Quella fuga al mondiale che a Lutsenko non va giù

31.12.2022
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Quando pensa al mondiale di Wollongong, Lutsenko vorrebbe mangiarsi le mani. Sono le cinque di un pomeriggio mite in Spagna, Alexey si scusa per il suo italiano che è indubbiamente migliore del nostro kazako. Si ride, il clima è disteso, anche se il ricordo batte dove il dente duole. Nel momento in cui Evenepoel lo ha staccato, il kazako infatti ha capito di aver peccato di ingenuità dandogli tutti quei cambi, ma ormai era tardi. E il 24° posto finale ha assunto più il sapore della beffa.

«Mi sentivo benissimo – sorride il leader della Astana Qazaqstan Teamla squadra mi aveva mandato alla Vuelta per preparare i mondiali. Sono entrato nella fuga più grande. E quando è partito Remco, ho commesso il grosso errore di tirare subito. Se avessi tenuto di più, magari avrei salvato il podio. Avevo provato ad attaccare anche prima, c’erano già due belgi. Se lui voleva vincere il mondiale, meritava di fare più fatica anche all’inizio».

Intervista in russo e poi in italiano: la lingua madre di Lutsenko è però il kazako
Intervista in russo e poi in italiano: la lingua madre di Lutsenko è però il kazako

L’esempio di Colbrelli

L’esempio di Colbrelli agli europei di Trento, per quanto discusso dai tifosi del belga, aveva già dimostrato che Remco si può battere in un solo modo. Ma in quel momento Lutsenko non ha avuto la lucidità di pensarlo.

Kazako, 30 anni, residenza spagnola. Lutsenko piombò nei discorsi giusto dieci anni fa, quando vinse il mondiale degli U23 a Valkenburg. Aveva 19 anni e poteva fare in apparenza tutto, come dimostra il suo palmares, pieno di vittorie e piazzamenti importanti, senza però il senso di un terreno su cui essere più forte. Se poi ci si mette anche la sfortuna, il quadro è completo e tutti ricorderanno sicuramente il video del suo volo in discesa mentre si allenava a Tenerife con la bici da crono.

Eppure la stagione non era cominciata male…

Ho vinto la prima corsa (Clasica Jaen Paradiso Interior, ndr). Mi sono piazzato nella seconda. Poi sono caduto all’Het Nieuwsblad e peggio ancora sono caduto a Tenerife, mentre mi preparavo per le Ardenne. Era marzo, sono rientrato a maggio e mi sono ammalato prima di andare al Giro, ma intanto lottavo con la paura nelle discese. Al Tour ho fatto il massimo. Puntavo a un posto nei dieci  e l’ottavo non è stato da buttare, considerata la caduta al Giro di Svizzera. Invece la Vuelta, come dicevo, è servita da preparazione per il mondiale, con delle fughe e poco più. Invece in Australia mi sono perso alla fine, dopo quasi sette ore di fuga.

Sai fare tutto, ma cosa ti riesce meglio?

Vorrei mettere un punto su classiche come il Fiandre e la Strade Bianche, perché mi trovo bene sulle strade sterrate. La vittoria alla Serenissima Gravel non fu per caso. Si va sempre a tutta, il mio modo preferito senza troppe tattiche, anche se al mondiale di Cittadella si è visto che con l’arrivo di tanti pro’, le tattiche cambiano. Si può andare da lontano o aspettare, questa volta è arrivata la fuga. Mi piacciono questi percorsi, perché da ragazzo ho cominciato con la mountain bike e anche d’inverno la uso sempre.

Invece nei Grandi Giri?

Tre settimane sono tante e sono dure. Le corse a tappe meno lunghe invece sono alla mia portata, anche quelle dure. Nel 2021 sono stato secondo al Delfinato per 17 secondi da Porte, quelle si possono fare. Però nel 2023, se tutto fila liscio, punterò su Strade Bianche, Fiandre e Ardenne.

A Wollongong un altro kazako ha vinto il mondiale U23. Ti sei rivisto in lui?

Siamo entrambi kazaki, ma io avevo 19 anni e venivo dal nulla. Lui ne ha 22 e aveva fatto prima la Vuelta. Fedorov ha un grande motore, ma è giovane. Abitiamo a 200 metri l’uno dall’altro e ogni giorno controllo i suoi allenamenti, come mangia, che vita fa. Secondo me è perfetto per corse come Fiandre e Roubaix. Le differenze? Io non ho avuto la fortuna di un corridore che mi abbia seguito. Avevo Sedun, ma ero davvero piccolo. E adesso seguo lui, come farei con un bambino.

Cosa hai fatto finora quest’inverno?

Più riposo, quattro settimane di stacco. Ho chiuso appesantito dalla Vuelta e dal viaggio in Australia. Dopo il Tour ho staccato solo due giorni per correre in Spagna. In più nel frattempo sono diventato papà per la terza volta ed è stato duro avere la testa nelle corse e alla famiglia. Avevo bisogno di recuperare e poi ho ripreso con mountain bike, palestra e corsa a piedi. Fare un bell’inverno, è importante per andare bene dopo. Lo schema è quello. Inizio in Oman, che mi porta bene perché l’ho vinto due volte ed è meglio del UAE Tour che ha solo volate. Voglio arrivare bene ad aprile. Prima il Fiandre e poi la Liegi. Se sto bene, la Liegi è il posto giusto per avere grandi sogni.