Velasco vince in Spagna, per Inselvini e per sua figlia

04.02.2023
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Simone Velasco non aveva mai vinto così presto. La volta precedente era stata al Laigueglia del 2019, ma si correva il 17 di febbraio. Ieri era il 3 e alla Vuelta Valenciana, il toscano dell’Astana ha battuto Bob Jungels sul traguardo di Sagunto dopo 119 chilometri di fuga.

Poi si è fermato. Ha collegato le gambe al cuore e ha puntato il dito al cielo, dedicando la vittoria a Umberto Inselvini, il massaggiatore dell’Astana Qazaqstan Team, scomparso il 27 gennaio nel ritiro della squadra kazaka.

Umberto Inselvini è morto improvvisamente il 27 gennaio nel ritiro dell’Astana ad Altea
Umberto Inselvini è morto improvvisamente il 27 gennaio nel ritiro dell’Astana ad Altea

L’ultima distanza

Erano tutti ad Altea, nello stesso hotel in cui avevamo incontrato Simone prima di Natale, per l’ultimo ritiro prima delle corse. Negli stessi giorni, chi scrive era in Argentina e l’espressione sgomenta sul volto di Michele Pallini e il dottor Magni a migliaia di chilometri di distanza, aveva fatto capire la violenza del colpo per gli uomini della squadra kazaka.

«Umberto per mia sfortuna l’ho conosciuto solo negli ultimi due anni – racconta Velasco – da quando sono passato all’Astana. Prima non avevo avuto un rapporto stretto come negli ultimi tempi. Umberto era sicuramente una persona riservata, competente e molto rispettosa dei colleghi e tutto l’ambiente. La sua morte è stata una grande perdita per tutto il gruppo, non solo per il team. Quando è successo, eravamo anche noi in Spagna e stavamo facendo la distanza».

Sull’ultima salita, Velasco è rimasto nella scia di Jungels e Gregaard, aspettando lo sprint
Sull’ultima salita, Velasco è rimasto nella scia di Jungels e Gregaard, aspettando lo sprint
Eravate in hotel quando è successo?

Eravamo in bici, era l’ultima distanza, la rifinitura appunto, prima dell’imminente inizio delle gare. Ci è giunta notizia proprio all’inizio dell’ultimo lavoro di giornata. Non avevamo ancora la certezza. Poi quando siamo arrivati in hotel, abbiamo toccato la tragedia con mano ed è stato un forte scossone per tutto il team. Non solo il giorno dell’accaduto, ma anche in quelli seguenti.

Come l’avete superata?

Non possiamo far altro che stringerci forte attorno alla famiglia e fare del nostro meglio per ricordarlo. Dedicandogli ogni vittoria, ogni risultato da qui in avanti.

Pensavi di stare già così bene?

Ho sempre bisogno di qualche gara per carburare un po’ e infatti la prima tappa aveva avvalorato il mio pensiero. Dal secondo giorno ho iniziato a sentire qualche miglioramento e comunque sapevo di aver lavorato bene durante tutto l’inverno. Il secondo giorno in effetti poteva essere la tappa giusta per attaccare, andare all’arrivo e giocarmi il mio jolly. Finché ieri è andata bene. In fuga ci siamo fatti un bel mazzo per portarla all’arrivo e adesso siamo stracontenti.

Per Ciccone si è trattato di un giorno di controllo: ha 3″ su Pello Bilbao e 6″ su Vlasov
Per Ciccone si è trattato di un giorno di controllo: ha 3″ su Pello Bilbao e 6″ su Vlasov
Chi ti faceva paura fra i compagni di fuga?

Sapevo che se fossimo arrivati allo sprint, bene o male sarei stato io il favorito, perché sono veloce. Quindi dovevo cercare di limitare i danni nei punti duri della tappa. Quando ha attaccato Craddock sull’ultima salita di giornata, ho tentennato ad andargli dietro, perché sinceramente, con i due giorni passati, non sapevo se avevo già la gamba buona per seguirlo.

Quindi?

Ho preferito andare su più regolare con Jungels e il ragazzo della Uno X (Jonas Gregaard, ndr) e alla fine si è rivelata la scelta vincente. E’ andata bene così. Jungels sicuramente aveva una super gamba e se è arrivata la fuga, è stato anche per merito suo. Però io me la sono giocata bene e… avanti così.

Ieri sera avete brindato?

Un brindisi non ha mai fatto male a nessuno, quindi abbiamo festeggiato qualcosina, con l’obiettivo di festeggiarne altre, magari nel minor tempo possibile. E poi si brinderà anche a casa, anche con la mia pupa, la mia bimba che finalmente ha visto vincere il babbo. Non ha dovuto neanche aspettare tanto, sono stato un bravo babbo.

A questo punto continuiamo così, avendo capito come si fa?

Bisogna, dai. Speriamo di continuare in questo modo. La stagione è appena cominciata.

Indietro di condizione? Benfatto spiega come si rimedia

03.02.2023
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I social, se ben utilizzati, possono essere fonte di idee e spunti per degli articoli. Ecco che guardando sul profilo Instagram di Fabio Felline, abbiamo notato una storia che ci ha colpiti. Il corridore dell’Astana Qazaqstan si stava allenando in palestra e la foto recitava: “alla ricerca dei watt mancanti”. Così partendo da questo spunto, e con l’aiuto di Marco Benfatto, vogliamo capire come lavora un corridore che si accorge di essere indietro di preparazione. 

Benfatto, qui a destra, dopo aver concluso la carriera nel 2020 si è laureato in scienze motorie ed è diventato preparatore
Benfatto, qui a destra, dopo aver concluso la carriera nel 2020 si è laureato in scienze motorie ed è diventato preparatore
Ciao Marco, innanzitutto, da quali fattori può nascere un ritardo di preparazione?

Ce ne sono molti – spiega il preparatore – però sono tutti legati a fattori esterni, come un’influenza. Capita spesso che nel ritorno dai ritiri in Spagna di dicembre, dove ci si allena a maniche corte e in pantaloncini, si subisca il cambio di clima. Uscire i primi giorni con il freddo può portare ad ammalarsi e perdere giorni di allenamento. 

Altri fattori magari legati più strettamente all’attività in bici?

Un infortunio che capita abbastanza spesso è l’infiammazione al ginocchio. I corridori fanno determinati lavori di potenziamento, ma con il freddo diventa meno vantaggioso di non farli. Perché lavorare con grandi sforzi a basse temperature può portare ad un’infiammazione appunto, ed anche in questo caso si perdono giorni di lavoro. 

E’ possibile sbagliare la preparazione?

Ormai non più, la tecnologia dà una grossa mano a noi preparatori. Grazie ai dati come watt o frequenza cardiaca, ma anche i vari software sono una grande aiuto. Il migliore è Training Peaks, con il quale si possono calibrare i carichi di allenamento in maniera ottimale. La cosa più importante per un corridore, nonostante tutto, rimangono i test di dicembre e gennaio. Con quelli si riesce a capire il tipo di preparazione e se si può spingere o bisogna aspettare. 

Per Benfatto la palestra va alleggerita una volta che inizia la stagione
Per Benfatto la palestra va alleggerita una volta che inizia la stagione
Abbiamo visto Felline lavorare in palestra, è utile?

Dipende, se ci si accorge che manca un po’ di forza allora sì, con dei lavori a secco si può recuperare. La palestra, tuttavia, una volta iniziata la stagione è meglio “alleggerirla”, si fanno dei richiami, ma il lavoro vero passa dalla bici attraverso il gesto specifico. 

Allora che cosa bisogna fare quando ci si accorge di essere indietro di condizione?

Si deve rimanere calmi, sembra banale ma è importante non “andare fuori di testa”. I corridori a volte vorrebbero fare lavori più intensi ma questo non serve. Il rischio è di arrivare sì in condizione, ma non avere poi una base e quindi il picco di forma dura poco. Meglio pazientare e arrivare al livello desiderato un po’ dopo. 

Dipende anche dalle esigenze di calendario?

Certo. Se un atleta parte a gennaio con l’intento di vincere subito, avrà meno tempo per sbagliare. Il calendario, comunque, è un problema ormai per preparatori e corridori. I ragazzi smettono di correre a ottobre e ripartono a gennaio, il tempo per riposare è davvero poco, e le condizioni climatiche non aiutano. Gli europei si allenano spesso al freddo e arrivare al top della condizione in gare dall’altra parte del mondo, dove per di più è estate non è semplice. E’ un po’ il cane che si morde la coda.

Ci si può accorgere di un ritardo nella preparazione solamente dopo la prima corsa?

Sì, la prima gara rappresenta una linea rossa dalla quale si parte a valutare il lavoro fatto. E’ vero che abbiamo tanti dati e molta tecnologia ma le sensazioni in corsa giocano ancora una parte fondamentale.  

Si è parlato di palestra, ma in bici che tipo di lavori fa un corridore indietro con la condizione?

Bisogna recuperare il ritmo gara, quindi si preferisce fare dietro moto o dietro macchina. Ed a questo si aggiungono altri lavori fatti ad alta intensità come fuori soglia. Per fare un esempio: se un velocista si accorge che non ha il picco di potenza che si aspettava, è meglio che cerchi di recuperare tramite allenamenti in bici. Lavorare troppo in palestra farebbe venir meno una base di lavoro importante.

Guardando al calendario un corridore da classiche o un velocista hanno meno tempo per rimediare?

Per i corridori da classiche è doppiamente difficile: primo perché stai lavorando su una gara secca. Secondo perché il calendario è “corto” e rincorrere non è mai semplice. D’altro canto, però, i corridori con quelle caratteristiche iniziano ad alzare i giri del motore già dal ritiro di dicembre. 

Per gli scalatori c’è più tempo per entrare in condizione
Per gli scalatori c’è più tempo per entrare in condizione
Per gli scalatori, invece?

Con loro per arrivare pronti agli appuntamenti importanti, si fa un dietro moto su salite da venti minuti. Il ritmo deve essere quello della corsa, quindi medio e soglia, con delle variazioni di ritmo. Chi prepara il Giro d’Italia lavora solo per quello, si parte un po’ prima ma le corse in mezzo come la Vuelta a la Comunitat Valenciana o la Tirreno-Adriatico, servono come allenamento.  

La ricetta è tanta pazienza e lavorare al meglio…

A mio avviso non si deve stravolgere il programma di lavoro, ormai la frittata è fatta e bisogna seguire la strada intrapresa. La stagione è lunga e c’è tempo per rimettere le cose in ordine.

Ritorno al freddo: il delicato rientro dalle corse calde

02.02.2023
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Dal caldo al freddo, tanto più che è arrivata una parvenza d’inverno anche al Centro-Sud. I corridori sono tornati da Australia e Argentina e alcuni tra poco torneranno dall’Arabia Saudita e dall’Africa. Altri ancora sono in procinto di partire in senso opposto (in apertura foto Pirelli). 

Con questi sbalzi di temperatura i medici dei team hanno un bel da fare per evitare i malanni di stagione e ottimizzare le prestazioni. In tutto ciò i più coinvolti sono i nutrizionisti. Noi abbiamo chiamato in causa Giacomo Garabello, nutrizionista appunto, in forza all’Astana Qazaqstan.

Giacomo Garabello (classe 1996) è il nutrizionista dell’Astana Qazaqstan (foto Astana)
Giacomo Garabello (classe 1996) è il nutrizionista dell’Astana Qazaqstan (foto Astana)

L’esperienza insegna

Qualche anno fa, ben prima del Covid, quando in Australia ci fu una prima super ondata di caldo con 43°-45°, al rientro in Europa mezzo gruppo prese la bronchite. Si passò dal Down Under alle prime sgroppate in Belgio e nel mezzo allenamenti a tutta. Risultato: si ebbe il picco di malanni fra Tirreno e Parig-Nizza, che per di più furono anche abbastanza nevose, tanto che ci fu una protesta dei corridori. Queste due gare videro decine e decine di ritirati. In tanti implicarono tutto ciò al forte sbalzo termico.

Magari all’epoca, una ventina di anni fa o poco meno, non si dava così tanta importanza a questi aspetti, ma oggi le cose sono cambiate, merito anche di quelle stesse esperienze.

I materiali sempre più hi-tech aiutano moltissimo gli atleti e le atlete (ormai il discorso caldo/freddo riguarda anche le donne)
I materiali sempre più hi-tech aiutano moltissimo gli atleti e le atlete (ormai il discorso caldo/freddo riguarda anche le donne)

“Piccole” accortezze

Oggi alcune accortezze per “attutire” lo sbalzo termico sono abbastanza note. Una di queste è senza dubbio quella di modificare l’orario dell’uscita, almeno nelle prime due o tre sedute. I corridori quindi si allenano nelle ore più calde, anche se questo significa finire un po’ più tardi. E poi non spingono subito forte.

Coprire bene mani e piedi in primis, ma anche il collo. E se proprio dovesse essere super freddo meglio allungare lo “scaldacollo” fin sulla bocca, per “scaldare l’aria che si va a respirare. Ma questa operazione va fatta solo nei primissimi minuti. Appena il motore si è “temprato” bisogna riabbassarla. Senza un’espirazione efficiente infatti, il livello di anidride carbonica sale velocemente e non va bene.

Passare da temperature superiori ai 30° a quelle intorno (o inferiori) ai 10° non è così scontato, tanto più per fisici parecchio al limite
Passare da 35° a 10° non è così scontato, tanto più per fisici parecchio al limite

Il viaggio incide

Ma non c’è solo l’aspetto tecnico-pratico da considerare. Uno dei punti salienti di questo nuovo adattamento riguarda l’alimentazione ed è qui che entra in gioco Garabello.

«Il primo aspetto da considerare – spiega il nutrizionista dell’Astana – sicuramente è il viaggio, perché ci si sposta da un continente all’altro. Quindi bisogna in primis concentrarsi su questa fase. Noi, per esempio, abbiamo Harold Tejada che dalla Colombia è andato in Argentina. Dall’Argentina è tornato a casa in Colombia e da qui andrà in Oman.

«Il tema dei viaggi pertanto è ancora più importante del discorso degli allenamenti, perché poi in tutto questo bisogna cercare di mantenere la condizione ottimale, ma con nel mezzo una fase, appunto il trasferimento, che è piuttosto stressante». 

Gestire alimentazione e idratazione durante il viaggio è il primo passo per attutire lo shock termico (e non solo)
Gestire alimentazione e idratazione durante il viaggio è il primo passo per attutire lo shock termico (e non solo)

Idratazione in primis

E nei viaggi Garabello punta forte sull’idratazione.

«I ragazzi devono cercare di bere – prosegue Garabello – di mantenersi idratati, perché il rischio è che con l’aria rarefatta della cabina dell’aereo si “asciughino” senza accorgersene. Quindi devono bere spesso, ma non esageratamente». 

«In secondo luogo bisogna cercare di tarare i macronutrienti nella maniera ottimale, pensando sia agli impegni di corsa che al tipo di allenamento all’arrivo del viaggio.

«Tornando all’esempio di Tejada, dalla Colombia all’Oman ci sono circa 30 ore di viaggio. Harold dovrà fare piccoli pasti ogni due o tre ore, dando importanza a bilanciare i macronutrienti, specialmente carboidrati e proteine. All’interno di questa “periodizzazione”, se così vogliamo chiamarla, macronoutrienti e idratazione sono due aspetti primari».

Frutta e verdura di stagione forniscono i micronutrienti necessari
Frutta e verdura di stagione forniscono i micronutrienti necessari

Più carboidrati

Parlando di macronutrienti il focus si sposta del tutto sull’alimentazione. Come regolarsi dunque nel passaggio dal caldo al freddo? Bisogna imbottirsi di verdure di stagione? Bere le “vecchie” spremute d’arancia?

«Da nutrizionista – spiega Garabello – resto sui macronutrienti più che sui singoli cibi. Col freddo, ed è provato scientificamente, l’ossidazione dei carboidrati che, ricordiamo sono il macronutriente fondamentale per per l’energia, aumenta. Così come in caso di grande caldo. Pertanto i carboidrati vanno tarati. Faccio un esempio: se per uno stesso allenamento prima mangiavo 100 grammi di pasta, adesso al ritorno al freddo ne mangerò 120».

«Chiaramente poi le verdure di stagione, così come la frutta, vanno preferite. Sono fondamentali per i micronutrienti che contengono. Micronutrienti che sono altrettanto importanti dei macro, perché abbiamo bisogno delle sostanze (vitamine, potassio, omega-3 in caso di frutta con guscio, ndr) che derivano dalle verdure e dalla frutta».

«Per il resto poi lo sbalzo di temperatura, ai fini dell’allenamento vero e proprio, non fa tutta questa differenza. Sì, forse un po’ il cambio di aria che si lega al discorso degli elettroliti e della sudorazione, ma questa è una sfera fisiologica piuttosto soggettiva».

Lopez schianta il Colorado e il suo diesse parla chiaro

28.01.2023
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Miguel Angel Lopez conquista l’Alto del Colorado e, a dirla tutta, ce lo aspettavamo. Il colombiano del Team Medellin, licenziato dall’Astana assieme a un massaggiatore, aveva lo sguardo laser già da un paio di giorni. E quando si è creata l’occasione di attaccare, ha dato gas e tanti saluti a tutti.

«Non pensavo di andare via da tanto lontano – dice dopo l’arrivo – avevo in testa uno sprint negli ultimi 500 metri. Il finale stagione è stato complicato. Ma passate le feste, dal primo gennaio ho ricominciato ad allenarmi nel modo giusto».

Alla partenza, i ragazzi dell’Astana avevano un anello nero al braccio, in ricordo di Inselvini
Alla partenza, i ragazzi dell’Astana avevano un anello nero al braccio, in ricordo di Inselvini

Un minuto per Umberto

Era cominciato come un pessimo giorno. La notizia della morte di Umberto Inselvini aveva gelato il gruppo di quelli che lo conoscevano. Al raduno di partenza si rincorrevano i ricordi degli aneddoti di vita con il massaggiatore bresciano, portatore sincero di umiltà, curiosità e di una cultura costruita in anni di attese, esperienze, domande, racconti, confronti. Lo vedevi alle partenze e agli arrivi, a volte anche negli hotel. E ogni volta che lo salutavi, ti sentivi più ricco e ti chiedevi se avessi lasciato qualcosa anche a lui.

I corridori dell’Astana e tutti gli italiani si sono schierati alla partenza con un giro di nastro nero sul braccio, poi la tappa era partita e il vento, i paesaggi, l’adrenalina avevano portato tutto con sé.

«E’ un grande dolore – dice Lopez commosso – perché Umberto era una persona con cui ho condiviso tanto. Mi ha massaggiato per un anno, ma mi restano i ricordi delle lunghe trasferte fatte insieme. Penso alla sua famiglia. Era un uomo che si è sempre preso cura di me».

Critiche all’Astana

La fuga di Tarozzi, ripreso dal vecchio Messineo. Poi l’allungo poco convinto di Evenepoel. Quindi l’attacco di Lopez con Higuita appresso e Ganna con Bernal sulle spalle. Egan voleva mettersi alla prova, ma si è visto che ancora qualcosa manca e probabilmente era questo il test che cercava.

Sul traguardo all’Alto del Colorado, con gli occhi rossi per l’emozione, il tecnico del Team Medellin è al settimo cielo e ne approfitta anche per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.

«Quando abbiamo saputo che Miguel Angel era senza squadra – dice Jose Julian Velasquez – ci sono voluti 30 secondi per ingaggiarlo, non serviva di più. Credo in Superman. E’ uno dei migliori corridori al mondo, lo ha dimostrato e continua a dimostrarlo. Non so molto della situazione, l’unica cosa è che credo in lui, credo nei corridori colombiani. Mi sono affrettato a prendere una decisione per dargli una possibilità. Penso che l’Astana abbia sbagliato. Potrei dire che sono stati ipocriti e carenti di umanità. Perché prima ci sono le persone e poi i ciclisti».

Lopez voleva attaccare solo nel finale, poi ha preferito non correre rischi
Lopez voleva attaccare solo nel finale, poi ha preferito non correre rischi

Il futuro di Lopez

Dalle sue parole traspare orgoglio, lo stesso che in qualche modo abbiamo visto nei giorni scorsi negli occhi di Quintana, il quale giusto ieri ha annunciato che parteciperà ai campionati nazionali.

«Miguel Angel – prosegue Velazquez – aveva bisogno di una squadra che lo apprezzasse e lo sostenesse. Ed è quello che abbiamo fatto con lui in questi giorni, ma siamo anche consapevoli che forse fra un giorno, una settimana o un mese potrebbe ricevere l’offerta da una grande squadra. Sarebbe un piacere per me rompere il suo contratto, perché lui torni a rappresentare tutti i colombiani in un Giro d’Italia, una Vuelta a España o un un Tour de France. Tutta la squadra, a partire dal nostro capitano Sevilla, è stata orgogliosa di averlo e glielo dimostra con gesti piccoli ma importanti, ad esempio dandogli il posto davanti in macchina. Ma vedo anche la sua umiltà. L’organizzazione di questa gara gli ha offerto biglietti di prima classe, ma lui ha scelto di viaggiare con tutta la squadra in classe economica».

Una piccola squadra

Lopez adesso è al comando della Vuelta a San Juan, con 30 secondi giusti di vantaggio su Ganna, alla vigilia di due tappe veloci in cui il gigante piemontese potrebbe voler tentare l’allungo. Pippo ha commentato che dopo quattro giorni al servizio della squadra, questa volta la Ineos ha lavorato per lui.

«Siamo una piccola squadra – dice Lopez – non siamo al livello delle WorldTour, ma non ci manca niente. Sevilla è il nostro capitano di strada, ha grande esperienza, conosce bene il terreno e mi ha aiutato lui nel momento dell’attacco. Vedremo come andrà a finire. Siamo venuti qui per goderci questa corsa e aver raggiunto questo risultato mi mentalizza e mi dà un bel morale».

L’analisi di Mazzoleni sull’ultima cronoscalata del Giro

27.01.2023
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Dopo le considerazioni di Baldato sulla tappa numero venti del prossimo Giro d’Italia (la cronoscalata di Monte Lussari) cerchiamo di entrare maggiormente nello specifico. Una frazione del genere ha tante possibili sfaccettature ed altrettanti finali pronti per essere scritti. In compagnia virtuale di Maurizio Mazzoleni, il preparatore dell’Astana Qazaqstan che al momento si trova sul Teide, cerchiamo di entrare in queste mille sfaccettature. 

«La prima valutazione – spiega Mazzoleni – vedendo la tappa, è che si presuppone un cambio bici. Però non è assolutamente detto, ogni squadra dovrà valutare i materiali a disposizione e capire, tramite le proiezioni dei dati, se converrà optare per questa soluzione».

Maurizio Mazzoleni segue tutti i corridori dell’Astana Qazaqstan
Maurizio Mazzoleni segue tutti i corridori dell’Astana Qazaqstan
Credi che l’eventuale cambio di bici possa essere una fase fondamentale della tappa?

Sì, nel senso che sarà un passaggio delicato, ma più per quanto riguarda i tempi e le difficoltà tecniche del cambio da un mezzo all’altro. 

Dal punto di vista atletico?

Quello no, il corridore passa da una situazione biomeccanica e posturale estrema ad una più comoda. Ogni situazione dovrà essere curata al meglio ma alla fine si tratta più di gestire lo sforzo.

Undici chilometri di pianura prima della salita non sono molti ma possono incidere.

Andrà valutata bene l’intensità con la quale affrontare quel tratto, non si può richiedere all’atleta uno sforzo massimale perché rischia di arrivare ai piedi della salita finito. La grande differenza la farà la condizione con la quale arriverà a fine Giro. Ci si giocherà la classifica finale, quindi la pressione psicologica sarà alle stelle. 

Con la vittoria della cronoscalata del Grappa, Quintana consolidò il Giro 2014
Con la vittoria della cronoscalata del Grappa, Quintana consolidò il Giro 2014
Come si prepara una tappa del genere?

Si svolgono lavori specifici all’interno di macrocicli e microcicli di allenamento, per la parte in salita si prepara uno sforzo intenso ma molto simile a quello di un normale arrivo in salita. Avremo i classici trenta minuti con sforzo massimale, ai quali si aggiunge il lavoro specifico con la bici da crono. Una cosa è certa…

Quale?

Una tappa così la prepara solamente il leader o uno scalatore che punta alla vittoria. Gli altri componenti della squadra non ne hanno il minimo interesse. Ogni leader o comunque ogni corridore è diverso e i modi di preparare questa tappa sono tanti. 

C’è una caratteristica di questa frazione che ti ha colpito?

Direi la salita. I primi cinque chilometri sono davvero tosti con pendenze anche al 15 per cento. Poi spiana per più o meno mille metri e lì i corridori potranno rifiatare prima di lanciarsi nuovamente nel tratto finale. 

Nella cronometro del Tour nel 2016 Aru ha utilizzato una ruota con una raggiatura speciale al posteriore
Nella cronometro del Tour nel 2016 Aru ha utilizzato una ruota con una raggiatura speciale al posteriore
Con tutte le strumentazioni si riesce ad essere precisi nelle indicazioni?

Ormai gli atleti nelle cronometro, soprattutto in quelle di questo genere, hanno delle predisposizioni di wattaggio che devono rispettare. Sta al preparatore essere bravo e trovare i momenti giusti nei quali l’atleta, seppur spingendo, potrà comunque rifiatare. Un altro aspetto fondamentale da curare sarà la respirazione, per una corretta ossigenazione dei muscoli. 

Nel passato hai seguito tanti corridori, ti ricordi di altre cronoscalate?

Me ne ricordo una al Giro d’Italia del 2014, quella del Monte Grappa, con Aru (foto di apertura, ndr). Vinse Quintana e secondo arrivò Fabio. Anche in quel caso ci fu il cambio di bici perché il tratto che da Bassano portava all’attacco della salita era molto veloce. Ne ricordo anche un’altra.

Quale?

La tappa numero 18 del Tour de France del 2016: da Sallanches a Megeve. Sempre con Fabio Aru che aveva fatto veramente bene. In quel caso non optammo per il cambio bici perché si potevano ancora adoperare le estensioni per il manubrio da strada. Ricordo che studiammo i materiali per avere la massima performance e Aru utilizzò una ruota posteriore con una raggiatura particolare. Fabio nei tratti in salita si alzava spesso sui pedali e quella ruota aveva una grande reattività che permetteva di spingere a terra tutta la potenza impressa dal sardo. 

La tappa di Megeve del 2018 la vinse Froome con la bici da cronometro, i mezzi sono migliorati molto da allora
La tappa di Megeve del 2018 la vinse Froome con la bici da cronometro, i mezzi sono migliorati molto da allora
E’ impensabile fare una cronoscalata come quella di quest’anno con la bici da crono?

Non del tutto, la tecnologia è andata avanti molto ed ora i modelli da cronometro sono estremamente leggeri. Alcuni telai che vengono utilizzati su quei mezzi sono “aero” e cambia solamente il manubrio. La posizione in sella fa tanto, una bici da strada risulta più comoda, il cambio bici lo si potrebbe fare anche per questo motivo. 

Baldato, guardando in “casa sua” ha fatto il nome di Almeida. Un corridore costante e forte mentalmente, conterà tanto questa caratteristica?

Una tappa del genere è in mano al cento per cento all’atleta. La concentrazione è una capacità intrinseca al corridore, si può allenare ma poi ognuno è fatto a suo modo. Una figura importante in una corsa del genere è il mental coach perché può aiutare il ciclista a trovare la sua dimensione ideale e rendere al massimo. 

Di solito ci si attiene a quello che può considerarsi un “rito” per isolarsi e trovare la concentrazione.

Certo, per ogni cronometro noi abbiamo dei protocolli che vanno seguiti. Si parte dalla ricognizione, poi il pranzo e l’avvicinamento, il warm up. Sono tempi canonici che aiutano a scandire il tempo ed allontanare le pressioni. Diventa quasi più un fatto mentale che fisico. 

Ma adesso è giusto sentire la campana di Lopez

23.01.2023
4 min
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Gira la voce per cui l’Astana non si sarebbe privata di Lopez, ma avrebbe cambiato forzatamente idea dopo una telefonata che suggeriva di non tenerlo. Da chi venisse non è dato saperlo, immaginarlo è scontato.

Siamo alla partenza della prima tappa della Vuelta a San Juan e Superman sta finendo di prepararsi sotto il gazebo del Team Medellin. Poco oltre c’è il pulmino dell’Astana, con il dottor Magni e Michele Pallini, lo storico massaggiatore di Nibali, che aveva ricevuto l’incarico di seguire il colombiano e adesso è qui con il resto della squadra.

La gamba è quella scolpita del Lopez migliore, il polpaccio è svenato e i quadricipiti vogliono solo spingere: farà di tutto per vincere la corsa. Si fa fatica a capire l’esatta dimensione delle accuse che lo riguardano. Si parla di frequentazione di un medico sotto inchiesta, tale Marcos Maynar. Il suo procuratore si è detto abbastanza certo che Miguel Angel non sia un corridore dopato, ma ha violato l’accordo di frequentare medici esterni alla squadra e per questo ha interrotto la collaborazione. Ma lui cosa dice?

Lopez è nato nella regione di Boyaca nel 1994, è pro’ dal 2015, è stato 3° al Giro e alla Vuelta
Lopez è nato nella regione di Boyaca nel 1994, è pro’ dal 2015, è stato 3° al Giro e alla Vuelta
Come stai?

Bene. Motivato, tranquillo, felice e desideroso di iniziare.

Com’è stato cambiare squadra a inizio stagione e in così poco tempo?

Una situazione complessa e delicata, spero che le cose possano essere chiarite presto. Per fortuna ho ancora la mia licenza. Mi hanno voltato le spalle e da quel giorno non ho più parlato con nessuno. Mi hanno lasciato libero quando molte squadre erano già chiuse, quindi è stato difficile trovare una maglia. La verità è che adesso sono motivato per la nuova squadra e il nuovo materiale. Si va tutti molto d’accordo.

Sei motivato a vincere questa gara?

Sì, ci proverò di certo. Provare non costa molto.

Come stai vivendo quello che ti è successo?

Sono tranquillo perché non ho cose da nascondere e continuo a fare quello che mi piace. Spero che si arrivi presto a una conclusione e che tutto torni alla normalità. Nel frattempo, mi godo ogni gara, ogni momento e vivo pensando al futuro.

Lopez è passato con l’Astana nel 2015 e ci è rimasto fino al 2020, poi un anno alla Movistar e il ritorno da Vinokourov
Lopez è passato con l’Astana nel 2015 e ci è rimasto fino al 2020, poi un anno alla Movistar e il ritorno da Vinokourov
E il futuro prevede un ritorno in Europa?

Non lo so, non so niente. Penso che oggi siamo qui, domani non sappiamo. Quindi è meglio godersi ogni momento di ogni gara e basta. Penso però che questo sia un anno di transizione e ho la fortuna di viverlo nella migliore squadra della Colombia. A volte per andare avanti, devi fare un passo indietro. Parteciperò a belle gare, ma è difficile perché non parteciperò ai Grandi Giri

Ti aspettavi che l’Astana ti licenziasse?

Sapevano della mia situazione e per questo ho corso la Vuelta a España. Sapevano del caso che mi riguarda e mi hanno rinnovato il contratto sapendo assolutamente tutto. Non c’è stato nessun caso di doping. Ho i miei passaporti biologici senza alcuna macchia ed è quello che conta, oggi ho l’autorizzazione a gareggiare in qualsiasi squadra. Penso che le cose succedano e dobbiamo andare avanti, ma è stato come se di colpo mi avessero portato via tutto quello che avevo.

Hai passato un buon inverno?

No, non molto. La verità è che non ho partecipato a ritiri, ho fatto molta mountain bike, cercando di divertirmi facendo qualcosa di diverso ed eccomi qui.

Questa gara si vince venerdì all’Alto del Colorado?

Non lo so, si vince dovunque. Credo che ogni giorno conti e poi ci sarà un giorno più importante degli altri, lassù sul Colorado.

Lopez si è mostrato molto disponibile: in questi giorni ha raccontato la sua storia con energia
Lopez si è mostrato molto disponibile: in questi giorni ha raccontato la sua storia con energia

Solo Lopez sa la verità

Difficile dire come finirà la storia, ma era corretto ascoltare la versione di Lopez, dato che al suo indirizzo sono state dette e scritte parole (ogni tipo di ipotesi possibile, persino alla presenza di intercettazioni) senza che si abbia piena consapevolezza del caso. Il Team Medellin che lo ha tesserato compie quest’anno i sette anni di attività, ha come primo sponsor il Comune della città e non ha mai avuto problemi con l’UCI per doping. José Julian Velasquez, suo manager, è stato tecnico della nazionale della pista. Sul tanto che si è detto e il tono delle notizie, tornano alla memoria le parole di Martinelli di quel giorno a Calpe.

«Del discorso di Lopez – ci confidò – non ho problemi a dirlo: l’unica persona che sa che cosa sia veramente successo è Lopez e nessun altro. Tutto il resto lo abbiamo scoperto passaggio per passaggio, momento per momento. Non puoi aggiungere nulla, perché altri hanno già aggiunto tutto. Il giorno in cui è successo tutto, dei miei amici mi hanno mandato giornali spagnoli, francesi, inglesi, tedeschi che davano dettagli. E Lopez era partito solo da un’ora».

Limar con le ragazze della Israel Premier-Tech Roland

21.01.2023
3 min
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Fino ad oggi siamo stati abituati ad associare il casco Limar al team Astana-Qazaqstan, una delle squadre più longeve del circuito WorldTour. Indossando un casco Limar lo scorso anno Vincenzo Nibali ha chiuso la sua carriera professionistica e per omaggiarlo l’azienda bergamasca aveva organizzato in suo onore un momento di incontro con la stampa alla vigilia del Lombardia. 

Limar fornirà caschi e occhiali alla formazione Israel Premier-Tech Roland
Limar fornirà i caschi e occhiali alla formazione Israel Premier-Tech Roland

Ci sono anche le donne

Il 2023 di Limar si è aperto con una bella conferma che si va ad affiancare al rinnovo della partnership tecnica con il team Astana-Qazaqstan. Limar sarà sponsor della formazione femminile UCI WorldTour Israel Premier-Tech Roland. Le ragazze del team utilizzeranno in gara il nuovo casco Air Atlas con una grafica molto bella e particolare che richiama i colori della maglia. 

L’Air Atlas si presenta come un casco performante e confortevole, ottimamente ventilato e dal peso estremamente contenuto (solo 220 grammi nella taglia small, ndr). E’ dotato di un’appendice (UFO, ndr) che si può attaccare nella parte posteriore del casco e che ha la funzione di aumentare la performance aerodinamica portandola ad un livello ancora più alto.

Le ragazze del team avranno la possibilità di abbinare al casco l’occhiale Theros, firmato sempre da Limar, nella colorazione blu, per un perfetto total look.

In foto il modello Air Atlas con grafiche e disegni che richiamano quelli della maglia del team
In foto il modello Air Atlas con grafiche e disegni che richiamano quelli della maglia del team

Tanta Italia

Il roster 2023 della nuova Israel Premier-Tech Roland annovera al suo interno ben 4 italiane. Stiamo parlando di  Sofia Collinelli, Silvia Magri, Elena Pirrone e Lara Vieceli. Accanto a loro troviamo la russa Tamara Dronova, campionessa su strada e a cronometro, la belga Fien Delbaere e la campionessa a cronometro svedese Nathalie Eklund, la svizzera Baur Caroline, campionessa nazionale su strada, e la afgana Fariba Hashimi, anche lei campionessa nazionale su strada. Completano la rosa l’irlandese Mia Griffin, la britannica Claire Steels, la vietnamita Thị Thật Nguyễn e la tedesca Buch Hannah.

La nuova Israel Premier-Tech Roland ha debuttato in Australia lo scorso 15 gennaio al Santos Tour Down Under, primo appuntamento della stagione femminile.

Ricordiamo che Limar è partner tecnico di diversi team tra strada, mountain bike, triathlon. Tra questi segnaliamo: Ktm Protek Elettrosystem, General Store Essegibi Flli.Curia, Overcome Team, Topeak Ergon, Acca Due O Women’s Team.

Limar

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Alla nuova vita di Velasco ora manca solo la vittoria

02.01.2023
5 min
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Forse il giorno in cui Simone Velasco è arrivato più vicino alla vittoria è stata la tappa di Fermo alla Tirreno-Adriatico: terzo su quei muri impestati, a 14” dal vincitore Barguil dopo 90 chilometri di fuga. Ma soprattutto il suo primo anno nel WorldTour con la maglia dell’Astana ha significato partecipare al primo grande Giro della carriera, dopo sei anni di professionismo, e chiuderlo da migliore degli italiani.

«Ho cominciato con il Tour – sorride – quindi con il massimo di quello cui un corridore possa ambire. Anche se a causa di un po’ di malanni non siamo stati super competitivi, il bilancio dell’annata è stato positivo. Ora sicuramente viene un anno in cui migliorarsi e prendersi un pochino più di responsabilità, per farsi trovare pronti al momento giusto».

Velasco è nato a Bologna il 2 dicembre 1995, è alto 1,70 per 59 chili. E’ pro’ dal 2016
Velasco è nato a Bologna il 2 dicembre 1995, è alto 1,70 per 59 chili. E’ pro’ dal 2016

Padre di famiglia

Il 12 ottobre era di mercoledì e Velasco lo aspettavano alla partenza del Giro del Veneto. Lui però non c’era, perché nel frattempo era corso al Sant’Orsola di Bologna per salutare la nascita di sua figlia Diletta. L’Astana è partita in cinque, con Lopez quarto alle spalle di Matteo Trentin.

«A parere mio – spiega Velasco – diventare padre mi ha dato molta tranquillità, mi sento proprio cambiato a livello mentale. Ovviamente le priorità si spostano tutte su un altro aspetto e comunque avere una figlia ti dà grande morale e determinazione per affrontare al meglio tutti gli obiettivi. Per questo sono al lavoro con impegno. Nel primo ritiro siamo riusciti a mettere su un po’ di chilometri al caldo, mentre a casa era davvero freddo. Ho continuato ad allenarmi nell’inframezzo fino al prossimo ritiro di gennaio per costruire una buona base e poi rifinirla prima di cominciare a correre. Vorrei farmi trovare già pronto nei primi appuntamenti».

Primo Natale in famiglia per Simone Velasco, la piccola Diletta e la compagna Nadia (foto Instagram)
Primo Natale in famiglia per Simone Velasco, la piccola Diletta e la compagna Nadia (foto Instagram)

Obiettivo vittoria

Il suo calendario è da definirsi, ma potrebbe prevedere tutta la trafila delle corse italiane, con Strade Bianche e Sanremo, per poi arrivare alla Ardenne e da lì tirare dritto fino al Giro d’Italia.

«Lo schema potrebbe essere questo – conferma Velasco – ma prima del Giro mi aspetto di fare bene in corse come Strade Bianche e Sanremo. Già l’anno scorso la condizione era buona, quindi cercheremo di replicare quanto già fatto e poi diciamo che tra Ardenne e Giro d’Italia, vorrei dare il massimo del massimo per cercare di tirar fuori il 200 per cento della condizione e tornare alla vittoria.

«Sono già due anni che non alzo le mani, però negli anni dispari di solito vinco (la sua ultima vittoria è stata una tappa al Tour du Limousin nel 2021, ndr). Quindi nel 2023 vediamo di levarci qualche soddisfazione. Non vado per il sottile, ovviamente. Prima torniamo a vincere e poi ci pensiamo. Sicuramente una tappa al Giro sarebbe un sogno, ma vanno bene anche tutte le altre gare. L’obiettivo è farsi trovare pronto. In più ho la fortuna di essere un corridore abbastanza veloce, per cui se nei finali mi trovo davanti, riesco a giocarmi le mie chance oppure a dare una mano ai compagni».

Il Tour de France del 2022 è stato il suo primo grande Giro. Lo ha concluso in 30ª posizione
Il Tour de France del 2022 è stato il suo primo grande Giro. Lo ha concluso in 30ª posizione

Squadra d’attacco

Come già accennato parlando con Martinelli e poi con Battistella e Luis Leon Sanchez, l’Astana Qazaqstan Team è chiamata a un cambio di pelle. L’arrivo di Cavendish potrebbe vederla alle prese con treni e volate, ma la base è composta da attaccanti.

«Sicuramente era meglio se non fosse successo niente – spiega Velasco in relazione al licenziamento di Lopez – ma a questo punto cercheremo di tirare fuori il meglio anche da questa situazione. So di potermi giocare qualche corsa grazie al mio spunto. Ovviamente tenere i primi 15-20 corridori adesso è veramente dura, c’è da lavorar sodo. Però ho già avuto la riprova che quando sono in condizione e tutto fila, perché per fare bene serve anche che tutto fili lisci, io ci sono. Perciò cercherò di diventare sempre più concreto e di alzare queste benedette braccia».

Con Adriano Amici al Giro dell’Emilia: nella corsa di casa, Velasco si è piazzato 21°
Con Adriano Amici al Giro dell’Emilia: nella corsa di casa, Velasco si è piazzato 21°

Il mondiale marathon

Resta una curiosità, che è più una provocazione, ed è legata alla mountain bike, sua grande passione. Nel ciclismo del gravel, con Lutsenko che si diverte da matti sugli sterrati, e di Pidcock e Van der Poel che a turno hanno mischiato mirabilmente strada a fuoristrada, perché non pensare al doppio impegno anche per un pro’ italiano?

«La mountain bike – ammette Velasco – rimane il mio pallino. Devo ascoltar bene i preparatori e i direttori per sentire cosa dicono. Io continuo ad usarla, specialmente quando torno a casa all’Isola d’Elba. Soprattutto d’inverno, mi alleno più volentieri con la mountain bike, visto che fa anche meno freddo. Ci leviamo un po’ di ghiaccio da mani e piedi, stiamo un po’ in mezzo ai boschi e ci divertiamo. Mi piacerebbe fare un mondiale marathon, ma le decisioni stanno alla squadra e io mi adeguo di conseguenza. Se ci sarà la possibilità, sicuramente io mi farò trovare pronto…». 

Quella fuga al mondiale che a Lutsenko non va giù

31.12.2022
5 min
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Quando pensa al mondiale di Wollongong, Lutsenko vorrebbe mangiarsi le mani. Sono le cinque di un pomeriggio mite in Spagna, Alexey si scusa per il suo italiano che è indubbiamente migliore del nostro kazako. Si ride, il clima è disteso, anche se il ricordo batte dove il dente duole. Nel momento in cui Evenepoel lo ha staccato, il kazako infatti ha capito di aver peccato di ingenuità dandogli tutti quei cambi, ma ormai era tardi. E il 24° posto finale ha assunto più il sapore della beffa.

«Mi sentivo benissimo – sorride il leader della Astana Qazaqstan Teamla squadra mi aveva mandato alla Vuelta per preparare i mondiali. Sono entrato nella fuga più grande. E quando è partito Remco, ho commesso il grosso errore di tirare subito. Se avessi tenuto di più, magari avrei salvato il podio. Avevo provato ad attaccare anche prima, c’erano già due belgi. Se lui voleva vincere il mondiale, meritava di fare più fatica anche all’inizio».

Intervista in russo e poi in italiano: la lingua madre di Lutsenko è però il kazako
Intervista in russo e poi in italiano: la lingua madre di Lutsenko è però il kazako

L’esempio di Colbrelli

L’esempio di Colbrelli agli europei di Trento, per quanto discusso dai tifosi del belga, aveva già dimostrato che Remco si può battere in un solo modo. Ma in quel momento Lutsenko non ha avuto la lucidità di pensarlo.

Kazako, 30 anni, residenza spagnola. Lutsenko piombò nei discorsi giusto dieci anni fa, quando vinse il mondiale degli U23 a Valkenburg. Aveva 19 anni e poteva fare in apparenza tutto, come dimostra il suo palmares, pieno di vittorie e piazzamenti importanti, senza però il senso di un terreno su cui essere più forte. Se poi ci si mette anche la sfortuna, il quadro è completo e tutti ricorderanno sicuramente il video del suo volo in discesa mentre si allenava a Tenerife con la bici da crono.

Eppure la stagione non era cominciata male…

Ho vinto la prima corsa (Clasica Jaen Paradiso Interior, ndr). Mi sono piazzato nella seconda. Poi sono caduto all’Het Nieuwsblad e peggio ancora sono caduto a Tenerife, mentre mi preparavo per le Ardenne. Era marzo, sono rientrato a maggio e mi sono ammalato prima di andare al Giro, ma intanto lottavo con la paura nelle discese. Al Tour ho fatto il massimo. Puntavo a un posto nei dieci  e l’ottavo non è stato da buttare, considerata la caduta al Giro di Svizzera. Invece la Vuelta, come dicevo, è servita da preparazione per il mondiale, con delle fughe e poco più. Invece in Australia mi sono perso alla fine, dopo quasi sette ore di fuga.

Sai fare tutto, ma cosa ti riesce meglio?

Vorrei mettere un punto su classiche come il Fiandre e la Strade Bianche, perché mi trovo bene sulle strade sterrate. La vittoria alla Serenissima Gravel non fu per caso. Si va sempre a tutta, il mio modo preferito senza troppe tattiche, anche se al mondiale di Cittadella si è visto che con l’arrivo di tanti pro’, le tattiche cambiano. Si può andare da lontano o aspettare, questa volta è arrivata la fuga. Mi piacciono questi percorsi, perché da ragazzo ho cominciato con la mountain bike e anche d’inverno la uso sempre.

Invece nei Grandi Giri?

Tre settimane sono tante e sono dure. Le corse a tappe meno lunghe invece sono alla mia portata, anche quelle dure. Nel 2021 sono stato secondo al Delfinato per 17 secondi da Porte, quelle si possono fare. Però nel 2023, se tutto fila liscio, punterò su Strade Bianche, Fiandre e Ardenne.

A Wollongong un altro kazako ha vinto il mondiale U23. Ti sei rivisto in lui?

Siamo entrambi kazaki, ma io avevo 19 anni e venivo dal nulla. Lui ne ha 22 e aveva fatto prima la Vuelta. Fedorov ha un grande motore, ma è giovane. Abitiamo a 200 metri l’uno dall’altro e ogni giorno controllo i suoi allenamenti, come mangia, che vita fa. Secondo me è perfetto per corse come Fiandre e Roubaix. Le differenze? Io non ho avuto la fortuna di un corridore che mi abbia seguito. Avevo Sedun, ma ero davvero piccolo. E adesso seguo lui, come farei con un bambino.

Cosa hai fatto finora quest’inverno?

Più riposo, quattro settimane di stacco. Ho chiuso appesantito dalla Vuelta e dal viaggio in Australia. Dopo il Tour ho staccato solo due giorni per correre in Spagna. In più nel frattempo sono diventato papà per la terza volta ed è stato duro avere la testa nelle corse e alla famiglia. Avevo bisogno di recuperare e poi ho ripreso con mountain bike, palestra e corsa a piedi. Fare un bell’inverno, è importante per andare bene dopo. Lo schema è quello. Inizio in Oman, che mi porta bene perché l’ho vinto due volte ed è meglio del UAE Tour che ha solo volate. Voglio arrivare bene ad aprile. Prima il Fiandre e poi la Liegi. Se sto bene, la Liegi è il posto giusto per avere grandi sogni.