Si avvicina la settimana più importante per il ciclocross italiano, con la chiusura del Giro d’Italia il 6 gennaio a Sant’Elpidio e i tricolori del weekend successivo a Lecce, ma nell’ambiente ancora si parla della gara di San Fior, vinta da Dorigoni lo scorso 30 dicembre, e soprattutto della nuova uscita di Fabio Aru. Questa esperienza sui prati sta restituendogli il piacere di pedalare e questa è già una bellissima notizia, tanto che il sardo pensa di gareggiare anche alla rassegna tricolore pugliese, dopo l’inatteso debutto di Ancona. Tecnicamente però, queste sue prime uscite che cosa dicono?
Un’opinione di peso può averla chi gli ha “pedalato contro”, chi ha condiviso con il neoacquisto della Qhubeka-Assos fango e sudore. In primis Jakob Dorigoni, che la gara trevigiana appunto l’ha vinta.
Il campione tricolore non si tira indietro. Appena terminato il quotidiano allenamento, esprime il suo parere sottolineando un punto a suo dire importante.
«Prima ancora che dal punto di vista tecnico – dice Dorigoni – la cosa che mi ha più colpito era la sua espressione. L’ho visto rilassato ma felice, come se avesse ritrovato il calore di una famiglia. Il ciclocross è così, ci dividono le squadre, ma per il resto siamo un gruppo unico e ora Aru ne fa parte. Si vede che il ciclocross per lui non è una cosa nuova, è chiaro però che 8 anni di lontananza si fanno sentire. Gli può mancare un po’ di pratica, come se fosse necessario levare la ruggine da certi meccanismi, ma è solo questione di tempo».
Hai avuto possibilità di vederlo all’opera, pur essendo tu davanti a tutti?
Certamente, mi sembra che migliori gara dopo gara. Non va dimenticato che, quando gareggiava negli anni giovanili, era anche molto bravo e non puoi certo dimenticare come si va in bicicletta… Sono convinto che gli servano solo tranquillità e tempo per ritrovare se stesso, anche nel ciclocross.
Fisicamente come lo hai visto?
Magro come sempre, nella parte superiore del corpo estremamente tirato e anche con qualche filo di muscolo in evidenza. Le gambe sono asciutte come quelle di chi ha già messo chilometri in cascina. Certamente c’è ancora molto da lavorare, ma la strada è quella giusta, almeno secondo me.
Fa bene a mettere i campionati Italiani nel mirino?
Fa benissimo, deve continuare a gareggiare, perché ogni occasione lo farà andare più forte, fa parte della crescita. Nel suo caso il risultato finale non sarà fondamentale, esserci invece sì.
Parliamo di Dorigoni: a che punto sei?
Mi sembra di star bene, di essere in crescita esattamente nella maniera che volevo, piano piano per essere al top quando servirà, a fine gennaio per i mondiali. So che è iniziato un mese importante e non sto lasciando nulla al caso.
Guardando le gare internazionali del periodo delle feste, ti è mancato avere l’occasione di qualche confronto diretto?
Sinceramente sì, mi avrebbe dato quel qualcosa in più, soprattutto come percezione del mio livello, mi avrebbe dato quel pizzico in più per arrivare al 100 per cento. Credo ormai che non ci sarà più occasione, conviene continuare sulla strada intrapresa, considerando anche le difficoltà negli spostamenti, e concentrare tutto sulla gara iridata.
Proviamo a esprimere un sogno: che tipo di clima e di percorso vorresti ai mondiali?
Fango o terreno secco non importa, ho solo un desiderio: che non sia freddo…