«Mi consulterò anche con il mio mental coach per capire le tappe che saranno più adatte a me». Parole che ci aveva detto Andrea Vendrame (nella foto di apertura) alla vigilia del Giro d’Italia in quel di Budapest. E di certo non potevano passare inosservate. Parole che abbiamo girato ad Elisabetta Borgia, psicologa dello sport della Federciclismo e della Trek-Segafredo.
A lei abbiamo chiesto un parere su questa affermazione. Per capire davvero come possa, eventualmente, incidere la sua figura professionale. Non è terreno dei diesse fare certe scelte? Un corridore non fa valutazioni in base principalmente alle sue caratteristiche e a quelle del percorso?
Nel caso di Vendrame, Andrea ha ottenuto tre top ten: una nella prima tappa, su un veloce arrivo in salita, e due in volate di gruppo. Eppure lui è un atleta che tiene molto bene anche su percorsi molto duri, come testimonia tra l’altro la sua vittoria a Bagno di Romagna lo scorso anno.
Obiettivi chiari
«Lo psicologo fa lo psicologo – spiega la Borgia – e a livello tecnico non dà valutazioni. Quello che può fare è aiutare a capire le caratteristiche preponderanti dell’atleta e agevolarlo in vista delle tappe a lui più favorevoli, ad affrontarle con una padronanza di se stesso diversa dalle altre.
«Sostanzialmente il mental coach gli dice di riuscire ad essere consapevole, perché poi gli aspetti da valutare sono tanti. La squadra ha interesse ad andare in fuga? Il corridore deve lavorare o può avere spazio per se stesso? Una volta individuati questi “parametri” ci si muove di conseguenza».
«Questo tipo di preparazione mentale, tra l’altro, non la fai dall’oggi al domani. Non improvvisi nulla. E’ un percorso che si porta avanti nel tempo e varia anche in base al soggetto con cui lavori. In un Giro d’Italia tu guardi magari ad una tappa. Ne studi l’altimetria e la planimetria. Studi dove puoi attaccare, dove puoi fare la differenza… devi lavorare sul tuo “dialogo interno”, per capire dove sei in quel momento e dove puoi arrivare».
Memoria sì, memoria no
Ad Elisabetta Borgia chiediamo quanto incide in percentuale una buona preparazione mentale. Ammesso che sia corretto parlarne in questi termini. Spesso, infatti, quando si è ben mentalizzati si riesce a fare più di quel che si può. Un esempio, se vogliamo, la dottoressa ce lo aveva in casa con Juan Pedro Lopez. Lo spagnolo, forse anche per merito della maglia rosa, ha ottenuto risultati che probabilmente non sarebbe riuscito a cogliere.
«Personalmente – continua la Borgia – non amo le percentuali quando si parla di aspetti mentali. Quelle vanno bene per i test fisici, ma non per quelli mentali che non sono quantificabili. E poi okay la testa, ma prima contano le gambe: non dimentichiamolo.
«Certamente serve un mood positivo da parte dell’atleta. Si dice che se si parte bene si può fare la differenza. E questo vale ancora di più in un grande Giro in cui serve un’attivazione mentale lunga e continua. I corridori in una corsa a tappe devono essere bravi a staccare al termine delle frazioni e a riattivarsi al via di quelle successive. E per questo è importante l’approccio individuale, ma serve anche quello della squadra».
In questo caso le vittorie ad inizio Giro, la conquista di una maglia… aiutano a scaricare la pressione. E di conseguenza a creare un clima più disteso nel team.
«Quando le cose vanno bene, poi vanno sempre meglio. Si ha un senso di padronanza. Ieri sono andato bene; il giorno dopo riparto con una buona “memoria” rispetto al giorno precedente. Ieri sono andato male; il giorno dopo devo essere bravo a partire “senza memoria”, altrimenti ci si influenza negativamente. Devo vivere il presente perché solo lì posso modificare qualcosa. Il passato tanto ormai è andato e non ci puoi fare nulla.
«Il modo di ragionare è: cosa posso fare per essere efficace?».
Senso della tagliola
Come Vendrame tutti i corridori cercano di raggiungere un obiettivo: che sia la classifica generale, una maglia o una tappa… ma la realtà è che il tempo stringe. Ormai resta una sola settimana e per chi non è riuscito a vincere la pressione aumenta. Si ha insomma il senso di “una tagliola” che sta per scattare.
«Io credo – dice la Borgia – che all’interno di un grande Giro, ma in generale quando si va alla ricerca di una prestazione, il momento più difficile anche dal punto di vista della pressione sia nel mezzo.
«Nel caso di un grande Giro nelle prime tappe hai aspettative sì, ma anche paura che si possa prendere un buco, che s’incappi in una caduta, che insomma si finisca fuori gioco subito. In quelle prime tappe vai a rompere il ghiaccio con la corsa e comunque hai ancora tanta energia dalla tua.
«Nelle ultime tappe “raschi il barile” e a quel punto pensi a dare il 100% di quel che ti è rimasto».
«Il difficile, appunto, sta nel mezzo, quando la stanchezza si fa sentire, manca un bel po’ e hai fatto tanta fatica. Lì devi essere bravo a capire quanta benzina hai in corpo e a focalizzarla su quella o quelle tappe in cui sai che puoi fare bene. Ti serve una strategia di attivazione specifica per quella tappa, devi concentrarti su quella».
«Si entra in modalità “recovery” (recupero, ndr) in cui “lasci” le altre tappe e punti tutto su una. Un corridore di classifica, chiaramente, non può fare così, ma gli altri sì. Devi avere al massimo possibile il tuo senso di autoefficacia».