Alla Jayco con Baronti per disegnare il nuovo Vendrame

18.09.2025
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Con l’approdo alla Jayco-AlUla, Vendrame ricomincerà la sua collaborazione con Fabio Baronti, conosciuto prima da corridore e poi ritrovato quando per farsi preparare si rivolse al CTF Lab di Martignacco, alle porte di Udine. Baronti da quest’anno ha lasciato la… nave madre del CTF Friuli, assorbito nel frattempo dal Team Bahrain Victorious, e ha intrapreso la via australiana. Da corridore a massaggiatore, questo il suo percorso, poi la laurea in Scienze Motorie e ora il ruolo di allenatore WorldTour nel gruppo di lavoro coordinato da Marco Pinotti.

Alcuni spunti nelle parole del corridore trevigiano hanno fatto pensare a piccole variazioni di rotta, che Baronti ci ha aiutato a decifrare, in attesa che il rapporto entri nel vivo e alle ipotesi si sostituiscano dei programmi tangibili.

«Conosco Andrea da una vita – conferma – abbiamo persino corso insieme, ma non siamo stati mai compagni di squadra. Lui è del 1994, io del 1995, abbiamo fatto le giovanili insieme. Quando era junior di secondo anno e io di primo, lui era al Veloce Club Bianchin, io alla Rinascita Ormelle. Ci siamo incrociati anche negli under 23, sfasati di un anno. Ma alla fine siamo della stessa zona, per cui è capitato che qualche volta ci allenassimo insieme. Finché nel 2022-2023, passato dall’Androni alla Ag2R, decise di cambiare allenatore e fu seguito dal CTF Lab. Non da me personalmente, però comunque dal centro e alla fine credo che si sia trovato bene».

Fabio Baronti è approdato alla Jayco-AlUla all’inizio della stagione 2025: proveniva dal CTF Friuli
Fabio Baronti è approdato alla Jayco-AlUla all’inizio della stagione 2025: proveniva dal CTF Friuli
E’ più facile iniziare a lavorare con un corridore che già si conosce?

Molto. Abbiamo già avuto in passato modo di conoscerci, quindi la fase iniziale di creazione del rapporto anche personale sarà molto più semplice, perché di fatto in tante componenti è già stata fatta. Il processo iniziale sarà più veloce.

Che idea ti sei fatto di Andrea Vendrame atleta, a questo punto della carriera?

Sicuramente un corridore versatile, dal punto di vista prettamente atletico. Tiene bene su salite di media lunghezza e ha un ottimo spunto veloce, per cui si comporta bene nei percorsi misti, dove magari c’è della selezione e poi bisogna far valere lo spunto veloce nel finale. In più, ha il vantaggio di essere molto intelligente.

Quindi?

Quindi uscendo dalla questione puramente legata alla performance, ha l’occhio per entrare nella fuga giusta, per fare l’azione nel momento giusto. Sono elementi che spesso sono difficili da quantificare, che però fanno la differenza tra giocarti una vittoria o rimanere tagliato fuori, anche se avresti le gambe per giocartela.

Giro d’Italia 2023, già dall’anno precedente, Vendrame è allenato dal CTF Lab alle porte di Udine
Giro d’Italia 2023, già dall’anno precedente, Vendrame è allenato dal CTF Lab alle porte di Udine
Secondo te c’è un fronte su cui può ancora migliorare?

Ogni allenatore ha le sue metodologie, per cui fatta la base, trova la chiave di lettura e il modo di lavorare sui piccoli dettagli. Dal punto di vista della performance, io credo che a 31 anni Andrea non possa avere cambiamenti macroscopici, la sua tipologia di atleta è quella. Credo che il miglioramento auspicabile sia legato a un piccolo margine a livello di rapporto potenza/peso, per essere ancora più resistente e avere un ventaglio di gare che si amplia leggermente. Resistere in gruppi ancora più ristretti di quelli in cui si trova adesso e questo chiaramente sarebbe positivo, senza però compromettere l’ottimo spunto veloce. E poi credo che l’altro risvolto della medaglia, che non è legato unicamente alla performance, sia il fatto di trovare un calendario adeguato che riesca a mettere in luce le sue qualità.

Anche Andrea ha parlato di calendario da rivedere…

Tante volte lo stesso atleta fa una progressione di gare, in cui si mette alla prova nel modo giusto e in cui trova anche la confidenza giusta, esprimendosi al miglior livello. Invece magari scelte sbagliate possono portarti a perdere un po’ di sicurezza o ti impediscono di esprimerti al meglio. Si tratta di unire i due aspetti. Farsi trovare nella forma giusta negli appuntamenti che verranno stabiliti insieme alla squadra.

Alla luce di questo, troveresti curioso sapere che Vendrame ha corso raramente la Sanremo e mai l’Amstel Gold Race?

Credo che in Italia ci sia più di qualche atleta che ha dimostrato di poter essere competitivo anche su questo tipo di palcoscenici, che invece a volte vengono visti come troppo grandi. Penso a uno come Velasco, che bene o male quest’anno si è portato a casa un quarto posto alla Liegi. Per quanto riguarda Vedrame, ancora non abbiamo parlato nello specifico di calendario e appuntamenti principali della stagione, però credo che quelle siano gare che gli si addicono. Anche quest’anno, con la forma che aveva alla Tirreno dopo aver vinto la tappa di Colfiorito, penso che alla Sanremo sarebbe potuto essere competitivo. Almeno avrebbe potuto provare a dire la sua.

Dopo un’ottima Tirreno-Adriatico 2025, Vendrame si è rassegnato a non correre la Sanremo. Meglio il Catalunya per fare punti…
Dopo un’ottima Tirreno-Adriatico 2025, Vendrame si è rassegnato a non correre la Sanremo. Meglio il Catalunya per fare punti…
Secondo te, il suo spunto veloce è altrettanto temibile dopo i 250 chilometri?

Sicuramente, anche per quello che ha dimostrato negli anni, Vendrame è un corridore resistente anche lungo le gare. Per capirci, al Giro d’Italia è uno che magari, senza avere numeri strabilianti o molto al di sopra della media, riesce ad esprimerli anche nella terza settimana quando gli altri sono più stanchi. Se becca l’azione giusta, è sempre uno molto pericoloso anche in queste gare più lunghe. Chiaramente nel momento in cui venisse deciso di puntarci seriamente con obiettivi chiari, è chiaro che ci sarà da lavorare sull’essere resistente anche dopo cinque o sei ore di gara e riuscire a fare gli stessi numeri che ha anche quando è fresco.

Si parla di lavoro da fare: che rapporto c’è fra Vendrame e l’allenamento?

Mi sembra uno che si conosce. Non è un esecutore, un robottino che fa e basta. E’ uno che riesce a relazionarsi nel modo giusto con le figure che ha intorno e a dare dei feedback super precisi sulle sue cose. Per quanto mi riguarda, parlando da allenatore, è sempre una cosa positiva. E’ il tipo di atleta che ti dà qualcosa indietro, il riscontro per essere ancora più a fuoco quando si va nello specifico e avvicinandosi agli eventi.

Parlando per un attimo di Fabio Baronti, com’è stato questo primo anno WorldTour lontano dagli amici del CTF?

Sono super contento dell’ambiente che ho trovato. Ho accettato la sfida di uscire dalla mia comfort zone e ho avuto la fortuna di trovare un altissimo livello di professionalità e di empatia dal punto di vista personale con tantissimi dei miei colleghi, a partire da Pinotti. Da un punto di vista professionale chiaramente è un bel salto, che mi ha messo nella condizione di dimostrare di essere all’altezza. Mi stimola a cercare cose nuove, a farmi delle domande in più.

La vittoria di Sappada al Giro del 2024 ha confermato la resistenza di Vendrame nella terza settimana
La vittoria di Sappada al Giro del 2024 ha confermato la resistenza di Vendrame nella terza settimana
Cosa ti pare del gruppo atleti?

Quest’anno tutta la squadra ha fatto un percorso, anche il gruppo performance si è messo in discussione. Abbiamo cercato di farci le domande giuste in modo da darci delle risposte che ci permettano di avvicinarci a chi al momento è un gradino sopra di noi. Io credo alle potenzialità in questo gruppo. Tante volte è chiaro che avere atleti forti aiuta, avere il talento è un bel vantaggio. Però è una bella sfida anche tirare fuori il massimo da un gruppo di atleti forti e motivati. Gente che abbia la maturità per ascoltare le istruzioni e metterci quel qualcosa in più, che permette di cogliere il risultato. Quello che Andrea Vendrame sa fare molto bene, per questo credo che il suo profilo sia adattissimo alla nostra squadra.

Donegà si rilancia nell’Arvedi per dimenticare il 2024

14.02.2025
5 min
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Dialogare con Matteo Donegà è sempre stato abbastanza facile. Con i suoi modi educati è un ragazzo che non ha paura a dire ciò che pensa, come non ne ha quando sale in bici. E così parlare con lui in questi giorni di europei in pista, poco prima di guardare in televisione le corse dei suoi colleghi, è lo spunto ideale per approfondire il discorso.

Dopo una vita al CTF Victorius, diventato ora ufficialmente devo team della Bahrain, il 26enne ferrarese di Bondeno ha trovato nell’Arvedi Cycling il giusto approdo nel quale riscattare un 2024 a corrente alternata e rilanciarsi. Ora Donegà è nel pieno degli allenamenti in vista dell’esordio su strada a Misano il 23 febbraio e vuole iniziare col morale giusto.

Donegà ha puntato presto sulla pista per diventare un seigiornista (qui a Brema nel 2024)
Donegà ha puntato presto sulla pista per diventare un seigiornista (qui a Brema nel 2024)
Matteo con che stato d’animo stai seguendo gli europei in pista?

Li sto guardando volentieri perché amo la pista, ma non nascondo che lo faccio con un po’ di rammarico. Sapevo che non c’era la possibilità di andarci. Anche se Marco (il cittì Villa, ndr) non me lo ha comunicato, me lo ha fatto capire perché non mi ha chiamato nei ritiri pre-europei.

Non hai provato a contattarlo tu?

Onestamente non ho insistito nel chiamare Villa perché so che stava attraversando un periodo non semplice. Le voci dell’ultimo mese lo danno in uscita da cittì della pista per diventare quello della strada. So che questa cosa lo turba e forse non aveva la necessaria attenzione per poter parlare con me. Aveva cose più importanti a cui pensare. In compenso avevo parlato con Bragato per dirgli che io sono disponibile per partecipare alla Nations Cup di marzo (dal 14 al 16 a Konya in Turchia, ndr). Lui ha apprezzato la candidatura, ma mi ha risposto che bisognerà capire come si evolverà la situazione. Magari cambia il cittì e chissà cosa succede. Aspettiamo.

Donegà vuole riconquistare la maglia azzurra a partire dalla Nations Cup di marzo in Turchia
Donegà vuole riconquistare la maglia azzurra a partire dalla Nations Cup di marzo in Turchia
Resta aperta la porta per entrare in un corpo militare?

Ho investito quattro anni per provare ad entrarci e ci sto provando ancora, ma credo proprio che sia molto dura, forse più di prima. Ero in parola con l’Esercito e le Fiamme Oro, però so che ultimamente hanno aperto pochi concorsi. Mi sarei aspettato più supporto dalla nazionale, mi sarebbe bastato sapere anche se non c’erano possibilità così potevo fare una programmazione diversa. So che non sono l’unico che ha vissuto certe situazioni, tuttavia so che i tecnici hanno tanti corridori da seguire, anche più importanti di me, e quindi non faccio troppe recriminazioni.

Pertanto è stato un 2024 molto difficile?

Esatto. Era un anno olimpico e giustamente si lavorava ovunque in funzione di quello. Ne ero consapevole, però già da prima mi sono sentito messo ai margini dalla nazionale. Questo ha influito moralmente sulla mia programmazione e sulle mie prestazioni. Poi sono dovuto restare fermo per un mese e mezzo a causa di una caduta in cui mi sono rotto delle costole. Insomma, è stata una stagione altalenante. Per fortuna che ho avuto da Bressan (team manager del CTF, ndr) un grande aiuto.

Donegà ha corso nel CTF dal 2017 al 2024. Per lui è stata una seconda famiglia
Donegà ha corso nel CTF dal 2017 al 2024. Per lui è stata una seconda famiglia
In che modo?

Se non ci fosse stato Roberto e tutto il CTF non sarei riuscito a correre. Lui mi ha sostenuto tanto, mettendoci la faccia in più di una circostanza. Ad esempio lui ha cercato tanto di farmi inserire in un corpo militare, ma non poteva fare di più.

Quanto ti è costato lasciare il CTF?

Tantissimo, per me è stata davvero una seconda famiglia. Otto stagioni nella stessa società non si possono dimenticare in un secondo, tant’è che anche adesso mi faccio seguire dal CTF Lab. Però abbiamo fatto una scelta di comune accordo. Quest’anno la squadra è il devo team della Bahrain a tutti gli effetti. Le decisioni non arrivano più da Bressan o Boscolo e in squadra non c’era la necessità di avere un pistard. E’ stata una scelta obbligata, condivisa e comprensibile.

L’Arvedi Cycling è composta da tanti pistard. Per Donegà è la formazione ideale per fare doppia attività (foto Arvedi Cycling)
Nella Arvedi Cycling hai trovato una buona squadra e soprattutto tagliata per le tue caratteristiche.

Sì, sono molto contento di essere arrivato qua, dove trovo tanti compagni di nazionale, che sono ora a Zolder a giocarsi le medaglie continentali. Sono in una squadra che vive e interpreta la pista come me. Abbiamo già stilato un buon programma di gare, specialmente quelle adatte a noi pistard. Ad esempio siamo ben coperti con Boscaro che su strada è molto veloce, ma anche Galli può fare molto bene in certe corse.

Alla luce di tutto quanto e considerando quanto ha dedicato alla pista, se Matteo Donegà tornasse indietro c’è qualcosa che non farebbe?

Ultimamente me lo sono chiesto tante volte. Nel 2024 ho pensato seriamente di smettere col ciclismo. Se potessi tornare indietro, probabilmente non avrei abbandonato la strada così presto e così nettamente. Adoro la pista e all’epoca puntavo a diventare un seigiornista puro, solo che poi è cambiato tanto anche in quel mondo. Sono un classe ’98 e non mi sento vecchio, però di Sei Giorni ora ce ne sono meno e sono diverse rispetto a prima. Adesso arrivano i giovani e tanti stradisti. Quindi bisogna stare al passo coi tempi.

Donegà vuole tornare ai livelli del 2022 quando a Cali in Nations Cup vinse l’oro nell’omnium
Donegà vuole tornare ai livelli del 2022 quando a Cali in Nations Cup vinse l’oro nell’omnium
Facendoti un grande in bocca al lupo per il 2025, ti sei dato degli obiettivi?

Su strada con l’Arvedi cercherò di togliermi qualche soddisfazione ed essere un riferimento per la squadra. In pista mi piacerebbe tornare ai livelli di Cali 2022 quando vinsi l’oro nell’omnium alla Nations Cup e per i motivi che dicevo prima, vorrei guadagnarmi nuovamente l’azzurro per la prossima Nations Cup. Punto agli italiani in pista visto che l’anno scorso non si sono disputati. Diciamo che in generale vorrei fare una stagione migliore della scorsa.

Il CTF chiude e diventa devo team Bahrain

19.12.2024
3 min
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In attesa che i dettagli vengano definiti, dal prossimo anno il Cycling Team Friuli, che già portava il nome Victorious oltre al suo, cesserà l’attività e sarà assorbito dal Team Bahrain Victorious, diventandone il devo team. Le modalità con cui ciò accadrà saranno rese note, resta però la chiusura di una squadra che da 19 anni a questa parte ha tenuto banco fra i dilettanti, lanciando fra gli altri atleti come De Marchi, Aleotti, i fratelli Bais e Jonathan Milan (immagine photors.it in apertura). Quella del CTF è una chiusura diversa da quanto accaduto alla Zalf Fior, ma parliamo pur sempre una società in meno che raccoglierà talenti sul territorio.

«La scelta è diventata inevitabile – racconta il team manager Roberto Bressan – perché non c’erano più le risorse per mantenere un certo livello tecnico. Se non fai l’attività internazionale, non puoi pensare di andare a scontrarti con i devo team. E’ chiaro che negli ultimi tre anni, avendo avuto la sponsorizzazione del Bahrain, siamo rimasti a galla. Ora però il Bahrain ha fatto una scelta diversa e volendo avere un loro devo team, ci hanno chiesto se saremo saliti a bordo».

Roberto Bressan è il team manager del CTF, qui con Roberto Fedriga, presidente della Regione FVG
Roberto Bressan è il team manager del CTF, qui con Roberto Fedriga, presidente della Regione FVG
E voi?

E io ci ho pensato, noi abbiamo pensato. Cosa facciamo? Chiudiamo o torniamo indietro? Abbiamo fatto per ogni anno lo stesso ragionamento e l’idea di tornare indietro non ci convinceva. Nella nostra storia abbiamo sempre cercato di alzare l’asticella.

In che modo?

Abbiamo formato tecnici, allenatori, massaggiatori e direttori sportivi. Abbiamo pensato a ristrutturare la società e a disegnarla in un certo modo. Con le loro possibilità a un certo punto è diventato tutto più facile. E visto che non saremmo stati in grado di tornare sui nostri passi, abbiamo deciso di accettare la loro proposta.

Non ti dispiace perdere una società attiva sul territorio?

Se avessi avuto più soldi, io sarei rimasto con il CTF, perché il mio cuore è il Friuli. Però in Friuli si investe per il calcio, per la pallavolo e per la pallacanestro. In serie A1 ci sono quattro società friulane, mentre nel ciclismo ci siamo noi. Eppure i corridori buoni vengono fuori, penso a Montagner, Stella e Viezzi, che sono passati professionisti o nei devo team delle WorldTour. Abbiamo atleti formati da noi, da De Marchi, passando per Aleotti e Milan: vuol dire che il CTF è servito a qualcosa. Però non spariremo dal territorio.

In che senso?

Renzo Boscolo si è impegnato a dare una mano alla Libertas Ceresetto, che ha gli juniores. Sarà il modo per tenerli monitorati, ma non si chiameranno CTF. 

Andrea Fusaz, qui con Tiberi, è salito tra anni fa dal CTF al Team Bahrain Victorious come preparatore
Andrea Fusaz, qui con Tiberi, è salito tra anni fa dal CTF al Team Bahrain Victorious come preparatore
Cosa sarà invece del CTF Lab?

Il Lab è fuori dal discorso. E’ una struttura privata in cui lavorano degli allenatori e biomeccanici professionisti, in cui la gente va a pagamento. Ci sono ancora Andrea Fusaz, Alessio Mattiussi e anche Fabio Baronti.

Ecco, proprio Fabio nel frattempo è passato alla Jayco-AlUla…

E’ stato un brutto colpo. Fabio era una parte importante del nostro gruppo, non serviva neppure parlare tanto era ben oliato. Tutti sapevano cosa fare ben prima che gli chiedessi di farlo. Non possiamo escludere che un domani torni indietro, ma per ora è andata così. Fabio è stato massaggiatore, poi si è laureato diventando allenatore e alla fine faceva anche il direttore sportivo. Una figura come la sua non sarà facile da rimpiazzare.

Olivo, il formicolio l’ha fermato a Glasgow. Rivincita all’europeo?

24.08.2023
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«Non sentivo più la gamba, non riuscivo nemmeno a capire se fosse distesa o meno». Bryan Olivo ai mondiali scozzesi ha dovuto desistere dalla sua lotta contro il tempo. Il campione italiano U23 della cronometro è tornato dalla spedizione iridata con un 45° posto e un problema da risolvere. Un formicolio invadente e debilitante che dopo 10 chilometri di prova lo ha estromesso da ogni sogno di gloria.

Bryan è di Fiume Veneto un paese in provincia di Pordenone. Quando lo chiamiamo, è tornato da un allenamento concluso nel caldo torrido che soffoca l’Italia da nord a sud. Il suo tono è però disteso perché, seppure ci sia un’incognita da risolvere, è conscio del fatto che farsi prendere dal panico e dalla delusione non servirebbe a nulla. Il centro CTF Lab della sua squadra è già all’opera per risolverlo e sullo sfondo prende forma l’obiettivo europeo di fine settembre

Olivo ha conquistato l’italiano davanti a Nicolas Milesi e Dario Igor Belletta
Olivo ha conquistato l’italiano davanti a Nicolas Milesi e Dario Igor Belletta
Partiamo da dove ci siamo lasciati. Ormai sono due mesi che hai il body tricolore nell’armadio, cosa si prova?

E’ stata una grandissima soddisfazione perché ci lavoravo da tantissimo, da un anno. Ho raggiunto un obiettivo che per me era molto importante. Dopo alcuni alti a bassi che continuano tutt’ora, però è stata una nota positiva in questa stagione.

Come la valuti la tua stagione fino a qui?

Non un granché. Ho fatto bene all’inizio stagione fino ad aprile, poi ho avuto un problema intestinale che mi ha fatto perdere 3 chili. Poi ho recuperato, ho fatto bene la corsa della Pace e con la nazionale. Non corro su strada dal campionato italiano quindi dal 24 giugno. Questo perché c’erano gli appuntamenti della pista U23 e la crono del mondiale da preparare. Sabato e domenica ripartirò con le corse.

Olivo è al secondo anno nel Cycling Team Friuli
Olivo è al secondo anno nel Cycling Team Friuli
L’avvicinamento al mondiale com’è andato?

Non è stato dei migliori perché quando sono rientrato dagli europei di pista ho avuto un problema al polpaccio. Questo non mi ha fatto allenare nel migliore dei modi per una settimana e mezza.

La tua condizione com’era?

C’è da dire di sicuro che non ero ai livelli di Lorenzo Milesi che ha vinto, ma quello si sapeva. Però ecco a una top ten ci sarei andato vicino, sarebbe stata un’ottima soddisfazione per me essendo anche la prima volta ad un mondiale. Non sarebbe stata solo esperienza, ma anche un bel risultato.

Che effetto ti ha fatto vedere Milesi sul gradino più alto?

Lui corre con i professionisti, quindi ha tutto un altro ritmo. Sapevo che sarebbe andato più forte di me. Però sono rimasto molto contento per la sua vittoria. Lorenzo mi sta simpatico è un bravo ragazzo e alla fine abbiamo condiviso tanti giorni in camera assieme. Quindi posso essere solo che felice per lui. 

Olivo ha posto l’obiettivo sugli europei olandesi di settembre
Olivo ha posto l’obiettivo sugli europei olandesi di settembre
Cosa è successo durante la prova mondiale?

Molto semplicemente, dopo credo 10/12 chilometri non mi ricordo precisamente, mi ha iniziato a formicolare tutta tutta la gamba sinistra fino al piede. A un certo punto non avevo più sensibilità e quando mi alzavo in piedi proprio non sentivo più la coordinazione della gamba, non riuscivo a capire se stavo dando forza o no. A un certo punto si vede anche dai filmati TV che provavo a distendere la gamba per fargli riprendere il sangue però in quel momento, quando l’ho distesa non riuscivo neanche a capire se l’avessi distesa o no. E’ stata proprio una brutta sensazione. 

Ti era mai capitato?

Forse agli europei in pista, ma 4 chilometri, non ci avevo fatto caso più di tanto e ho detto “boh sarà una cosa così”. Però mi è ritornato anche stavolta ai mondiali e quindi in questi giorni sarò dai miei preparatori al CTF Lab, dove facciamo posizionamento per vedere se magari con un fondello differente cambia qualcosa rispetto a quello che utilizzo ora. 

La prima ipotesi è quindi quella di un posizionamento errato?

Pensiamo che sia un problema legato allo schiacciamento eccessivo della zona del soprasella. Questo ha implicato un minor passaggio del sangue e di conseguenza il formicolio. Questo sarà il primo tentativo poi vedremo se intervenire sulla sella, l’importante è non stravolgere tutto insieme.

Olivo su strada non ha mai lamentato problemi legati alla posizione
Olivo su strada non ha mai lamentato problemi legati alla posizione
Su strada hai mai lamentato un problema simile?

No perché sulla bici da strada ho una posizione meno estrema. Essendo il bacino meno ruotato è difficile arrivare a un interruzione del flusso del sangue se non si hanno particolari problemi. 

Cosa ti porti a casa da questo mondiale?

La prendo come esperienza. Bisogna solo andare avanti e risolvere questo problema che fortunatamente non si presenta sulla bici da strada. 

Un’occasione di rivincita nel finale di stagione ci sarebbe…Il campionato europeo di Drenthe in Olanda è un tuo obiettivo?

Rimane un obiettivo arrivare competitivo, spero di essere convocato agli europei soprattutto per la crono. E poi vediamo di far bene anche il fine stagione su strada, per arrivare eventualmente ad una convocazione anche su strada. Non nego che voglio prendermi una rivincita dal mondiale. 

De Cassan torna a vincere e suona la carica

31.05.2023
5 min
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Si avvicina una serie di impegni importanti per gli under 23: a partire dal Giro d’Italia di categoria, fino ad arrivare alla Corsa della Pace, che si correrà in concomitanza con la corsa rosa. Uno dei volti che vedremo in Repubblica Ceca, con la maglia della nazionale, è quello di Davide De Cassan. Corridore del Cycling Team Friuli al terzo anno tra gli under 23. Il ragazzo guidato da Boscolo, e dal suo staff, ha vinto recentemente il GP Gorenjska. 

Davide De Cassan domenica 21 maggio ha vinto il GP Gorenjska (foto Instagram)
Davide De Cassan domenica 21 maggio ha vinto il GP Gorenjska (foto Instagram)

Un buon mese di maggio

Tra la fine di aprile e di maggio, De Cassan ha messo in fila degli ottimi risultati. Il primo è stato il terzo posto ottenuto alla Carpathian Courier Race, breve corsa a tappe polacca. 

«Ho fatto dei buoni risultati nell’ultimo periodo – ammette De Cassan – in Polonia la squadra è andata davvero forte e tutti siamo riusciti a metterci in mostra. In primis abbiamo vinto la cronometro a squadre, poi ci siamo portati a casa una vittoria di tappa grazie a Bruttomesso. Io sono stato bravo ad essere costante nei risultati così da aggiudicarmi il terzo posto nella generale, dietro a Pellizzari e Glivar.

«Anche al GP Gorenjska – continua – siamo andati forte ugualmente. La gara era una 1.2 quindi il livello era alto, è andato tutto secondo i piani e siamo stati bravi a rimanere sempre concentrati. Se proprio devo trovare una macchia a questo mese di maggio direi che è la prestazione alla Flèche Ardennaise. Quel giorno non stavo per nulla bene, ma ci può stare».

Al Palio del Recioto, la corsa di casa, è arrivata una promettente top ten (phtors.it)
Al Palio del Recioto, la corsa di casa, è arrivata una promettente top ten (phtors.it)
Stai dimostrando buone prestazioni

Sì, questo è davvero un mese molto importante. Ora per preparare al meglio la Corsa della Pace andrò a fare un’altra corsa a tappe in Austria. E’ un bel palcoscenico per mettersi in mostra, ci saranno tanti corridori forti.

Sei al terzo anno tra gli under 23, come vedi il tuo percorso di crescita?

Rispetto alla stagione 2022 vado più forte, in ogni terreno: che sia una corsa a tappe oppure una gara di un giorno. Una cosa che mi sento di dire è che ho imparato a gestirmi meglio, a superare le cosiddette giornate critiche. 

In che senso?

Vi faccio un esempio: l’anno scorso al Giro della Valle d’Aosta, nella terza tappa, non mi sentivo molto bene fin dalla partenza. Il percorso era molto impegnativo, con una salita nei primi chilometri. Grazie ai compagni ed allo staff abbiamo studiato il percorso e capito come muoverci. Quel giorno ho pagato 2’16’’ dai primi e ho salvato parzialmente la classifica, visto che alla fine ho terminato nono nella generale. 

Al Giro U23 dello scorso anno una caduta ha compromesso la classifica e il veneto si è dovuto reinventare (foto Instagram)
Al Giro U23 dello scorso anno una caduta ha compromesso la classifica e il veneto si è dovuto reinventare (foto Instagram)
Sei cresciuto, ora quali passi ti aspetti di fare?

Quest’anno devo imparare a far combaciare risultati e prestazioni. A livello di prestazioni siamo seguiti benissimo dallo staff e dal CTF Lab. Per quanto riguarda i risultati tocca a me. Sono al terzo anno ed il focus deve essere quello di massimizzare ogni rendimento.

Anche perché, da terzo anno, ormai si hanno gli occhi dei team puntati addosso.

E’ la stagione che può fare da spartiacque. 

Al Giro del 2022 ci avevi detto di voler far bene, poi qualcosa non era andato. 

L’anno scorso sono caduto alla seconda tappa, ed è una cosa che mi ha condizionato molto. Soprattutto perché il giorno dopo c’era la frazione di Santa Caterina, la più dura del Giro, e lì ho pagato tanto. Man mano mi sono ripreso ma ovviamente ero fuori classifica. In quell’occasione mi sono accorto che gli stranieri andavano molto più forte di noi. Quest’anno, invece, non è più così. 

In effetti ci siamo fatti vedere…

Sì, basti pensare ai risultati che abbiamo portato a casa. Busatto ha vinto la Liegi U23 con De Pretto terzo. Al Recioto e al Belvedere siamo sempre arrivati a giocarci la vittoria. Poi, il risultato che a noi del CTF ha fatto più piacere: il secondo posto di Buratti alla Gent U23

I risultati del 2023 fanno capire che il gap con i corridori stranieri si è assottigliato, qui Buratti alla Gent U23 (foto Instagram CTF)
I risultati del 2023 fanno capire che il gap con i corridori stranieri si è assottigliato, qui Buratti alla Gent U23 (foto Instagram CTF)
In che modo questo gap si è assottigliato?

Ci siamo semplicemente avvicinati a livello di prestazioni, ha sicuramente aiutato il fatto di misurarsi più spesso con loro. Cosa che noi del CTF facciamo da tempo. 

Quindi il prossimo appuntamento è in Austria, niente ritiro in altura per preparare l’estate?

No, insieme alla squadra abbiamo deciso di non farla. Vedremo se la nostra scelta verrà ripagata, una cosa è certa: ho massima fiducia nei nostri tecnici. So che arriveremo preparati ai due mesi più importanti, giugno e luglio.

Coach Mattiussi su Olivo: il motore e il perché della rinuncia al cx

18.01.2022
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Bryan Olivo resta l’argomento del momento a quanto pare. Il talento friulano è stato più volte chiamato in causa, soprattutto per il fatto che quest’anno non ha corso nel cross dove sembrava essere un predestinato dopo la conquista del tricolore juniores della passata stagione. Bryan è passato al CTF e tra i suoi preparatori c’è anche Alessio Mattiussi (i due sono insieme nella foto di apertura).

Alessio segue Bryan già da un po’, in quanto lo stesso team di Roberto Bressan aveva posto l’attenzione sul ragazzo, lui pertanto potrà darci delle indicazioni concrete da un punto di vista tecnico. Che motore ha? È tagliato per la strada? Oppure può fare molto bene anche su pista e nel cross?

Si dice che sia fortissimo per la strada, forte per la pista e per assurdo meno portato per il ciclocross. Proprio da questi “dubbi” partiamo con Mattiussi.

Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020
Bryan Olivo, classe 2003, nei campionati europei juniores 2020
Bryan Olivo, campionati europei juniores, 2020
Bryan Olivo, classe 2003, nei campionati europei juniores 2020
Alessio, abbiamo visto Olivo impegnato in questi anni su più fronti. Qual è secondo te quello dove potrà fare meglio?

Bryan per tanti anni ha corso nel cross e nella strada, dall’anno scorso ha provato anche la pista. La sua vecchia squadra, l’UC Pordenone, giustamente gli ha fatto provare più discipline e forse lui è uno degli atleti più multidisciplinari che abbiamo. Su strada si è mostrato molto generoso, ha corso spesso all’attacco. Ma io sono convinto che con le sue qualità di endurance tra i dilettanti possa fare ancora meglio, perché negli juniores le gare sono più brevi, il modo di correre è più “intermittente”. Anche se quell’argento ai mondiali su pista conta abbastanza.

Come mai non è stato fatto gareggiare nel cross?

Non volevamo appesantirlo troppo. Ricordiamoci che lui adesso è un primo anno. I ragazzi hanno anche la scuola e mettere troppa carne al fuoco può essere controproducente. Noi vogliamo dargli tempo. Non è detto poi che il prossimo anno qualche gara di cross non possa farla, chiaramente programmandola a dovere.

Che caratteristiche ha il motore di Olivo?

È un corridore molto endurance, ripeto, ma analizzando i suoi dati nell’inseguimento, quindi in quei 4′ circa, si è visto che può andare molto forte anche sotto questo punto di vista, anche pensando alla sparata. Di sicuro non è un ragazzo superveloce e neanche uno scalatore. Però in salita si difende bene. Io lo definirei un passista-scalatore.

Quanto è alto e quanto pesa?

È alto 1,80 metri per 66,5 chili.

Bryan Olivo impegnato in pista con ancora la maglia dell’UC Pordenone (foto Instagram – AT Photographyy)
Bryan Olivo impegnato in pista con ancora la maglia dell’UC Pordenone (foto Instagram – AT Photographyy)
In pratica l’identikit perfetto che cerca Pontoni!

In effetti fisicamente è cresciuto molto quest’anno. Negli ultimi tre anni ha avuto un grande sviluppo, ma sono certo che trarrà grandi benefici da questo inverno. Non ha fatto il cross, è vero, ma ha lavorato molto sulla base aerobica e anche in palestra.

Prima, Alessio, hai parlato di endurance, ma come fai a capire che sono queste le sue qualità migliori?

Come preparatore il potenziometro è la nostra fonte di dati principale. Dati che assumiamo in modo costante, anche in gara, cosa che fino a qualche anno fa non era possibile. E altri strumenti ci consentono di incamerarne altri, penso per esempio alla pressione o alle pulsazioni prese al mattino. Più dati abbiamo e meglio è per il futuro. Oggi moltissimi juniores utilizzano il potenziometro, a volte anche troppo, però questo permette di verificare la crescita dell’atleta e i suoi miglioramenti. Come lo vediamo: analizzando la sua curva di potenza. Da questa emergono pregi e difetti.

E come si comporta in questo caso la curva di Olivo?

Capiamo che sia portato per l’endurance perché dopo un certo periodo di sforzo la sua curva non va mai in picchiata. Se a questo aggiungiamo che sui 10 secondi non ha valori altissimi, possiamo dedurre che sia più portato per gli sforzi prolungati.

Quindi ha ragione Bressan: in teoria nel cross non servono queste attitudini di endurance, o quantomeno non sono quelle che ti fanno emergere a livelli mondiali… Ma torniamo a noi, Alessio: tu che Olivo lo conosci già da un po’ cosa gli piace di più?

Devo dire che la prestazione in pista lo ha colpito parecchio. Bryan è cresciuto nel cross e di certo questo gli è rimasto nel cuore, però si è fidato del nostro giudizio e non ha avuto ripensamenti. Con il campionato italiano a Variano in casa, magari un pensiero ce lo ha fatto, ma è anche consapevole che adesso sta entrando nel mondo vero del ciclismo. Noi del Team Friuli, come sapete, facciamo spesso delle competizioni all’estero ed è quello il mondo che dovrà affrontare.

Lo scorso anno il corridore di Fiume Veneto ha vinto il tricolore juniores nel cross (foto Roberto Ferrante)
Lo scorso anno il corridore di Fiume Veneto ha vinto il tricolore juniores nel cross (foto Roberto Ferrante)
Che Olivo vedremo in questo 2022?

Adesso Bryan è in Spagna con il team, l’idea è quella di partire bene, di farsi vedere subito. Come ho già detto, non dobbiamo dimenticare che si tratta di un ragazzo di primo anno, che deve ancora completare la sua crescita e che ha anche la scuola, cosa che per noi è importante. Lo vedremo all’attacco. E dopo la scuola lo vedremo ancora di più. Al CTF abbiamo l’idea di fargli fare qualche corsa a tappe… una volta finita la scuola.

Bryan è cresciuto, questo vi ha fatto rivedere anche la sua posizione in bici? E lo avete ottimizzato per la strada in qualche modo?

Sì, da quando lo abbiamo preso sotto la nostra ala, in parallelo alla preparazione, c’è stata la sua messa in bici. Certamente qualche accortezza nel passaggio dal cross alla strada c’è stata, penso alla posizione un po’ più aerodinamica. Però il lavoro con lui è stato costante: tre volte l’anno lo vedevamo e tre volte l’anno adeguavamo le misure alla sua crescita.

Olivo forte su strada e su pista: vedi delle analogie con Jonathan Milan?

Jonathan è Jonathan! Lui è diventato campione olimpico ed è ancora giovanissimo. Va detto che anche Jonathan è emerso alla fine del primo anno da dilettante ed è esploso durante il secondo. Da juniores ha vinto “poco”…  e chi lo sa!

Fusaz: «Martina Fidanza? Lavoriamo sulla parte aerobica»

03.11.2021
4 min
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Una delle regine dei mondiali di Roubaix è stata Martina Fidanza. La bergamasca ha aperto le danze con l’oro nello scratch. Una gara vissuta centimetro per centimetro in modo entusiasmante per chi era sugli spalti o alla tv e con la massima concentrazione per lei che era in pista. Martina è allenata da un giovane, ma già esperto, tecnico che risponde al nome di Andrea Fusaz del CTF Lab. Andrea ha tra le mani gente come De Marchi e Milan, giusto per citarne due.

Andrea Fusaz, preparatore della Fidanza
Andrea Fusaz, preparatore della Fidanza
Da quanto tempo segui la Fidanza, Andrea? E soprattutto come è nata questa collaborazione? Lei bergamasca e tu friulano…

Sono due anni e mezzo che lavoro con Martina. E’ stato Roberto Bressan (patron del Cycling Team Friuli, ndr) a proporre questa collaborazione. Bressan accompagnando i nostri atleti in pista vedeva questa ragazzina molto talentuosa, con doti fisiche non comuni. Mi ha proposto come allenatore e lei ha seguito il suo consiglio.

E quanto è migliorata in questi due anni e mezzo?

Molto. E’ migliorata sia dal punto di vista fisico che mentale. Adesso Martina gestisce meglio gli sforzi, reagisce meglio alle fatiche, agli impegni in allenamento e a quelli con la nazionale.

E’ chiaro, parliamo pur sempre di una ragazza di 21 anni che ha ancora dei margini fisiologici…

E’ cresciuta molto infatti sull’aspetto aerobico. Prima faticava di più.

Se questa è una sua “lacuna”, con tutte le virgolette del caso, non è male visto che è la componente più facile da allenare…

Esatto, è più facile da mettere su, sia con gli allenamenti, sia andando avanti con gli anni. Avere una buona base aerobica è importante anche per la pista, perché questo le consente di recuperare bene, di aumentare i carichi di lavoro. Prima aveva più difficoltà nel recepire certi sforzi. Martina infatti era già avanti nella parte anaerobica (scatti, sforzi massimali, ndr), ma non poteva fare troppo.

Il prossimo anno Martina Fidanza lascerà la Isolmant per passare nella fila della WNT Ceratizit
Il prossimo anno Martina Fidanza lascerà la Isolmant per passare nella fila della WNT Ceratizit
Quindi come avete lavorato?

Abbiamo cercato di aumentare i watt alla soglia aerobica appunto. Questo ha fatto sì che lei potesse gestire meglio gli sforzi e anche essere più lucida. Può correre più libera. E questo è importante anche per il colpo d’occhio. Tanto più in una specialità come lo scratch. Al mondiale ha preso la decisione di andare via in due decimi di secondo, forse meno. E’ un istante tra l’andare e il non andare. Devi essere lucida. 

Qual è la disciplina migliore per lei?

Beh, lo scratch è il suo regno. E’ una specialità non facile da interpretare. Come detto lei ha quel colpo d’occhio e per questo si è tolta e si potrà togliere ancora belle soddisfazioni. Io la vedo bene anche nella madison e nell’inseguimento a squadre. Sta trovando i suoi spazi e non credo avrà difficoltà ad arrivarci.

Capitolo strada: ci punta? Ci crede? O è solo funzionale alla pista?

Ci crede eccome. Adesso cambia anche squadra (va alla Ceratizit WNT, ndr) e così potrà avere i suoi spazi e bisognerà vedere nel nuovo team cosa le chiederanno. No, non sarà un’attività per accompagnare la pista. Anche perché oggi nessuno va alle corse per fare numero, tanto più una campionessa iridata. Questo contraddistingue i bravi corridori dai campioni. Questa maglia le dà più consapevolezza dei propri mezzi, della propria dimensione. E’ salita ad un altro livello fisico e mentale..

Andrea, abbiamo parlato di lavoro, di carichi… ma per darci un’idea di quanto può lavorare una ragazza come Martina (classe 1999) facciamo un paragone rispetto che so, ad un Jonathan Milan, che più o meno ha la stessa età e che segui sempre tu…

Il paragone con Jonathan è un po’ un problema: lui sostiene dei carichi molto grandi! Semmai per Milan la fatica è più mentale che fisica. Con Martina i carichi vanno dosati con accuratezza. Diciamo che tra strada e pista lavora da un 25% a un 35% in meno a seconda dei periodi.

Martina lavora molto anche in palestra (foto Instagram)
Martina lavora molto anche in palestra (foto Instagram)
Hai detto che sulla strada ci crede: potremmo mai vederla davanti anche in salita o in gare più un po’ più dure?

In salita fa un po’ fatica direi! In ogni caso il lavoro per i percorsi più duri riguarda sempre la parte aerobica di cui dicevamo. L’obiettivo, anche su strada, è di diventare più endurance perché poi in volata si è mostrata sempre competitiva. E se migliora questa parte, spende meno e arriva meglio allo sprint.

Insomma la dote anaerobica è cosa sua! Ma è un qualcosa che ha di natura o è merito dei tecnici che ci hanno lavorato in precedenza?

E’ frutto delle due cose dire: di madre natura, ma anche di chi ci ha lavorato fino a tre anni fa. Gli allenatori precedenti hanno curato al meglio le sue doti, ma per essere competitiva a livello mondiale oggi non basta più, devi curare anche le tue doti peggiori.

Avete lavorato anche in palestra?

Certo, nei periodi in cui c’era bisogno o si poteva, perché lontani dalle gare, ci abbiamo lavorato. Anche perché una buona base di forza è indispensabile per sostenere certi carichi di lavoro. 

Aleotti e il CT Friuli: il metodo olandese funziona anche qui

08.08.2021
5 min
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Non solo quelli della Jumbo Visma sanno lavorare con i giovani. La differenza, rispetto ad alcune realtà italiane, è che loro lo fanno avendo davanti una squadra WorldTour. Che non è poco. Però alcune delle dinamiche di cui ci ha parlato nei giorni scorsi Robbert de Groot le abbiamo viste svolgersi anche da noi. E se del Team Colpack e di come ad esempio abbia gestito Tiberi e Ayuso vi abbiamo parlato nei mesi scorsi, questa volta tiriamo in ballo uno dei talenti più belli che abbiamo in Italia e che già al primo anno di professionismo ha fatto un bel Giro d’Italia e ha vinto il Sibiu Cycling Tour: Giovanni Aleotti (in apertura secondo dietro Nizzolo al Circuito di Getxo). Ricordando il modo in cui è stato seguito al Cycling Team Friuli, le assonanze con il metodo olandese saltano agli occhi.

Un selfie dopo il tricolore del 2020 a Zola Predosa con Mattiussi, Baronti e Boscolo
Un selfie dopo il tricolore del 2020 a Zola Predosa con Mattiussi, Baronti e Boscolo

Da domani al Polonia

Giovanni è all’immediata vigilia del Giro di Polonia, che scatterà domattina e che bici.PRO vi racconterà con i servizi di Simone Carpanini, e si presta volentieri all’approfondimento.

«Il paragone ci può stare – dice – perché anche al CTF prima di prendere un corridore lo vogliono conoscere, a prescindere dai risultati. Quando andai lassù per la prima volta, non si può dire che fossi lo junior più vincente d’Italia, nemmeno il secondo. Cercavano un carattere che ben si integrasse con il loro progetto. Si accorsero di me, dai report della Sancarlese, la squadra in cui correvo, e grazie a quello che gli dissero Melloni e Donegà, che ci erano arrivati prima di me. Andai per la prima volta a Udine proprio con Donegà e parlai con Andrea Fusaz e Alessio Mattiussi. Non avevo grandi richieste, ero abbastanza uno qualunque».

Alla Jumbo parlano di conoscenza dell’ambiente familiare: i tuoi genitori incontrarono mai i dirigenti del team?

La prima volta andai da solo, ma a novembre quando si trattò di andare su per fare il posizionamento in sella, mi accompagnarono e conobbero l’ambiente. Non rimasero molto, mentre io restai su per qualche giorno in casetta.

I primi contatti li avesti con Fusaz e Mattiussi, oppure anche con Boscolo e Bressan, il diesse e il manager?

No, con Fusaz e Alessio. Boscolo e Bressan li lasciano fare, anche perché quelle prime fasi sono molto di competenza del CTF Lab. Con Renzo feci la conoscenza in un secondo momento.

Come faceste a capire che il tuo carattere si integrava con il loro progetto?

Te ne accorgi dai primi giorni di allenamento. Ci trovammo subito d’accordo, non era uno scambio di tabelle e dati, ma si crea un bel rapporto personale con gli allenatori. Come adesso alla Bora con Szmyd. C’è un bel rapporto umano e un buono scambio di feedback. Anche al CTF ci seguivano ogni giorno. Infine le trasferte per le corse cementano l’intesa.

La Jumbo cerca, così almeno dicono, corridori di carattere e con caratteristiche per brillare su tutti i terreni. Li chiamano corridori moderni.

Anche al CTF Lab cercano la completezza. Nel mio caso, andavo bene in salita ed ero veloce. Anziché spingere su una piuttosto che sull’altra, abbiamo lavorato sodo cercando di non snaturarmi, per migliorare in salita, tenendo lo spunto veloce, che mi è sempre stato utile. Ho sempre lavorato a tutto tondo, facendo corse impegnative già al primo anno, che fanno migliorare.

Un altro esempio del loro lavoro può essere Milan?

Johnny è l’esempio forse più lampante. Non so quanta pista avesse fatto prima di incontrarli e non è nemmeno facile gestire un ragazzo quando arriva al primo anno. Però lui come me si è affidato, perché ha visto un direttore e un allenatore che avevano una visione. Il primo anno magari non sei nelle condizioni di entrare nel merito delle scelte, dal secondo inizia lo scambio di idee, che ha permesso a loro di affinare la preparazione e a me di prendere coscienza dei miei mezzi. Anche Jonathan è arrivato che era molto acerbo e dopo due anni è diventato campione olimpico.

La Jumbo lavora per trovare corridori da inserire nella squadra WorldTour, quali sono gli stimoli del CT Friuli secondo te?

Lo fanno per passione, secondo me, e perché per Andrea Fusaz aver lanciato tanti atleti nel corso degli anni sia una bella soddisfazione. E’ una famiglia, si respira il clima di una famiglia. Mi piace pensare che sia così.

Cambierebbe qualcosa se ad esempi il CT Friuli diventasse il vivaio di una squadra WorldTour?

Non saprei (riflette per qualche secondo, ndr), ci sarebbero tanti fattori da valutare. Probabilmente smetterebbe di essere la piccola famiglia che ha portato al professionismo tanti di noi e che è sempre stata la sua chiave. Ci sarebbe da valutare e capire se ne vale la pena.

Milan
Andrea Fusaz, responsabile del CTF Lab, al lavoro con Milan per il posizionamento in sella
Milan
Andrea Fusaz, responsabile del CTF Lab, al lavoro con Milan per il posizionamento in sella
Che corsa vai a fare al Polonia?

La gamba c’è e ci sono tappe molto adatte. Dopo la pioggia di San Sebastian ho preso un po’ di raffreddore, spero di non aver perso troppo. Farò corsa parallela con Fabbro e poi vedremo. E di fatto, il Polonia sarà l’ultima corsa a tappe della mia prima stagione da pro’. Poi correrò a Plouay, in Vallonia e tutte le corse italiane fino al Lombardia. Il Giro è andato molto bene, la vittoria a Sibiu ci voleva. Insomma, non posso proprio lamentarmi.

E l’università?

Ecco, abbiamo trovato di cosa lamentarsi. In realtà d’estate è praticamente impossibile studiare. La sessione estiva c’era a maggio, in pieno Giro d’Italia. Vediamo se dall’autunno in avanti riuscirò a mettermi in pari.