L’ultima “grande” di Vlasov in maglia Astana, poi sarà Bora

14.08.2021
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«Fa un grande caldo anche qui – dice Vlasov, fresco di firma con la Bora-Hansgrohe – io invece sono abbastanza fresco. Dopo il Giro ho riposato parecchio. Poi sono andato a Livigno. Le Olimpiadi sono state la prima corsa dopo i campionati nazionali, quindi sapevo che sarebbe stato un giorno duro. Peccato solo essere caduto nella prima tappa della Vuelta a Burgos, perché ancora mi fa un po’ male. La Vuelta è molto dura, per questo la vivrò tappa per tappa».

Destinazione Bora

La corsa spagnola che inizia oggi con la crono di Burgos sarà l’ultimo grande Giro di Alksandr Vlasov con la maglia dell’Astana. Sulla partenza del russo si erano addensate voci già nel 2020, quando aveva cambiato inaspettatamente procuratore e sembrava lanciatissimo verso il Team Ineos Grenadiers. Ma il mercato cambia ed essendosi liberata dell’ingaggio di Sagan, la Bora-Hansgrohe ha trovato gli argomenti giusti per convincerlo.

Futuro al Tour

«Aleksandr è sicuramente uno dei più grandi talenti per quanto riguarda le corse a tappe – ha detto Ralf Denk, manager del team tedesco – e siamo molto contenti che abbia deciso di unirsi a noi, nonostante ci fosse l’interessamento di altre squadre. Con lui punteremo sicuramente sui Grandi Giri. A medio termine l’obiettivo è il Tour de France, ma deve ancora imparare e crescere, così che potrebbe essere più facile al Giro o alla Vuelta».

Nessuna paura

Facile è un aggettivo che si fa fatica a declinare accanto ai grandi Giri, ma comprendiamo il senso dell’affermazione del manager tedesco, nella cui… casa stanno crescendo Fabbro e Aleotti che immancabilmente saranno coinvolti al fianco del russo in arrivo.

«Avevo avuto qualche proposta – dice Vlasov – e visto che si parla di lavoro, ho trovato interessante fare nuove esperienze. Il fatto che sia andato via il gruppo di Sagan fa sì che la squadra voglia spostarsi sui Giri e questo per me è importante. Prima di firmare, abbiamo anche parlato con l’Astana, poi si è presa la decisione. Non mi fa paura, anzi è uno stimolo grande. Ho parlato con lo staff dei preparatori, anche se non so ancora chi mi seguirà direttamente».

Aleksandr Vlasov è nato a Vyborg, la stessa città di Eugeni Berzin, il 23 aprile del 1996. E’ pro’ dal 2018
Aleksandr Vlasov è nato a Vyborg, la stessa città di Eugeni Berzin, il 23 aprile del 1996. E’ pro’ dal 2018

Mostro alla 18ª tappa

Ora basta, però, parliamo della Vuelta. Anche perché è Vlasov il primo a non voler parlare troppo del 2022, avendo ancora in basso sfide così grandi nel presente.

«La Vuelta – dice – è molto dura, con una serie di tappe impegnative, fra cui metto l’arrivo in salita del terzo giorno che può far male proprio a causa della caduta di Burgos. Poi di sicuro la 18ª tappa, con questo Atu d’el Gamoniteiru di cui parlano tutti con terrore. E poi la crono dell’ultimo giorno di quasi 34 chilometri, non proprio piatti e secondo me decisivi. Credo di avere un grande gruppo, con quasi tutti spagnoli, tranne Natarov e me. Per la salita ci sono gli Izagirre e Oscar Rodriguez. Per la pianura “Luisle” Sanchez e Fraile, credo che ce la possiamo giocare».

Fino al Lombardia

E proprio mentre si dice che una bella fetta del blocco spagnolo del team kazako starebbe per spostarsi verso la Movistar, le suggestioni nel calendario di Vlasov non si fermano alla Vuelta.

«Preferisco fare un passo per volta – ammette – la federazione mi ha chiesto di partecipare ai mondiali, anche se non hanno un percorso troppo adatto a me. E poi arriverò sino al Lombardia, passando prima per la Tre Valli Varesine e altre classiche come il Giro dell’Emilia (conquistato nel 2020, ndr). Per il resto almeno per quest’anno, farò la solita vita e credo che per ora terrò la residenza ad Andorra. Poi per il futuro vedremo».

Al Lombardia di agosto nel 2020, Vlasov decisivo per la vittoria di Fuglsang
Al Lombardia di agosto nel 2020, Vlasov decisivo per la vittoria di Fuglsang

Primi della classe

Alla Vuelta per migliorare il piazzamento del Giro? A Milano chiuse al quarto posto, dopo essere stato secondo fino al giorno dello Zoncolan. Le salite di grande pendenza sono bocconi da addentare con attenzione. Lo scorso anno arrivò secondo sull’Angliru, preceduto da Hugh Carthy per appena 16 secondi. Sullo Zoncolan, facendo corsa di testa, ha perso 1’01” da Simon Yates che gli ha soffiato il secondo posto nella generale. Due diversi approcci con la montagna, con l’auspicio suo e del team che anche questa volta possa e debba correre accanto o nei dintorni dei primi della classe.

Battistella Arctic Race 2021

Dall’Arctic Race arriva un nuovo Battistella

14.08.2021
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E’ dovuto andare fino al Circolo Polare Artico, per scoprire una parte di se stesso. Erano ormai un paio d’anni che da Samuele Battistella ci si attendeva un segnale, una dimostrazione che quel titolo mondiale U23 arrivato nel 2019 non era stato casuale, ma anzi il primo segno di una carriera importante. All’Arctic Race, gara in 4 tappe disputata in Norvegia, Battistella ha chiuso con un 4° posto che vale molto di più per come è maturato, per come il corridore veneto si è comportato, per come soprattutto ha saputo gestire la sua squadra, l’Astana per la prima volta tutta stretta intorno a lui.

Inizialmente, almeno a suo dire, le cose non dovevano andare così: «Io pensavo di cercare un’occasione per vincere magari una tappa, invece con il 5° posto nella prima frazione ho visto che avevo la gamba e alla sera si è deciso di spostare le responsabilità su di me».

Battistella 2021
Una stagione tutta a inseguire la forma, quella di Battistella, qui al Giro d’Italia chiuso all’82° posto
Battistella 2021
Una stagione tutta a inseguire la forma, quella di Battistella, qui al Giro d’Italia chiuso all’82° posto

Una sfida al… caldo della Norvegia

Quando parla della gara norvegese, è particolare l’approccio che il giovane veneto ha mostrato: «Mi incuriosiva molto correre da quelle parti, pensavo anche a dare un’occhiata ai paesaggi che attraversavamo, non capita spesso di superare il Circolo Polare Artico. Quel che mi ha colpito di più però è stato il clima: salvo la pioggia del primo giorno, abbiamo sempre trovato temperature intorno ai 25°, lì certo non te le aspetti…».

Ma torniamo alla gara: «Quando mi hanno detto che avrebbero corso per me è stata una bella sensazione, ma sapevo anche che ci dovevo mettere molto del mio per meritarmi tanta fiducia. La gamba però girava bene e alla fine ho chiuso 4° nella frazione più dura e sono rimasto sempre con i migliori, anche nell’ultima tappa».

Arctic Race 2021
L’Arctic Race of Norway è andata a Hermans (BEL), davanti a Eiking (NOR) e Lafay (FRA). Battistella ha chiuso 4° a 20″
Arctic Race 2021
L’Arctic Race of Norway è andata a Hermans (BEL), davanti a Eiking (NOR) e Lafay (FRA). Battistella ha chiuso 4° a 20″

Ma non è finita qui…

Un piazzamento il suo che raddrizza un po’ una stagione che non era nata sotto i migliori auspici: «Tra un incidente e l’altro non sono mai riuscito ad andare come volevo per tutta la primavera, diciamo che ora comincio a raccogliere i frutti del lavoro, molto più tardi di quanto avrei voluto, ma almeno la stagione è ancora lunga e posso avere altre occasioni, tra Plouay e il BinckBank Tour, ad esempio».

Quando hai solo 23 anni, tutto ha un sapore nuovo, quando ne hai 31, l’esperienza ti porta a giudicare in maniera diversa. Fabio Felline ha preso Battistella sotto la sua ala, lo ha per così dire pilotato in corsa, anche se poi a ben guardare non ce n’era neanche tanto bisogno: «Non mi ha sorpreso più di tanto, doveva solo stare bene, sapevo che poteva gestire la corsa con autorità come ha fatto. Correndoci insieme ti accorgi subito che ha non solo talento, ma “quell’imprinting vincente”, lo si è visto quando la squadra si è votata per lui: la cosa lo ha stimolato, non spaventato».

Felline Adriatica 2021
Fabio Felline, 16° in classifica finale, ha corso in supporto a Battistella, trovandolo molto maturato
Fabio Felline, 16° in classifica finale, ha corso in supporto a Battistella, trovandolo molto maturato
Fabio Felline, 16° in classifica finale, ha corso in supporto a Battistella, trovandolo molto maturato

Da Felline un gran bel giudizio

Si sente, parlando di lui, che Felline ha una grande considerazione del giovane: «Sa il fatto suo anche caratterialmente: al Giro d’Italia si è messo a disposizione della squadra svolgendo ogni compito, in Norvegia si è fatto sentire quando serviva, si vede che sa interpretare il ruolo di capitano e che sa prendersi le sue responsabilità. Di qualità ne ha a iosa, si vede, ora che sta bene deve solo sfruttare le sue potenzialità».

Parole che, dette da un corridore che ha sicuramente molto prestigio in virtù di quello che ha fatto hanno un peso. Da parte sua Felline, parlando di se stesso, è molto sincero: «Se avessi dovuto fare la Vuelta mi sarei preparato diversamente, considerando invece il programma che mi aspetta ho scelto di lavorare con più calma, quindi in Norvegia non ero certo al massimo e mettermi a disposizione di Samuele, guidarlo anche con qualche parola mi è sembrata la cosa migliore. La gara era molto veloce, basti pensare che la media peggiore nei quattro giorni è stata di 43,5. Potevo finire più avanti in classifica, ma a che cosa sarebbe servito?».

Light oppure aero? La complicata scelta dei pro’

06.08.2021
5 min
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L’evoluzione e gli studi sui telai offrono ai pro’ dei modelli di bici sempre più performanti, stagione dopo stagione. Le esigenze dei corridori crescono con l’aumentare delle performance e la loro scelta va di pari passo. Ormai lo sviluppo del telaio ha raggiunto degli standard sempre più vicini alla perfezione. Si sa, ogni atleta è fatto a modo suo, sia per esigenze tecniche ma ancor di più per le caratteristiche fisiche. Le case costruttrici sono arrivate perciò al punto di dividere i telai a seconda di queste esigenze.

Non è raro vedere i team professionisti avere a disposizione più telai durante la stagione: uno aerodinamico, per le gare in pianura, l’altro light, ovvero leggero, usato nelle gare con tanto dislivello. In controtendenza, rispetto alle altre squadre, c’è Pinarello, che offre al team Ineos una sola bici, la Dogma F, vincitrice, tra l’altro dell’oro olimpico di Tokyo con Richard Carapaz.

Nell’analizzare questa situazione ci siamo soffermati sulla suddivisione dei telai, andando a chiedere a vari corridori come si trovano e se abbia veramente senso avere questa doppia scelta.

Diamo parola, quindi, a coloro che fanno sfrecciare questi telai sugli asfalti di tutto il mondo. Salvatore Puccio (Ineos Grenadiers, Pinarello Dogma F), Edoardo Affini (Jumbo-Visma, Cervélo S5 Aero e Cervélo R5 light), Matteo Fabbro (Bora-Hansgrohe, Specialized Venge e Specialized Tarmac), infine Emanuele Boaro (Astana-Premier Tech, Willier Zero Slr e Willier Filante).

Scelta di squadra

Avere a disposizione due telai crea una difficoltà logistica per le squadre, nel momento in cui si va a correre. La difficoltà principale è anche capire se agli atleti vengano fornite due bici per gli allenamenti di tutti i giorni.

«La scelta del team è legata alle caratteristiche dei corridori – esordisce Salvatore Puccionon abbiamo velocisti, quindi non è stato sviluppato il telaio per le gare di pianura. La Pinarello Dogma F è una bici ibrida, ideata per essere performante in tutte le situazioni di corsa, come abbiamo visto anche al Giro nella tappa delle strade bianche. 

«Quella di avere due telai la ritengo una scelta inutile, cambiare bici da una tappa ad un’altra crea una scomodità non indifferente per il posizionamento in sella, noi professionisti sentiamo la differenza se un telaio viene modificato leggermente, figuriamoci se cambia completamente mezzo».

Venge ai box

Quella della Ineos non è però l’unica scelta in questo senso, Specialized ha deciso di fermare ai box il modello Venge, quello dedicato alla pianura o alle volate. Ce lo spiega meglio Matteo Fabbro, atleta del team Bora-Hansgrohe.

«Fino a metà della stagione 2020 – dice – usavamo due bici, ora con il nuovo sviluppo della Tarmac, la Venge è stata abbandonata. Una scelta fatta dalla casa madre, noi atleti non siamo stati chiamati in causa, anzi io preferivo avere la doppia bici. Per un corridore leggero come me, avere un vantaggio in pianura, seppur minimo, è fondamentale. Poi, fin quando non è arrivato il Covid, avevamo entrambe le bici a casa per allenarci. Se si aggiungono i periodi di ritiro nei quali provavi entrambe, si arrivava ad un numero simile di chilometri percorsi con l’una e con l’altra».

La Ineos ha corso il Giro con la F12, poi dal Tour è arrivata la Dogma F
La Ineos ha corso il Giro con la F12, poi dal Tour è arrivata la Dogma F

Scelta fissa

Edoardo Affini, un metro e 92 per 80 chili, ha delle caratteristiche atletiche completamente differenti da Fabbro, ed una visione altrettanto opposta.

«Sebbene Cervélo metta a disposizione due telai, S5 per la pianura e R5 per la montagna – spiega il mantovano – io non ho mai utilizzato quest’ultimo. Anche nelle tappe con un dislivello importante scelgo l’S5, perché anche in questo caso il mio lavoro principale è in pianura. Di conseguenza preferisco usare una bici che mi dia la massima prestazione sul terreno di mia competenza».

Sintesi finale

Infine, Emanuele Boaro, trova il riassunto definitivo: «Si parla di bici veloci e di bici leggere – inizia così il corridore dell’Astana – ma la differenza di peso è minima, si parla di grammi, neanche di etti. La grande differenza è nella guidabilità, la bici aero è più rigida e quindi adatta a corridori potenti o per chi deve disputare delle volate. Io stesso, al campionato italiano ho adoperato la Filante, ovvero la bici veloce, poiché, nonostante il dislivello elevato si pensava ad un arrivo in volata.

«La Willier Zero la usano molto i nostri scalatori, ma per un discorso più mentale. Quel che fa maggiormente la differenza sono le componentistiche, mettere delle ruote a profilo alto o basso su una bici la cambia completamente, in guidabilità e scorrevolezza. La scelta è condizionata molto anche dal fattore psicologico, molti ciclisti preferiscono usare una bici che considerano più performante, anche se poi le caratteristiche differenziano di poco. In un grande Giro la doppia bici la uso sempre, anche se preferisco non cambiarla da una tappa all’altra, ma di settimana in settimana, utilizzando quella che ritengo migliore a seconda delle strade percorse».

Tra watt e posizione, nei segreti della crono di Sobrero

19.06.2021
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«Sapevo che nella parte finale della crono avrei dovuto difendermi – ha detto ieri Sobrero dopo aver vinto il tricolore – per non perdere il vantaggio della salita. E per questo abbiamo montato il 58×11. Ho dato tutto e negli ultimi 2 chilometri ho davvero raschiato il fondo del barile».

Barile ancora pieno

Le sensazioni del piemontese, la cui foto sul traguardo racconta veramente di un’immensa fatica, dicono il giusto anche se quel fondo del barile era ancora pieno di energie da grattare, come dimostra la lettura dei dati e come raccontano le parole di Claudio Cucinotta, preparatore dell’Astana-Premier Tech, che ieri era presente a Faenza. Il team kazako, da quest’anno anche un po’ canadese, si è presentato ieri con un grosso camper, Zanini in ammiraglia, Umberto Inselvini per massaggi e assistenza dopo l’arrivo e due atleti: Sobrero e Felline, che ha ottenuto il 5° posto.

«Matteo è uscito bene dal Giro – dice Cucinotta – ha fatto una settimana tranquilla, in cui ha svolto allenamenti di scarico. Quindi è andato allo Slovenia. Si è allenato lì, diciamo, ed è andato molto forte, facendo terzo in classifica e terzo nell’arrivo più duro, dietro Pogacar e Ulissi. Sapevamo che la condizione fosse buona. Anche per questo alla Adriatica Ionica Race abbiamo pensato di farlo fermare dopo la prima tappa, per puntare tutto su questo italiano».

Quarto nella crono finale del Giro, dopo che un’ammiraglia lo ha stretto alle transenne
Quarto nella crono finale del Giro, dopo che un’ammiraglia lo ha stretto alle transenne

Tutto previsto

I dati sono riservati, ma quel poco che ci viene detto conferma che la gestione della tattica è stata praticamente perfetta e poggiava su uno stato di forma davvero eccellente.

«Sobrero è predisposto per la crono – continua Cucinotta – è un ragazzo intelligente e molto preciso e questo aiuta molto. In più il percorso gli si addiceva, con le salite brevi ma molto ripide. Tanto ci hanno messo anche Ivan Velasco, il performance manager del team che ha fatto tutti i calcoli relativi ai wattaggi da tenere nelle varie sezioni, e il suo allenatore in Astana, che è Maurizio Mazzoleni».

Sullo Zoncolan al Giro, chiuso in crescendo con il 4° posto nella crono
Sullo Zoncolan al Giro, chiuso in crescendo con il 4° posto nella crono

Aerodinamica al top

L’allenatore bergamasco ha seguito la gara da casa e il risultato gli è parso in linea con i dati che aveva in mano.

«E’ stato fatto il miglior avvicinamento – spiega Mazzoleni – con il ritiro dopo la prima tappa della Adriatica Ionica per dargli il tempo di recuperare e fare la ricognizione sul percorso. In alternativa a quella tappa avrebbe dovuto fare un allenamento, ma in corsa è meglio. Matteo ha una bella predisposizione per la crono. Ormai il concetto del cronoman grande e grosso non è più la sola opzione: ci sono Ganna e Affini, ma anche Evenepoel e Sobrero. Dipende tutto dal Cda, il coefficiente di penetrazione aerodinamica, che valutiamo a inizio anno con Ivan Velasco. Se è buono e ci sono i giusti wattaggi, si può pensare di costruire l’atleta in questo senso. E Matteo essendo piccolino ha un volume della sezione frontale molto vantaggioso. Così se in salita è avvantaggiato per il buon rapporto potenza/peso, in pianura è tutto un fatto di watt e penetrazione aerodinamica».

Aveva già vinto il tricolore crono U23 nel 2019, su Aleotti e Puppio
Aveva già vinto il tricolore crono U23 nel 2019, su Aleotti e Puppio

Crono in crescendo

Si spiega così, oltre che per le ottime gambe, il finale in crescendo. Sobrero era indietro al primo intermedio (chilometro 17) posto in cima a Rocca di Monte Poggiolo, prima salita di giornata: 4° a 30” da Ganna. Come ha spiegato, sapeva che la prima frazione di gara invitava a spingere, ma lo avrebbe privato di energie dopo la prima salita.

Al secondo intermedio, collocato a San Mamante (chilometro 26,3) in un tratto pianeggiante dopo la seconda salita di Cima Sabbioni, Matteo è invece passato in testa, con 2 secondi di vantaggio.

Ma il vero capolavoro, dando davvero tutto e spingendo il 58×11, lo ha fatto nel tratto conclusivo. Sul traguardo, dopo 45,7 chilometri, il suo vantaggio su Affini è stato di 25”400.

Questi i dati del cronometro. Poi ci sono quelli del misuratore di potenza, cui però si può attingere con moderazione e limitatamente a quello che ci è stato concesso dall’Astana. 

Per scalare la prima salita (Rocca Monte Poggiolo, lunghezza 1,5 km) Sobrero ha impiegato 3’55” a 22,600 km/h e 421 watt medi.

Nel finale, dove più che raschiare il fondo del bicchiere ha prodotto uno sforzo eccezionale, Sobrero ha percorso gli ultimi 560 metri in 36” a 55,600 km/h e 475 watt medi, concludendo la crono in crescendo.

Finale in crescendo a Faenza, rettilineo finale a 475 watt medi
Finale in crescendo a Faenza, rettilineo finale a 475 watt medi

Adesso la salita

«La prima cosa che ho fatto al ritiro di inizio stagione – prosegue Mazzoleni – è stato il paragone con quello che nel 2020 fece Rohan Dennis sullo Stelvio, di cui tutti si sono stupiti. Ma se noi replichiamo in una salita regolare di 35 minuti i numeri di cui siamo capaci nella crono, possiamo ottenere delle buone prestazioni e tutto sommato ci è già visto nella tappa dura del Giro di Slovenia. Matteo ha margini molto ampi. E’ solo al secondo anno da professionista e il primo è stato quello del Covid, con tutte le sue limitazioni. Questa è stata la prima stagione in cui abbiamo potuto programmare e lavorare secondo il nostro metodo di lavoro e finalmente ha potuto scoprire il suo livello. Io ero sicuro, vedendo i suoi dati, che ci saremmo arrivati».

Questa maglia gli permetterà di spostare più in alto i suoi limiti
Questa maglia gli permetterà di spostare più in alto i suoi limiti

Sa ascoltare

Prima di andare via, l’ultima parola della serata l’abbiamo lasciata a Stefano Zanini, quello che al netto dei numeri e dei watt è stato capace di guardare negli occhi Sobrero e dirgli le giuste parole prima del via e durante la crono.

«Me la sentivo – ha detto Zazà – ci credevamo e sarebbe stato così anche senza i risultati delle ultime settimane. Matteo è un bravissimo ragazzo, ha alle spalle una buona famiglia che ho conosciuto e non poteva essere diversamente. Ma sapete qual è la sua dote più importante? Che ascolta. Matteo è un ragazzo che ascolta…».

La terza maglia piemontese sfugge a Ganna: trionfo di Sobrero

18.06.2021
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Terzo tricolore che parla piemontese, dopo Longo Borghini e Barale, ma questo se possibile è il meno atteso. Matteo Sobrero, cognato di Filippo Ganna, molla una spallata inattesa ad Affini e Cattaneo, spingendo Pippo addirittura giù dal podio. Il gigante iridato alla fine non era troppo contento e c’è da capirlo, dato che la crono di Tokyo sarà più dura di quella di Faenza. Come attenuante c’è il fatto che nei giorni scorsi Ganna ha lavorato sodo per la pista, compresi dei giorni sullo Stelvio. E come al Romandia pagò le dure sessioni in pista, qui potrebbe aver pagato i carichi degli ultimi giorni. Era forse impossibile pretendere che vincesse oggi, ma a Tokyo c’è da scommettere che Pippo ci sarà.

Ganna è partito senza grandi sensazioni, poi ha pagato il caldo
Ganna è partito senza grandi sensazioni, poi ha pagato il caldo

«Ho subito il caldo – dice – come a ogni italiano. Oggi è andata male. Non riuscivo a spingere. Sapevo che sto facendo una preparazione abbastanza mirata in pista, devo metabolizzare i lavori. Ci vuole tempo. All’inizio la velocità riuscivo a tenerla, avevo un buon intertempo, ma sulle salite non riuscivo a spingere. Se il limite è il peso, le Olimpiadi sono così. Per cui dobbiamo prepararci, altrimenti siamo indietro…».

Pippo non è imbattibile

Per un Ganna che si allontana sconsolato, mentre i suoi genitori si fanno un selfie con Sobrero e contano di mandarglielo per strappargli un sorriso (foto di apertura), il vincitore continua a passarsi le mani sulla maglia tricolore della crono che conquistò già da under 23, quando vestiva la maglia della Dimension Data for Qhubeka.

Sul traguardo, il piemontese dell’Astana è arrivato sfinito: «Ho raschiato il fondo»
Sul traguardo, il piemontese dell’Astana è arrivato sfinito: «Ho raschiato il fondo»

«Ero uno di quelli che pensava che Pippo fosse imbattibile – racconta – lo avevo anche chiamato ieri per dirgli che avrei corso per arrivare secondo. Invece probabilmente sono arrivato con una condizione superiore, il caldo mi ha aiutato e lui ha altri obiettivi che potrebbero averlo condizionato. E’ stata una crono pesante, fisicamente e mentalmente. Ho dovuto gestirla. Sapevo che i primi chilometri inducevano a spingere, ma sarei arrivato alle salite senza avere più nulla da dare. Non aveva senso insomma partire troppo forte».

Tattiche di gara

Ma la crono non la inventi. E se ti metti a studiare un percorso e capisci che l’inizio può fregarti, mentre in salita puoi accumulare vantaggio, allora devi capire anche che nel finale veloce, quelli grossi e forti come Ganna e Affini possono piombarti addosso e prendersi la tua corsa. Nelle squadre ci sono dei tecnici che studiano esattamente questi aspetti: quello dell’Astana, che ha studiato nei dettagli la tattica e i wattaggi da tenere, si chiama Ivan Velasco.

Terzo sul podio finale, Mattia Cattaneo torna ad alti livelli: e ora il Tour
Terzo sul podio finale, Mattia Cattaneo torna ad alti livelli: e ora il Tour

«Sapevo che nella parte finale avrei dovuto difendermi – sorride – per non perdere il vantaggio della salita. E per questo abbiamo montato il 58×11. Ho dato tutto e negli ultimi 2 chilometri ho davvero raschiato il fondo del barile. Ma sono arrivato con una grande condizione. Il quarto posto nell’ultima crono del Giro mi ha dato tanta fiducia e ho cercato di non pensare alle ammiraglie che mi hanno chiuso sulle transenne. Perciò sull’ultima salita ho cercato di dare tutto. Sapevo che mi stavo giocando la maglia tricolore».

Piccoli passi

La sua è una storia di piccoli passi. Under 23 per quattro stagioni, prima alla Viris, poi alla Colpck e alla fine due stagioni in continental sotto la guida di Francesco Chicchi, in quella fantastica incubatrice di talenti che fu la Dimension Data di Sobrero, appunto, Battistella, Konychev e Mozzato.

Ma la prova di Ganna è stata falsata dai carichi pesanti fatti per la pista
Ma la prova di Ganna è stata falsata dai carichi pesanti fatti per la pista

«Sto raccogliendo i primi risultati – commenta Sobrero – sono al secondo anno da professionista e non ho mai avuto fretta. Ho fatto quattro anni da under 23, non credo che questo risultato sarebbe potuto arrivare prima, ma di certo la maglia tricolore è quello che sogna ogni italiano che inizia a correre. Sto provando le stesse emozioni di quel giorno del 2019, ma fra gli elite la gioia è ancora più grande. Ora però si stacca un po’. Non sono mai stato così magro, è da un pezzo che sono sulla corda. Credo sia arrivato il tempo di andare al mare».

Sobrero, piemontese di Alba, centra con il tricolore la prima vittoria da professionista
Sobrero, piemontese di Alba, centra con il tricolore la prima vittoria da professionista

Trionfo piemontese

Zanini e Cucinotta se lo mangiano con lo sguardo, Umberto Inselvini che di corridori ne ha visto più di qualcuno lo aiuta a togliere gli scarpini e i copriscarpe e gli passa le scarpe da tennis, con cui caminerà fino all’antidoping, poi questo primo giorno tricolore in Romagna sarà concluso. Con tre tricolori piemontesi. Quello di Elisa Longo Borghini. Quello di Francesca Barale. E l’ultimo, il più atteso, per il quale si era tutti pronti a scommettere su Ganna, finito sulle spalle promettenti di Matteo Sobrero. Che la festa sabauda abbia inizio…

Il Giro di Vlasov tra alti e bassi: il punto con Martinelli

15.06.2021
5 min
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Siamo nel pieno della stagione, ma il Giro d’Italia propone ancora qualcosa, o qualcuno, su cui riflettere. Anche in chiave futura. E un discorso lasciato in sospeso risponde al nome di Aleksandr Vlasov, il russo dell’Astana-Premiertech che ha conquistato la “medaglia di legno” a Milano.

Ne parliamo con il suo mentore, diesse e forse papà ciclistico: Giuseppe Martinelli che lo dirige ormai da tre stagioni.

Giuseppe Martinelli (classe 1955) è il diesse dell’Astana-PremierTech
Giuseppe Martinelli (classe 1955) è il diesse dell’Astana-PremierTech
“Martino” buondì: Vlasov. Che ragazzo troviamo al termine di questo Giro rispetto a quello che avevamo lasciato anzitempo l’anno scorso ad Agrigento?

L’anno scorso fu particolare per tutti. Il Giro in autunno è stata una difficoltà. Alex aveva una buona condizione: era uscito molto bene dal Lombardia e aveva vinto il Giro dell’Emilia. Era stato portato al Giro per essere la spalla di Fuglsang e imparare qualcosa per se stesso pensando a quest’anno. Poi le cose sono andate male già prima del via.

Prima del via…

Sì, la verità è che lui stava male già prima del prologo. Problemi intestinali, mal di testa… Sapete tutti che io mi sono anche arrabbiato con lui del suo ritiro, ma come ho già detto in passato, bisognava anche contestualizzare il periodo. Eravamo in pieno Covid. C’era paura che potesse creare danni al resto della squadra. Quest’anno invece aveva iniziato bene con il secondo posto alla Parigi-Nizza ed era arrivato al Giro con una condizione più “importante” grazie al terzo posto al Tour of the Alps. Ero ed era convinto di poter fare bene. Era una scommessa e quel che ha fatto è stato tanto.

Vlasov, lo ricordiamo ha chiuso il Giro al quarto posto…

Non nego che ho accarezzato più di qualche volta la speranza di salire sul podio, però sono anche conscio di aver fatto tutto il possibile.

Aleksandr Vlasov con Bernal nella tappa di Montalcino
Aleksandr Vlasov con Bernal nella tappa di Montalcino
Quando hai avuto questa speranza del podio?

Dopo Montalcino. Vlasov è uscito bene dagli sterrati e iniziavano le tappe più adatte a lui. Se guardo chi ha vinto, Bernal, era il più forte. Caruso e Yates anche sono stati forti. Per certi aspetti il quarto posto mi stretto, ma questa è stata anche la realtà dei fatti. Se proprio è mancato qualcosa è stata la vittoria di tappa.

Più di qualche volta voi avete tirato per ottenerla…

Soprattutto nel giorno dello Zoncolan. L’anno scorso alla Vuelta, Aleksandr è arrivato secondo sull’Angliru e pensavamo che su salite con quelle pendenze fosse competitivo. Non ci siamo riusciti, ma non abbiamo nulla da recriminare. Abbiamo provato a fare la corsa e lui meritava di provarci.

Se tornassi indietro quindi non cambieresti nulla?

No, nulla. Non dico che non abbiamo sbagliato niente, ma alla fine c’è chi è andato più forte. Noi siamo arrivati quarti e per di più con una squadra di primo pelo. Battistella, Tejada e Pronskiy erano al primo grande Giro. Sobrero ne ha fatto uno ma è comunque giovanissimo. Poi gli esperti, Felline, Boaro, Gorka Izaguirre e Sanchez sono stati bravissimi. Ma tutti, e dico tutti, hanno svolto un lavoro eccezionale.

Il Giro di Vlasov ha vissuto di alti e bassi
Il Giro di Vlasov ha vissuto di alti e bassi
A proposito di giovani, che fine ha fatto Andrea Piccolo?

Ha avuto dei problemi di salute che lo hanno tenuto lontano dalle gare. Adesso sta finendo di risolverli e presto lo vedremo in corsa.

Torniamo a Vlasov: da lui invece ti aspettavi qualcosa di più?

Faccio fatica a dirlo. Ha avuto degli alti e bassi, ma non è crollato. Anche nel giorno per lui più duro, quello del Giau, ha avuto una scusante incredibile: gli è finita la mantellina nella ruota posteriore. Si è dovuto fermare. Analizzando i dati Gpx alla sera abbiamo visto che ha perso 40”. E perdere quel tempo ai piedi del Giau in pratica lo ha fatto inseguire per tutta la salita. Uno sforzo esagerato nel pieno della bagarre.

Il russo come ne esce?

Sa di essere forte e che davanti a sé ha un bel futuro. Credo che adesso sappia di poter competere con i migliori. Semmai bisognerà vedere se resterà con noi, visto che è in scadenza di contratto. Alcune voci lo danno in uscita. Anche se lui volesse rimanere e noi vorremmo tenerlo, ci sono squadre che hanno potenzialità economiche maggiori delle nostre.

Il russo ha finito la corsa rosa in crescendo con un’ottima crono (settimo)
Il russo ha finito la corsa rosa in crescendo con un’ottima crono (settimo)
E tu Martino sei soddisfatto del suo Giro?

Abbastanza. Anche nella crono finale è andato molto forte. Ma ripeto, con tutto quello che è successo, per come è andata la corsa, quello è il suo posto. I valori in campo erano quelli. Mi sono rivisto le classifiche a fine Giro. Se Alex fosse crollato sarebbe arrivato ottavo, così come coloro che erano dal quinto al settimo posto potevano arrivare quarti. Nessuno poteva togliere dal podio quei tre. Bernal, anche se ha avuto dei momenti difficili, aveva un super squadra. Caruso è stato regolare. Yates ha vinto una tappa e comunque ha sempre combattuto. E anzi, Martinez se non avesse fatto il gregario puro di Bernal sarebbe potuto finire sul podio.

Hai ricordato dello Zoncolan e del lavoro fatto dalla tua Astana: la sera Vlasov era abbacchiato? Si è “scusato” con i compagni per il tanto lavoro fatto e il bottino scarso raccolto?

Più che abbattuto era certo di aver dato il massimo. Ma io sono abituato a lavorare molto, a prendere in mano la corsa, e a non raccogliere altrettanto. Se poi il risultato viene siamo tutti più contenti, è chiaro. La sera mi ha detto: cavoli, andava tutto bene fino a 5 chilometri dall’arrivo, poi quando hanno accelerato ero vuoto. Cosa volete che vi dica, magari ha pagato il fatto di stare tutto il giorno davanti, di avere la pressione addosso… ma non è né il primo, né l’ultimo a cui è successo tutto ciò.

Beh, si cresce anche con questi passaggi, no?

E’ quello che gli ho detto io. Non devi pensare sarebbe stato meglio fare “così o cosà”. Fai la tua corsa e poi puoi raccogliere, 50, 80 o 100.

Dai numeri alle sensazioni. Battistella “replica” a Mazzoleni

13.06.2021
4 min
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E dopo aver ascoltato Maurizio Mazzoleni sulla gestione degli atleti dal punto di vista medico-sanitario chiamiamo in causa Samuele Battistella, per affiancare ai numeri del preparatore le sensazioni del corridore.

Il corridore dell’Astana-PremierTech era alla sua prima partecipazione al Giro d’Italia. Per lui era tutto nuovo. Il “protocollo Astana” ha pertanto lasciato impressioni indelebili.

L’importanza di alimentarsi in corsa: Battistella è sempre stato molto attento durante il Giro
L’importanza di alimentarsi in corsa: Battistella è sempre stato molto attento durante il Giro
Samuele, allora come è andato questo Giro dal punto di vista dei controlli imposti dallo staff medico?

Eh, diciamo che fare tutti quei controlli mattina e sera è stato impegnativo. Però i dati che ha raccolto Maurizio mi serviranno per il futuro. Saranno utili per conoscermi. Devo dire però che per me soprattutto l’inizio del Giro non è stato facile perché ho avuto una gastrite, stavo curando delle intolleranze alimentare e all’inizio è stato destabilizzante.

Sensazioni e numeri andavano di pari passo?

Alla fine la gamba girava meglio di giorno in giorno e sono rimasto stupito da queste sensazioni. Il giorno della vittoria di Bettiol abbiamo fatto una tappa lunghissima e le salite finali dopo quei 231 chilometri non era così scontato tenerle. Sono rimasto sorpreso da queste buone sensazioni.

E anche sui famosi watt le sensazioni corrispondevano ai valori?

Diciamo che computerino e gambe andavano d’accordo. Nella prima settimana ho battuto record su record: ho fatto i miei best sui 5′, sui 10′ e così via. E anche nella seconda settimana le cose non sono cambiate troppo. Nella terza invece ci si è calmati un po’.

E la sorpresa negativa?

Non ho mai avuto di quelle crisi cattive che ti chiedi: «E adesso come la porto all’arrivo?». Quindi direi che non ho avuto sorprese negative. Merito della gestione alimentare e della dietista, Erica Lombardi, che ci seguiva prima, dopo e durante le tappe.

Patate lesse, riso, pasta: erano mangiati (a rotazione) già nel bus subito dopo la doccia
Patate lesse, riso, pasta: erano mangiati (a rotazione) già nel bus subito dopo la doccia
Durante?

Sì, il lavoro del nutrizionista non si limita solo al pre e post gara. Erica fa anche uno studio della gara e ti dice cosa mangiare di ora in ora. Poi dipende dall’intensità del momento. Se la prima ora è passata tranquillamente magari mangi meno, se si è andati forte mangi un po’ di più. Ma è molto sottile il limite tra il mangiare troppo o troppo poco. E’ importante azzeccare le quantità perché se mangi molto richiami troppo sangue dalle gambe per la digestione, se mangi poco poi resti a secco. Quando infatti riesci a seguire quelle indicazioni alla lettera, non vai mai in crisi.

Qual è stato il giorno più duro per te?

Quello del Giau. Ero caduto a Gorizia, mi ero fatto male ad un ginocchio e con il freddo è stato difficile finire la tappa, avevo dolore. Ma superato quel giorno poi è stato tutto più facile.

Mazzoleni ci ha detto che dopo la tappa di Ascoli, con arrivo in salita a San Giacomo, si sono accessi alcuni “allarmi rossi” nel software Astana. Tu facevi parte di quei corridori andati in “zona rossa”?

Quella tappa è stata molto dura. Il freddo nella discesa da Forca di Presta è stato inaspettato. Eravamo vestiti con le divise estive, non avevamo un abbigliamento adatto, inoltre siamo andati molto forte e non sono riuscito ad alimentarmi bene. A fine tappa in effetti ero un po’ sottopeso, ma sono riuscito a recuperare bene. Quel giorno oltre ai 170 grammi di carboidrati mi hanno fatto mangiare di più nel pasto del pomeriggio cioè in quell’ora, ora e mezza tra il massaggio e la cena.

Battistella in fuga nella tappa di Stradella che con i 231 chilometri è stata la più lunga del Giro
Battistella in fuga nella tappa di Stradella, la più lunga del Giro
E cosa si mangia per esempio?

Muesli e latte vegetale o qualche zucchero più semplice, magari anche una barretta.

E delle pulsazioni al mattino? Sentivi questa differenza di battiti tra Torino e Milano?

Eh sì, avevo dieci pulsazioni in più a fine Giro, ma è normale dopo 21 tappe. Ma anche se erano più alte, non ero finito. E questo è buono.

Con il riposo? E’ vero che si fa più fatica svegliarsi man mano che si va avanti con le tappe?

In generale nell’ultima settimana si tende a dormire meno perché si è più stanchi, meno rilassati. La mattina era poi difficile tirarsi su e quando appunto mi misuravo le pulsazioni sul letto avvertivo che i battiti erano più alti, che il cuore doveva pompare di più.

I parametri fisici in un grande Giro e l’esempio di Battistella

09.06.2021
6 min
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Affrontare una corsa di tre settimane non è cosa da poco dal punto di vista fisico. Lo sforzo è talmente grande che il corpo ne esce trasformato. O almeno era così fino a qualche anno fa. Si modificava la muscolatura, per i più giovani si diceva che aumentava la cilindrata, si perdeva peso. Ebbene come variano i parametri di un corridore in un grande Giro?

Mazzoleni Dorelan
Mazzoleni segue l’Astana da molti anni
Mazzoleni Dorelan
Mazzoleni segue l’Astana da molti anni

I test prima del Giro

Ad aprirci le porte di questo delicato settore è Maurizio Mazzoleni, preparatore dell’Astana-PremierTech che ci spiega prima di tutto come e quando vengono stabiliti i parametri di riferimento.

«Noi abbiamo svolto una prova funzionale sul Teide, già prima del Tour of the Alps. In quell’occasione abbiamo svolto due test sul lattato in salita: uno più sulla distanza e uno più sul breve. Da lì abbiamo estrapolato i parametri di riferimento per il Giro. Fra Tour of the Alps e Giro abbiamo fatto un’analisi delle le Ftp (Functional Threshold Power, potenza alla soglia funzionale), con le variazioni e gli adattamenti che abbiamo verificato sul campo.

«A Torino (partenza del Giro, ndr) abbiamo fatto la plicometria agli atleti per verificarne la percentuale di massa grassa e di massa magra. I nostri ragazzi venivano pesati due volte al giorno: una prima della colazione e una sul bus appena conclusa la tappa, prima della doccia. Questa seconda “pesa” è molto importante in quanto ci fornisce uno dei dati più delicati: la disidratazione. Se il peso è calato dell’1,5% rispetto al mattino si accende un campanello di allarme». 

Ogni sera venivano calibrate (o ricalibrate) le quantità di cibo per i singoli atleti
Ogni sera venivano calibrate (o ricalibrate) le quantità di cibo per i singoli atleti

I controlli pre-gara 

A questo punto Mazzoleni nella sua spiegazione divide il monitoraggio in due fasi: quella pre-gara e quella post-gara.

«Sempre la mattina prima del via, oltre al peso veniva eseguito il controllo delle urine (Usg) per verificarne la densità e se questa era acida o basica. Un altro parametro del nostro protocollo in Astana è la variabilità cardiaca. Il corridore restava 5′ sdraiato sul letto con la fascia cardio prima di andare a colazione. Tutti questi dati erano poi inseriti in un software sviluppato da noi preparatori, insieme ai medici, che ci permette di capire se il ragazzo ha recuperato o no dal giorno prima.

«A questo punto, una volta raccolti tutti i dati venivano visualizzati da noi preparatori e dallo staff medico. Se nella scheda di ogni singolo atleta appariva una luce verde, tutto okay, gialla si accendeva un preallarme, rosso c’era una situazione di allarme. I dati e i colori ci permettevano di dare, praticamente in tempo reale, delle indicazioni ai diesse sulle eventuali tattiche da attuare, gli uomini da poter far lavorare di più e quelli da tenere un po’ più tranquilli. Poi non è detto che questo software decideva le tattiche, ma era un’informazione ulteriore che si dava ai diesse. E devo dire che a volte è accaduto che qualche modifica sia stata fatta».

Il freddo, la pioggia e gli alti ritmi della 6ª tappa hanno portato ad un dispendio energetico più elevato del previsto
Il freddo, la pioggia e gli alti ritmi della 6ª tappa hanno portato ad un dispendio energetico più elevato del previsto

Dopo la tappa

Al termine delle tappe ricominciava poi il lavoro di preparatori, medici e anche del nutrizionista.

«La prima cosa che si fa – dice Mazzoleni – è quella di prendere i computerini dei ragazzi e analizzare i file. I dati più immediati che ci servono sono il battito massimo, quelle medio, la percentuale del battito medio rispetto a quello massimo e il consumo calorico. Tutto ciò serve soprattutto al nutrizionista (in questo caso la dietista, Erica Lombardi, ndr) per sapere quanto ha consumato il corridore. Il nutrizionista immediatamente ricalibra le quantità di cibo da ingerire. Dico ri-calibrare perché comunque già il giorno precedente si fa una stima del dispendio energetico a cui si va incontro, ma poi andamento della gara, variazioni atmosferiche come vento e temperatura possono incidere. E tutto ciò è importante per la salvaguardia del peso».

Gli atleti erano pesati due volte al giorno
Gli atleti erano pesati due volte al giorno

Peso costante

Ecco questo è un passaggio importante: la salvaguardia del peso. Fino a qualche tempo fa si iniziava un Giro con un certo peso e poi si scendeva di diversi chili, anche tre o quattro. E per certi aspetti qualcuno ne era contento. Oggi non è più così.

«Questi controlli – riprende Mazzoleni – servono per non sottostimare quel che bisogna mangiare, non per mettere gli atleti a dieta. Si presuppone che al via di una gara importante come il Giro si abbia un peso ottimale.

«In pratica non si accende la “casella rossa” che vorrebbe dire che per un giorno o due quel corridore, ammesso che non sia un uomo di classifica, dovrebbe starsene più tranquillo. Se sono capitati “allarmi rossi”? Sì, nella tappa con arrivo a San Giacomo, sopra ad Ascoli. Quella frazione è stata molto intensa, inoltre dopo il passaggio a Castelluccio di Norcia la temperatura è scesa moltissimo e questo ha richiesto un consumo energetico più elevato per mantenere costante la temperatura corporea, quindi abbiamo dovuto ricalibrare il reintegro post tappa».

Battistella ha finito bene il suo primo grande Giro, sia come parametri fisici che come prestazioni
Battistella ha finito bene il suo primo grande Giro, sia come parametri fisici che come prestazioni

L’esempio di Battistella

Per tradurre tutto questo lavoro in qualcosa di più concreto, Mazzoleni ci riporta di dati di Samuele Battistella, mostrandoci quanto siano variati i suoi valori da Torino a Milano.

«Nel complesso direi che è andata bene per tutti – spiega il preparatore lombardo – abbiamo avuto un solo ritiro, Felline, ma perché è diventato papà!

«Veniamo a Battistella. A Torino il suo peso era di 67,2 chili a Milano di 67: in pratica identico. Nell’arco del Giro ha avuto un’oscillazione tra peso massimo e minimo di 800 grammi. La plicometria ha evidenziato un calo dell1% di massa grassa, ma questo è un dato che va preso con le molle in quanto ci sono molti modi per prenderlo. Il suo battito basale, cioè quello del mattino a riposo, era di 51 pulsazioni al minuto a Torino e di 61 a Milano. Dieci pulsazioni in più, segno che la stanchezza si è fatta sentire. Si riabbassava un battito o due, dopo i giorni di riposo».

E i famosi watt sono calati?

«Diciamo – conclude Mazzoleni – che Battistella è stato molto costante in tutte e tre le settimane, non abbiamo evidenziato cali prestativi in lui. Magari ad inizio Giro erano migliori, ma non ha avuto cali degni di nota. E questo dice che lui è stato bravo e che anche noi abbiamo lavorato bene».

Martinelli Dorelan

Martinelli: «Non ci sono più i tapponi di una volta…»

24.05.2021
2 min
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E’ chiaro che un Giro d’Italia è strettamente legato nel suo sviluppo ai tapponi alpini, che hanno sempre avuto un peso determinante nella sua classifica. In base a loro si costruiscono le strategie, i tifosi prendono le ferie per affollarsi ai bordi delle strade posizionandosi anche giorni prima. Il fascino di questi eventi è rimasto intatto, anche se il loro peso specifico varia col passare del tempo, soprattutto la loro interpretazione.

Giuseppe Martinelli, attuale direttore sportivo dell’Astana, di tapponi ne ha affrontati tanti, guidando anche grandi campioni a grandi imprese. Nel parlare della Sacile-Cortina d’Ampezzo tiene innanzitutto a chiarire un punto: «Dipende molto da dove queste tappe sono collocate: se posizioni la frazione dello Stelvio dopo due tappe già molto impegnative, difficilmente avverrà qualcosa d’importante».

Una grande tappa alpina è sempre decisiva?

Dipende, innanzitutto da qual è la classifica e come la corsa si sta evolvendo, poi da quello che, in relazione alla situazione di classifica e a quel che ci sarà dopo, intenderanno fare i favoriti. Una tappa davvero dura può fare grosse differenze, ma dipende molto da quel che avviene nelle prime salite, se s’intende davvero rendere la corsa difficile sin dalle prime battute.

Fedaia Dorelan
Le grandi salite non sempre fanno selezione, anche se il Fedaia resta davvero impegnativo
Fedaia Dorelan
Le grandi salite non sempre fanno selezione, anche se il Fedaia resta davvero impegnativo
Si dice che nel ciclismo attuale salite come Pordoi e Giau non fanno più molto male…

Non è così, dipende da quando le affronti – sentenzia Martinelli – se li trovi nella prima parte e rendi la corsa dura, puoi incidere tantissimo. Teniamo conto poi che i percorsi sono una cosa, la corsa è un’altra, la sua evoluzione è sempre qualcosa di imponderabile. Una tappa che alla vigilia poteva sembrare interlocutoria, magari farà sfracelli in classifica…

Che tipo di tappa è allora quella con arrivo a Cortina?

Potrebbe non fare grandi differenze perché c’è spazio dall’ultima salita in poi per ricomporre almeno piccole parti del gruppo, ridurre o magari annullare i distacchi dei favoriti. Poi molto influisce la lunghezza e ovviamente il meteo. Le tappe brevi sono più esplosive e se non sei in giornata giusta puoi incassare distacchi pesanti.

Allora, Martinelli, quando una salita lunga può far male?

Se si formano delle alleanze, magari generate da comuni intenti, allora si attacca da lontano in un gruppo abbastanza numeroso e allora puoi anche contare i minuti di distacco, alla fine… Il Fedaia, ad esempio, è un passo fra i più selettivi ma se lo affronti lontano dal traguardo, c’è poi la distanza utile per ricomporre il gruppo. Solitamente ormai nelle tappe lunghe e con tante salite, si preferisce non farsi del male fino all’ultima.