è un allestimento che fa la differenza.

I numeri della Scultura CF5

  • Si tratta di un telaio ed una forcella con 822 e 389 grammi di peso dichiarati (taglia media). Nella versione in test, sempre nella taglia M e con l’allestimento che vedete nelle immagini e nel video, il peso rilevato è di 7,08 chilogrammi. Da notare che la bici in test è dotata delle ruote Vision Metron SC, mentre quella a catalogo prevede le SL, che sono più leggere.
  • Rispetto alla versione precedente, la Merida Scultura Team CF5 2022 è maggiormente aerodinamica, il 4% più efficiente e al tempo stesso versatile. Questa versatilità si riferisce a differenti tipologie di setting, legate alle ruote, con profili medi e alti (considerazione che trova conferma grazie a Damiano Caruso). Non è un dettaglio secondario, se consideriamo che molti atleti pro’ usano questa tipologia di biciclette con cerchi da 55 millimetri e oltre. Nel caso specifico della nuova Scultura, l’aerodinamica diventa una soluzione di design funzionale, legata ad esempio ai foderi obliqui del retrotreno. Questi hanno un’inserzione ribassata, ma fungono come dei diffusori grazie al design allargato, che al tempo stesso permette di far alloggiare pneumatici fino a 30c di sezione. La stessa luce di passaggio è comune alla forcella e quindi all’avantreno.
  • E poi c’è quel manubrio integrato (320 grammi dichiarati), bello e rigido, con un impatto frontale ridotto e davvero comodo grazie alle forme regolari della piega e ai valori di reach e drop votati al comfort (anche per le mani piccole il vantaggio di raggiungere facilmente le leve è reale). Si abbina alla perfezione con il design dell’head tube e con la serie sterzo (e con i suoi spessori).

Le taglie e le geometrie

Lo sviluppo del progetto segue un rinnovato sviluppo delle quote geometriche. L’esempio sono le due taglie di riferimento. La S con un top tube lungo 54,5 centimetri e la M con lo stesso profilato che ha una lunghezza di 56 centimetri. Sono il reach e lo stack a fare la differenza, ovvero l’altezza e la lunghezza che si dimostrano piuttosto contenuti e ci dicono di una bicicletta con “interasse corto”. Se analizziamo la misura media della Merida Scultura, quella del test, a prescindere dalla lunghezza dello stem (abbiamo usato l’attacco da 120 millimetri e 420 di larghezza per la piega), troviamo un reach di 39,5 centimetri e uno stack di 55,7, con un passo totale di 99 centimetri (il carro posteriore è lungo 408 millimetri). Significa che è una bicicletta compatta.

I nostri feedback

Le prime pedalate trasmettono un grande feeling per quello che riguarda la fluidità e la scorrevolezza, ma anche un elevato comfort. E dobbiamo considerare che è una bici da “corridore vero”. Lo sviluppo della taglia M è molto buono, con l’angolo del piantone a 73,5° che non obbliga a chiudere l’articolazione dell’anca in modo eccessivo. Un altro fattore ampiamente sfruttabile è la combinazione tra lo sterzo (compatibile con la soluzione ACR di FSA) e il manubrio integrato. Il primo è bello da vedere anche per i diversi spessori, il che non guasta. Il secondo è comodo anche nelle fasi di presa alta, pur avendo il profilo aero. Merida Scultura Team non si dimostra mai eccessiva, con una reattività ben distribuita tra avantreno e carro posteriore.

La Scultura è una bici per tutte le occasioni e in salita invita ad uscire di sella, grazie ad un avantreno ben strutturato (foto Sara Carena)
In salita invita ad uscire di sella, grazie ad un avantreno ben strutturato (foto Sara Carena)

Una gran forcella

Il precedente aspetto si traduce positivamente sulla guidabilità, sull’agilità e su quella compostezza apprezzabile nelle fasi di rilancio della bici, che non perde di trazione e non si scompone. Non tende mai a schiacciarsi su stessa, né quando ci si alza in piedi sui pedali, né quando si affrontano dei lunghi tratti in salita, sempre in sella. Nel primo caso la forcella è un punto che dà forza e sostiene (non è un fattore scontato e questa forcella è costruita in modo impeccabile), è tosta senza essere nervosa. In discesa esige un po’ di attenzione, come buona parte delle biciclette di questo segmento, ma “con un po’ di manico entra come un coltello nel burro” quando si tratta di cambiare continuamente direzione.

Permette di fare anche “la sgambata”, senza mostrare i muscoli ed essere troppo esigente (foto Sara Carena)
Permette di fare anche “la sgambata”, senza mostrare i muscoli ed essere troppo esigente (foto Sara Carena)

Il parere di Caruso

Damiano Caruso ha iniziato a usare la nuova Scultura nel ritiro di Livigno, a giugno 2021. Ce ne accorgemmo e ci concedemmo in quell’occasione un primo approfondimento, per forza di cose furtivo, sulla bici che contemporaneamente veniva utilizzata al Tour dai corridori del Team Bahrain Victorious, prima della presentazione in vista della Vuelta.

«Non è estremamente rigida – dice il siciliano – e per quanto mi riguarda è meglio così, nel senso che tecnicamente è il compromesso ottimale tra la Scultura della generazione precedente e la Reacto, che per le mie caratteristiche diventa troppo esigente. Uso la taglia 54, con il nuovo manubrio integrato Team SL, che non è troppo abbondante nelle forme e non flette quando lo carichi, ad esempio in volata.

Caruso ha iniziato a usare la nuova Scultura a giugno: qui al via del tricolore di Imola
Caruso ha iniziato a usare la nuova Scultura a giugno: qui al via del tricolore di Imola

«Mi gratifica utilizzare la bici con le ruote ad alto profilo – prosegue Caruso – le Vision da 55 millimetri. Le ruote con questa configurazione mi danno un senso di velocità maggiore, soprattutto in discesa».

Interessante inoltre la nota di Damiano in merito al peso della bicicletta. « La Scultura che ho utilizzato alle Olimpiadi, comunque il modello nuovo, aveva un peso di 7,02, quindi leggermente superiore al valore minimo UCI».