Pasqualon alla Bahrain-Victorious, l’uomo in più per Mohoric

24.08.2022
5 min
Salva

«Abbiamo preso Andrea Pasqualon perché è un ottimo corridore che potrà mettere la sua esperienza al servizio del team. Esperienza che ha soprattutto per le corse del Nord. Di certo è e sarà più di un gregario». Inizia così il giudizio di Franco Pellizotti sull’acquisto del corridore trentino.

Con il direttore sportivo della Bahrain Victorious si parla appunto dell’acquisto di Pasqualon, il quale si unirà alla sua squadra a partire dalla prossima stagione. Un passaggio un po’ inaspettato. Dopo tanti anni nel team belga e con la fiducia dei suoi direttori sportivi non era così scontato che Pasqualon potesse lasciare la Intermarché Wanty Gobert.

Franco Pellizotti (43 anni) diesse della Bahrain Victorious, team per il quale Pasqualon ha firmato un biennale
Franco Pellizotti (43 anni) diesse della Bahrain Victorious, team per il quale Pasqualon ha firmato un biennale

Pellizotti lo aspetta

«Andrea – continua Pellizotti – è un ragazzo che ha tanta esperienza, è abituato a correre all’estero e per noi è importante visito che siamo un team molto internazionale, abbiamo atleti di molte nazioni.

«Da un punto di vista tecnico Pasqualon è più di un velocista. E’ un corridore duttile. Può fare bene in molte corse, anche nelle tappe non troppo veloci e soprattutto può fare bene in Belgio. Non che non abbiamo dei buoni corridori per quelle corse, ma non abbiamo neanche un leader da poter dire agli altri: tu fai il gregario di… Tu sei l’uomo di… Abbiamo Mohoric che è bravo e Pasqualon può essere ideale per stargli vicino. 

«E poi abbiamo anche tanti giovani e può essere un esempio per loro. Parlando di Belgio e giovani mi viene in mente anche Milan per esempio».

L’arrivo di Pasqualon fa riflettere e con Sonny Colbrelli fermo ai box da ormai una stagione intera e senza certezze sul suo rientro, che ci auguriamo possa avvenire e avvenire presto, è lecito chiedersi se Andrea non possa essere il suo sostituto naturale.

«Non abbiamo ingaggiato Andrea per sostituire Sonny. Hanno caratteristiche simili, ma Sonny è Sonny! Anzi, sono convinto che sarebbe stato dei nostri anche con lui e ne sarebbe stato un compagno ideale. E vi dirò anche che era un bel po’ che lo avevamo preso e non è stata una decisione presa così…».

Per Pellizotti, Pasqualon potrà mettere la sua esperienza del Nord a disposizione della Bahrain Victorious
Per Pellizotti, Pasqualon potrà mettere la sua esperienza del Nord a disposizione della Bahrain Victorious

Pasqualon e il Nord

Da Pellizotti a Pasqualon stesso. Andrea sta correndo in Belgio. Giusto ieri ha chiuso al settimo posto alla Egmont Cyclng Race.

«Se non fosse stato per un’incomprensione con la squadra – racconta Andrea – nel finale sarebbe potuta andare meglio. Ero convinto di avere un compagno, ma non c’è stato. Ai 500 metri si è aperto un buco e nulla… in quattro hanno preso una manciata di metri ed è finita lì. 

«Io però sono contento perché era la prima gara dopo l’altura. E si sa che ci vuole sempre un po’ per ritrovare il ritmo gara». 

Anche per queste qualità: velocità, costanza di rendimento Pasqualon vestirà i colori della Bahrain Victorious dal 2023.

«Sì, adesso è ufficiale – dice Andrea – sono contento perché la Bahrain è uno dei migliori team in assoluto. Non che la Intermarché non lo sia, soprattutto dopo una stagione come quella che abbiamo fatto. Ma la nuova squadra so che mi darà il 110% per diventare un corridore vero, di altissimo livello. Mancava qualcosina, quel qualcosa di più che sono convinto la Bahrain mi possa dare.

«In Bahrain potrò mettere a disposizione la mia esperienza per il Nord. Potrò stare vicino a corridori come Mohoric e Bauhaus i quali avevano bisogno di un uomo con le mie caratteristiche. Ma al tempo stesso avrò il mio spazio».

Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon (classe 1988) al Circuito di Vallonia a fine maggio
Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon (classe 1988) al Circuito di Vallonia a fine maggio

L’amico Mohoric 

Anche con Pasqualon tocchiamo il “tasto Colbrelli”. E già solo con questo paragone Andrea sembra lusingato. 

«Eh – sorride – non si sa mai. Negli ultimi anni sono cresciuto e magari fare come Colbrelli può essere il mio obiettivo. A me piace andare forte al Nord e Sonny è andato forte al Nord. La mia corsa dei sogni è la Roubaix e Colbrelli ha vinto la Roubaix… Magari ci riuscirò anche io!».

Pasqualon sa che dovrà essere soprattutto di supporto. E’ in sintonia con Pellizotti quando parla di esperienza e di giovani. Anche su Milan dice che potrebbero mettere su un grande team per le volate e che non vede l’ora di conoscerlo nei primi ritiri.

E su Mohoric: «Credo – spiega Pasqualon – che Matej, oltre che fortissimo, sia il corridore più intelligente in gruppo. E non lo dico solo io. Legge la corsa, è sempre informato, conosce i materiali… è sprecato per fare il ciclista! Io e lui siamo ottimi amici. In gruppo parliamo spesso e anzi, se arrivo in Bahrain è anche grazie a lui. 

«E’ lui che mi vuole al suo fianco. Gli serviva un corridore che sa limare, che sa creare lo spazio, che sa essere davanti al momento giusto in certe corse e dopo 12 anni di professionismo sono qualità che ho acquisito e che mi consentiranno, spero, di essere un’ottima pedina».

Pasqualon è stato azzurro nell’europeo vittorioso di Viviani nel 2019
Pasqualon è stato azzurro nell’europeo vittorioso di Viviani nel 2019

Sogni azzurri

Prima di congedarci con Pasqualon gettiamo anche un occhio su suo prossimo futuro: il mondiale di Wollongong. 

Il ragazzo di Bassano del Grappa non ha mai nascosto di volerci essere e anche stavolta ribadisce il discorso. Si è preparato bene. Ad Andorra ha una casa dove vive a 2.000 metri. La gamba sembra esserci. La prestazione di ieri in una corsa tanto veloce e nervosa non è qualcosa da sottovalutare.

«Sul mondiale – dice Andrea – ho messo la crocetta da tempo. Mi sto preparando per quell’evento. Voglio esserci perché è una corsa adatta alle mie caratteristiche e anche per dare una mano a gente come Bettiol o Trentin

«Correrò oggi a Overijse, poi altre gare come la Bretagne Classic, Plouay, la trasferta con le due gare canadesi e poi vedremo come evolverà la situazione. Io ci tengo tantissimo».

Pasqualon 2022

Dalla Vallonia, Pasqualon rivede il Giro e si lancia sul Tour

01.06.2022
5 min
Salva

E’ un Andrea Pasqualon estremamente su di giri quello che risponde da Andorra, dove sta preparando i suoi prossimi impegni, ossia Giro di Svizzera dal 12 giugno e soprattutto il ritorno al Tour de France a luglio. La vittoria di domenica al Circuito di Vallonia, una delle prove del calendario belga “extraclassiche”, con al via molti corridori di primo livello gli ha dato quello spirito in più per lavorare in altura e preparare la campagna di Francia. Il veneto, come i suoi compagni, sarà chiamato a dare seguito allo splendido Giro d’Italia dell’Intermarché Wanty Gobert.

Rimpianto Giro

Pasqualon questo Giro lo ha vissuto prima con un po’ di rimpianto, perché avrebbe tanto voluto essere al via. La sua esperienza sui tracciati del Centro e Nord Europa (la partenza del Tour sarà dalla Danimarca) lo ha però dirottato sulla Grande Boucle.

«A conti fatti – dice – è stata anche una decisione giusta e che ho condiviso. Ero arrivato alla Roubaix con già 29 giorni di corsa nelle gambe ed ero sinceramente stanco. Avevo bisogno di ricaricare le batterie e soprattutto poter lavorare con calma, infatti mi sono fermato una settimana e poi ho ripreso con un primo periodo di allenamento intenso. I benefici si sono visti».

Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon al Circuito di Vallonia. Dietro si vede Zingle, terzo è Gilbert
Pasqualon Vallonia 2022
La volata vincente di Pasqualon al Circuito di Vallonia. Dietro si vede Zingle, terzo è Gilbert
Com’è venuta la tua vittoria di Charleroi?

Era una gara ideale per le mie caratteristiche, con le tipiche strade del Belgio, tanto vento laterale, passaggi anche stretti, insomma dove c’era tanto da lavorare. Alla fine avevamo un circuito di 13 chilometri da affrontare tre volte, noi puntavamo a fare gara dura per ridurre al massimo la gente della volata finale. Io sapevo che il più pericoloso era Philippe Gilbert, ma all’improvviso è partito Zingle, il giovane della Cofidis. Gilbert non aveva gambe per chiudere, allora ai 300 metri sono scattato e ho superato il transalpino a 20 metri dal traguardo.

Questa è la tua prima vittoria in maglia Intermarché…

Sì e per me ha un valore altissimo. Finalmente dopo tanto lavoro al servizio degli altri ho avuto la mia giornata di gloria. Oltretutto ho ripagato la fiducia del team che in quest’occasione, proprio considerando le caratteristiche del percorso, mi aveva eletto capitano. Era la maniera migliore per proiettarsi verso l’estate.

Pasqualon Roubaix 2022
Il 34enne di Bassano del Grappa ha corso la sua prima Roubaix chiudendo 19°, miglior italiano
Pasqualon Roubaix 2022
Il 34enne di Bassano del Grappa ha corso la sua prima Roubaix chiudendo 19°, miglior italiano
Hai visto il Giro?

Certamente, con i ragazzi ci siamo sentiti quasi ogni giorno dopo la tappa. Io credo che il segreto del bei risultati della squadra sia proprio l’atmosfera che c’è fra noi. Siamo una famiglia unita, un vero gruppo di amici prima ancora che compagni di squadra. C’è lo spirito giusto e soprattutto affrontiamo ogni gara con l’obiettivo non del piazzamento, ma della vittoria. Quest’anno siamo già arrivati a 11, è un’annata magica che sarà difficilmente ripetibile e se continuiamo così io dico che possiamo anche entrare fra le prime 5 squadre del WorldTour.

I risultati dei tuoi compagni ti hanno sorpreso? Due uomini in top 10, le vittorie parziali di Girmay e Hirt…

Se devo essere sincero no. Biniam partiva con l’obiettivo di prendere la maglia il primo giorno e infatti è stato quello che l’ha contesa a Van Der Poel. Sono stato poi felicissimo per la sua vittoria a Jesi su un arrivo ideale per lui. “Bini” è esplosivo ma leggero, su un arrivo in leggera salita sapevo che poteva stroncare VDP che è più pesante e così è stato. Hirt dal canto suo sapevo che se superava indenne la prima settimana andava in crescendo e poteva anche entrare fra i primi 5.

Pasqualon Girmay 2022
Andrea insieme a Girmay: per l’eritreo il veneto è un amico e una guida esperta nel gruppo
Pasqualon Girmay 2022
Andrea insieme a Girmay: per l’eritreo il veneto è un amico e una guida esperta nel gruppo
E Pozzovivo?

E’ stato fenomenale, forse lui è stato la vera sorpresa, con quel che ha passato, arrivando in squadra quasi fuori tempo massimo. Non credevo potesse fare quello che ha fatto, se lo merita tutto. Ha dimostrato una tenacia che dovrebbe essere d’insegnamento a tanti ragazzi che mollano alle prime difficoltà. Questo è professionismo puro.

Ora c’è il Tour che ti chiama in causa. Con che obiettivi partite?

Avremo una squadra completa, con un treno per le volate di Kristoff e un uomo per la classifica come Meintjes. Anche lui è un diesel, se riesce a passare la prima metà Tour poi andrà a caccia della top 10 che ha già raggiunto due volte. Noi dovremo dargli una mano e tenerlo coperto in un Tour che si preannuncia molto duro sin dall’inizio, con la parte danese e l’incognita della quinta tappa sul pavé. Noi comunque possiamo emergere in ogni tappa, vogliamo assolutamente mettere la nostra firma con almeno un successo.

Pasqualon Meintjes 2022
Il sudafricano Meintjes sarà il capitano dell’Intermarché al Tour, puntando alla top 10
Pasqualon Meintjes 2022
Il sudafricano Meintjes sarà il capitano dell’Intermarché al Tour, puntando alla top 10
E Pasqualon che compiti avrà?

Io lavorerò per gli altri, ma avrò anche spazio, soprattutto in quelle tappe con arrivo in leggera salita dove ci invertiremo i compiti con Kristoff, che sarà lo sprinter per gli arrivi in pianura. Su quelle tappe più mosse, anche in caso di arrivo allo sprint posso dire la mia. Mi sto preparando per quello.

Pasqualon e l’emozione della prima Roubaix a 34 anni

22.04.2022
5 min
Salva

Il primo italiano ad entrare nel velodromo di Roubaix domenica è stato Andrea Pasqualon che ha tagliato il traguardo in 19ª posizione. La curiosità è che l’atleta della Intermarché-Wanty-Gobert all’età di 34 anni era alla sua prima apparizione alla classica delle pietre. Il veneto se ne intende di debutti “tardivi“, avendo debuttato lo scorso anno al Giro d’Italia. Nel sentirlo si potrebbe dire che la gioia non l’abbia ancora smaltita, anche se qualche rimpianto ce l’ha. Una cosa è sicura: l’anno prossimo alla partenza da Compiègne ci vorrà essere, la Roubaix gli è entrata nel cuore e nelle gambe.

Per Pasqualon, in quarta posizione, questa è stata la prima Parigi-Roubaix
Per Pasqualon, in seconda posizione, questa è stata la prima Parigi-Roubaix

Un debutto tardivo

«Ero sicuramente uno dei debuttanti più vecchi – dice ridendo Andrea, che ci risponde da casa – è stata un’esperienza fantastica, volevo tanto farla. Un corridore, almeno una volta in carriera dovrebbe fare una corsa del genere. Io l’ho sempre tralasciata perché con la squadra si preferiva farmi correre anche nelle Ardenne e quindi diventava difficile riuscire ad inserirla nel calendario. Quest’anno, complice il cambio di calendario, si è pensato di andarci. Scelta non fu mai più azzeccata di questa».

Pasqualon ha già disputato ben 30 giorni di gara da inizio stagione, con belle prestazioni nelle classiche del Nord
Pasqualon ha già disputato ben 30 giorni di gara da inizio stagione, con belle prestazioni nelle classiche del Nord

L’avvicinamento

Quando si debutta a 34 anni nella classica più caotica di tutte, si gioca anche con l’esperienza maturata in anni di corsa. Per questo Pasqualon non si è mai scomposto ed ha vissuto i giorni di vigilia con serenità.

«Nei giorni precedenti alla gara – riprende – non ero agitato, al contrario di quanto si possa immaginare. Anche i miei compagni erano stupiti, Kristoff continuava a chiedermi come mai non avvertissi tensione o agitazione. La risposta, se vogliamo, sta nell’ingenuità della prima volta. Non avendola mai corsa, arrivavo senza un metro di paragone e questo mi ha tenuto all’oscuro di tutto. Anche la mattina della partenza non ero teso, la piazza era piena di gente, ma devo dire che al Fiandre l’effetto ottico è maggiore».

Per lui una discreta dose di fortuna, nessuna caduta e soltanto due salti di catena
Per lui una discreta dose di fortuna, nessuna caduta e soltanto due salti di catena

L’importanza della ricognizione

Le pietre della Roubaix Andrea le aveva già assaggiate il giovedì, durante la ricognizione pre-gara. Con la squadra avevano deciso di ispezionare tutti e 30 i tratti di pavé, per prendere dimestichezza e appuntarsi nella mente i momenti cruciali.

«La ricognizione è stata fondamentale – spiega – io avevo il compito di inserirmi nelle fughe e di rimanere davanti. Così quando dopo 40 chilometri il gruppo si è spezzato a causa dei ventagli, mi sono trovato in testa ed ho affrontato i primi tratti con più “tranquillità”, anche se eravamo comunque un gruppo di 30-35 corridori. Durante la ricognizione del giovedì, mi ero già giocato il jolly nel tratto numero 4 riprendendo la bici al volo evitando la caduta. Una volta in corsa, me ne sono ricordato e l’ho affrontato con maggiore attenzione e nelle prime posizioni, evitando le numerose cadute».

Qualche rimpianto

Il racconto del passista della Intermarché continua spedito anche se dal tono di voce si percepisce un leggero tocco di amaro.

«Se proprio devo essere sincero – racconta con trasporto Andrea – qualche rimpianto ce l’ho. Nel tratto di pavé dove ha attaccato Van Aert, eravamo in una ventina nel gruppetto, io ero a metà e sono rimasto un po’ sorpreso. In realtà non ce ne siamo resi conto, si è creato un buco di cento metri ed all’uscita del tratto di pavé ormai erano andati. E’ una corsa dove devi essere attento al mille per cento e non puoi perdere neanche un centimetro da chi ti precede. La condizione c’era, arrivavo da un periodo di corse intenso e sapevo di stare bene. Quell’attimo di indecisione mi è costato la top ten che sentivo di poter raggiungere».

Pasqualon ha solcato per la prima volta il magico velodromo di Roubaix
Pasqualon ha solcato per la prima volta il magico velodromo di Roubaix

Considerazioni sparse

Con il senno di poi verrebbe da chiedersi cosa sarebbe successo se Andrea si fosse cimentato prima in questa gara, anche se lui stesso spegne un po’ l’entusiasmo.

«Me lo sono chiesto anche io – ci confessa – però devo dire una cosa. Ora, a 34 anni, ho una considerazione diversa delle mie potenzialità e maggiore consapevolezza. Se l’avessi fatta anni fa magari sarei rimbalzato sulle pietre e le avrei odiate. Una cosa che ti rimane dentro, a livello di emozione, è la gente a bordo strada. In certi tratti come Mons en Pévelè o Carrefour de l’Arbre era davvero vicina, qualcosa di davvero emozionante. Certamente un ostacolo in più, basti vedere la caduta di Lampaert. Però è fantastico, sembra di stare su un tratto alpino o dolomitico, dove un imbuto di gente ti accoglie con colori e profumi incredibili».

Dalla sua voce si percepiscono la grinta e l’emozione che questa gara gli ha donato, come quella di entrare per la prima volta nel velodromo. Pieno di polvere e stremato, ma con la gioia e la volontà di volerci riprovare, ormai stregato dalla magia delle pietre. 

Il corridore della Intermarché è rimasto stupito dal pubblico e dal calore dei tifosi sui settori di pavé
Il corridore della Intermarché è rimasto stupito dal pubblico e dal calore dei tifosi sui settori di pavé

Ora famiglia, poi ritiro

«In questi giorni – conclude – sono stato praticamente fermo fino a ieri (mercoledì, ndr) ho fatto giusto qualche sgambata con gli amici, un recupero attivo. Invece, da giovedì a martedì starò completamente fermo. Tra gennaio e aprile ho già fatto 30 giorni di corsa. Ora stacco, mi godo la famiglia e poi si va in altura 4 settimane per iniziare a preparare il Tour. Le prime due settimane starò da solo, mentre le altre 2 arriverà la squadra che con me farà la Grande Boucle».

Il giorno dopo di Girmay, fra stupore e voglia di casa

29.03.2022
5 min
Salva

Dopo l’argento di Leuven nel suo Paese era già caldo, ma dalla storica vittoria nella Gand-Wevelgem, Girmay non è più uno sconosciuto neppure in Belgio. Incontro con i giornalisti all’indomani della grande vittoria (nella foto Intermarché in apertura, una pizza e una birra nella sera del trionfo). Sarah Ingelbrecht, addetta stampa della Intermarché-Wanty-Gobert, racconta che di mattina i ragazzi sono usciti per una sgambata e si sono fermati a prendere un caffè nella Grote Markt di Bruges. Ogni tanto bambini e persone si presentavano sulla terrazza del bar in cui Biniam era seduto con Kristoff, Pasqualon e Petit per chiedergli un autografo o un selfie. E pare che a un certo punto il vincitore della Gand abbia chiesto a Kristoff se andrà così ancora a lungo. E il norvegese, per rassicurarlo, gli avrebbe detto: «Passerà, a patto di non continuare a vincere. Quindi nel tuo caso temo che non passerà». E si è fatto una risata…

Il giorno dopo

I racconti del giorno dopo sono i più belli e danno l’idea di quanto sia genuino il personaggio che domenica si è affacciato alla gloria sul traguardo di Wevelgem.

«Mille messaggi – ha raccontato – e continuano ad arrivare. Avrò presto tempo per rispondergli. Questo pomeriggio mi recherò a Parigi, dove pernotterò e domani volerò prima ad Istanbul e poi ad Asmara. Finalmente a casa. Un viaggio di 11 ore, ma non vedo l’ora».

Regali per tutti

Ancora l’addetta stampa racconta che nella valigia ha messo vasetti di biscotti tipici del Belgio e dei regali per la figlia di un anno che si chiama Layla e per la moglie di venti che si chiama Salem. Ovviamente con lui torna a casa anche il trofeo della Gand-Wevelgem. 

«Sono più consapevole – ha ammesso – di quello che è successo. Non ci sono molti corridori di 21 anni che vincono una classica. Sono rimasto sbalordito dalle reazioni dei media, dai grandi corridori che erano già venuti a congratularsi con me dopo il mio quinto posto di Harelbeke. Dopo il traguardo non potevo crederci. Dentro ho pianto di gioia».

Già dopo l’argento di Leuven fra gli U23, Girmay era stato portato in trionfo nelle vie di Asmara (foto Instagram)
Dopo l’argento di Leuven fra gli U23, Girmay in trionfo nelle vie di Asmara (foto Instagram)

I piedi per terra

Eppure tante attenzioni lo hanno turbato. Tanto ama essere al centro dell’attenzione Remco Evenepoel, che ha tre mesi più di lui, quanto è schivo e in imbarazzo Girmay per le tante attenzioni.

«Non mi piace essere al centro dell’attenzione – ha detto – sono pagato per vincere, ma non voglio essere il tipo famoso che viene ripreso continuamente dalla telecamera. Non credo di essere pronto per qualunque cosa mi accada in questo senso. So da dove vengo. Sono un ragazzo tranquillo che per natura non è abituato al trambusto di questa parte del mondo. Mi dà anche un po’ di pressione, ma cercherò di conviverci».

Con la vittoria di Wevelgem, Girmay è il primo corridore eritreo ad aver vinto una grande classica
Dopo la Gand, Girmay è il primo eritreo ad aver vinto una grande classica

Appuntamento al Giro

Il corridore improvvisamente più famoso d’Africa si aspetta un grande benvenuto all’aeroporto di Asmara, dopo quello successivo all’argento nel mondiale U23 di Leuven.

«Domenica Hanok Mulubrhan (corridore di 22 anni che corre nel team continental Bike AD, ndr) ha vinto il campionato africano – ha spiegato – con la maglia dell’Eritrea. Perciò ci sono due motivi per brindare. Quando sono arrivato dopo l’argento, c’erano centinaia di migliaia di persone in piedi mentre andavo in giro per la Capitale su un’auto scoperta. Anche se la Gand-Wevelgem è più importante di quella medaglia, voglio prima festeggiare con i miei cari. La famiglia è molto più importante della bicicletta. Dopo tre mesi, ora voglio andare a casa, questa vittoria non mi cambia come persona. Sto tornando nel mio Paese che amo. Continuerò a lavorare sodo per vincere ancora di più, restando fedele al mio programma. Per ora sono il primo africano ad aver vinto una classica, ma nemmeno io mi vedo come un modello. Sono lo stesso ragazzo di domenica mattina a Ypres. Perciò – ha salutato i media – ci vediamo a Francoforte e poi al Giro d’Italia».

Girmay fa la storia. Un eritreo vince la Gand-Wevelgem

27.03.2022
4 min
Salva

Un giorno storico. Un africano, Biniam Girmay, vince in Belgio. E’ un’altra conferma che il ciclismo sta cambiando. Anche se in questo pezzetto di storia si corre praticamente solo in Europa, il mondo del pedale sta iniziando a vedere i suoi frutti di quella globalizzazione iniziata ormai una quindicina di anni fa quando si parlava di ProTour.

Il Team Qhubeka, che in Italia prosegue con la continental, i mondiali in Ruanda nel 2025, l’argento dello stesso Girmay a Leuven tra gli under 23 lo scorso anno… anche il Continente Nero vuol banchettare al ciclismo dei grandi.

Giornata “calda” in Belgio e ritmi altissimi tra muri, tratto sterrati e pavè
Giornata “calda” in Belgio e ritmi altissimi tra muri, tratto sterrati e pavè

A Gand è storia 

Gand-Wevelgem. Cielo azzurro, un po’ di vento, sole e tanto pubblico sulle strade. I muri, i tratti in pavè. Tutti come al solito aspettano il re di casa, Wout Van Aert. Ma dalla sequenza finale dei muri esce un quartetto insidioso. Ci sono dentro Laporte, che forse blocca la corsa veramente in quanto compagno di Van Aert che dietro non tira ma continua ad essere inspiegabilmente marcato. C’è l’altro belga super atteso, Jasper Stuyven della Trek-Segafredo, e ci sono Dries Van Gestel della Total Energies e Biniam Girmay, della Intermarché Wanty Gobert.

La rincorsa del gruppo è forse tardiva, mentre loro quattro vanno d’amore e d’accordo fino agli 800 metri dal traguardo. 

Lì Girmay è un gatto. Resta in quarta ruota, non si muove. Segue gli zig-zag del gruppo. La fuoriuscita di Kragh Andersen costringe i quattro a non calare troppo il ritmo. Ai 200 metri, con un rapporto piuttosto agile, l’eritreo scarta e scatta. Esce dal trenino, si sposta alle transenne e vola via. Prende cinque metri che non saranno più chiusi. La Gand-Wevelgem numero 84 è sua. 

Pasqualon in testa al gruppo. Andrea ha controllato la corsa e ha diretto la Intermarché Wanty Gobert
Pasqualon in testa al gruppo. Andrea ha controllato la corsa e ha diretto la Intermarché Wanty Gobert

Pasqualon, capitano e amico

Un “quasi monumento” è suo. Oggi si è scritta la storia. Non è una vittoria comune. Girmay in qualche modo è un pioniere. Un pioniere che però sapeva cosa stava facendo. La consapevolezza in questo atleta c’è tutta. Anche se ha solo 21 anni.

«Che giornata – racconta Andrea Pasqualon compagno e capitano di Girmay – nel finale dietro controllavo per Kristoff, nel caso li avessimo ripresi, ma “Benny” dava sicurezza. Il nostro attacco era stato pianificato e la corsa è andata davvero secondo i nostri programmi.

«In precedenza quando avevo provato anche io ed eravamo una ventina di corridori gliel’ho detto: Benny, io o te, ma oggi dobbiamo cercare di vincere, perché la gamba c’è se siamo qui con i migliori al mondo. Poi non essendoci dentro Van Aert dietro hanno chiuso.

«A quel punto gli ho detto di tenere duro all’ultimo passaggio sul Kemmel e se possibile di anticipare. Così ha fatto e adesso ci ritroviamo con questa bella vittoria in tasca».

Parla da veterano, da capitano Pasqualon. E’ lui a tutti gli effetti il “road capitan” della Intermerché e i compagni lo seguono. Specie Girmay. I due sono stati compagni di stanza più volte e anche ieri sera.

«Tra noi due c’è un feeling particolare – riprende Pasqualon – Lo vedevo che aveva un gran gamba. Per radio gli ho detto solo di stare tranquillo e che dietro non stavano tirando forte (almeno all’inizio dell’assalto finale, ndr). Poi quando gli hanno comunicato che avevano quasi 40” forse si è anche tranquillizzato. Magari, in quel tentativo precedente, quando gli detto che eravamo coi più forti al mondo e poi si è ritrovato in fuga nel finale, si è anche caricato».

Sui muri Girmay ha mostrato un’ottima gamba
Sui muri Girmay ha mostrato un’ottima gamba

Il vento che cambia 

All’arrivo sono abbracci, sinceri. Pasqualon, Kristoff e Girmay. La squadra di Piva ha la giusta alchimia. Valerio ce lo disse in tempi non sospetti che Girmay stava andando forte. Ancora una volta aveva ragione.

Proprio in queste ore i suoi colleghi si stavano giocando il titolo continentale in Egitto. E il suo connazionale Natnael Tesfatsion faceva quarto al Gp Industria e Commercio a Larciano, lottando con Nibali, Ulissi (che ha vinto) e tanti altri campioni. Insomma, per l’Africa si è aperta una nuova strada ufficialmente.

E Girmay lo sa bene: «Questa vittoria – ha detto – la dedico al ciclismo africano, credo e spero potrà cambiare molte cose per me e per gli altri ciclisti africani.

«Il pavé? Non era molto confortevole, meglio sui muri!». Vedremo dove porterà e come si svilupperà.

«E’ un ragazzo bravissimo e serio – racconta Alex Carera, il suo manager – si sapeva che stava bene. Ha una grande voglia di arrivare. Ama il ciclismo e la sua famiglia. Pensate che ha già una bambina di due anni. In Africa vive in quota e laggiù non sempre è facile comunicare con lui, mentre quando è in Europa, vive a San Marino».

L’Italia è un po’ la Patria che lo ha adottato, anche se non ci vive ufficialmente. A maggio lo vedremo sulle strade del Giro d’Italia. Prima però dovrebbe tornare in Africa, salvo cambiamenti. «Doveva tornare questa settimana – ha aggiunto Carera – ma a questo punto non so se farà anche il Fiandre».

Pasqualon: «A Sanremo tre punte per la Intermarché»

17.03.2022
4 min
Salva

«La mia Sanremo ideale? Pasqualon che vince in volata». Milano-Sanremo in vista, i velocisti affilano le lame. Soprattutto e velocisti dotati di fondo come Andrea Pasqualon. Il corridore della Intermarché Wanty Gobert ha disputato una buona Tirreno-Adriatico tutto sommato.

Caduto in Algarve, sta superando un piccolo problema al ginocchio. Due piccole ferite, due “buchi” che hanno impiegato un po’ più del dovuto per rimarginarsi, ma che per stessa ammissione del veneto non gli hanno dato problemi.

Il vicentino ha tenuto spesso duro durante la Tirreno. Non è mai arrivato col gruppetto dei velocisti nelle tappe dure
Il vicentino ha tenuto spesso duro durante la Tirreno. Non è mai arrivato col gruppetto dei velocisti nelle tappe dure

Fatica alla Tirreno 

Andrea Pasqualon ha lavorato come voleva: un grosso volume alla Tirreno e lame affilate alla Milano-Torino. In quest’ultima corsa ha affinato la condizione. Vediamo quindi come si prepara un velocista alla Classicissima.

«Ho svolto un bel lavoro sin qui per la Sanremo… Sicuramente il lavoro della Tirreno ci servirà sicuramente per la Sanremo. E servirà soprattutto per un corridore delle mie caratteristiche, che tiene ed è veloce. La Sanremo esige sicuramente un grande ritmo e con un livello di corridori del calibro che abbiamo avuto alla Tirreno (e alla Milano-Torino, ndr) sicuramente questo ritmo è stato fatto».

La Tirreno, così come la Parigi-Nizza, resta centrale per affrontare con la miglior gamba possibile la Sanremo.

«Il tempo, anche se è stato freddo, ci ha aiutato, non abbiamo preso acqua e questa è la cosa fondamentale in ottica Sanremo».

Pasqualon scherza con Girmay. Ieri tutte e tre le punte (anche Kristoff) della Intermarché erano alla Milano-Torino
Pasqualon scherza con Girmay. Ieri tutte e tre le punte (anche Kristoff) della Intermarché erano alla Milano-Torino

Nuovo avvicinamento

E’ cambiato un po’ il calendario. Una volta la corsa dei Due Mari finiva al martedì e il sabato c’era la Sanremo. Quest’anno invece la corsa è finita prima (domenica) e nel mezzo c’è stata la Milano-Torino.

Una volta si coglieva anche l’occasione di sfruttare la tappa lunga della Tirreno per fare la distanza in vista dei 300 chilometri della Classicissima. Si allungava dopo la corsa. Adesso invece non si fa quasi più, e semmai si cerca di partire prima, non di allungare dopo.

«Le distanze delle tappe – spiega Pasqualon – della Tirreno sono state giuste pensando alla Sanremo, abbiamo fatto frazioni anche intorno ai 220 chilometri, pertanto non abbiamo bisogno di fare molto più lavoro. E poi le tappe erano anche abbastanza dure, sempre con un bel po’ di dislivello. Anzi, semmai il problema è riuscire a recuperare bene perché alla Sanremo bisogna veramente arrivare con tutte le energie possibili».

«C’è questa tendenza di fare una grande distanza qualche giorno prima della Milano-Sanremo e magari qualcuno farà qualcosa prima del via della Milano-Torino, però io penso che dopo una settimana di Tirreno, non serve “buttar dentro” altro.

«La Tirreno-Adriatico è una corsa tosta e da parte mia ho cercato sempre non di stare nell’ultimo gruppetto, quello dei velocisti, ma di rimanere con i migliori 40-50. Per esempio ho fatto così anche nel giorno di Fermo, che non era proprio una tappa per me. Tutto questo appunto per cercare di fare più qualità e più fatica possibili. Proprio per  vivere in modo più rilassato questa settimana, Milano-Torino a parte».

Kristoff (a destra) terzo alla Milano-Torino di ieri, antipasto della Classicissima
Kristoff (a destra) terzo alla Milano-Torino di ieri, antipasto della Classicissima

Tre punte in Liguria

La Intermarché Wanty Gobert sta crescendo. Pasqualon sta bene, Kristoff ha vinto e più volte i ragazzi di Valerio Piva hanno dimostrato di non sfigurare nei confronti degli squadroni. Anche ieri alla Milano-Torino è stato protagonista in volata, terzo alle spalle di Cavendish e Bouhanni.

«Alla Milano-Sanremo – spiega Pasqualon – abbiamo diverse pedine da giocare. Saremo una  una squadra che sicuramente non aspetterà il finale. Vogliamo, e abbiamo, la possibilità anche di muoverci prima. Vedremo… Perché oltre a me e Kristoff c’è Girmay, l’altro velocista che si è ben comportato alla Parigi-Nizza. Per noi superare il Poggio resta il momento cruciale».

Per superare il Poggio oggi non è sufficiente che le gambe siano al massimo. Anche la bici e tutto il resto deve essere al top. In Intermarché le nuove Cube Litening C:68X sembrano dare responsi molto buoni e in particolare piacciono le ruote Newmen con canale più largo.

«A livello di materiali siamo ben messi – dice Pasqualon – adesso un po’ tutti stiamo usando i tubeless che è davvero più scorrevole. Per quanto riguarda i rapporti: il 54 di sicuro, ma forse anche un 55 ci potrà stare. Bisognerà valutare bene come sarà il vento in finale. In ogni caso, oggi servono rapporti davvero lunghi perché altrimenti non si riesce neanche più a stare al passo. Bisogna guardare ad ogni minimo particolare».

Pacchetto aerodinamico: vitale per i velocisti e non solo

04.03.2022
7 min
Salva

Posizioni schiacciate, spinte potenti e ricerca della massima velocità… Ma per raggiungerla non bastano le gambe. Serve altro in questo ciclismo. Serve il “pacchetto aero”. Si tratta di tutti quei dettagli e di quei materiali che sono pensati per andare più forte, che sono pensati per essere più efficienti dal punto di vista aerodinamico.

Nelle scorse settimane abbiamo parlato dei manubri. Uno degli elementi fondamentali in quanto ad aerodinamica, visto che si tratta di un componente frontale a diretto impatto con l’aria. Stavolta, dato per assodato il “tema manubri” parliamo anche di body, caschi, bici, ruote e persino calzini. Davvero tutto ciò incide? E quanto?

Pasqualon: ruote ad hoc

«Per me il pacchetto aero conta tantissimo – dice Andrea Pasqualon della Intermarché Wanty Gobert – in questo ciclismo estremizzato. Servono velocità altissime per fare risultato e quindi un certo tipo di casco, di body, di bici…  ti aiutano.

«La bici è la prima cosa in questa ricerca della performance. Deve essere il più fluida possibile, con meno parti possibili esposte all’aria. Non a caso diversi velocisti usano telai più piccoli. Da noi per esempio Kristoff (in apertura battuto da Jakobsen, ndr) che dovrebbe avere una taglia 56 usa una 54».

«Il carbonio poi è più rigido. Tutti pensano che la bici del velocista sia più scattante, ma in realtà sul momento dello scatto è più reattiva quella dello scalatore che essendo più elastica risponde prima. Quella del velocista deve essere rigida, non deve disperdere energia. Deve dare supporto.

«E questa credo sia la differenza più importante rispetto ad una bici di 10 anni fa. Credo che a parità di forza oggi con una bici di quei tempi perderei sempre la volata. Le cosiddette bici aero oggi per certi aspetti derivano da quelle da crono. Quando ti alzi e inizi a spingere forte non “tirano indietro” come una volta, ma appunto vanno avanti, sono fluide come dicevo».

«Altri watt si racimolano poi anche con le gomme. Noi con i tubeless risparmiamo circa 7-8 watt a 50 all’ora. E questo conta non tanto in volata quanto nel corso della gara. Pensiamo ad una tappa di 200 chilometri o a una Sanremo che ne misura 300, il dispendio energetico è molto elevato. Sono energie che ti restano nella gambe.

«Altra cosa molto importante che ho notato sono le ruote. Okay, si sa che quelle più alte sono più veloci, ma non è detto che vadano bene per ogni bici. Per esempio, le Fulcrum sono ottime ruote, ma sulla Cube quelle che rendono meglio sono le Newmen, che sono state disegnate appunto per la nostra bici. E non è detto che su un’altra bici siano altrettanto performanti. Anche questi sono dettagli che fanno la differenza. 

«E poi anche il body non va sottovalutato. E’ sempre più diffuso: anche gli scalatori spesso lo usano».

Ruote alte e boby per Kuba

E a proposito di body, questo è l’elemento che forse più di tutti desta l’attenzione di Jakub Mareczko. “Kuba” milita nell’Alpecin-Fenix e in questa squadra si dà grande importanza agli sprinter o comunque ai corridori veloci. Oltre a lui ci sono Van der Poel, Jasper Philipsen, Tim Merlier… tutti motori grossi, grossi in grado di sprigionare potenze incredibili. Fornirgli un pacchetto aero per metterli nelle condizioni migliori al fine di raggiungere velocità più elevate è una priorità più che in altri team.

«Per me – dice Marezcko – in primis c’è la bici (in Alpecin hanno a disposizione la più veloce Canyon Aeroad e la più leggera Ultimate, ndr) e poi c’è il vestiario.

«Possiamo scegliere tra due caschi: uno meno forato e più aero, e uno più leggero ed aerato. Prima del via, a seconda della tappa e del meteo, decidiamo quale indossare. Non credo invece che il guantino faccia grosse differenze. Van der Poel per esempio neanche li usa. Io li metto perché semmai dovessi cadere almeno poi potrei tenere in mano un bicchiere per bere! Tutta esperienza, all’inizio non li mettevo.

«E lo stesso discorso vale per i calzini. Quelli aero che abbiamo sono un po’ più alti e con un materiale sintetico più “liscio” e aderente rispetto a quelli classici, diciamo».

«Poi c’è il body: importantissimo. Quasi tutti ormai lo usano, non solo noi velocisti. E’ decisamente più aderente del set maglia e pantaloncino. Nella zona dell’ombelico quando sei piegato resta più aderente, comprime di più e l’aria scivola via meglio. In più la maglia non sale mai».

Come abbiamo accennato, in Alpecin hanno a disposizione due bici, ma come sempre la parte forse più importante sono le ruote. In tal caso la scelta si allarga a tre modelli, tutti e tre Shimano Dura Ace.

«Abbiamo quelle con profilo da 60 millimetri, quelle da 50 e quelle da 36. Io uso sempre quelle da 60, ogni tanto quelle da 50, anche su percorsi più impegnativi, perché la differenza di peso è poca, mentre si sente la differenza di scorrevolezza».

Parola al tecnico

E dopo aver sentito due velocisti, sentiamo anche l’opinione del tecnico, Giampaolo Mondini, referente tra Specialized, il marchio che rappresenta, e i team che lo stesso brand americano supporta: Quick Step-Alphavinyl, Bora-Hansgrohe e Total Energies.

«In Specialized non forniamo vestiario ai pro’ – spiega Mondini – Però posso dire che tra i team che seguiamo di certo il body con le tasche va per la maggiore. Total Energies e Quick Step utilizzano quello di Castelli. E visto che le gare sono sempre più veloci anche in salita si tende a preferire il body in generale. Un po’ tutti preferiscono il pacchetto aero. Quante volte si viaggia al di sopra dei 50 chilometri orari ormai? Tante direi».

«Qualche anno fa avevamo fatto uno studio sui vantaggi in termini di watt. In galleria del vento avevamo notato che i calzini non hanno nessuna influenza ai fini aerodinamici in quanto con il movimento della pedalata creano una sorta di spostamento d’aria all’interno del “cono aero” e creano delle interferenze, ma è davvero difficile da valutare.

«Discorso diverso se invece parliamo del copriscarpe. Il fatto che sullo scarpino ci siano delle prese d’aria, il copriscarpe chiudendole li rende più veloci. Però bisogna anche valutare l’aerazione del piede, perché se metto il copriscarpe e la temperatura del piede sale troppo o mi disidrato… non è più un vantaggio.

«Quello che invece conta abbastanza è il casco. Noi ne mettiamo a disposizione due modelli: il Prevail, casco “classico”, e l’Evade, casco aero. Possono esserci anche 10 watt di differenza a 50 chilometri orari e per questo motivo è sempre più usato».

Stare nella pancia del gruppo aiuta moltissimo come è noto: in quei frangenti i vantaggi del pacchetto aero sono meno tangibili
Stare nella pancia del gruppo aiuta moltissimo come è noto: in quei frangenti i vantaggi del pacchetto aero sono meno tangibili

Non solo i velocisti…

Nel nostro caso, visto che la bici è unica (la Specialized S-Works Tarmac SL7) si va alla ricerca delle ruote alte, le Rapid con profilo differenziato: 50 millimetri all’anteriore e 55 al posteriore e manubrio sempre della linea Rapid, quindi schiacciato e con piega alare. Chi non usa il Rapid usa il manubrio aero di Pro (brand di Shimano, ndr) con il set integrato. Sono davvero pochi ormai ad optare per quello tradizionale».

Per Mondini il discorso del pacchetto aero non riguarda, e non dovrebbe riguardare, solo i capitani o i velocisti, ma anche e forse quasi di più gli altri corridori, quelli che per la maggior parte del tempo sono in testa al gruppo a tirare e a prendere aria in faccia.

«C’è una grande differenza tra stare davanti e a ruota – conclude Mondini – Per chi sta in mezzo al gruppo il discorso dell’effetto dei watt decade tantissimo. Si risparmia molto, cambiano i vortici di aria. Per assurdo sarebbe più importante che il pacchetto aero ce lo avesse un Tim Declercq, che tira tutto il giorno, che un Alaphilippe che fa la corsa negli ultimi 15 chilometri. Per dire…».

De Paolis: «La categoria under 23 è cambiata molto»

27.01.2022
4 min
Salva

Si è parlato molte volte in questo periodo dell’argomento squadre continental e under 23 legato all’universo giovani ciclisti. Stefano Giuliani ci ha detto come gestisce la sua Giotti Victoria Savini-Due, squadra continental ma con ex professionisti in organico. Lo stesso ha fatto anche Matteo Provini della Petroli Firenze Hopplà, team under 23. Infine, chiamiamo a dire la sua anche Ivan De Paolis della Area Zero Proteam. Ivan ha fondato la squadra nel 2014, le cose sono cambiate negli anni, la sua è la più vecchia delle 13 continental italiane.

L’Area Zero Proteam è nata nel 2014, è la squadra continental più longeva d’Italia (foto Area Zero Proteam)
L’Area Zero Proteam è nata nel 2014, è la continental più longeva d’Italia (foto Area Zero Proteam)

Questione di numeri

«Nelle stagioni 2014 e 2015 correvamo solamente con i professionisti e l’età media dei nostri corridori era di 23 anni. Negli anni – spiega – questa si è abbassata notevolmente, basti pensare che nel 2020 era di 20,08, mentre la scorsa stagione di 20,83 (Ivan è un uomo ed un diesse molto attento ai numeri, ndr). Con l’abbassarsi dell’età media è cambiato anche il nostro approccio alle corse, dal 2016 in poi ho aperto il calendario a molte gare under 23».

Come mai?

I primi anni (2014 e 2015, ndr) lavoravamo anche con corridori di ritorno da sfortunate esperienze con le professional come Mosca (foto Area Zero Proteam in apertura) e Pasqualon. Con l’abbassarsi dell’età media, ci siamo accorti di come i ragazzi che affrontavano per la prima volta la categoria under 23 avessero bisogno di confrontarsi con i pari età.

Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon è stato il primo corridore rilanciato dall’Area Zero Proteam, nel 2014
Andrea Pasqualon, Gand-Wevelgem 2020
Andrea Pasqualon è stato il primo corridore rilanciato dall’Area Zero Proteam, nel 2014
Quindi avete aperto anche alle gare under 23.

Sì, nel 2016 ne ho messe solo 9 e tutte internazionali, come il Trofeo Piva o il Belvedere poi ho aperto anche a quelle regionali. Per un ragazzo di 20 anni non è possibile confrontarsi con i professionisti, rischi di non finire neanche la corsa. Ad onor del vero va detto che non ho sempre lavorato con corridori di primo piano…

Matteo Provini ha detto che questo modo di lavorare rischia di far sparire le squadre under 23…

Il vero cambio di rotta c’è stato quando Colpack Ballan e Zalf Euromobil Desirée Fior hanno fatto la squadra continental. Prima di quel momento i corridori non prendevano molto in considerazione questo genere di squadre. C’è modo e modo di fare le cose, noi abbiamo sempre fatto tutto in maniera graduale.

Jacopo Mosca è stato un altro corridore “rilanciato” da Ivan De Paolis, qui al Giro di Sicilia 2021
Jacopo Mosca è stato un altro corridore “rilanciato” da Ivan De Paolis, qui al Giro di Sicilia 2021
Prima ci si accorgeva se un corridore potesse fare questo lavoro nei dilettanti, ora lo si scopre tra i professionisti, infatti molti tornano indietro.

Le continental ora sono il termometro dello stato di salute del ciclismo italiano. Noi corriamo tre tipologie di gare: under 23, gare con squadre professional e gare con metà gruppo formato da WorldTour, come al Giro di Sicilia. In queste gare capisci se un corridore ha la stoffa e le qualità per fare bene tra i pro’.

Tu hai avuto tanti ragazzi nella tua squadra nel corso degli anni, cosa è cambiato maggiormente?

Devo dire che col passare del tempo è venuto sempre meno lo spirito di squadra, soprattutto nel 2020 e 2021. Infatti, nel ritiro che stiamo facendo in questi giorni ho optato per far stare i  ragazzi tutti insieme. 

Ci sono corridori che tornano nei dilettanti dopo brevi esperienze nel professionismo.

Mosca e Pasqualon sono quelli che ho avuto modo di vedere io, da quest’anno abbiamo preso anche Mattia Viel, reduce dall’esperienza in Androni (ora Drone Hopper Androni, ndr). Fa strano pensare che ha 26 anni e già stava per smettere. C’è da dire che la fretta ce l’ha imposta anche la società dove si vuole tutto e subito.

Mattia Viel dopo aver chiuso la sua esperienza all’Androni ha trovato spazio nella Area Zero Proteam, correrà su strada e gravel
Mattia Viel ha trovato spazio nella Area Zero Proteam, correrà su strada e gravel

Tutto e subito, con meno spirito di sacrificio

Si è sempre alla ricerca dei giovani campioni e questo porta corridori sempre più giovani tra i pro’. Sembra, però, che la vera fretta di cercare campioni ce l’abbiano le squadre professional, basti guardare l’esempio di Mosca e Pasqualon. Loro nelle professional sono stati scartati perché magari non erano dei corridori vincenti. Poi però una volta inseriti in un organico valido come quello di una squadra WorldTour sono diventati dei gregari di lusso.

«E’ una giusta considerazione – ci dice Ivan – anche se, a dire il vero, sono i ragazzi che non vogliono più fare i gregari. Sono pochi quelli che prendono in considerazione questo tipo di carriera, ma non possono vincere tutti e questo va ricordato. Nel ciclismo vince uno solo e la squadra forte si basa anche su gregari forti.

Nalini veste il team Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux

18.01.2022
4 min
Salva

Dopo aver comunicato ai primi di dicembre la partnership con il Team DSM, nei giorni scorsi Moa Sport ha ufficializzato la collaborazione con un altro team WorldTour. Si tratta della Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux al secondo anno nel massimo circuito del ciclismo mondiale che vestirà completi firmati Nalini.

Nalini, un brand di riferimento

Jean-François Boulart, general manager della formazione belga, non ha nascosto la sua soddisfazione per il nuovo partner tecnico.

«Sono lieto di questa nuova partnership – ha detto – Moa Sport, di cui il marchio Nalini è punta di diamante, è un punto di riferimento iconico nel mondo del ciclismo. Ha già vestito e continua a vestire molti grandi campioni. Condividiamo gli stessi valori non solo professionali e siamo mossi dal desiderio costante di migliorare. I loro designer – ha aggiunto – hanno disegnato per noi un outfit elegante ed essenziale, mantenendo i colori che consentono a Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux di distinguersi in gara. Aspetto solo di vederli per la prima volta in azione!».

Andrea Pasqualon è uno dei tre corridori italiani del team Intermarchè Wanty insieme a Lorenzo Rota e Simone Petilli
Pasqualon è uno dei tre italiani del team insieme a Rota e Petilli

La nuova divisa

La nuova divisa conferma i colori tradizionali che hanno reso facilmente riconoscibile in gruppo i corridori del team belga. Le maniche di colore giallo fluo e blu navy si fondono perfettamente con il bianco che domina il busto. Qui troviamo gli sponsor principali che danno il nome alla squadra:  Intermarché, Wanty e Gobert Matériaux. Sempre sul busto ecco apparire una novità per la stagione 2022. Si tratta della Vini Zabù, realtà italiana da quest’anno sponsor del team.

Restando alla maglia, nella parte alta ecco i loghi dei partner tecnici della stagione 2022: Cube, DMT, Force e naturalmente Nalini il cui logo è presente anche sul retro della maglia e sui pantaloncini.

Dal momento che in squadra sono presenti anche diversi campioni nazionali, le maglie del norvegese Sven Erik Bystrøm, del sudafricano Louis Meintjes, dell’ungherese Barnabás Peák e dell’estone Rein Taaramäe, richiamano i titoli nazionali conquistati in carriera. La divisa di Alexander Kristoff presenta invece un richiamo al titolo di campione europeo conquistato ad Herning nel 2017.

La foto ufficiale di presentazione della nuova divisa firmata da Nalini
Presentazione della nuova divisa firmata da Nalini

Legati al territorio

La Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux è ambasciatrice della Regione Vallone il cui logo è presente sulla maglia e sui pantaloncini. Quello del legame con la propria terra è un aspetto che ha voluto rimarcare Claudio Mantovani, titolare di Moa Sport.

«Iniziamo con entusiasmo – ha detto – questa partnership con la squadra Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux. Un team che è cresciuto molto negli ultimi anni, pur mantenendo un forte legame con il territorio. E’ una realtà importantissima del ciclismo e questa fedeltà alle proprie origini, alle radici, ci trova assolutamente in linea nei principi e negli sforzi che anche la nostra azienda porta avanti in maniera concreta. Nalini produce infatti quasi totalmente ancora in Italia, rappresentando una realtà lavorativa di primaria importanza. Ci auguriamo che questo sodalizio, che ci vede così simili e vicini nei valori, sia fruttuoso per noi e per il ciclismo in generale».

Piva 2021
Valerio Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert, quella che sta per iniziare sarà la sua seconda stagione
Piva 2021
Piva (62 anni) è il diesse della Intermarché Wanty Gobert dal 2021

Tanta Italia

Nalini andrà a vestire una formazione che presenta al suo interno una forte matrice italiana. Nella Intermarché-Wanty-Gobert Matériaux ricopre con successo il ruolo di direttore sportivo Valerio Piva. Sono italiani alcuni atleti della squadra. Si tratta di Andrea Pasqualon, Lorenzo Rota e Simone Petilli. Con loro l’obiettivo è di ripetere quanto fatto di buono nel 2021 a partire dalla vittoria di tappa al Giro d’Italia ottenuta da Taco Van der Horn.

Nalini