COLFIORITO – Piove e fa freddo dal mattino. Le montagne fra l’Umbria e le Marche sono sepolte dalle nubi, allo stesso modo in cui il fronte del gruppetto che si lancia verso la volata sembra omogeneo, scuro e fradicio. Poi come un raggio di qualcosa che somiglia a una luce, la progressione di Andrea Vendrame fa scattare la gente assiepata davanti agli schermi. Si nota subito che il cambio di ritmo del veneto è di quelli che lascia il segno. Nessuno risponde, qualcuno ci prova. Dietro Pidcock e Gregoire si lanciano nella sua scia, ma l’anticipo è stato la scelta giusta. Non c’è più tempo per risalire. Il corridore della Decathlon vince bene e vince quando piove. E in questo giorno alla Tirreno-Adriatico, come due volte in precedenza al Giro d’Italia, i due fattori si sono sposati alla grande.
Una giornata (quasi) estrema
Prima di lui, anche Ganna ha provato l’anticipo. Il leader della corsa ha rintuzzato gli attacchi sulla salita finale. Ha chiesto alla squadra di tenere insieme la corsa. E quando è partito ai 3,5 chilometri dall’arrivo, per qualche istante c’è stata la sensazione che sarebbe arrivato. Sarebbe stato un colpo stupendo, ma ugualmente stasera Pippo torna in hotel con la sensazione di avere grandi gambe. E vedere Van der Poel chiudere sul suo allungo ha dato per qualche istante un senso di Sanremo in arrivo.
«Certe giornate mi trovano bene – sorride Vendrame che non smette di tremare – il fisico risponde bene, ricordo la vittoria di Sappada, anche se oggi ci sono temperature un po’… orrende. Non era proprio la giornata migliore per farci bici, però è il nostro lavoro e siamo qui per questo. Abbiamo fatto 200 chilometri sotto la pioggia. Io sto bene. Ho preso spunto da tutti i miei compagni di squadra che mi hanno aiutato. Abbiamo battezzato la giornata di oggi con un possibile arrivo di 40-50 corridori e dovevamo provarci io oppure Dorian Godon. Nel finale è andata bene a me e adesso spero di continuare su questa onda…».
L’astuzia di Vendrame
Appena il gruppo si è lasciato Foligno alle spalle, il gioco era individuare gli uomini di classifica sulla salita finale. La caduta di Milan ci ha fatto saltare, per cui averlo rivisto al traguardo in apparenti buone condizioni è stato un sospiro di sollievo. Jonathan non si è fermato a parlare, il dottore lo ha prelevato dopo la premiazione e lo ha indirizzato verso il pullman. Nella nostra ricerca dei favoriti, spiccava la facilità di Ganna in salita, si vedeva Ciccone sgambettare nelle prime posizioni. Van der Poel allungare e Ayuso tentare il colpo a sorpresa. Eppure in tutto quel tempo, Vendrame non lo avevamo proprio visto, nascosto come un cecchino nelle sagome dei rivali.
«Il segreto – ammette – era scollinare con i primi e poi portare la bici fino agli ultimi 300 metri dall’arrivo. Sapevo che la carreggiata si restringeva, quindi anticipare un attimo lo sprint era la cosa fondamentale da fare. Si è trattato di restare calmi e freddi e questo sicuramente mi ha aiutato. Nella mia carriera non ho vinto tantissimo. Due tappe al Giro (oltre a Sappada, quella del 2021 a Bagno di Romagna, ndr) e altre corse in Francia. Vincere alla Tirreno è eccezionale, mi mancava un risultato esterno al Giro d’Italia. La squadra mi chiede tanti risultati per il discorso dei punti, io penso di aver fatto vedere che sono sempre costante e utile per il lavoro che mi chiedono. Oggi l’importante era aspettare il momento giusto e attendere la volata. Non potevo fare altro che giocarmela così».
Ganna, parole chiare
In questa tenda bianca con il tavolo, i microfoni, poche sedie, qualche giornalista e Vendrame che se ne va, entra di colpo anche Pippo Ganna che oggi avrà benedetto la folta barba su cui aveva scherzato dopo la crono. Il leader ha tenuto bene in salita e adesso è di buon umore.
«Oggi è stata una giornata lunga – dice sorridendo, ma aggressivo – in cui nessuno voleva darci una mano. Fortunatamente nel finale, quando la corsa si è accesa, ho chiesto a Van der Poel se per caso lui potesse mettere un uomo per aiutare ed è stato felicissimo di farlo. Quindi devo ringraziare anche lui e la Alpecin e un po’ meno gli altri che invece se ne sono fregati altamente. E’ stata una tappa lunga, fredda, adesso pensiamo bene a scaldarci. Di sicuro la gamba è buona mi dispiace di non aver vinto. Magari ho sbagliato ad anticipare troppo, però se non lo avessi fatto sarei rimasto con la domanda di cosa sarebbe successo se non lo avessi fatto. Per cui devo dire grazie ai miei compagni che oggi si sono fatti in quattro anche con queste condizioni. Ci siamo difesi, abbiamo difeso la maglia, domani è un altro giorno e speriamo che possa spuntare un po’ di sole».
Tre di fila come nel 2003
Alla Parigi-Nizza la tappa l’hanno mezza neutralizzata per la grandine e la pioggia, qua s’è corso fino alla cima. E’ stata la terza vittoria italiana nelle prime tre tappe, come non succedeva dal 2003 (Cipollini, Pozzato, Cipollini, ndr). E Ganna e Vendrame prima di lui sono due fiori da appuntarsi all’occhiello.
«Nel finale eravamo rimasti io e De Plus – prosegue Ganna – e lui è qua anche per fare classifica, quindi non mi andava di fargli prendere rischi inutili per impostare la volata. Magari sarei riuscito a farlo da solo, ad essere nella posizione giusta e uscirne vincente. Comunque ho avuto un’altra prova che la gamba sta bene e che continuerò a migliorare. Van der Poel è venuto a prendermi? Credo che quando si lotta per la vittoria, non si guardi in faccia nessuno. A parti invertite, avrei fatto anche io lo stesso. Abbiamo molto rispetto giù dalla bici e anche in bici, ma ovviamente quando si è in gara, è gara per tutti. Oggi è venuto fuori un buon test anche in vista dei prossimi appuntamenti di un certo chilometraggio».
La Sanremo a tempo debito
Resta il dubbio della possibilità di difendere la maglia, ma Ganna non si lancia in previsioni e non si fascia la testa. Dice che oggi la salita era adatta, ma che domani potrebbe essere più dura. Poi con un sorriso scaramantico, aggiunge di non aver guardato il meteo. Si pedalerà fino alla soglia dei 1.600 metri e lassù quest’acqua potrebbe essere neve. «Magari se prima di attaccare avessi chiamato Van der Poel – riflette – forse sarebbe stato diverso. Però la gara è gara e ogni tanto bisogna provarsi e spingersi verso i propri limiti. Alla Sanremo penseremo quando sarà tempo».