Erzen su Martinez: già sogna in grande (e in giallo)

27.12.2024
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Lenny Martinez, giovane promessa del ciclismo francese, la scorsa estate ha scelto di lasciare la Groupama-FDJ per approdare alla Bahrain-Victorious a partire dal 2025. Una decisione che rappresenta una svolta cruciale per il ventenne scalatore, reduce da una stagione impegnativa. Ma una decisione che segna un bel cambio di passo anche per la nuova squadra.

Il team guidato da Milan Erzen, infatti, ha grandi ambizioni per lui, desiderando trasformarlo nel miglior ciclista francese della sua generazione. E ha anche la voglia di tornare il super team che fu nel 2023.

Il contratto di Lenny con la Bahrain entra ufficialmente in vigore il 1° gennaio, e prima di quella data non potrà parlare, ma Martinez sembra già focalizzato su obiettivi ambiziosi, in primis il Tour de France. Tanto più che anche la Bahrain vuole questo.

Milan Erzen, patron della Bahrain-Victorious
Milan Erzen, patron della Bahrain-Victorious

Parla Erzen

Milan Erzen, team principal della Bahrain-Victorious, recentemente ha espresso grande fiducia nel talento di Lenny Martinez, dichiarando che l’obiettivo sia «renderlo il miglior corridore francese di questa decade».

«Abbiamo scelto Lenny quando era ancora junior – ha detto Erzen – riconoscendo le sue potenzialità per le corse a tappe. Nonostante il focus principale non sia necessariamente la conquista del Tour de France, almeno per ora, il suo programma includerà appuntamenti chiave come la Parigi-Nizza e il Delfinato, oltre ad alcune classiche».

La squadra punta su una strategia condivisa con Martinez: Lenny infatti condividerà il ruolo di leader con Santiago Buitrago. I due dovrebbero fare un calendario parallelo e questo dovrebbe permettere ad entrambi di gestire meglio la pressione.

«Sul Tour è più importante vincere due tappe che finire decimo in classifica generale», ha aggiunto Erzen, ribadendo l’importanza di un approccio misurato per Martinez. Sa bene che non può chiedergli obiettivi oggettivamente fuori portata, almeno per adesso.

Il francese aveva interrotto la stagione a fine settembre per una caduta: ma da qualche settimana sta già spingendo forte (foto Instagram)
Il francese aveva interrotto la stagione a fine settembre per una caduta: ma da qualche settimana sta già spingendo forte (foto Instagram)

La posta in palio…

Il giovane scalatore è già mentalmente proiettato verso la nuova stagione. Dopo un debutto complesso al Tour de France, dove questa estate ha vissuto alti e bassi, ma ha mostrato sprazzi di talento, Martinez ha dichiarato di aver imparato molto da questa esperienza. «Non ero in forma al Tour, ma ora so cosa mi aspetta nelle prossime edizioni – aveva detto dopo la Vuelta – e anche per questo quest’inverno mi allenerò tantissimo».

La sua scelta di lasciare la Groupama-FDJ è stata motivata dalla voglia di crescere in un ambiente internazionale che punta sui giovani talenti. In tempi non sospetti dichiarò di aver lasciato la squadra che lo aveva cresciuto per non avere rimpianti, cosa che segnò la rottura definitiva con patron Marc Madiot, e aggiunse anche che aveva avuto rassicurazione sul fatto che sarebbe stato un leader. Tutti aspetti che sono la prova della determinazione, ma che davvero come dicevamo lo metteranno di fronte al più grande bivio della sua carriera: campione o buon buon corridore.

Insomma, Lenny Martinez si gioca tanto e lo sa bene.

Se davvero Martinez e la Bahrain vorranno vincere il Tour nei prossimo anni, saranno chiamati a fare un grande lavoro anche a crono
Se davvero Martinez e la Bahrain vorranno vincere il Tour nei prossimo anni, saranno chiamati a fare un grande lavoro anche a crono

Fiducia in Lenny

Anche Miguel Martinez, padre di Lenny e leggenda del ciclismo, ha avuto un ruolo fondamentale nella scelta del figlio di trasferirsi alla Bahrain-Victorious. Convinto che questo cambio fosse necessario per la sua crescita, Miguel ha spinto affinché Lenny lasciasse la Groupama-FDJ per un team che gli offrisse maggiori opportunità (e uno stipendio decisamente più corposo).

Ma di fonte a tutto ciò patron Erzen, non si è scalfinto di una virgola, anzi… ha rilanciato mostrando grande fiducia nel “progetto Martinez”.

«La presenza di un ambiente stimolante può fare la differenza – ha detto Milan – Martinez ha bisogno di una squadra che lo sostenga e che lo aiuti a esprimere il suo potenziale al massimo. Crediamo molo in lui».

Alimentazione 3.0? I tre cardini… secondo Moschetti

25.12.2024
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Nel mondo del ciclismo professionistico, l’alimentazione ha assunto un ruolo centrale, pari a quello della preparazione fisica. Questo aspetto è sempre più determinante e se già 10 anni si parlava di alimentazione 2.0, oggi è lecito di parlare di alimentazione 3.0.

Ci immergiamo in questa tematica con Nicola Moschetti, nutrizionista della Bahrain Victorious, per esplorare come la pandemia da Covid-19 abbia segnato un punto di svolta, trasformando il rapporto tra gli atleti e la nutrizione. Moschetti ha individuato tre pilastri fondamentali che definiscono le attuali strategie alimentari: l’attenzione ai carboidrati, il controllo dei grassi e una maggiore consapevolezza generale.

Nicola Moschetti, giovane nutrizionista della Bahrain Victorious
Nicola Moschetti, giovane nutrizionista della Bahrain Victorious

Rivoluzione carboidrati

Moschetti non ha dubbi e parla immediatamente di carboidrati. Quante volte abbiamo affrontato questo argomento: tipologia dei carbo, quantità prima, dopo e soprattutto durante, quando parliamo di grammi/ora.

«Il punto di partenza – spiega Moschetti – è stato educare i corridori a calcolare i carboidrati in modo preciso, una pratica mutuata dall’ambito clinico, come accade per i pazienti diabetici». Questa metodologia è diventata una consuetudine: oggi ogni ciclista sa quanta pasta mangia o quanti carboidrati ci sono in quattro albicocche. Rispetto a cinque anni fa, quando leggere le etichette dei prodotti era un’eccezione, ora è diventato un gesto naturale.

Il lavoro dei nutrizionisti va oltre il semplice conteggio delle calorie. «Noi ci occupiamo di conteggiarle – prosegue Moschetti – ma l’obiettivo è far comprendere ai corridori la qualità di ciò che mangiano. La bilancia non è più vista come un obbligo, ma come uno strumento. Questa educazione si svolge sin dai ritiri invernali e consente agli atleti di affrontare la stagione con una mentalità diversa.

«Un altro concetto chiave è il “train the gut”, ovvero l’allenamento dell’intestino. Facciamo assumere anche 120 grammi di carboidrati all’ora durante gli allenamenti. Prima era impensabile. Una volta si mangiava poco per dimagrire; oggi si mangia bene per allenarsi meglio. Questo cambio di mentalità evita problemi gastrointestinali in gara e migliora la performance complessiva».

Un tempo i grassi erano scartati a prescindere, oggi si usano e sono ben bilanciati
Un tempo i grassi erano scartati a prescindere, oggi si usano e sono ben bilanciati

Controllo dei grassi

Il secondo pilastro riguarda i grassi e soprattutto la loro gestione, il loro controllo sia in termini quantitativi che qualitativi.

«Gli atleti sono sempre più attenti – dice Moschetti – e controllano anche le etichette per verificare la presenza e la tipologia di grassi. Questo cambio di prospettiva riflette una maggiore consapevolezza rispetto al passato, quando l’obiettivo principale era eliminarli il più possibile.

«Oggi – prosegue il nutrizionista – non si tratta più di demonizzare i grassi, ma di integrarli in modo equilibrato. Hanno una funzione essenziale e fanno parte di un’alimentazione bilanciata. Questo approccio è frutto di una rivoluzione culturale nel modo di concepire la nutrizione».

Che sia il van cucina o la sala di un hotel, la food room è ormai un passaggio fondamentale per gli atleti (foto Charly Lopez)
Che sia il van cucina o la sala di un hotel, la food room è ormai un passaggio fondamentale per gli atleti (foto Charly Lopez)

Più consapevolezza

La terza grande trasformazione è legata proprio alla consapevolezza, termine che è comparso più volte in questo articolo.

«In passato – racconta Moschetti – il rapporto tra cibo e ciclista era conflittuale. Si pensava che mangiare poco, essere magri a prescindere, fosse sinonimo di successo. Oggi questa concezione è stata completamente superata. Gli atleti hanno capito che l’alimentazione non è una privazione, ma una componente fondamentale della performance.

«Abbiamo raggiunto grandi risultati – spiega Moschetti – grazie a una maggiore educazione alimentare. Gli atleti mangiano con cognizione di causa e hanno meno stress, quando vengono nella food room sono più curiosi, più tranquilli e più informati».

Per esempio, come ci diceva anche l’altro giorno Martina Fidanza, un pezzetto di cioccolato non è più visto come un “vade retro Satana”, ma come un alimento da inserire in modo intelligente nella dieta.

Questa rivoluzione dell’alimentazione è stata resa possibile anche dalla presenza costante di figure come Moschetti, che supportano gli atleti nel fare scelte alimentari consapevoli. Oggi ogni squadra ha ben più di un nutrizionista nell’organico, cosa impensabile fino ad un lustro fa, quando solo alcuni team ne avevano uno o al più c’erano delle collaborazione esterne più o meno forti.

«La nostra funzione – conclude Moschetti – non è solo quella di controllare, ma di mettere gli atleti nelle migliori condizioni per mangiare bene senza stress. L’alimentazione è ormai parte integrante dell’allenamento e contribuisce non solo al loro benessere, ma anche ai loro successi. Il futuro del ciclismo si gioca anche a tavola, dove scienza e consapevolezza lavorano insieme per fare la differenza».

L’occasione mancata: Tiberi a Oropa e il podio che se ne va

14.12.2024
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Due minuti e 25 secondi, questo è il distacco che a Roma ha separato Antonio Tiberi dal terzo gradino del podio al Giro d’Italia, occupato da Geraint Thomas. Se poi si conta che nella seconda tappa, quella che ha portato la carovana al Santuario d’Oropa il laziale ha perso due minuti dal gallese della Ineos Grenadiers i conti sono presto fatti. 

Quando chiamiamo Franco Pellizotti per chiedere quale sia la sua occasione mancata del 2024, il diesse della Bahrain Victorious ci ha pensato un paio di minuti. Prima ha detto la Milano-Sanremo con Matej Mohoric

«Però anche la tappa di Oropa – ci dice subito in battuta – lì abbiamo perso il podio al Giro con Tiberi…».

La Bahrain Victorious aveva approcciato bene il finale tenendo Tiberi davanti
La Bahrain Victorious aveva approcciato bene il finale tenendo Tiberi davanti

Obiettivo raggiunto ma…

L’occasione ci arriva davanti e cogliamo la palla al balzo. D’altronde della Sanremo mancata avevamo parlato proprio con Piva a proposito del secondo posto di Michael Matthews. E poi si parla di vittorie di singole corse o tappe, qui c’era in ballo il podio al primo Giro d’Italia corso da capitano di Antonio Tiberi

«A Oropa non avrebbe vinto – continua Pellizotti – ma proprio quei due minuti ci hanno impedito di salire sul podio. Era la seconda tappa, la prima con un arrivo in salita e Tiberi stava davvero bene, era fresco e preparato. Arrivava come capitano designato e l’obiettivo era di entrare nella top 5 e di vincere la maglia bianca. Alla fine ci siamo riusciti, certo che quei due minuti persi ad Oropa bruciano».

A inizio salita il gruppo era ancora compatto ma allungato, tra la testa e la coda c’erano comunque 30-40 secondi
A inizio salita il gruppo era ancora compatto ma allungato, tra la testa e la coda c’erano comunque 30-40 secondi
La foratura a inizio salita non ci voleva.

Siamo stati parecchio sfortunati, perché Tiberi ha bucato proprio sulle prime rampe della salita di Oropa (anche la bici di scorta poi aveva la ruota forata, ndr). Anche Pogacar aveva bucato, ma almeno era successo cinque chilometri prima e ha sfruttato il tratto in pianura e la scia delle ammiraglie.

Per Tiberi questo non è stato possibile?

No, perché in salita la scia delle ammiraglie non c’è, la velocità è bassa. Lui si è fermato a cambiare la ruota e così si è trovato dietro a tutti e con il gruppo da risalire, solo che intanto molti corridori stavano perdendo terreno. 

Tiberi si è trovato nel gruppetto con Paret-Peintre, ormai lontano dalla testa
Tiberi si è trovato nel gruppetto con Paret-Peintre, ormai lontano dalla testa
Si sarebbe potuta gestire in maniera diversa?

Avrebbe potuto prendere la bicicletta da un suo compagno di squadra, solo che Caruso era ancora in classifica. Accanto a lui c’erano anche Zambanini e altri. Si sarebbe potuto anche cambiare tutta la bici e non solo la ruota. 

In quei casi è il capitano che deve prendere in mano la situazione o anche i gregari che devono agire d’istinto?

E’ un mix di entrambe le cose. Sicuramente tutti avrebbero potuto fare meglio. In quelle fasi concitate Tiberi ha anche provato a forzare per rientrare ma senza successo. La salita di Oropa non è così lunga, o ti chiami Pantani oppure non rientri. Antonio ha anche fatto un fuorigiri che ha pagato, era nervoso e c’era tanta tensione. 

La faccia al traguardo dice tutto, alla fine il passivo da Pogacar è stato di 2′ 24″ da Thomas invece 1′ 57″
La faccia al traguardo dice tutto, alla fine il passivo da Pogacar è stato di 2′ 24″ da Thomas invece 1′ 57″
A fine tappa ne avete parlato?

Certo. Ho detto a Tiberi che il suo Giro sarebbe iniziato nella cronometro di Foligno e che avrebbe dovuto tenere duro. E’ stato bravo a reggere mentalmente perché la botta emotiva poteva essere forte.

Nella quale ha reagito subito bene.

Le prestazioni a cronometro ci hanno dato conferma di quanto avesse lavorato bene quanto fosse preparato al massimo. In una gara di tre settimane certe cose possono capitare, poi ci sono momenti e momenti.

Alla fine l’obiettivo della maglia bianca è stato centrato, così come la top 5
Alla fine l’obiettivo della maglia bianca è stato centrato, così come la top 5
Anche perché in salita i livelli tra i primi (a parte Pogacar) si equivalevano.

Era difficile pensare di poter recuperare minuti, a meno che qualcuno fosse andato in crisi. Thomas e O’Connor sono corridori solidi.

Con il proseguire dei giorni vi siete resi conto dell’importanza di quel momento?

A Roma quando ho ripensato all’intero Giro il pensiero è andato a quel giorno. Ma sono cose che capitano. Tiberi ha dimostrato di essere forte, ci ha dato un gran bel segnale.

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Bruttomesso: «Il salto nel WT è stato tosto, ma necessario»

03.11.2024
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Le parole di Andrea Fusaz a proposito del passaggio nel WorldTour, con i colori della Bahrain Victorious, di Daniel Skerl ci ha incuriositi. Il preparatore del CTF Victorious e del team professionistico sono state molto chiare. Per quanto riguarda Skerl il cammino tra gli under 23 è finito e non è possibile migliorare certi parametri, se si vuole fare un salto è giusto passare di categoria. Fusaz ha paragonato il cammino del corridore triestino a quello di Alberto Bruttomesso, che ha fatto lo stesso passo un anno prima, a fine 2023. 

Per capire se il metodo improntato può risultare corretto siamo andati a chiedere allo stesso Bruttomesso com’è andato questo primo anno tra le fila della Bahrain Victorious. Il velocista veneto, da poco ha compiuto 21 anni, e dopo le fatiche di una stagione intera ha bisogno anche lui di andare in vacanza. 

«Sono in partenza per Napoli dove starò tre giorni – ci ha raccontato giovedì al telefono – insieme alla mia ragazza. Lei ha appena iniziato l’università e per non farle perdere giorni di studio abbiamo preferito concederci pochi giorni di ferie. Ho messo in valigia sia i pantaloncini corti che quelli lunghi, sperando di usare di più quest’ultimi. Da me in Veneto ci sono stati 22 gradi tutta la settimana. Speriamo faccia altrettanto caldo anche a Napoli, se non di più».

Bruttomesso ha concluso la stagione al Tour of Guangxi con due volate nella top 5
Bruttomesso ha concluso la stagione al Tour of Guangxi con due volate nella top 5

Un passo indietro

E con la raccomandazione di mettere in valigia anche il costume, visto che magari potrebbe concedergli la possibilità dell’ultimo tuffo di stagione, riavvolgiamo il nastro fino al 2023, suo ultimo anno da under 23.

 «Quella stagione – spiega – era stata improntata in vista del salto di categoria che sapevamo sarebbe arrivato quest’anno (Bruttomesso aveva già firmato per la Bahrain a fine 2022, ndr). Ho messo insieme diverse esperienze all’estero: in Belgio, Polonia, Slovacchia… E’ stato un iniziale approccio al mondo dei professionisti. Mi sono messo alla prova in situazioni di gara diverse rispetto a quelle cui ero abituato. Nel 2023 ho vinto meno rispetto al primo anno tra gli under 23 ma fare un calendario diverso è stato meglio».

Hai ampliato il bagaglio di esperienze…

Mi sono messo in gioco, imparando tanto e questo mi ha permesso di farmi le ossa in gare di maggiore spessore accumulando esperienza in vista del salto di categoria. 

Com’è stato il passaggio nel WorldTour?

E’ tutta un’altra storia. Si è trattata di una stagione piena e ricca con una maturazione nuova e diverse emozioni. A livello di dati e numeri sono migliorato parecchio e in tutti gli ambiti: dalle volate di cinque secondi agli sforzi di 15 o 30 minuti. Ho visto una crescita anche sulle ore totali di gara. In generale direi che è stato un anno ricco di fatica che però è servito. 

Sei partito forte fin dall’Antalya, tua prima gara da professionista. 

Quel terzo posto mi ha dato una grande mano a livello psicologico e sono stato parecchio felice di averlo colto a inizio stagione. Poi sono andato in Belgio dove ho fatto delle bellissime corse come la Dwars Door Vlaanderen o la Kuurne-Bruxelles-Kuurne. 

Bruttomesso in primavera ha avuto modo anche di assaggiare le pietre (foto Charly Lopez)
Bruttomesso in primavera ha avuto modo anche di assaggiare le pietre (foto Charly Lopez)
Subito gare di un certo spessore…

Sono appuntamenti importanti, da under 23 puoi prepararti quanto vuoi ma riuscirai mai ad essere pronto in certe corse. Essere accanto a Van Aert, Van Aert, Stuyven… Anche al Giro di Slovacchia lo scorso anno avevo fatto delle volate contro Merlier. Quando corri contro questa gente capisci cos’è il mondo dei professionisti. Correre in certi appuntamenti, che non sono propriamente nelle mie corde, mi ha aiutato a far alzare i giri del motore. 

Come fatto al Tour of the Alps quest’anno?

Quello era totalmente fuori dalle mie caratteristiche, ma mi è stato utile per capire cosa vuol dire correre in tappe di montagna e per spingermi oltre certi limiti. Da quella gara sono uscito più forte, anche mentalmente. 

Ripartito dopo la pausa estiva subito protagonista alla CroRace, dove ha indossato la maglia di miglior giovane alla prima tappa
Ripartito dopo la pausa estiva subito protagonista alla CroRace, dove ha indossato la maglia di miglior giovane alla prima tappa
Tanto che nella seconda metà di stagione hai messo insieme i risultati migliori con cinque top 10.

Dopo l’altura ho avuto modo di mettermi in gioco al Czech Tour, alla Cro Race e infine al Tour of Guangxi. Il morale era alto visti piazzamenti ottenuti e le occasioni che la squadra mi ha lasciato. Arrivare in Cina, in una corsa WorldTour, e scontrarmi contro velocisti del calibro di Molano, Vernon e Cortina ottenendo due top 5 è stato un ulteriore salto di qualità.

Dopo una stagione intera come giudichi il tuo passaggio nel WorldTour?

Ci sono ritmi e wattaggi differenti, più alti anche se distribuiti in maniera più ordinata. Le gare sono maggiormente controllate rispetto agli under 23, ma quando nel finale il gruppo decide di andare forte si salvi chi può. 

L’anno al CTF è stato improntato per permettergli la massima crescita in vista del passaggio nel WorldTour avvenuto a inizio 2024
L’anno al CTF è stato improntato per permettergli la massima crescita in vista del passaggio nel WorldTour avvenuto a inizio 2024
Fare un altro anno tra gli under 23 sarebbe stato utile a tuo modo di vedere?

Anche con una gestione come quella del CTF direi di no. Loro mi hanno fatto crescere al massimo delle potenzialità per quella categoria. Ho avuto l’occasione di passare professionista e l’ho colta. Con il senno di poi lo rifarei perché certe esperienze e certi miglioramenti arrivano solo in gare di livello superiore. Il CTF mi ha permesso di avere il miglior approccio possibile all’ultimo anno di categoria, ma poi servivano altre esperienze. Con il senno di poi sono felice di quanto fatto. 

In Bahrain hai avuto tanta fiducia, fin da subito.

Sì e non è scontato. Per questo li ringrazio. Arrivare alla prima gara da professionista, al Tour of Antalya, ed essere il velocista di riferimento è stata una bella iniezione di fiducia. E’ un modo anche per mantenere la mentalità vincente, anche se poi quando c’è da aiutare lo si fa volentieri.

Dal Pordoi, Tiberi in marcia verso la Vuelta col podio nel mirino

02.08.2024
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E’ già, quasi, tempo di Vuelta (17 agosto – 8 settembre). La corsa spagnola è il secondo grande obiettivo di stagione per molti atleti, tra cui Antonio Tiberi. Lo avevamo lasciato sotto l’Arco di Costantino con la sua lucente maglia bianca al tramonto romano, arrivo del Giro d’Italia.

Dopo un passaggio “a vuoto” e rapido al Delfinato e dopo il dovuto riposo, il laziale ha ripreso ad allenarsi. E bene. Della sua Vuelta che verrà parliamo con Franco Pellizotti, direttore sportivo della Bahrain-Victorious, team di Antonio appunto.

Pellizotti, diesse della Bahrain-Victorious, sarà alla Vuelta al fianco di Tiberi
Pellizotti, diesse della Bahrain-Victorious, sarà alla Vuelta al fianco di Tiberi
Franco, si riparte. O meglio: Tiberi riparte…

Siamo già ripartiti in previsione Vuelta. Come si sa, la preparazione per un grande Giro bisogna prenderla larga. Dopo il Giro, Antonio ha avuto il passaggio al Delfinato, ma è stato giusto un tocca e scappa, e poi si è riposato. Adesso farà Burgos e Vuelta.

Ora è in altura?

Sì è al Pordoi da metà luglio con altri ragazzi della squadra che saranno impegnati in Spagna. Hanno quasi finito, in quanto andranno appunto alla Vuelta Burgos. Il Pordoi lo avevo proposto io.

Come mai?

A me fare l’altura piaceva molto e mi piaceva cambiare anche, provare posti nuovi. Sono giunto alla conclusione che il Teide in primavera e il Pordoi in estate siano il top. Dipende sempre dal programma che si fa. Ad esempio se esci dal Tour e devi fare la Vuelta, o comunque devi fare l’altura per recuperare, forse è meglio Livigno. Lì si riesce a staccare di più mentalmente, ci sono più distrazioni (c’è anche più possibilità di fare pianura, ndr). Mentre luoghi come Pordoi e Teide ti fanno concentrare. E’ un po’ come quando il prete va in clausura! Per allenarsi secondo me il Pordoi non ha eguali.

Festa Tiberi. Eccolo in maglia a bianca a Roma a fine Giro
Festa Tiberi. Eccolo in maglia a bianca a Roma a fine Giro
Perché?

Hai tutti i passi a disposizione, puoi fare 2, 6, 7 ore con i dislivelli che vuoi. Il pomeriggio quando devi rilassarti un po’, basta una sdraio al sole e guardi la bellezza che c’è intorno. Un giorno per esempio si sale sul Sasso Pordoi a 3.000 metri , nel giorno di riposo puoi andare a Canazei. E poi c’è un aspetto tecnico importante.

Quale?

A Livigno prendi tutte le salite da 1.800 metri in su, mentre sulle Dolomiti puoi scendere parecchio e arrivare anche in alto. Ma scendere significa che puoi fare meglio i lavori specifici.

Dicevamo, che Tiberi riparte da Burgos. Come ci arriverà?

Sarà una tappa di avvicinamento alla Vuelta. Non credo che a Burgos sarà super performante. Ma anche se dovesse essere all’80 per cento potrà fare bene: lui è forte. In più prima di salire sul Pordoi ha avuto qualche problemino fisico che gli ha fatto saltare 3-4 giorni di allenamento. E quindi abbiamo rivisto qualcosina, nulla che vada a precludere una buona Vuelta, anzi… la squadra sarà incentrata su di lui. Adesso deve crederci anche Antonio e sono convinto che mentalmente ci sia.

Tiberi (dietro al centro) in altura con i compagni in un selfie di Zambanini (foto Instagram)
Tiberi (dietro al centro) in altura con i compagni in un selfie di Zambanini (foto Instagram)
E’ la prima volta che Tiberi fa due grandi Giri: lo vedi più curioso o preoccupato?

Preoccupato no, poi lui è un ragazzo talmente tranquillo che è difficile vederlo turbato. Semmai curioso… Anche nella testa Antonio è motivato, dopo l’ottimo quinto posto del Giro, resta un po’ con il rammarico per il problema tecnico di Oropa. Questo è un aspetto in più, gli dà fiducia e morale. Antonio quando sale in bici comunque ha fame di farsi vedere. 

Dunque si va alla Vuelta per…

Con un obiettivo preciso: quello di poter agguantare un podio. Ripeto, la squadra sarà incentrata su di lui. E’ una formazione con dei passisti, per poterlo scortare nelle tappe di, tra virgolette, pianura perché alla Vuelta a pianura ce ne sarà poca. Ma ci potrebbero essere un paio di tappe con rischio vento e quindi abbiamo cercato di portare ragazzi che possano aiutarlo anche su questo terreno. Poi ci sono degli scalatori e infine c’è Damiano (Caruso, ndr) che sarà il nostro capitano in corsa e lo seguirà e guiderà in questa Vuelta.

Tiberi leader dunque. Al Giro se l’è cavata bene in tal senso…

Esatto, anche alla Vuelta partirà con i gradi di capitano, in più come si è visto in passato la corsa spagnola è più alla portata per un giovane che vuol fare classifica. Però questa sarà un po’ una stagione test per lui. Mi spiego. Per la prima volta farà un secondo grande Giro in stagione. Lo abbiamo preso a metà stagione lo scorso anno, lo abbiamo seguito. Abbiamo imparato a capire i suoi pregi, i suoi difetti e quest’anno stiamo cercando di costruire con lui il suo e il nostro futuro. Quindi vediamo anche come andrà…

Tiberi ha corso il Giro con grande personalità. Un leader naturale
Tiberi ha corso il Giro con grande personalità. Un leader naturale
Con le giuste pressioni insomma. Cambiando discorso: avete fatto qualche ricognizione delle tappe della Vuelta?

Con Antonio no, però abbiamo due direttori che hanno fatto due terzi della Vuelta. Quindi siamo ben preparati.

Cosa dice invece Tiberi? Ti ha un po’ parlato del sogno del podio?

Vi racconto questa. Il nostro manager ha avuto una bella idea: quella di assegnare ad ogni corridore che faceva parte della long list della Vuelta, un paio di tappe adatte a loro da studiare. Così poi da riproporle in conference call tutti insieme. Come una riunione tattica al mattino sul bus, quando mostriamo la gara. Dovevano mettere giù questa presentazione in un Powerpoint. Antonio ci ha sorpreso perché le sue frazioni le ha preparate molto bene. Parlava proprio da leader. Spiegava dove dovevano tenerlo coperto, dove i suoi compagni in certe tappe avrebbero dovuto recuperare un le energie per le tappe successive… L’ho visto molto, molto concentrato.

Motivazione consapevolezza non mancano insomma…

Sì, sì… è una bella scommessa per lui. Ha già dimostrato al Giro d’Italia di essere un ottimo corridore. Ha dimostrato le doti che ha, ma come si dice tra il dire e il fare c’è sempre il mare. E per questo dopo il buon Giro io credo che adesso sia più convinto e al tempo stesso più tranquillo. Adesso ha la certezza di dove può arrivare. In più di Vuelta ne ha già fatte due, conosce certe dinamiche di corsa, sa cosa aspettarsi e anche questo è un fattore che conta.

Rebel: un esordio in grande stile per il nuovo casco di Rudy Project

10.07.2024
4 min
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Il Tour de France non è solo una vetrina per i migliori ciclisti al mondo, ma lo è anche per le aziende, che ogni anno presentano prodotti nuovi proprio in concomitanza con la Grande Boucle. E’ il caso di Rudy Project, marchio trevigiano produttore di caschi e occhiali, il quale presenta Rebel l’ultima innovazione nel campo dei caschi da ciclismo su strada. Un prodotto nuovo che farà parte della collezione del 2025 ma che sulle strade del Tour è stato indossato per la prima volta dagli atleti del team Bahrain Victorious

Poels e altri corridori del Team Bahrain Victorious hanno usato il casco Rebel nella tappa del Galibier
Poels e altri corridori del Team Bahrain Victorious hanno usato il casco Rebel nella tappa del Galibier

Prestazioni top

Un prodotto così speciale e curato nei minimi dettagli non poteva trovare miglior red carpet se non quello della Grand Depart di Firenze. Rudy Project ha creato un casco innovativo, sostenibile e dalle prestazioni elevate, come richiesto dai ciclisti più esigenti. La performance sportiva passa anche dall’utilizzo di prodotti selezionati e studiati, così Rebel trova, di diritto, il suo posto nel mondo del WorldTour. 

La sua caratteristica principale, che salta subito all’occhio è la presenza di ben 22 fori per la ventilazione. Il casco Rebel assicura all’atleta un flusso d’aria continuo e un ricambio all’interno della calotta costante. In questo modo sarà possibile superare anche le giornate più calde e afose senza compromettere la prestazione atletica. Rebel ha uno spessore ridotto rispetto a prodotti rivali, questo perché Rudy Project ha utilizzato degli inserti in carbonio, una novità nel settore, per ridurre il peso. La taglia S/M ferma la bilancia a solo 250 grammi, segnando un nuovo punto di riferimento.

Rebel introduce il nuovo divider Ergo che offre al viso un comfort ineguagliabile; il tutto è completato dalla chiusura magnetica Fidlock. Questo meccanismo semplifica il processo di fissaggio e rilascio del casco, consentendo agli atleti di non perdere concentrazione nelle fasi cruciali della corsa.

Al millimetro

Una caratteristica particolare del casco Rebel è la possibilità di regolare la chiusura posteriore, la RS Micro 11 al millimetro. Si tratta di un sistema che rende il casco aderente alla testa del corridore e ne aumenta la sicurezza. Le particolarità non finiscono e Rebel è pronto a stupire ulteriormente grazie al nuovo spoiler anteriore. Un’applicazione utile per gestire al meglio l’aria in ingresso per regolarizzare la temperatura interna. Non manca la classica rete anti insetto.

Rudy Project, inoltre, ha voluto porre l’accento anche sulla sostenibilità. La calotta del casco Rebel è realizzata con policarbonato riciclato, così come le cinghie e le imbottiture. Questo impegno garantisce comunque il massimo delle prestazioni, nel rispetto dell’ambiente.

Il casco Rebel sarà disponibile per la vendita da settembre 2024 e verrà distribuito in due taglie: S/M e L. I colori, invece, saranno tre: rosso cometa, bianco opaco e nero opaco.

Prezzo a partire da 299 euro.

Rudy Project

Thomas Capra, i due anni da juniores e ora il Cycling Team Friuli

14.11.2023
5 min
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«Se dovessi dare un consiglio agli juniores gli direi di fare le cose con calma e non avere fretta. Con i sacrifici e il duro lavoro i risultati arrivano». Queste sono le parole di Thomas Capra che ha appena concluso i due anni da junior con la maglia del Team Assali Stefen (in apertura foto Bi.Ci.Cailotto) ed è ora pronto a gettarsi nella mischia degli under 23 per trovare il suo spazio. Vincitore da primo anno della Gand-Wevelgem è sempre stato un profilo interessante con tanti occhi puntati addosso.

Il classe 2005 di Carzano ha scelto il Cycling Team Friuli. La motivazione? Restare in Italia per finire gli studi e avere una proiezione per il futuro vista l’affiliazione del team alla Bahrain Victorious. Riavvolgiamo il nastro e ripercorriamo questi due anni del valsuganotto tra successi e voglia di Nord. 

La volata vincente di Capra alla Gand-Wevelgem 2022 (foto Joeri De Coninck)
La volata vincente di Capra alla Gand-Wevelgem 2022 (foto Joeri De Coninck)
Partiamo dai tuoi due anni da juniores. Cosa ci dici a proposito del tuo 2022?

Nel 2022 sono partito bene, con la vittoria della Gand. Poi però non sono stato bene, tra una cosa e l’altra, penso anche di aver preso il Covid. Non ho ottenuto i risultati che mi aspettavo dopo quella vittoria così importante. Alla fine ho fatto un po’ di piazzamenti, ma nulla di che, non sono più riuscito a vincere.

E il tuo 2023 come lo hai vissuto?

Ho incominciato bene, con una vittoria alla prima gara. Sono andato con la nazionale a fare sempre la Gand, la Roubaix e stavo bene. Però stavolta sono stato sfortunato, sono caduto 4 volte e comunque sono arrivato davanti, nel gruppo appena dietro i primi, perché c’era la fuga. A Roubaix invece, mi aspettavo meglio. In futuro mi piacerebbe provare a vincerla, perché alla fine sono quelle cose che mi piacciono. Poi ho vinto altre quattro gare anche se è mancata quella di spessore a livello internazionale, come è stato l’anno prima. Con la nazionale siamo andati in Francia e siamo andati molto bene. Bessega è riuscito a vincere e noi abbiamo lavorato bene.

In questi due anni senti comunque di aver mantenuto una crescita costante?

Sì, quello sicuramente. C’è ancora margine comunque, c’è sempre tempo per crescere. 

Per Capra la crescita è stata costante con un 2023 ricco di successi e piazzamenti
Per Capra la crescita è stata costante con un 2023 ricco di successi e piazzamenti
Alberati che bilancio ti ha dato?

E’ contento. Il prossimo anno però la squadra ci affiderà il preparatore del team e quindi dovrò abituarmi alla novità. 

Come mai sei arrivato a questa decisione di andare nel Cycling Team Friuli?

Soprattutto per il mio procuratore Maurizio Fondriest, che ha insistito in questa scelta perché il CTF è molto vicino alla Bahrain Victorious. Il mio amico Marco Andreaus che fa già parte della formazione mi ha detto che lavorano molto bene. Quindi ho detto, perché no…

Andreaus come lo conosci, cosa ti ha detto sulla squadra?

Abita qui, a tre chilometri da casa mia. Ci conosciamo da quando siamo piccoli e andiamo molto d’accordo. Usciamo spesso in bici assieme e andiamo anche a far camminate o sci alpinismo. Mi ha detto che sono molto preparati e che è una bella squadra, soprattutto per l’organizzazione. Anche per le corse che andremo a fare perché da quando hanno l’affiliazione, diciamo con la Bahrain, vanno a fare molte gare all’estero, verso anche il Nord d’Europa, dove ci sono quelle che mi interessano e piacciono parecchio.

Capra è stato campione italiano nel 2018 da esordiente
Capra è stato campione italiano nel 2018 da esordiente
La squadra non è vicinissima a casa tua, però non è neanche dall’altra parte dell’Italia, e visto che sei anche all’ultimo anno di superiori ha influito sulla decisione?

Eh sì, esatto. Anche per questo alla fine ho deciso di rimanere in Italia e non andare all’estero, anche se comunque le proposte c’erano. Ho fatto questa scelta per finire la scuola in tranquillità e poi pensare al resto.

Vieni da due anni dove hai già dimostrato di avere delle caratteristiche fisiche sempre più definite, negli under 23 si ha comunque una sorta di ridefinizione. Da quali caratteristiche parti?

Sono un passista veloce, sono uno che tiene su salite non troppo lunghe e dure. Poi allo sprint sono veloce. Quest’anno ho vinto anche molte volate di gruppo, anche se quelle ristrette sono il mio contesto ideale.

Pensi che potresti essere adatto alle gare a tappe?

Si vedrà. Non saprei, forse escono un po’ da quello che credo di essere oggi. Però vedremo devo ancora misurarmici. 

Qui Thomas Capra sulla destra durante una giornata sugli sci insieme ai compagni
Qui Thomas Capra durante una giornata sugli sci insieme ai compagni
Che consiglio daresti ad un allievo che vuole fare un percorso positivo come il tuo?

Di non aver fretta e di fare le cose con calma. Con il lavoro e il sacrificio alla fine i risultati arrivano. 

Hai già ripreso a pedalare?

Sì, adesso sto ricominciando un po’ tranquillo con palestra e camminate. Bici poca per il momento. Devo ancora prendere in mano quella della squadra, sono ancora abbastanza fermo, mi lasciano tranquillo. Dal prossimo ritiro che sarà il prossimo fine settimana, penso che inizieranno più seriamente.

Che hobby hai per passare l’inverno nella tua Valsugana?

Sci alpinismo e camminate perché qui intorno le montagne non mancano. Adesso che è anche venuta la neve, è il momento più bello per fare queste cose. Sono distrazioni che mi permettono di fare altro e non pensare esclusivamente alla bici. 

Mohoric lampo sui Carpazi. E quella passione per le corse

31.07.2023
5 min
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KARPACZ – «Adesso so come si sente Pogacar… e quanto è brutto per gli altri!». Matej Mohoric ci regala questa perla in attesa di salire sul palco. «E’ bello correre così… perché non ho il mal di gambe che ho di solito.

«Oggi avevo un’ottima gamba. Quasi non mi sembrava la mia! Stavo bene. Bene davvero. Sono uscito in buone condizioni dal Tour e già mercoledì in allenamento avevo delle sensazioni incredibili. Non vedevo l’ora di correre».

La voglia di correre. Il piacere di gareggiare. C’è tutto questo nella vittoria di Matej Mohoric e della sua squadra in questa seconda frazione del Tour de Pologne, corsa ieri da Lesno a Karpacz. Il corridore della Bahrain-Victorious si è davvero divertito e come lui i suoi compagni.

Divertimento Bahrain

Damiano Caruso è il primo che lo raggiunge dopo il traguardo sui verdissimi versanti dei Carpazi. L’abbraccio di rito, e tra un sorriso e l’altro, i due attaccano subito a parlare. «Te lo dicevo – gli spiega Damiano – che dovevi aspettare. Mettiti dietro… Vabbé dai ne parliamo dopo».

Poi il siciliano si rivolge a noi: «Vero, ci siamo divertiti. Ma quando si vince è sempre divertente. Lui aveva una gran gamba perché è uscito bene dal Tour. Io sono sceso dalla montagna ed è giusto che la corsa la facesse lui».

Al via erano entrambi accanto ad Andrea Pasqualon. Gli avevamo fatto una battuta: «Dicono che in questo terzetto ci sia gente che va forte». E Damiano, rivolgendosi agli altri due, aveva risposto subito: «Cosa ha detto?». «Che andiamo forte – chiariva Mohoric – ma lo vedremo all’arrivo».

A un certo punto sembrava che Majka (seguito dal boato del pubblico) e Van Eetvelt potessero farcela. Sono stati ripresi ai 400 metri
A un certo punto sembrava che Majka (seguito dal boato del pubblico) e Van Eetvelt potessero farcela. Sono stati ripresi ai 400 metri

“Race passion”

Tornando seri, davvero Mohoric si è divertito. Lo sloveno ama correre. Se poi sta bene, chiaramente è anche meglio. Alla vigilia del Polonia lo avevamo incalzato: «Matej, ma dopo questa ti fermi?». E lui invece, di tutto contro, ci aveva snocciolato un lungo programma di corse, pur senza la Vuelta.

«Mi piace correre. Non è la prima volta che faccio così. Lo avevamo previsto sin da questo inverno. Non farò la Vuelta, ma farò altre gare, tra cui quelle in Canada».

Tante corse però non sono facili da gestire, specie al giorno di oggi con i ritmi indiavolati che ci sono. Anche nella tappa odierna le ultime due ore sono state affrontate a ritmo folle.

«Vero – chiarisce Mohoric – non è facile ma io adesso in gara sono abbastanza tranquillo, spreco meno energie. So quello che devo fare, la squadra ci supporta al massimo, ci dà tutto ciò che serve e noi dobbiamo solo pedalare».

Almeida rivede l’arrivo della tappa. La classifica ora recita: Mohoric, il portoghese a 4″ e Kwiatkowski a 10″
Almeida rivede l’arrivo della tappa. La classifica ora recita: Mohoric, il portoghese a 4″ e Kwiatkowski a 10″

Matej e la generale

E questa lucidità l’ha mostra anche salendo verso Karpacz. Il racconto del suo finale è il ritratto della lucidità. Quando Matej è partito aveva alla ruota Almeida, che su certi arrivi è un ” vero cagnaccio”.

«Il finale – racconta – era tecnico, duro e veloce. In certi punti era buio (cosa che ha detto anche Caruso, ndr). Damiano ha svolto un grande lavoro. Mi ha detto di seguirlo perché stavo tirando troppo. Poi nel finale quando ero davanti ho cominciato a chiedermi: “Ma quando arrivano gli altri?”. Non passava nessuno. A quel punto per paura che arrivasse qualcuno l’ultima curva, l’ho presa strettissima e ho spinto ancora un po’».

E’ lecito pensare anche alla generale per lo sloveno. Specie se ha questa freschezza mentale e queste gambe.

«Eh – ride – sì, ci penso ma non è facile con la crono finale. Non vado male contro il tempo, ma non sono come “Kwiato” o Almeida». Poi con un sorrisetto malizioso, proprio mentre sta per salire sul podio per vestire la maglia di leader aggiunge: «Semmai attaccherò domani in discesa!». E non sarebbe la prima volta: il Poggio insegna!

Un po’ d’Italia

Ma prima di chiudere questo racconto, meritano un plauso Jacopo Mosca e Lorenzo Milesi. I due italiani sono stati protagonisti della fuga di giornata.

«Pensate – racconta Mosca – che ho visto Lorenzo la mattina al via. Mi ha detto che voleva andare in fuga. Allora gli ho fatto: “Vengo anche io!”. Io anche volevo andarci… Tutto sommato qui non abbiamo il super leader. E’ una delle poche gare in cui possiamo avere tutti un po’ di spazio e puntare alla maglia dei Gpm era un mio obiettivo. Non so ancora se l’ho presa, magari me la daranno per la simpatia!».

Alla fine, per questioni di posizionamento nella generale, la maglia l’ha presa Lucas Hamilton, ma i due sono alla pari.

«Con Lorenzo – prosegue l’atleta della Lidl-Trek – siamo andati sempre alla stessa velocità. Il computerino segnava sempre 43-43,5 chilometri orari. E’ un po’ calata quando abbiamo trovato vento contro, ma sempre a 42 andavamo. Il gruppo ci ha lasciato 10′. Poi ha iniziato a tirare fortissimo… Vabbé. A quel punto abbiamo pensato di arrivare almeno al Gpm». 

Landa e Pello, patto fra baschi per il podio e per Mader

01.07.2023
4 min
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BILBAO – Sono i padroni di casa, i corridori più attesi su queste strade, le loro. Parliamo di Mikel Landa e Pello Bilbao. Davanti al loro hotel c’è più gente che negli altri. Nei Paesi Baschi il ciclismo è tradizione vera, inoltre i baschi sono molto campanilisti. Solo qualche lustro fa lottavano per l’indipendenza dalla corona di Madrid, tanto per rendere l’idea.

Addirittura Landa stesso nel 2018 aveva di fatto “comprato” la Euskaltel-Euskadi, in crisi finanziaria, pur di salvare la squadra di casa, quella dove era cresciuto. Poi l’Uci aveva decretato incompatibile questa manovra con l’essere un corridore professionista e lui aveva dovuto lasciare la presidenza. Ma questo ci dice quanto i baschi siano attaccati ai loro valori e al loro territorio.

Sul Pike quante scritte per Landa (e a fianco anche per Pello Bilbao)
Sul Pike quante scritte per Landa (e a fianco anche per Pello Bilbao)

Un vittoria per Gino

Pello e Mikel, Mikel e Pello, carriere incrociate sin da bambini per questi due formidabili atleti della Bahrain-Victorious. Ieri alcuni ragazzini del team giovanile Zorri Bike li aspettavano sul Pike, il muro che con ogni probabilità deciderà la frazione inaugurale del Tour de France.

I due non arrivano col morale alto a questo appuntamento. La morte del compagno Gino Mader è stata una vera pugnalata, specie per Pello Bilbao, che era in corsa con lui. «Per alcuni giorni tutto aveva perso senso – ha detto Pello – poi siamo tornati a casa e con il calore della famiglia le cose sono migliorate.

«Stare qui, con tutta questa gente è incredibile. Neanche in un sogno avrei pensato di avere questa possibilità».

Pello non lo dice apertamente, ma darebbe l’anima pur di vincere oggi. Anche più di Landa. Lui è veramente di casa. Il Pike era la sua palestra naturale quando era bambino. «Ci sono tanti motivi per vincere domani (oggi, ndr), uno più importante dell’altro».

Pello Bilbao (classe 1990) ha accusato non poco la morte di Mader. Per lui ha avviato una raccolta fondi al Tour
Pello Bilbao (classe 1990) ha accusato non poco la morte di Mader. Per lui ha avviato una raccolta fondi al Tour

Troppo realismo?

I due si aiuteranno, come del resto fanno da anni. Si spartiscono i ruoli alla bisogna. Generalmente Landa, il più solido, è leader nelle corse maggiori e anche stavolta sarà così.

I due però nella conferenza stampa di ieri sono stati (forse) sin troppo realistici. «Sappiamo che è dura e che ci sono due corridori nettamente favoriti. Noi proveremo a puntare al podio», queste in sintesi le loro parole. Al che, abbiamo provato ad incalzarli mettendogli sul piatto l’ipotesi di un attacco a sorpresa, magari anche in tappe inaspettate, proprio perché “quei due” sono più forti.

«Vediamo, magari proverò ad inserirmi in qualche attacco, ma le imboscate vanno fatte sempre nel rispetto del fair play», ha detto Landa. Ancora più categorico Bilbao. «Attacchi a sorpresa? Difficile ipotizzarli in questo ciclismo, soprattutto nelle prime tappe». 

E allora si parte così: con tanta voglia di fare – Landa ha detto chiaramente che proveranno a vincere con Bilbao… a Bilbao – ma anche con tanta consapevolezza che si lotterà per un piazzamento e non per la vittoria.

Un vero boato ha accolto i due beniamini di casa durante la presentazione delle squadre
Un vero boato ha accolto i due beniamini di casa durante la presentazione delle squadre

Landa determinato

«Io sto bene e darò il massimo. Per me, che spesso mi sono concentrato sul Giro d’Italia, quest’anno è stato diverso. Ho corso poco e quindi ho fatto una preparazione differente, ma credo di essere pronto a questa sfida. Sul duello con Vingegaard e Pogacar… proverò a seguirli in salita.

«Sono tanti che vogliono il podio, noi – ha proseguito Mikel – dobbiamo essere bravi a non commettere errori e soprattutto a salvarci nei giorni storti».

E a proposito di preparazione, Landa quest’anno ha davvero cambiato le carte in tavola. Ha corso molto nella prima parte di stagione. Poi si è fermato del tutto. Ha ripreso al Delfinato, ma non è andata bene. Ha incassato quasi 13′ da Vingegaard.

«Sapevo di non stare ancora bene – aveva detto Landa dopo la gara francese – non correvo da mesi e mi serviva quel tipo di fatica. E’ stata una settimana dura ma necessaria in vista del Tour».

Infine si è parlato di cronometro, in particolare dei pochi chilometri contro il tempo che ci sono in questo Tour de France.

Giusto due giorni fa, il suo grande connazionale Miguel Indurain ospite d’onore qui a Bilbao, aveva detto che non va bene che ci siano ormai crono così corte e così poche per numero. Queste servono per lo spettacolo.

Ebbene ieri Landa è andato nella parte opposta: «Sono contento che di crono ce ne sia poca e tra l’altro quella che c’è in questo Tour è anche dura. Questo può essere un vantaggio davvero importante per me pensando al podio». Insomma, ognuno tira l’acqua al suo mulino. Vedremo come andrà questa ennesima occasione per Mikel. Il patto con il suo alleato basco è saldo.