Conti e l’Astana in volo per Budapest, tra Lopez e Nibali

05.05.2022
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Valerio Conti ci risponde al telefono mentre è in bici, di ritorno da uno degli ultimi allenamenti prima del Giro d’Italia. Il vento soffia nel microfono e il traffico romano gli rende un po’ complicato il rientro verso casa, così riattacca con la promessa di risentirci a breve.

«Cinque minuti e richiamo» ci promette, così noi lo attendiamo. Avevamo lasciato Valerio mentre inseguiva la migliore condizione per la Corsa Rosa, tra un colpo di tosse e l’altro. L’inizio della sua avventura in Astana Qazaqstan Team non è andata come ci si aspettava, la sfortuna lo ha rallentato molto.

Valerio Conti è tornato a correre al Giro di Sicilia dopo uno stop di due settimane, qui con Damiano Caruso
Valerio Conti è tornato a correre al Giro di Sicilia dopo uno stop di due settimane, qui con Damiano Caruso
Come ti sei preparato?

Ora sto molto meglio, inizio a sentire delle buone sensazioni, non arriverò al 300 per cento ma in ottima condizione. Sono soddisfatto, la stagione che conta inizia ora, dal Giro in poi. Mi sono preparato bene, ho corso il Giro di Sicilia e il Romandia. In Svizzera ho visto che pedalavo bene, ma insieme alla squadra abbiamo deciso di non forzare inutilmente il ritmo, così ho usato le ultime tappe per fare distanza.

Non hai fatto il ritiro in altura a marzo con gli altri tuoi compagni?

Il mio avvicinamento non è stato “canonico”, visto che non ho corso per un paio di settimane abbondanti tra la fine del Catalunya e l’Amstel. Andare in altura per poi tornare subito a correre sarebbe stato controproducente per la mia preparazione al Giro.

Sono stati degli ultimi mesi un po’ sfortunati per l’Astana…

Sì, però la vittoria di tappa di Miguel Angel (Lopez, ndr) al Tour of the Alps ci ha dato morale. Poi l’Astana è una squadra che mette l’obiettivo sui grandi Giri e siamo davvero forti e tutti con delle ottime doti per le montagne. 

La vittoria di Lopez al Tour of the Alps è stata la seconda del team Astana quest’anno
La vittoria di Lopez al Tour of the Alps è stata la seconda del team Astana quest’anno
Avrete un leader unico?

Sarà Lopez verosimilmente. Lui è uno che ha dimostrato di andare forte quando è in forma, però non è un corridore che ha la certezza di vincere, come Pogacar o il Froome degli anni giusti. Di conseguenza, noi seconde linee avremo le nostre occasioni, considerando che abbiamo anche Nibali…

Ci hai corso insieme al Giro di Sicilia, come sta?

Sta bene, mi ha detto che le sue sensazioni sono buone, si sente pronto. Il problema è che il ritmo negli anni si è alzato sempre più e non è facile rimanere competitivi. Al Giro di Sicilia era sereno, solare. Lui non sente la pressione, altrimenti non avrebbe ottenuto i risultati che conosciamo tutti. 

Vincenzo avrà la licenza di muoversi in autonomia?

La sua esperienza gli permette di leggere la corsa al meglio e questo sarà utile per lui e per noi. Potrà agire in anticipo o aiutare Lopez nelle varie fasi di corsa. Nibali è il nostro “jolly”.

Lopez sarà l’uomo di punta per la squadra kazaka al Giro d’Italia
Lopez sarà l’uomo di punta per la squadra kazaka al Giro d’Italia
Non avendo uno dei favoriti per la vittoria finale, potrete correre coperti…

Non avremo l’obbligo di fare sempre la corsa e questo è un bel vantaggio, soprattutto per le tappe in pianura. Non avendo neanche il velocista, avremo modo di poter correre più sereni quelle frazioni, lontani dai pericoli e dallo stress. 

Tu, Lopez e Vincenzo vi siete preparati al Giro in maniera diversa.

Ognuno ha le sue preferenze, a parte per me che come ho detto non avevo corse quindi ho fatto un avvicinamento un po’ più obbligato. Lopez ha preferito fare il Tour of the Alps (foto di apertura) e Nibali ha deciso di correre in casa al Giro di Sicilia, ma sono tutte corse ottime per mettere chilometri nelle gambe…

A proposito di Sicilia, la quarta tappa sarà impegnativa, con l’arrivo sull’Etna dopo un giorno di viaggio per ritornare dall’Ungheria.

Sarà un primo banco di prova importante, le chiacchiere stanno a zero. Si dovrà pedalare e la strada darà subito delle prime risposte, positive o negative. La partenza dall’Ungheria non mi entusiasma molto, un viaggio lungo per sole tre tappe e poi si riparte subito con una tappa tosta, ma non decidiamo noi e poi sarà uguale per tutti.

Per i due capitani differenti approcci al Giro d’Italia, per Nibali ci sono state le corse nelle Ardenne dopo il Giro di Sicilia
Per i due capitani differenti approcci al Giro d’Italia, per Nibali ci sono state le corse nelle Ardenne dopo il Giro di Sicilia
E’ un Giro con pochi chilometri a cronometro, una cosa buona per Lopez un po’ meno per Vincenzo…

Vero, per questo la squadra non ha portato gli specialisti. Personalmente non ho neanche preparato troppo le prove contro il tempo, non so gli altri…

Sei preoccupato di non aver mai fatto una gara con Lopez in questa stagione?

No, siamo professionisti, anche se con team diversi abbiamo corso gomito a gomito per tanti anni. Io so come si comporta Lopez in gruppo e non serve andare a fare un ritiro insieme per conoscersi. Anche perché tra stare in cima al Teide o al Giro ci sono troppe differenze. In ritiro sei rilassato, sereno e scherzi, in gara no. Di conseguenza cambia tutto, sia dal punto di vista emotivo che tecnico.

La tua è una visione pragmatica…

Io sono così, sicuro di me stesso e dei miei compagni, questa visione e il mio modo di fare mi hanno permesso di fare tante volte il Giro (indossando anche la maglia rosa per 6 tappe nel 2019, ndr). Sono uno che fa gruppo e che sa mettere tutti a loro agio, so creare l’ambiente adatto per far stare bene tutti.

Valerio Conti ha indossato la maglia rosa per 6 tappe al Giro del 2019. Qui con Giovanni Carboni, che indossava la bianca
Valerio Conti ha indossato la maglia rosa per 6 tappe al Giro del 2019. Qui con Carboni, che indossava la bianca
Anche un carattere fumantino come Lopez?

In realtà mi hanno detto che in fondo lui è tranquillo, bisogna trattarlo come se fossimo in famiglia. Non bisogna creare per forza un ambiente troppo “professionale”. 

Quando partite per Budapest?

Io oggi, (martedì per chi legge, ndr) alle 22 ho il volo e via! Viaggerò da solo, tanto sono abituato.

A volte è meglio si ha più tempo per pensare, Buon Giro!

Vero. E… grazie!

Sul Grossglockner risorge Lopez, che bastona Pinot

21.04.2022
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Finalmente è tornato a dare segni di vita con una vittoria strepitosa Miguel Angel Lopez. E finalmente è tornato a guidare la sua ammiraglia Alexandre Shefer. Il diesse kazako è un totem dell’Astana Qazaqstan. Lui c’è sempre stato e dopo un periodo di allontanamento forzato, Alex ha ripreso il suo posto.

Lo abbiamo incontrato al via del Tour of the Alps. E al nostro bentornato il diesse, quasi italiano – vive nel reggiano – sorride: «Sì – dice – finalmente riprendo la mia ammiraglia. E sarò anche al Giro d’Italia. Fa piacere anche a me essere qui». 

Tra Val Pusteria e Osttirol, monti innevati e qualche nuvola. L’attesa pioggia non c’è stata (per fortuna)
Tra Val Pusteria e Osttirol, monti innevati e qualche nuvola. L’attesa pioggia non c’è stata (per fortuna)

Attacco perfetto

Verso Kals am Grossglockner Superman, questo il soprannome di Lopez, è stato autore di un finale magistrale. Magistrale per gambe e spunto tattico. Ai mille metri dall’arrivo ha rintuzzato un bravissimo Thibaut Pinot. 

Il francese aveva un ventina di secondi di vantaggio, ma come la strada ha mollato la pendenza di forza pura è uscito Lopez. Il colombiano ha guadagnato secondi su secondi. E soprattutto vedeva Pinot. Era il suo punto di appoggio. Il francese invece doveva voltarsi. Sentiva la pressione e perdeva tempo. 

In un tratto di pianura. Pinot si è girato, ha mollato quel paio di pedalate convinto che il colombiano si accodasse. E Lopez invece ha fatto finta di prendergli la ruota. Ha scartato sul lato opposto della strada ed è scattato. Mancavano mille metri.

«C’era poco da pensare – racconta Lopez – lui era davanti. Io dovevo recuperare. Risalivo forte e avrei preferito evitare lo sprint».

Sull’arrivo il suo urlo è stato liberatorio, prima di mettersi il pollice in bocca. 

Lopez e l’Astana

Miguel Angel Lopez è tornato a braccia aperte all’Astana. Sembrava tutto rose e fiori, invece qualcosa si era inceppato. Miguel proprio non c’era. 

Già alla Tirreno-Adriatico aveva fatto inquietare non poco Giuseppe Martinelli, per aver mollato anzitempo sulla salita del Carpegna. E anche in queste prime frazioni aveva accumulato un distacco importante. Un distacco che non si confà a chi punta alla maglia rosa.

«Ma no – getta acqua sul fuoco Shefer che intanto festeggia con Cenghialta tra i bus – non stava male, sappiamo che Miguel non era ancora al top. E’ venuto al Tour of the Alps direttamente dal Teide. Potevamo fare meglio, ma siamo contenti. Se penso a corridori malati, al Covid, alle cadute… Da adesso in poi speriamo di raccogliere di più. Mai vissuta una stagione così in tanti anni carriera».

«Anche nel giorno del Rolle ci ha provato. Volevo ribaltare un po’ la classifica. E’ una corsa un po’ strana quest’anno. Si gioca molto sugli abbuoni. C’era un solo arrivo in salita (quello di oggi sul Grossglockner, ndr), ma non era un vero arrivo in quota. E così il giorno del Rolle ci abbiamo provato e quando ha visto che non ce la faceva a tenere il ritmo di Sivakov ha mollato. Poi lui quando si stacca… si stacca. Ma è anche giusto, doveva risparmiare energie in vista delle frazioni successive».

E infatti oggi ha siglato un vero numero. Un numero alla Superman. 

Ai bus finalmente si torna a sorridere in casa a Astana Qazaqstan con Sherfer (a destra) e Cenghialta
Ai bus finalmente si torna a sorridere in casa a Astana Qazaqstan con Sherfer (a destra) e Cenghialta

E ora il Giro

Lopez dal canto suo è sempre rimasto tranquillo. Anche a cena con i compagni lo abbiamo visto sereno. Scherzava con loro. Non dava l’idea di essere preoccupato. E aveva ragione, sapeva quale fosse la sua condizione.

«L’Astana per me è una seconda famiglia – ha detto Lopez – Sono stato contento di tornare, così come sono stato contento di aver vinto. Non ho mai dubitato del lavoro fatto sin qui».

«Questa gara – riprende Shefer – gli serve per mettere un po’ di ritmo nelle gambe in vista del Giro. Dopo il Tour of the Alps, andrà a casa ad Andorra, in altura, e da lì direttamente in Ungheria. Sappiamo che ha avuto queste difficoltà, ma per la corsa rosa sarà del tutto pronto. Noi puntiamo tutto sul Giro e provare ad arrivare al podio, almeno…».

Nibali (classe 1984) e Lopez (classe 1994) avevano già corso insieme nell’Astana nel 2015-2016
Nibali (classe 1984) e Lopez (classe 1994) avevano già corso insieme nell’Astana nel 2015-2016

Superman e Squalo…

Al Giro Lopez avrà al suo fianco Vincenzo Nibali. Non uno qualsiasi. Se lo Squalo potrebbe non essere il capitano per la classifica (ed è tutto da vedere), è di certo quello che oggi è chiamato il “road capitan”. Cioè il capitano in corsa, il referente del diesse.

«Di sicuro – riprende Shefer – uno come Vincenzo sarà un grande aiuto per Lopez. Ha esperienza ed è un corridore importante. Al Giro insieme potranno fare bene. Tante volte quest’anno non ha gestito bene la sua corsa tatticamente, e quando certe cose te le dice uno come Nibali hanno un certo peso. A volte più di quelle di un diesse».

«Quest’anno il Giro è un po’ strano. O ci sono grandi montagne o pianura. Poche o nessuna tappa intermedia. Secondo me si decide tutto nell’ultima settimana.

«La squadra? Al 99% è fatta. I sicuri sono Lopez, Nibali, Pronsky (anche ieri bravissimo), Dombrowsky, Tejada, Felline e credo Conti, ma vediamo come andrà al Romandia».

Garofoli, la miocardite, gli esami e le difficoltà dei medici

13.04.2022
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Con il cuore non si scherza e mai come in questo periodo ce ne stiamo rendendo conto. Quello che sta succedendo non è normale e forse alla fine l’atteggiamento più onesto è ammettere che le conseguenze del Covid sulle carriere degli atleti sono ancora da studiare. E’ quello che si capisce alla fine del confronto con Emilio Magni, medico della Astana Qazaqstan Team e sin dall’inizio nel gruppo ristretto di Vincenzo Nibali, che nel ciclismo c’è dalla fine degli anni 90. Con lui abbiamo parlato della miocardite.

Il miocardio è la componente muscolare del cuore: la sua infiammazione può avere gravi conseguenze (foto Newence)
Il miocardio è la componente muscolare del cuore: la sua infiammazione può avere gravi conseguenze (foto Newence)

Il caso Garofoli

Lo spunto per questo approfondimento è stata infatti la diagnosi che ha fermato per tre mesi Gianmarco Garofoli, corridore marchigiano della continental kazaka. Lo avevamo incontrato alla Coppi e Bartali, trovandolo ambizioso e in forma. Eppure dopo pochi giorni, mentre correva l’internazionale di San Vendemiano, il problema è venuto a galla.

«Garofoli – conferma Magni – è stato poco bene a San Vendemiano. Alla Coppi e Bartali era brillantissimo, si è fermato dopo tre tappe perché così era previsto, dovendo poi correre in Veneto con gli under 23. Eppure in quei pochi giorni è stato bene accanto a Vincenzo, cedendo soltanto nel finale della tappa di San Marino. A San Vendemiano invece, mentre faceva uno sforzo importante anche se non massimale, ha avvertito difficoltà respiratoria e ha dovuto mollare. Alla fine stava anche bene, tanto che fra le svariate volte che ci siamo sentiti quella sera, l’ultima era al ristorante con i genitori sulla via di casa. In ogni caso gli ho consigliato un controllo cardiologico per il giorno dopo. E siccome il suo medico non c’era, è andato dritto in ospedale e dai vari esami è venuta fuori l’infiammazione del miocardio».

Con questa immagine su Instagram Garofoli ha comunicato ai suoi tifosi di stare bene, ma di doversi fermare per tre mesi
Con questa foto su Instagram Garofoli ha comunicato ai tifosi lo stop di tre mesi

Il miocardio è la componente muscolare del cuore, ne compone le pareti e lo fa funzionare come una pompa. E’ composto per il 70% da fibre muscolari, mentre il restante 30% è costituito principalmente da tessuto connettivo e da vasi. La miocardite è la sua infiammazione.

Di cosa si tratta?

La miocardite è un quadro clinico datato nel tempo, non la scopriamo ora. E’ sempre un bruttissimo cliente, che si può manifestare all’improvviso. Essendo il Covid un virus aggressivo, il cuore è diventato il suo organo bersaglio favorito. Quando si parla di miocardite, si accende la spia rossa per chiunque, ma soprattutto per gli atleti. E’ uno dei motivi per cui per riprendere dopo il Covid c’è da mettere in atto il protocollo Return to Play, che prevede anche vari controlli del cuore.

Quindi permette di rintracciare anche la miocardite?

No, perché se non si manifesta in modo particolarmente grave, non viene evidenziata dall’ecocardiogramma. Per scoprirla serve una risonanza magnetica cardiaca con mezzo di contrasto, che non rientra fra gli esami di routine. Non può essere un esame di screening primario (a questo punto ci chiediamo se non sia il caso di introdurla invece nel protocollo di esami per il ritorno alle gare, ndr).

Il solo modo per diagnosticare la miocardite è una risonanza magnetica cardiaca con contrasto (foto GVM)
Il solo modo per diagnosticare la miocardite è una risonanza magnetica cardiaca con contrasto (foto GVM)
Quindi ci si deve affidare ai sintomi?

Che di solito sono la difficoltà respiratoria, che è la sensazione più sgradevole. A volte un po’ di palpitazione. Oppure un senso generale di affaticamento, che però rientra anche tra i sintomi del post influenza, per cui è difficile rintracciarla.

Una volta trovata, scatta il riposo obbligatorio?

Tre mesi, come per Garofoli. Non bisogna sottoporre il cuore a sforzi. Non servono antibiotici, perché si tratta di un virus e non di una comune infiammazione. Semmai si danno antinfiammatori. Dire se tre mesi sia il tempo giusto è complicato. In molti casi magari è un eccesso di prudenza, forse quando sapremo di più del Covid e delle sue conseguenze, magari basterà meno. Ad ora è tutto molto nuovo.

Durante i tre mesi si fanno altri esami?

No, il protocollo è ripeterli dopo tre mesi per valutare se i segni dell’infiammazione sono ancora presenti. Se non ci sono, allora riparti con carichi graduali, fino al momento in cui puoi tornare a lavorare come un professionista. Non si fanno esami prima, perché di certo dopo un mese non vedresti miglioramenti. E poi dare tre mesi serve anche per ridurre l’ansia nell’atleta, che altrimenti sarebbe sempre con la testa a voler bruciare le tappe.

Il dottor Magni è nel ciclismo dal 1996. Fa parte da 16 anni del gruppo di lavoro di Nibali
Il dottor Magni è nel ciclismo dal 1996. Fa parte da 16 anni del gruppo di lavoro di Nibali
Questo problema riguarda tutti, anche il cicloturista che dopo il Covid si rimette a macinare chilometri?

Certamente, con tutta la difficoltà del caso nel riconoscere i sintomi. Per cui non vorrei che passasse il messaggio che siamo tutti a rischio. L’affaticamento nel fare le cose o il fiato corto appartengono anche a una normale convalescenza.

Ecco, appunto. Che cosa si prova da medico nel non riuscire a fare distinzioni e diagnosi subito esatte?

Sono situazioni che ci mettono in grande difficoltà. Il Covid è una bestiaccia, perché non esiste una casistica ancora completa, non c’è letteratura medica. E le continue mutazioni non rendono certo le cose più facili.

Gazzoli e una prima campagna del Nord così, così…

08.04.2022
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Tra i pochi italiani presenti in questa prima parte della campagna del Nord c’era anche Michele Gazzoli. Il bresciano era al debutto, almeno tra i professionisti. L’attesa e l’entusiasmo però non sono stati al pari di sfortuna e delusione.

Il corridore dell’Astana Qazaqstan infatti non aveva grandissime sensazioni e in seguito a delle analisi fatte proprio in Belgio ha scoperto di aver contratto un batterio, il mycoplasma. “Ovvero – come ha scritto lui stesso sulla sua pagina Instagram – il batterio della polmonite”. Al che Michele, fatto il Giro delle Fiandre, ha rimpacchettato le valigie e se ne è tornato a casa.

Lo abbiamo pizzicato insieme ai suoi compagni Leonardo Basso e Davide Martinelli, proprio nel dopo Fiandre.

Gazzoli al centro tra Davide Martinelli (a sinistra) e Leonardo Basso (a destra)
Gazzoli al centro tra Davide Martinelli (a sinistra) e Leonardo Basso (a destra)
Michele, prima esperienza al Nord: cosa ti porti dietro?

Sicuramente un bagaglio importante, anche perché qui sei all’università del ciclismo. Ho fatto tutte le corse ed ero qua per fare esperienza. Peccato per il batterio che ho preso. Però è solo il primo anno e siamo solo ad aprile. Ci sono tantissime gare davanti a me.

E in queste gare che hai fatto cosa hai capito? Ci può stare Michele Gazzoli coi grandi?

Sicuramente è un qualcosa di fattibile. Posso dire di sì, anche se comunque al 100% non sono mai stato e mi manca questo confronto stando nel pieno della forma. È molto diverso da come si disputa una corsa normale. Qui in Belgio ci vuole il coltello tra i denti, sempre…

Come è stato prendere il ritmo da “campagna del nord”? Corsa, due-tre giorni di riposo, corsa…

Bene dai… Forse così è meglio, che rispetto ad una corsa a tappe. Anche perché comunque sei qui tranquillo corri, riposi, corri, sei lontano da casa è vero, però neanche hai distrazioni. E’ un’esperienza impagabile.

E cosa ti è piaciuto di questa esperienza?

Le corse hanno un fascino particolare. Poi il gruppo che si è creato in Astana è a dir poco fantastico, siamo super coesi, siamo amici. Abbiamo creato veramente una grossa base anche per l’anno prossimo. E da questo punto di vista ne siamo usciti positivamente.

I primi assaggi di Nord Gazzoli li ebbe da juniores in azzurro. Eccolo nella Roubaix del 2016 (foto Instagram)
I primi assaggi di Nord Gazzoli li ebbe da juniores in azzurro. Eccolo nella Roubaix del 2016 (foto Instagram)
Con chi hai condiviso la stanza?

Ero da solo.

E come mai?

Mi piace stare da solo. A volte, se c’è la possibilità, mi preferisco così: mi rilassa. Poi quando si scende dalle stanze si sta tutti insieme.

Da dilettante eri mai venuto quassù, magari anche con gli azzurri di Amadori?

Da dilettante no, ho fatto solo il mondiale l’anno scorso, però da juniores avevo corso il Fiandre e la Roubaix.

Ed è stato molto diverso da quel che ti aspettavi poi tra i pro’?

Qui vanno tutti e 200 forti come moto! Quindi sì: è diverso. Come detto, devi sempre lottare, c’è molto stress.

Zanini spinge Gazzoli dopo una foratura… (foto Instagram)
Zanini spinge Gazzoli dopo una foratura… (foto Instagram)
C’è un momento particolare che ricordi di queste prime gare?

Beh, qualche giorno fa ad Harelbeke ho fatto la mia “top performance” quassù, anche se, ripeto, non ero al meglio. Le gambe comunque non c’erano per fare chissà cosa, però fino ai 35 chilometri dall’arrivo ero col primo gruppo. Quando mi sono reso conto di essere con tutti i big è stata una gran bella sensazione. Un’emozione.

Guardiamo avanti: se fossimo già nella campagna del Nord 2023 cosa non faresti?

Cercherei di non ammalarmi! Per il resto penso di aver fatto tutto abbastanza bene.

E sul piano pratico? Magari porteresti qualcosa di diverso nella valigia?

Ah ah… no, no. Nella mia valigia c’è già di tutto. Mi porto dietro casa, come si dice, e non c’entra più niente.

Inizio in salita per Moscon. Ma Mazzoleni ha già il piano pronto

07.04.2022
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Maurizio Mazzoleni si trova sul Teide. Il capo dei preparatori dell’Astana Qazaqstan è in altura col gruppo del Giro d’Italia. Gianni Moscon invece è a casa. Il trentino della Val di Non domenica scorsa dopo il Giro delle Fiandre, ha chiuso la prima parte della campagna del Nord.

Il suo inizio di stagione è stato davvero in salita. Un peccato, perché le motivazioni in seguito al cambio di squadra erano altissime. Aveva finito alla grande il 2021 con una super quanto sfortunata Roubaix. Poi si è beccato il Covid nel pieno della preparazione e tutto si è incredibilmente complicato.

Maurizio Mazzoleni segue tutti i corridori dell’Astana Qazaqstan
Maurizio Mazzoleni segue tutti i corridori dell’Astana Qazaqstan

Scorie di pandemia

Lo stesso Mazzoleni, al via di una tappa della Tirreno, ci aveva detto che bisognava gestire al meglio la situazione post Covid. Adesso con lo stesso preparatore facciamo il punto su come sarà gestito il recupero di questo talento.

«Abbiamo optato per una ripresa soft – spiega Mazzoleni – leggendo gli articoli di cronaca vedo che a livello di popolazione ci sono delle complicazioni che negli sportivi sottoposti a stress fisici vengono amplificate. Il fatto che in appena 59 atleti abbiano finito la Parigi-Nizza sia indicativo. Così come che una squadra WorldTour che sia costretta a rinunciare ad una Classica Monumento (la Israel-Premier Tech al Fiandre, ndr). E’ un fatto storico. Inedito.

«Usciamo da una pandemia, i virus classici sembrano avere più forza e le difese immunitarie degli atleti sono più basse. L’insieme di questi tre fattori complica molto le cose».

Nessun allarme quindi per il fatto che Gianni non abbia dato segnali di ripresa neanche nelle corse del Nord, quelle che in teoria sarebbero più congeniali a lui. In Astana lo sapevano, lo sapeva l’atleta. E verrebbe quasi dire che era tutto parte del percorso di rientro soft.

«Nessuno si aspettava questa situazione – continua Mazzoleni – l’uscita dalla pandemia è nuova per tutti. Anche per gli staff medici, non c’è uno storico di riferimento. E’ una situazione di emergenza per le squadre e per gli atleti. Poi c’è chi da segnali di ripresa in tempi più brevi ed chi ha bisogno di più tempo.

«Idem sulla ripresa della condizione. E’ qualcosa di nuovo e si va passo dopo passo. Senza fretta».

Per Gianni di certo non una campagna belga da ricordare. Esserci è stato comunque importante
Per Gianni di certo non una campagna belga da ricordare. Esserci è stato comunque importante

Niente fretta

Fretta. Potrebbe essere questo il nemico numero per il ritorno, in grande di Moscon. Ma anche per questa evenienza Mazzoleni e l’Astana hanno le idee chiare. Se non chiarissime. Non forzeranno i tempi.

«Abbiamo le idee molto chiare sulla ripresa di Gianni. Adesso osserverà un periodo di recupero. Un recupero che dovrà essere totale. Successivamente, solo se i parametri fisici e le sensazioni del corridore saranno ideali si procederà al secondo step, il ri-allenamento. E così via per quelli successivi. Si procederà solo se si saranno raggiunti al meglio i livelli e i parametri precedenti».

Quando Mazzoleni parla di ri-allenamento intende la fase di risalita in bici. Una nuova base nella quale non è esclusa neanche la palestra, visto che è un modo per sviluppare la forza. «E’ una progressione di carico ben calibrata e individualizzata. In base ai test, come detto, si procederà allo step successivo. E se tutto andrà regolarmente Gianni farà anche l’altura. In teoria abbiamo già programmato tutto per venire qui sul Teide».

Gianni Moscon (classe 1994) è alla prima stagione alla corte di Vinokourov
Gianni Moscon (classe 1994) è alla prima stagione alla corte di Vinokourov

Verso il Tour

Per fortuna, alla fine, il calendario originario di Moscon non sarà troppo stravolto. Perderà alcune classiche okay (il programma prevedeva anche la Roubaix e qualcosa nelle Ardenne), ma ora quel conta è guardare avanti e farlo con ottimismo.

«Gianni – conclude Mazzoleni – non era previsto per il Giro. Avrebbe dovuto fare le classiche, quindi il collaudato iter: stacco, ripresa, altura, Delfinato e Tour de France. E tutto sommato il tempo gioca dalla sua. Spiace sia andata in questo modo. Nessuno, Gianni per primo, si aspettava un inizio così».

In fuga ieri. Mozzato e Boaro, l’Italia che resiste…

04.04.2022
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Un po’ d’Italia c’è stata in questo Giro delle Fiandre. E c’è stata per merito di Luca Mozzato e Manuele Boaro. Entrambi sono entrati nella fuga di giornata. Entrambi hanno vissuto da protagonisti quella che da molti è ritenuta la corsa più calorosa del mondo, quella più sentita a bordo strada.

Partiamo da Mozzato. Bravissimo, alla fine non solo è stato protagonista in testa alla corsa per 200 e passa chilometri, ma è stato anche il primo degli italiani, venticinquesimo.

Luca Mozzato (classe 1998) è alla terza stagione nella B&B Hotels – Ktm
Luca Mozzato (classe 1998) è alla terza stagione nella B&B Hotels – Ktm

Caccia a Taco

«Centrare la fuga – racconta il corridore della B&B Hotels – Ktm – era l’obiettivo di giornata. Dovevo essere davanti e vedere come come si metteva. Siamo stati abbastanza fortunati perché la fuga era ben composta. Eravamo in tanti, c’era gente abbastanza forte e non ero il solo italiano.

«L’uomo più quotato di tutto il gruppo per la fuga era Taco Van der Hoorn. Ma ho pensato: magari c’è un po’ troppa gente che lo punta, proviamo a fare qualcosa di diverso. E infatti quando è partita la fuga, Taco inizialmente non c’era. E’ rientrato in un secondo momento. Farmi trovare già davanti credo sia stata una mossa giusta. In corse del genere stare in testa ti evita anche lo stress delle posizioni e non si spreca troppo».

«E questo non sprecare credo sia stata la chiave della giornata: girando più regolari sono arrivato a 60-70 chilometri dall’arrivo relativamente fresco e al posto giusto. Quando i grandi ci hanno ripreso sul Kwaremont hanno dovuto fare uno sforzo veramente incredibile. Loro lo hanno fatto a tutta da sotto a sopra.

«Noi, invece, facendoci prendere a metà, siamo riusciti a salvarci e in parte a seguirli. Certo, da quel momento in poi le energie erano al lumicino. Se escludiamo i corridori che sono riusciti a fare la differenza, tutti gli altri sono andati un po’ alla sopravvivenza e così sono riuscito a rimanere attaccato al mio gruppetto».

Mozzato, passista veloce, è stato il migliore italiano: 25° a 1’07” da VdP (foto B6B Hotels – Ktm)
Mozzato, passista veloce, è stato il migliore italiano: 25° a 1’07” da VdP (foto B6B Hotels – Ktm)

L’abbraccio del Belgio

Mozzato, veneziano, ci racconta con entusiasmo la sua Ronde. Ai piedi del verde bus della sua squadra non sembra neanche così stanco. Alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne aveva detto che voleva imparare a stare davanti: è stato di parola. E aveva anche aggiunto che nel 2022 vuole vincere.

«E’ un po’ che lo dico – sorride Mozzato – L’obiettivo è la vittoria, però al momento sono solo parole, perché devo ancora riuscirci. Ogni tanto faccio delle belle prestazioni, come oggi (ieri, ndr).

«Personalmente penso che sia stata una delle mie giornate più belle sulla bici in assoluto, perché il Fiandre è una corsa storica. E con tutto il pubblico che c’era sulle strade… È stato veramente speciale: dal primo chilometro ogni paesino, ogni curva, ogni salitella era veramente piena di gente. Senti proprio il calore del pubblico. E’ una giornata davvero importante per il Belgio».

Boaro è un vero uomo squadra. Probabilmente lo vedremo al Giro
Boaro è un vero uomo squadra. Probabilmente lo vedremo al Giro

Boaro: una sicurezza

E il calore della Ronde non è sfuggito neanche a Manuele Boaro. Lui rispetto a Mozzato è un veterano. E’ uno di quei corridori sui quali puoi mettere la mano sul fuoco. Se gli dai un compito, stai tranquillo che Boaro c’è.

«Questa mattina abbiamo parlato: volevamo la fuga. L’ho cercata e sono riuscito a prenderla. Difficile che la fuga arrivi, le corse si vincono alla fine, ma almeno hai un’altra visione della gara».

Quest’anno tra l’altro non è la prima volta che Manuele va in fuga per l’Astana Qazaqstan (decimata da malanni e cadute), che ci mette una pezza. Alla vigilia Stefano Zanini, diesse dei turchesi, ci aveva detto che la sua squadra senza un leader da primi posti avrebbe attaccato.

«E’ parte del mio ruolo. Come nel calcio il difensore cerca di proteggere la sua squadra, qui difendo io. Se il team mi dice andare in fuga lo faccio. Se devo lavorare, lavoro. Per me l’importante è che la squadra sia contenta di quello che viene fatto».

Boaro, anche lui ai piedi del bus che non è distante da quello di Mozzato, appare stanco. I riccioli spuntano fuori dal cappellino di lana. Parla con semplicità il veneto, come se prendere la fuga al Fiandre fosse cosa scontata. E lo stesso rimanerci, quando non è così. Il caso dello svizzero Tom Bohli della Cofidis è emblematico. Dal chilometro 195 ad ogni strappo scivolava in un gruppo più dietro. In pratica è naufragato. 

«E’ vero, non è facile – commenta Boaro – ma sono partito convinto. Ho fatto io il primo scatto e non siamo andati. Però sono rimasto lì. Ho corso davanti e ho atteso di capire come andassero le cose. E comunque un pizzico di fortuna ci vuole sempre».

Boaro in testa. Il veneto (classe 1987) è stato tra i promotori della fuga
Boaro in testa. Il veneto (classe 1987) è stato tra i promotori della fuga

Fuga silenziosa

Manuele ci racconta poi del clima che si respirava nella fuga. Spesso si parla, si regola il ritmo sull’andatura del gruppo, si gestiscono le energie.


«Troppo spazio non ce lo hanno lasciato. Devo dire che abbiamo parlato poco, anche con Mozzato. Eravamo tutti molto concentrati. Abbiamo cercato di andare regolari perché comunque la gara era lunga e bisognava cercare di spendere il meno possibile. Purtroppo per noi la corsa si è accesa molto presto e siamo stati un po’ sorpresi dall’avvicinarsi dei big già sul secondo Kwaremont e per questo non siamo riusciti ad andare un po’ più in là».

«Dopo due settimane in Belgio – conclude Boaro – le gambe erano quelle che erano. Però che bello: con tutta quella gente, era da pelle d’oca. Penso che questa corsa per il Belgio sia come un Super Bowl per gli americani, non è solo una gara. Sono contento di essere stato in fuga, perché poche volte mi emoziono così. E sono veramente contento di aver visto un pubblico così. Un pubblico che il ciclismo merita».

Fra colpi di tosse, la strada di Conti verso il Giro

28.03.2022
4 min
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Che fine ha fatto Valerio Conti? Ricordavamo l’entusiasmo per il nuovo inizio con l’Astana. La voglia di non accontentarsi come gli era successo al UAE Team Emirates e l’esigenza di mettersi nuovamente alla prova. E poi? Debutto a Murcia: ritirato. Seconda corsa ad Almeria: ritirato. E poi di nuovo in gruppo al Catalunya dopo 40 giorni, senza finirlo. Ce n’è abbastanza per una telefonata e la raffica di colpi di tosse che accoglie è più eloquente delle parole che seguono.

«Ho debuttato a Murcia – dice dopo un po’ – sono caduto, mi sono tagliato una mano e ho dovuto mettere i punti dal pollice al palmo. Impossibile prendere in mano il manubrio. Tra una cosa e l’altra sono andati via dieci giorni. Poi sono andato al Catalunya e mi sentivo un po’ strano. E alla fine è venuta fuori una febbrona a 39. La dottoressa della squadra ha fatto un doppio kit per capire se sia Covid o influenza ed è venuto fuori che è influenza. E ha detto che probabilmente (colpo di tosse, ndr) sono partito per il Catalunya avendola già addosso…».

In queste settimane, Martinelli è alle prese con diverse sostituzioni per motivi di salute
In queste settimane, Martinelli è alle prese con diverse sostituzioni per motivi di salute

Jella Astana

Come dire che il momento nero dell’Astana Qazaqstan Team prosegue. La Parigi-Nizza in cui Felline è stato il solo corridore del team kazako (e anche il solo italiano) a tagliare il traguardo finale, i malanni di Moscon, gli acciacchi che hanno impedito a Nibali di correre la Tirreno-Adriatico e la caduta di Lutsenko che mentre si allenava sul Teide si è rotto clavicola e spalla. Eppure il romano, che in questi giorni è a casa dei suoceri in Veneto, appare ancora molto motivato.

«Mi trovo benissimo – dice dopo un altro colpo di tosse – ho ritrovato umanità e tranquillità. Sono contento, potevo decidermi di cambiare prima. Certo, ho fatto poche corse, ma ad esempio il gruppo del Catalunya era spettacolare. In UAE vivevo più stress (colpo di tosse, ndr), si partiva per fare punti in tutte le corse, mentre qui la stagione è focalizzata sui grandi obiettivi, principalmente i grandi Giri. Non a caso hanno sempre preso corridori per le gare a tappe, perché c’è una bella organizzazione per quel tipo di corse».

Baschi fra 7 giorni

E adesso dove lo rivedranno i suoi tifosi? Quando ripartirà Conti sulle tracce di quel se stesso che nel 2019 vestì a lungo la maglia rosa e autorizzò speranze mantenute soltanto a sprazzi?

«Il programma era di correre al Gp Indurain e poi al Giro dei Paesi Baschi – spiega – ma il primo non lo farò sicuramente. Inizia a una settimana esatta da oggi, il 4 aprile. Stamattina (colpo di tosse, ndr) ho preso il primo antibiotico, provo a rientrare per i Baschi, poi si vedrà come sto. Se riesco a prendere ritmo gara, potrei andare in altura a preparare il Giro. Altrimenti, se non si riesce a rientrare, si può pensare di stare anche senza altura e fare il Giro di Sicilia e poi il Tour of the Alps. Con questo fatto che i più forti stanno male, vedo che a Martinelli sta fumando il cervello. Lui sta sempre attento ai programmi (colpo di tosse, ndr) e spostare un corridore per sostituirne un altro significa squilibrare un’altra situazione. Il momento non è dei migliori».

Conti è pro’ dal 2014: da quest’anno è all’Astana. E’ alto 1,72 e pesa 61 chili
Conti è pro’ dal 2014: da quest’anno è all’Astana. E’ alto 1,72 e pesa 61 chili

Tutto sul Giro

In ogni caso, il suo focus resta il Giro d’Italia: le classiche ardennesi non sono nei programmi. E al Giro si arriva correndo o andando in quota, come nei piani di Nibali.

«Il leader per la maglia rosa – colpo di tosse – dovrebbe essere Lopez, che ad ora non ha avuto niente. E poi c’è Vincenzo, che non si può mai dire. Certo se sta con i primi, saremo tutti pronti ad aiutare anche lui. E poi lo sapete com’è all’Astana, non si fa catenaccio come magari potrebbe fare il Team Ineos. Qui si sgancia gente in fuga perché possa giocarsi le sue carte e io spero di riuscire a fare anche questo. L’importante sarà arrivarci e possibilmente bene. Per adesso (colpo di tosse e risata sconsolata, ndr), il mio obiettivo è solo questo…».

Zanini come si costruisce il feeling con le pietre?

24.03.2022
4 min
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Intercettiamo Stefano Zanini, diesse dell’Astana Qazaqstan, la sera della Brugge-De Panne. Sono le 19, la gara è finita da un paio d’ore e in sottofondo si sente il vociare dei corridori che pian piano diminuisce. Da corridore questa corsa l’ha disputata parecchie volte, quando ancora si chiamava Tre giorni di La Panne. E’ riuscito a portarsi a casa anche due vittorie di tappa: nel 1998 e nel 2002.  

La domanda da cui partiamo è un po’ figlia del periodo della stagione ciclistica ed un po’ delle scelte dei corridori. Jonathan Milan, che ha corso a De Panne in maglia Bahrain Victorious, ci ha raccontato che rimarrà al Nord per due settimane, in cerca del feeling con il pavé e i percorsi di gara.

Stefano Zanini
La grande esperienza accumulata da Zanini sulle pietre del Nord è molto utile al team Astana
Stefano Zanini
La grande esperienza accumulata da Zanini sulle pietre del Nord è molto utile al team Astana
Stefano, quanto è importante pedalare ed allenarsi su quelle strade in vista delle classiche?

Partiamo dal presupposto che fare questo tipo di corse, e di conseguenza questo tipo di preparazione, ti deve piacere. Ma tanto! Devi proprio dire «Oh! Finalmente parto per il Belgio». Altrimenti le pietre ti mangiano. 

Una volta trovata la voglia cosa bisogna fare?

Diciamo che più che allenarsi devi correre, anche perché per allenarsi di tempo non ce n’è. Solitamente si corre tre volte nell’arco di una settimana: domenica, mercoledì ed ancora domenica. Tra una gara e l’altra si deve recuperare bene…

Fra gli uomini Astana più attesi al Nord c’è Gianni Moscon
Fra gli uomini Astana più attesi al Nord c’è Gianni Moscon
Allora a cosa serve venire da queste parti?

E’ utile perché, come detto, sono gare ravvicinate e quindi serve riprendere la mano sul pavé. Devi ricordarti cos’è il mal di schiena, il mal di gambe, di braccia… I belgi ci nascono su queste strade, per gli altri la fatica è doppia.

Abbiamo visto come alla Strade Bianche i corridori facessero delle ricognizioni lente e minuziose per trovare il materiale giusto da usare in gara, anche al Nord è così?

Assolutamente, si fanno delle sgambate, per non dire passeggiate, e si prova ogni dettaglio: la pressione dei copertoni, la sezione dei tubolari, il profilo delle ruote (in apertura la ricognizione dell’Astana alla Roubaix 2021, foto Facebook del team). Attenzione, perché possono cambiare da una corsa all’altra, i pavé non sono tutti uguali. Quando correvo io non c’erano tutte queste scelte, si faceva la sgambata per fare gruppo e per non stare completamente fermi. Volete sapere un’altra differenza rispetto al passato?

La stessa ricognizione che si fa per le classiche la si fa anche in vista delle Strade Bianche (foto Facebook Astana)
La stessa ricognizione che si fa per le classiche la si fa anche in vista delle Strade Bianche (foto Facebook Astana)
Dicci!

Quando ero corridore tra il Fiandre e la Roubaix alcuni corridori tra cui il sottoscritto andavano a fare il Giro dei Paesi Baschi. Era utile per mantenere il ritmo di gara alto. A me serviva anche perché mi piaceva mangiare e rischiavo di arrivare alla Roubaix ingrassato, allora correvo, almeno smaltivo (dice Stefano facendosi una gran risata, ndr).

Quindi è anche un discorso mentale, di feeling con questo territorio?

E’ anche una questione di feeling ma una cosa è certa, se vieni a correre qui devi essere al 100 per cento. Una volta le gare servivano per trovare la gamba giusta, ora devi arrivare pronto. Come si diceva una volta: «Il corridore si costruisce d’inverno» e questo è ancor più vero oggi.

Quando correva Stefano, qui in maglia Gewiss, i corridori non avevano tutte le scelte tecniche che ci sono ora
Quando correva Stefano, qui in maglia Gewiss, i corridori non avevano tutte le scelte tecniche che ci sono ora
Quanto lontano bisogna partire per costruire una grande campagna del Nord?

Per le classiche è importante correre molto, per farlo si inizia già dall’Australia, anche se ora con il Covid non si può più. Successivamente si può fare un periodo in altura, scendere e correre la Tirreno-Adriatico o la Parigi-Nizza. E’ fondamentale fare una di queste due gare per avere un’ottima preparazione. Ora il periodo invernale è ancor più importante, un grande volume di allenamento ti fa arrivare alle corse pronto.

Chi ha come primo obiettivo stagionale queste classiche viene a correre qui già a febbraio.

Quello è un primo step importante, con quelle prime gare ritrovi le sensazioni e capisci anche il tuo livello di condizione. Però è un periodo breve, una vera e propria toccata e fuga, fai appena in tempo a ricordarti come si corre sul pavé che sei già sull’aereo del ritorno.

Nibali dribbla acciacchi e sfortune e punta il Giro d’Italia

21.03.2022
6 min
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«Visto che Mohoric ha vinto col reggisella telescopico? Anche noi lo provammo ai tempi con Fsa, ma pesava tantissimo. Oggi con 300 grammi te la cavi e puoi anche pensare di montarlo». Parte in tromba Vincenzo Nibali. Lo Squalo è guidato dalla passione, specie quando si parla di tecnica, e commenta con noi la Sanremo.

Lo avevamo raggiunto quando la Classicissima era finita da poche ore e lui stesso se l’era gustata in tv. Non aveva perso un metro. E magari il corridore dell’Astana Qazaqstan avrà ripensato a quando fu lui ad alzare le braccia in Via Roma, con un’azione altrettanto spettacolare a quella di Mohoric.

Vincenzo come va con i tuoi problemi di salute? Prima il Covid, poi l’influenza…

Diciamo che sono alle spalle. Oggi (sabato scorso, ndr) ho fatto l’ennesima visita alle tonsille: ce n’è una che è ancora gonfia e credo che me la dovrò tenere così. Se mi opero perdo due mesi, tantissimo. Cercherò di starci attento, di tenerla a bada in qualche modo e di non ammalarmi. E’ come avere una cicatrice che dà fastidio.

E in merito alla condizione, dove pensi di essere?

Sinceramente non lo so bene. Ho fatto solo la Milano-Torino e le sensazioni neanche erano male, però il ritmo gara non c’è e quello lo fai o con tanto dietro motore o gareggiando. Adesso si andrà avanti per piccoli passi. Vediamo un po’ come andrò da questa gara, la Coppi e Bartali (22-26 marzo), in poi.

Come si può fare per recuperare?

Facendo un’attenta selezione di gare. L’obiettivo è crescere gradualmente. Farò la Coppi e Bartali e poi andrò in altura sul Teide con il gruppo del Giro.

Però perché fare l’altura? Non sei un più un ragazzino, hai pochi giorni di corsa nelle gambe: non sarebbe meglio correre di più?

Fare l’altura è la base per i grandi Giri. Non si può fare una grande corsa a tappe senza passare dall’altura.

Ma magari cambiare approccio alla preparazione è anche una questione di stimoli…

Negli ultimi 15 anni ogni campione, e non solo, è arrivato ad un grande Giro dall’altura. Non si tratta solo di allenarsi. L’altura è tutto: è fare la vita da corridore al massimo, è concentrarsi, è non avere distrazioni e chiaramente è anche allenarsi bene. In gara fai l’alta intensità, curi la parte anaerobica, ma per un grande Giro serve soprattutto una grande base aerobica, servono i grandi volumi di allenamento.

Per lo Squalo solo 6 giorni di corsa sin qui. La Valenciana ad inizio febbraio (in foto) e la Milano-Torino pochi giorni fa
Per lo Squalo solo 6 giorni di corsa sin qui. La Valenciana ad inizio febbraio (in foto) e la Milano-Torino pochi giorni fa
Sono tanti anni che sei un pro’, hai anche vinto tantissimo, che emozioni si provano nell’arrivare ad un grande Giro?

Emozioni: è un qualcosa di collaudato ormai, non c’è un’emozione particolare. Quando ti avvicini al momento del via cerchi sempre di capire come stai, hai le tue paure, le tue preoccupazioni.

Preoccupazioni…

Eh sì. Anche quando stai bene e senti di avere una buona condizione ti poni delle domande. Sarò davvero pronto? E’ tutto apposto? Poi il più delle volte questi dubbi spariscono in gara… Almeno quando riesci a fare ciò che vuoi. Discorso diverso se invece manca qualcosa per davvero. In quel caso lo puoi raggiungere in corsa, tappa dopo tappa, ma ci sta anche che non lo raggiungi proprio il tuo top di forma.

E sono problemi…

Eh – sospira Nibali – la prendi così com’è. C’è poco da fare, se non dare il massimo.

E sapendo anche che coi ragazzini terribili di oggi è sempre più difficile…

Quello che sono riuscito a fare non è poco e per quello che posso ancora fare cerco di dare il meglio di me stesso. I giovani oggi arrivano già pronti, si adattano subito. Non penso però che abbiano ancora chissà quali margini di crescita perché sono già a livelli altissimi. I margini semmai ce li ha qualcuno che è, come dire, un po’ naif nell’allenarsi e va forte di suo e con un certo lavoro può migliorare ancora.

Come trovi gli stimoli sapendo che il pubblico ti aspetta?

Uno trova soddisfazione in tante altre cose. Per tutta la scorsa settimana, pensando alla Sanremo, si è parlato solo di due corridori, Van Aert e Pogacar, mentre il primo, il secondo e il terzo sono stati altri, corridori. Questo per dire che gli altri non sono fermi. Sono in tanti ad andare forte. Quindi non è facile, ma si cerca di dare il massimo.

Dopo la Coppi e Bartali e l’altura Nibali dovrebbe prendere parte o al Giro di Sicilia o al Tour of the Alps
Dopo la Coppi e Bartali e l’altura Nibali dovrebbe prendere parte o al Giro di Sicilia o al Tour of the Alps
Come ci arriviamo allora a questo Giro d’Italia?

Ad arrivarci! Con tutti questi malanni e il Covid sono tre stagioni ormai che devi sempre riprogrammare tutto. Non è facile. Tu magari attraversi un buon periodo, sei in un momento buono, poi arriva il Covid e butti al vento mesi e mesi di preparazione. Quando sei giovane tutto questo non ti pesa, ma per chi è a fine carriera…

Però sei Nibali, sai come si può fare…

Esperienza per fare le cose fatte bene c’è. Però se anche tutto fila liscio e poi c’è un intoppo questo ti frena. Da oltre dieci anni sono abituato a programmare tutto: gara, recupero, altura, alimentazione… e finché va così, tutto va bene, ma se sballa qualcosa poi inseguire è un bel “casino”. Riallacciandosi al discorso dei giovani: a loro basta una settimana di allenamento fatta bene e tre gare e vanno in condizione, poi magari non dura molto, ma ci vanno. Più vai su con l’età e più ti serve tempo per allenarti e più gare da fare per raggiungere lo stesso livello.

Un corridore che ha vinto i grandi Giri, anche se magari non ci punta più, un occhio alla classifica lo dà sempre. Hai guardato il parterre del Giro, gli avversari più pericolosi?

Più che un’occhio, gli ho dato un orecchio, quello sì! Ho ascoltato qualche rumors, ho visto qualche ordine d’arrivo… Sì, qualche pensiero ce lo puoi avere, ma poi quando sei in gara cambia tutto. Sei attento a vedere cosa succede e cosa non succede. E cerchi di capire realmente come stai.

Che gare farai adesso?

Come detto Coppi e Bartali, altura e poi o Giro di Sicilia (12-15 aprile, ndr) o Tour of the Alps (18-22 aprile, ndr). E’ da vedere. Poco fa, ero giusto al telefono con Martinelli per capire un po’ come stessero le cose, perché ci sono tanti corridori malati nei team e non è facile fare le squadre.

Quando ti rivediamo alzare le braccia al cielo? Nibali se può un colpetto lo dà…

Ah, se la sfortuna mi lascia in pace più che volentieri. Negli ultimi tre anni – fa una breve pausa e sbuffa Vincenzo – è andato un po’ di tutto di traverso. Uno cerca anche di essere propositivo, ma poi arriva la legnata che ti mette ko. Speriamo che siano finite queste legnate.