«Oggi il vero gregario cioè il Panizza per De Vlaeminck, il Bernaudeau per Hinault o il Vanotti per Nibali, non c’è più. O se c’è, si vede solo in certi frangenti in corsa». Anche se quello che stiamo per proporvi è un articolo che riguarda la figura del gregario non potevamo esimerci da questa premessa fatta da Giuseppe Martinelli, uno direttori sportivi interpellati per questo “Oscar del gregario” appunto.
La premessa di “Martino” è importante perché ci dice molto anche sul perché dei giudizi su questo o quel gregario. Il fattore del tirare, di prendere aria in faccia, resta oggi centrale. Mentre si affievolisce, almeno vista da fuori, la parte oltre la gara. Vale a dire il gregario confidente, il gregario compagno di camera. Il discorso oggi è molto più tecnico.
Con i tre grandi Giri alle spalle e altre corse importanti nel sacco, cerchiamo di capire chi è, o chi sono, i gregari che si sono distinti maggiormente durante la stagione. E perché si sono distinti.
Parola a Gasparotto
«E’ un argomento ampio e di non facile scelta – dice Enrico Gasparotto, direttore sportivo in forza alla Red Bull-Bora – è difficile giudicare e stabilire chi sia stato il miglior gregario dell’anno. Si fa anche fatica a ricordare alcuni eventi di marzo, per esempio. Oppure non si conoscono le dinamiche interne dei vari team, i ruoli e i compiti assegnati ai corridori. E poi parliamo di gregari: ma ci sono team che hanno preso Adam Yates per fare il gregario. Noi stessi in Red Bull, abbiamo Vlasov e Hindley che sarebbero capitani altrove. Ormai si va nella direzione dei super team, in cui corridori molto importanti vengono messi a disposizione di quei 4-5 atleti più forti del mondo.
«E questo vale non solo per la salita. Penso anche ad alcuni passisti che sono forti nelle classiche del Nord e delle pietre: Van Aert, Van Hooydonck fino all’anno scorso, o Politt: gente molto forte che dà tanto anche nei grandi Giri».
E con Politt Gasparotto apre ad un primo lotto di nomi. Il tedescone della UAE Emirates è piuttosto gettonato.
«Nils – va avanti Gasparotto – l’ho avuto fino allo scorso anno e conosco il suo potenziale è uno di quegli atleti molto importanti al servizio di profili altissimi. Oltre a lui, credo che in stagione si sia ben distinto Domen Novak. Conosco bene questo ragazzo, in quanto corremmo insieme alla Bahrain. Già all’epoca aveva un potenziale enorme e ha fatto uno step ulteriore. Alla Liegi ha svolto un lavoro eccezionale per Pogacar e ha fatto benissimo anche al Giro d’Italia. Un altro che ha fatto bene è Cattaneo».
Stando in Red Bull-Bora e vista la sua ottima stagione, avremmo pensato che Gasparotto facesse il nome di Giovanni Aleotti, ormai stabile nelle formazioni che contano.
«Certamente c’è anche lui – conclude Gasparotto – non l’ho citato prima perché prendo come punto di partenza il Tour per lo stress della corsa e l’importanza fondamentale che gioca il gregario in quella gara e Giovanni al Tour non c’era. Ma senza dubbio Giovanni è da chiamare in causa. Alla Vuelta ha lavorato quando alla tv ancora non si vedeva. Al Giro lavorava e poi era stabilmente nei primi 15, 20 al massimo: questo significa che ormai ha raggiunto una base solida. Lo vedo molto bene anche in ottica futura come gregario di un capitano importante. E’ un lavoro che svolge con naturalezza e poi c’è un aspetto molto importante: si è guadagnato la fiducia dei leader. Perché tu puoi andare forte quanto vuoi, ma se il capitano non si fida di te serve a poco.
«Se un corridore così, visto il mondiale duro che si profila e i nomi che se lo giocheranno Roglic, Pogacar, Remco… non fosse convocato, sarei alquanto stupito».
Tocca a Bramati
Dopo Gasparotto ascoltiamo il parere di Davide Bramati, diesse della Soudal-Quick Step. Anche il tecnico lombardo sottolinea il fatto che l’argomento è ampio, che la scelta da fare non è facile e, aggiunge: «La stagione non è ancora finita!».
«Chi è il miglior gregario dell’anno? Se guardo in casa mia, ma non solo, dico Mattia Cattaneo. Specie dopo la medaglia alla crono degli europei mi viene in mente lui. Alla Vuelta ha fatto grandi cose. Abbiamo visto quando si è fermato ad attendere Landa. Quella è stata una decisione non facile, anche per l’ammiraglia. Da parte sua, significa devozione per la squadra e per il lavoro che sta facendo, pur avendo una grande condizione».
Cattaneo era stato già nominato da Gasparotto e non poteva essere diversamente. Oggettivamente Mattia è stato un grande interprete di questo ruolo. E non solo in questa stagione.
«Anche Novak della UAE Emirates mi è sembrato molto bravo in questo ruolo, almeno nelle corse che ho seguito io e anche ascoltando il parere dei ragazzi. I miei atleti mi dicono che fa numeri incredibili, che tira fortissimo e per molti chilometri. Novak svolge un grande lavoro anche quando si è lontani dal traguardo.
«Poi sempre per quel che ho visto io in corsa, devo dire che mi ha colpito Amanuel Ghebreigzabhier della Lid-Trek. Al Giro l’ho visto tirare in salita, in pianura per Milan, andare in fuga. Davvero un bell’atleta».
Infine Martinelli
Chiudiamo con il più esperto dei direttori chiamati in causa, Giuseppe Martinelli, tecnico dell’Astana-Qazaqstan. Anche lui ribadisce la difficoltà di individuare un singolo nome. Scavando nel passato recente dei suoi atleti, Martino, nomina Kangert e Scarponi. Ma poi si chiede anche se un atleta come Van Aert, spesso al servizio del team, possa essere considerato un gregario o meno.
«Un gregario formidabile è Marc Soler, ma quando riesce a farlo veramente? Ha una testa quello lì… Cattaneo è molto bravo. Ma se devo scegliere il gregario di quest’anno dico Rafal Majka. Penso anche al Tour dell’anno scorso e ovviamente all’ultimo Giro. E’ stato fondamentale. Era uno dei pochi se non l’unico che doveva e poteva restare vicino a Pogacar e lo ha fatto al meglio. Anche Adam Yates o Almeida si sono messi a disposizione di Pogacar, ma Majka è votato per quel ruolo lì. E’ il gregario vero: tira in salita e si stacca. Probabilmente quei gregari così non ci sono più».
E su questa figura, Martinelli apre una parentesi: «Quando mio figlio Davide era in Quick Step mi diceva di De Clerq, ora alla Lidl-Trek. Un corridore che faceva paura, in grado di tirare dal terzo chilometro di gara fino ai meno 40, meno 30… anche nelle corse del Nord. E nel frattempo magari andava anche dietro a prendere l’acqua. Una forza della natura. Ma per i più, De Clerq è poco noto e magari porta anche pochi punti. E questo pochi team se lo possono permettere. Però è fondamentale per la squadra. Oggi con tutti gli extra feed che abbiamo i ragazzi neanche sono così capaci a prendere l’acqua all’ammiraglia».