In che modo la testa da crono aiuta su strada? Scopriamolo

11.10.2021
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Ganna che va in fuga e vince, poi lo mettono a tirare e fa la differenza (foto di apertura). Evenepoel che doppia il gruppo alla Bernocchi e che al mondiale è stato capace di tirare per mezza giornata allo stesso ritmo altissimo. Per non parlare dei giorni andati, quando Cancellara si prendeva le classiche con grandi azioni solitarie. Che cosa hanno in comune i tre campioni qui sopra? Condividono la stessa attitudine per la crono.

Allora ci è venuta una domanda: la testa da crono dà effettivamente dei vantaggi su strada? In che modo la capacità di gestire il tempo diventa un’arma quando ci si trova da soli in fuga o mettendo una fuga nel mirino?

Evenepoel ha vinto la Bernocchi doppiando il gruppo: numero da cronoman?
Evenepoel ha vinto la Bernocchi doppiando il gruppo: numero da cronoman?

Lo abbiamo chiesto ad Adriano Malori, con la curiosità di entrare nella testa di chi delle crono ha fatto il suo pane quotidiano.

«E’ vero – conferma l’emiliano – il cronoman ha un’impostazione mentale tutta sua. Quando Ganna vinse la tappa di Camigliatello al Giro 2020, fece proprio un’azione da cronoman. La salita era pedalabile. Si sfilò con l’inizio degli scatti, poi attaccò lui e fu capace di tenere la velocità fino al traguardo. Il cronoman sa tenere la velocità. Può farlo per mezz’ora o per un chilometro in fondo al Poggio, con 10 secondi sul gruppo verso il traguardo di Sanremo. Per questo raccomando alle società giovanili di farli allenare a crono. Anche su bici normali, purché curino il tipo di esercizio».

Essere cronoman aiuta anche nelle fughe?

Partiamo dall’assunto che il cronoman è abituato allo sforzo solitario. E’ capace di convivere con il mal di gambe. E’ il discorso già fatto sula zona rossa, il limite oltre il quale si va oltre la propria capacità di gestire lo sforzo. Negli anni 90 gli atleti più grandi andavano bene a crono e poi ti aspettavi che crollassero in salita. Invece si staccavano al primo scatto e poi rientravano in progressione. Questo perché il cronoman sa sviluppare watt alti e sa esprimerli anche quando ha le gambe piene di acido lattico. Il passaggio crono-fuga è quasi immediato.

Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Sestriere, Giro d'Italia
Al Giro del 2020, il cronoman Dennis tirò per tutta la lunghezza dello Stelvio e nella pianura successiva
Rohan Dennis, Tao Geoghegan Hart, Jay Hindley, Sestriere, Giro d'Italia
Al Giro del 2020, il cronoman Dennis tirò per tutta la lunghezza dello Stelvio e nella pianura successiva
Perché?

Perché se anche la tappa ha qualche salita, il cronoman non è proprio fermo a salire, perché ha un’alta resistenza pur in acido. Atleti come me e Pinotti per vincere dovevano staccare tutti, adesso sono meno schematici e ti trovi anche Van Aert che va forte a crono e si porta dietro tutto il resto.

C’è la crono anche nelle classiche vinte da Cancellara?

Quella violenza devastante è la stessa che metteva nelle sue cronometro migliori. Perciò sì. E c’è la crono anche nel tirare di Dennis sullo Stelvio, ricordate?

Impossibile da dimenticare…

In fin dei conti l’anno scorso al Giro ha tirato per due ore. Prima ha fatto la differenza sullo Stelvio e si è gasato. Poi ha tirato per tutta la pianura fino all’ultima salita. Ha tirato anche Ganna in più di un’occasione e ricordo Tony Martin che al Tour si inventò una fuga eterna. Sono doti che ora stanno sparendo, perché grazie al misuratore di potenza, sai esattamente quanti watt puoi tenere e per quanto tempo.

Le azioni violente di Cancellara in pavé nascono dalla crono
Le azioni violente di Cancellara in pavé nascono dalla crono
L’organizzazione mentale però è diversa. Nelle crono conosci il percorso, in fuga non sempre…

Conoscere il percorso è fondamentale, anche solo vederlo in macchina. Serve per le curve, i tombini, le buche, il vento. Magari facendo le scelte giuste risparmi quel secondo che ti serve per vincere. Nelle fughe magari non conosci il percorso, ma ti viene automatico incassare le spalle, tenere la testa bassa, tagliare le curve, ricercare le strisce di asfalto più scorrevoli. La crono tira fuori le qualità vincenti dei corridori su ogni terreno. Su questo è impossibile non essere d’accordo.

Milano Sanremo 2005, Alessandro Petacchi

Nel 2022 mondiale veloce? Petacchi cittì. L’idea di Malori

28.09.2021
4 min
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Giovedì scadono i contratti dei tecnici federali. La storia è nota. Nonostante l’elezione del nuovo presidente della Federazione avvenuta il 21 febbraio, per non sconvolgere lo svolgimento delle Olimpiadi, degli europei e dei mondiali, si è deciso di prolungare il rapporto con i cittì sino alla fine di settembre. Così, nonostante alcuni scivoloni di cui si poteva fare anche a meno, sono arrivati i successi di Tokyo, quelli di Trento, quelli di Bruges e quelli di Leuven.

Nel frattempo fiorivano i nomi di coloro che a vario titolo sono stati sentiti dal presidente per rivestire il ruolo di tecnico dei professionisti, alle… dipendenze di Roberto Amadio, nominato nel frattempo responsabile di tutte le nazionali. Prima Fondriest. Poi Pozzato. Ora Bennati. I nomi si rincorrono e forse anche per le sue doti in volata, pare che l’aretino sia in vantaggio nell’arrivo a tre. Ma sarà poi un arrivo a tre o nel frattempo le consultazioni sono andate avanti?

Secondo Malori Pozzato poteva essere cittì a Leuven, avendo corso tanto al Nord e nella Quick Step
Secondo Malori Pozzato poteva essere cittì a Leuven, avendo corso tanto al Nord e nella Quick Step

Malori getta il sasso

E allora succede che mentre si parlava di crono e campioni e malgrado quello che hanno detto vari tecnici fra cui Bettini e Cassani, Adriano Malori s’è zittito un attimo e ha fatto una domanda.

«Ma è proprio necessario – ha chiesto – che il commissario tecnico sia soltanto uno?».

Sul momento ci ha spiazzato. Ma siccome in questa fase storica è bene avere le antenne dritte e la capacità di intercettare il cambiamento, abbiamo voluto approfondire il suo punto di vista.

Che cosa intendi?

Non facciamo nomi se non per qualche esempio, ragioniamo soltanto. A capo di tutto c’è Amadio, questa è l’unica cosa sicura. Facciamo allora che lui è il direttore generale e poi a seconda dell’evento sceglie il tecnico di riferimento?

Vai avanti.

Punti su personaggi che nella loro carriera sono andati forte in eventi simili o hanno guidato la loro squadra in modo vittorioso. Ad esempio, per il mondiale di Leuven, seguendo il discorso potevano starci Ballan che ha vinto il Fiandre o Pozzato che ha corso nell’ambiente Quick Step e sa come si muovono.

Amadio, fra Scirea e Amadori, è il team manager delle nazionali: sarebbe lui a scegliere i cittì
Amadio, fra Scirea e Amadori, è il team manager delle nazionali: sarebbe lui a scegliere i cittì
Anche Bartoli ha vinto il Fiandre, anche Tafi…

Non andrei troppo indietro nel tempo, perché il ciclismo cambia in fretta. Ad esempio il prossimo anno è per velocisti? Chiamiamo Petacchi. Serve gente che abbia corso in questo stesso ciclismo. Chiaro che non glielo dici alla fine, ma all’inizio dell’anno, in modo che possa fare le sue osservazioni, valutare gli uomini e formare il gruppo. Un commissario tecnico a tutti gli effetti.

Cassani non lo ha mai vinto da corridore, ma ha pur portato a casa un secondo posto e quattro europei.

Perché ha avuto la fortuna o è stato bravo a formare un gruppo di ragazzi che corrono insieme sin da quando erano dilettanti e sono amici, fra loro c’è un’unione naturale. Ai mondiali non si è visto lo stesso.

Per le crono, Malori vedrebbe benissimo Pinotti come cittì per le crono
Per le crono, Malori vedrebbe benissimo Pinotti come cittì per le crono
Bettini ha vinto due mondiali da corridore, ma non li ha vinti da tecnico…

Bettini si è trovato l’incarico fra capo e collo per la morte di Ballerini. Nel 2011 il mondiale era per velocisti e una regola impediva a Petacchi di partecipare. A Valkenburg non aveva il corridore adatto. E a Firenze, senza la caduta Nibali vinceva di sicuro.

E nella crono come si fa?

Non serve cambiare ogni anno, basta chiamare uno competente. Uno come Pinotti, secondo me. Che ha imparato dai migliori e poi ha fatto il tecnico di specialità alla BMC. Almeno io farei così…

Sarà vero che Van Aert e Van der Poel sono imbattibili?

21.09.2021
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Se non fosse stato un cronoman, Adriano Malori avrebbe avuto un futuro da tennista. Ogni volta che gli mandi di là una palla o un’idea, lui te ne rispedisce due. E così alla fine il taccuino degli appunti esplode e ti ritrovi a gestire una bella abbondanza. Così, mentre nei giorni scorsi si parlava della crono iridata di Ganna, il discorso di colpo ha piegato verso Van Aert e Van der Poel. Perciò, avendo approfondito nelle scorse settimane le ragioni della superiorità di Pogacar e Roglic, sarebbe stato un peccato lasciarsi sfuggire l’occasione. Anche perché i due saranno gli annunciati protagonisti dei mondiali di domenica, su un percorso che strizza l’occhio alle loro qualità.

«Sono abbastanza inavvicinabili per due motivi. Il primo è che sono gli unici in grado di fare tutte le accelerazioni con la stessa potenza – Adriano ha pochi dubbi – il secondo è che sono in grado di tenere l’andatura molto a lungo, per cui se prendono vantaggio andare a riprenderli è piuttosto difficile».

Van Aert sa scattare a raffica e poi sa tenere l’andatura: un mix fra il ciclocross e la crono
Van Aert sa scattare a raffica e poi sa tenere l’andatura: un mix fra il ciclocross e la crono
Spiegati meglio, per favore.

Se un professionista in corsa deve fare dieci scatti, farà il primo a 900 watt e poi fatalmente comincerà a calare. Loro due sono abituati a farli sempre alla stessa intensità, perché nel cross fanno accelerazioni da 1.000 watt praticamente a ogni curva. Inoltre con il fatto che sono cresciuti uno accanto all’altro, confrontandosi ogni domenica d’estate e d’inverno, hanno da anni lo stimolo di superarsi. Si migliora solo lottando con i migliori, discorso valido per loro, per i nostri giovani, per chiunque…

Mentre il discorso delle fughe?

Nelle classiche spesso lo schema è lo stesso. Il corridore attacca, quelli dietro si organizzano e rientrano e si forma un gruppetto. Loro invece hanno la forza di mantenere la velocità. La prova è che Van Aert ha appena fatto secondo nel mondiale a cronometro e anche Van der Poel al Tour ha fatto una grande crono. E secondo me lui e Valgren saranno la sorpresa del mondiale…

Forcing di Van der Poel al Fiandre, un solo corridore riesce a chiudere: è Asgreen, non a caso anche lui forte a crono
Forcing di Van der Poel al Fiandre: chiude Asgreen, non a caso anche lui forte a crono
Si sta riprendendo dal mal di schiena, ma ha vinto ad Anversa.

Secondo me dopo la figuraccia che ha fatto alle Olimpiadi, si starà allenando in silenzio e quindi è ancora più pericoloso. La loro capacità di lavorare è quello che gli permette di diventare ancora più forti.

Ad esempio?

Sanno analizzare le eventuali lacune e correre ai ripari e questo probabilmente è dovuto al fatto che sanno che l’altro non perdona errori. Van Aert è migliorato in salita, Van der Poel ha imparato anche ad aspettare i finali e sicuramente durante l’inverno lavorerà sulla cronometro.

Alaphilippe può impensierirli sugli strappi più ripidi,ma ha vita dura
Alaphilippe può impensierirli sugli strappi più ripidi,ma ha vita dura
Sono davvero imbattibili?

Uno che può dargli fastidio e che in alcune occasioni può batterli è Alaphilippe. In una corsa con strappi secchi e molto ripidi, la sua struttura fisica e le sue qualità gli permettono di scappare alla loro marcatura. Ma deve esserci l’arrivo in cima, perché basta un tratto di falsopiano e quei due tornano sotto e poi lo battono in volata.

Ma questo pensando al prossimo mondiale potrebbe non essere uno scenario possibile…

Infatti a Leuven giocheranno sul loro terreno, a casa loro e sulle loro strade. Saranno davvero sue pessimi clienti per chiunque.

L’iride di Ganna, più testa che gambe. E un pericolo schivato…

20.09.2021
3 min
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Lui non lo ammetterà mai, ma ogni volta che davanti allo schermo passano una crono e delle maglie azzurre, qualcosa gli scatta nella testa. E così ieri sera, ancora inebriati per la vittoria di Ganna, abbiamo chiesto ad Adriano Malori che cosa gli sia parso della vittoria di Pippo e della sconfitta davvero esigua di Van Aert. E l’emiliano, che non se ne perde una, è entrato presto nel vivo della conversazione.

Secondo Malori, Van Aert ha peccato di presunzione, partendo troppo forte e restando in testa fino a 3/4 di gara
Secondo Malori, Van Aert ha peccato di presunzione, partendo troppo forte e restando in testa fino a 3/4 di gara

«Sono particolamente contento per Pippo – dice – e insieme si potrebbe far notare che Van Aert ha peccato di presunzione. Pensava e sapeva di avere una gamba stratosferica ed è partito troppo forte. Quando si è visto che Pippo stava recuperando nel secondo intermedio, ho capito che avrebbe vinto lui. In queste crono così lunghe, c’è un trend che non si può invertire».

Ganna ha detto di aver capito di avere chance quando a metà gara non era entrato ancora in zona rossa. Potresti tradurre?

In una crono così, si stabilisce un wattaggio di riferimento da tenere, che nel caso di Pippo può essere di 460-470 watt. Se ti accorgi che durante la crono hai margine, allora capisci di poter aumentare. Magari riesci a spingere a 485 watt e a fare la differenza. La capacità del grande cronoman è capire se a parità di velocità, può consumare meno energie.

Verso il traguardo di Milano 2021 sulla Bolide nera: secondo Malori, Ganna ha vinto per la caduta di Cavagna
Verso il traguardo di Milano 2021: secondo Malori, Ganna ha vinto per la caduta di Cavagna
Un esempio, per favore…

Ai mondiali di Richmond avevamo pensato che per me il limite fosse a 440 watt. Solo che mi accorsi di avere margine. E pensai che avrei potuto continuare e arrivare fresco, oppure avrei potuto forzare per ottenere un risultato migliore. E così feci. Nelle crono non si deve arrivare freschi, si deve arrivare morti. La zona rossa è quando sei al limite e non hai più margine. E anche tenere il wattaggio che hai stabilito risulta difficile. Non hai più margini, inizi a grattare il fondo del barile.

Perché sei particolarmente contento per Ganna?

Perché ha rischiato di passare un brutto quarto d’ora, pensateci…

Spiega tu.

Ha vinto l’ultima crono del Giro perché Cavagna è caduto e in gruppo se ne sono accorti. Poi ha perso malamente l’italiano. Le Olimpiadi erano troppo dure, ma gli europei li ha persi lui. Se non avesse vinto oggi (ieri per chi legge, ndr), avrebbe imboccato una brutta strada.

Adriano Malori, mondiali Richmond 2015
Ai mondiali di Richmond 2015, Malori conquista l’argento andando oltre il limite che si era prefissato nella testa
Adriano Malori, mondiali Richmond 2015
Ai mondiali di Richmond 2015, Malori conquista l’argento andando oltre il limite che si era prefissato nella testa
Quale strada?

Avrebbero cominciato a dire che la vittoria di Imola era stata il frutto del lockdown e non era credibile, al pari di altre vittorie che abbiamo visto in giro. Invece a Bruges ha dato un’enorme dimostrazione di carattere. Non solo di gambe, ma anche di testa. Ha corso davvero una crono da campione, davanti ad avversari proprio forti. E’ andato bene anche Remco. Pippo non ha dominato come in altre occasioni, ma il livello si sta alzando tantissimo e ormai bisogna abituarsi a pensare che si vince anche per poco.

Thomas, Roglic e Pogacar: per Malori lo stesso schema

14.09.2021
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Il primo fu Geraint Thomas (foto di apertura), anche se probabilmente fu costretto a farlo per necessità. L’idea di questo approfondimento è venuta a Malori, per cercare di decifrare il modo di correre di Roglic e Pogacar. L’ex corridore emiliano infatti si è accorto che i due mettono in atto spesso lo stesso copione. Nelle frazioni nervose o alla fine di ogni tappa di montagna, sono in grado di imprimere terrificanti accelerazioni grazie alle quali vincono le corse e guadagnano secondi sui rivali.

«Se andate a riguardare le cronache del Tour de France del 2018 – ricorda Adriano – vi accorgerete che la tattica di Thomas era proprio la stessa. Guadagnava a cronometro, in salita resisteva al passo dei migliori. E poi negli ultimi 500 metri era in grado di cambiare ritmo e andava a prendersi i secondi di abbuono. I due sloveni in qualche modo hanno sviluppato le stesse doti. Unite però al fatto che in salita sono tra i più forti al mondo, è facile rendersi conto come mai siano pressoché imbattibili».

Nello scontro diretto, qui ai Paesi Baschi, se ne vedono delle belle. Chissà se il modo di correre di Thomas li ha ispirati
Nello scontro diretto, qui ai Paesi Baschi, se ne vedono delle belle. Chissà se il modo di correre di Thomas li ha ispirati

Tanto lavoro

Il motivo di interesse sta dunque nel capire se si tratti di doti innate o se, al contrario, i due campioni abbiano lavorato per affinare simili attitudini.

«Credo che ci sia dietro un grande lavoro – prosegue Malori – perché riuscire ad esprimere così tanta potenza dopo una corsa di sei ore non viene da sé, anche se probabilmente madre natura ci ha messo lo zampino. Immagino che anche quando sono a casa, dopo allenamenti duri e lunghi, possano fare sedute di esplosività proprio per sviluppare questa dote».

Pogacar a ruota

Quello che appare sicuramente singolare è proprio il fatto che la stessa dote e lo stesso modo di correre accomuni due corridori che provengono dallo stesso Paese, sia pure correndo in squadre diverse e con una sostanziale differenza di età.

«Thomas fu il primo – rilancia Malori – poi a questo tipo di tattica è arrivato Roglic, che se non altro per età ha raggiunto certi standard prima di Pogacar. Io credo che Tadej, che per sua stessa ammissione ha sempre preso Roglic come modello, si sia ispirato a lui anche per questo tipo di atteggiamento tattico. Sta di fatto che nell’ultimo Tour de France ha attuato la stessa tattica con Vingegaard e Carapaz. Mentre alla Vuelta, Roglic se ne è servito contro Mas».

Al Tour de France, Pogacar si è servito dello stesso schema per arginare Vingegaard e Carapaz
Al Tour de France, Pogacar si è servito dello stesso schema per arginare Vingegaard e Carapaz

Fieno in cascina

La singolare attitudine permette ai due campioni di arrivare agli scontri più importanti avendo accumulato già un piccolo vantaggio sui rivali. Questa dote infatti si rivela molto redditizia anche nelle tappe che si concludono su muri o che selezionano gruppetti grazie a tracciati molto nervosi.

«Uno scalatore puro – Malori allarga le braccia – non ha queste doti. Quei due sono l’esempio perfetto di corridori per le corse a tappe, che di anno in anno migliorano e lavorano per perfezionarsi sui fronti che gli hanno creato qualche problema. Migliorano le loro lacune. Tanto che è difficile immaginare come finirebbe fra loro in uno scontro al top. Difficile dire chi si ha il più forte. Penso che se Roglic non avesse avuto un crollo psicologico nel 2020, quel Tour lo avrebbe vinto lui. Pogacar non gli avrebbe mai dato un distacco così grande nella cronometro alla Planche des Belles Filles, perché Primoz in quella specialità vale molto più di ciò che mostrò quel giorno. Tokyo dice questo».

Contro Mas a Valdepenas de Jaen, alla Vuelta, Roglic ha giocato come il gatto col topo
Contro Mas a Valdepenas de Jaen, alla Vuelta, Roglic ha giocato come il gatto col topo

Senza limiti

Il problema semmai e che i due non si accontentano, per modo di dire, dei grandi Giri. Ed hanno esteso il loro dominio anche alle classiche più dure.

«Non è per caso – prosegue Malori – che siano proprio loro due gli ultimi due vincitori della Liegi, una classica che strizza l’occhio anche a corridori forti in salita. Non sono molti nella storia i corridori capaci di vincere i Giri e anche le classiche. Immagino quanto sia stato felice Alaphilippe di vederli arrivare nel suo terreno di caccia.

«Anche lui… sconfinò nel 2019. In quel Tour vinse la crono e arrivò a un passo dal bersaglio grosso correndo come loro. Fu un caso evidente di stato di grazia che non sai se tornerà, loro due invece sono così sempre. Hanno creato un dualismo che andrà avanti per anni e sono certo che Roglic starà già studiando il modo per migliorare ancora e sorprenderlo alla prossima sfida. Un dubbio? Quanta autonomia possano avere a quel livello. Il terzo incomodo? Potrebbe essere Bernal, anche se lo aspetto al confronto diretto. Vinse un Tour a dir poco singolare in cui tutti guardavano Thomas e la tappa regina fu tagliata. Poi ha vinto il Giro in cui i nostri due amici non c’erano, lottando più contro il mal di schiena che contro i rivali. Magari il prossimo Tour ci dirà qualcosa di più. Sono molto curioso…».

Juniores: «E’ l’età della scoperta». Malori parla chiaro

10.09.2021
4 min
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Il tema della precocità fra gli juniores continua a far parlare. E anche se c’è sempre chi minimizza e dice che va bene, da altre parti arrivano segnalazioni di pratiche eccessive addirittura fra gli allievi. Di sicuro sarà utile ascoltare anche chi, come Adriano Malori, non è coinvolto direttamente nelle squadre eppure allena o segue o conosce alcuni juniores e il loro ambiente.

«Vanno forte come gli under coi pro’ – dice – che ora passano e vincono subito. Vedo anche io qualche junior che seguo. Tutti parlano già di watt per chilo, di aerodinamica, di misuratore di potenza e roba del genere. Sono così attaccati a questi aspetti, che quando passano hai già un problema. Se invece di andare alla Ineos, che gli fanno usare la Bolide, vanno in una squadra che gli dà mezzi inferiori a quelli di prima, vanno in crisi. Allora cominciano a dire che non vanno per colpa della bici e del misuratore di potenza, perché anziché l’Srm ne hanno un altro e non si trovano».

Nel 2016 Bernal aveva 19 anni, ma ne dimostrava di più: i sudamericano crescono prima
Nel 2016 Bernal aveva 19 anni, ma ne dimostrava di più: i sudamericano crescono prima

Maledizione 1990

Malori è nato nel 1988 e già fra i suoi coetanei e quelli nati poco dopo fra il 1989 e il 1991 si parlava di attività eccessiva che li portava al rischio di carriere brevi. E forse sarà per caso oppure no, che tanti di loro non siano riusciti a mantenere le altissime aspettative con cui erano passati al professionismo. Da Battaglin a Moreno Moser, fino a Ulissi con i suoi due mondiali da junior (una polemica investì la Vangi in cui correva per tabelle di lavoro eccessive fra gli juniores: si parla del 2007). Poi Aru fortissimo a sprazzi e appena ritirato e Cattaneo che si è ripreso solo da poco.

Che cosa succede se spingi troppo fra gli junior?

A quell’età, devi scoprire i tuoi limiti. Vedi che hanno ancora il 52×14, non è per caso. Sono atleti che devono riconoscere la crisi di fame, il non mangiare, il modo di gestirsi. Io da junior sapete quante volte sono scattato perché convinto di vincere e poi sono esploso? Da under, anche da pro’. Io sono dell’idea che per fare il professionista devi essere professionista.

Palumbo vinse due iridi juniores nel 1992 e 1993, ma tra i pro’ non mantenne le attese
Palumbo vinse due iridi juniores nel 1992 e 1993, ma tra i pro’ non mantenne le attese
Invece adesso si passa dopo due anni da junior e puoi finire nella continental o nella professional.

E magari capita un ragazzino che fa una prestazione buona e lo mettono di riserva. Poi magari il titolare si ammala e buttano dentro un neoprofessionista che ha 20 anni a fare il Giro d’Italia, solo perché aveva il nome da under 23. 

Difficile di questo passo trovare un nuovo Nibali, no?

Non troveremo mai più un Nibali, soprattutto per la longevità, perché sono spremuti troppo subito. Ce ne sono tanti delle classi 89-90 che sembravano dei fenomeni, poi sono passati e sulla soglia dei trent’anni hanno le tasche abbastanza vuotine. Se guardate quelle classi lì, ci sono stati rendimenti altissimi, ma di breve durata.

Il punto è proprio capire se e quanto dureranno. Bernal ha vinto il Tour a 22 anni e il Giro a 24, ma se ne parla come un atleta già in declino…

Quando Bernal ha vinto il Tour, ho detto subito che doveva passare la fascia di età dei colombiani. Perché fanno tutti così.

Grabovskyy era fortissimo, ma arrivò al professionismo senza le basi necessarie
Grabovskyy era fortissimo, ma arrivò al professionismo senza le basi necessarie
Così come?

Fanno un paio di anni fortissimo e poi non si ripetono più. Sono tanto prematuri perché vivono in altura. Quintana vive a 2.500 metri, se lo guardi, dimostra cinque anni in più. Chiaramente sono precoci fisicamente, vivere a 2.500 metri consuma e giustamente il loro fisico, a 30 anni è come se ne avesse 40.

E poi subentra anche il discorso economico…

E poi c’è il discorso economico. A casa loro con uno stipendio WorldTour si vive da re e tanti perdono la testa. Altri, è successo con tanti russi, si ritrovavano nei bar a bere e smettevano di correre. Si comincia a correre per fame o ambizione, poi arrivano i soldi e la fame scende. I corridori della mia classe di cui parlavamo prima sono passati a 22-23 anni, avevano uno spessore. Ma se adesso passano a 19-20 anni che solidità possono avere?

Dialogo sui cronoman e sui misuratori di potenza. Parla Malori

04.09.2021
7 min
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Parliamo di cronoman. Malori è a casa con la bimba sulle gambe e intanto il discorso fluisce. Si parla di juniores al Lunigiana e si parla finalmente dell’abbondanza di cronoman azzurri. Una fase che non si viveva da anni e che permetterà ai tecnici della nazionale di scegliere in base ai percorsi e non in base al fatto che ce ne sono soltanto due e tocca sempre a loro. Si parla di Ganna, Affini, Sobrero, Cattaneo e Jonathan Milan, il cucciolo di casa. Un cucciolo con due zanne lunghe così, se è vero che a soli 20 anni s’è portato a casa l’oro olimpico del quartetto.

Affini ricorda Ganna, ha bisogno di maturare, poi sarà allo stesso livello
Affini ricorda Ganna, ha bisogno di maturare, poi sarà allo stesso livello
Di Pippo abbiamo detto tante cose, secondo te la crono delle Olimpiadi ha dimostrato ancora di più quanto sia forte, perché nonostante il percorso così duro era arrivato praticamente a medaglia?

Assolutamente. Anche perché si era preparato prevalentemente per la pista, sapeva di essere tra amici e di avere la possibilità dell’oro, con Villa ci lavorava da quasi sette anni. Invece a fronte di un percorso crono molto duro, ha fatto vedere di avere qualità innate e la capacità di adattarsi.

Esiste un limite di dislivello per uno così oltre il quale non è più competitivo, oppure se si prepara al 100 per cento può giocarsela sempre?

In teoria lui è competitivo su tutti i percorsi se si prepara per la crono. Però finché ci saranno in giro Roglic, Pogacar e Van Aert, nelle crono dure non c’è storia. Roglic alle Olimpiadi oggettivamente ha dato una ripassata a tutti. Se anche Ganna fosse stato al top, un minuto e mezzo non lo recuperava. Roglic ha dato un minuto a Dumoulin e Dennis, quindi su certi percorsi è di un altro pianeta.

Sobrero va forte in salita e quando è in condizione vola anche a crono
Sobrero va forte in salita e quando è in condizione vola anche a crono
Parliamo di Affini, somiglia a Ganna, forse gli manca qualcosa sui percorsi duri…

Secondo me è un cronoman molto simile a Ganna. Quello che ha meno di Pippo sono semplicemente dei cavalli. Sono atleti simili, grandi, molto pesanti, che vanno bene su percorsi veloci, però Ganna è semplicemente più potente. Affini mi dà l’idea di non essere la fuoriserie che esplode subito, ma secondo me nel giro di due anni può arrivare allo stesso livello.

Allo stesso livello di Ganna?

Ci metterà un pochino più di tempo, anche perché Ganna è alla Ineos già da due, tre anni, nella squadra in cui è tirato a lucido. Mentre Affini è solo al primo anno alla Jumbo, prima era alla Mitchelton e prima ancora in continental. Quindi sul discorso crono, è al primo anno in una squadra giusta sul fronte dei materiali e dello sviluppo. Diamogli tempo, ma fra un paio di anni potrà giocarsi anche un mondiale.

Conta anche la maturazione fisica?

Certamente, che non è legata solo all’età. Pippo sono anni che con la pista è al top, quindi anche a livello di consapevolezza e sicurezza nei propri mezzi è più avanti. Secondo me  è questione di un paio d’anni, ma Affini arriverà ad essere alla pari

Cattaneo ha bisogno di percorsi duri: ha grande predisposizione
Cattaneo ha bisogno di percorsi duri: ha grande predisposizione
E intanto Sobrero, zitto zitto, s’è portato a casa l’italiano…

Il percorso era duro, anche perché lo ha fatto un ragazzo che alleno e mi ha confermato quanto fosse impegnativo. Nell’ultima crono del Giro d’Italia, se non avesse avuto la sfortuna di trovarsi la macchina in mezzo ai piedi, quasi quasi lo scherzetto a Ganna lo combinava anche prima. Quindi sicuramente Sobrero ha finito il Giro in crescita, mentre Ganna invece era un po’ stanco, perché rispetto all’anno scorso, gli è toccato tirare di più.  Poi indubbiamente in una crono dura, Sobrero ha qualcosa in più rispetto agli altri italiani. Lo ha dimostrato, ha un fisico che va forte anche in salita. I cronoman italiani sono divisi in due squadre…

Due squadre?

Ci sono Affini e Ganna da una parte, Sobrero e Cattaneo dall’altra. Anche per Mattia va bene il discorso fatto per Sobrero, è molto forte però ci vuole una crono dura perché vada bene. Ganna invece va sempre forte e anche quando non è al top, comunque può difendersi bene. Quella è la dote del cronoman. Come per gli scalatori. Se prendiamo Carapaz, in salita va forte anche se non è al top della forma. Il punto in cui perde è quello dove gli altri menano forte. Faccio l’esempio su di me. Quando ero al top della forma, in partenza al Tour de France ero lì che scattavo anche in salita per andare in fuga. Se invece ero poco sotto al top, a crono mi difendevo, ma in salita ero a lustrare il lunotto del camion scopa.

Milan è il più giovane del lotto: ha predisposizione, verrà fuori al top
Milan è il più giovane del lotto: ha predisposizione, verrà fuori al top
Cattaneo forse è più potente di Sobrero?

Forse sì, perché ha un fisico diverso, leve più lunghe da crono pianeggiante, ma entrambi hanno bisogno di un percorso duro per far bene. Secondo me non portare Cattaneo alle Olimpiadi è stato un grave errore, sia per come andava, sia perché faceva il Tour. E va bene che i nomi sono stati dati il 5 luglio, ma era sempre uno in gran forma che aveva fatto il podio ai campionati italiani. A uno che veniva dal Tour la fiducia dovevi dargliela, invece di portare gente che non correva da tempo e che era andata forte a maggio. Cassani ha giocato un terno al lotto e gli è andata male

Tornando alle due squadre di cui parlavi, la sensazione, osservando la posizione e la cadenza di pedalata, è che Ganna e Affini siano più specialisti… 

Ovviamente sia Cattaneo che Sobrero non sono sicuramente due specialisti, ma sono due che quando quando vanno forte, possono fare delle buone crono. Al campionato italiano uno veniva dal Giro e ne era uscito bene, mentre l’altro preparava il Tour e andava come un caccia. Sicuramente è diverso se dovessero preparare un mondiale, la crono secca. Farebbero molta più fatica.

Adriano Malori, Marco PInotti, Paolo Bettini, mondiali Valkenburg 2012
Malori e Pinotti erano la coppia fissa delle crono azzurre. Qui con Bettini a Valkenburg 2012
Adriano Malori, Marco PInotti, Paolo Bettini, mondiali Valkenburg 2012
Malori e Pinotti erano la coppia fissa delle crono azzurre. Qui con Bettini a Valkenburg 2012
All’appello manca il più giovane di tutti, un altro che verrà fuori: Jonathan Milan

Secondo me anche lui presto o tardi viene fuori, questo è sicuro. Però ha 20 anni e non l’ho ancora visto bene fra i professionisti, quindi faccio fatica a parlarne. 

Il fatto di aver vinto il tricolore da U23 gli darà consapevolezza nell’andare avanti?

Quello e le cose grandiose che ha fatto a Tokyo gli daranno la sicurezza di poter competere per qualsiasi obiettivo. Il fatto di essere stato campione italiano sarà il modo di non staccare con il pregresso, un ricordo che non gli farà dimenticare da dove viene. Faccio il mio esempio. Quando passai alla Lampre, il primo anno che andassi bene o male a crono non importava a nessuno. Lo stesso io le preparavo, mi scaldavo, facevo tutto quello che sapevo fosse necessario. Non ho interrotto il flusso, diciamo.

Ai tuoi tempi, la coppia crono azzurra eravate tu e Pinotti, vedi un po’ di Marco nei cronoman di cui abbiamo parlato?

Con Marco ero spesso in camera. Studiava tanto, guardava i watt, la curva di potenza e le curve della strada. Io allora ero molto più forza bruta e ho imparato tanto anche da lui. Parlavamo, mi ha spiegato le sue idee e poi io ho fatto miei quegli insegnamenti. Diciamo che a fine carriera ero la sintesi fra il mio prima e le cose che mi ha passato lui. Prima che il misuratore di potenza appiattisse tutto.

Che cosa vuoi dire?

Adesso solo con la forza bruta non vai da nessuna parte, ma anche senza il misuratore di potenza. La differenza fra cronoman e scalatore una volta era data dalla sensibilità e l’esperienza. Il cronoman era quello che sapeva dosare lo sforzo, invece lo scalatore andava a strappi, si distraeva, rallentava per prendere l’acqua, aumentava e calava e così venivano fuori i distacchi nelle crono. Oggi sai che devi stare a 400 watt, ti metti lì e se nel finale vedi che ne hai ancora, vai a 430. I misuratori hanno cancellato il mestiere del cronoman più del progresso tecnologico.

Contador si difendeva anche a crono. E’ stato fra i primi a proporre l’abolizione del potenziometro in corsa
Contador si difendeva anche a crono. E’ stato fra i primi a proporre l’abolizione del potenziometro in corsa
Spiega.

Si parla di crono e prestazioni con tanti watt in più. In realtà io credo che un cronoman forte del 1998 avesse gli stessi numeri di un cronoman forte di oggi. Solo che nel frattempo l’aerodinamica, l’abbigliamento, il casco, gli occhiali, le ruote, i cuscinetti… lo sviluppo tecnologico ha permesso e permetterà sempre più di raggiungere prestazioni superiori. In proporzione, il ciclismo ha abbassato i suoi tempi di tanto. Molto più rispetto all’atletica leggera, perché loro possono intervenire solo su piste e scarpe. 

Il misuratore di potenza in effetti ha cambiato le cose anche in salita.

E io infatti sono d’accordo con Valverde e Contador e in corsa lo abolirei. Se sei un professionista, sai come stai e come gestirti. Se non lo sei e ti si spengono gli strumenti, sei spacciato. Se lo dai a uno junior, quando mai imparerà a conoscersi? In allenamento va bene, giusto tirare fuori il proprio massimo, in corsa devono comandare anche altri fattori.

Ovvio che nessuna squadra, volendosi garantire il risultato, sarà mai d’accordo…

Allora vuol dire che stiamo diventando vecchi e rimpiangiamo qualcosa che non potrà mai tornare. Qualcosa che ai miei tempi si chiamava ciclismo. Oggi come potremmo chiamarlo?

Da giovani la cronometro non sia un giorno di riposo

11.08.2021
5 min
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L’iniziativa della Bardiani di mettere in strada una propria squadra di under 23 ha un buon sapore di fondo. Se infatti da un lato essa amplifica le difficoltà in cui si muove oggi il movimento giovanile in Italia, dall’altro fa pensare che ci sia in arrivo una nuova forza capace di insegnare il ciclismo nel modo giusto. E’ una somma di pensieri, non necessariamente infallibile. Un filo che collega quel salto nella realtà Jumbo-Visma alle parole di Mattia Cattaneo e all’esperienza di Adriano Malori, entrambi allievi di Rossato in squadre che allora si chiamavano Bottoli e Trevigiani, in cui i due ragazzi (e con loro i fratelli Coledan) impararono anche ad andare forte a cronometro. La formazione deve essere completa, altrimenti all’approdo nel professionismo ci si trova con atleti incapaci di fronteggiare le diverse situazioni. Come voler fare il giornalista senza conoscere l’italiano o saper usare il computer.

«Mi è sempre piaciuto lavorare sulla crono – dice Rossato che in questi giorni si trova al Giro di Danimarca e seguirà il progetto Bardiani U23 – mi piaceva prepararli e poi erano lavori che servivano anche per la strada. Avevo la fortuna di uno sponsor come Wilier che ci dava le bici da crono e tutte le settimane, si lavorava anche per quello».

Campione del mondo

Adriano Malori e Mattia Cattaneo, il primo del 1988, il secondo del 1990. Un campione d’Europa e del mondo, un vincitore di Giro d’Italia.

«Adriano a crono – dice Rossato – andava forte anche da junior, ma con noi fece un bel salto di qualità. Più si allenava e più andava. Io collaboravo con il suo allenatore, all’epoca Sandro Callari. E’ così che dovrebbe andare, il direttore sportivo non è più in grado ormai di fare l’allenatore. Ma se riesce a fare bene i programmi e a incastrarli con la preparazione, allora si lavora bene. E alla fine Adriano vinse l’europeo e il mondiale e poi passò professionista. E al mondiale ci sarebbe arrivato nuovamente, stava crescendo forte, se non avesse avuto quel dannato incidente…».

Cattaneo, quale margine?

Cattaneo al confronto di Malori era meno specialista, ma non per questo meno forte, nonostante la faccia da bambino di quegli anni e il fisico filiforme.

«Mattia aveva un grande motore – ricorda – e dopo aver vinto il GiroBio andammo in Sicilia e arrivò sul podio del campionato italiano a crono. Facevamo allenamenti di crono individuale e di cronosquadre. Fosse per me, nelle categorie giovanili ogni cronometro dovrebbe essere fatta a tutta. E alla fine Mattia sta venendo fuori, dopo tanta sfortuna. In Lampre si stava perdendo fra tanti problemi, Savio ha fatto un grande lavoro nel ridargli fiducia e ora è nella squadra più forte del mondo. Non so se sia tardi per considerarlo il nuovo italiano per le corse a tappe. Ma ricordo che vinse il Pesche Nettarine, il GiroBio e arrivò secondo al Tour de l’Avenir».

Giorno di riposo

Non tutti i corridori che arrivano al professionismo hanno simili curricula. Un po’ perché non tutti sono capaci di simili prestazioni, ma anche perché non tutti lavorano per valorizzarle.

«Arrivano alcuni – dice – che la bici da crono non l’hanno mai usata e continuano a non usarla. In Bardiani la diamo a casa a tutti, gli raccomandiamo di usarla anche semplicemente per imparare a guidarla, in salita e in discesa, nelle curve. La cosa più semplice, dopo un allenamento di cinque ore, è usarla per fare dietro moto. Il professionismo è l’apice, nei grandi Giri quello della crono è un giorno di riposo. Nelle corse più brevi non puoi permettertelo. Guadate cosa succederà qui al Danimarca con la crono l’ultimo giorno, quanta gente perderà posizioni anche buone a causa della crono».

Nella cronometro finale del Tour, Vingegaard ha difeso il 2° posto arrivando terzo nella crono
Nella cronometro finale del Tour, Vingegaard ha difeso il 2° posto arrivando terzo nella crono

Ripartire dalla base

Per tutto questo, l’idea di creare una squadra di under 23 suona come una buona iniziativa, pur aprendo la porta su altre criticità di cui diremo a seguire.

«Abbiamo tutti gli occhi addosso – ammette il padovano – ma è una scelta di cui sono entusiasta. Avremo ragazzi giovanissimi, che faranno un’attività alla loro altezza. Una corsa a tappe al mese e corse solo la domenica, andando a scoprire la Liegi U23 come a volte fa la Colpack e la Ronde de l’Isard. Fermi quando hanno gli esami, senza mettere il naso nelle corse di classe 1 e tantomeno nelle prove WorldTour. Non potevamo fare la continental, ma così forse è anche meglio. Vogliamo provare a individuare i nuovi Ciccone e Colbrelli, cercando di insegnare loro a lavorare nel modo giusto. Crono compresa».

Malori, che cosa insegna la crono di Tokyo?

29.07.2021
5 min
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Il giorno dopo, rileggendo le immagini della crono olimpica e degli ordini di arrivo, ancora con Malori tiriamo le somme e cerchiamo fra i dettagli. L’ultima giornata olimpica su strada ci insegna qualcosa? Iniziamo immancabilmente da quella macchina da guerra slovena di nome Primoz Roglic.

«Mi piace da matti – dice Malo – perché cade, si rimbocca le maniche, torna e vince. Lo aveva fatto l’anno scorso dopo la batosta del Tour e lo ha rifatto quest’anno. Gli sloveni hanno un carattere diverso da tutti gli altri, ricordo anche quelli con cui ho corso alla Lampre. Se una corsa va male, loro pensano subito alla successiva. Se mi fosse successo come lui al Tour del 2020, sarei stato per un mese a prendermela col mondo, invece lui è ripartito, ha fatto un gran mondiale, ha vinto la Liegi e poi la Vuelta. Lo stesso Pogacar, che ha vinto il primo Tour al penultimo giorno, non ve lo sareste immaginato esultare come un matto? Invece zitto e buono. Anche quest’anno: secondo Tour e giusto qualche sorriso. Roglic uguale. Gli hanno fatto quella bella… torta alla Parigi-Nizza (il riferimento è al fatto che il gruppo gli avrebbe fatto pagare la vittoria non concessa a Mader, lasciando che perdesse la corsa nella tappa del giorno dopo, ndr). Lui zitto è ripartito e ha vinto i Paesi Baschi. Poi è caduto al Tour. Zitto e ha vinto le Olimpiadi a cronometro. Lo ripeto, mi piace da matti…».

Kung 4° con il tempo di Dennis, ma per 40 centesimi non ha preso il bronzo: il primo fra i reduci del Tour
Kung 4° con il tempo di Dennis, ma per 40 centesimi non ha preso il bronzo: il primo fra i reduci del Tour
La crono, appunto…

Pensavo risultasse più facile. Come a Rio, che sembrava dura, ma alla fine vinse comunque uno specialista come Cancellara. La regia ha lavorato malissimo facendoci vedere solo la salita dell’intertempo, ma i punti duri erano dovunque. Sennò non veniva fuori solo una media di 48. E qui secondo me va fatta notare una cosa interessante.

Quale?

Ricordate il discorso già fatto per Van Aert sul tempo giusto per arrivare in Giappone? Dicemmo che le soluzioni erano due. Arrivare due settimane prima per acclimatarsi sul serio, oppure andare all’ultimo momento e correre, come hanno fatto quelli del Tour, senza che il corpo percepisse lo stravolgimento del nuovo ambiente. Non è stato per caso che nella prova su strada i primi 8 venivano tutti dalla Francia, tre giorni prima. Ieri invece dei primi 5 solo Kung ha fatto il Tour.

Malori aveva previsto che Dumoulin potesse fare un grande risultato. Argento e carriera che riparte
Malori aveva previsto che Dumoulin potesse fare un grande risultato. Argento e carriera che riparte
Che cosa significa?

E’ successo quello che dicevamo. Sono arrivati dal Tour facendo il viaggio la sera stessa e senza recuperare. Hanno corso, andando forte. Poi hanno iniziato a risentire del cambio di ambiente e la corsa in linea ha fatto traboccare il vaso. La conferma è Van Aert. Come è possibile che volasse su strada e ieri non andasse avanti? Roglic invece non correva dalla prima settimana del Tour. Dennis e Dumoulin dal Giro di Svizzera. Si sono allenati bene ed ecco il risultato.

Però hanno corso anche loro su strada…

Senza i fuorigiri degli altri, di Van Aert ad esempio. Il confronto insegna. Roglic dopo il Tour avrà preso la bici da crono e pensato solo a questo giorno. Ha usato la corsa in linea, come dicono gli spagnoli, per togliere il catrame dal motore. Ed è arrivato perfetto alla crono.

Ganna 5° a meno di 2″ dal podio: ora porterà la sua rabbia su pista
Ganna 5° a meno di 2″ dal podio: ora porterà la sua rabbia su pista
A noi sembra, visto il percorso, che Ganna abbia fatto una buonissima crono.

Sono d’accordo. Viste le strade è arrivato a due secondi dalla medaglia dietro gente che in salita è molto più forte di lui. Non dimentichiamo che Pippo pesa più di 80 chili e Tokyo non era Imola. Se la crono fosse stata veloce, allora accostare la preparazione su pista sarebbe stato possibile. Perciò credo che Ganna abbia una grandissima condizione e in pista se la squadra sarà all’altezza, potrebbe guidarci a un oro storico nel quartetto.

Ti sei accorto però che rispetto al solito continuava a scivolare sulla sella?

Molto strano, stavo per dirlo io. L’ho visto tanto scomposto, mentre di solito è da manuale del cronoman ed è lui che insegna agli altri. Non trovava il ritmo, era irregolare. Il fatto di spostarti sulla sella, se la posizione che hai è perfetta come la sua, è la spia del fatto che non ti senti al top. Ti sposti cercando gli angoli migliori, ti scomponi. Quando stai bene invece, trovi rapporto e posizione. Secondo me Pippo ha capito subito di non avere le gambe per vincere. E a maggior ragione ha fatto una super crono. C’erano giorni in cui non ero in condizione e mi sembrava di avere la sella troppo bassa, ma nessuno ovviamente l’aveva toccata.

Uran ha chiuso all’8° posto: uno dei 3 corridori fra il 4° e il 10° posto ad aver finito il Tour
Uran ha chiuso all’8° posto: uno dei 3 corridori fra il 4° e il 10° posto ad aver finito il Tour
A questo punto in pista avrà condizione e… rabbia?

Con un Ganna così, per quanto gli gireranno le scatole, l’oro nell’inseguimento potrebbe essere a portata di mano. Al tricolore di Faenza (quarto a 12 secondi dal podio, ndr) non si è arrabbiato più di tanto, perché sapeva di aver lavorato per questi giorni. Ma qui, da campione del mondo in carica, aver mancato la medaglia per meno di due secondi ti fa arrabbiare, eccome. Posso dire un’altra cosa?

Prego.

Hanno stufato con queste crono, che sono cronoscalate. Posso capire durante un Tour, con Pogacar contro Roglic, ma nelle gare titolate, almeno una crono veloce vorranno metterla?

Cosa dici dei crampi di Izagirre?

Che il corpo a un certo punto non ce la fa più. Spingi il muscolo troppo in là e lui ti presenta il conto. L’esperienza insegna. Come Bettiol. Non a caso, due come Carapaz e Uran, abituati a gestirsi nei viaggi intercontinentali, se la sono cavata decisamente bene. Roglic ha fatto una grande crono, ma pensando alla strada, anche se da italiano non dovrei dirlo, ha vinto quello che se la meritava di più.