Podenzana e ora Zana: i tre tricolori di Reverberi

11.07.2022
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Trent’anni fa, poco meno. Massimo Podenzana aveva già 32 anni, perché lui – come dice spesso scherzando – è passato a 26 che era già vecchio. A Prato si correva il campionato italiano, in un giorno caldo come a fine giugno in Puglia. E come quest’anno, fu una fuga ad assegnare la maglia tricolore. E se Zana per vincere ha dovuto fare la volata, il “Pode” preferì arrivare da solo, come da solo sarebbe arrivato anche l’anno successivo, centrando una clamorosa doppietta nel 1994 a Cles. Sono i tre tricolori di Reverberi.

Alla corte di Reverberi

Tra le curiosità e le coincidenze, oltre a quelle ultime quattro lettere, il denominatore comune per entrambi è infatti Bruno Reverberi. Tanto che dopo la vittoria di Filippo, l’attuale direttore sportivo del Team Novo Nordisk, ha mandato un messaggio al reggiano, scherzando sul fatto che abbia impiegato trent’anni per rivincere l’italiano.

«A Prato – ricorda – non ero partito per vincere, ma di sicuro per dare battaglia. Ricordo che uscimmo dal circuito di Seano che mi avevano quasi preso. Vedevo dietro Lelli e Sciandri a 100 metri, ma dissi a me stesso che finché non mi avessero raggiunto avrei tenuto duro. Col caldo non ho mai avuto problemi. Salii fino a 1’30” e alla fine ne mantenni uno su Bugno in maglia iridata, Cassani e Faresin».

Zana tricolori 2022
Zana ad Alberobello fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati
Zana tricolori 2022
Zana ad Alberobello fra il presidente Dagnoni e il cittì Bennati

Un altro ciclismo

Trent’anni fa, poco meno. Una vita. Forse Zana non conosce nemmeno la storia del suo predecessore, essendo nato nel 1999 che per Podenzana e gli uomini della Mercatone Uno fu invece maledetto. Ma nel 1993, con Pantani al primo anno da professionista e lo spezzino vestito della maglia Navigare, quel che sarebbe accaduto non era neppure immaginabile. Era un altro ciclismo. Prima del Giro, la squadra di Reverberi partecipò alla Vuelta, perché prima del WorldTour si poteva.

Le stesse squadre, più o meno, ma un ciclismo molto diverso…

Oggi è difficile andare alle grandi corse, devi sperare nell’invito. Prima le facevi tutte. La Navigare era una di quelle squadre piccole, che aveva sempre dentro qualche buon corridore. Bruno puntava sui giovani e, come oggi, ne prendeve sei o sette all’anno, sperando di tirarne fuori qualcuno più forte. Non io, perché ero già vecchio. Ma quell’anno passò con noi Guerini, c’erano Shefer, Barbero e Davidenko, il mio attuale team manager.

Nel 1995, passato alla Brescialat, Podenzana corre con il tricolore all’Amstel
Nel 1995, passato alla Brescialat, Podenzana corre con il tricolore all’Amstel
La maglia tricolore non ha mai cambiato valore però…

Quello non cambia. Indossarla dà sensazioni e una responsabilità. Porti la bandiera del tuo Paese in giro per il mondo. Ricordo che io ero uscito bene dal Giro d’Italia, come anche Zana, che ha fatto bene anche alla Adriatica Ionica Race. Scoprirà anche lui che quando la avrà indosso, sarà spinto a dare il massimo.

Ricordi la tua prima uscita con il tricolore sulle spalle?

Il Trofeo Melinda, se non ricordo male, che vinse Della Santa su Gianetti e Belli. Si arrivava in salita a Fondo. Di certo, ricordo quanto fu strano prepararsi. Ero così poco convinto di vincere il tricolore, che mi ero organizzato una vacanza in Sardegna con la famiglia. Di solito avrei preso la bici davvero poco, quella volta pensai più ad allenarmi che alla vacanza. Il Melinda fu una corsa dura, ma per me fu un’emozione incredibile. E poco dopo andai a Camaiore e vinsi.

Al Giro d’Italia del 1988, al 2° anno da pro’, vince a Rodi Garganico e conquista la maglia rosa
Al Giro d’Italia del 1988, al 2° anno da pro’, vince a Rodi Garganico e conquista la maglia rosa
Oggi ci si stupisce per la pulizia della maglia, nel 1993 non si pensava a un tricolore alternativo…

Credo che il primo per cui si fece una maglia diversa dalla bandiera fu Pozzato, perché la Katusha volle cambiare. La mia era tricolore e basta.

L’anno dopo vincesti nuovamente l’italiano: dopo un po’ ti sei abituato a quel simbolo?

Ero fortunato, perché il tricolore cade in un periodo in cui io sono sempre andato bene. Feci bene alla Bicicleta Basca, vinta ancora da Della Santa. Poi feci bene al Giro, che chiusi al settimo posto. Ebbi anche una caduta, ma per evitare terapie che mi distraessero o mi condizionassero, corsi fino all’italiano senza andare dal dottore. Ci andai dopo e venne fuori un problemino di facile soluzione all’anca. A Cles, al campionato italiano del 1994, feci metà corsa in gruppo e poi me ne andai.

Nel 1993 è campione italiano e corre i mondiali di Oslo, vinti da Armstrong nel diluvio
Nel 1993 è campione italiano e corre i mondiali di Oslo, vinti da Armstrong nel diluvio
E l’anno dopo cambiasti squadra: il tricolore fa mercato?

Difficilmente cambiavo squadra. Passai all’Atala, poi con Reverberi, la Brescialat, Carrera e Mercatone Uno. La Brescialat era la novità, creata da Giupponi, Leali e Bordonali. Il 1995 andò bene, al secondo anno si divisero. Io avevo il contratto con Leali e Giupponi e rischiai di smettere, perché nel 1996 la squadra che nel frattempo era diventata San Marco Group, chiuse. Poteva davvero finire la carriera, ma Boifava mi salvò.

Cosa fece?

A maggio mi aprì le porte della Carrera. Mi portò al Giro di Svizzera e poi al Tour, dove vinsi una tappa e mi sistemai per il futuro. A Boifava devo tanto, voglio ringraziarlo. Fu lui che nel alla fine di quell’anno mi portò da Luciano Pezzi e mi fece firmare con la Mercatone Uno di Marco Pantani, nonostante lui stesse facendo la Asics con Chiappucci.

Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone che vinse il Giro del 1998 con Pantani
Podenzana, 2° da destra, nella Mercatone che vinse il Giro del 1998 con Pantani
Due anni da campione italiano cambiano la vita?

Sono sempre stato uno che non si montava la testa. Sapevo dove potevo arrivare, che poi è il consiglio che mi sento di dare a Zana. Ho vinto poco, ma corse importanti. La tappa al Tour, una al Giro. Il Toscana. Ho portato la maglia rosa e quella azzurra. Sono tutte in un armadio, anche le due tricolori, ma quelle originali.

Ti capita mai di aprire quell’armadio?

E’ successo proprio nei giorni scorsi. Ho preso il Covid e mi sono isolato su in mansarda. E così mi sono messo a riguardare le vecchie foto e le maglie, perché sennò le giornate sarebbero state lunghe. Ho aperto i cassetti e ho rivisto la maglia rosa e la gialla con la dedica e l’autografo del Panta. Bei ricordi. Mia figlia non capiva cosa stessi facendo. Non guardavo la televisione, in compenso ho rivisto la mia storia.

Battaglin e Modolo non si vedono e Bruno Reverberi li sprona

13.04.2022
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Veterani e Bardiani-Csf-Faizanè: di certo non è un bel momento. La squadra di Bruno Reverberi dopo l’addio al ciclismo di Giovanni Visconti, di cui vi abbiamo già raccontato, sta cercando in tutti i modi di far ingranare Enrico Battaglin e Sacha Modolo.

I due veneti erano cresciuti proprio nel Greenteam. Il loro ritorno dopo le esperienze nei grandi team, anche stranieri, era colmo di speranze ed entusiasmo. Ma sin qui si sono visti poco.

E’ vero che la vecchia guardia ha pagato a più caro prezzo “l’effetto del Covid”, ma adesso è ora di far vedere di che pasta sono fatti. La classe comunque non gli manca. Parliamo infatti di due corridori dal palmares importante e con oltre dieci anni di professionismo alle spalle.

Bruno Reverberi lo scorso anno aveva riaccolto Modolo (classe 1987) nella sua squadra dopo otto stagioni
Bruno Reverberi lo scorso anno aveva riaccolto Modolo (classe 1987) nella sua squadra dopo otto stagioni

Su Modolo…

Di loro parliamo proprio con Bruno Reverberi. Il capo, vecchia scuola, non le manda certo a dire. «Come sono messi? Che vanno piano! Forse si stanno risparmiano per il Giro d’Italia, ma se vanno così finisce che non ce li porto».

«Il perché non vanno forte non saprei dirlo: mancano le motivazioni, magari c’è un calo fisico, non so. Eppure Modolo lo scorso anno una corsa l’ha vinta. Ero convinto che si fosse sbloccato, che avesse superato i suoi problemi. Che poi quali problemi? Magari è più un fatto mentale».

«Modolo in questa stagione non è andato oltre il 12° posto, mai nei primi dieci. Ma quel che mi dispiace è che non fa neanche più le volate. Dice che per un quinto o sesto posto non ne vale la pena stare lì a sgomitare. Vediamo cosa combina adesso in Turchia.

«Quello di non fare le volate per il piazzamento è qualcosa che faceva anche da giovane. Ma anche un quinto, un settimo posto servirebbero. Alla fine non lo abbiamo preso perché vincesse 50 corse, ma portare a casa qualche podio, qualche piazzamento sarebbe una buona cosa anche per gli sponsor. A volte ci si deve anche accontentare. E se non vuol fare le volate, magari potrebbe tirarle a Fiorelli».

Enrico Battaglin (classe 1989) in fuga quest’anno a De Panne
Enrico Battaglin (classe 1989) in fuga quest’anno a De Panne

Su Battaglin…

Reverberi passa poi a parlare dell’altro suo big, Enrico Battaglin, atleta che in passato aveva avuto per ben cinque anni e che con la sua squadra aveva ottenuto i successi maggiori.

«Battaglin – riprende Reverberi – al di fuori del Giro non ha mai raccolto grandi risultati, anche quando ha militato in altri team. Il suo storico dice questo. Forse perché lui non è uno che sta lì ad ammazzarsi di allenamento e al Giro per forza di cose deve correre e pedalare come gli altri».

In effetti Battaglin ha colto tre delle sue quattro vittorie da professionista proprio nella corsa rosa: due alla corte di Bruno e una ai tempi della LottoNL-Jumbo. Come a dire che almeno la statistica gioca a suo favore e una sua attesa è più “giustificata”.

Battaglin (a sinistra) e Modolo erano passati e fioriti nella squadra dei Reverberi quando ancora si chiamava Colnago-Csf Inox
Battaglin (a sinistra) e Modolo erano passati nella Colnago-Csf Inox

Calendari e professional

Ma come un buon padre, dopo le tirate d’orecchie, Bruno tende la mano. Spera che le cose possano tornare a girare bene e fa un’analisi corretta della situazione tra professional e WorldTour.

«Su 23 corridori in rosa – spiega – ne abbiamo 12 che sono neoprofessionisti. Nonostante ciò abbiamo già fatto 10 corse WorldTour, ma quando c’è un calendario così ristretto senza le corse in Asia e senza la certezza di partecipazione proprio perché non siamo una WorldTour, cosa succede? Succede che ad inizio stagione mandi tante richieste di partecipazione e se poi te le accettano cosa fai: non vai? E facciamo moltissima attività, ma con pochi spazi».

«Senza le corse in Asia – dice Reverberi – per noi è più difficile fare risultato. L’unico modo per raccogliere qualcosa è andare in fuga, farsi vedere. E guardate che questo vale anche per la maggior parte delle squadre WorldTour. Tolti quei sei o sette team più forti, pigliatutto, anche le altre WorldTour cercano le fughe.

«Mi piacerebbe però che i nostri due ci andassero in fuga. Battaglin ogni tanto ci va. Modolo no, ma giustamente aspetta la volata».

Deda Elementi partner perfetto della Bardiani anche nel 2022

25.01.2022
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Nei giorni scorsi Deda Elementi e Bardiani-CSF-Faizanè hanno ufficializzato che anche per la stagione 2022 proseguiranno nella loro collaborazione tecnica. Si tratta di una partnership “storica” che dura da oltre quindici anni. Questa collaborazione da un lato ha permesso al team guidato da Roberto Reverberi di contare sul supporto di componenti altamente affidabili, dall’altro ha consentito all’azienda di Campagnola Cremasca di ottenere feedback importanti nello sviluppo dei propri prodotti.

Il manubrio per la Bardiani nella stagione 2022 sarà l’Alanera Deda Elementi (foto Bardiani)
Il manubrio per la Bardiani nella stagione 2022 sarà l’Alanera Deda Elementi (foto Bardiani)

Soddisfazione reciproca

Ascoltando i responsabili di Deda Elementi e di Bardiani CSF Faizanè possiamo cogliere come sia reciproca la soddisfazione per un rapporto così consolidato.

«Come azienda italiana – ha affermato Gianluca Cattaneo, Direttore Commerciale di Deda Elementi – siamo orgogliosi di riaffermare il supporto alla squadra di Bruno e Roberto Reverberi con cui nel tempo si è stretta una collaborazione vincente. I feedback di atleti professionisti che partecipano alle gare più importanti del calendario UCI saranno come sempre preziosi per sviluppare le nostre gamme di prodotti, oltre ad aumentare la visibilità e l’awareness del nostro brand».

Possiamo registrare le prime affermazioni di Roberto Reverberi, team manager della Bardiani-CSF-Faizanè: «La nostra squadra di partner tecnici è di prima qualità. Con Deda c’è una proficua collaborazione che ci permette di avere ogni anno prodotti rinnovati grazie ai nostri feedback e al continuo confronto con l’azienda che ci segue sempre con grande precisione».

Deda Elementi sarà partner del Bardiani CSf Faizanè nel 2022 (foto Bardiani)
Deda Elementi sarà partner del Bardiani CSf Faizanè nel 2022 (foto Bardiani)

Il meglio di Deda

In attesa che la stagione entri nel vivo con le prime gare di un certo spessore, possiamo già anticipare quella che sarà la dotazione tecnica che andrà ad equipaggiare le biciclette Cipollini in dotazione alla Bardiani CSF Faizanè. Resta naturalmente confermato il manubrio integrato Alanera, massima espressione della ricerca di Deda Elementi. La versione DCR (Deda Internal Cable Routing) garantisce una integrazione completa dei cavi all’interno del manubrio e nel telaio.

Parlando di ruote, il team potrà contare sulle SL45TDB ideali per tutte le condizioni di gara (foto Bardiani apertura). Per l’utente finale segnaliamo che sono disponibili sul mercato anche in versione per copertoncino/tubeless ready, per un’offerta completa ad un prezzo altamente competitivo. Restando in tema di ruote da gara, quest’anno debutteranno in gara le RS4DB che avevamo avuto modo di vedere in anteprima in occasione di una nostra recente visita in azienda.

Nelle prove contro il tempo il team monterà le estensioni Jet sul manubrio basebar Tribar. I ragazzi della Bardiani CSF Faizanè potranno inoltre montare all’anteriore la ruota SL62DB tubeless ready e al posteriore la lenticolare SL Hero TDB.

Completa la dotazione destinate alle Cipollini in uso alla  CSF Faizanè il nastro manubrio bicolore Loop dal peso estremamente leggero e con un ottimo comfort.

Nastro Manubrio bicolore Loop di Deda Elementi (foto Bardiani)
Nastro Manubrio bicolore Loop di Deda Elementi (foto Bardiani)

Non solo Bardiani

Nel 2022 di Deda Elementi non ci sarà soltanto la collaborazione con la Bardiani-CSF-Faizané. L’azienda sarà infatti accanto a diversi team professionistici maschili e femminile mettendo a loro disposizione il meglio della propria componentistica. A livello di uomini segnaliamo Lotto-Soudal, UAE Team Emirates, Drone Hopper – Androni Giocattoli, Sport Vlandereen. Per quel che riguarda le donne troviamo UAE team ADQ, Lotto-Soudal, BePink, Charente-Maritime e Cams Basso.

Deda Elementi

Rossato-Modolo, storia veneta di grinta e fiducia

21.11.2021
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«Rossato lo conosco da quando ero dilettante alla Zalf e lui guidava la Parolin. Era ed è ancora un bel cagnaccio veneto. Quello che serve a me».

Con queste parole un paio di giorni fa, Sacha Modolo ha descritto Mirko Rossato, il direttore sportivo che lo aspetta alla Bardiani-Csf e con cui ha già lavorato nei suoi anni con il team di Reverberi. Un po’ per ridere e un po’ incuriositi dalla definizione, abbiamo bussato alle porte del padovano, che in realtà ormai vive da qualche anno in Spagna, per capire che cosa intendesse Modolo.

«Un cagnaccio veneto – sorride Rossato – è uno che non molla mai. Uno che vorrebbe sempre vincere e cerca in tutti i modi di motivare i ragazzi. Cerca di stimolarli e dargli degli obiettivi. Uno che crede nel corridore e riesce a fargli capire questa fiducia. Che sa anche gestire i momenti di difficoltà. Già ai tempi della Fior, Sacha era un ottimo corridore, uno di classe. E anche quando abbiamo lavorato insieme alla Bardiani, aveva grinta, ma aveva bisogno comunque che gli si stesse accanto…».

Super vincente anche da U23. Qui nel 2009 a Sommacampagna, Modolo davanti a Viviani e Cimolai
Super vincente anche da U23. Nel 2009 a Sommacampagna, Modolo davanti a Viviani e Cimolai

Il piatto è ricco. Abbiamo ben chiare le espressioni da mastino di Rossato quando punta un obiettivo oppure se qualcosa non va e vuole fartelo capire. Anche la fisicità conta e Mirko sa farsi rispettare con quel suo portamento da velocista e qualche ruggito nei punti salienti della frase.

Aveva bisogno che gli si stesse accanto: che cosa vuol dire?

Che se una gara andava male, come può capitare, non serviva puntare il dito. Era meglio andare a cena, parlando d’altro. Poi magari prima di tornare in camera, ti sedevi lì con una birra, cominciavi a chiacchierare e piano piano arrivavi a dire quello che era andato e quello che poteva andare meglio. E andavi a dormire sapendo che il giorno dopo sarebbe stato migliore. C’è un aneddoto che non dimenticherò mai…

Nel 2012 con Battaglin e la… pulce Pozzovivo, lanciato proprio dalla Bardiani
Nel 2012 con la… pulce Pozzovivo, lanciato proprio dalla Bardiani
Racconta.

Nel 2013 eravamo in Cina a correre il Tour of Qingai Lake, che si faceva a luglio dopo il Giro d’Italia. Sacha aveva vinto la prima tappa, ma il giorno dopo mi disse di stargli vicino perché stava malissimo e rischiava di ritirarsi. Può capitare che un corridore si svegli nel verso sbagliato. Io sapevo che c’erano altre dieci tappe e così con l’ammiraglia rimasi vicino al gruppetto, anche a scapito di quelli che avevo davanti, Colbrelli compreso. Rimasi lì finché non gli vidi prendere un buon passo e poi gli chiesi se potevo andare. Lui mi disse di sì, il momento di crisi era passato. Finì la tappa. E nei giorni successivi ne vinse altre cinque. Questo è Sacha…

E lui per primo ha detto di aver bisogno proprio di questo.

Qui trova un ambiente familiare. Conosce bene i Reverberi che sono i pilastri della società. Bruno non gli stresserà il carattere e tantomeno Roberto. Ha bisogno di lavorare tranquillo, con degli obiettivi veri.

Viene da un paio di anni davvero difficili.

Ma ho visto la Vuelta ed è andato fortissimo. Poi ha trovato la continuità per vincere una delle ultime corse di stagione, con quasi 3.000 metri di dislivello, su strade toste che magari qua non si conoscono.

Modolo e Rossato hanno già lavorato insieme alla Bardiani, dopo anni in squadre rivali fra gli U23
Modolo e Rossato hanno già lavorato insieme alla Bardiani, dopo anni in squadre rivali fra gli U23
La grinta che metti ora nel tuo ruolo ce l’avevi da corridore?

Quando puntavo, la cattiveria agonistica non mi mancava. Ma forse è vero che adesso ci metto più grinta, perché vorrei che i ragazzi che dirigo non commettessero i miei stessi errori.

Tu ce l’hai avuto un cagnaccio veneto come Rossato?

Un cagnaccio veneto… (ci pensa e sorride, ndr). In primis metterei Remigio Zanatta, poi Billy Ceresoli che aveva una grinta notevole. Alla Mg Boys eravamo uno squadrone con Rebellin, Minali, Salvato, Conte e Zanette e non ne lasciavamo una. E poi Bruno Reverberi, quando ho corso con lui. Anche lui è un cagnaccio. Un bel cagnaccio… emiliano!

Sacha torna a casa ed è pronto a tutto. Anche a graffiare…

18.11.2021
4 min
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Sacha torna a casa e ne è contento. La Bardiani Csf Faizanè gli ha spalancato le porte con uno dei colpi di mercato più efficaci in ambito professional. Eppure qualcosa del modo in cui si è chiuso il rapporto con la Alpecin-Fenix provoca tristezza nel trevigiano che quest’anno finalmente è tornato a vedere la luce.

«Speravo di rimanere – dice Modolo – specialmente dopo aver vinto. Invece loro hanno sposato un progetto di ringiovanimento, di cui peraltro mi avevano parlato. Alla Vuelta ho lavorato bene per Philipsen e mi proponevo per fare ancora questo. Non posso dire niente su come si sono comportati. Durante il periodo dell’infortunio mi sono stati vicini e mi hanno sempre pagato. Non mi hanno lasciato a piedi e questo lo apprezzo».

Il Modolo che approda alla Bardiani (in apertura al Giro di Danimarca del 2011) ha vinto una tappa al Giro del Lussemburgo a metà settembre, battendo Cosnefroy, Grosu, Boasson Hagen e Vendrame, in una delle rare occasioni in cui la squadra gli ha permesso di fare la sua volata.

La vittoria di Sacha Modolo al Lussemburgo la scorsa estate (screenshot a video)
La vittoria di Sacha Modolo al Lussemburgo la scorsa estate (screenshot a video)
Tornando alla Bardiani non sarai quello che tira le volate, ma quello che le fa…

Mi ritrovo sulle spalle il ruolo di faro della squadra e non mi fa paura. Spero di essere bravo a trasmettere qualcosa a questi giovani. La politica di puntare solo sui giovani funziona, ma crescere senza riferimenti non è sempre facile. Quando ero con loro, c’erano in squadra Pozzovivo, Gavazzi e Belletti da cui comunque si poteva imparare tanto.

Che sensazioni ti dà tornare alla squadra in cui sei passato professionista?

E’ bello tornare – fa una pausa Sacha – Stavo per smettere, non avevo alternative e non dipendeva da me. E se non avessi vinto a fine stagione, avrei avuto anche meno possibilità. Parlavo con mia moglie. Le dicevo che non ne sarei venuto fuori. Poi ho vinto, dopo due mesi che non correvo. E adesso vedo la luce.

Secondo tanti, la vera differenza la fa la testa…

Soprattutto nel mio caso, posso confermarlo. Vengo da tre anni di problemi e di testa non c’ero più. Poi una sera a cena sentimmo Vendrame che parlava dell’importanza del mental coach e ho iniziato a pensarci anche io. Mia moglie già da un po’ mi diceva che non mi riconosceva più, così grazie a un consiglio di Soraya Paladin, mi sono rivolto a Moreno Biscaro di Ponte di Piave e mi ha un po’ ripreso…

Il trevigiano (classe 1987) è stato alla Alpecin per due stagioni
Il trevigiano (classe 1987) è stato alla Alpecin per due stagioni
Perché non farlo prima?

Perché io ero di quelli secondo cui non serviva. Mi automotivavo da solo. Invece c’è voluto lui per salvarmi, perché ero davvero a terra.

Rivedremo il Modolo cannibale dei dilettanti?

Eh, quello mi sa che è rimasto a quel periodo. Mi piaceva vincere, ma era un ciclismo più romantico, con più tempo per fare le cose. Sono contento di avere la mia età, non vorrei essere un neoprofessionista oggi.

Arrivi al 2022 con grandi motivazioni?

Grandissime. Appena ho firmato, ho chiamato tutti quelli che conosco nella Bardiani, da Amoriello a Rossato. Mirko lo conosco da quando ero dilettante alla Zalf e lui guidava la Parolin, era ed è ancora un bel cagnaccio veneto. Quello che serve a me.

Bruno Reverberi (ri)accoglie Modolo. Passò pro’ con questo team nel 2010
Bruno Reverberi (ri)accoglie Modolo. Passò pro’ con questo team nel 2010
Come è nato il ritorno?

Feci una chiacchierata con Bruno (Reverberi, ndr). Lui me lo propose e io cominciai a pensare a come poteva essere. Ho accettato, ma non ho obiettivi precisi, se non tornare quello che ero. Non il velocista puro, ma quello veloce che tiene sugli strappi. Ho qualche rivincita da prendermi con la sorte.

Ad esempio?

Nel 2017 con la UAE feci settimo al Fiandre, cercando proprio di uscire dai panni del velocista. Firmai con la EF Procycling per continuare e per lavorare con Vanmarcke e corridori di esperienza al Nord. Invece proprio lì sono iniziati i problemi. Ora sarà dura fare le classiche, è diventata difficile anche la Sanremo…

Perché?

Per colpa di Nibali, glielo rinfaccio spesso. Con quel suo attacco nel 2018 ha messo in testa agli scalatori che possono provarci. E così adesso il Poggio si fa a una velocità pazzesca e i velocisti là in cima passano troppo staccati. Oddio, in realtà, io non sarei più un velocista…

Sorride, saluta, che sia un bell’inverno. La rincorsa è appena cominciata.

Manzoni resta a piedi: storia di un rapporto mai nato

21.12.2020
4 min
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Mario Manzoni non viaggerà più sull’ammiraglia della Bardiani-Csf. Questa è una di quelle notizie che nell’ambiente si conoscono, ma di cui non si parla, dandole per scontate. In realtà però Mario è un bravo tecnico e ancor prima una brava persona, per cui approfondire il perché lui sia senza lavoro è un passaggio da fare.

Caratteri diversi

Mario una spiegazione vera non sa darsela, se non pensare che a Bruno Reverberi il suo modo di lavorare non sia piaciuto. A quanto risulta dalle voci del gruppo, pare che al momento di assorbire parte della Nippo-Fantini che chiudeva (la foto di apertura risale al Giro del 2016 quando Manzoni guidava Cunego) e dovendo prendere almeno un direttore sportivo, Reverberi volesse proprio lui. E che Mario, per cameratismo, abbia spinto perché venisse preso anche Donati.

«Reputo la Bardiani – dice Manzoni – una delle squadre più solide in Italia, per cui andarci mi incuriosiva. Anche se chi mi conosce e conosce quell’ambiente mi diceva che con il mio carattere non mi sarei trovato bene. Ma io non volevo crederci e ho provato».

Giovanni Fidanza, Mario Manzoni, Giro d'Italia 2002
Giro d’Italia 2002, la Index vincerà con Savoldelli: Fidanza in ammiraglia, Manzoni in gruppo
Giovanni Fidanza, Mario Manzoni, Giro d'Italia 2002
Guidato da Fidanza nella Index che vincerà il Giro 2002

Dopo Zanatta

Reverberi al riguardo dice che lo sponsor Faizanè, entrato nel suo gruppo, non abbia mai spinto più di tanto.

«Ci hanno detto che lui e Donati erano bravi – dice Bruno – e visto che andava via Zanatta, li abbiamo presi. Che poi in realtà neppure servirebbero quattro direttori. Ognuno ha le sue idee e ognuno gestisce la sua squadra come meglio crede. Nella mia, o fanno quello che dico io, oppure niente».

Un problema tecnico

La storia dice che in tutta questa balorda stagione del Covid, fra Manzoni e Reverberi ci sia stata una sola discussione, nata quando un corridore si è rivolto a Manzoni segnalandogli un problema tecnico. Il bergamasco, dopo aver risposto al corridore che nulla sarebbe cambiato nell’anno in corso, si è rivolto a Reverberi, segnalando il problema.

«Per una volta che un corridore viene a dare un contributo costruttivo – dice – faceva parte del mio dovere di direttore sportivo tenere la cosa all’interno della squadra e parlarne con il mio team manager, nell’interesse della stessa squadra. Non sono un direttore, come dice lui, che guida solo la macchina, tutt’altro… In tanti anni che faccio il direttore sportivo, mi sono sempre sentito aziendalista, passatemi il termine. Ho sempre messo le esigenze della squadra davanti a tutto. Faccio il bene dei corridori per fare il bene della squadra. E invece questa volta mi sono sentito trattato quasi fossi un sindacalista. Non ho rivincite da prendermi, ma quello che mi è successo è ingiusto. Non posso essere messo in discussione per questo. E probabilmente non si doveva neanche discutere tanto, quanto piuttosto affrontare il problema e risolverlo per il bene della squadra».

La legge di Bruno

Reverberi al riguardo dice che per un direttore sportivo prima di tutto deve venire l’interesse della squadra e almeno su questo i due sembrano allineati. Poi però continua.

«Da quando c’è il WorldTour – dice – le squadre si sono riempite di direttori che, come diceva Saronni, guidano la macchina. Ricordate la fuga di Pescara al Giro del 2010 che poi vinse Basso? Tutta quella baraonda successe perché i direttori sportivi non hanno capito la situazione. A me non piacciono quelli che assecondano sempre i corridori, perché così quando cambiano squadra se li portano dietro. Ho sempre condotto la mia squadra in un certo modo e se ho dei contratti, mi aspetto che il direttore sportivo sia dalla mia parte nel far capire ai corridori che non si faranno eccezioni».

Bruno Reverberi, Mario Cipollini, Roberto Reverberi 2016
A partire dal 2021 la squadra di Reverberi correrà di nuovo su bici Cipollini. Foto del 2016
Bruno Reverberi, Mario Cipollini, Roberto Reverberi 2016
La squadra di Reverberi avrà di nuovo bici Cipollini

Scoperto per caso

Manzoni ha saputo di non fare più parte dei piani della squadra quando ha visto che il suo nome non era fra quelli del Giro d’Italia, quindi a ottobre. Nessuna comunicazione, scritta o verbale.

«A quel punto ho chiamato – dice – e ho avuto la conferma che non avrei fatto il Giro, senza alcun dettaglio in più. Ma non cerco vendette o riscatto, non l’ho mai fatto. E non voglio uscire da questa storia diverso da quello che sono sempre stato».

Come al Giro del ’97

Adesso il punto è trovare una squadra o una diversa collocazione, anche se siamo tanto avanti nella stagione e le difficoltà dei team sono sotto gli occhi di tutti. Alla Bardiani nel frattempo è arrivato Amoriello che, a detta di Reverberi, sarà più utile alla squadra, mentre Mario continua il suo giro di sondaggi, che lo hanno portato a chiamare diverse squadre a ad avere un primo contatto con Allocchio ed Rcs.

Non è certo il miglior modo per affacciarsi sul Natale. Ma lui, con lo stile che lo ha sempre contraddistinto anche quando era corridore, preferisce guardare avanti e tenersi in corpo l’eventuale voglia di rivalsa. Come quando al Giro del 1997 da velocista vinse per distacco la tappa del Giro d’Italia a Cava dei Tirreni, di cui pochi si ricordano. Quel giorno infatti Pantani cadde a causa del gatto del Chiunzi e le telecamere mostrarono a malapena l’arrivo di Manzoni e della sua maglia Roslotto. Non ci sono nemmeno le foto. Avrebbe potuto farlo notare, ma visse la gioia dentro di sé e capì che spesso ci sono situazioni cui è inutile opporsi. Forse non avrebbe voluto nemmeno che entrassimo nell’argomento, ma la storia meritava si essere raccontata. E comunque alla fine, quel problema tecnico è stato risolto con un cambio di sponsor.

Bardiani nuova strategia: sì a stranieri ed esperti

05.11.2020
4 min
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Tra le professional italiane, per ora, la Bardiani CSF Faizanè è la più attiva sul fronte del ciclomercato. Dieci nuovi innesti e una rosa che arriva a 22 corridori. La strategia sembra un po’ cambiata rispetto agli ultimi anni, in cui Bruno e Roberto Reverberi andavano a cercare quasi esclusivamente giovani o neoprofessionisti. Quest’anno infatti sono entrati in squadra anche Enrico Battaglin e Giovanni Visconti, quest’ultimo più che un veterano.

Bruno Reverberi, 74 anni, team manager della Bardiani
Bruno Reverberi, 74 anni

La perla Visconti

Visconti è senza dubbio il colpaccio. Corridore di calibro, esperto, dal palmares importante.

«Giovanni – racconta Bruno Reverberi – era già un po’ che voleva andare via. “Dai vengo con voi”, mi diceva al Giro. Dopo la corsa rosa ci siamo risentiti e siamo riusciti a mettere insieme, grazie agli sponsor, quello di cui avevamo bisogno. Siamo contenti di averlo preso. Noi storicamente abbiamo insistito sui giovani, ma forse ne avevamo troppi e ci serviva proprio una figura come quella di Visconti. Una persona a cui piace il suo mestiere, che può stare vicino ai ragazzi nelle corse e soprattutto durante la settimana».

Oltre a Visconti, come accennavamo, c’è il ritorno di Enrico Battaglin. “Battaglia” aveva trovato l’accordo già prima del Giro. Veniva da esperienze nel WorldTour ma non aveva brillato come aveva fatto ai tempi in cui vestiva proprio la maglia della Bardiani. Anche questa sarà una sfida e uno stimolo. Per squadra e corridore.

Al Giro i ragazzi di Reverberi hanno coperto 1.700 chilometri di fuga
Per la Bardiani 1.700 chilometri di fuga al Giro

Anche gli stranieri

Ma che l’aria sia cambiata lo dice anche l’ingaggio di due stranieri: Kevin Rivera, costaricano di 22 anni, e Johnatan Canaveral, colombiano di 24. Soprattutto Rivera si dice abbia dei valori in salita estremamente elevati.

«Abbiamo preso anche degli stranieri – continua Reverberi – perché il livello è altissimo da una parte e basso dall’altra. Oggi i migliori dilettanti passano nelle WorldTour e vanno a fare i gregari. Restano i dilettanti di seconda fascia, ma quelli di adesso poi nel professionismo fanno fatica. Una volta andavi a prendere i Pozzovivo, i Brambilla, i Colbrelli. Se non hai qualità è dura».

«Guardiamo ai risultati: cosa abbiamo vinto noi tre professional italiane? In Italia solo Visconti ha ottenuto un secondo posto al Giro, basta. Savio dice che vince, ma dove? In Malesa, Cina… anzi che quest’anno si è portato a casa una tappa dall’Argentina dove il livello è già diverso. L’unica possibilità che abbiamo è di metterci in mostra al Giro, alla Sanremo perché se dovessimo ripagare gli sponsor con i risultati sarebbe dura».

Due promesse

Un corridore che si potrebbe mettere tra i veterani, ma che certo non è “vecchio” è Andrea Garosio. Da dilettante lui era davvero bravo, poi si è perso un po’ tra WorldTour e infortuni. Ma il saggio manager emiliano rilancia su due giovani. Anzi, su un giovane e un giovanissimo: Samuele Zoccarato (22 anni) e Tomas Trainini (19 anni).

«Zoccarato è un bel corridore. Ha grinta, come piace a me. Quest’anno nell’ultima tappa del Giro d’Italia U23 è andato molto bene sul Mortirolo e Trainini l’ho preso per anticipare un po’ le WorldTour. Questo ragazzo era alla Colpack Continental, alla fine poteva fare, in Italia, un calendario molto simile a quello che posso proporgli io e così l’ho preso».

Tomas Trainini agli europei juniores 2019
Tomas Trainini agli europei juniores 2019

«Qui comando io»

In tanti anni Bruno ne ha avute di soddisfazioni. E’ stato il ponte tra il dilettantismo e il professionismo d’elite. Senza contare che la sua stessa squadra ne ha vinte di belle corse, ma certo Bruno è famoso anche per il suo carattere forte. E per questo chissà che non possa scontarsi con un corridore di personalità come Visconti.

«Ah questo è impossibile perché qui comando io e si fa come dico io. Se non ti sta bene quella è la porta. Con me è così. Tenni questo comportamento persino con Van Impe che aveva vinto il Tour. Vai a tirare gli, dicevo. “Perché?”, mi rispondeva lui. Perché te lo dico stasera, tu intanto vai davanti.

«Chi mi ha colpito in tanti anni? Giulio Ciccone. Sapevo che era forte ma non credevo così tanto. E le delusioni, beh quelle potete immaginarle voi…».

Giovanni Visconti, Etna, Giro d'Italia 2020

Il Marine da Reverberi: tutto da scoprire

05.11.2020
3 min
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Giovanni “Marine” Visconti alla Bardiani fa notizia, perché non era mai successo che il leader di una professional italiana diventasse leader di un’altra. Come fra parrocchie contrapposte, raramente si sono visti scambi di figure carismatiche. Ma Visconti cercava un contratto da firmare e i dirigenti della Vini Zabù-Ktm facevano finta di niente. All’ultimo incontro, il 2 novembre, nessuna proposta. Per questo quando è passato il treno dei Reverberi ed è stato chiaro che alle sue spalle c’erano sponsor disposti a farsi carico dei costi, Giovanni ha firmato. Alla Bardiani-Csf serviva una figura di riferimento per i tanti giovani del team e così Visco ha accettato la sfida.

«Sarei rimasto con Scinto a vita – racconta – ma la realtà è che non ho mai ricevuto proposte di rinnovo. Rischiavo di smettere di correre e questa cosa non riuscivo a digerirla. Ovviamente quando è uscita la notizia che avevo firmato, qualcuno si è affrettato a dire che gli stessi soldi avrebbe potuto darmeli anche lui. So quello che lascio. So che in quella squadra ero il figlio prediletto, ma a 37 anni avevo bisogno di qualche certezza in più. San Baronto resta il posto in cui ho scelto di vivere e dove sto benissimo, ma il lavoro è un’altra cosa».

Giovanni Visconti, San Daniele del Friuli, Giro d'Italia 2020
Alla partenza da San Daniele del Friuli, ma la maglia dei Gpm è segnata
Giovanni Visconti, San Daniele del Friuli, Giro d'Italia 2020
Assorto al via da San Daniele del Friuli

Vita nuova

Pare che Reverberi sia gasato per l’arrivo del siciliano: un corridore di questa levatura da quelle parti non si vedeva probabilmente dall’ultimo Colbrelli.

«La Bardiani – dice Visconti – è una squadra ben organizzata, ai corridori non manca nulla. Però gli mancava un leader che unisse il gruppo dei giovani. Bruno Reverberi mi ha preso in simpatia. Lo so che è un cagnaccio, ma io so parlare la sua lingua. E se divento uno che allinea la squadra alla sua filosofia, la cosa funziona. Sono euforici. Ho parlato anche con i Bardiani. E’ come ricominciare e trovare stimoli nuovi. Con tutte le proporzioni e scusandomi per il paragone, Froome alla Ineos era soltanto il vecchio Froome, mentre alla Israel sarà il campione più desiderato. Dopo un po’ si ha voglia di sentirsi importanti. Ho voglia di misurarmi con un tecnico grintoso come Rossato.

Al minimo

Sembra un altro. Voi non c’eravate a sentirlo parlare negli ultimi giorni del Giro, prima che si ritirasse. Il cielo era nero e, complici complesse vicende familiari, il ritiro era l’unica carta da giocare.

«Fino a tre giorni fa – conferma – ero arrabbiato con tutti. Ho pensato di smettere. Sono stato tutto l’anno con grinta e testa, ma gambe schifose. L’Etna è stata una mazzata. Però mi sembrava ingiusto non ricevere offerte, per tutto quello che ho fatto vedere. Soprattutto che le offerte non arrivassero dalla mia squadra. Alla fine i Carera hanno girato, ma intorno era pieno di squadre che volevano prendere i corridori al minimo. Se devo correre al minimo, per i sacrifici che devo fare a 37 anni in questo ciclismo in cui tutti vanno forte, tanto vale fermarsi. Meglio puntare a un altro ruolo. Forse avrei guadagnato di meno, ma mi sarei stancato anche di meno…».

Un anno ancora

Questo è Visconti, prendere o lasciare. Dalle stelle alle stalle in una notte. E forse pensando al suo rapporto con Reverberi, speriamo che ingrani subito bene. Perché Bruno è un… molosso vecchio stampo e sono tanti i corridori che l’hanno deluso che lui ha scaricato.

«In due giorni – dice Visconti – mi è cambiata la vita. Sono uscito a correre per un’ora e quasi non sentivo la fatica. Dovrò ripartire senza esagerare. Ieri sono andato a funghi, a camminare. Il ginocchio sta bene, ma soprattutto avevo bisogno di ritrovare la serenità. A casa nostra va così: quando io non sono calmo, anche mia moglie diventa nervosa e litiga con tutti. Invece finalmente inizia un inverno sereno. Ho sempre detto che avrei voluto fare ancora un anno e poi avrei valutato. Il 2020 è andato come sappiamo, vediamo di fare un bel 2021. Che arrivi la nuova bici e che finalmente si ricominci».

Roberto Reverberi

Reverberi, ma chi è questo Fiorelli?

Giada Gambino
29.09.2020
3 min
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Roberto Reverberi, uno dei direttori sportivi con tanta esperienza e tra i più stimati in Italia, è a capo della squadra professional Bardiani CSF Faizanè. Tra i corridori della sua formazione, per il Giro d’Italia, ha selezionato il neoprofessionista siciliano Filippo Fiorelli spiegandone, così, il motivo… 

In che modo Fiorelli è arrivato a casa Reverberi? 

Un giorno Marcello Massini, il suo direttore sportivo, mi chiamò. «Lo sai che rompo poche volte – disse – e se lo faccio c’è un motivo! Ho un corridore che ha delle forti doti. Ha iniziato tardi e per questo non ha neanche avuto modo di mettersi molto in mostra». Non ce lo siamo fatti ripetere due volte. Nonostante non avesse un passato ciclistico alle spalle, lo abbiamo preso, fidandoci della grande competenza di Massini. E non ce ne siamo minimamente pentiti. 

Filippo Fiorelli
Filippo Fiorelli, per lui buon debutto al Giro d’Italia
Filippo Fiorelli
Filippo Fiorelli, siciliano, per lui buon debutto al Giro d’Italia
In questa prima fase che sensazioni vi ha dato? 

Filippo ci ha subito dato delle piccole soddisfazioni. Le corse cui ha partecipato, essendo le prime dopo la quarantena, hanno avuto come protagonisti corridori di un certo livello e tante squadre WorldTour. Tutti affamati di risultati, con tanta voglia di gareggiare. E’ al primo anno da professionista, ciclisticamente è molto giovane. Eppure è uno dei ragazzi che ha fatto più piazzamenti e questo bisogna apprezzarlo ed evidenziarlo.

Da un punto di vista caratteriale come lo descriveresti? 

Fiorelli è un ragazzo tranquillo. Per quel poco che ho potuto osservare, visti i vari problemi dettati dal coronavirus, mi è sembrato anche molto modesto e con tanta voglia di imparare. Questo è un ulteriore fattore positivo, da non trascurare per il potenziale che potrà esprimere. 

Facendo invece un’analisi tecnica?

È un ciclista abbastanza completo: si difende in salita ed è veloce. I percorsi veloci che ci sono oggi, che per la maggior parte non sono per velocisti puri, possono essere adatti a lui. Sapendosi gestire in salita, rispetto a molti sprinter, in una volata con una ventina di corridori potrebbe avere la meglio. Potrei paragonarlo a Ulissi

Cosa porterà a casa dal Giro d’Italia? 

Tanta esperienza. Se dovesse portare a casa qualche buon risultato… tanto meglio, ma il suo principale obiettivo sarà quello di correre, imparare e crescere. Lo abbiamo voluto portare al Giro perché se lo merita e perché, a differenza di altri suoi compagni, ha una buona condizione dovuta forse ad un migliore allenamento.

Cosa rappresenta il Giro per la Bardiani?

La vetrina principale. La corsa in cui mettersi in mostra entrando nelle fughe di giornata. Come è già successo in passato… una vittoria di tappa non dispiacerebbe.

Ritornando a Fiorelli, cosa si aspetta da lui Roberto Reverberi? 

Non escludo niente. È un buon corridore. Il fatto che non abbia una storia ciclistica alle spalle, come stiamo vedendo recentemente con molti giovani che vengono da altri sport, non è un rilevante. Anche se non ha fatto il classico percorso, iniziando con le categorie giovanili, ci potremmo anche aspettare delle belle sorprese. Ha solo margini di miglioramento. Nel giro di due anni potrebbe diventare un grande corridore