PIACENZA – La Human Powered Health sta diventando sempre più ad immagine e somiglianza di Giorgia Bronzini. L’ingaggio di Carlotta Cipressi, una delle cinque nuove arrivate nella formazione statunitense che ha rinfoltito la pattuglia italiana, è stato fortemente voluto proprio dalla diesse piacentina.
Solodiciotto giorni di corsa con la UAE Development Team (di cui alcuni con la prima squadra)ed altri sei con la nazionale U23 tra Avenir Femmes ed europeo. Il 2024 per Cipressi è iniziato tardi per forza di cose come ci aveva raccontato lei a fine giugno, ma tanto è bastato per attirare l’attenzione di Bronzini. Abbiamo quindi cercato di capire con lei quali progetti abbia per la 21enne di Forlì, che è salita nel WorldTour con un contratto biennale.
Cipressi ha firmato un biennale alla Human e sarà la quinta italiana del team dopo Borghesi, Malcotti, Ragusa e ZanardiCipressi ha firmato un biennale alla Human e sarà la quinta italiana del team dopo Borghesi, Malcotti, Ragusa e Zanardi
Nel mirino
Lo scouting sul campo è particolarmente redditizio nel ciclismo. Dal vivo si possono vedere sempre tante sfumature che appaiono invisibili invece attraverso uno schermo di un computer dove si leggono solo risultati. Bronzini aveva messo nel mirino Cipressi, però doveva completare il suo resoconto.
«Era tanto tempo che seguivo Carlotta – racconta Giorgia – come possibile nostro nuovo innesto per il 2025. L’ho tenuta sotto osservazione durante il Thuringen Tour che abbiamo vinto con Ruth Edwards. Ho chiesto qualche parere a Karlijn (Swinkels, la sua compagna, ndr) che era in squadra con lei e mi ha aperto un po’ di più gli occhi su Carlotta. Karlijn era andata molto bene in quella corsa e mi aveva detto che le era stata molto di aiuto. In pratica aveva confermato l’impressione che avevo già».
Bronzini seguiva da tempo Cipressi. L’ha vista all’opera al Thuringen Tour, dove ha lavorato molto per SwinkelsBronzini seguiva da tempo Cipressi. L’ha vista all’opera al Thuringen Tour, dove ha lavorato molto per Swinkels
«A fine Thuringen – prosegue Bronzini – ho fatto una chiacchierata al telefono con Carlotta, chiedendole di mandarmi qualche suo dato per capire qualcosa in più. Ho parlato anche con Luca Zenti, suo allenatore in UAE, e ho passato tutte queste informazioni al nostro responsabile delle performance. Il nostro staff si è sentito con Carlotta che ha risposto molto bene a tutte le domande. E’ piaciuta tantissimo anche come persona al nostro team. Quando ho avuto il via libera, abbiamo definito tutto».
D’altronde quando ti chiamano dal WorldTour non puoi dire di no, anche se Cipressi è rimasta stupita, forse senza parole. «Quando ci siamo sentite la prima ed unica cosa che mi ha detto è stato “grazie” (dice Bronzini sorridendo, ndr). Battute a parte, Carlotta non si aspettava la mia chiamata, ma probabilmente aveva capito che non era passato inosservato ciò che aveva fatto. Ci ha ringraziato per questa apertura alla trattativa perché adesso se non sei la ragazza giovane vincente, tipo la Cat Ferguson del momento, è difficile che ti guardino o ti prendano in considerazione».
Bronzini vorrebbe portare in forma Cipressi a metà stagione e farle correre uno dei tre Grandi Giri (foto Oskar Scarsbrook) Bronzini vorrebbe portare in forma Cipressi a metà stagione e farle correre uno dei tre Grandi Giri (foto Oskar Scarsbrook)
Caratteristiche da definire
Una delle doti più evidenti di Cipressi è sempre stata la sua predisposizione alla cronometro fin dalle categorie giovanili. Altre invece sono ancora in via di definizione e Bronzini sa che può lavorare bene su una ragazza che gradisce a sua volta lavorare sodo per crescere.
«Sono molto contenta del suo arrivo – continua la tecnica della Human – perché Carlotta può esprimersi molto bene. Non è ancora categorizzata su che tipo di corridore sarà, ma è talmente giovane che può prendere qualsiasi strada. Cercheremo di far risaltare le sue doti e le sue qualità. Vorrei farle fare uno dei tre Grandi Giri a tappe. Se così non fosse, allora le farei disputare delle corse a tappe più corte tipo Itzulia, Burgos o Catalunya o altre simili. Sicuramente la vorrò vedere nella parte centrale della stagione. Proprio perché è ancora molto giovane,ho i miei dubbi nel farla partire forte. Altrettanto per farla finire forte considerando che le stagioni sono sempre molto lunghe. Preferirei vederla in forma tra giugno e agosto. In ogni caso vedremo a breve il suo calendario agonistico».
Per problemi fisici nel 2024 Cipressi ha totalizzato solo 18 giorni di gara con la UAE tra devo team e prima squadraPer problemi fisici nel 2024 Cipressi ha totalizzato solo 18 giorni di gara con la UAE tra devo team e prima squadra
Riscontri e nuove scommesse
Quando correva, Bronzini vedeva da dentro come si muovevano certi corridori. E capitava talvolta che quando i suoi dirigenti le dicessero di voler prendere una determinata atleta, lei storcesse il naso oppure confermasse il buon acquisto. Ora che è direttrice sportiva chiede riscontri direttamente alle ragazze in corsa.
«Personalmente – spiega – ho bisogno di trarre spunti di approfondimento o di interesse. Li ho sempre reputati fondamentali, perché io posso vedere o non vedere certi particolari. Se vedo una che si stacca non posso sapere cos’ha fatto davanti se non ho poi il video della gara intera. Ad esempio con Kathrin Schweinberger, che abbiamo preso dalla Ceratizit, è andata così in Cina, in una delle ultime gare del 2024».
La crono è la specialità preferita da Cipressi. Con la Human può crescere ulteriormenteLa crono è la specialità preferita da Cipressi. Con la Human può crescere ulteriormente
«A metà corsa – conclude Bronzini – Zanardi era rimasta attardata assieme a lei. Via radio le ho detto di prendere la sua scia per rientrare perché avevo visto Kathrin che stava tirando forte. Quando sono tornate in gruppo, Silvia con un filo di voce via radio mi dice di aver fatto almeno un minuto a wattaggi impressionanti e di aver faticato tantissimo per starle a ruota. Quando ho avuto i valori di Schweinberger su Training Peaks, ho capito che Silvia aveva ragione e che aveva avuto un buon colpo d’occhio nel riportarmelo. Per dire una volta di più quanto siano importanti i riscontri diretti delle ragazze in corsa. E comunque ve lo anticipo, Schweinberger è una passista veloce molto interessante che può fare grandi cose e sulla quale scommetto tanto assieme alla stessa Cipressi».
Sul 2022 che sta per andare in archivio Katia Ragusa vuole tirarci sopra una bella riga ed impostare la prossima stagione con rinnovati propositi senza alcuna particolare aspettativa. La 25enne […]
PIACENZA – Si va di corsa anche in off-season in una selva di incastri segnati in agenda. Allenamenti in bici, sedute in palestra, appuntamenti personali, nuova programmazione e, se siete a Piacenza e vi chiamate Giorgia Bronzini e Silvia Zanardi, pure passaggi televisivi.
I primi training camp in Spagna si avvicinano e bisogna quindi ottimizzare i tempi per ogni cosa. Per Bronzini e Zanardi vincere l’imbarazzo di andare davanti alle telecamere – in questo caso di Zona Sport, la principale trasmissione sportiva della tv locale (foto in apertura) – è stato quasi più impegnativo che vincere una volata di trecento metri. Anche questo aspetto però fa parte del ruolo che ricoprono, specialmente in questo periodo dell’anno, e alla fine entrambe riescono sempre a trovarsi a proprio agio. Così noi, appena uscite dall’inquadratura, ne abbiamo approfittato per chiedere cosa hanno imparato l’una dall’altra dopo la loro prima stagione di lavoro assieme alla Human Powered Health.
Per il 2025 Bronzini ha previsto il debutto di Zanardi in Australia al Tour Down UnderPer il 2025 Bronzini ha previsto il debutto di Zanardi in Australia al Tour Down Under
Giorgia e la svolta di Silvia
Il caffè del primo pomeriggio è il carburante ideale per iniziare la restante parte della giornata. Bronzini e Zanardi sono pronte alle domande incrociate. La diesse entra subito nella parte e preferisce rispondere lontana dalla sua atleta per non condizionarne le successive parole. Si pungolano a vicenda ridendo, la scenetta è divertente. Si nota che il loro rapporto si è ulteriormente rafforzato.
«Da Silvia ho capito che puoi sempre migliorare – spiega Giorgia – in qualunque punto ti trovi. Ha dimostrato di avere una caparbietà importante. Quando a metà stagione abbiamo visto che le cose non andavano come dovevano andare, onestamente ero preoccupata. Silvia però non ha mai smesso di credere di trovare il modo di fare il salto in avanti.
«A quel punto – prosegue Bronzini – le ho proposto di coinvolgere Enrico Campolunghi, il mio storico preparatore atletico (che in questi giorni è entrato nello staff della Human per il 2025, ndr), per farle rispolverare quelle doti naturali che nessuno ti toglie, ma che possono offuscarsi. Avevo paura più per una questione mentale che fisica perché è più difficile riprendersi quando tocchi il fondo. Invece Silvia è stata molto forte. Ha insegnato a me e in generale che anche nei momenti più scuri c’è sempre uno spiraglio di luce che ti può fare riprendere la strada giusta».
Bronzini è certa che Zanardi inizierà bene il 2025 così come ha finito in crescendo questa annataZanardi ha chiuso la stagione in Cina con un podio (qui dietro De Zoete e Neumanova) e altre quattro top 10Bronzini è certa che Zanardi inizierà bene il 2025 così come ha finito in crescendo questa annataZanardi ha chiuso la stagione in Cina con un podio (qui dietro De Zoete e Neumanova) e altre quattro top 10
Bicchiere mezzo pieno
Dodici mesi fa l’ingaggio di Zanardi alla Human era stato visto da Bronzini come la sua classica sfida da vincere nel rilanciare o far svoltare un’atleta. Aspettative superate ed ora nuovi obiettivi.
«Tenendo conto da dove l’avevo presa come condizione psicofisica generale – conclude la diesse piacentina ex iridata su pista e strada – pensavo che Silvia potesse fare la sua prima stagione nel WorldTour nella media. Magari quando Daria Pikulik non era in corsa, lei poteva fare la sua volata con risultati medi. Ora, col senno di poi, posso dire che forse è stato meglio così. Per la stagione alle porte, vedo una Zanardi che parte già da un buon livello. Se avesse fatto una stagione mediocre, sarebbe ripartita probabilmente in modo mediocre, invece ha chiuso bene, in crescendo, e quindi riparte col piede già giusto. Ha tutte le carte in regola per fare un bel 2025».
Zanardi e Bronzini negli studi di Telelibertà si sono trovate a loro agio col conduttore TassiZanardi e Bronzini negli studi di Telelibertà si sono trovate a loro agio col conduttore Tassi
Concentrazione e serenità
Zanardi e Bronzini si conoscono praticamente da sempre e in questa stagione si sono ritrovate nello stesso team. Tante caratteristiche tecniche le hanno sempre accomunate, facendo di Silvia l’erede naturale di Giorgia, non solo per aver iniziato le proprie carriere nella stessa storica società cittadina (la Franco Zeppi Pavimenti). Tuttavia alcune differenze ci sono.
«Dall’esperienza di Giorgia – racconta la ventiquattrenne, già campionessa europea U23 – ho imparato ad avere più calma in ambito tecnico. Mi ha aiutato molto anche nel trovare il momento giusto per partire quando si fa una volata. Sul piano umano mi ha insegnato ad essere più determinata e concentrata su tutto quello che faccio. Il nostro lavoro non è solo andare in bici, ma ci coinvolge a 360 gradi, ventiquattro ore su ventiquattro. C’è anche tutto il resto, i dettagli, che possono sembrare così semplici e scontati ed invece non lo sono. Essere tranquilli e sereni mentalmente fa la differenza. A Fourmies, quando ho vinto, è perché ero tranquilla e serena. Avevo ritrovato me stessa, anche negli allenamenti».
Svolta. Zanardi a metà stagione si è affidata a Enrico Campolunghi, che per il 2025 è diventato il preparatore della HumanSvolta. Zanardi a metà stagione si è affidata a Enrico Campolunghi, che per il 2025 è diventato il preparatore della Human
Si riparte dall’Australia
«Quest’anno – prosegue Zanardi mentre si avvia per andare in palestra – ho mollato un po’ la pista, dedicandomi più alla strada e alla mia nuova squadra. Giorgia ed io siamo simili per le doti veloci, però siamo diverse in alcune peculiarità. Non sono così esplosiva e velocista come era lei. Forse tengo un po’ di più sulle salite corte con arrivi allo sprint in gruppetti ristretti».
Assieme non si sono ancora date un obiettivo per il 2025 e potrebbero farlo dopo il primo raduno, ma Zanardi ci tiene a ripartire con lo stesso spirito con cui ho chiuso quest’anno. «Ora sto seguendo – chiude – una preparazione invernale più mirata. Giorgia, in accordo con lo staff della Human, ha deciso di farmi iniziare la prossima stagione presto, dall’Australia, tra Tour Down Under e le altre gare di quei giorni. Voglio dimostrare a loro che sono la ragazza che hanno visto a fine stagione».
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Barbara Malcotti vuole riscattare un 2022 sottotono. Ha lavorato tanto ed è pronta per correre. E vuole tornare al Tour dove brucia ancora la squalifica
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Quest’anno tra le juniores del team danese Rytger-Carl Ras, la ligure Beatrice Temperoni ha vissuto la particolare unicità di correre per una formazione estera proprio come il suo coetaneo e conterraneo Lorenzo Mark Finn.
Il 2024 ha rappresentato un’esperienza tecnica e di vita che ha fatto crescere la 18enne di Sanremo (in apertura foto Ossola), malgrado una serie di intoppi fisici che ne hanno minato la stabilità morale, oltre al cammino agonistico. A fine stagione ha dovuto prendere una decisione non scontata, tuttavia lasciando aperta una porta per il futuro.
Beatrice Temperoni ha corso nel team danese Rytger-Carl Ras, ma ha deciso di prendersi un anno sabbatico nel 2025Beatrice Temperoni ha corso nel team danese Rytger-Carl Ras, ma ha deciso di prendersi un anno sabbatico nel 2025
Dal Poggio alla Danimarca
Quello di Temperoni è un passato importante nelle categorie precedenti. Il suo crescendo di risultati è stato forgiato nella multidisciplinarietà. Nel 2019 da esordiente di primo anno ha vinto il tricolore nel ciclocross, nel cross-country e su strada. Tre anni più tardi da allieva ha raccolto il bronzo agli EYOF (il Festival olimpico estivo della gioventù europea) dietro la britannica Cat Ferguson e la spagnola Paula Ostiz, ovvero prima e seconda ai mondiali juniores di Zurigo e appena passate entrambe alla Movistar. Perché il ciclismo a Beatrice è passato letteralmente dentro casa ancora prima di scorrerle nelle vene.
«Avete presente la fine della discesa del Poggio – racconta – dove la strada si immette nuovamente sull’Aurelia prima del traguardo? Ecco, dove c’è il primo cancello che si vede io abito lì. Il ciclismo quindi per me è qualcosa di forte e andare alla Rytger è stata una bella opportunità, anche se non l’ho colta subito. Infatti il diesse Morten Ravnkilde mi aveva contattata proprio dopo gli EYOF, ma essendo al primo anno da juniores ero timorosa di fare quel passo. Lui e la squadra mi hanno capito e si sono rifatti avanti a maggio del 2023. Nel frattempo avevo maturato più esperienza e convinzione, così ho accettato di buon grado, mossa da tante motivazioni».
EYOF 2022. Da allieva Temperoni conquista il bronzo in Slovacchia nella prova in linea dietro Cat Ferguson e Paula OstizBeatrice trionfa in solitaria al campionato italiano esordienti su strada a Chianciano (foto Ghilardi)Tris 2019. Temperoni (tra Siri e Giordani) veste la sua terza maglia tricolore, dopo quelle di ciclocross e Mtb (foto Ghilardi)EYOF 2022. Da allieva Temperoni conquista il bronzo il Slovacchia nella prova in linea dietro Cat Ferguson e Paula OstizBeatrice trionfa in solitaria al campionato italiano esordienti su strada a Chianciano (foto Ghilardi)Tris 2019. Temperoni (tra Siri e Giordani) veste la sua terza maglia tricolore, dopo quelle di ciclocross e Mtb (foto Ghilardi)
Vita mediterranea e nordica
La scelta di Temperoni comprendeva tanti aspetti organizzativi e logistici. Far conciliare gli impegni scolastici al Liceo Scientifico Sportivo di Taggia con quelli ciclistici tra allenamenti e gare.
«A scuola – prosegue Beatrice – alcuni insegnanti erano contenti per questo cambio di vita. Ad esempio la professoressa d’inglese era felice perché certamente avrei migliorato la lingua. Altri insegnanti invece non capivano che il mio era come un lavoro. D’altronde le formazioni juniores sono molto professionali in tutto, lo sapete bene. Insomma, qualcuno mi veniva incontro per programmare verifiche ed interrogazioni, qualcun altro no. Io però ho sempre fatto tutto per restare al pari, studiando durante i ritiri o dopo le gare».
Nella formazione danese c’era la campionessa norvegese Kamilla Aasebo, talento che correrà nella Uno-X (foto Rytger)Nella formazione danese c’era la campionessa norvegese Kamilla Aasebo, talento che correrà nella Uno-X (foto Rytger)
Parallelamente Temperoni si confrontava col suo preparatore Alessio Mattiussi, mentre proseguiva l’inserimento nel Team Rytger.
«Alessio mi mandava le tabelle attraverso Training Peaks e i miei diesse mi tenevano monitorata, decidendo a quale gara mandarmi. Prima però ci sono stati i ritiri della squadra, utili per ambientarsi con le compagne e adattarsi alle abitudini danesi. I primi tre ritiri li abbiamo fatti nella zona di Copenaghen. Uno per conoscersi, prendere misure di bici e abbigliamento. Il secondo e il terzo sono stati improntati sul team building. Uscite in bici a giochi di squadra simili a caccia al tesoro. Lassù ho sofferto tantissimo il clima rigido considerando che sono abituata al caldo e che quando da me c’è freddo ci sono almeno 15 gradi. Infine a marzo siamo stati a Gran Canaria con un meteo ottimo per allenarsi in vista delle prime gare».
Alla Bizkaikoloreak nei Paesi Baschi, Temperoni è stata supportata da una buona condizione (foto Luis Iturrioz Bilbao)Alla Bizkaikoloreak nei Paesi Baschi, Temperoni è stata supportata da una buona condizione (foto Luis Iturrioz Bilbao)
Crescita personale
Viaggiare apre la mente, specie quando hai 18 anni e lo stai facendo per lavoro. Temperoni accumula competenze e conoscenze.
«Sono cresciuta veramente tanto – spiega ancora Beatrice – perché dovevo interfacciarmi con tanta gente. Mi sono trovata spiazzata per i loro gusti alimentari perché mischiano tutto e mai come in quei momenti rimpiangevo la cucina italiana (dice sorridendo, ndr). Poi ho imparato ad organizzarmi per gli spostamenti. Ho preso molti aerei da sola per raggiungere la squadra per alcune corse. Come per andare nei Paesi Baschi che difficilmente ci sarei andata per conto mio o se fossi stata in Italia. E’ stato un assaggio di professionismo e personalmente consiglio a tutti i ragazzi di accettare le eventuali proposte che arrivano da team stranieri. Sia da juniores che da U23, è una esperienza formativa».
Grazie al team danese Beatrice ha potuto fare nuove esperienze di vita e agonistiche (foto Rytger)Il ritiro di Gran Canaria è stato l’ultimo step di avvicinamento alle gare (foto Team Rytger)Grazie al team danese Beatrice ha potuto fare nuove esperienze di vita e agonistiche (foto Rytger)Il ritiro di Gran Canaria è stato l’ultimo step di avvicinamento alle gare (foto Team Rytger)
Anno sabbatico
Il 2024 però riserva a Beatrice sfumature inaspettate e momenti difficili che fanno da contraltare a buone prestazioni. A fine stagione, con la possibilità di passare elite, c’è un’altra scelta da prendere.
«Ero partita motivata – va avanti – ma il primo aprile sono caduta in gara rompendomi clavicola e qualche costola. Di quel giorno ho ricordi confusi perché avevo battuto anche la testa. E’ stata la mia prima caduta su strada e ho battezzato l’asfalto alla grande. Sono rimasta fuori dalle corse per due mesi, perdendo la possibilità di correre il Tour du Gévaudan Occitanie con la nazionale che mi aveva già convocata. Appena rientrata ho preso la febbre. Ho trovato una buona condizione tra fine giugno e luglio, dove ho conquistato qualche buon piazzamento. Ad agosto però ho avuto altri nuovi problemi personali e da lì ho perso gli stimoli.
Nei ritiri danesi, Temperoni ha conosciuto meglio le loro abitudini e… il freddo (foto Rytger)Nei ritiri danesi, Temperoni ha conosciuto meglio le loro abitudini e… il freddo (foto Rytger)
«Il mese scorso – conclude Temperoni – ho deciso di prendermi un anno sabbatico dalle gare. Quest’anno a scuola avrò la maturità e voglio concentrarmi su questo obiettivo, anche perché poi la prossima estate voglio fare i test per entrare all’università. Vorrei diventare fisioterapista e la facoltà ce l’avrei a Finale Ligure. E’ stata una scelta difficile e sofferta, ma ponderata. Mi sono consultata col mio preparatore per continuare a seguire un programma di allenamento finalizzato al mantenimento della forma. Devo ritrovare qualche motivazione in più, ma vorrei tornare nel 2026. Avrò solo vent’anni e tutto il tempo per recuperare il terreno perso».
Sentendola parlare, dimostra più della sua giovane età e per il ruolo che ricopre è decisamente un valore aggiunto. Ha le idee chiare Krizia Corradetti, vent’anni e nuova diesse della BFT Burzoni, che vuole continuare a fare esperienza in ammiraglia.
Ci sono vecchi preconcetti nel ciclismo, figli di un retaggio che si trascina dietro da tanti anni, che devono ancora essere vinti. Per qualcuno può ancora sembrare strano vedere una ragazza così giovane guidare una formazione juniores, ma il cambiamento e il rinnovamento devono pur avere un punto di partenza. Corradetti non ha avuto paura di accettare questa sfida quando ha deciso di smettere di correre, trovando disponibilità e spazio prima nel Club Corridonia ed ora nel team piacentino. Un piccolo salto in avanti, partito non solo a livello geografico dalla sua San Benedetto del Tronto, dettato dall’attuale percorso universitario. Ecco cosa ci ha raccontato.
Corradetti ha smesso di correre nel 2022 ed ha subito preso il tesserino di primo livello Corradetti ha smesso di correre nel 2022 ed ha subito preso il tesserino di primo livello
Krizia come nasce la scelta di diventare diesse?
Nel 2022, ovvero al termine del mio cammino tra le juniores, ho scelto di abbandonare l’attività, tenendo conto anche degli studi universitari che volevo intraprendere. Tuttavia non volevo lasciare il ciclismo. Così grazie al Club Corridonia, dove ho passato gli ultimi anni da atleta, ho fatto il corso di primo livello per prendere il tesserino a fine stagione. Loro mi hanno subito supportato, concedendomi la possibilità di dirigere le juniores. Quello scorso è stato il primo anno da diesse e contestualmente studiavo anche per la maturità, mentre in questa stagione ero già all’università. In queste due annate abbiamo sempre cercato le gare e le trasferte più giuste per trovarci come tempi e luoghi.
Il contatto con la BFT Burzoni com’è arrivato?
Si è verificata una serie di incastri. Sono iscritta alla facoltà di Ingegneria Gestionale di Parma, una materia improntata sulla tutela dell’ambiente, e diventava sempre più scomodo per me dover seguire le ragazze del Corridonia da lontano. Contemporaneamente Stefano Peiretti voleva prendersi un periodo sabbatico di stop dopo sei anni da diesse della BFT Burzoni. Così, è nata questa occasione. A quel punto mi sono sentita con loro e abbiamo trovato l’accordo.
Non solo valori e dati. Nel suo stile, Krizia punta molto al lato umano delle atlete pur rispettando i ruoli (foto Ciclomarche)Corradetti studia Ingegneria Gestionale all’Università di Parma, dove si è trasferita da San Benedetto del Tronto (foto Ossola)Non solo valori e dati. Nel suo stile, Krizia punta molto al lato umano delle atlete pur rispettando i ruoli (foto Ciclomarche)Corradetti studia Ingegneria Gestionale all’Università di Parma, dove si è trasferita da San Benedetto del Tronto (foto Ossola)
Com’è stato l’impatto con i tuoi nuovi colleghi?
Molto buono. E’ vero che ci conoscevamo già per esserci incrociati alle gare in questi anni, però fin dal primo colloquio mi sono subito sentita ascoltata. Sia il team manager Stefano Solari che il diesse Vittorio Affaticati, che ha grande esperienza, che lo stesso presidente Gianluca Andrina mi hanno fatto sentire integrata con loro e con le ragazze. Ogni considerazione che facevano, chiedevano il mio parere. Questa cosa mi ha fatto davvero tanto piacere ed ovviamente è molto stimolante.
E’ stato un problema farti passare ad un team concorrente?
No, assolutamente. Al Club Corridonia sono stata molto bene, però sapevano che volevo fare nuove esperienze, come trasferte all’estero o avere rapporti con la nazionale per alcune ragazze. In questo senso devo ringraziare molto il presidente Mario Cartechini e il diesse Orlando Vecchioni, dai quali ho imparato tanto. Entrambi mi hanno appoggiato nella scelta, capendo le motivazioni. Anche la mia famiglia mi ha aiutata in questa mia scelta di vita. Ora vivo a Parma ed è molto più comodo per me andare a Piacenza nella sede della BFT Burzoni.
Ti sei trovata a disagio nel guidare atlete poco più giovani di te?
Personalmente no, però capisco che possa essere visto come un ostacolo la poca differenza di età. Ritengo che possa invece diventare una risorsa per il bene di tutta la squadra. Io vorrei essere un ponte tra staff e ragazze. Loro possono parlarmi tranquillamente di tutto, ovvio però che ci si chiarisca subito affinché si rispettino i ruoli o non sorgano incomprensioni. Sì, c’è il rischio di diventare troppo amiche delle juniores, ma ormai questa è una categoria di ragazze mature che sanno scindere le figure e non oltrepassare i limiti. In ogni caso, come è stato a Corridonia, non sono l’unica diesse quindi certe situazioni si affrontano sempre tutti assieme.
Krizia ha corso dai giovanissimi fino alle juniores. Gli ultimi anni li ha fatti col Club Corridonia Non ha paura di guidare ragazze quasi sue coetanee e vuole vincere certi preconcetti del ciclismo (foto EL Photographer)Krizia ha corso dai giovanissimi fino alle juniores. Gli ultimi anni li ha fatti col Club CorridoniaNon ha paura di guidare ragazze quasi sue coetanee e vuole vincere certi preconcetti del ciclismo (foto EL Photographer)
In queste due stagioni da diesse, che stile hai adottato?
Il mio metodo a livello atletico è sempre stato influenzato dai miei vecchi diesse, quindi abbastanza regolare anche tecnicamente. Tuttavia ho capito che non bisogna trascurare l’aspetto umano delle ragazze, che saranno future donne quando non correranno più in bici. Solitamente tendo a responsabilizzare le atlete anche sotto il profilo morale. Non vorrei pensare solo ai dati, che restano importanti chiaramente, ma guardare dentro le ragazze. Questa caratteristica credo mi possa differenziare dagli altri diesse.
Hai avvertito un po’ di ostilità per questa tua scelta di iniziare subito dalle juniores?
Devo dire che ho ricevuto un po’ di critiche in questi due anni. Qualcuno mi ha detto che sono acerba e che avrei dovuto iniziare da categorie più basse, addirittura dai giovanissimi. Il classico discorso è stato quello del “devi fare la gavetta”, ma vorrei far ricredere quelle persone ancora così chiuse che sono nel ciclismo. So che devo accumulare esperienza, ne sono ben consapevole e voglio imparare ancora. Da atleta non sono forse stata la più forte in circolazione, ma non è detto che non possa essere una buona diesse. Anche per me è una scommessa questa nuova mansione, ma voglio vincerla.
Linda Sanarini è nel giro azzurro di strada e pista. Nel 2025 sarà la capitana della BFT Burzoni (foto Franz Piva)Linda Sanarini è nel giro azzurro di strada e pista. Nel 2025 sarà la capitana della BFT Burzoni (foto Franz Piva)
Che obiettivi si è fissata Krizia Corradetti per il 2025?
Conosciamo tutti gli standard alti della BFT Burzoni. Spero di poter aiutare questa società a mantenerli, magari cogliendo la prima vittoria all’estero. Così come spero di non alterare gli equilibri che ci sono. Ad esempio voglio vedere come risponderanno le ragazze del secondo anno, come Sanarini e Bezzone, ad una nuova diesse. E allo stesso modo come si troveranno le atlete del primo anno. Non vedo l’ora di dare il mio contributo. Sono pronta e concentrata per dare il massimo di me.
«Per me è un bel percorso. Un percorso che accontenta un po’ tutte le atlete e la cui difficoltà va in costante crescendo, fino al gran finale sull’Alpe d’Huez». Giada Borgato ci presenta il tracciato del prossimo ed imminente Tour de France Femmes, che vedrà impegnate le atlete dal 12 al 18 agosto.
Anche se la Rai non trasmetterà la corsa francese, Giada si è preparata bene. Ha preso le carte e i suoi appunti della Grande Boucle. E infatti quando l’abbiamo sentita, era davvero sul pezzo.
Ex professionista su strada, oggi Giada Borgato è anche una commentatrice tecnica per la RaiEx professionista su strada, oggi Giada Borgato è anche una commentatrice tecnica per la Rai
Giada, sette giorni, otto tappe da Rotterdam all’Alpe d’Huez: su carta sembra più facile rispetto all’anno scorso. Cosa ne pensi?
Vero, a sensazione è meno duro dell’anno scorso. Ma attenzione, a me quel che colpisce parecchio è la lunghezza delle tappe. Le ultime quattro frazioni sono molto lunghe e lo abbiamo visto anche alle Olimpiadi cosa vuol dire per le ragazze affrontare certi chilometraggi. Non ci sono abituate. A Parigi man mano crollavano per la distanza e non perché il percorso fosse duro. Rispetto al Giro d’Italia Women ci sono anche 20-30 chilometri in più e questi si faranno sentire. Immagino che una Vollering che ha puntato tutto sul Tour abbia lavorato molto sul fondo e la distanza. Le altre magari hanno avuto meno occasione per farlo.
Si parte dall’Olanda: appena 200 metri di dislivello nelle prime tre tappe (e 9.000 nelle ultime tre)…
Le prime tappe in effetti sono dei veri piattoni. E’ l’Olanda! Immagino che le squadre delle velociste, su tutte la SD Worx con la Wiebes, controlleranno la corsa. La seconda frazione è una semitappa di 69 chilometri, ancora piatta, ancora per sprinter.
Ecco, cosa ti aspetti da questa tappa? Si riscalderanno? E le big si risparmieranno per la cronometro del pomeriggio?
Credo proprio che faranno i rulli prima di partire. Sarà una fiammata, una tappa strana in cui si andrà a blocco dall’inizio alla fine. Immagino che qualcuna proverà a scappare, ma credo anche che difficilmente ci riuscirà. Sarà un’ora o poco più di gara e non credo che le donne di classifica si risparmieranno, piuttosto penseranno a stare attente, a stare davanti.
La planimetria del Tour de France Femmes. Partenza da Rotterdam, arrivo all’Alpe d’Huez dopo 949,7 km e 12.926 metri di dislivelloLa planimetria del Tour de France Femmes. Partenza da Rotterdam, arrivo all’Alpe d’Huez dopo 949,7 km e 12.926 metri di dislivello
E quindi al pomeriggio c’è questa crono di 6,3 chilometri. Non ti sembra un po’ corta?
In effetti è praticamente un prologo. E’ totalmente piatta senza neanche difficoltà planimetriche: lunghi rettilinei, sette curve e una rotatoria. Piuttosto una sfumatura interessante potrebbe essere quella degli orari di partenza. La prima ragazza scatta alle 15,10, l’ultima un bel po’ dopo, è interessante per valutare i tempi di recupero. In ogni caso, salvo un meteo particolare, immagino distacchi brevi, al massimo di 10”-15”, ovviamente parlo di chi fa classifica. Forse una Niewiadoma, potrebbe pagare qualcosina di più.
Hai parlato di tempi di recupero, ti aspetti che qualche big per poter partire dopo faccia lo sprint nella semitappa del mattino?
Non credo. Penseranno più a stare attente a non cadere, anche perché saranno tutte fresche e con la voglia di fare bene, quindi meglio togliersi dai guai.
Visto il tracciato così filante di questa crono e povero di curve, secondo te qualche ragazza prenderà spunto da Van Aert e correrà con la doppia lenticolare?
A mia memoria non ricordo donne che abbiano usato la doppia lenticolare. Le ragazze sono mediamente più leggere e la bici non è facile da guidare, quindi direi di no: niente doppia lenticolare. Poi magari qualcuna della Visma-Lease a Bike avrà provato questa soluzione e ci stupirà. Ovviamente meteo permettendo.
Rotterdam – L’Aia: 1ª tappa di 123 km (da notare il Gpm di 4ª categoria sotto il livello del mare. E’ una risalita di un tunnel sotto ad un fiume)Dordrecht – Rotterdam: 2ª tappa di 69,7 kmRotterdam – Rotterdam: 3ª tappa di 6,3 km (crono individuale)Valkeburg – Liegi: 4ª tappa di 122,7 kmBastogne – Amnéville: 5ª tappa di 152,5 kmRemiremont – Morteau: 6ª tappa di 159,2 kmChampagnole – Le Grand Bornand: 7ª tappa di 166,4 kmLe Grand Bornand – Alpe d’Huez: 8ª tappa di 149,9 kmRotterdam – L’Aia: 1ª tappa di 123 km (da notare il Gpm di 4ª categoria sotto il livello del mare. E’ una risalita di un tunnel sotto un ad fiume)Dordrecht – Rotterdam: 2ª tappa di 69,7 kmRotterdam – Rotterdam: 3ª tappa di 6,3 km (crono individuale)Valkeburg – Liegi: 4ª tappa di 122,7 kmBastogne – Amnéville: 5ª tappa di 152,5 kmRemiremont – Morteau: 6ª tappa di 159,2 kmChampagnole – Le Grand Bornand: 7ª tappa di 166,4 kmLe Grand Bornand – Alpe d’Huez: 8ª tappa di 149,9 km
E arriviamo alla quarta tappa: Valkenburg-Leigi e qui le cose cambiano. In pratica si passa dall’Amstel Gold Race, alla Liegi appunto…
Questa è bella tosta e arriva dopo le due semitappe del giorno prima. Due semitappe che lasceranno il segno e che vedranno le ragazze impegnate dalla mattina alla sera. I tempi di recupero in questi casi si allungano. Questo sarà il primo vero banco di prova per le donne di classifica.
Chi fa le classiche è avvantaggiato?
Certo, poi però è anche vero che tra le donne è un po’ diverso rispetto agli uomini. Tutte, specie le più forti, fanno le classiche. Quindi conoscono le strade, il vento, le salite e quel che le aspetta. Tutte insomma hanno fatto una Liegi. E questo discorso vale anche per il possibile vento che potrebbero trovare nelle prime tappe olandesi. Tutte le ragazze hanno corso quelle classiche.
Quinta tappa: Bastogne-Anméville di 152 chilometri…
Qui le cose cambiano ancora. La distanza inizia ad essere importante. Il Tour Femmes la dà come tappa di pianura, ma è un continuo su e giù. Ci sono quasi 2.000 metri di dislivello. Anche in questo caso bisognerà tenere conto delle fatiche precedenti. Che dire? Una Wiebes su questi strappi non si stacca, però è anche vero che le squadre dovranno pensare anche alle donne di classifica, a non sprecare troppo. Dipenderà tutto da quanto terranno chiusa la corsa. Mentre è da fuga la tappa del giorno dopo
La sesta…
Quella di Morteau. In teoria potrebbero anche emergere le donne di classifica, però anche vero che grandi occasioni per fughe non ce ne sono e questa potrebbe essere la tappa ideale per le attaccanti. Certo che se in questa sesta tappa dovesse arrivare una fuga sarebbe una fuga di qualità. Comunque c’è anche qualche salita lunga, specie nella seconda metà della tappa. In più correranno sempre nelle ore più calde e se le cose saranno come al Giro Women anche questo sarà un fattore di cui tenere conto e che potrebbe fare la differenza.
La corsa percorrerà le strade delle classiche, tra cui la Liegi. Qui l’attacco di Longo Borghini a Liegi, ma Elisa non ci saràLa corsa percorrerà le strade delle classiche, tra cui la Liegi. Qui l’attacco di Longo Borghini a Liegi, ma Elisa non ci sarà
Le ultime due frazioni sono sulle Alpi. S’inizia con Le Grand Bornand, il cui finale è dolce…
Qui si deciderà il Tour Femmes. Con la settima tappa avremo una classifica ben delineata. Magari qualche atleta, che era ancora ancora davanti perché era riuscita ad infilarsi, perché aveva preso qualche fuga e si era mossa bene sugli strappi, qui non si potrà nascondere. La tappa di Le Grand Bornand è lunghissima, 167 chilometri, e le ultime due scalate anche se sono di seconda categoria vanno quasi intese come una sola salita, visto che sono separate da una discesa brevissima. Vero, le pendenze non sono esagerate, ma nel complesso ci sono 3.000 metri di dislivello.
Gran finale, ottava tappa, sull’Alpe d’Huez. Che distacchi ti aspetti su una salita simile? Grandi oppure saranno tutte livellate dalla fatica?
Una salita iconica. Sarà un finale bellissimo. E sarà bello vederci le donne. Ancora una volta mi spaventano i chilometri di questa tappa, sommati a quelli effettuati tre giorni precedenti. Riguardo ai distacchi non è facile parlarne. Bisognerà vedere come arriveranno ai piedi dell’Alpe. Se staranno bene non saranno troppo distanti le une dalle altre, ma se qualcuna dovesse andare in crisi farà presto a perdere tanti minuti su quelle pendenze.
Anche per le donne ci si aspetta tanto pubblico lungo la scalata all’Alpe d’HuezAnche per le donne ci si aspetta tanto pubblico lungo la scalata all’Alpe d’Huez
Che andamento tattico vedremo in questa frazione finale?
Chi non ha più nulla da perdere tenterà il tutto e per tutto… tanto il giorno dopo può restare a letto! Chi va bene in salita ci proverà. In fase di avvio ci sarà bagarre, mentre le big se ne resteranno tranquille fino al Glandon. Questa è una scalata di 20 chilometri, dura… Lì qualcosa succederà, fosse anche solo che qualcuna si stacca. Ma poi è interessante anche la discesa con quel muretto spaccagambe prima di arrivare in basso. Gambe fredde e sbam! Questo strappo… E poi sull’Alpe chi ne avrà andrà.
Si corre in sette, quanto è importante avere una squadra forte su questo percorso?
La squadra è sempre importante, ma in questo caso forse lo è quasi più per le velociste nella prima parte del Tour che non per le donne di classifica. Perché poi c’è tanta salita e tutta nel finale e lì contano le gambe soprattutto. La squadra conta soprattutto per chiudere. Potrebbe essere molto utile nella tappa di Liegi, se qualcuna dovesse andare un po’ in difficoltà o fosse un po’ distratta. Mentre in salita, tra le donne, non ci sono dei blocchi forti come tra gli uomini.
Cioè?
Se hai una compagna che tiene in certi momenti, vuol dire che è una capitana, più che una gregaria. Sì forse Fisher-Black e Vollering o Niewiadoma e Bradbury, ammesso che la giovane australiana ci sarà, ma sono solo in due compagne e solo in pochi casi.
L’U.C. Giorgione è la squadra che ha dato il via alla carriera di Alessandro Ballan: la società, la più antica ancora in attività, ha però cambiato pelle. Il team è passato ad avere due formazioni femminili, esordienti e allieve. L’ex campione del mondo ha deciso di rimettersi in gioco, tornare alle origini e diventarne il presidente.
«Una scelta – spiega Ballan una volta che lo abbiamo raggiunto al telefono – che è nata dopo che il Giorgione era stato in difficoltà per qualche anno. Questa squadra mi ha dato tanto, in primis la passione per il ciclismo. Mi sono sempre sentito in debito verso le persone che hanno lavorato al suo interno, ho voluto così ricambiare gli sforzi e i sacrifici che loro hanno fatto per me. Come? La risposta era davanti ai miei occhi da qualche anno, l’idea di diventarne il presidente non è così nuova».
La presentazione del team U.C Giorgione, due squadre femminili: esordienti e allieveLa presentazione del team U.C Giorgione, due squadre femminili: esordienti e allieve
Insieme ad un amico
Tornare nella società che ha dato il via alla carriera ciclistica è stato un gesto naturale. L’obiettivo però è stato creare una squadra giovanile femminile, composta da uno staff all’altezza e competente.
«Sono voluto tornare nel mondo del ciclismo giovanile – continua Ballan – perché lavorare con loro non è facile, pochi sono in grado di fare una bella attività. Questo ciclismo, quello dei bambini e dei ragazzi, è in difficoltà da anni. Sono morte tante società e non volevo che questa cosa accadesse anche all’U.C. Giorgione. Insieme ad un amico, Enrico Bonsembiante, ci siamo guardati e abbiamo colto al volo la sfida. Scegliere il ciclismo femminile è stata una scelta un po’ indirizzata anche dal fatto che a Castelfranco ci sia già una società giovanile maschile. Invece, all’interno della regione, il ciclismo femminile ha necessità di crescere ed evolversi».
Le allieve hanno esordito al trofeo “Terre Gaie” in provincia di PadovaLe allieve hanno esordito al trofeo “Terre Gaie” in provincia di Padova
Lo staff come si compone?
Ci tengo a precisare che la nostra società vuole mettere le ragazze in bici partendo però dalle basi, da quella che è una scuola di ciclismo. L’idea è di fare un percorso completo nel quale si insegna loro ad andare in strada in sicurezza. L’allenamento e la prestazione arrivano dopo. Per lo staff abbiamo selezionato due figure giovani e competenti, che sono Marco Benfatto e Alice Favarin. Entrambi copriranno il ruolo di diesse.
Una squadra giovane, nello staff e nelle atlete…
Volevamo trovare gente competente con la voglia di mettersi in gioco. Il ciclismo richiede tanti sacrifici ed è difficile avere una vita al di fuori di questo. Sia Benfatto che Favarin potranno gestirsi gli impegni e qualche volta scambiarsi o sostituirsi. Il ciclismo è sempre stato frequentato da gente più anziana, soprattutto negli anni passati, scegliere i giovani permette di avere una visione diversa, improntata al futuro.
Avete un calendario sufficiente?
Siamo obbligati dalla Federazione, come tutti, a correre nel Triveneto (Trentino Alto-Adige, Veneto e Friuli Venezia Giuali, ndr). Possiamo uscire solo quando mancano le gare. Per fortuna l’80 per cento dell’attività la svolgeremo vicino casa. Andremo anche a tre prove di Coppa Italia, in Puglia, a Bergamo, una in Veneto. Poi ci saranno i campionati nazionali in Toscana.
Al “Tre Terre” ha vinto Azzurra Ballan, figlia di Alessandro, dopo una corsa da protagonistaAl “Tre Terre” ha vinto Azzurra Ballan, figlia di Alessandro, dopo una corsa da protagonista
Intanto le gare sono già partite e in cima all’ordine d’arrivo si è letto il cognome Ballan, ma questa volta era tua figlia Azzurra.
Mi posso considerare felice per la vittoria, perché un successo alla prima gara, dopo un inverno di rincorse per creare il team, dà tanta soddisfazione. Poi mi considero doppiamente felice perché è stata Azzurra a vincere.
Da padre, vederla vincere cosa ti ha fatto provare?
Una soddisfazione unica, meglio di vincere un mondiale. Da genitore vederla impostare la gara, fare selezione e poi vincere allo sprint mi ha regalato un’emozione che è arrivata dal profondo del cuore.
Che rapporto avete?
Bello e strano allo stesso tempo. Pedaliamo e parliamo spesso insieme, ma difficilmente mi ascolta e fa quello che dico. Ora ha capito che anche io ne capisco qualcosa di ciclismo (ride, ndr). Qualche volta le dico che se da giovane avessi avuto un padre campione del mondo, avrei vinto molto di più. Lei mi risponde che ho solo avuto due giornate fortunate in carriera, il Fiandre e il mondiale (ride ancora, ndr).
La vittoria di una figlia? Meglio di un mondiale, parola di Alessandro BallanLa vittoria di una figlia? Meglio di un mondiale, parola di Alessandro Ballan
Come squadra avete già obiettivi futuri?
Vorremo provare ad aggiungere la categoria juniores, sempre femminile. E’ una cosa che semmai arriverà il prossimo anno, ma bisogna capire se riusciamo ad avere la struttura adeguata. Sarebbe importante, perché le società ci sono, vero, ma richiedono spostamenti importanti. Si tratta di fare anche due ore di macchina per allenarsi e farlo tutti i giorni diventa pensante. Le ragazze hanno la scuola e togliere tempo allo studio non fa bene. Vedremo in estate se riusciremo a organizzarci.
Il Tour Down Under e le tre nuove gare di Mallorca della settimana scorsa sono state l’antipasto di un ciclismo femminile che quest’anno si preannuncia particolarmente appetitoso. Come ci hanno detto sia il cittì Sangalli che Marta Cavalli, sarà la prima stagione del dopo Van Vleuten, una cannibale che condizionava volente o nolente le tattiche della maggior parte delle gare.
Prendendo spunto dal 2023 e buttando uno sguardo a ciò che avverrà nei prossimi mesi, abbiamo coinvolto Ilenia Lazzaro e Giada Borgato ad una dozzina di domande per conoscere le loro opinioni. Le commentatrici rispettivamente di Eurosport e Rai Sport conoscono molto bene il movimento di cui hanno fatto parte e la loro proverbiale eloquenza ha espresso diversi punti di vista e tanti spunti di interesse. Prendete nota, non manca nulla per seguire al meglio le protagoniste del 2024.
Vollering, Kopecky e Wiebes: quarantacinque vittorie in tre nel 2023. Sono loro le donne da battere in gare a tappe, classiche e volateVollering, Kopecky e Wiebes: quarantacinque vittorie in tre nel 2023. Sono loro le donne da battere in gare a tappe, classiche e volate
In un ciclismo femminile che cambia velocemente, qual è l’aspetto che ti piace di più e quello di meno?
LAZZARO: «Mi piace che nonostante tutto, è rimasto un ciclismo imprevedibile. Chi avrebbe mai detto che una come Kopecky sarebbe arrivata seconda al Tour? Le gare sono appassionanti e sono belle anche per chi le vede per la prima volta. Poi certo, la maggiore professionalità è un bene per il movimento. Non mi piace invece che stia crescendo troppo in fretta. Ci sono tante corse e non abbastanza atlete, tant’è che in certe gare alcune squadre partono sotto numero a causa di un calendario molto fitto. Se si andrà avanti così si rischiano di perdere tante formazioni continental e il possibile avvento dei ProTeam non è un bene».
BORGATO: «Il lato positivo è che ora tutto è più professionale. Le ragazze hanno una possibilità di diventare grandi campionesse e avere uno stipendio giusto. Mi spaventa invece, e quindi non mi piace, che tutto ciò non possa durare a lungo. Adesso nel WorldTour a livello economico ci sono i rubinetti aperti. Ci sono tante squadre, ma ci sono poche atlete, magari alcune di esse non di alta qualità. Quindi, se non dovessero arrivare i risultati che uno sponsor giustamente chiede per poter rientrare dall’investimento, quanto si andrà avanti in questo modo? Staremo a vedere».
A Giada Borgato piace la maggior professionalità del ciclismo femminile, ma la preoccupa la tenuta economica del sistemaA Giada Borgato piace la maggior professionalità del ciclismo femminile, ma la preoccupa la tenuta economica del sistema
La SD Worx ha dominato il 2023. Quale potrebbe essere la formazione che potrebbe impensierirla con maggior continuità e perché?
LAZZARO: «Io dico due formazioni su tutte. Lidl-Trek che ha fatto una bella campagna acquisti in ottica futura e con atlete multidisciplinari. Inoltre ha atlete rodate. L’altra è la Canyon//Sram per il cambio di mentalità portato da Magnus Backstedt in ammiraglia. Tra l’altro queste tre squadre sono legate a marchi di bici che puntano a strada e fuori strada».
BORGATO: «Per me la squadra più attrezzata per contrastare la corazzata olandese è la Lidl-Trek. A parte le italiane, tutte forti, hanno un bel mix di atlete esperte e giovani che sono competitive in ogni tipologia di corsa. In seconda battuta metto la Fdj-Suez, soprattutto per le gare a tappe, infine la DSM Firmenich-PostNL perché è una formazione giovane e ben assortita».
Capitolo velociste. Oltre a Balsamo, Kool potrebbe essere la vera rivale di Wiebes oppure ci sono altre atlete da tenere in considerazione?
LAZZARO: «Bisogna dire che il ciclismo femminile attuale sta premiando velociste non pure. Anche Kool sta provando a diventare come Wiebes, che a sua volta l’anno scorso ha modificato un po’ le sue caratteristiche. Il nome nuovo per me potrebbe essere quello dell’australiana Wollaston, giovane molto interessante che ha già vinto al Down Under. Discorso a parte invece per Consonni e Martina Fidanza che potrebbero sacrificare un po’ di strada per preparare le Olimpiadi in pista».
BORGATO: «Partendo dal presupposto che bisogna vedere i finali di corsa, Kool è senza dubbio la velocista più pura delle tre e personalmente la vedo come prima rivale di Wiebes, ma Balsamo è un’atleta fantastica che ha dimostrato di batterle spesso. In questa lista però inserisco anche Consonni, che non ha nulla da invidiare a loro tre in volata. Un’altra veloce, in alternativa a Chiara, è la sua compagna Gasparrini. Infine dico anche Norsgaard».
Kool regola Wiebes e Balsamo in volata. Oltre a loro, ci sono tante velociste pronte ad inserirsi nella lottaKool regola Wiebes e Balsamo in volata. Oltre a loro, ci sono tante velociste pronte ad inserirsi nella lotta
Capitolo classiche. Su alcuni percorsi Kopecky resta la donna battere. Chi può essere la sua prima antagonista?
LAZZARO: «Anche per Lotte vale il discorso di Parigi, dove punterà a vincere sia su strada che in pista. Detto questo, per me lei potrebbe avere la concorrenza interna alla SD-Worx. Wiebes e Vollering in primis. Tuttavia le avversarie dovranno essere brave a sfruttare questa rivalità e Persico può essere una che può approfittarne».
BORGATO: «Lotte è la numero uno per questo tipo di gare. Bisognerà capire cosa vorranno fare le sue compagne quando c’è anche lei. E penso a Vollering e Reusser, che possono vincere tranquillamente un Fiandre. Anche in questo caso ci sono tante altre atlete che possono dare fastidio a Kopecky. Brand, Deignan, Van Anrooij, Longo Borghini, la stessa Balsamo, Persico o Sierra. Personalmente credo molto in Guazzini in qualche classica del Nord, anche solo per esorcizzare le cadute sulle pietre».
Capitolo gare a tappe. Vollering è stata la plurivincitrice del 2023 e appare la più accreditata per i grandi giri. Chi possono essere le atlete in grado di batterla?
LAZZARO: «A mio avviso la prima rivale è Niewiadoma, che con la vittoria del mondiale gravel, dove c’erano tutte le big, ha trovato quella consapevolezza che le mancava per fare il salto di qualità mentale. Le altre che possono impensierire Vollering sono Longo Borghini, atleta sempre molto solida e completa, Cavalli e Realini».
BORGATO: «La concorrenza è alta anche in questo caso e i primi due nomi che faccio sono italiani. Spero che Cavalli si ritrovi definitivamente e che Longo Borghini faccia molto bene. Entrambe devono riscattare un 2023 sfortunato. Dietro di loro metto Realini, Ludwig e Niewiadoma, per la quale concordo in pieno con Ilenia nel giudizio».
Secondo Lazzaro, Niewiadoma grazie al mondiale gravel ha preso più consapevolezza e può battere Vollering nelle gare a tappeSecondo Lazzaro, Niewiadoma grazie al mondiale gravel ha preso più consapevolezza e può battere Vollering nelle gare a tappe
Quest’anno chi saranno le cosiddette “scommesse” o sorprese? Due italiane e due straniere
LAZZARO: «Ripeto il nome di Wollaston come sorpresa, assieme ad Ava Holmgren, anche se non so ancora che programmi avrà questa diciottenne che mi piace tantissimo. Tra le italiane dico Gasparrini, che merita di fare il grande salto col talento che ha, e Vigilia, che è andata in una formazione di alto livello».
BORGATO: «Parto da due straniere giovanissime che mi hanno subito colpito in questo avvio di 2024. Gigante che ha vinto a Willunga Hill e la generale del Down Under con un grande numero facendo saltare Ludwig. Vallieres invece ha vinto a Palma di Maiorca di prepotenza resistendo al ritorno di atlete più navigate di lei. Tra le italiane dico Bertizzolo perché la aspetto da anni. La bella vittoria di tappa al Romandia dell’anno scorso le ha ricordato che è una grande atleta, capace di grandi prestazioni e risultati. Per me al Nord andrà forte. Infine come scommessa dico Venturelli. E’ vero che sarà nel devo team della UAE e spero che la gestiscano bene, però ha numeri e fisico pazzeschi per farsi notare».
Due giovani italiane e due straniere che quest’anno si metteranno più in mostra
LAZZARO: «Inizio dalle straniere indicando Van Empel, soprattutto per le gare a tappe, e Schreiber, entrambe ciclocrossiste. Mentre tra le italiane punto su Tonetti e Venturelli, che hanno tutto per fare bene».
BORGATO: «Difficile rispondere perché c’è l’imbarazzo della scelta. Barale ha iniziato forte la stagione e secondo me arriverà davanti spesso. Poi dico Tonetti anch’io, perché è cresciuta molto grazie a Rigato. Tra le straniere faccio i nomi di due ragazze del 2005. La francese Bego della Cofidis, iridata all’ultimo mondiale, e la belga Moors della Lidl-Trek, terza a Glasgow e prima all’europeo».
Per Ilenia Lazzaro il bello del ciclismo femminile è l’imprevedibilità, ma per lei il WorldTour sta crescendo troppo in frettaPer Ilenia Lazzaro il bello del ciclismo femminile è l’imprevedibilità, ma per lei il WorldTour sta crescendo troppo in fretta
Olimpiade, mondiale ed europeo. L’Olanda sarà la solita nazionale di riferimento?
LAZZARO: «Credo proprio di sì, però l’Italia è l’unica nazionale che può dare filo da torcere alle olandesi o addirittura batterle».
BORGATO: «Sì certo, anche per me l’Italia è l’unica che può essere considerata alla pari. La nostra nazionale al completo, col solito spirito collettivo, sa mettere in difficoltà o battere le olandesi. All’Olimpiade sarà un mezzo macello perché è una gara strana dove si corre solo con quattro atlete, ma saranno loro i due fari della gara. Uguale anche per mondiale ed europeo».
Che giudizio dai di Sangalli come tecnico azzurro?
LAZZARO: «Non può che essere buono il giudizio. Ha sempre ottenuto il miglior risultato possibile con quello che aveva a disposizione. Penso all’anno scorso senza Balsamo e Longo Borghini o comunque non al top della forma. E’ stato sempre bravo a gestire l’ampio roster di ragazze e a farle correre tutte».
BORGATO: «Per me Paolo sta facendo bene e vuole il bene delle ragazze. Tra ritiri e gare sta dando l’opportunità a tante atlete di assaporare la maglia azzurra. Ovvio che poi debba fare delle scelte in base ai risultati e a come si muovono in corsa. Per fortuna ha problemi di abbondanza, ma vi garantisco che non è facile prendere decisioni. Un altro dei suoi meriti è il lavoro con le junior. Le sta facendo crescere tantissimo a livello internazionale».
Per Borgato, Realini potrebbe essere una seria candidata alla vittoria del Giro WomenPer Borgato, Realini potrebbe essere una seria candidata alla vittoria del Giro Women
Vigilia (Fdj-Suez), Zanardi (Human), Masetti (AG Insurance), Vettorello (Roland), Arzuffi e M.Fidanza (Ceratizit) saranno al primo anno nel WorldTour. Chi di loro farà meglio o subirà di meno l’impatto nella nuova categoria?
LAZZARO: «Secondo me sono tutte all’altezza del WorldTour, però spendo una parola per Masetti. E’ ragazza sveglia, che qualche anno fa si è proposta alla AG Insurance in prima persona, guadagnandosi la stima di Jolien D’Hoore, la sua diesse».
BORGATO: «Arzuffi è esperta e assieme a Fidanza erano già in un team attrezzato come Ceratizit. Masetti la volevo inserire tra le giovani da seguire della domanda di prima. Quindi fra tutte queste, penso che Vigilia e Zanardi trarranno il meglio dalla nuova categoria, mentre Vettorello sarà da scoprire meglio».
Longo Borghini, Realini, Cavalli, Persico: quale di loro può vincere un grande Giro?
LAZZARO: «Rispondo in maniera secca. Longo Borghini per quello che dicevo prima. Va forte in salita, in discesa e non ha paura delle responsabilità. Anche le altre possono vincere un grande Giro, a parte Persico che secondo me per un po’ non curerà la generale».
BORGATO: «Se rispondo col cuore dico Cavalli per il lungo termine e Longo Borghini sul breve termine, però se faccio un certo ragionamento dico Realini. Gaia quest’anno potrebbe davvero vincere il Giro Women o arrivarci vicino perché potrà concentrarsi solo su quello. A differenza delle big straniere o delle sue connazionali, non farà l’Olimpiade e non dovrebbe essere prima punta al mondiale. Quindi potrebbe arrivare al Giro al top della forma mentre invece le altre potrebbero correre in preparazione di Parigi. Persico al momento è più orientata su classiche e tappe nonostante abbia fatto classifica negli ultimi due anni».
Per Borgato e Lazzaro il Giro Women ha percorso più duro del Tour e il Blockhaus sarà decisivoIl Tour Femmes finirà con due tappe di alta montagna. Quella conclusiva sarà sull’Alpe d’Huez Per Borgato e Lazzaro il Giro Women ha percorso più duro del Tour e il Blockhaus sarà decisivoIl Tour Femmes finirà con due tappe di alta montagna. Quella conclusiva sarà sull’Alpe d’Huez
Più duro il Giro con il doppio Blockhaus o il Tour con l’Alpe d’Huez?
LAZZARO: «Sono frazioni che si somigliano, ma per me il Giro Women è più duro. E lo sarà anche per le atlete al via. Secondo me molte verranno a correrlo in preparazione per Parigi e quindi potremmo vedere un livello alto ad ogni tappa».
BORGATO: «Il disegno di entrambe le tappe sono simili. Al Tour Femmes hanno un uno-due finale da urlo con gli arrivi a Le Grand Bornand e Alpe d’Huez, ma credo pure io che il Giro Women sia più duro. Ogni giornata ha una difficoltà maggiore».
Nel giorno in cui Dygert vince la crono, Vittoria Guazzini va alla deriva. Era arrivata a Glasgow senza grandi gambe, forse è tempo di ragionare sulle cause
Prima Persico e Consonni. Poi Bertizzolo, Gasparrini e Bertogliati. Infine il cittì Paolo Sangalli. Ci serve un parere a confutazione: bussiamo alla porta di Elena Cecchini. Da più parti arriva la conferma di come il ciclismo femminile stia aumentando le intensità e le percorrenze, con crescente pressione sulle ragazze, spinte ad aggiungere attenzioni ed elementi alla loro professionalità. In qualche modo si ha la sensazione che mentre le più esperte siano pronte per fronteggiare l’incremento, le giovani rischino di scottarsi la mano. Bertogliati ad esempio non è certo che tutte le ragazze siano pronte per arrivi impegnativi come Tourmalet, Alpe d’Huez e Block Haus.
Fra le squadre il divario è palese e allora abbiamo chiesto un parere alla friulana, punto di forza della SD Worx che nel 2023 ha dominato in lungo e in largo, dimostrando di non avere problemi nel gestire alti carichi di lavoro. Per i quali peraltro, come ci avevano raccontato Barbara Guarischi e poi la stessa friulana, si allenano con attenzione certosina. Che cosa pensa Elena delle osservazioni che abbiamo raccolto?
«Oltre alla distanza e alle ore – ragiona ad alta voce – cresce anche l’intensità durante la gara. Le classiche di inizio stagione sono estenuanti, perché alle tre ore e mezza o anche quattro ore di gara si unisce il fatto che non c’è mai un momento tranquillo. Noi in squadra facciamo volume, ma ancora più importante è l’intensità. Puoi fare 5-6 ore in bici una volta ogni dieci giorni o due volte al mese, però sicuramente non deve essere quella la base dell’allenamento».
Guarischi, qui proprio con Cecchini e Wiebes, è arrivata nel 2023 alla SD Worx e ha notato subito la differenza nei carichi di lavoroGuarischi, qui proprio con Cecchini, è arrivata nel 2023 alla SD Worx e ha notato subito la differenza nei carichi di lavoro
Sofia Bertizzolo dice che proprio a causa dell’indurirsi delle tappe, le atlete di classifica non potranno lottare ogni giorno anche per le tappe, lasciando via libera alle fughe. Secondo te è possibile?
Dipende tanto da come sono disegnate le gare a tappe. Al Giro del 2021, la Van der Breggen attaccò il secondo giorno, diede tre minuti a tutti e poi tirò i remi in barca fino all’ultima tappa, perché il percorso le permise di risparmiarsi. Al Tour dell’anno scorso invece non c’erano molte situazioni di risparmio, per cui la fuga può anche andare, ma se si muove una di classifica, non puoi restare a guardarla. Perlomeno, se anche non vuoi attaccare in prima persona, devi seguirla. E poi non dimentichiamo che certe dinamiche sono possibili per gli uomini perché loro hanno 20 giorni di gara. Noi nei grandi Giri ne abbiamo 7-8, per cui se sei in una condizione fisica impeccabile, qualche volta puoi anche permetterti di sprecare.
Hai la percezione dell’accelerazione di cui parla Bertogliati?
La percepisco e vedo che non è una crescita omogenea, come penso non ci sia quasi in nessun altro ambiente. Se guardiamo anche altri sport, vedi quelli super attrezzati e quelli che a livello individuale fanno più fatica. Probabilmente dipende dal fatto che il bacino è limitato, le ragazze non sono abbastanza. C’è una grande richiesta a livello di gare, ma fra le squadre c’è una forte disparità tra le migliori al mondo e quelle che stanno cercando di diventarlo. Non si può fare tutta l’erba un fascio, perché secondo me le donne si impegnano sempre, specie adesso che a livello salariale iniziamo ad avere buoni riscontri. Ora una ciclista sa che può vivere di quello e cerca di farlo al meglio. Per cui nella mia squadra vedo che le giovani iniziano a guadagnare e non hanno problemi a investire per andare in altura oppure al caldo d’inverno, per arrivare alle gare nella miglior condizione possibile.
Niamh Fisher-Black è arrivata alla SD Worx nel 2022 a 21 anni e si è subito ambientata. Qui vince allo Svizzera 2023Niamh Fisher-Black è arrivata alla SD Worx nel 2022 a 21 anni e si è subito ambientata. Qui vince allo Svizzera 2023
C’è il rischio che per ampliare il bacino si rischi di premere troppo sulle più giovani?
Credo che le ragazze giovani vengano comunque rispettate, anche se chiaramente dipende dalla squadra. Se ha atlete esperte, può permettersi di non fare pressione sulle ultime arrivate. Ma io sono del parere che prima inizi a fare esperienza e meglio è. Per cui benengano i development team, però noi abbiamo avuto ragazze come Fisher Black o la Schakley che sono passate dagli juniores e dopo un solo anno erano con noi e si sono adattate benissimo. Hanno capito come funziona. Non abbiamo la fretta degli uomini, in cui a 18-19 anni devi essere già pronto e se non vinci, non sei nessuno, come purtroppo pensano in tanti. Nelle donne, visto il tipo di corse e di attività, prima di capire se una ragazza ha dato tutto oppure ha margini, si possono aspettare anche i 24-25 anni.
Tutto questo innalzamento di prestazioni ha avuto un impatto sulla quotidianità di Elena Cecchini?
Sicuramente, ma quella che è cambiata è stata in primis la vita a casa, non solo in ritiro. Le squadre si sono attrezzate, abbiamo tutte delle nutrizioniste, delle chef, abbiamo il dottore a casa. La cura del dettaglio e dell’alimentazione è fondamentale, ma anche quanto dormi. L’allenamento di per sé è l’ultima cosa ed è anche quella più facile per noi atleti. Sei talmente tanto abituato a stare in bici, che fare un’ora di più non ti pesa.
All’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli, fermo a bordo stradaAll’attacco ai mondiali di Glasgow, Cecchini riceve ordini dal cittì Sangalli, fermo a bordo strada
Questo rende più facile, tra virgolette, fare l’atleta o lo rende più impegnativo?
E’ un equilibrio. Secondo me ci sono delle giornate in cui te lo rende più facile, sei più predisposto e magari hai il piano alimentare o un protocollo da seguire. Per esempio io lavoro con Erica Lombardi e per me è molto facile avere questo equilibrio. Ma quando ci sono giornate in cui le dico che voglio fare di testa mia, lo faccio senza problemi. Non dimentichiamoci che la componente più importante rimane sempre la testa. E se ci sono giorni in cui una cosa non la vuoi fare, non la fai. E’ salutare e importante trovare sempre un equilibrio e soprattutto circondarsi di gente che capisca che non siamo delle macchine, ma siamo degli esseri umani. Nonostante le distanze superiori e le salite impossibili, rimaniamo degli esseri umani.
Lara Vieceli si gode, in questo inverno che ha un sapore diverso dal solito, le vacanze (foto Instagram in apertura). Prima un breve passaggio negli Stati Uniti e poi Caraibi, per un totale di dieci giorni. La contattiamo quando ancora si trova nel Paese con la bandiera a stelle e strisce. La linea va e viene, ma con un po’ di pazienza l’intervista si fa.
«La vacanza – racconta in compagnia del suo fidanzato – è stata posticipata a dicembre perché prima sono stata operata al ginocchio. Postumi di una caduta che ho fatto a marzo, che mi ha provocato la rottura del piatto tibiale e del crociato. L’ortopedico che mi ha visitata mi ha detto che si poteva correre comunque, mancavano quattro mesi alla fine della stagione, e della carriera. Con qualche dolore ho comunque portato a termine la mia ultima stagione».
Era il 2016 e Vieceli corre per la prima volta la Freccia Vallone, era con la Inpa-Bianchi (foto Instagram)Era il 2016 e Vieceli corre per la prima volta la Freccia Vallone, era con la Inpa-Bianchi (foto Instagram)
La tua carriera si interrompe a solamente 30 anni…
Avevo deciso ben prima dell’infortunio. In realtà dopo lo stop di marzo ho avuto qualche dubbio e pensavo: «Magari continuo un altro anno». Ma alla fine la decisione era ben radicata, avevo preso questa scelta fin dall’inverno scorso. Avevo deciso che avrei fatto l’ultimo Capodanno in bici e così è stato. Ho messo il primo numero sulla schiena quando avevo sei anni, mi sono detta che fosse giunto il momento di fare altro.
Una carriera davvero lunga.
Sono stata in mezzo ai grandi cambiamenti del ciclismo femminile, situazioni stancanti dal punto di vista mentale. Nel corso delle ultime stagioni sono stati fatti dei passi avanti enormi, forse per certi aspetti si è anche corso troppo.
E’ cambiato così tanto il ciclismo femminile?
Tantissimo. La situazione è sempre più professionale, c’è una grande qualità. Quando sono passata il primo anno elite, era il 2012, e le cose si facevano un po’ a caso. Poi sono entrati sistemi sempre più curati e professionali: strumenti, metodi di allenamento e alimentazione. All’inizio vinceva chi riusciva a mettere le cose in ordine e spesso si andava per tentativi, quando trovavi il “metodo” giusto continuavi. Ora anche nelle continental viene dato il giusto peso alle cose: soprattutto allenamento e alimentazione. Anche se quest’ultimo non è un argomento facile.
Dopo 2012, il primo anno elite, passa al team Michela Fanini, una salvezza (foto Instagram)Dopo 2012, il primo anno elite, passa al team Michela Fanini, una salvezza (foto Instagram)
Come mai?
Molte mie colleghe hanno avuto un rapporto negativo con il cibo, anche io. Le società non avevano competenze all’inizio e mettevano tanta pressione. Ci sono state tante pressioni esterne e tanta emotività per superare questo ostacolo. In grandissima parte mi ha aiutato lo studio. Negli anni ho imparato a non ascoltare chi non aveva competenze a riguardo.
Cosa hai studiato?
Mi sono laureata in Scienze Motorie e poi in Management dello Sport. Mi piace studiare, ho sempre dato tanto peso all’istruzione. Non credo al fatto di essere un’atleta e di non avere nulla in mano una volta finita la carriera.
Nel tuo futuro che vedi?
Non saprei, ora mi sono presa il tempo per riposare. Ma da gennaio spero di avere qualcosa di più concreto in mano. Sono entrata nel ciclismo da adolescente, non ho esperienze lavorative oltre al correre in bici. L’istruzione e i vari studi mi danno fiducia nell’affrontare il post carriera. Non mi vedo molto legata al mondo del ciclismo, essere preparata mi offre orizzonti più ampi.
Tra 2017 e 2018 l’Astana Womens Team, un primo assaggio di professionismo (foto Instagram)Tra 2017 e 2018 l’Astana Womens Team, un primo assaggio di professionismo (foto Instagram)
Sei diventata elite più di 10 anni fa…
La mia prima squadra (Verinlegno-Fabiani) ha chiuso senza alcun preavviso alla fine di quella stagione. Mi sono trovata che non conoscevo nessuno, e in più era l’anno olimpico. Praticamente un disastro. Per fortuna ho trovato la S.C. Michela Fanini Rox che mi ha dato un’occasione. Più avanti mi sono trovata nella situazione di cercare un’altra squadra, era il 2018 e mi è capitato il progetto della Ceratizit. Con loro ho corso fino al 2022. Alla fine penso di essermi ritagliata il mio ruolo.
Qual è stato?
Fare da gregario, un ruolo che secondo me si confaceva alle mie caratteristiche e che non è stato facile portare avanti per tanto tempo.
Come mai?
Perché nel mondo del ciclismo femminile a livello pro’ e WorldTour c’è spazio per replicare il modello maschile. Ma non tutte le realtà sono così. Non si riesce sempre ad avere una distinzione nitida tra gregarie e capitane. Anche nelle squadre grosse ci sono 15-16 atlete, non di più. E nel calendario ci sono tante gare, spesso le squadre portano 4-5 atlete al posto delle sei previste. Non è facile vedere tante squadre che investono, ma quelle che valgono si vede. La Ceratizit per me è un esempio positivo, in quattro anni con loro non ho mai avuto un dubbio.
Vieceli è stata una delle prime ad entrare nel progetto Ceratizit (foto Instagram)Vieceli è stata una delle prime ad entrare nel progetto Ceratizit (foto Instagram)
Hai deciso di studiare comunque nonostante una carriera avviata…
Per due ragioni. La prima è che il ciclismo per tanti anni non è stato un lavoro, non ci potevo vivere. Se non ci fossero stati i miei genitori, non avrei potuto proseguire. Non giravano soldi, si ricevevano dei rimborsi spese davvero esigui. Il secondo motivo è quello della formazione e della crescita, cosa che dicevo anche prima.
Miglior progresso fatto dal mondo del ciclismo femminile?
Potrò sembrare veniale ma dico gli stipendi. Poter considerare il ciclismo un lavoro è la sicurezza che mancava. Avere un contratto regolare, pagare i contributi, non tutte le ragazze vivono questa situazione, ma sono sempre di più. Vi faccio un esempio…
La carriera si è conclusa quest’anno, con la maglia della Israel Premier Tech Roland (foto Instagram)La carriera si è conclusa quest’anno, con la maglia della Israel Premier Tech Roland (foto Instagram)
Dicci.
Per migliorare in allenamento è necessario crescere e affidarsi anche a figure esperte: allenatori e nutrizionisti. Il problema è che fino a poco tempo fa il rimborso spese era di 300 euro, provate a dirmi voi come ci si poteva affidare a dei professionisti. Considerando che le squadre non ne avevano in organico.
Lasci un ciclismo più cresciuto, ma non ancora “arrivato”.
E’ cresciuto tanto e ne sono contenta. Ma, come detto anche prima, non ha finito il suo processo evolutivo. Sono comunque serena nel lasciarlo in questo modo.