Cross del Nord e percorsi italiani: modelli prestativi differenti?

03.12.2023
5 min
Salva

I fettucciati italiani e i percorsi del cross in Belgio: una differenza abissale. Senza entrare nel merito di queste differenze e del problema tecnico che ne deriva, ci siamo interrogati sui modelli prestativi che nascono da tracciati tanto differenti. 

In un percorso come quello di Follonica, per fare un esempio, un crossista sta al massimo per 15”-20” consecutivi, cioè tra una curva e l’altra. A Niel, in Belgio, abbiamo visto tratti pedalati che superavano il minuto. Va da sé che s’innesca un processo metabolico differente. E’ come dire: «Faccio atletica», ma un conto è fare i 110 ostacoli e un conto i 400 metri piani.

Fabrizio Tacchino è uno dei coach del centro studi della Federciclismo e della Fitri
Fabrizio Tacchino è uno dei coach del centro studi della Federciclismo e della Fitri

Motori in ballo

In questo quadro, come abitudine di bici.PRO, abbiamo coinvolto un esperto, il preparatore Fabrizio Tacchino, formatore dei diesse italiani della Fci e della Federazione di Triathlon, ma anche preparatore di giovani crossisti.

«In Belgio – spiega Tacchino – la tradizione è diversa e alcuni circuiti sono storici e identificativi, quasi come quelli della Formula 1. E magari un percorso è più adatto ad un certo tipo di atleta e meno ad un altro. 

«In più quelli sono circuiti pensati principalmente per gli elite, mentre da noi sono realizzati anche per attirare più gente. E così sullo stesso tracciato devono correre dai G6 agli elite».

Riguardo ai modelli prestatitivi entrano in ballo i motori degli atleti. Sui percorsi più aperti e anche più larghi del Nord, chi ha una grossa cilindrata in qualche modo riesce ad emergere, al netto della tecnica chiaramente. E parliamo di cilindrate così grandi che nel cross italiano, in questo momento non ci sono. 

Tacchino parla di un motore alla Ganna, per fare un esempio. «In tempi recenti c’è stato Trentin che ha provato a fare un po’ di cross. Adesso abbiamo Colnaghi, che ci sta provando. Ma lui lo fa soprattutto per una questione di allenamento, non è dunque uno specialista. Nel cross si lavora sulle alte intensità, molto utili per quando ricomincia la stagione su strada».

Il percorso di Follonica, tappa del Giro d’Italia ciclocross: la differenza visiva è netta rispetto ad un cross del Nord
Il percorso di Follonica, tappa del Giro d’Italia ciclocross: la differenza visiva è netta rispetto ad un cross del Nord

Fibre rosse, fibre bianche

Dicevamo all’inizio dei modelli prestativi. Un conto è spingere per 15” un conto per un minuto, il tutto su uno sforzo costante che è l’ora di gara. Se analizzassimo il file di un ciclocrossita in un percorso italiano e in uno del Nord, di certo vedremo tanti più picchi in quello italiano. Frutto di tante ripartenze e frenate, in corrispondenza di curve, molto spesso a gomito, e rilanci.

«Specie nei tracciati italiani – riprende Tacchino – ci sono azioni corte di 20”-30” che anche se potenti non sono massimali: la maggior parte arriva a picchi di 600-700 watt. Se si pensa alla potenza e alla cadenza che sviluppa un velocista durante uno sprint, sono dati piuttosto normali».

«Quel che serve è anche l’esplosività. Questa si nota soprattutto nelle categorie giovanili: vedi subito se un corridore è scalatore o meno. Certi sforzi per lui sono poco adatti o meglio gli riescono meno naturali, in quanto ha fibre muscolari più resistenti, ma meno rapide. E il discorso è molto chiaro se si ragiona in modo inverso, cioè immaginare i crossisti puri su strada».

E in effetti i crossisti puri, anche i migliori del Belgio, su strada non emergono. Le loro fibre saranno esplosive, ma non rendono altrettanto dopo molte ore. Mentre il contrario può avvenire. Il pensiero va immediatamente a Van der Poel e Van Aert.  

Van Aert e Van Der Poel (entrambi in foto) ma anche Pidcock sono tra i pochissimi che emergono sia su strada che nel cross
Van Aert e Van Der Poel (entrambi in foto) ma anche Pidcock sono tra i pochissimi che emergono sia su strada che nel cross

Questione metabolica

Tra lo spingere un minuto di seguito e una manciata di secondi, varia anche il consumo degli zuccheri.

«Ci sono studi interessanti – dice Tacchino – sull’immagazzinamento dei carboidrati riguardo agli sforzi intensi. Ci si è accorti che anche negli sforzi brevi e intensi c’è bisogno di tanti carbo. E infatti si stanno sviluppando integratori che forniscono maggiore energia ai muscoli. Prima c’erano le caramelle gommose, che davano zucchero senza creare problemi intestinali, adesso i prodotti sono più complessi».

Noi stessi abbiamo visto dedicare parecchia attenzione alla fase di carico dei carbo nel pre gara e anche nel post gara, specie se il giorno dopo c’è un secondo un cross. La questione dei carbo è centrale anche in questa disciplina. Anzi, forse per certi aspetti lo è anche di più, vista la durata dell’evento e le intensità. In un’ora si brucia solo la benzina migliore, cioè quella dei carboidrati appunto.

Il percorso di Niel prevedeva lunghi tratti pedalati
Il percorso di Niel prevedeva lunghi tratti pedalati

Il focus sui dati

C’è infine la questione della preparazione vera e propria. Preparare un cross italiano e uno belga comporta delle differenze. Il coach fa lavorare di più su ripetute di 15” in Italia e più lunghe all’estero? La questione non è semplice, né univoca. Il concetto di base è “un’ora a tutta”.

«Non si fa un allenamento del tutto specifico per questo o per quel cross – conclude Tacchino – ma è chiaro che si vanno a vedere le caratteristiche del circuito. Lo facciamo anche nel triathlon. Nel cross più che sui battiti, la cui risposta è un po’ ritardata, si usano molto i watt».

«Oggi in parecchi iniziano ad avere il potenziometro anche nel ciclocross. E analizzando il file della gara, emergono dati interessanti, specie nei primi 5′-6′, quando si produce tanto lattato e ancora non lo si smaltisce. Lì si decide molto della gara. Poi ognuno prende il suo ritmo e ogni atleta basa la sua competizione, anche a livello tattico».

Passata la “buriana” del via, anche metabolicamente i valori tendono ad appiattirsi. Magari c’è qualcuno che nelle posizioni di vertice, è motivato a tenere duro. Ma per il resto si viaggia “regolari”, termine da prendere con le pinze in una gara di cross.

«Spesso i tecnici a bordo circuito analizzano anche le frazioni del giro, per capire dove e perché quell’atleta perde in quel punto. Perde perché ha lacune tecniche? Perché non ha gambe? Perché non è abbastanza forte nei rilanci?».