La prima stagione di Tom Pidcock con la Q36.5 Pro Cycling proseguirà con la sua seconda grande corsa a tappe: La Vuelta. Nel frattempo il britannico è tornato a correre e vincere anche in mountain bike. Q36.5 ha voluto anche celebrare questo esordio con un kit speciale dedicato al successo delle Olimpiadi di Parigi 2024. L’arrivo di un corridore del calibro di Pidcock in una formazione professional cattura l’attenzione e diventa anche un modo per confrontarsi, con pari diritto, nel ciclismo dei grandi.
Alle spalle il deserto, è l’esordio di Pidcock in maglia Q36.5 Pro Cycling all’AlUla Tour, che ha portato due vittorie di tappa e la generaleAlle spalle il deserto, è l’esordio di Pidcock in maglia Q36.5 Pro Cycling all’AlUla Tour, che ha portato due vittorie di tappa e la generale
Partenza col botto
Il britannico ha esordito alla grande all’Alula Tour con due successi di tappa e la vittoria della generale. Il grande exploit è stato però sugli sterrati della Strade Bianche, dove Tom Pidcock ha conquistato uno spettacolare secondo posto alle spalle di Pogacar. E’ mancato forse lo squillo in una corsa importante, con tanti piazzamenti che hanno sicuramente reso orgoglioso il team, ma che non possono aver soddisfatto al 100 per cento un corridore del suo calibro.
«L’impatto di Tom sul team è stato più che positivo – racconta Gabriele Missaglia, diesse che lo ha affiancato per gran parte della stagione – avevamo bisogno di un corridore del suo livello. Ci siamo messi al lavoro fin dal primo ritiro, a dicembre, e abbiamo capito di aver preso un campione. Fino al Giro le nostre strade sono andate di pari passo, poi ci siamo divisi vista anche la sua pausa dalle corse. Ci troveremo nuovamente insieme a Torino per ripartire con La Vuelta».
Sugli sterrati delle Strade Bianche Pidcock ha lottato contro Pogacar in un duello che ha emozionato i tifosiSugli sterrati delle Strade Bianche Pidcock ha lottato contro Pogacar in un duello che ha emozionato i tifosi
L’impatto positivo sul team si è visto già dalla prima gara in Arabia…
E’ partito fortissimo, con il dominio all’AlUla Tour e il bel successo di tappa alla Vuelta Andalucia. Dopo quei primi appuntamenti ci siamo concentrati sulle gare italiane con Strade Bianche, Sanremo e Tirreno-Adriatico. Il secondo posto a Siena dietro Pogacar è stato forse il momento migliore della stagione, mentre il grande rammarico è stata la Sanremo.
Come mai?
Perché è caduto proprio all’imbocco della Cipressa, in un momento cruciale che era stato approcciato al meglio. Quel giorno era in grande forma ed era uno dei favoriti, la sfortuna esiste e fa parte del ciclismo, ma abbiamo visto che la Sanremo è una gara adattissima a lui.
Le Classiche delle Ardenne sono le preferite da Pidcock, per sua stessa ammissioneLe Classiche delle Ardenne sono le preferite da Pidcock, per sua stessa ammissione
Poi avete fatto rotta sulle Classiche delle Ardenne.
C’è stato un periodo di pausa dalle gare per arrivare pronti anche al Nord. Ci siamo concentrati solamente sulle Ardenne, non correndo Fiandre e Roubaix. Anche in questo caso Pidcock ha raccolto ottimi risultati con un terzo posto alla Freccia Vallone e due top 10 a Amstel e Liegi.
Una volta confermata la nostra presenza alla Corsa Rosa abbiamo deciso di tirare dritto. Credo che Tom abbia onorato la gara, come tutti noi, visto che non c’è stato modo di lavorare al meglio per arrivare pronti. Ha messo insieme diversi piazzamenti di spessore con il tentativo di curare la classifica generale, cosa che in passato non aveva mai fatto volentieri.
Pidcock ha corso il Giro curando la classifica generale, anche se non è riuscito a prepararlo al meglioPidcock ha corso il Giro curando la classifica generale, anche se non è riuscito a prepararlo al meglio
Un sedicesimo posto finale senza grandi acuti, eravate soddisfatti?
Pidcock quando mette il numero sulla schiena parte per vincere, quindi direi che una vittoria di tappa sarebbe stata una buona moneta per ripagare quanto fatto. Però con gli inviti arrivati così tardi era difficile pensare di preparare il Giro al meglio. Se devo guardare a una tappa nella quale avremmo potuto raccogliere di più, dico quella di Siena. Pidcock sulle strade bianche si esalta e quel giorno ha fatto il diavolo a quattro, peccato per la doppia foratura. Avrebbe meritato qualcosa in più.
Si può pensare di fare classifica nei Grandi Giri?
Forse siamo arrivati a capire che c’è una buona possibilità di fare bene. Al Giro, fino alla tappa di Bormio, Pidcock era vicino alla top 10. Poi nell’ultima settimana ha dovuto tirare fuori le ultime gocce di energia. Serve capire su quali gare concentrarsi, ma è anche vero che siamo una professional e il calendario non è mai una certezza.
Pidcock è tornato a correre in mtb nelle scorse settimane, ma solamente due gare, una tappa di Coppa del mondoE l’altra è stato il campionato europeo, dove ha conquistato la medaglia d’oro (foto Instagram)Pidcock è tornato a correre in mtb nelle scorse settimane, ma solamente due gare, una tappa di Coppa del mondoE l’altra è stato il campionato europeo, dove ha conquistato la medaglia d’oro (foto Instagram)
Difficile fare programmi anche con un campione in squadra come Pidcock?
Conta sempre il ranking, per noi sarà fondamentale rientrare tra le prime quattro professional. Ci sarà da vedere alla fine del triennio come saremo messi e quali squadre WorldTour rimarranno.
Per la Vuelta quali ambizioni ci sono?
Innanzitutto vedremo Tom come tornerà in corsa all’Arctic Race, poi quando lo incontrerò alla Vuelta parleremo e inquadreremo gli obiettivi. Non dimentichiamo che il mondiale in Rwanda è adatto alle sue caratteristiche…
Mathieu Van der Poel corona il suo sogno: a Visegrad conquista la maglia rosa. Battuto un super Girmay. E intanto è incredibile la folla lungo le strade
VIELSAM (Blegio) – Finalmente, dopo 36 ore di pioggia ininterrotta, torna a splendere un timido (anzi, facciamo timidissimo) sole sulle Ardenne. Non piove e già va bene. E’ venerdì, antivigilia della Liegi-Bastogne-Liegi, ed è quindi il classico giorno delle ricognizioni.
Alla sera, dopo un ultimo giro di messaggi con i vari direttori sportivi, stabiliamo anche noi il nostro piano di battaglia. Molti team hanno scelto Vielsam come punto di partenza. Tanto vale recarsi lì. Tra le 9,30 e le 11 tutti sono in “pista”.
Pista è un termine che calza, visto che questa è la strada della Liegi e che nel bel mezzo della recon si lambisce anche il circuito di F1 di Spa-Francorchamps. Il primo atleta che incontriamo è un italiano: Samuele Battistella. Un saluto incoraggiante e, insieme al capitano Ben Healy e ai compagni, s’immette alla scoperta degli ultimi 104 chilometri della Doyenne.
Ore 10, la XDS-Astana si trova a Vielsam per la ricognizione della LiegiPoco dopo passa Bagioli. Da segnalare che in casa Lidl-Trek domattina arriverà Ciccone dal Tour of the AlpsPellizzari è stato davanti ininterrottamente per i 104 km di reconIl monumento dedicato a Merckx sullo Stockeu: 1 km al 12,5% di pendenza mediaKopecky era intenta a trafficare con lo smartphone. Alla Freccia non è parsa brillante, saprà riprendersi alla Liegi? (foto Patrick Pirotton)Ore 10, la XDS-Astana si trova a Vielsam per la ricognizione della LiegiPoco dopo passa Bagioli. Da segnalare che in casa Lidl-Trek domattina arriverà Ciccone dal Tour of the AlpsPellizzari è stato davanti ininterrottamente per i 104 km di reconIl monumento dedicato a Merckx sullo Stockeu: 1 km al 12,5% di pendenza mediaKopecky era intenta a trafficare con lo smartphone. Alla Freccia non è parsa brillante, saprà riprendersi alla Liegi? (foto Patrick Pirotton)
Appuntamento a Vielsam
Poco dopo ecco spuntare Andrea Bagioli. Lui è in compagnia di un solo altro atleta e in ammiraglia sono seguiti dal direttore sportivo Maxime Monfort. Il resto del team ha fatto la ricognizione ieri: si sono sciroppati 150 chilometri sotto la pioggia. Qualcosa d’insolito anche per i belgi, tanto è vero che più di qualche voce locale aveva sottolineato la cosa.
In casa XDS-Astana Team, il primo a scendere dal bus è Alexandre Vinokourov! Ma non aveva smesso? O siamo ancora al 2005, quando vinse la sua seconda Liegi? Vino scherza: «No, non la faccio mica tutta con loro». E infatti, dopo aver preso un caffè, il manager s’incammina con una delle bici di Velasco, un po’ prima dei ragazzi. Mario Manzoni, il direttore sportivo, dà le ultime indicazioni e poi partono anche Diego Ulissi e gli altri.
Qualche centinaio di metri a valle, ma sempre a Vielsam, ecco due team: Team Visma-Lease a Bike e Red Bull – Bora. E qui la sorpresa: tra i “tori rossi” c’è anche Giulio Pellizzari. La squadra lo ha annunciato in extremis, ma siamo venuti a sapere che, tutto sommato, Pellizzari sapeva di fare la Liegi già da un po’. Non tanto, ma neanche così all’ultimo.
E’ sorridente, emozionato e anche quello che si sente di più. Fa “perdere la pazienza”, nel senso buono, anche con Enrico Gasparotto. Insomma, si parte tra le risate. Giulio è al debutto e seguiamo il suo team per un po’. La cosa che abbiamo notato è che, praticamente per tutto, ma proprio tutto, il tempo Pellizzari è stato in testa. Forse voleva vedere per bene le strade. Una bella fame di conoscenza, di entusiasmo…
Attenzione! Ciuffo già fuori dal casco per Tadej (foto Patrick Pirotton)La Visma-Lease a Bike ha pedalata forse con l’andatura maggiore di tutte le squadre visteLa foto forse non rende giustizia a questa svolta secca e in piena discesa con strappo a seguire. La Liegi è tutta cosìLa Soudal è partita tutta insieme: sia la squadra maschile che femminile. Bella iniziativa (foto Wout Beel)Remco ha incrociato la UAE di Pogacar proprio sulla Redoute. Un anticipo della sfida! Attenzione! Ciuffo già fuori dal casco per Tadej foto Patrick Pirotton)La Visma-Lease a Bike ha pedalata forse con l’andatura maggiore di tutte le squadre visteLa foto forse non rende giustizia a questa svolta secca e in piena discesa con strappo a seguire. La Liegi è tutta cosìLa Soudal è partita tutta insieme: sia la squadra maschile che femminile. Bella iniziativa (foto Wout Beel)Remco ha incrociato la UAE di Pogacar proprio sulla Redoute. Un anticipo della sfida!
Nel cuore della Doyenne
E a proposito di strade, forse la tattica di Gasparotto di farlo stare davanti è davvero corretta. Seguendo questa recon da così dentro e così da lontano rispetto al solito, ci siamo resi conto anche noi di cosa sia davvero la Liegi. Non è solo Redoute o Roche-aux-Faucons o Stockeu. E’ un serpente d’asfalto alquanto velenoso. Noi seguiamo le côtes, ma in realtà è un continuo saliscendi. La pianura non esiste. E spesso si sale a strappi.
E non si deve pensare solo al dislivello: le strade sono spesso strette. Si lascia una strada nazionale e si svolta secchi su una comunale di campagna. Il risultato è: carreggiata ristretta, curve, pendenze violente anche in discesa e asfalto ondulato. Tanti microdossi che richiedono molta attenzione. Proviamo a immaginare lo stress dei corridori in gruppo, il cercare di stare davanti.
Il tratto in discesa dopo Wanne, giusto per dirne uno, è difficilissimo. Lo stesso vale per le stradine che precedono la cote di Mont-le-Soie. Poi, ovviamente, ci sono le salite vere e proprie… che non regalano nulla.
Gregoire guidava i suoi sulla salita di Cornemont, che però non è segnata come cotes (foto Patrick Pirotton) Per le ragazze della VolkerWessels, un po’ di dietro motore dopo Haute LevéeIl fans club di Andrea Bagioli…Florio Santin, uno dei tiofsi più noti, con la torta di riso.. Possiamo confermare che era buonissima!Remouchamp, base della Redoute: i camper sono già numerosi. Ed è solo venerdì…Gregoire guidava i suoi sulla salita di Cornemont, che però non è segnata come cotes (foto Patrick Pirotton) Per le ragazze della VolkerWessels, un po’ di dietro motore dopo Haute LevéeIl fans club di Andrea Bagioli…Florio Santin, uno dei tiofsi più noti, con la torta di riso.. Possiamo confermare che era buonissima!Remouchamp, base della Redoute: i camper sono già numerosi. Ed è solo venerdì…
Ardenne già in festa
E poi c’è il contorno di questa ricognizione. Ed il contorno è la gente, la festa, il popolo del ciclismo. Ragazzi che si accodano ai team, tifosi a bordo strada e la solita Redoute già presa d’assalto. A Remouchamps, il pratone verde alla base della cote simbolo della Liegi è già pieno di camper e sulla salita tutti aspettano i big. Che bel caos per Tadej Pogacar, ma soprattutto per i beniamini di casa: Lotte Kopecky e Remco Evenepoel. Un signore ci confida che spera proprio sia Remco a battere Pogacar.
Ma la festa, anche la nostra, non è finita. Poco dopo la Redoute, dove Remco staccò Healy due anni fa, c’è uno stand con una bandiera belga e una italiana. Si mangia, si beve e si fa il tifo per Andrea Bagioli. E’ il suo fan club. A dirigere l’orchestra è Florio Santin.
Un bicchiere di rosso, un panino e la torta di riso. «Questa è tipica della zona, delle Ardenne – ci dicie Florio – Ne era golosissimo Giovanni Visconti. Che ha poi trasmesso questa passione anche a Valverde. Prima è passato Bagioli, ma non si è fermato… purtroppo. Mentre è stata molto carina Elisa Longo Borghini. Ha rallentato, ci ha sorriso e abbiamo scambiato una battuta».
E’ ormai l’ora di pranzo passata. I team non passano più. Quel che è fatto è fatto. I big hanno le conferenze stampa. Gli altri potranno vivere con un pizzico in più di relax questo avvicinamento… all’ultima grande classica di questa splendida Campagna del Nord.
Tris di Evenepoel a San Sebastian. Attacco in salita a 73 chilometri dall'arrivo e poi sprint a due con Pello Bilbao. Poteva staccarlo? Forse non ha voluto
Il cammino prosegue e Marta Cavalli si sta avvicinando con passo regolare al ruolo di leader e alle corse che più le piacciono. Gli ordini di arrivo raccontano una parte. Il tredicesimo posto della Sanremo è stato la conferma delle buone sensazioni e anche il Fiandre, che dopo la Roubaix è la corsa che meno le si addice, per un po’ ha fornito dati interessanti.
Ora Marta è a casa. Ci rimarrà fino a domenica, poi si sposterà a Sittard, nel quartier generale del Team Picnic-PostNL, nell’avvicinamento alle corse delle Ardenne. Prima che parta siamo curiosi di avere i suoi feedback su questo avvio di stagione.
«Sta andando abbastanza bene – dice – meglio delle mie aspettative. Innanzitutto non mi aspettavo che mi inserissero addirittura nel Fiandre, una corsa veramente esigente. Abbiamo visto che negli ultimi anni ha sempre fatto tanta differenza, perché ha il chilometraggio importante e richiede tanto, inclusa una bella preparazione. La primavera italiana è andata bene, sono corse che sento particolarmente. Non ho raccolto il risultato, ma non l’ho neanche cercato…».
La Strade Bianche e le corse italiane di inizio stagione hanno riallacciato il filo con le giuste sensazioniLa Strade Bianche e le corse italiane di inizio stagione hanno riallacciato il filo con le giuste sensazioni
Come mai?
Fa parte del processo di inserimento in una nuova squadra, di reinserimento in un ambiente che è cambiato molto e che all’inizio stagione mi sembrava tanto estraneo. Invece adesso mi ci ritrovo, ho ripreso le misure, ho visto l’andamento generale e siamo nella fase in cui ambientarsi senza pretendere nulla. Per questo dico che forse è arrivato qualcosa in più e questo ci dà fiducia, quella che loro chiamano confidence, per le gare che più mi si addicono. Cioè quelle delle prossime settimane.
Che esperienza è stata il Fiandre?
Fino a un certo punto è andato bene, ma è stato duro tenere la concentrazione per quattro ore e mezza di corsa. Come alla Strade Bianche, il Fiandre è una corsa che chiede costantemente attenzione. Devi fare il settore, poi devi riposizionarti bene, fai lo sforzo, poi devi riposizionarti. Due, tre, quattro, cinque, sei volte e a un certo punto ho impattato contro questo mio limite attuale, che mi fa piacere aver incontrato.
Per prendere la misura?
Per capire dove ancora devo migliorare e dove dobbiamo lavorare come squadra e come individualità. Fisicamente non sto male, non posso dire di essere ai livelli migliori, però riesco a mantenere una buona continuità nella preparazione e questo prima o poi si tradurrà in risultati.
La nuova squadra e le nuove abitudini sono uno step ormai quasi compiutoLa nuova squadra e le nuove abitudini sono uno step ormai quasi compiuto
Qual è stata finora la difficoltà di inserirsi nella nuova squadra?
Un approccio differente con il ciclismo. Hanno un modo totalmente diverso di correre. Tengono molto a essere presenti come squadra, a posizionarmi bene, a farmi sentire coperta. C’è dietro una struttura forte creata per me e faccio ancora fatica ad abituarmi anche solo a chiedere. Non perché abbia delle pretese, ma perché il loro obiettivo è aiutarmi a essere nella giusta posizione al momento giusto. Piano piano sto prendendo l’abitudine a gestire la squadra, ad averla in mano, a dire senza essere arroganti o troppo pretenziosi quello che preferirei facessero. Mi dicono costantemente che sono lì per me e mi hanno fatto capire che, senza il loro capitano, non sarebbero niente. Che io abbia buone sensazioni o che non sia il periodo migliore, loro fanno ugualmente il loro lavoro.
Un nuovo modo di pensare?
Alla fine il bus ce l’hanno tutti. I gel e le barrette li hanno tutti e tutti hanno il top dei materiali. Invece la differenza la fai nei rapporti con le persone, con lo staff, con il direttore sportivo, la comunicazione, l’ammiraglia, il grado di responsabilità che ti danno: quelle sono le cose che poi si vedono in corsa. E sono le cose alle quali sto cercando di adattarmi.
Il passato è passato o serve come riferimento?
Non posso cancellarlo perché mi può essere utile. Mi dà esperienza e tranquillità, mentre dall’altro lato potrebbe mettermi pressione, ma quell’aspetto lo considero una storia chiusa. Sono una Marta differente, che ha padronanza della propria condizione fisica. Consapevole di non poter fare la voce grossa. Quindi, come si dice in dialetto da me: “schiscia”, che significa schiacciata, volando basso.
Freccia Vallone 2022, Cavalli si impone su Van Vleuten, pochi giorni dopo aver vinto l’AmstelFreccia Vallone 2022, Cavalli si impone su Van Vleuten, pochi giorni dopo aver vinto l’Amstel
Quale preferisci tra Amstel, Freccia e Liegi?
La Liegi! Insieme al Fiandre, è da sempre tra le mie preferite, perché è tra le più esigenti. Se però dovessi indicare la più adatta a me, dovrei dire sicuramente la Freccia Vallone. L’arrivo secco in salita: tutto o niente. Il 90 per cento della corsa che si decide sul Muro d’Huy: è quella più adatta, però d’istinto e di pancia, dico la Liegi.
Da domenica si va in ritiro con le compagne?
Esatto, nel loro Keep Challenging Center. Abbiamo degli impegni con la squadra e poi faremo un paio di ricognizioni dei percorsi, un buon modo per entrare nell’atmosfera. Quello che ho imparato è godermi un po’ di più ciò che sta attorno alla corsa. E’ un bell’ambiente, con le ragazze mi trovo bene, si lavora bene. Lontani dalle gare si trascorre un bel tempo insieme, è una dimensione che mi piace.
Ultima cosa: hai cambiato squadra, ma la bici è rimasta Lapierre.
Non me l’aspettavo. Nel primo ritiro mi avevano dato l’altra bici (una Scott, ndr), dicendomi che sarebbe stata la mia bici da allenamento. Ho iniziato a usarla, invece pochi giorni prima del ritiro ci hanno chiamato e hanno annunciato il passaggio con Lapierre. Da una parte è stata una sorpresa, dall’altra lato sono contenta perché mi sono sempre trovata bene, sia in salita che ancora di più in discesa. Abbiamo rifatto la posizione, cambiato la sella e mi trovo nuovamente benissimo. Ovviamente è un modello differente, leggermente più aerodinamico, quindi più reattivo e questo aggiunge valore a un telaio che era già buono.
Valenciana 2025, bici Lapierre e seduta in punta, posizione allungataUAE Tour del 2023, per Cavalli bici Lapierre, seduta in punta e manubrio all’altezza delle spalleValenciana 2025, bici Lapierre e seduta in punta, posizione allungataUAE Tour del 2023, per Cavalli bici Lapierre, seduta in punta e manubrio all’altezza delle spalle
In cosa è cambiata la posizione?
E’ più aerodinamica. Siccome ho sempre fatto fatica in pianura, abbiamo cercato a livello di preparazione e anche di posizionamento, di migliorare il mio coefficiente aerodinamico. Per cui sono sempre molto avanzata, ma leggermente più lunga. Un assetto molto sbilanciato in avanti, che però mi permetta, in caso di necessità, di abbassarmi ancora per essere più aerodinamica.
Edoardo Zambanini, atleta della Bahrain-Victorious, si prepara ad affrontare la sua quarta stagione da professionista e lo fa con l’entusiasmo e la determinazione che lo contraddistingue sin dalle categorie giovanili. Il 2023 ha rappresentato per il trentino un’importante svolta nel suo percorso.
Ora archiviati anche gli impegni extra-ciclistici come il torneo di padel organizzato nella serata di A&J All Sport, la società che cura i suoi interessi e quelli di molti altri corridori di primo piano, Zambanini è già tornato al lavoro.
Zambanini (classe 2001) durante il torneo di padel di A&J All SportZambanini (classe 2001) durante il torneo di padel di A&J All Sport
Partiamo da questo 2024. Io l’ho visto come un anno corposo, in cui sei andato in crescendo. Tu che mi dici?
Sì, esatto. Come avete detto bene, questo 2024 è stato un anno in crescita. Il 2023 era stato sfortunato dal punto di vista della salute, ho avuto due bronchiti e ho passato tutta la stagione a rincorrere. Quest’anno invece sono stato fortunato, ho potuto allenarmi sempre nel modo giusto e ottenere i risultati come ricompensa degli sforzi. Senza intoppi, ho avuto una crescita costante. Devo ringraziare la squadra, che mi ha dato le libertà e responsabilità al momento giusto, e il mio preparatore, Michele Bartoli, che ha sempre dosato bene gli sforzi.
A nostro avviso hai fatto un bel salto dopo il Giro d’Italia. Sei d’accordo?
Sì, anche durante il Giro d’Italia mi sono trovato bene. Avevo una buona condizione e il mio compito era principalmente di aiutare la squadra. C’era poco spazio per giocarsi le tappe, perché molte le hanno decise le fughe o i big della classifica generale. Dopo il Giro, al campionato italiano, ho avuto più libertà, visto che non c’era un leader fisso. In quella gara ho iniziato a farmi notare e la squadra ha iniziato a credere maggiormente in me, vedendo che potevo difendermi bene quando mi veniva dato spazio. Da lì è iniziata una crescita costante.
Quanto hanno contato i risultati per la tua autostima?
Molto, perché storicamente sono sempre stato un po’ negativo su me stesso. Questa è una mia debolezza, ma quest’anno i risultati mi hanno dato fiducia. Gara dopo gara, vedendo che potevo giocarmela con i migliori, mi sentivo sempre più motivato. Prima ero più timoroso, con l’autostima bassa, ma ora ho capito che posso competere. La sicurezza cresce quando vedi che stai lì davanti.
Questo aumento di fiducia dipende anche dalla gamba che risponde meglio rispetto al passato?
Sì, fa parte della crescita fisiologica. I primi anni magari tenevo la prima accelerazione, ma scricchiolavo alla seconda. Ora invece, essendo più maturo, riesco a rimanere lì e guadagno fiducia. Quando ti sblocchi, tutto diventa più naturale e il progresso è continuo.
Giro di Croazia: nella 4ª tappa Tobias Andresen infila ZambaniniGiro di Croazia: nella 4ª tappa Tobias Andresen infila Zambanini
È mancata solo la vittoria. Secondo te la squadra ti darà più spazio nel 2025?
Una volta che vedi di essere vicino ai big, la motivazione cresce sempre di più. È vero, la vittoria è mancata, ma quest’anno la squadra ha iniziato a credere in me e a darmi gli spazi giusti per crescere. Devo ringraziare i direttori sportivi come FrancoPellizotti e RomanKreuziger, con cui mi trovo molto bene. Loro mi stanno aiutando a maturare nel modo giusto.
Qual è stata la giornata in cui ti sei morso le mani per una vittoria sfumata?
Al Giro di Croazia, quando sono rimasto davanti fino agli ultimi 50 metri e poi un corridore della DSM-Firmenich mi ha superato con una sparata finale. Non dico che avessi già la vittoria in tasca, ma forse avrei potuto gestire meglio la situazione. Invece lui è sbucato improvvisamente da dietro e non sono riuscito a reagire in tempo.
Hai già ripreso ad allenarti per il 2024? Sai qualcosa del tuo calendario?
Sì, ho già iniziato. Settimana prossima partirò per il primo ritiro ad Altea, in Spagna. Il calendario definitivo ci sarà comunicato in quel contesto. Al momento abbiamo solo indicazioni generali, ma non vedo l’ora di iniziare.
Se potessi disegnare la tua stagione ideale, quali gare sceglieresti?
Mi piacerebbe concentrarmi sulle classiche delle Ardenne, come la Liegi-Bastogne-Liegi e l’Amstel. Poi vorrei correre il Giro d’Italia, magari con l’opportunità di giocarmi qualche tappa. Un’altra gara che adoro è la Strade Bianche, che ho fatto due volte e mi è piaciuta tantissimo. Mi piacerebbe anche chiudere la stagione con il Lombardia, che ho corso tutti e tre gli anni ed è una gara che vivo alla grande.
La costanza di rendimento di fine stagione di Edoardo non è passata inosservata a Bennati che lo ha convocato per i mondialiLa costanza di rendimento di fine stagione di Edoardo non è passata inosservata a Bennati che lo ha convocato per i mondiali
Più della Vuelta?
Il discorso è che quest’anno mi è piaciuto di più fare gare di un giorno e brevi corse a tappe nel finale di stagione. Questo mi ha consentito di provare di più, di buttarmi, di correre in modo più aggressivo. E infatti ho ottenuto buoni risultati. Ho potuto essere leader.
Guardando agli anni da professionista, cosa è cambiato nel tuo modo di affrontare la stagione?
Nel 2023 avevo corso moltissimo, con 85 giorni di gara. Nonostante tutto, recuperavo bene, ma quest’anno mi piacerebbe avere un programma più definito con obiettivi precisi. Nel 2024 ho fatto un tour de force in primavera, con Catalunya, Paesi Baschi, Romandia e Giro d’Italia di fila. È stato tanto, forse troppo, ma alla fine mi sono trovato bene anche in quel contesto. Però ora voglio lavorare in modo più mirato e organizzato.
E dopo il Giro hai fatto anche lo Slovenia…
Esatto. In due mesi, cioè in 60 giorni ne avrò fatti 45 di gara, un bel tour de force!
E’ vero che in fin dei conti a vincere sono quasi sempre i “magnifici sei”, almeno nelle prove principali, ma c’è un ragazzo belga, di 24 anni, che sta letteralmente volando e che è atteso dalle Classiche delle Ardenne con enorme curiosità, perché davvero potrebbe far saltare il banco. Maxim Van Gils finora ha disputato 9 giorni di gara e in questi ha centrato una vittoria a cronometro, nella Vuelta a Andalucia e 5 presenze in top 10, tra cui il podio alla Strade Bianche e il 7° posto alla Sanremo, con un pizzico di rammarico per quel che poteva essere.
In un periodo difficile per la Lotto Dstny con i problemi fisici occorsi ad Arnaud De Lie, Van Gils si è preso sulle spalle le sorti del team riportandolo agli onori delle cronache. Lo scorso anno, illuminato dalla piazza d’onore nella tappa numero 13 del Tour, si era chiuso con buoni risultati nelle ultime uscite, ma è evidente il miglioramento di questo inizio 2024 e Van Gils lo ammette tranquillamente.
Van Gils è stato protagonista alla Strade Bianche, chiusa al terzo postoVan Gils è stato protagonista alla Strade Bianche, chiusa al terzo posto
«Credo di essere migliorato – spiega – e questo mi ha fatto molto piacere. Ho lavorato bene durante l’inverno sfruttando anche quello che ho imparato nella stagione scorsa, ma spero sinceramente che ci siano altri miglioramenti in corso d’opera, soprattutto come risultati».
Ripensandoci ora, pensi che alla Milano-Sanremo potevi cambiare qualcosa per vincere?
Credo proprio di sì, perché sul Poggio, quando la corsa è esplosa, ero un po’ troppo lontano e ho speso energie che mi sarebbero state utili. Se iniziavo la salita in una posizione migliore, non dovevo accelerare così tanto. In discesa sarei rimasto attaccato ai primi e si poteva provare a trovare una posizione migliore nell’ultimo chilometro. Sì, ci sono cose da migliorare.
Van Gils si sta dimostrando uno dei corridori più arditi del momento, spesso all’offensivaVan Gils si sta dimostrando uno dei corridori più arditi del momento, spesso all’offensiva
Anche tu come molti belgi sei arrivato alla strada partendo dal ciclocross: perché non fai più attività d’inverno?
Quando facevo ciclocross ero davvero molto giovane, adesso dopo una stagione così lunga e stressante preferisco sfruttare l’inverno per stare a casa. Inoltre cerco di non rischiare sia a livello fisico che di clima, magari faccio qualche uscita di allenamento, ma nulla di più.
Sei alla Lotto sin dal 2018, è raro trovare un corridore che per molti anni resta nello stesso team. Che cosa hai trovato in questo team?
Sì, sono un fedelissimo del team, mi piace essere qui. C’è una perfetta sinergia tra il loro modo di lavorare e come io intendo l’attività. Nel corso degli anni si è sviluppato un ottimo rapporto con i responsabili del team, sento questo ambiente come una famiglia. E non nascondo che di questo clima a volte ho bisogno, credo sia uno dei componenti di questo buon periodo. Sanno anche quando spingere un po’ sull’acceleratore, mettere pressione in maniera positiva. Ho un contratto fino al 2026 e anche questo mi fa stare tranquillo, posso pensare solo alle gare che devo fare.
Maxim ha un contratto con la Lotto Dstny fino al 2026, anche se persistono rumors di un interesse della Soudal su di luiMaxim ha un contratto con la Lotto Dstny fino al 2026, anche se persistono rumors di un interesse della Soudal su di lui
Ora ti aspettano le classiche delle Ardenne, qual è quella che più si addice a te?
A me quella che piace di più è la Freccia Vallone, l’ho fatta lo scorso anno finendo ottavo ma credo che si possa fare molto meglio. Poi in questi 12 mesi, come detto prima, credo di essere migliorato notevolmente. Infatti sono molto impaziente di correrla.
Sei cresciuto molto negli ultimi anni, ma l’unica tua presenza in nazionale risale al 2017, ai mondiali juniores. Come mai non hai avuto occasioni?
Bella questione. Bisognerebbe chiederlo a chi in questi anni ha curato le selezioni del mio Paese nelle varie categorie. A volte mi pongo la stessa domanda…
Al Tour 2023, Van Gils ha chiuso 2° nella tappa di Grand Colombier, a 47″ da KwiatkowskiAl Tour 2023, Van Gils ha chiuso 2° nella tappa di Grand Colombier, a 47″ da Kwiatkowski
Visti i tuoi risultati, speri di essere convocato per i Giochi Olimpici?
Non proprio. A Parigi si correrà su un percorso per classiche, ma non credo sia propriamente adatto alle mie caratteristiche. Certo sarebbe carino, un’opportunità che non capita tutti gli anni. Credo però che i mondiali di Zurigo di quest’anno siano più nelle mie corde e lì spero proprio di esserci e vestire, finalmente, la maglia della nazionale. Credo che sarebbe ora, no?
Tu hai vinto il Saudi Tour nel 2022. Pensi di poter ambire alla vittoria anche in corse a tappe brevi?
Sì, naturalmente. Le gare a tappe fino a una settimana sono corse che mi piacciono. Per ora non sono un mio obiettivo, nel senso che quando gareggio non guardo tanto alla classifica quanto alle singole tappe, ma più avanti vedremo. Infatti il piano per la seconda metà della stagione ricalca quello di questi giorni: puntare alle gare d’un giorno.
Il saluto con Pogacar. Il belga ammette che contro lui e gli altri fuoriclasse spesso c’è poco da fare…Il saluto con Pogacar. Il belga ammette che contro lui e gli altri fuoriclasse spesso c’è poco da fare…
Nelle grandi corse si parla sempre di Van Der Poel, Pogacar, Evenepoel: tu hai dimostrato di poter essere alla loro altezza, il fatto che l’attenzione sia sempre tutta per loro lo reputi ingiusto?
No, perché dovrei? Non si può negare che questi ragazzi vengano da un altro pianeta. Ottengono tutti i grandi traguardi, sono sempre i soliti nomi perché sono campioni con la C maiuscola. Quindi è normale. I giornalisti parlano di loro perché sono i leader, io come altri cerco di lottare con loro sperando che qualche volta vada bene. L’importante è che ci siamo, ci facciamo vedere, onoriamo il nostro lavoro con i risultati.
Qual è il tuo sogno per questa stagione?
Vincere una tappa al Tour: quella dello scorso anno ancora non mi è andata giù…
Van der Poel è partito per la prima tappa per onorare suo nonno, ma il finale non è andato affatto bene. Errori tattici evidenti. Ha pagato la pressione?
LECHERET (Belgio) – Sulle colline del Lussemburgo Belga soffiano folate di vento decise. Il cielo è grigio così come le case col tetto a spiovente. Ogni tanto volano gocce di pioggia e foglie morte. Foreste si alternano ad ampie praterie che fanno sembrare gli spazi enormi. E’ qui che vive Arnaud De Lie, uno degli astri nascenti del ciclismo belga.
«Benvenuti – il corridore della Lotto-Dstny ci apre la porta con un sorriso – come avrete visto qui ci sono più mucche che persone!». Una battuta, mentre il cane Oscar corre dappertutto e il ghiaccio è già rotto.
Lecheret, piccolissimo paesino sulle Ardenne, siamo nella provincia del Lussemburgo BelgaLa vettura di Arnaud… di certo non passa inosservatoArriviamo e torniamo da casa di De Lie con l’idea di aver conosciuto un ragazzo ed un ambiente genuino… in una tipica giornata belga!Lecheret, piccolissimo paesino sulle Ardenne, siamo nella provincia del Lussemburgo BelgaLa vettura di Arnaud… di certo non passa inosservatoTorniamo con l’idea di aver conosciuto un ragazzo e un ambiente genuino… in una tipica giornata belga!
Si apre la porta
Altre volte siamo stati a casa di corridori che vivono in campagna, ma per loro la vita agricola era lontana. Per De Lie invece è vera. «Questa mattina, sapendo del vostro arrivo, mi sono dovuto sbrigare con le mucche». Ci avevano detto che quello che pubblicava sui post e le sue dichiarazioni circa la vita di campagna erano vere: non possiamo far altro che confermare.
Entrando nel mondo privato di un corridore, partiamo dalle prime sue pedalate. «Mio padre Philippe andava in bici – racconta Arnaud – e anche noi (il riferimento è al fratello Axel, presto anche lui corridore a tempo pieno, ndr) spesso volevamo fare come lui. Io ho iniziato a sette anni con la mtb. Sono andato subito bene. Poi a undici anni sono passato alla strada. Nelle categorie giovanili ho vinto il titolo nazionale e poi tutto il resto. Ed ora eccomi qua, con questa passione che è anche una professione».
“Passione che è anche una professione”: tuttavia lo stesso Arnaud ammette che non ama del tutto definirlo un lavoro. «Se il ciclismo fosse un lavorosarebbe un vincolo. Anche se di fatto è un mestiere io preferisco vederlo davvero come una passione. E’ così che lo vivo. Alzarmi la mattina per andare a pedalare non è qualcosa che mi pesa, al contrario».
La fama per ora non è un problema per De Lie, che ben si presta a partecipare agli eventi di contorno (foto Instagram)La fama per ora non è un problema per De Lie, che ben si presta a partecipare agli eventi di contorno (foto Instagram)
Fama in crescita
Mentre parliamo scopriamo la casa della famiglia De Lie. Anche questa è grigia, ben rifinita, con una vettura elettrica nel cortile come moltissimi belgi. La stalla è dall’altra parte del cortile. Dietro e davanti i terreni dove pascolano le mucche.
In Belgio è molto sentito il rapporto dei corridori con i fans. Ora De Lie lo riconoscono per strada, specie quando va nelle Fiandre. Più che in Vallonia. In quelle terre il ciclismo è vissuto davvero in altro modo.
Qualcuno ha criticato Evenepoel per non essere sempre educato con i tifosi. Addirittura lo hanno additato per essersi trasferito in Spagna. Van Aert è assediato nella sua casa di Herentals. La pressione, insomma, da queste parti si sente se sei un ciclista forte.
«Io però la pressione non la sento – prosegue De Lie – so cosa voglio fare. Conosco i miei obiettivi, ciò di cui sono capace e non sono capace. Io poi ancora non sono all’altezza di Remco o Wout. Sì, sono cresciuto, ma loro hanno vinto molto di più. Remco ogni giorno saluta 251 persone e se ne salta una esce la critica. Ma le altre 250? Per me è molto più facile, anche perché da queste parti come avete visto non c’è molta gente!».
Senza indugio Arnaud ha definito quella del Quebec la sua vittoria sin qui più bella. Questo è il trofeo…E questo è il sigillo di quel giorno, al termine di una corsa dura… non da velocistiSenza indugio Arnaud ha definito quella del Quebec la sua vittoria sin qui più bella. Questo è il trofeo…E questo è il sigillo di quel giorno, al termine di una corsa dura… non da velocisti
«Sono un finisseur»
Ma gli argomenti si fanno anche più tecnici. Molti dei suoi trionfi sono in volata. Guai però a dargli dello sprinter e basta. Questo era un argomento che avevamo preparato nella nostra scaletta, ma Arnaud ci ha preceduto.
«Per il momento – spiega – penso che sia Philipsen il più forte sprinter del gruppo. Lo abbiamo visto in Francia, dove c’è il livello più alto. Riesce a vincere quando è messo bene e anche quando è messo male. Se dovessi rubare una caratteristica da lui, ma anche da altri velocisti, direi quella di essere un po’ più pazzo in volata, perché per fare certi sprint devi essere un po’ folle. Non devi avere paura di prenderti certi rischi. O pensare che potresti finire la tua carriera se dovesse andare male.
«E poi io sono veloce, ma non sono un velocista. Sono un finissseur», sottolinea il “Toro di Lecheret”.
E qui il discorso si espande. De Lie stesso ci parla della sua vittoria al GP Quebec, un successo nel quale ha sì vinto in volata, ma regolando un gruppo ristretto di corridori che di certo non sono velocisti. Da qui il suo essere finisseur, le classiche e il fatto che vivere su queste colline dove di fatto passa la Liegi (siamo ad una manciata di chilometri da Bastogne) inciderà pure qualcosa.
Secondo lui il fatto di aver vinto le prime corse da pro’ in volate di gruppo lo ha etichettato come uno sprinter. La corsa in Canada invece ha dimostrato una volta per tutte che Arnaud è più di un velocista. In Belgio si dice che possa essere un Boonen.
«Posso passare le salite brevi e questo va bene per le classiche. Qui ci sono molte colline. Se vado verso il Lussemburgo posso trovare anche scalate di 15 minuti. Sono molto fortunato sotto questo punto di vista. Ho anche la pianura se serve. Ed è okay anche il traffico: ieri avrò incontrato tre macchine in due ore e mezza».
Arnaud ci mostra uno dei campi dove pascolano le sue mucche che, aguzzando la vista, si possono scorgereArnaud ci mostra uno dei campi dove pascolano le sue mucche
Campione tra i campioni
Dicevamo che queste sono le strade della Liegi: inevitabilmente i primi ricordi di De Lie sono legati a questa corsa. Anche se lui mette nel calderone un po’ tutte le classiche. All’inizio non seguiva moltissimo il ciclismo. C’è voluto Gilbert per scuoterlo.
«Era il 2010, forse 2011 e c’era Gilbert: è con lui che ho iniziato ad appassionarmi alle corse. Ma ricordo bene anche la volta in cui rimasero in testa i fratelli Schleck e mi hanno colpito le vecchie immagini di quella Liegi del freddo che vinse il “Tasso”, Bernard Hinault».
Ora quel bambino non c’è più, anche se i lineamenti del viso e i suoi 21 anni direbbero il contrario, ma De Lie in gruppo non è più il giovane rampante. Adesso è un corridore importante e questa cosa l’ammette anche lui. Di conseguenza cambia il rapporto con i colleghi, specie i senatori.
«A tal proposito – racconta – ho un bell’aneddoto con Matteo Trentin. Lui è davvero un ragazzo che rispetto molto. Ricordo che una volta dopo una gara avevamo dibattuto un po’. Poi un giorno abbiamo parlato e mi ha detto: “Arnaud, devi avere più amicizie in gruppo”. Ora è un amico».
Il ragazzo sa bene che i senatori, soprattutto se sono compagni esperti, servono. Servono per vincere. Pensiamo a De Gent, a Campenaerts e a Jacopo Guarnieri. Specie se poi hai le classiche nel mirino.
Lo scorso anno Arnaud non è arrivato alla Sanremo al top, ma la Classicissima è una corsa nelle sue cordeLo scorso anno Arnaud non è arrivato alla Sanremo al top, ma la Classicissima è una corsa nelle sue corde
Passione Italia
E una di queste classiche è la Sanremo, tra l’altro l’unica gara che De Lie ha disputato in Italia da quando è pro’.
«Eppure l’Italia mi piace – riprende De Lie – è lì che sono iniziate davvero le mie speranze con il Giro d’Italia U23… Ci sono tante gare che mi piacciono molto, ma stando in una squadra belga veniamo poco da voi, le opportunità non sono poi molte. Ci sarebbe anche il Lombardia, ma per me è un po’ complicato».
Lo scorso anno la Lotto-Dstny non ha fatto il Giro d’Italia. In teoria quest’anno dovrebbe esserci e De Lie ne sarebbe felice, ma è invece probabile che sarà dirottato sul Tour… suo malgrado.
«Magari farò la Tirreno-Adriatico. Anche perché in vista della Sanremo c’è stata un po’ di delusione l’anno scorso. Stavo bene, ma dopo la Parigi-Nizza mi sono ammalato. Ma ripeto, l’Italia mi piace molto. Ho dei bellissimi ricordi del “Baby Giro”. Mi piacciono l’atmosfera, il tifo».
Discorsi fra… tori! Questo è uno dei tori della fattoria De Lie, soprannominato a sua volta il Toro di LecheretDiscorsi fra… tori! Questo è uno dei tori della fattoria De Lie, soprannominato a sua volta il Toro di Lecheret
Sanremo nel mirino?
Arnaud ci mostra la stalla. L’altro pezzo di casa. Ci porta dalle sue mucche. Le tratta come fossero amiche… e forse lo sono. E la cosa deve essere reciproca, perché anche loro lo cercano e si fanno coccolare. C’è anche un toro di 800 chili. La foto con questo bestione è immancabile visto il suo soprannome! L’altro bestione è il trattore: «E’ lo stesso del modellino che ha Moscon! L’ho visto dai suoi post».
L’argomento tecnico prosegue. De Lie finisseur, tiene sulle salite brevi, è veloce: l’identikit perfetto proprio per la Sanremo.
«Certamente – dice Arnaud – è una gara che mi piace. E’ lunga 300 chilometri ed ha un finale molto esplosivo… E’ molto difficile da conquistare. Sappiamo che è una gara che si vince con i dettagli. Non si arriva mai con un minuto di vantaggio, si lotta sempre sul filo, specie adesso che il livello è molto alto. Abbiamo visto quest’anno come si è rotto il gruppo appena sono usciti quei quattro.
«Penso che possa essere un obiettivo per l’anno prossimo, ma per vincerla credo sia ancora un po’ complicato. Già fare una top 10 sarebbe una performance molto buona alla mia età. Diciamo che se un giorno dovessi vincere la Sanremo, potrei dire che la mia carriera ha avuto successo».
E qui in qualche modo torna il discorso anche della squadra e dei corridori esperti, necessari in una prova come la Classicissima.
«Vi dico solo che con Jacopo (Guarnieri, ndr) lo scorso anno abbiamo imboccato per primi la Cipressa. C’è anche Jasper De Buyst che ha molta esperienza in questa gara. Lui aiutò Caleb Ewan quando fu secondo. E già loro non sono poco. In più ci sono molti giovani forti e abbiamo un corridore come Florian Vermeersch che è mostruoso. Credo che avremmo una grande squadra per la Sanremo».
LIEGI (Belgio) – Andrea Piccolo era sorridente quando alla vigilia della Liegi-Bastogne-Liegi è venuto a parlare con noi. Il giovane lombardo della EF Educational-Easy Post era pronto per la sua prima Doyenne. Sapeva che avrebbe dovuto lavorare per Ben Healy, considerato il terzo incomodo in quello che doveva essere il duello tra Evenepoel e Pogacar.
Piccolo ha vissuto una primavera altalenante tra qualche buon piazzamento e qualche acciacco di troppo. Alla fine ha chiuso la prima parte di stagione con 21 giorni di corsa, un bel po’ sotto la media che si attesta su 29-30 giorni. La tanto auspicata costanza per ora non c’è stata, ma è anche vero che il caldo deve arrivare e che la stagione è davvero lunga.
Andrea Piccolo (classe 2001) alla vigilia della LiegiAndrea Piccolo (classe 2001) alla vigilia della Liegi
Andrea, come stai?
Sto abbastanza bene. Sono uscito dalla Freccia nella quale ho aiutato i miei compagni, ma sinceramente ho avuto buone sensazioni.
Com’è andata questa primavera? Che bilancio tracci?
Alla Parigi-Nizza ho avuto un virus intestinale che mi ha debilitato parecchio, non sono stato bene. La squadra ha preferito mandarmi a casa per farmi recuperare bene e riprendermi. Sono stato per cinque giorni senza bici e per questo motivo ho saltato purtroppo la corsa di casa alla quale tenevo tantissimo: la Sanremo. A quel punto abbiamo deciso di rivedere un po’ i piani.
Cosa avete deciso?
Di prenderci 15 giorni. Un paio di settimane tranquille, senza gare. Sono andato in altura, al Sestriere, per prepararmi pensando di fare bene in queste corse. L’idea era di ritrovare il colpo di pedale giusto. E’ stato un mese di preparazione per la squadra e con la squadra che mi ha seguito.
Questa è stata la tua prima campagna del Nord. Dai primi “assaggi” cosa ti sembra?
Sicuramente sono corse diverse. Essendo alla mia prima esperienza tutto è da scoprire. Ma mi piacciono perché sono gare in cui oltre alle gambe bisogna saper correre. E anche se sei in condizione, non è facile.
Andrea ha spesso aiutato i compagni. Ma all’Etoile de Besseges (a febbraio) aveva colto un buon 5° posto nella prima tappa Andrea ha spesso aiutato i compagni. Ma all’Etoile de Besseges (a febbraio) aveva colto un buon 5° posto nella prima tappa
Adesso quali sono i tuoi programmi?
Finita questa trasferta nelle Ardenne correrò a Francoforte il primo maggio (proprio durante la Liegi Andrea ha preso la febbre. Altro stop e niente gara in Germania, ndr) a quel punto inizierò un mese dedicato totalmente alla preparazione. Mi preparerò con la squadra e andrò anche in altura.
No, niente Giro d’Italia. Ma questo era già stato escluso ad inizio anno. Abbiamo deciso di procedere per gradi. Voglio, vogliamo prepararci bene per la seconda parte di stagione.
Seconda parte di stagione: hai già previsto un picco principale di forma? Hai obiettivi specifici?
Diciamo che con la squadra abbiamo capito ciò di cui ho bisogno. A me serve del tempo per trovare la marcia giusta. Comunque io sono uno che col caldo esce fuori di più. Non sono un corridore da clima tanto freddo. E’ chiaro che il meteo non si può cambiare e si prende quello che c’è, ma se sei in forma si sente sicuramente meno. E il mio obiettivo è trovare una buona forma.
Col caldo Piccolo dà il meglio. Come dice Wegelius è un talento e va aspettato (foto Instagram)Col caldo Piccolo dà il meglio. Come dice Wegelius è un talento e va aspettato (foto Instagram)
Piccolo e il caldo
Piccolo è un talento: lo ha detto Ellena che lo ha avuto lo scorso anno per qualche mese e lo ha ribadito Wegelius. Andrea deve trovare la sua continuità, ma questa fa parte del processo di crescita. Non dimentichiamo che è al primo anno di WorldTour e che viene da una stagione, il 2022, molto particolare.
Fanno bene Wegelius e la squadra a tutelarlo. E anche il fatto che Piccolo spinga molto sulla preparazione ci parla di un atleta moderno. A maggio se ne andrà sulle alture francesi di Font Romeu sui Pirenei francesi, per farsi trovare super pronto.
Niente Giro – anche se ci dispiace – però quando Piccolo parla di preparazione per la seconda parte di stagione, magari si può pensare che possa fare bene al campionato italiano o nelle classiche estive. E se tutto dovesse andare bene, magari potrebbe esordire alla Vuelta. Nel suo clan nessuno ha scartato questa ipotesi.
Ha vinto il Giro di Sicilia, è arrivato quinto all’Amstel Gold Race: Alexey Lutsenko sta ritrovando gambe e fiducia. Il talento kazako è impegnato nell’Ardenne. Con la testa è sul pezzo, ma guarda anche avanti.
Con il capitano dell’Astana Qazaqstan abbiamo parlato a 360° in un freddo pomeriggio da Belgio. Dopo la sgambata post Freccia Vallone, eccolo da noi.
L’ex iridato under 23 forse non è ancora riuscito ad esprimersi al massimo. Tutti i suoi tecnici in questi anni ci hanno parlato di un grande potenziale. Probabilmente nel suo caso l’era del Covid è arrivata nel momento peggiore, a 27-28 anni, quando Lutsenko iniziava ad avere anche una certa costanza di risultati. E contestualmente questa era ha spalancato le porte alla nuova generazione.
Lutsenko (classe 1990) è pro’ dal 2013, sempre nella fila dell’AstanaLutsenko (classe 1990) è pro’ dal 2013, sempre nella fila dell’Astana
Alexey, partiamo da questi ultimi piazzamenti… In Sicilia hai vinto da dominatore. Come stai?
Ho trovato finalmente la vittoria in questa stagione. La prima parte dell’anno non è andata molto bene. Adesso sono riuscito a trovare una buona gamba e una buona forma. Aver vinto in Sicilia la tappa più dura e la classifica generale mi ha dato morale. E lo stesso il quinto posto all’Amstel arrivato per di più dopo il viaggio diretto dalla Sicilia. Le motivazioni sono buone in vista della Liegi.
L’altro ieri hai fatto anche la Freccia. Sei arrivato 49°: come è andata?
Sapevo già prima di partire che il Muro di Huy era troppo duro per me. E così l’ho presa come un allenamento per non perdere il ritmo gara. Certo, mi sarebbe piaciuto cogliere un buon risultato, ma come ho detto, sapevo che sarebbe stato difficile.
Adesso sei un atleta maturo. I giovani vanno molto forte. Cosa puoi fare tu per cercare di batterli?
Io ho già più di dieci anni di professionismo sulle spalle e contro questi ragazzi posso cercare di usare la mia esperienza. Questa è la mia arma. Sono d’accordo quando dite che ci sono giovani forti. Qui i ragazzi di primo, secondo anno vincono subito. Il ciclismo cambia in continuazione: preparazioni, alimentazione, materiali… Io ricordo quando sono passato nel 2013. Al primo anno non ho vinto nulla. Poi ho iniziato con una vittoria, poi due… Non ho portato a casa un Fiandre all’inizio. Sono andato a migliorare piano, piano. Anche nei grandi Giri: per entrare nei primi 7-8 al Tour ci ho impiegato tante stagioni.
Lutsenko ha vinto il Giro di Sicilia dominando l’ultima frazione, la tappa reginaLutsenko (classe 1990) ha vinto il Giro di Sicilia dominando l’ultima frazione, la tappa regina
E proprio perché tutto va avanti, tu hai cambiato qualcosa per adeguarti ai tempi? A questi ritmi?
Di base dico di no. Ho sempre cercato, e dato molta importanza, all’inverno. Al costruire una grande base. L’anno scorso ho fatto due grandi Giri di fila, Tour e Vuelta, e ho ripreso la bici a fine novembre. Quindi altura, palestra… Non ho cambiato, perché alla fine noto che quel che conta davvero è stare bene. Se stai bene hai voglia di correre, di fare fatica e di conseguenza vai forte, sei motivato. Se non stai bene tutto questo non c’è. Non è così questione di sola preparazione.
A 30 anni ti senti più un corridore da corse di un giorno, da grandi Giri o da gare di una settimana?
Anche qui conta stare bene soprattutto. Se sto in condizione riesco a tenere duro anche nelle tre settimane. Ma adesso che siamo qui in Belgio, quando c’è la motivazione, riesci a stare sei ore davanti, anche con la pioggia e il freddo come ho fatto all’Amstel. Per quanto riguarda i grandi Giri preferisco essere un po’ più leggero. Qui ho un chilo e mezzo in più… di muscoli, perché non ci sono salite più lunghe di 5 chilometri e bisogna essere esplosivi. Quando poi tornerò in altura per preparare il Tour, per esempio, devo perderlo. E perdere un chilo e mezzo di muscoli non è facile!
A proposito di Tour. In Italia, visto anche l’abbraccio che ti ha riservato la Sicilia, sei molto apprezzato: quando verrai al Giro d’Italia?
Eh, dovreste chiederlo alla squadra. Ogni anno faccio quasi sempre lo stesso programma: classiche, Svizzera o Delfinato, Tour de France. Un anno, nel 2018, ho fatto il Giro. In Italia mi trovo bene. La gente è più simpatica e mi piace correre da voi.
E allora visto che sei già arrivato 7° e 8° al Tour, non hai pensato che al Giro potresti davvero puntare ad un podio? Ti piacerebbe?
Sì, mi piacerebbe. Perché quando devi fare classifica devi essere sempre concentrato al massimo tutti i giorni. Devi soffrire sempre. Il giorno che stai “così e così” puoi perdere dieci minuti o anche mezz’ora. Devi tenere duro, sei sempre sotto stress. E al Tour lo stress è altissimo. Alla Vuelta, che arriva a fine stagione, che c’è bel tempo e le strade sono larghe, ce n’è meno. Al Giro è una via di mezzo.
Nel 2012, a 19 anni, vince il mondiale under 23 sulla cima del CaubergLa sua unica partecipazione al Giro è del 2018Nel 2020 conquista la dura frazione di Mont Aigoual al Tour de FranceNel 2012, a 19 anni, vince il mondiale under 23 sulla cima del CaubergLa sua unica partecipazione al Giro è del 2018Nel 2020 conquista la dura frazione di Mont Aigoual al Tour de France
E allora dillo a Vinokourov (il team manager) che vorresti venire al Giro!
Eh, vediamo l’anno prossimo – pausa – o magari già anche quest’anno. Intanto domenica faccio la Liegi. Nel ciclismo di oggi le cose cambiano spesso.
Quindi c’è una piccola possibilità…
E perché no! Prima però mi piacerebbe fare qualche giorno a casa… Perché tra Teide, Sicilia, Ardenne e poi Romandia sarò stato fuori per cinque settimane ed è difficile per me e per la mia famiglia, visto che ho tre bambini!
Vinokourov ha vinto una Liegi. Quanto è popolare questa corsa in Kazakistan? E ancora, Vino ti ha dato qualche consiglio in particolare?
E’ importante in quanto è una classica monumento, ma così come lo sono Sanremo e Fiandre. Se vinco anche queste corse è uguale. “Vino” è stato più scalatore di me forse e per questo ha vinto la Liegi. Ma spero di fare bene anche io visto che stavolta ho una buona gamba. Sono sempre stato sfortunato con questa gara. Una volta l’influenza, l’anno scorso la caduta nella quale ho rotto la clavicola… speriamo bene.
Tra Amstel e Freccia, Lutsenko è stato molto spesso vicino a Pogacar e ammette che ora lo sloveno è pressoché imbattibileTra Amstel e Freccia, Lutsenko è stato molto spesso vicino a Pogacar e ammette che ora lo sloveno è pressoché imbattibile
Pogacar sta dominando. Arriverà Evenepoel e si vocifera possa esserci Van der Poel. Tu che li vedi in gruppo, c’è questa grande differenza?
Io ci pedalo accanto per sei ore e sì: c’è una differenza netta. In questo momento Tadej è ad un livello superiore rispetto a tutto il gruppo, non solo rispetto a me. Però il fatto che domenica ci sarà Evenepoel è buono anche per noi. Perché se magari si guardano, si corrono contro, possiamo approfittarne. Ma altrimenti in questo momento Pogacar è più forte. Ha vinto tutto: pavé, salita, muri. Ci manca solo che vinca in volata!
Mentalmente come si a fa partire per una corsa sapendo che c’è chi è nettamente più forte?
Devi sperare che rimanga da solo, senza squadra – poi Lutsenko fa una pausa – Anzi no, anche se resta solo è più forte! In UAE Emirates va forte solo lui. O meglio, tutta la squadra lavora solo per lui. Ho visto che lo proteggono benissimo, se poi ci mettiamo che è un fenomeno c’è poco da fare. Anche l’altro giorno alla Freccia ha schivato quella caduta in modo incredibile.
Okay, chiudiamola così: ti aspettiamo al Giro…
Ah, ah, ah vediamo. Ho molta voglia di provare il Giro come si deve. Quando venni nel 2018 ero caduto poco prima nelle classiche e non ci arrivai al meglio. Però sai quando tu stai bene, sei in forma, il corpo ha voglia di correre.
Pogacar è imbattibile e il Giro è già chiuso? Crediamo di no, così come forse si erano immaginati altri scenari. Forse si puntava alla sfida Tadej-Remco
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Elena Cecchini è di nuovo in Belgio. La campionessa del Team Sd Workx, in pratica si è fatta tutta, ma proprio tutta la campagna del Nord. Questa mattina inizia anche la caccia alle prove delle Ardenne: Freccia, fra pochissimo, e Liegi domenica.
«Peccato – si toglie subito un sassolino Elena (e giustamente aggiungiamo noi) – che ci siano orari di partenza assurdi. Alle 8,35 la Freccia e alle 8,40 la Liegi, da Bastogne. Oltre che non ci sarà nessuno, si tratta anche di motivazioni tecniche. Fa freddo, bisogna alzarsi alle 5 per fare una buona colazione. Insomma, non è un allenamento».
Elena Cecchini (classe 1992) è alla 13ª stagione da pro’Elena Cecchini (classe 1992) è alla 13ª stagione da pro’
Elena, come accennato, stai facendo tutte le gare del Nord: muri, pavè e cotes…
In pratica sì. E stata un primavera strana, perché sono fuori da fine febbraio ma alla fine ho fatto solo 7-8 corse, però tutte importanti. Queste classiche sono stancanti. Alcune richiedono anche due giorni di recupero pieni. E non è facile perché di testa senti il bisogno di staccare, anche se magari fisicamente stai bene. Ma si sa che quando la testa fa fatica, poi tutto il resto non gira al meglio. Io sono “sul pezzo” da fine novembre.
Più qualità che quantità dunque…
Esatto. Con il team è stata fatta questa scelta di puntare a tutte gare di prima fascia e per questo non ne ho fatte tante. Riguardo alle Ardenne, invece, in qualche modo sono stata io a propormi.
Come mai?
Perché sapevo che avrei potuto dare il mio supporto. Anche se non sono proprio le mie gare ho detto alla squadra: «Se c’è bisogno, io ci sono». E poi c’era anche la volontà di allungare un po’ la lista delle gare da mettere nelle gambe, visto che a maggio mi aspetta un periodo di preparazione.
Hai parlato di scelta di gare di primo livello. Con Lotte Kopecky e Demi Vollering avete praticamente vinto tutto. C’è questo senso d’imbattibilità stile Pogacar? Lo avvertite intorno a voi?
Vi dico questo e lo dico con umiltà. In ogni ritiro, abbiamo fatto allenamenti di qualità. Lavori pesanti e tanta quantità. Ricordo che durante uno di questi camp ho detto a Danny Stam (diesse e team manager della Sd Workx, ndr): «Alle classiche andremo forte». Lui mi ha chiesto il perché. Gli ho risposto: «Al termine di ogni allenamento sono sfinita. Soffro tanto, ma vedo anche che io sto bene. Esprimo dei bei valori». Ormai un po’ di esperienza per capire le cose ce l’ho e infatti…
Cecchini punta ad un’estate da protagonista. Elena è “a tutta” già da fine novembre. Ora uno stacco, poi le gare da leaderCecchini punta ad un’estate da protagonista. Elena è “a tutta” già da fine novembre. Ora uno stacco, poi le gare da leader
Cecchini profeta in patria, insomma!
Riguardo al senso d’imbattibilità non ci sentiamo imbattibili. Abbiamo anche perso come a Roubaix, per esempio. Siamo consapevoli che è un periodo. Non sarà tutto l’anno così. Ad un certo punto gli stati di forma si livelleranno. Per esempio già per la Liegi vedo un team Trek-Segafredo super competitivo. Come si dice: vincere, aiuta a vincere. E chi, come me, deve aiutare lo fa con piacere. In squadra c’è sintonia. Stiamo facendo qualcosa di straordinario, è vero, ma dobbiamo goderci il momento. Sapendo, come ho detto, che non sarà sempre così.
Chiarissima…
Al Fiandre ho parlato con Anna Van der Breggen e lei mi ha detto di essere preoccupata perché sentiva di avere gli occhi addosso. Mi diceva: «Quando c’è una riunione di diesse o altri direttori parlano, arriviamo noi della Sd Workx e l’ambiente s’irrigidisce. E’ come se avessimo tutto il gruppo contro». In parte la sentiamo anche noi atlete questa tipologia di pressione.
Prima, Elena, hai parlato di maggio come un mese di preparazione per te. Cosa ci puoi dire?
Dopo la Liegi, andrò una settimana a casa per staccare un po’ e poi salirò a Livigno per tre settimane. Lì ci saranno Barbara Guarischi e altre ragazze. Poi vorrei scendere e fare il Turingen. E sarebbe importante farlo perché il Women’s Tour è saltato e so che altre gare sono in difficoltà finanziarie. In ogni caso da lì inizierò poi a fare dei lavori specifici in vista del Giro, degli italiani… Senza contare che con il mondiale ad agosto diventa una stagione un po’ strana.
Un bel cambiamento…
Ci voleva per me, ma certo è un bel caos organizzativo. Vedo che mette pressione alle Federazioni. Ma credo che per le atlete sia bello. In più il percorso scozzese è anche adatto alle mie caratteristiche. L’obiettivo è fare bene al mondiale. Arrivarci in condizione.
Elena ha raccontato di un team affiatato e coeso, nel quale tutte alla fine hanno le loro possibilitàElena ha raccontato di un team affiatato e coeso, nel quale tutte alla fine hanno le loro possibilità
E come farai per arrivare al meglio a quegli appuntamenti?
Con delle gare, con gli specifici e con il dietro motore. Il fatto che alcune corse potrebbero saltare mi consente d’impostare l’altura in un certo modo. Ovvero curando davvero la base, l’endurance, senza per forza dover inserire dei lavori intensi verso la fine del ritiro. Sarà un’altura al 101%, in cui bisognerà ascoltare molto il proprio corpo. Diversa. Stimolante.
Sin qui hai aiutato molto le tue compagne. Le tue gambe e la tua esperienza sono state messe al loro servizio: ma questa estate ci sarà più spazio per Elena Cecchini?
Sì, sì… Una cosa speciale della Sd Workx è che si può avere la propria occasione. E’ palese che in un team come il nostro ci sono almeno quattro super leader, ma è altrettanto vero che se al Giro per esempio mi ritrovo in fuga magari mi lasciano spazio. O se dico: «Oggi vorrei fare la tappa», loro mi supporteranno. Chiaro che in classiche così importanti come quelle Nord, che tra l’altro per loro sono come dei mondiali – credetemi – ci si mette a loro disposizione.
Danno più garanzie…
Certo, ma anche per noi che dobbiamo aiutarle c’è un approccio diverso. Poi un conto è una classica: corsa secca di un giorno. Un conto è una corsa a tappe. Sai che non tutti i giorni puoi essere sul pezzo, anche la tua capitana può essere meno concentrata. Insomma, cambia tutto per lei e anche per te che devi aiutare.