Bertolini pensa all’europeo e intanto difende la maglia rosa

16.10.2021
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La stagione italiana del cross entra sempre più nel vivo. Domani per alcuni ragazzi sarà già la quinta gara dell’anno. Si corre infatti a Porto Sant’Elpidio la seconda tappa del Giro d’Italia Ciclocross. E in maglia rosa, tra gli elite, c’è Gioele Bertolini.

Il valtellinese, nonché campione italiano in carica, è tornato “a casa”, alla Selle Italia Guerciotti ed appare più pimpante che mai.

Bertolini al centro con la maglia rosa, conquistata ad Osoppo (foto Instagram)
Bertolini al centro con la maglia rosa, conquistata ad Osoppo (foto Instagram)

Il ritorno a casa

«Con Guerciotti – racconta – i rapporti erano rimasti buonissimi anche nella passata stagione in cui ero andato alla Trinx. Quella fu una scelta particolare in quanto molto mirata alla Mtb e alle Olimpiadi, poi è andata come è andata… Già dalla scorso inverno con Alessandro (Guerciotti, ndr) avevo parlato ed era emersa la possibilità di tornare. Così ho colto al volo questa possibilità. Ma con Luca Bramati non ci sono problemi. Pensate che è lui che mi allena adesso. Solo che anche Luca ha variato un po’ i suoi progetti con la Trinx e ha sposato il piano femminile del cross della Valcar».

Alla fine anche in una specialità che è “individuale” come il ciclocross sentirsi a casa e avere la fiducia di chi è intorno a te può fare la differenza. E il Bullo quando è in palla se la può giocare, anche all’estero. Guida come poche e i cavalli non gli mancano.

Ritmi subito elevati, anche in Italia. Ecco Bertolini ad Osoppo (foto Instagram)
Ritmi subito elevati, anche in Italia. Ecco Bertolini ad Osoppo (foto Instagram)

Livello già alto

In più è un ragazzo anche molto attento sul piano tattico. La scorsa domenica ha vinto ad Osoppo. Il percorso era molto veloce e fare la selezione non era semplice.

«A quel punto quando ho visto che non si riusciva ad andare via – racconta Gioele – e che eravamo sempre in due o tre, ho preferito mollare un po’. Abbiamo così viaggiato con un drappello di sette fino a metà gara. Eravamo in tre della Selle Italia-Guerciotti e non potevamo non portare a casa la corsa. Direi che abbiamo corso bene. Nel finale c’erano curve lente e così ho anticipato un po’. Sono partito ai 300 metri e ho chiuso un po’ le porte».

«La cosa che ho notato in questo avvio di stagione è che tutti sono già parecchio palla, sono partiti forte e per questo immagino sarà un’annata impegnativa».

Gioele in azione all’italiano di Lecce, vinto per pochi secondi su Dorigoni, da quest’anno suo compagno di squadra
Gioele in azione all’italiano di Lecce, vinto per pochi secondi su Dorigoni (che s’intravede alle sue spalle)

Gli europei in testa

Stagione impegnativa ma anche stimolante. Quando Gioele sente che c’è da lottare tira fuori gli artigli. Lo scorso anno, per esempio, il percorso tricolore di Lecce era più favorevole ad un corridore di grande potenza come Dorigoni, ma il Bullo ha sfruttato le sue doti di guida nella parte più tecnica, e lo ha tenuto per un’ora a 7-8 secondi di distacco. Ma come gestirà questa stagione? Sarà un crescendo fino ai mondiali o ci saranno dei picchi?

«Il primo obiettivo sono gli europei (a Col du Vam, in Olanda il 6-7 novembre, ndr) – dice Bertolini – Lì ci voglio arrivare in buona condizione per davvero. A quel punto con Bramati tireremo una riga e vedremo cosa fare: se trovare un altro picco o tirare avanti. Di certo bisognerà essere in forma per gli italiani e da lì magari arrivare ai mondiali».

Celestino, Pontoni e una strana (ma bella) collaborazione

13.10.2021
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«Pronto Mirko? Sono Daniele mi farebbe piacere collaborare con te e vedere come lavori». Una telefonata nel bel mezzo dell’estate: Daniele Pontoni chiama Mirko Celestino ed ecco che nasce un bel progetto, che è già una bella storia. Un tecnico, anzi un cittì che aiuta l’altro. Finora si era visto poco, almeno in certe misure. Quasi solo con Villa e Cassani, quindi strada e pista, ma qualcosa sta cambiando. Vuoi per le direttive della Fci, vuoi per il buonsenso dei tecnici stessi, ma Celestino e Pontoni una mano se la sono data e se la daranno.

Pontoni Colledani
Pontoni è cittì del cross da questa estate. Per il friulano un grande passato anche nella Mtb
Pontoni Colledani
Pontoni è cittì del cross da questa estate. Per il friulano un grande passato anche nella Mtb

Il lavoro del cittì

Davvero è così? E perché? Vogliamo sapere come è andata e lo chiediamo proprio a Celestino.

«E’ vero – ammette Celestino – c’è una collaborazione come non c’era mai stata prima. Io sui campi del cross e Pontoni su quelli della mountain bike. E’ la nuova direzione…

«”Ponto” ha una fortuna che io non ho avuto e cioè qualcuno che possa stargli vicino nei suoi inizi da commissario tecnico. Non si tratta infatti di fare “solo” il direttore sportivo, vale e a dire fare le convocazioni e dare le direttive per la gara. No, un cittì deve gestire il budget, organizzare la trasferta, gestire il magazzino… Io ormai sono cinque anni che ricopro questo ruolo e mi sono fatto le ossa. Ma all’inizio è stata dura. Quando ci siamo sentiti Daniele mi ha detto: aiutami su queste cose perché sono inesperto. Lui ha sempre avuto il suo club, ma la nazionale è tutt’altra cosa».

Celestino in Francia? E Pontoni (a destra) fa le veci del cittì alla Mythos Primiero di Massimo Panighel (al suo fianco)
Celstino in Francia e Ponti fa il “cittì della mtb” alla Mythos. Eccolo con Panighel e Simoni

Primo passo in Serbia

E così succede che i due tecnici questa estate si ritrovino a braccetto in Serbia, in occasione del campionato europeo marathon (foto in apertura). Le sensazioni sono subito positive da entrambi le parti. Tanto che qualche settimana dopo in occasione delle premondiali indicate da Celestino stesso c’è una concomitanza tra due marathon. E così Mirko va in Francia alla Forestiere e Daniele a Fiera di Primiero, per la Mythos.

«La verità – continua Celestino – è che alla fine serve gente che sta sul campo, gente che ti aiuta e che contribuisce a limare lo stress di una trasferta, che faccia anche il lavoro sporco e si rimbocchi le maniche. Venendo in Serbia, Ponto ha potuto vedere come andavano gestite alcune cose. Doveva venire anche al mondiale di Capoliveri, ma poi era troppo imminente la sua partenza per la Coppa del mondo di ciclocross in America. No, no… devo dire che siamo già amici e che questa collaborazione farà bene ad entrambi».

E sì, perché anche Celestino ha teso la mano. Mirko si è detto disponibile ad andare sui campi del ciclocross. senza contare che possono dare uno sguardo dal vivo anche agli atleti. Pensiamo solo ai biker che d’inverno fanno ciclocross.

«Esatto: andrò ad aiutarlo nel ciclocross. Anche se non è il mio mondo, lo ammetto. Gli ho detto: tu mi dici cosa devo fare e io lo faccio». A prescindere dalla battuta, che ricorda quella del comico di Zelig, emerge lo spirito di collaborazione anche da parte di Celestino.

Celestino è tecnico della nazionale Mtb da cinque anni. Segue tre specialità (uomini e donne): cross country, marathon ed eliminator
Celestino è tecnico della nazionale Mtb da 5 anni. Segue tre specialità (uomini e donne): cross country, marathon ed eliminator

Due ragazzi umili

Stima e fiducia reciproca per due caratteri e due storie che tutto sommato si somigliano: vocazione verso il lavoro, una lunga e prosperosa carriera da atleti e una buona dose di umiltà.

«Pontoni non lo conoscevo – conclude Celestino – Sapevo chi fosse, qualche parola di circostanza ma nulla più. Ma è bastato poco per capirci. E’ una di quelle persone che basta che ci stai quattro ore e sembra che lo conosci da una vita. E la cosa bella è che ho notato che questa sintonia si è creata anche con il mio staff. Lui mi ha detto: che bel gruppo che hai intorno a te, Mirko. C’è gente che dà l’anima. Si vede che lavorano non solo perché possano dire “sono stato in nazionale”, ma proprio perché ci credono.

«Pensate che anche i miei collaboratori hanno detto che in caso di chiamata sono pronti ad aiutare Pontoni. Quella telefonata l’avrei dovuta fare io!». 

De Jong 2020

Una vittoria, un sorriso. La storia di Thalita De Jong

06.10.2021
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Ci sono vittorie e vittorie. Ci sono successi che accogli facendo il pazzo, rotolandoti fra fango e lacrime e ci mancherebbe, visto il valore della prova. Ce ne sono altri che, guardando l’autore, pensi che valgano come qualsiasi altro. Ma poi riguardi quella foto, quel sorriso e capisci che dietro di esso c’è un mondo, c’è una storia che vale la pena di raccontare, facendoti interprete in prima persona non solo delle parole, ma anche e soprattutto dei sentimenti. E’ la storia di Thalita De Jong.

Ciao, mi chiamo Thalita De Jong, sono nata il 6 novembre 1993. Ho appena vinto il Grote Prijs Beerens, una piccola classica belga. Ma per me non è piccola, per me vale un mondo, è come un regalo di Natale anticipato, perché dietro di essa solo io posso sapere che cosa c’è, non solo in termini di fatica fisica, ma mentale. Questa vittoria è un colpo di spugna sopra una montagna di dubbi: a quest’ora avrei potuto essere lontana mille chilometri a fare chissà cosa, invece ho fatto la scelta giusta.

Pochi forse si ricordano di me. La mia storia inizia come tante altre, bambina ispirata dal padre appassionato di bici che non perdeva un’occasione (o meglio una domenica) per uscire con gli amici in sella e andare a scoprire il mondo, tra una birra e una pedalata, un panino e una risata. Mi piaceva quel senso di libertà: lui non ha mai visto la bici come strumento di gara, io invece avevo voglia di confrontarmi con le mie coetanee, anche se la bici che avevo era proprio vecchia…

De Jong Europei 2016
Il momento più bello nella carriera di Thalita De Jong: nel 2016 in Francia conquista l’Europeo di ciclocross
De Jong Europei 2016
Il momento più bello nella carriera di Thalita De Jong: nel 2016 in Francia conquista l’Europeo di ciclocross

Cercando spazio fra sprint e gomitate

Ho imparato ad andare in bici in sella alla Mtb, mi divertivo un mondo nei boschi vicino casa, ma le prime gare le ho fatte su strada: prima gara, prima vittoria. Presto però ho capito che fra le due discipline ce n’era una terza che era una via di mezzo, il ciclocross e lì riuscivo a esprimermi al meglio.

La mia crescita è stata rapida, mi sono fatta spazio tra sprint e gomitate in un ambiente che più forte non poteva essere: la nazionale olandese. All’inizio del 2016 conquisto il titolo mondiale per Under 23, alla fine dell’anno vinco addirittura il titolo europeo assoluto. E’ tutto bellissimo, troppo…

Gennaio 2017: sono in Lussemburgo, mi sto preparando per difendere il titolo iridato, correndo per l’ultima volta nella mia categoria. In allenamento cado, come tante altre volte, se vai in bici ti ci abitui. Ma questa volta non è come le altre, lo capisco subito. La gamba non va. Il ginocchio fa un male cane. Niente Mondiale, ma pazienza. Torno a casa, i controlli dicono che si è lacerato il muscolo. Dovrò riposare, ma poi si riprende. Sarà facile, mi dicono. Sì, certo…

De Jong Ceratizit 2021
Il primo vero segnale di ripresa per la De Jong, al Ceratizit Festival 2021
De Jong Ceratizit 2021
Il primo vero segnale di ripresa per la De Jong, al Ceratizit Festival 2021

Un abisso profondo 3 anni

In bici ci torno, anche abbastanza presto e l’anno non va neanche male, 26 giorni di gara, 4 volte in Top 10, mi faccio quasi tutte le classiche del Nord. Mi accorgo però che qualcosa non va: dovevo spaccare il mondo invece finisco sempre più dietro. Se fossi su un palcoscenico io, da aspirante prima ballerina, finisco dietro, sempre più dietro, fino a uscire dal palco.

Nel 2018 le prime gare sono un calvario, poi da metà aprile non corro più, per un anno e mezzo. Il fisico non funziona, non risponde, anzi no, diciamola tutta, quel che non va è la testa, non sento più dentro di me il sacro fuoco. O forse è il fisico, la gamba non è tornata come prima. O forse… Mi sento strattonata da una parte all’altra, preda dei dubbi, forse è il caso che abbandoni e inizi a vivere un’altra vita, a cercare il mio destino altrove.

Le settimane diventano mesi e i mesi anni, poi arriva la pandemia che tiene tutti a casa. Eppure, in fondo all’anima c’è quella vocina che mi dice di non mollare, qualcosa accadrà. E qualcosa accade: ho trovato un nuovo team, lo Chevalmeire, piccolo ma fatto da gente che mi ricorda vincente e crede in me. E allora riproviamoci, ancora una volta. Per la vita c’è tempo, ho solo 27 anni e non voglio andarmene prima di aver dimostrato che posso ancora dare qualcosa.

De Jong Beerens 2021
L’immagine più bella: la De Jong sul podio del GP Beerens, tra Faber (LUX) terza e Schweinberger (AUT) seconda
De Jong Beerens 2021
L’immagine più bella: la De Jong sul podio del GP Beerens, tra Faber (LUX) terza e Schweinberger (AUT) seconda

Ancora qualcosa da dire

Nel 2021 ricomincio a pedalare in mezzo al gruppo ed è già molto. Pian piano la condizione cresce, arriva anche qualche risultato, al Ceratizit Festival Elsy Jacobs vinco addirittura la classifica della montagna, non manca poi tanto. Il 6 giugno però arriva un’altra caduta e il responso potrebbe essere impietoso: frattura di una vertebra, molto peggio dell’altra volta. Eppure non è così: riposo le 12 settimane prescritte, prima assoluto e poi riprendendo piano piano e a settembre torno in gara. Al secondo giorno sono già sul podio, finisco sempre avanti in classifica fino a questo giorno, a questa vittoria. A questo sorriso, che tanto mi è costato.

Molti mi chiedono come ho fatto a non mollare: mi sono appoggiata alle piccole cose, ho frequentato gli amici veri, ho cercato di non pensarci più e proprio quando la bici sembrava un amore del passato, ho sentito che quell’amore era troppo importante per me e mi ha pervaso come prima. Ora sono qui, su questo palco senza sapere che cosa dovrà riservarmi ancora il destino ma poco importa. Ci sono, qui, ora. E’ tutto quel che conta…

Thibau Nys 2021

Thibau Nys, quanto pesa essere “figlio d’arte”…

20.09.2021
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Nel ciclismo i figli d’arte hanno sempre trovato molte strade sbarrate, troppo pesante l’eredità lasciata, a meno che non cerchi vie nuove ed è quello che sta cercando di fare Thibau Nys, il nuovo campione europeo Under 23 che punta a sorprendere anche in casa, a Leuven, aggiungendo un’altra maglia a quella fresca con le stellette. Quando hai un cognome simile il fardello è pesante, perché parliamo di Sven Nys, uno dei più grandi ciclocrossisti della storia, due volte iridato e per ben 25 volte vincitore di una grande challenge, fra cui 3 Coppe del Mondo, ma soprattutto capace di attirarsi grandi simpatie da parte dei tifosi.

Quando Thibau ha iniziato nel ciclocross, i dubbi erano tanti: «Ecco, un altro che vuole imitare il padre». In Belgio il fardello dell’eredità di un campione è pesante, ne sa qualcosa Axel Merckx, che dopo aver cercato gloria su altre strade (il calcio), non resistette alla voglia di mettersi in gioco, vivendo una carriera lunga ben 14 anni e contraddistinta da 14 successi tra cui un titolo nazionale su strada, ma lontana anni luce dai fasti del padre, anche se vinse quel che a Eddy non riuscì: una medaglia olimpica (bronzo ad Atene 2004 dopo una coraggiosa quanto vana caccia a Bettini).

Nys volata trento 2021
La volata vincente di Nys a Trento, battendo l’azzurro Baroncini e lo spagnolo Ayuso
Nys volata trento 2021
La volata vincente di Nys a Trento, battendo l’azzurro Baroncini e lo spagnolo Ayuso

Il vantaggio di chiamarsi Nys

Questo peso Thibau lo ha sempre sentito: «Dipende da come lo si guarda – ha affermato dopo aver vinto nel 2020 il titolo mondiale junior di ciclocross – in fin dei conti quando ti chiami Nys, gli sponsor vengono a cercarti e questo è un vantaggio, dall’altra parte però c’è una tale pressione addosso che non ti lascia mai e so che dovrò farci i conti per sempre».

Questo concetto lo ha fatto suo anche chi lo segue giorno dopo giorno, il suo allenatore Sven Van Den Bosch, tecnico di lunga esperienza che seguendo il ragazzo ha capito che era necessario trovare nuovi sbocchi, diversi da quelli del padre per tagliare una volta per tutte quel cordone che li lega: «Le aspettative pesano non poco su di lui, perché Nys è un cognome che in Belgio è sinonimo di vittoria, ma qui parliamo di un’altra persona e questo andrebbe sempre tenuto nel dovuto conto».

Van den Bosch 2020
Sven Van Den Bosch, il preparatore di Thibau Nys, che ha fortemente spinto per un suo futuro su strada
Van den Bosch 2020
Sven Van Den Bosch, il preparatore di Thibau Nys, che ha fortemente spinto per un suo futuro su strada

Il padre in Mtb, il figlio su strada

Il ciclismo su strada può, anzi dovrà essere il mondo di Nys proprio perché lì quel cognome non pesa come nel fuoristrada. Suo padre ha corso su strada, ma quello non fu mai il suo mondo, tanto che pensò invece di dedicarsi alla Mtb, riuscendo per due volte a qualificarsi per le Olimpiadi ma non andando al di là del 9° posto a Pechino 2008. Ecco perché proprio la strada potrebbe essere il suo futuro.

L’Europeo di Trento ne è stato la perfetta dimostrazione: «Forse le nazionali più forti, Italia in testa, mi hanno sottovalutato, ma ora sapranno con chi hanno a che fare – ha dichiarato dopo la vittoria – Per me era lo scenario perfetto, quando ho visto che ero riuscito a resistere nel gruppo dei migliori ho capito che potevo farcela».

Nys Trento 2021
Thibau Nys, nato il 12 novembre 2002, vanta un titolo europeo e mondiale junior nel ciclocross oltre a quello di Trento
Nys Trento 2021
Thibau Nys, nato il 12 novembre 2002, vanta un titolo europeo e mondiale junior nel ciclocross oltre a quello di Trento

Un velocista adatto ad alcune classiche

Che tipo di corridore può essere Nys nel ciclismo su strada? Van Den Bosch ha le idee abbastanza chiare in proposito: «Lo vedo come un velocista capace di emergere anche in classiche con pendenze brevi. Non uno sprinter puro, alla Caleb Ewan per esempio, ma sicuramente in grado di dire la sua in volate di gruppo nei grandi giri, ma anche di puntare ad alcuni appuntamenti dove la selezione è più stringente».

«La forza di Thybau – riprende il tecnico – è che ha grandi valori di potenza, se facciamo il rapporto tra wattaggio e chilogrammi. Valori che si esprimono sia sul breve, nell’arco di 30 secondi, quanto sul lungo periodo, anche 20 minuti e questo potrebbe portarlo anche a progredire nelle cronometro. Sicuramente andrà avanti sia su strada che nel ciclocross, perché una specialità beneficia dell’altra, ma per carità non facciamo paragoni con i 3 Tenori, ha già un peso importante sulle spalle…».

Nys Thibau Sven
Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 2005 e 2013
Nys Thibau Sven
Thibau Nys con suo padre Sven, grande campione del ciclocross, iridato nel 2005 e 2013

Non essere solo il “figlio di Sven”

Già, sempre quel peso. Anche quando ha vinto a Trento, tutti lo hanno etichettato come il “figlio di Sven” più che come Thibau. La sua parabola è solo agli inizi, ha già promesso che il prossimo anno lo vedremo di più su strada e magari un giorno verrà nel quale, vedendolo insieme a suo padre (oggi dirigente sportivo alla Baloise Trek Lions) qualcuno dirà: «Scusa, chi è quello con Thibau Nys?»…

Trek presenta Boone 6 disc, leggera e scorrevole più che mai

16.09.2021
4 min
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Trek lancia la nuova Boone 6 2022 ideata per il ciclocross. Leggerezza e agilità sono le parole d’ordine della nuova creazione dell’azienda statunitense. La concezione della Boone si è incentrata nell’ideare un modello specifico e unico nel suo genere, con un campo d’azione esclusivo per il CX. Pulita e raffinata, l’ultima arrivata in casa Trek è stata progettata sulla base dei suggerimenti dei migliori atleti del ciclocross, tra i quali il campione del mondo Sven Nys e la campionessa statunitense Katie Compton.

Il telaio è il più leggero, secondo solo alla Emonda, con 850 grammi
Il telaio è il più leggero, secondo solo alla Emonda, con 850 grammi

Leggerezza

La Boone 6 vanta il secondo telaio più leggero subito dopo la Emonda, con 850 grammi. Struttura full carbon, nello specifico OCLV 600 Series ad alto modulo, è stata concepita per valorizzare le sue caratteristiche di rigidità e resistenza. Grazie anche alla tecnologia IsoSpeed, presente solo al posteriore (tubo sella e montante) per alleggerire il telaio, offre scorrevolezza e velocità sui terreni fangosi e accidentati del ciclocross. Il sistema è in grado di ammortizzare la risalita in sella e di assorbire i sobbalzi.

Aerodinamica

La leggerezza non è l’unica caratteristica presa in prestito dalla Emonda. Come il passaggio cavi quasi invisibile che permette di avere linee pulite e funzionali per le transizioni con la bici in spalla oltre che avere meno parti esposte. I tubi Aero oltre ad essere accattivanti tagliano il vento per essere il più performanti possibili nei tratti rettilinei.

Allestimento

Per un modello top di gamma ci vogliono componenti premium, la Boone 6 monta infatti il gruppo Shimano GRX RX810. Monocorona 40 denti con cassetta 11v Ultegra 11-34 che, grazie alla frizione presente sul deragliatore posteriore, permette di assorbire le vibrazioni e i rimbalzi della catena senza rinunciare a precisione e affidabilità.

Ruote e impianto frenante

Il modello è equipaggiato con ruote Bontrager Paradigm Comp 25, tubeless ready, con canale interno che può montare un copertone con sezione fino a 38mm. Il limite Uci però si pone a 33mm, perciò la bici viene venduta con copertoni Bontrager CX3 Team Issue da 32mm. L’impianto frenante è lo Shimano MT800 da 160mm su entrambi gli assi, potente e studiato appositamente per il fuoristrada.

Prezzo e accessori

Il nuovo gioiello firmato Trek è in vendita al prezzo di euro 3.599 nella versione presentata. Disponibile anche il telaio a euro 2.599 in due colori Carbon Smoke/Lithium Grey/Trek Blacke e Radioactive Red to Navy to Teal Fade. Gli accessori compatibili si limitano ai soli due portaborracce in quanto il suo raggio di utilizzo è mirato al CX.


trekbikes.com

Bramati Luca Lucia

Bramati e il progetto Valcar: «Abbiamo grandi ambizioni»

26.08.2021
4 min
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«Ma da chi avete saputo la notizia?». Luca Bramati, intento a gestire il suo stand Trinx nel villaggio dei Mondiali Mtb in Val di Sole, accoglie in maniera un po’ inattesa le domande sul suo nuovo incarico alla Valcar. La formazione dedita al ciclismo su strada, che sta facendo molto bene pur non essendo tra le squadre WorldTour, differenzierà il suo impegno nel 2022 aprendo una nuova sezione dedicata al ciclocross e toccherà al medagliato mondiale il compito di gestirla, ma soprattutto di dare vita a un nuovo progetto, molto ambizioso.

«Con Valentino Villa ci conosciamo praticamente da sempre – afferma il team manager bergamasco – il primo anno hanno anche usato le bici con il mio marchio. Durante l’estate mi ha proposto l’idea di allargare l’impegno societario anche al ciclocross, ma aveva bisogno di qualcuno che gestisse la squadra nella sua completezza, per permettergli di avere un po’ di riposo prima che riprenda l’attività su strada. Saremo due entità separate, anche se Arzuffi e Persico svolgeranno entrambe le attività».

Arzuffi 2021
Alice Maria Arzuffi, dopo una buona stagione su strada punta a un grande inverno
Arzuffi 2021
Alice Maria Arzuffi, dopo una buona stagione su strada punta a un grande inverno

Un po’ di strada per Lucia

Il gruppo è composto da 4 ragazze: con Alice Maria Arzuffi e Silvia Persico che erano già nel team su strada affluiscono Eva Lechner e Lucia Bramati (nella foto di apertura di qualche anno fa con il papà) provenienti dalla Trinx: «In questo modo sarà più semplice gestire la squadra: nell’ultima stagione di ciclocross Eva e Lucia correvano con un team professionistico belga, ma quella realtà è troppo diversa dalla nostra, lì le atlete sono solo numeri, noi siamo abituati a seguirle di più, a coccolarle. Poi continueranno la loro stagione nella Mtb sempre con il marchio Trinx».

Questo cambiamento ha in sé i prodromi di un passaggio della talentuosa Lucia alla strada? Bramati ci pensa un po’, poi ammette: «Finora ha fatto una sola gara su strada, ai Campionati Italiani allieve finendo ventesima senza avere alcuna esperienza. E’ stata una mia scelta, avevo troppa paura. Ora che sta crescendo vedo che ha la testa giusta e proverà anche la strada, ma intendo farle fare gare dove c’è molta salita, perché sono convinto che è lì che può emergere».

Persico 2021
Da Silvia Persico ci si attende molto nel ciclocross, le possibilità ci sono tutte
Persico 2021
Da Silvia Persico ci si attende molto nel ciclocross, le possibilità ci sono tutte

Squadra pro’ all’italiana…

Luca parlava di un’esperienza belga conclusa non positivamente, ma che ha comunque lasciato qualcosa, soprattutto in termini di idee. Il progetto Valcar non è solo un team di 4 ragazze, ma qualcosa che va al di là e che deve tendere alla costruzione di un team professionistico: «Io sono convinto che possiamo crearlo anche nella nostra realtà, ma alle nostre condizioni. Significa che non ci sono solo io e 4 ragazze, ma c’è una struttura dietro: due meccanici belgi deputati alle gare all’estero, due per le prove italiane che saranno impiegati anche di rinforzo nelle principali trasferte, un massaggiatore fisso, addirittura un bus parcheggiato in Belgio che ci servirà per le prove internazionali. Vogliamo fare le cose per bene e anche per questo abbiamo deciso di coinvolgere solo 4 ragazze per ora, per seguirle al 100%».

L’inizio della stagione è alle porte, Bramati ha già preparato la trasferta negli Usa per le prime prove di Coppa del mondo: «Andremo per raccogliere subito un po’ di punti, poi il resto della stagione sarà tutto da costruire. Parliamoci chiaro: il calendario così concepito è assurdo, con 17 prove di Coppa, gli altri circuiti internazionali, tantissime gare italiane, ci sono mille sovrapposizioni e dovremo fare delle scelte. E’ stata, quella dell’Uci, una scelta disastrosa perché non abbiamo ingaggi, seguire il calendario è molto dispendioso. Vedremo come andranno le prime prove e poi faremo i nostri conti».

Lechner 2021
Eva Lechner, dopo il 25° posto a Tokyo in Mtb, prepara il Mondiale in Val di Sole in programma sabato
Lechner 2021
Eva Lechner, dopo il 25° posto a Tokyo in Mtb, prepara il Mondiale in Val di Sole in programma sabato

Cannondale nel cross

Le ragazze svolgeranno comunque tutta la stagione ciclocrossistica per poi separarsi per i rispettivi destini, esattamente come faranno ora, ricongiungendosi per la trasferta americana: «Arzuffi e Persico hanno staccato un po’ per recuperare man hanno ancora degli impegni su strada, lo stesso dicasi per la Lechner, che dopo Tokyo ha mollato un po’ saltando gli Europei di Mtb, ora è qui in Val di Sole per i Mondiali con una condizione tutto sommato buona, vedremo che cosa potrà fare. Poi si comincerà a pensare al ciclocross».

Il percorso della Valcar è in divenire, in questi giorni dovrebbe arrivare l’abbigliamento, intanto Luca Bramati tiene a sottolineare un importante aspetto tecnico, lavorando di fatto per due team: «Con la Valcar utilizzemo bici Cannondale, la Trinx non è interessata al ciclocross quindi con essa andrò avanti per la Mtb. Anche questo conferma che si tratta di due realtà distinte». Messaggio ricevuto, ora la parola passa ai prati…

Cannondale SuperSix EVO Cx, fra cross e velocità

24.08.2021
4 min
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Il ciclocross tira e tira forte. E così Cannondale apre il gas e presenta la SuperSix EVO Cx, progettata proprio per offrire il massimo supporto ai corridori della specialità nelle più disparate situazioni di guida che il cross presenta loro. Il progetto non è per caso: è infatti la sintesi di quello che l’azienda americana ha imparato dai progetti SuperX ed EVO, raccogliendo e utilizzando il meglio delle tecnologie quanto a aerodinamica, guidabilità, versatilità e raggiungimento della velocità. Il cross infatti è una disciplina in continua evoluzione e grazie ad atleti sempre più forti come Van der Poel e Van Aert raggiunge ormai delle velocità piuttosto ragguardevoli.

Il colpo d’occhio e l’aerodinamica di una bici da strada, con le specifiche offroad
Il colpo d’occhio e l’aerodinamica di una bici da strada, con le specifiche offroad

Puro ciclocross

Gli amanti di Cannondale a questo punto hanno capito tutto, agli altri lo raccontiamo noi. Il colpo di genio è infatti quello di unire alle specifiche fuoristradistiche della Super X le qualità di velocità della EVO, una delle bici da strada più aerodinamiche.

Perciò parliamo di una bici da cross quando diciamo che lo spazio libero per ogni lato è di 13 millimetri montando gomme da 33 millimetri (si può salire fino a 45 per uso non agonistico): questo fa sì che si riduca l’accumulo di fango e sporco e una superiore facilità in frenata.

Pura aerodinamica

Parliamo invece di una bici aero citando il profilo dei tubi aerodinamici che su strada rendono la Super X EVO Cx veloce quasi quanto una bici da strada, con il dettaglio dei foderi corti che la rendono estremamente reattiva e l’avancorsa sufficientemente lungo da rendere la bici guidabile nello stretto e insieme stabile in velocità.

Identico alla EVO è il carbonio ad alto modulo con cui è costruito il telaio, per una bici che viene poi montata con lo Sram Force 1 a 11 velocità, freni a disco Sram Force1 e reggisella Hollowgram KNOT. Gomme di serie 700cx33, colore Purple Haze (che tradotto significa foschia viola).

Pronta per la Valcar?

Non stupisce che il brand americano abbia deciso di investire così forte sul ciclocross e una considerazione a margine scatta da sé guardando al ciclocross (femminile) di casa nostra. E’ ormai ben più che che una supposizione che la Valcar stia per lanciare una squadra di cross e dato che il team di Valentino Villa è da anni fedelissimo a Cannondale, perché non pensare che con questa bici possa correre il prossimo anno anche la campionessa italiana Alice Maria Arzuffi?

La bici è disponibile nelle misure 46, 51, 54, 56, 58 al prezzo di 4.199 euro.

cannondale.com

La Pauwels blinda Masciarelli con due anni di contratto

07.08.2021
5 min
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In Belgio sono riprese finalmente le corse e proprio in questo weekend si sta svolgendo la Aubel-Thimister-Stavelot, corsa nelle Ardenne ai piedi dello Stockeu che domani si concluderà con una piccola Liegi di 100 chilometri. In gruppo, con la maglia della Bert Containers-Pauwels Sauzen c’è Lorenzo Masciarelli, giovane promessa del ciclocross, che proprio nei giorni scorsi ha firmato un biennale con la Pauwels Sauzen continental, con un’opzione fino al 2025. E visto che abbiamo parlato di Alec Segaert, che con Lorenzo ha corso proprio a Stradella, abbiamo riacceso i riflettori su Masciarelli sentendo suo padre Simone, ex professionista, la cui storia vi abbiamo raccontato lo scorso anno.

In Belgio l’estate non è ancora arrivata, piove in continuazione e fa anche parecchio freddo. Simone va avanti con il suo lavoro in fabbrica e intanto con un occhio segue il giovane corridore di casa.

Da allievo all’arrivo in Belgio con Klaas Vantornout, El Iserbyt e Michael Vanthorenhout
Da allievo all’arrivo in Belgio con Klaas Vantornout, El Iserbyt e Michael Vanthorenhout
I belgi si sono affezionati, insomma…

Hanno insistito, ci tenevano a confermarlo per come è andato lo scorso inverno. Per De Clercq è un fatto personale, gli vuole bene. Il fatto che sia arrivato secondo in Coppa del mondo e abbia vinto l’unica gara dura internazionale che si è fatta in Belgio sono stati due passaggi decisivi. Ha dato parecchia visibilità al team. E poi lo hanno visto reggere bene in allenamento il passo di Iserbyt (campione europeo di ciclocross, ndr) e Vantourenhout, che vivono qui vicino. Così lo hanno riconfermato e gli hanno fatto un contrattino di due anni con opzione fino al 2025, in modo che per le prossime due stagioni proverà ad andare forte nel cross che per loro rimane centrale, ma da fine aprile ad agosto correrà su strada.

Di che squadra parliamo?

Di una continental, una bella squadra, con corridori come Iserbyt, Sweeck e Vanthourenhout. Vengono invitati in corse come il Giro del Belgio e il Giro di Vallonia e tante gare fra Belgio e Olanda. Ci sono corridori giovani come lui, ad esempio Ryan Kamp, ma non farà corse under 23. Lo buttano subito dentro con gli altri ragazzi che hanno qui nel loro vivaio. 

Ora sta correndo su strada, giusto?

Da fine maggio quando si è chiusa la scuola fino a qualche giorno fa era in Italia, perché qui non si correva. Ho preferito farlo scendere giù ed è riuscito a fare una quindicina di gare. Ha fatto parecchi piazzamenti, non ha vinto perché comunque da solo è difficile. E forse ho avuto un po’ di pressione…

Francesco Masciarelli, padre Simone, campionati italiani juniores Lecce 2020
Lorenzo con suo padre Simone prima del via dei campionati italiani juniores a Lecce 2020
Francesco Masciarelli, padre Simone, campionati italiani juniores Lecce 2020
Lorenzo con suo padre Simone prima del via dei campionati italiani juniores a Lecce 2020
Per cosa?

Forse voleva dimostrare qualcosa. All’inizio è stato chiamato da De Candido per fare dei test a Montichiari, poi abbiamo avuto parecchi problemi a livello di permessi per farlo correre. In federazione se la sono presa con calma e la richiesta in Belgio è arrivata tardi. Sono passati due mesi, praticamente ha saltato la prima parte e quando è arrivato voleva spaccare il mondo. Tatticamente è irruento, non è attendista. Ha fatto parecchi piazzamenti, qualche quarto posto…

Quali saranno i suoi tecnici?

Principalmente dei crossisti. Prima c’era Gianni Meersmans, che però è andato con Nys. Al suo posto alla Pauwels è arrivato Groenendaal, con Mario De Clercq che fa un po’ da coordinatore e gestisce la parte atletica, i materiali e i programmi. E’ un bel gruppo, Lorenzo farà la sua esperienza. E come tutti i ragazzi ha come riferimenti Van Aert e Van der Poel. Si dividono tra i due, perché anche Van der Poel praticamente è belga. Lui è nato e vive in Belgio, anche se ha il passaporto olandese. Perfino l’accento è di qua. E anche se a volte fa degli errori assurdi come quella passerella a Tokyo, resta un fenomeno. 

Si guadagna bene a questo livello?

Alla Pauwels gli hanno fatto una tabella premi. Poi se vai forte, nel cross ci sono gli ingaggi. Dall’Italia si erano fatte avanti alcune squadre. Fossimo stati ancora giù, lo avrei mandato volentieri con Balducci alla Mastromarco, perché Gabriele è amico e segue Lorenzo da parecchio. Il futuro comunque è abbastanza chiaro, Mario lo ha detto.

Azzurri ciclocross Liberazione 2021
Lorenzo ha corso anche il Gp Liberazione in maglia azzurra. Da sinistra Paletti, Masciarelli, Olivo, Agostinacchio, Siffredi e Carrer
Azzurri ciclocross Liberazione 2021
Al Gp Liberazione. Da sinistra: Paletti, Masciarelli, Olivo e Agostinacchio
Come sarà?

Ci prendiamo due anni per vedere se diventa un top rider nel cross, quelli che hanno ingaggi da sogno. Altrimenti ci dedichiamo alla strada. E intanto corre facendo esperienza. La squadra è composta da 10 corridori e di questi solo sette fanno strada, per cui le occasioni non mancheranno. Anche gare come il Giro del Belgio dove il prossimo anno, senza le Olimpiadi, arriveranno anche Van Aert e Van der Poel.

Va ancora forte su strada?

Secondo me va più forte su strada che nel cross, ma lo dico da genitore e non da tecnico. Dietro al Koppenberg c’è una salita di un paio di chilometri e l’altro giorno ha staccato Iserbyt, che pure usciva dal Tour de Wallonie. Una salita breve, su cui Ely doveva essere avvantaggiato, invece Lorenzo lo ha lasciato per strada. Qua tutti si chiedono come mai non abbia vinto, ma purtroppo non ha ancora avuto la squadra accanto e la testa giusta. Vuole spaccare il mondo, ma non sempre ci riesci. Comunque secondo me si trova nell’ambiente giusto, con la fortuna di stare in un team come la Pauwels e fare quello che gli piace. Meglio di così non poteva capitare.

Pontoni Colledani

Pontoni è già al lavoro: «Ho un bel progetto in mente…»

28.06.2021
4 min
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Toccherà al due volte campione del mondo Daniele Pontoni assumersi la responsabilità del ciclocross nazionale, attraverso tre anni che nella sua testa ha già disegnato come fosse un circuito di gara, dove spingere e dove rallentare, dove tirare e dove forzare la mano. C’è un progetto alla base di tutto ed è su questo che andrà avanti nel suo cammino, per dare nuovo impulso al settore.

Quando gli è arrivata la proposta, Daniele si è emozionato, ma poi ha dovuto pensare a che cosa questo comportava, soprattutto agli incarichi da lasciare in funzione del nuovo, a cominciare dal suo team, DP66, colonna dell’attività ciclocrossistica italiana, una creatura che lascia in buone mani: «Se non avessi saputo che persone fidate avrebbero preso in mano la squadra, dal presidente Michele Casasola ad Achille Santin, avrei avuto qualche remora, invece so che il team continuerà a crescere e rimarremo in contatto».

Bryan Olivo, Daniele Pontoni, 2018
Pontoni insieme a Bryan Olivo, uno dei tanti talenti usciti dal suo team e che punta alla multidisciplina
Bryan Olivo, Daniele Pontoni, 2018
Bryan Olivo, uno dei tanti talenti usciti dal suo team e che punta alla multidisciplina
La tua regione, il Friuli Venezia Giulia, è un riferimento assoluto nel mondo dell’offroad…

Ci sono molti team di valore il che significa molti atleti, ma il mio sguardo non è più legato solo al Friuli, io voglio essere il cittì di tutti, avere una visione d’insieme sulla base di un programma condiviso, che porterò avanti con il mio staff.

Che situazione trovi all’atto dell’insediamento?

I numeri sono sotto gli occhi di tutti, abbiamo un’autentica esplosione di attività giovanile che andrà gestita con attenzione, ma credo che i numeri cresceranno ancora. Parlo da genitore: portare un ragazzino a fare ciclocross come Bmx, Mtb, pista è molto più sicuro che farlo pedalare su strada e questo concetto deve essere una stella polare per noi. Certo, le cadute ci sono sempre e quindi i pericoli, ma l’attrattiva è enorme e la maggiore sicurezza è una garanzia.

Daniele Pontoni, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Nel curriculum di Pontoni ci sono due titoli mondiali, 10 italiani, una Coppa del Mondo e un Superprestige
Daniele Pontoni, Jesolo, Giro d'Italia Ciclocross 2020
Nel curriculum di Pontoni ci sono due titoli mondiali, 10 italiani, una Coppa del Mondo e un Superprestige
E dal punto di vista tecnico?

E’ chiaro che non abbiamo i Van Der Poel o i Van Aert, ma quelli sono extraterrestri. Noi abbiamo ragazzi che possono farsi valere, ma anzi dico di più: il Covid ci ha penalizzato, agli ultimi mondiali avremmo avuto una nazionale junior in grado di stupire tutti, quei ragazzi sono stati privati di una grande opportunità, ma so che nell’arco di 2-3 anni, con un’oculata programmazione condivisa con i club, si riprenderanno tutto con gli interessi.

Non possiamo nasconderci però che ti accingi a un compito difficile com’è sempre stato nel ciclocross, dove a differenza dell’estero da noi manca una cultura che consenta di unirlo all’attività su strada. Pensi che anche tu ti troverai a combattere contro i mulini a vento?

No, non voglio crederci, non voglio che questo incarico nasca sotto gli auspici di una battaglia. Dobbiamo avere una visione d’insieme, guardando non al ciclocross in quanto tale ma a un discorso che riguardi tutto il fuoristrada e che non veda l’ambiente della strada come un nemico. Bisogna capire che se un atleta emerge se ne avvantaggia lui stesso ma anche la squadra, nel ciclocross come su strada.

Pontoni Mondiali 1992
Pontoni in gara ai Mondiali di ciclocross 1992 a Leeds (GBR), vinti davanti agli elvetici Runkel e Frischknecht
Pontoni Mondiali 1992
Pontoni in gara ai Mondiali di ciclocross 1992 a Leeds (GBR), vinti davanti agli elvetici Runkel e Frischknecht
Non pensi di trovarti di fronte una cultura ancora un po’ legata a vecchi schemi?

La cultura sta cambiando perché stanno cambiando le persone: ci sono nuovi diesse e preparatori, nuove idee si stanno affermando. Noi dobbiamo sapere che i cambiamenti non si fanno certo in due giorni, ma tre anni è un periodo sufficiente per raggiungere quegli obiettivi strutturali che mi prefiggo. 

Con Fausto Scotti c’è già stato un passaggio di consegne?

No, semplicemente perché con Fausto resteremo in stretto contatto. Ha lavorato molto bene in questi anni e i risultati si vedono, bisogna andare avanti su quella strada. E’ chiaro che devo capire come funziona la macchina, è come quando entri in un nuovo posto di lavoro e prima bisogna prenderci la mano e capire i meccanismi, poi sarà tutto più semplice

Con che spirito inizi quest’avventura?

Appena l’ho saputo ho sentito salire l’adrenalina come se fossi stato in gara: so che non sarà facile, che andrò incontro a lodi e critiche, ma fa parte del gioco. Io sono pronto, mettiamoci al lavoro…