Moser: due Laigueglia e in mezzo Strade Bianche

03.03.2021
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All’alba della carriera, il 18 febbraio del 2012, Moreno Moser vinse il Trofeo Laigueglia, tra il darsi di gomito di chi lo aveva seguito fra i dilettanti e la sorpresa degli altri. Veniva dalla magica Palù di Giovo, figlio di Diego, nipote di tutti gli altri della dinastia trentina. Forse, rischiando di cadere nel sacrilegio, è stato il Moser con più classe, laddove con classe si intende la capacità di vincere con rapide pennellate e un uso sobrio della forza bruta.

L’anno dopo, portando in dote le vittorie di Francoforte e di una tappa al Polonia, Moreno si prese anche la Strade Bianche. Non era ancora una corsa WorldTour, ma fra i primi 10 arrivarono Sagan, Cancellara, Van Avermaet e Kolobnev che nel 2007 aveva vinto la prima edizione. E a tutt’oggi, il trentino è l’unico vincitore italiano della corsa, per cui immaginiamo che a breve ne sentirete parlare ancora.

Suo padre Diego lo ha sempre seguito con grande assiduità
Suo padre Diego lo ha sempre seguito molto

Il destino dei Moser

Lo abbiamo… pizzicato a Livigno assieme alla sua compagna. Lui farebbe sci di fondo, lei no. E la vocina sotto provocatoriamente dice che comunque la più magra è lei. Due risate e si va oltre. Col senno di poi, come pure suo cugino Ignazio, forse Moreno sulla bici ci si è ritrovato per forza. E siccome il Dna è quello giusto, per un po’ le cose sono andate anche bene. Ma nel ciclismo non basta e alla lunga (di nuovo forse) le motivazioni sono venute meno. “Moserino” lo abbiamo incontrato l’ultima volta lo scorso ottobre sull’Etna, durante il Giro d’Italia, avendo partecipato assieme a Simoni a Giro-E, per il quale lo hanno contattato anche per quest’anno.

Vince in Piazza del Campo la Strade Bianche 2013: unico italiano
Vince in Piazza del Campo la Strade Bianche 2013: unico italiano
Ma partiamo da Laigueglia, che si corre oggi. Che cosa ricordi?

Non saprei dire se rimanga per me la corsa simbolo della carriera, perché poi la Strade Bianche mi ha dato una dimensione superiore. Però l’ho vinta due volte. E’ stata la mia prima e anche l’ultima vittoria da professionista. E’ inevitabile che mi dia qualcosa di particolare.

Cosa ricordi delle due vittorie?

Sono state completamente diverse. Il primo anno, il percorso era più facile di adesso. Arrivammo all’ultimo Capo Mele in 40-50 e decisi di attaccare. Dissero che vinsi perché non mi conoscevano. Per carità, magari è vero e contare sull’effetto sorpresa è comunque un bel vantaggio. Ma diedi una bella fucilata, lo sentivo quando andavo forte e quel giorno andavo forte.

Intervistato da Alessandra De Stefano sul traguardo di Siena
Intervistato da Alessandra De Stefano sul traguardo di Siena
La seconda nel 2018…

Forse c’erano meno campioni in giro, ma quando vai piano come andavo io in quegli anni, vincere non è mai facile. E anche se in gruppo non ci sono i fenomeni, per vincere devi andare forte. Speravo che fosse il punto di svolta della mia carriera, l’occasione per rilanciarmi. Li staccai tutti, avendo capito sin dal giro prima che con quella gamba non avrei avuto problemi. Una sensazione di forza che ho provato raramente nella mia carriera. Invece 2-3 giorni dopo andammo alla Ruta del Sol e fu una sofferenza senza paragoni. In generale non sono mai stato costante, nella carriera e nella mia vita.

Forse quella stessa sensazione di forza la avesti alla Strade Bianche?

Probabilmente sì. E mi sono accorto solo dopo di che bella vittoria sia stata. Ai tempi avevo 23 anni, mi sembrava tutto facile e l’ho data quasi per scontata. Sull’arrivo già pensavo alla Tirreno-Adriatico e alla Sanremo. A quell’età quando vai forte, ti sembra di poter vincere qualsiasi corsa

Laigueglia 2018, l’ultima vittoria di Moser, in un giorno di grazia strepitoso
Laigueglia 2018, l’ultima vittoria di Moser
Nelle voci di corridoio, il tuo ritiro viene associato a quello di Kittel, Dumoulin e altri che a un certo punto hanno mollato…

Infatti questa cosa mi è stata già chiesta. La vita del corridore a un certo punto è diventata sempre più pesante e piena di stress, con la paura che una pomata usata male o qualcosa che prendevi potesse farti risultare positivo (nel settembre 2013 la Liquigas licenziò Stefano Agostini, buon amico di Moreno, positivo a una pomata contro le scottature da sole, ndr). Comunque smisi perché non andavo più, quel Moreno che vinceva facile non c’era più, un po’ come Kittel che aveva già finito di dominare le volate. Dumoulin invece si è ritirato che andava forte. Era lì ad aiutare Roglic e lo faceva bene.

Qualcuno dice che proprio quel diventare gregario sia stata la prima spia del cedimento.

Può essere che forse non riuscisse più a sostenere la pressione. Inizialmente ho pensato fosse andato con Roglic in cambio di tanti soldi, per non avere troppe seccature. Quando ha vinto il Giro, dal modo in cui gestì il giorno della sosta sullo Stelvio per andare… in bagno, pensavo fosse inscalfibile. Ma forse le pressioni sono cominciate proprio con quella vittoria. Io non ho smesso per le pressioni.

Ma nel 2018 sul traguardo ligure, il ragazzino di sei anni prima non c’era più
Il Moser del 2018 è un uomo che già pensa al ritiro
Sicurissimo?

Quando ci sei dentro, ti sembra normale fare le cose che sin dai 15 anni sapevi che avresti fatto. Io ho smesso perché non riuscivo a dare una svolta. Non riuscivo più a sentirmi in gara. Se avessi avuto le gambe o la testa per stare nei primi 10, avrei continuato e mi sarei divertito. E’ che proprio non vedevo la testa del gruppo.

Cosa ti pare del ciclismo oggi?

Visto Van der Poel a Le Samyn con il manubrio rotto? Uno così fa tanto spettacolo, mi pare un bel ciclismo. Ma tutto sommato nei giorni in cui tutto girava, era bello anche il mio. Quando andavo forte, facevo davvero delle belle cose. Ddiciamo che sono stato bravo a cogliere dei grandi risultati nelle mie giornate migliori.