Malori sulla crono dello Svizzera. Kung favorito naturale

14.06.2023
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Il Giro di Svizzera ha già archiviato tre frazioni. Ieri il successo di Skjelmose, l’altroieri quello di Girmay, ma sin qui è stata la prima tappa a destare non poco interesse visto l’ordine di arrivo. Nella crono inaugurale, primo Stefan Kung. Secondo Remco Evenepoel. Terzo Wout Van Aert… un podio del genere non è sfuggito alle considerazioni di Adriano Malori.

L’ex campione italiano a cronometro e oggi preparatore affermato, ha le idee chiare su quella prima frazione: l’anello di Einsiedeln di 12,7 chilometri. E tutto sommato non è rimasto poi così colpito dalla vittoria di Kung.

Adriano Malori (classe 1988) è stato pro’ dal 2009 al 2016. Ora gestisce il suo centro di preparazione 58×11
Adriano Malori (classe 1988) è stato pro’ dal 2009 al 2016. Ora gestisce il suo centro di preparazione 58×11

Kung da pronostico

Ci si aspettava una crono di 14′-15′, invece è stata vinta in 13’31” alla media di 56,375 all’ora.

«Si è trattato di una prova molto veloce – ha affermato Malori – c’erano diversi tratti che scendevano anche un po’ e su percorsi così Kung era favorito. Ma cosa non secondaria, dei tre è stato l’unico che probabilmente l’aveva preparata in modo certosino».

In effetti Kung è svizzero e ci teneva, puntava forte su questo appuntamento casalingo. Non dimentichiamo neanche il suo abbandono del Giro d’Italia proprio in corrispondenza della seconda crono pensando ad altri impegni.

«Lo stesso Evenepoel – va avanti Malori – veniva dalla spossatezza post Covid, da una preparazione importante… E Van Aert più o meno era sulla sua stessa linea, essendo sceso poco prima dall’altura, quindi non ancora in piena forma».

Dubbi gialli su Remco

Ma in merito alle prestazioni di Remco, Malori si dichiara stupito dal buon rendimento del belga della Soudal-Quick Step. Una brillantezza inaspettata a detta del “Malo”, che induce a pensieri che hanno un loro perché.

«Io non me lo aspettavo così forte, specie dopo il Covid. Lui che deve puntare ai mondiali, che ci sono a metà agosto, se va già così… è troppo avanti. Non ha senso quella condizione. E allora non escluderei che possa essere al via del Tour de France. Il che avvalorerebbe la mia tesi. E cioè che al Giro la storia del Covid non era vera (la sua squadra ha già dichiarato più volte che il Tour non rientri nei piani del belga e così ha fatto lo stesso campione del mondo, ndr).

«E’ un pensiero che ho già espresso. E che si lega anche al modo in cui ha corso il Catalunya e vinto la Liegi, conquistata praticamente col sigaro in bocca. Ha fatto sembrare Pidcock un amatore». Insomma sarebbe stato un po’ troppo’ in forma per arrivare forte a fine Giro. Magari in mente c’erano già altri obiettivi: questa la sintesi del discorso di Malori. «Poi okay, è fantaciclismo… me ne rendo conto». 

Per il campione belga curve non perfette, specie l’ultima sui sampietrini e il rilancio in leggera salita (foto Instagram)
Per il campione belga curve non perfette, specie l’ultima sui sampietrini e il rilancio in leggera salita (foto Instagram)

Obiettivi incrociati

Per il resto anche sul fronte dei materiali non c’è stato un granché da segnalare da parte di Malori sui tre “tenori”. 

«Era una crono dello Svizzera, i materiali sono quelli collaudati e non ci hanno perso troppo tempo. Non era neanche il momento. 

«Ho notato però un paio di aspetti tecnico-tattici. Il primo è che Van Aert era eccessivamente agile, al suo rapporto mancava un dente o due e secondo me se lo avesse avuto lo avrebbe messo e spinto volentieri. Ma torniamo al discorso di prima: era una crono importante sì, ma alla quale è stato dato il giusto peso in fase di preparazione anche dal punto di vista dei materiali.

«L’altro aspetto che ho notato è che nonostante fosse una crono veloce, aveva parecchie curve. Era tutto un destra-sinistra e ho visto i due belgi non sfruttare bene tutta la strada. Non tagliavano a dovere le curve. Loro due restavano al centro, mentre Kung sfruttava tutta la carreggiata.

«Credo che solo nell’ultima curva Evenepoel abbia perso 3”-4” dallo svizzero. Anche perché ne è uscito più lento e poi iniziava il pavé, quindi non poteva risollevare la velocità più di tanto».

Altre motivazioni per Kung. Basta confrontare questa foto di Van Aert con quella in apertura di Stefan. Prestazione e rischi di guida ponderati per il belga
Altre motivazioni per Kung. Basta confrontare questa foto di Van Aert con quella in apertura di Stefan

Ancora Kung?

Kung, Evenepoel e Van Aert: hanno dominato la scena. Si sono mostrati i migliori ed era anche auspicabile. Adesso sarà interessante vedere come saranno i valori in campo con l’evolversi della corsa elvetica e a quello che spetta agli atleti successivamente. Kung non dovrebbe essere al Tour e in teoria neanche Evenepoel. Van Aert è invece presente in funzione della Grande Boucle.

Senza contare che sul piatto Kung ha gettato fuorigiri (all’arrivo aveva la bava alla bocca), rischi di guida e una conoscenza delle strade che gli altri due non avevano.

«Credo – conclude Malori – che nella crono finale (la St. Gallen-Abtwil di 25,7 chilometri, ndr) Stefan sia ancora il favorito. Ci punta molto, ha altre motivazioni rispetto ai due belgi e soprattutto lui potrà arrivarci più fresco in quanto non dovrà fare classifica come Remco, né lavorare in ottica Tour come Van Aert».

Crono di Cesena: Ganna favorito, ma qualcosa non va

11.05.2023
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Domenica sarà nuovamente crono e questa volta, su un percorso totalmente piatto, bisognerà capire se gli equilibri che si sono delineati a Ortona saranno invariati o se fra specialisti e uomini di classifica sarà cambiato qualcosa. Nella prima sfida, lunga 19,6 chilometri, Evenepoel… ha legnato pesantemente i rivali della classifica e piegato anche la resistenza di Ganna. Gli altri hanno mostrato ciascuno punti di forza e criticità, che abbiamo pensato di analizzare con Adriano Malori, il nostro guru per le crono.

Evenepoel ha vinto la crono di Ortona, coprendo i 19,6 chilometri a 55,211 di media
Evenepoel ha vinto la crono di Ortona, coprendo i 19,6 chilometri a 55,211 di media
Che cosa ti ha stupito di Ortona?

Immaginavo che vista la salita finale, anche se non era dura, Evenepoel potesse battere Ganna. Però mi aspettavo che sarebbero arrivati alla fine del tratto in pianura con Pippo in testa o quantomeno a pari merito. Però una superiorità così schiacciante anche in pianura, su un percorso tutto piatto e lineare dove in teoria Pippo doveva volare, non l’avrei mai immaginata. Se guardiamo, in quel primo tratto ha dato poco anche ad Almeida.

Come te lo spieghi, considerando che lui ha dichiarato di essere andato fortissimo?

Non so cosa sia cambiato, però io Pippo a crono non lo vedo più quello che era alla fine dell’anno scorso. Mi spiego: si muove tanto di più. Ogni 30 secondi si butta indietro, fa il saltino per andare indietro sulla sella. E poi notavo un’altra cosa. Un cronoman cerca sempre la parte più coperta dal vento, è istintivo. Però questo spostamento lo fai sempre gradualmente, perché se lo fai repentinamente perdi velocità, fai uno zig zag. Invece ho visto che lui continuava a passare una parte all’altra in modo repentino, stilisticamente non è quello che ci siamo abituati a vedere.

Ganna, secondo, non è parso troppo a suo agio: problema di posizione?
Ganna, secondo, non è parso troppo a suo agio: problema di posizione?
Può essere dipeso dal fatto che fosse davvero al limite?

No, perché l’ho visto così fin da subito. Quello che a me faceva impazzire di Ganna era che, anche se era a 70 all’ora, era un fuso sulla bicicletta. Non so come mai, non so se hanno inciso le nuove regole dell’UCI e Pippo non si trova più bene sulla bici o se hanno provato a cambiare qualcosa. Però stilisticamente non è quello di prima. Se invece guardavate Evenepoel, che sulla carta non è a livello di Pippo come cronoman, se gli mettevi un bicchiere sulle spalle, l’acqua rimaneva ferma.

Il fatto che Evenepoel sia così più piccolo migliora la sua penetrazione aerodinamica?

Questa è la verità. In una situazione di vento contrario, il vantaggio è esponenziale per uno come lui, idem in assenza di vento. Se invece il vento è a favore come c’era, è favorito Ganna, perché fa più effetto vela rispetto a Evenepoel. E poi comunque resta il fatto che in pianura il rapporto potenza/peso conta praticamente niente e un cronoman più alto e più forte fa molti più watt.

Roglic forse è arrivato al Giro senza essere al top, ha pagato nella crono e ora rischia sul Gran Sasso
Roglic forse è arrivato al Giro senza essere al top, ha pagato nella crono e ora rischia sul Gran Sasso
Si notava che Evenepoel era in vantaggio anche al primo intermedio, è sceso dalla ciclabile senza neanche frenare ed è arrivato in vantaggio all’inizio della salita…

Faccio una considerazione, magari mi sbaglio. Per essere alla prima tappa, Evenepoel ha già mostrato una condizione già troppo avanti secondo me. Vista l’ultima settimana e, specialmente gli ultimi tre giorni, con due tappe come le Tre Cime di Lavaredo e la cronoscalata, vedendo anche quello che è successo nel 2018 tra Froome e Yates, mi sarei tenuto un po’ più di riserva. Il Giro non è la Vuelta…

Cioè?

Ci sono tappe più dure. Qui basta salire due gradini e sei già sopra quota 2.000. Secondo me, questo è il ragionamento che invece ha fatto Roglic. Con lo spauracchio della crono della Planche des Belles Filles del 2020, Primoz è però un altro che a Ortona ha avuto una prestazione totalmente insufficiente. Non è normale che il campione olimpico a cronometro, che a Tokyo ha dato un minuto e mezzo a tutti, arrivi dopo Vine e Geoghegan Hart. Va bene essere in ritardo, ma non tanto da toppare la cronometro. Aveva una cadenza che non era da lui. Duro, piantato, gonfio. Sarei preoccupato…

Tao Geoghegan Hart, re del Giro 2020, fa una grande crono: 4° a 40 secondi
Tao Geoghegan Hart, re del Giro 2020, fa una grande crono: 4° a 40 secondi
Per cosa?

Okay che sono in ritardo di condizione per venir fuori nell’ultima settimana, però in mezzo c’è Campo Imperatore, dove da un Remco così avrei paura di prendere subito un minuto. Comunque tornando al discorso della cronometro, mi ha sorpreso tantissimo Tao Geoghegan Hart, che ha finito in crescendo, è arrivato in spinta. Prima dicevo che il rivale numero uno era Almeida, ma se non capita niente potrebbe essere lui l’outsider del Giro.

Perché?

Almeida ha fatto una bella crono, ma dei due Tao è quello che ha già vinto un Giro, invece Almeida è sempre stato “un comprimario”, uno che arrancava dietro i big. Tao ha vinto il Giro, sa cosa vuol dire andare forte nell’ultima crono con la maglia e addosso tutte le pressioni del mondo. Insomma, per come l’ho visto in Trentino, potrebbe essere lui il vero outsider.

Almeida ha disputato una grande crono, chiudendo 3° a 29 secondi
Almeida ha disputato una grande crono, chiudendo 3° a 29 secondi
Proiettando tutto questo sulla crono di Cesena, che è sicuramente più lunga, cosa possiamo aspettarci?

Secondo me la crono di Cesena la vince Ganna. Ha il percorso più piatto e Pippo ci ha fatto vedere quanto va forte quando è incazzato. Come quando l’anno scorso ha toppato il mondiale e poi ha fatto il buono e il cattivo tempo in pista col record dell’Ora e il record del mondo dell’inseguimento. Quindi secondo me domenica sarà il suo giorno, anche se sicuramente non vincerà di un minuto, quello è chiaro. Secondo me sarà comunque un fatto di secondi…

Regola Bikes detta le sue “non” regole

04.04.2023
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Regola Bikes è un marchio di bici estremamente giovane, ma con obiettivi ben chiari da raggiungere, come ci hanno raccontato Fabrizio Pasolini e Nicola Percivaldi, i due fondatori. Li abbiamo incontrati all’interno dello showroom della loro nuova sede alle porte di Cuneo. Grazie a loro, abbiamo scoperto un marchio dalla forte vocazione internazionale, guidato da regole, anzi “non” regole molto precise. Scopriamolo insieme.

Fabrizio Pasolini consegna a Adriano Malori la sua prima Regola Bikes
Fabrizio Pasolini consegna a Adriano Malori la sua prima Regola Bikes
Partiamo dall’inizio, quando e perché avete deciso di creare Regola Bikes?

Regola Bikes nasce nel 2020, in pieno lockdown causato dal Covid. In quel periodo avevamo un negozio a Frabosa Sottana, in provincia di Cuneo. Eravamo chiusi e come tutti i nostri colleghi negozianti cercavamo di capire come gestire una situazione che ci aveva colto di sorpresa. Proprio in quei mesi di chiusura forzata, abbiamo iniziato a riflettere sul nostro lavoro e sulle politiche messe in atto da molte delle aziende con le quali collaboravamo e che a nostro parere non tutelavano il lavoro nostro e degli altri negozianti. Di fronte a quella situazione di incertezza, abbiamo capito che era giunto il momento di realizzare qualcosa di veramente nostro. Regola Bikes nasce in quel preciso istante. 

Il nome Regola Bikes è molto curioso. Potete spiegarci perché l’avete scelto?

Il periodo del lockdown è stato caratterizzato da una serie di regole che tutti noi eravamo chiamati a rispettare. A pensarci bene, anche prima dell’arrivo del Covid, noi negozianti eravamo costretti a rispettare delle regole. Erano quelle che ci imponevano i nostri fornitori con i loro minimi d’ordine da rispettare. Abbiamo allora deciso di ribaltare questa situazione con una nuova filosofia di lavoro. Per Regola Bikes non esistono regole. Ai negozianti che vorranno lavorare con noi, non imporremo mai delle regole, intese come un minimo d’ordine al quale dover sottostare. Nello stesso tempo il cliente finale si dovrà sentire libero di “disegnare” la sua bici ideale senza alcuna imposizione o regola da parte nostra.

Adriano Malori è poi diventato un ambassador di Regola Bikes
Adriano Malori è poi diventato un ambassador di Regola Bikes
A proposito di cliente finale, a chi si rivolge Regola Bikes?

Regola Bikes è un brand pensato per chi non vuole omologarsi, ma vuole distinguersi dalla massa pedalando su una bicicletta davvero speciale. Chi entra nel nostro showroom deve sentirsi libero di realizzare, anche con il nostro aiuto, una bicicletta che rispetti completamente i suoi gusti e le sue aspettative. Deve uscire da qui con la consapevolezza di aver acquistato qualcosa di veramente speciale.

Navigando sui vostri social abbiamo scoperto che Regola Bikes ha un estimatore convinto in Adriano Malori. Oggi Adriano fa parte della vostra famiglia come ambassador. Come nasce il rapporto di collaborazione con lui?

E’ una storia davvero singolare, che merita di essere raccontata. Quando abbiamo creato il marchio Regola Bikes abbiamo iniziato a promuoverlo via social. Ci siamo così accorti che Adriano metteva spesso il suo like ai nostri post e in alcuni casi aggiungeva un suo commento positivo. Incuriositi dalla cosa abbiamo deciso di contattarlo. Gli abbiamo chiesto se gli facesse piacere poter pedalare su una nostra bici. Eravamo infatti interessati ad avere un suo parere. Noi eravamo convinti della bontà del nostro prodotto, ma avere un parere esterno, sopratutto qualificato come il suo, ci interessava molto.

E cosa è accaduto?

Adriano si è dimostrato molto disponibile. Abbiamo quindi deciso di portargli personalmente una nostra bici presso il suo centro 58×11 by Alessandro Malori di Basilicanove in provincia di Parma. Era un mercoledì. Gli abbiamo detto di prendersi tutto il tempo che voleva e di essere sincero, se necessario anche duro, nel darci il suo giudizio. Il venerdì sera, attorno alle 20, è squillato il nostro telefono. Era Adriano Malori. Ricordiamo ancora, come se fosse oggi, le sue prime parole: «Avete un gioiello! Credo che sia la bici migliore sulla quale io abbia mai pedalato. Anche le ruote (Regola Bikes realizza anche quelle, ndr) sono spettacolari!».

Questa è la sede di Regola Bikes, dove sono esposti tutti i modelli creati fino ad ora
Questa è la sede di Regola Bikes, dove sono esposti tutti i modelli creati fino ad ora
Cosa avete pensato in quel momento?

Eravamo felicissimi. Malori non si è infatti limitato a farci i complimenti, ma ci ha dato dei consigli per apportare dei piccoli miglioramenti alla bicicletta che gli avevamo lasciato. La cosa curiosa è che internamente stavamo già lavorando a migliorare proprio gli aspetti che Malori ci aveva appena segnalato. In quel momento abbiamo capito che eravamo sulla strada giusta e che avevamo un prodotto da poter proporre al pubblico davvero unico. Oggi Malori è un nostro ambassador e siamo felicissimi di averlo in squadra con noi.

Quali sono i vostri obiettivi futuri?

Continuare sulla strada che abbiamo intrapreso nel 2020. Realizzare biciclette speciali e mettere ogni giorno ancora più passione nel nostro lavoro. Siamo i primi a testare ogni nuovo modello. Se c’è qualcosa che non ci convince, prima di presentare una nuova bicicletta ci lavoriamo fino a che non siamo completamente convinti di poter offrire ai nostri clienti un prodotto davvero top. Questa è la nostra prima regola.

Regola Bikes

Più salita e meno crono: nuovo Ganna in arrivo?

22.02.2023
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Prima crono di stagione: facile pronosticare Ganna, invece vince Kung. L’ordine di arrivo in Algarve diventa il pretesto per alcuni ragionamenti con Adriano Malori. Quando c’è di mezzo Ganna, l’emiliano aguzza la vista nel nome della stima e l’ammirazione verso il Pippo nazionale.

Una crono strana quella di Lagos, lunga 24,4 chilometri che Ganna avrebbe dovuto papparsi in un solo boccone. Invece è arrivato terzo, conquistando però il secondo posto nella classifica finale. Uno strano incrocio, cui sommare i due ottimi piazzamenti nelle tappe di salita.

I primi segnali del buon rendimento di Ganna in salita arrivano dalla Vuelta a San Juan
I primi segnali del buon rendimento di Ganna in salita arrivano dalla Vuelta a San Juan

Segnali argentini

Alla Vuelta a San Juan, Ganna aveva raccontato di essere indietro di condizione, ma il suo rendimento in salita di allora e a maggior ragione di oggi fa pensare che il ritardo non sia così grave. Insomma, il fatto che nella crono abbia vinto Kung non è clamoroso, ma forse – suggerisce Malori – c’è sotto dell’altro. Ovviamente siamo nell’ambito delle ipotesi, che però meritano di essere seguite.

«La prestazione di Kung – dice Malori – non mi sorprende. E’ quella di Pippo, invece. Non tanto per il terzo posto, ma perché alla fine ha dato solo 6 secondi a Martinez. Per contro è andato molto bene in salita. Io l’Algarve l’ho fatta e quelle due salite non sono facili, soprattutto per uno con il peso di Pippo. Vedere come le ha scalate e cosa ha fatto in Argentina, quando ha mollato Bernal ed Evenepoel che pesano 20 chili meno di lui, mi fa pensare proprio che Filippo stia lavorando in una direzione diversa».

Lo sforzo sull’ultima salita dell’Algarve toglie il fiato, ma Ganna arriva davanti
Lo sforzo sull’ultima salita dell’Algarve toglie il fiato, ma Ganna arriva davanti

Martinez a 6 secondi

Ecco la provocazione, lo spunto. Malori continua nel ragionamento. Ganna potrebbe aver dato solo 6 secondi a Martinez perché nel frattempo potrebbe aver lavorato sulle salite. Ma con quale obiettivo?

«Pippo ha 26 anni – dice Malori – e ha dominato le cronometro in lungo e in largo. E’ stato campione del mondo dell’inseguimento sin da quando era un ragazzino. Così ora potrebbe avere in testa di cambiare obiettivi: classiche e un certo tipo di corse a tappe. Chiaramente non gare con salite lunghe, non la Tirreno, a meno che non si tornasse a una Tirreno di strappi, senza montagne e con la crono alla fine. In quel caso, Ganna avrebbe almeno 40 secondi di vantaggio sugli scalatori e se ne potrebbe ragionare. Ovviamente non si parla di grandi Giri».

All’Alto de Foia, secondo giorno dell’Algarve, Ganna arriva con 7″ dal vincitore Cort Nielsen
All’Alto de Foia, secondo giorno dell’Algarve, Ganna arriva con 7″ dal vincitore Cort Nielsen

Davanti in salita

Il ritardo di condizione secondo Malori non regge. Se sei indietro, non tieni così duro sull’Alto del Colorado in Argentina e tantomeno su certi strappi portoghesi.

«Ci sta che possa aver sfruttato la condizione del quartetto sull’Alto del Malhao – spiega Adriano – che è una salita ripida, ma breve. Però sull’altro arrivo in salita all’Alto da Foia, dove ha vinto Cort Nielsen, Pippo è rimasto in coda a soffrire per tutta la salita e alla fine è arrivato a 7 secondi. Ha avuto la resistenza per tenere una salita di 20 minuti, con gli altri che si staccavano e lui in fondo a soffrire. Per me quest’anno ha qualcosa di più in salita. Lo abbiamo già visto fare prestazioni impressionanti, però magari era in fuga o perché lavorava in testa al gruppo».

Sull’Alto de Malhao del penultimo giorno, Ganna arriva a 20″ da Pidcock
Sull’Alto de Malhao del penultimo giorno, Ganna arriva a 20″ da Pidcock

Obiettivo Sanremo?

Ganna a quest’ora avrà già arricciato il naso. Tanti negli anni hanno cercato di spingerlo verso i Giri, ma non è il caso di Malori: le tre settimane sono e restano off limits. C’è una struttura fisica da rispettare.

«Sicuramente per andare meglio in salita – dice l’emiliano – un po’ di massa magra deve perderla, anche se comunque è già molto tirato. Credo che nelle crono e in pista continuerà ad andare fortissimo, ma ci sta che voglia prendere altre direzioni. Anche le classiche. Perché non pensare a un Fiandre? Oppure la Sanremo. Su una salita come la Cipressa, è lui che stacca gli altri con la sua potenza: quella non è una salita ripida. Il suo rendimento in salita e il calo a crono dell’Algarve, in cui non ha fatto neanche secondo, ma terzo, mi fanno pensare. Se avesse perso da Kung per 5 secondi, sarebbe stata una crono normale. E’ insolito il fatto che abbia preso 10 secondi dallo svizzero e ne abbia dati solo 6 a Daniel Martinez, che pure a crono va bene ed è stato anche campione colombiano. Non si può neanche pensare a una condizione scarsa, perché sennò in salita non arrivi a quel modo».

Al di là dei miglioramenti in salita, l’appuntamento per Ganna sono le Olimpiadi in pista. Nel 2022 ha anche stabilito il record dell’Ora
Va bene la salite, ma l’appuntamento per Ganna sono le Olimpiadi in pista: nel 2022 ha anche stabilito il record dell’Ora

Ritorno in pista

Insomma, mesi fa Malori si era detto contrario al fatto che Ganna mollasse la crono inseguendo miglioramenti tutti da ponderare, ma adesso il suo giudizio è cambiato.

«Ero il primo contrario al fatto di non snaturarsi – sorride – ma sono pronto a rimangiarmi la parola. Ganna ha già fatto il record dell’Ora e quello dell’inseguimento. Ha vinto due maglie iridate a crono, ci sta che provi a cambiare un po’, per poi decidere se vale la pena continuare a puntare sulle brevi corse a tappe. Per la pista alle Olimpiadi, secondo me gli basterà riallenarsi e ritroverà il suo livello. Però è chiaro che per lui la crono resta il punto forte. Se davvero vuole puntare alle corse a tappe ed essere un nuovo Ganna, dovrà ricercare il giusto equilibrio fra crono e salita».

Malori, ritorno al futuro con gli junior della Nial Nizzoli

23.12.2022
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BASILICANOVA – Il tasto rewind ha riavvolto il nastro della metà degli anni di Adriano Malori. La sua attuale vita ciclistica (e non) ha riabbracciato quella di quando era junior alla Nial Nizzoli. Il legame con la società reggiana con cui ha iniziato a diventare grande come persona e come atleta si è rafforzato curandone la preparazione atletica per la seconda stagione.

L’occhio clinico del “Malo” lo consultiamo spesso. Dalle impressioni sulla postura in bici di Pinot all’immancabile opinione sui cronomen fino al modo di correre della Jumbo-Visma all’ultimo Tour de France. Stavolta però lo incontriamo nel suo studio “58×11” mentre verifica il giusto posizionamento di un ragazzo di 17 anni, parmense come lui, della Nial Nizzoli. Sfruttiamo questo momento tecnico per farci raccontare da Malori il salto all’indietro temporale che sta vivendo.

Cosa prevede in generale il tuo programma con la squadra?

Preparo le tabelle dei ragazzi. Palestra, esercizi a corpo libero da fare a casa e naturalmente gli allenamenti su strada con i vari lavori da fare sia da soli sia quando si trovano tutti assieme. Li segue Primo Borghi che filtra ai ragazzi le indicazioni che gli do io. Con lui mi sento almeno 4/5 volte la settimana a seconda delle necessità e del periodo. Quando riesco, considerando gli impegni col lavoro e con la famiglia, cerco di andare con loro in palestra a Correggio. Mentre quest’anno in gara li ho seguiti solo alle cronometro che hanno disputato ma l’anno prossimo vorrei andarli a vedere un po’ di più nelle corse della zona.

Che effetto ti fa essere tornato con Borghi con ruoli quasi invertiti?

Strano perché prima il capo era lui mentre adesso è lui che deve ascoltare me (dice divertito, ndr). Quando a fine 2021 mi ha fatto la proposta di collaborare mi ha fatto molto piacere. Così come le parole di Auro (Nizzoli, ndr) che aveva ben accolto il mio ingresso con loro. Ho accettato volentieri anche perché ritengo che Primo, nonostante sia un diesse della vecchia scuola, abbia saputo tenersi bene al passo coi tempi. Si è ben adattato ad un ciclismo diverso chiedendomi consiglio. Ci conosciamo bene e ci confrontiamo tanto. Secondo me stiamo facendo un buon lavoro.

Che 2022 è stato con la Nial Nizzoli?

Direi molto buono. Abbiamo visto i progressi e quindi i risultati. Quintavalla da primo anno ha disputato il Lunigiana con l’Emilia-Romagna e in stagione ha fatto due bei terzi posti in gare impegnative. Al Lunigiana ci è andato anche Tagliavini, che ha colto pure una vittoria in Toscana e due secondi posti di rilievo. Lui ora è passato U23 con la Beltrami-TSA-Tre Colli e continuerò a seguire la sua preparazione in accordo con loro. Sono contento per lui perché va in un team continental dove può crescere con calma e fare esperienze importanti.

Com’è il tuo rapporto con i ragazzi?

Mi trovo bene con loro e credo che la cosa sia reciproca. Forse il mio recente passato da corridore mi agevola nel farmi comprendere meglio però vedo che comunque mi ascoltano, chiedono e mi seguono. Gli sto insegnando a correre bene tatticamente. Devono sapersi muovere per evitare ad esempio, se hai buone doti in salita, di prendere una salita in cinquantesima posizione. Oltre all’aspetto atletico, cerco di tenerli sulla corda a livello motivazionale. Li stimolo nel tirare fuori il carattere e… gli attributi (sorride, ndr). Ci sono formazioni più forti però spiego sempre a loro di non avere paura. Bisogna correre senza subire la corsa o comunque pensare a come mettere in difficoltà le squadre o i corridori più forti, magari anche in corse meno alla propria portata. Un po’ come faceva la Nial Nizzoli ai miei tempi.

A proposito di questo, quanto è cambiata la categoria juniores? Come ti ci trovi?

Mi ci trovo bene ma è indubbio che ora sia molto più esasperata rispetto al 2005 e 2006 di quando c’ero io. Sembrano tutti mini professionisti. Ci sono meno gare rispetto a prima, ogni domenica è praticamente un campionato del nord Italia. L’asticella si è alzata ma non significa che sia un bene. Il divario tra squadre forti e deboli si è ampliato. Ci sono formazioni che fanno il bello e il cattivo tempo a loro piacimento e altre che arrancano. Poi dal 2023 con i rapporti liberi se ne vedranno di tutti i colori. Vedrete quante formazioni useranno il 54×11 e quanti ragazzi che avranno problemi muscolari se non gestiti a dovere. Non stupiamoci se abbiamo carenza di un certo tipo di corridori in Italia. Per il momento noi abbiamo deciso che il 52×12 è già un rapporto adeguato, da non sottovalutare considerando lo sviluppo fisico del ragazzo.

Il preparatore Adriano Malori ha fissato degli obiettivi nel 2023 coi propri ragazzi?

No, non ne abbiamo di veri e propri. Continuare a crescere è l’obiettivo basilare. Avrò 14 ragazzi e il livello medio secondo me è più alto rispetto al 2022. Stando ai valori espressi dai test, ci sono tre ragazzi del secondo anno che appaiono come le individualità più forti. Cannizzaro è un velocista che potrebbe diventare più passista. Capuccilli ricorda un po’ me strutturalmente. Ha un gran fisicone, è forte sul passo e vorrei lavorare con lui sulle crono. Infine c’è Quintavalla che è un buon scalatore. E’ magro ma si è rinforzato muscolarmente. Vorrei che tornasse a correre il Lunigiana più da protagonista. Lui quest’anno ha le doti per andare forte ed essere davanti nelle gare dure.

Un’ultima curiosità. Ti abbiamo visto “professore” per un giorno in un istituto superiore di Parma. Che giornata è stata?

Ho partecipato ad un progetto in cui gli sportivi della nostra provincia portano la propria testimonianza di atleta. Qualcuno mi ha conosceva già, altri no. Ho raccontato qualcosina di me ma ho preferito non tediarli con dati tecnici o esperienze ciclistiche. Personalmente ho dato più importanza ad un aspetto formativo. Ho impostato la mattinata facendo capire ai ragazzi i benefici fisici e i sacrifici che si fanno per andare bene a scuola e nello sport che pratichi. E’ stata una bella esperienza. Sono incontri che potrebbero essere importanti per gli studenti purché non vengano visti dalle scuole come una lezione in cui non si impara nulla o una perdita di tempo.

Malori: «La Jumbo-Visma ha corso in modo rivoluzionario»

29.07.2022
5 min
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Quando squilla il telefono ed è Adriano Malori, si può stare certi che le considerazioni che ha in “canna” non sono banali. E infatti il discorso sulle tattiche di squadra che fa il parmense ha riscontri più che fondati.

E non c’è niente da fare, quando a parlare è il corridore, il corridore moderno, magicamente tutto appare più chiaro. Tutto ha un senso. Perché va detto: anche se Malori non corre più, resta un corridore dentro!

Negli anni d’oro la Sky metteva tutti in fila e specie nelle tappe di salita, imponeva ritmi infernali per bloccare gli attacchi
Negli anni d’oro, Sky metteva tutti in fila e specie nelle tappe di salita, imponeva ritmi infernali per bloccare gli attacchi

Nuove tattiche

Il tema riguarda le squadre, come detto. E a conti fatti si è assistito ad una corsa, il Tour de France, parecchio diversa dal solito. Con corridori importanti in fuga, più sparpaglìo e andamenti meno lineari.

«Per la prima volta – dice Malori – abbiamo visto una squadra dominare e comportarsi in maniera diversa rispetto a chi vinceva. Mi spiego.

«Venti anni fa c’era la Us Postal di Armstrong che tirava tutto il giorno, metteva tutti in fila e quando c’era la salita finale a 5-6 chilometri dall’arrivo l’americano se ne andava.

«Poi è venuta la Sky (oggi Ineos, ndr) che ha corso sulla falsariga della Us Postal. Metteva quella sfilza di gregari a tirare a 6-6.2 watt/chilo, finché non ne restavano pochissimi, due o tre corridori, e ad un chilometro e mezzo dalla fine scattava il leader. Questo è stato lo schema adottato per Wiggins, Froome, Thomas e se vogliamo anche per Bernal, solo che in quel Tour Egan ne ha fatto uno di attacco.

«La Jumbo-Visma invece ha corso in modo palesemente diverso, nonostante avesse più frecce al proprio arco, almeno inizialmente. Ne mandava sempre uno in fuga. E’ stato così con Van Aert, Laporte, Benoot, Van Hooydonck… persino Roglic sul Galibier. Hanno scelto di non far lavorare tutti gli uomini e io sposo questa tattica».

Laporte ha vinto a Cahors su via libera della sua squadra
Laporte ha vinto a Cahors su via libera della sua squadra

Gregario felice

E qui esce il corridore che è in Malori. Adriano è stato un leader e anche un gregario. Ha corso i grandi Giri con chi lottava per la generale e sa come funzionano le cose.

«Sposo questo modo di correre – spiega Malori – perché per i gregari è meno frustrante. Io gregario so che se servo, faccio il mio lavoro, altrimenti posso anche risparmiare un po’ e il giorno dopo posso andare in fuga. Magari posso anche giocarmi la tappa. E credetemi, questa cosa conta moltissimo.

«Io ho corso un Tour con Quintana e ricordo che eravamo tutti bloccati. Si doveva entrare in fuga solo se queste erano composte da più di venti corridori. A livello mentale è pesante. Tu magari quel giorno avresti avuto anche la gamba per fare qualcosa e invece dovevi restare fermo in gruppo».

«Non limitare un gregario è tanta roba. Pensiamo a Laporte. Dopo la sua vittoria ha dichiarato: “Oggi Van Aert mi ha detto che sarebbe stata la mia tappa”. Ebbene, pensate che cosa avrebbe potuto fare Laporte il giorno dopo. Se gli dicevano: “Prendi un cannone e spara sugli avversari”, lo avrebbe fatto!».

Sepp Kuss è stato l’unico della Jumbo a non muoversi in quanto doveva stare vicino a Vingegaard in salita
Sepp Kuss è stato l’unico della Jumbo a non muoversi in quanto doveva stare vicino a Vingegaard in salita

Si risparmia…

Non solo testa. Questa tattica riesce anche a far risparmiare qualcosa in termini di energia agli uomini del team, magari a rotazione. Anche se poi c’è l’eccezione Van Aert, ma quello è un altro conto, mica parliamo di un corridore qualsiasi.

«Loro – riprende Malori – i Jumbo, venivano da due Tour persi in malo modo e così hanno provato a fare diversamente. Mandando sempre un uomo in fuga anche nelle tappe di salita, erano certi di avere sempre qualcuno davanti. Magari quello in fuga tirava poco e poteva affrontare le salite con il suo passo anziché stare in gruppo e farle a tutta per non staccarsi. L’atleta si può gestire.

«Così facendo, se a fine tappa vedi che hai ancora l’uomo davanti e che il capitano ne ha uno vicino, ti puoi permettere di far staccare altri uomini del gruppo sulla salita finale e quindi di farli risparmiare. Pensiamo a Kuss. Dopo che se ne è andato via Roglic ha dovuto lavorare di più. E infatti nel giorno di Peyragudes non è stato super. Quello è stato il solo caso in cui Vingegaard non aveva davanti un uomo che lo aspettava».

La tappa del Galibier è stato forse l’emblema di questo modo di correre della Jumbo-Visma. Come Van Aert ad Hautacam in apertura
La tappa del Galibier è stato forse l’emblema di questo modo di correre della Jumbo-Visma. Come Van Aert ad Hautacam in apertura

Verissimo. Quel giorno il super lavoro di McNulty aveva isolato i Jumbo-Visma, guarda caso nell’unica volta che erano rimasti compatti. E infatti nella tappa successiva sono ritornati immediatamente sulla tattica dell’uomo in fuga.

Ma si rischia

Però questo modo più “garibaldino” di correre è anche più rischioso. E Malori infatti lo ammette. E’ più rischioso perché la corsa resta inevitabilmente più aperta. E’ più rischioso perché se il capitano resta solo e in difficoltà perde del tempo prima di ritrovare il suo compagno davanti. E poi servono i corridori per farlo. Corridori che devono stare bene.

Ma in questo caso la Jumbo proprio non aveva problemi, nonostante la perdita di alti portacolori del calibro di Roglic e Kruijswijk.

Peyragudes: nell’unico giorno in cui la Jumbo-Visma è rimasta compatta, Pogacar li ha battuti in volata
Peyragudes: nell’unico giorno in cui la Jumbo-Visma è rimasta compatta, Pogacar li ha battuti in volata

Lavoro mirato

Ma non è tutto. E pensando proprio a questo Tour e ai valori in campo delle squadre con la UAE Emirates incerottata e una Jumbo-Visma esplosiva, se i gialloneri si fossero messi a tirare tutti in fila in stile Sky avrebbero lavorato anche per lo stesso Pogacar.

«E qui – dice Malori – mi riallaccio in parte al discorso dei Tour persi. Con un Pogacar in agguato, la squadra olandese è stata costretta a rivoluzionare la sua tattica. Se tiri costantemente, Pogacar non lo metti in difficoltà. Anzi, con i suoi finali ti batteva in volata. Come succedeva con Roglic nel 2020».

Ultima crono, stessi nomi di Hautacam. Malori ragiona…

23.07.2022
6 min
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Van Aert. Vingegaard. Pogacar. Thomas. E poi Ganna. Riepilogando: il fenomeno in maglia verde, i primi tre del podio (con la maglia gialla che ha frenato per lasciar vincere il compagno), infine lo specialista più forte del mondo. La crono di oggi ha ribadito una serie di cose, fra cui il fatto che Pogacar non avrebbe potuto recuperare nulla a Vingegaard.

Nell’ultima crono di un Grande Giro si paga il conto delle forze residue, soprattutto se corsa su strade così tecniche e poco filanti. Pertanto la nostra voglia infinita di applaudire la vittoria di Ganna si è infranta su un ordine di arrivo che, certo con posizioni non identiche, ha riproposto gli stessi quattro nomi di due giorni fa a Hautacam.

Van Aert era il vincitore naturale della crono: il più pronosticato
Van Aert era il vincitore naturale della crono: il più pronosticato

Ne abbiamo ragionato con Adriano Malori, che giorni fa su Facebook aveva proposto un’interessante rilettura delle crisi di Pogacar e delle striature di sudore che rigano quotidianamente i suoi pantaloncini.

Che cosa ti è parso di questa crono?

Ha ribadito i valori generali. I due Jumbo una spanna sopra agli altri. Pogacar il solito lottatore. Un grande Geraint Thomas che è tornato finalmente ai livelli che gli competono. E un Pippo Ganna sotto tono come si è visto dall’inizio del Tour. In questa crono si è visto chi ha recuperato meglio durante le tre settimane. Era una crono dispendiosa, dove bisognava rilanciare, fare attenzione alle curve. I primi tre sono quelli che sono stati meglio nella terza settimana.

La posizione a crono di Vingegaard non è delle più belle, ma redditizia
La posizione a crono di Vingegaard non è delle più belle, ma redditizia
Era pensabile quindi che Vingegaard andasse così forte?

Vingegaard ha rallentato per far vincere Van Aert, sennò avrebbe vinto anche la crono. Penso che per come va a crono e in salita, si sia aperto un bel dualismo con Pogacar per i prossimi anni.

Il Vingegaard cronoman?

E’ messo malissimo sulla bicicletta da cronometro, per quello è palese che oggi contavano le gambe. Poi attenzione, parliamo di un fisichino da scalatore estremo, non come Pogacar che, per quanto forte in salita, non ha un fisico da scalatore. Ho visto una foto mentre Vingegaard era senza maglietta a defaticare dopo la tappa ed è uno scheletro. Non ha muscoli sulle spalle, non ha tricipiti… Può darsi che mettendolo con le braccia a 90 gradi che gli caricano di più le spalle, stia scomodo.

Pochi muscoli nel tronco, pochi sulle spalle: una posizione più estrema sarebbe dura da sopportare
Pochi muscoli nel tronco, pochi sulle spalle: una posizione più estrema sarebbe dura da sopportare
In effetti non ha un assetto da manuale…

Ho visto che ha una posizione molto simile alla bici da strada, per come usa le gambe. Abbastanza comoda, se vogliamo. Lui sicuramente è partito con l’ottica di vincere il Tour, quindi la posizione è stata curata. Perciò, allo stesso modo in cui diciamo spesso che la posizione da crono fa stare il corridore scomodo, magari hanno visto che per lui la posizione più aerodinamica è troppo estrema. E ne hanno scelta una più vantaggiosa per lui a livello fisico. In questa crono mollavi spesso la posizione bassa, rilanciavi, l’aerodinamica non era così importante come nel classico piattone della pianura francese, con 3 curve e il paesino. La posizione scomoda compromette anche il giorno dopo. Quando ragioni su un uomo di classifica, devi considerare anche quello.

Ganna invece era messo benissimo, ma…

Pippo è dalla Danimarca che non lo vediamo brillante. Al Delfinato, se Van Aert si fosse gestito meglio, lo avrebbe battuto. Ha rinunciato al Record dell’Ora ad agosto, quindi forse ha un momento che può capitare, in cui qualcosa non va. Da quando si è presentato al grande pubblico, le cronometro le ha sempre dominate. Un anno che magari fatichi a trovare la miglior condizione può capitare.

Thomas ha ritrovato la condizione e il posto in gruppo che gli si addice
Thomas ha ritrovato la condizione e il posto in gruppo che gli si addice
Pensi che non stesse bene?

Che sia un po’ sotto tono lo ho visto anche l’altro giorno quando era in fuga con Geschke. Era palesemente in difficoltà e si è rialzato, mentre il tedesco è rimasto in fuga. Un Pippo Ganna su un percorso del genere si sarebbe portato Geschke a spasso. Può darsi che la caduta del secondo giorno abbia compromesso qualcosa e non è stato dichiarato. Sicuramente ha avuto qualche problema che gli ha tolto un po’ di cavalli in queste due settimane. O semplicemente è la prima volta che si trova a correre con il caldo del Tour e non ha recuperato. Abbiamo visto tanti corridori più esperti crollare, da Soler a Morkov.

Ci si poteva aspettare invece la vittoria di Van Aert?

E’ quello che ha dominato l’ultima settimana, pure ieri ha fatto il bello e il cattivo tempo. E’ attualmente il corridore più forte al mondo, perché è in grado di spostare gli equilibri da solo. Ieri se avesse vinto, prendeva maglia a pois e maglia verde.

Pogacar si è buttato nella crono come un lottatore, ma sono mancate le gambe
Pogacar si è buttato nella crono come un lottatore, ma sono mancate le gambe
Infatti già lo tirano per la manica perché faccia classifica…

Ma fare classifica richiede un altro sforzo mentale. Van Aert per forte che andasse, correva libero mentalmente. Una volta andava in fuga, una volta ha fatto gruppetto. E’ un altro vivere dal dover stare lì tutto il giorno e tutti i giorni e non aver mai un giorno di crisi. E poi è così forte in questo modo, che non avrebbe senso trasformarsi. Questo è andato a un passo dal vincere a Hautacam e l’anno prossimo magari ti vince la Roubaix. Chi glielo fa fare di snaturarsi per fare nono al Tour de France? 

Torniamo al discorso su Pogacar che suda troppo?

Pogacar soffre il caldo. I segni bianchi sui pantaloncini sono il segno di un corpo che perde tanti sali di suo. Vingegaard ha pure i pantaloncini neri, ma non ha quei segni. Nei giorni in cui è stato staccato, la prima cosa che faceva Pogacar era aprirsi la maglietta. E’ il primo segnale di una persona che ha caldo. Nelle prime tappe al Nord sembrava che il Tour fosse finito. A la Planche des Belles Filles, era caldo, ma la salita era corta e ha vinto. Poi di colpo è crollato, lui soffre il caldo. E non dipende da quanto bevi con un caldo così. Prendere i sali, il magnesio… Se uno soffre il caldo, lo soffre e basta. Penso che il problema sia lì. Come pure penso che l’anno prossimo per battere Pogacar ci sarà da sparargli…

Come mai?

Perché anche se è molto bravo a fare la bella faccia, è sorridente ed è un signore, sicuramente gli morde dentro aver perso di tre minuti il Tour. Lo ha perso nettamente. Ad Hautacam si è fatto staccare da Van Aert. Per lui è sicuramente una grossa lezione. Se andrà alla Vuelta, il secondo prende dieci minuti…

Juniores, i rapporti sono solo una parte del problema

13.07.2022
5 min
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Andrea Morelli fa parte della Commissione scientifica voluta dalla Federazione lo scorso anno e assieme ai suoi colleghi, fra cui Paolo Slongo, aveva già messo mano alla questione dei rapporti liberi per gli juniores. Dalle loro osservazioni è nata una relazione, per cui quando ha letto sul tema l’intervista di Adriano Malori, il direttore del ciclismo in Mapei Sport ha proposto la sua visione delle cose. Partendo dalla propria esperienza e da quella relazione.

«Sapevamo che la Francia aveva eliminato la limitazione – spiega – allo stesso modo in cui sapevamo che da noi tante squadre allenavano già i ragazzi con i rapporti liberi e magari adesso sono fra quelli che si lamentano. Il nostro punto di partenza è stata la relazione scientifica dei francesi. Secondo loro la limitazione delle velocità derivante dall’uso di rapporti troppo brevi avrebbe impatto sulla formazione atletica e sul futuro degli atleti. Mentre le loro ricerche non avrebbero rintracciato problemi sul piano fisiologico».

E’ stata la Francia per prima a eliminare la limitazione, ma gli juniores erano già liberi nelle gare nazionali
La Francia per prima ha eliminato la limitazione, ma gli juniores erano già liberi nelle gare nazionali

In realtà, par di capire ogni giorno di più, non esistono grandi studi al riguardo che stabiliscano una linea diretta fra i rapporti liberi e i problemi articolari. Non più di quelli che si potrebbero generare con i rapporti bloccati, esagerando con la forza in salita.

Forse il discorso dei rapporti è secondario?

Forse sì. Quello che cerco di far passare con chi lavora sugli atleti più giovani è di limitare i lavori sulla forza. Che non esagerino. Ci sono Paesi che fanno educazione alla forza, semplicemente creando i presupposti perché un domani gli atleti possano sostenere carichi superiori. Quindi esercizi a secco, corpo libero, core stability e anche in bicicletta. Componenti che spesso si tende a trascurare, privilegiando invece l’intervento su altre caratteristiche fisiologiche. Ma la maturazione fisica non è uguale per tutti, per cui si dovrebbero fare valutazioni a lungo termine per instradare la crescita dei ragazzi.

Nelle sue crono da junior (qui oro a Innsbruck 2018) Evenepoel avrebbe tratto vantaggio da rapporti più lunghi
Nelle sue crono da junior (qui oro a Innsbruck 2018) Evenepoel avrebbe tratto vantaggio da rapporti più lunghi
La troppa agilità fa male?

Può creare problemi articolari se eccessiva, ma in genere si può e si deve dire che su ogni terreno, dallo sprint alla crono, esiste un range ottimale di frequenza di pedalata e sviluppo della forza. Ai giovani si deve proporre un’attività coerente con il loro livello di prestazione. Evenepoel faceva le crono da junior a frequenze impossibili, perché non aveva il rapporto che gli permettesse di raggiungere la giusta cadenza. Per la forza che aveva, avrebbe tratto vantaggio da un rapporto più lungo.

Si gioca tutto sulla forza, dunque?

Il rapporto che si usa passa in secondo piano rispetto alla giusta cadenza. E paradossalmente, maggiore è la potenza di cui si dispone e più si avrà necessità di fare una cadenza elevata. Froome può essere un esempio calzante. Al contrario, se propongo delle SFR o delle partenze da fermo, produco dei sovraccarichi che possono portare a infiammazioni o degenerazioni articolari. E questi sono lavori che prescindono dal rapporto che si usa. Lo dimostra il fuoristrada…

Coppa Montes, domina la Auto Eder. L’uso di rapporti liberi nelle volate potrebbe fare la differenza (photors.it)
Coppa Montes, domina la Auto Eder. L’uso di rapporti liberi nelle volate potrebbe fare la differenza (photors.it)
Cosa dimostra?

Che anche nel settore giovanile si usano rapporti liberi e questo non crea problemi. Quello che limita la resa della pedalata è l’affaticamento neuromuscolare. Se anche li lascio con il 52×14 e in salita propongo delle SFR con un rapporto duro, stimolo livelli di forza altissimi. Come andare in palestra e fare la pressa all’80-90 per cento del carico massimale.

Quindi si parla di qualcosa che non causerà problemi?

Premesso che negli allievi la limitazione resta, credo che il quadro sia poco chiaro. Di sicuro va insegnato il corretto uso dei rapporti. Si parla tanto dei preparatori dei pro’, ma la FCI dovrà avere a cuore anche i corsi per creare la giusta cultura fra gli allenatori delle categorie giovanili. E poi c’è da lavorare sull’aspetto psicologico. Lo scalatorino di 50 chili non tirerà mai il rapportone e potrebbe arrivare alle salite già staccato. Alla quarta batosta di questo tipo, c’è rischio che smetta. Questo perché al primo anno da junior non sai come si svilupperà il corridore. Di sicuro ci saranno grosse problematiche, non è una fase da ignorare.

Anche con il 52×14 in salita i più forti riescono a fare parecchia forza (photors.it)
Anche con il 52×14 in salita i più forti riescono a fare parecchia forza (photors.it)
Si è parlato anche di ragioni commerciali.

Chi produce i gruppi e le stesse bici ne trarrà vantaggio. Ormai le bici arrivano già montate e non è semplice per chi lavora nelle società giovanili chiedere di smontare i gruppi di serie per mettere pignoni e guarniture da juniores. Ormai è difficile anche trovare i componenti, perché ci sono aziende che il 52 hanno anche smesso di produrlo.

La regola non si cambia, come si fa per conviverci bene?

Bisogna mettersi a tavolino per valutare lo sviluppo dell’atleta. Bisogna capire che il primo step è sviluppare le sue capacità tecniche, mentre sulla forza è corretto lavorare dopo lo sviluppo ormonale. E l’ultimo step si farà al passaggio negli U23 affinché da pro’ si possa puntare alla prestazione. E poi dipende dall’atleta…

In che misura?

Malori dice bene, che se avesse avuto il 53×11 avrebbe fatto disastri. Ricordo bene di averlo allenato e lui era il primo a esagerare con i lunghi rapporti. Quelli che vanno duri ci sono sempre stati. Non tutti riescono a fondere forza e cadenza come Ganna e Cancellara.

L’uso del lungo rapporto genera in pianura le differenze maggiori (photors.it)
L’uso del lungo rapporto genera in pianura le differenze maggiori (photors.it)
Avendo i rapporti liberi negli juniores, inizieresti a fare qualche intervento anche fra gli allievi?

Non vedo perché spingerli a velocizzare un adattamento per cui non sono pronti. Mi concentrerei più su quello che voglio raggiungere nel lungo periodo. Per migliorare la cadenza si usava il fisso oppure il dietro moto, che accresce la capacità di fare velocità a cadenze maggiori, senza sovraccaricare. Il dietro moto porta adattamenti che fanno migliorare la prestazione. Ma sono aspetti molto complicati. Vanno costruiti programmi perseguendo la crescita e non il risultato. Perché se inizio a fare il pro’ già da allievo, arrivo negli U23 che mentalmente sono già bruciato. La testa non regge. Bisogna tornare a pensare che il passaggio al professionismo è solo l’inizio.

Rapporti liberi per gli juniores, un passaggio da gestire

09.07.2022
6 min
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Il mondo degli juniores si fa domande, da quando l’UCI ha abolito la limitazione dei rapporti. In realtà la novità, in vigore dal prossimo primo gennaio, è stata fatta passare fra le righe ed elimina il vincolo ai 7,93 metri per pedalata (52×14) con cui si era inteso tutelare la prima categoria internazionale del ciclismo. Certe cose non accadono mai per caso. E se già i francesi avevano eliminato il vincolo, essendo francese anche il presidente dell’UCI, evidentemente l’idea era allo studio da tempo.

Di fronte a scelte di questo tipo si possono avere due atteggiamenti. Attaccarsi alla memoria e sparare a chiunque si avvicini, come il giapponese sull’isola convinto che la guerra non sia mai finita. Oppure cercare il modo più intelligente per convivere con la novità, alla quale bisognava opporsi evidentemente prima e in altre sedi.

Lorenzo Giordani al Giro della Lunigiana 2021, gara juniores, alla verifica dei rapporti
Lorenzo Giordani al Giro della Lunigiana 2021, gara juniores, alla verifica dei rapporti

Martinez e i pro’

E’ chiaro, come ha dimostrato l’esperienza di Lenny Martinez al Tour of the Alps, che se un under 23 di primo anno viene portato tra i pro’ e fino a 4 mesi prima ha pedalato con il 52×14, l’impatto sarà devastante. Il francesino però, come tutti i suoi connazionali, si è sempre allenato e corso le prove nazionali senza alcun limite, per cui si è adattato alla svelta. E dato che l’accesso alle corse dei professionisti avviene ormai stabilmente a 18 anni nelle continental, si è pensato probabilmente di metterci una pezza togliendo il limite.

Questa potrebbe essere una spiegazione. Un’altra ipotesi l’ha fornita Christian Schrot, tecnico della Auto Eder (team U19 della Bora-Hansgrohe), secondo cui dietro potrebbe esserci anche il fastidio per le case produttrici nel dover realizzare pacchi pignoni con il 14 come ingranaggio minimo. Considerato che anche il passaggio di massa al freno a disco è avvenuto probabilmente per le esigenze di aziende sponsor dell’UCI che su questo fronte avevano investito prima di altre, non ci stupiremmo neppure di questa seconda lettura.

Tour of the Alps 2022, Lenny Martinez a suo agio tra i pro’, ha ottenuto anche qualche bel piazzamento
Tour of the Alps 2022, Lenny Martinez a suo agio tra i pro’, ha ottenuto anche qualche bel piazzamento

Trovare una soluzione

Sta di fatto che da gennaio gli juniores correranno con i rapporti dei pro’, mentre parrebbe intatta la norma per cui gli allievi dovranno continuare con il loro 52×16 (6,94 metri per pedalata). Volendo capire il punto di vista di un preparatore, abbiamo fatto tappa da Adriano Malori, che allena i ragazzi del Cycling Team Nial Nizzoli di Fosdondo (Reggio Emilia), ma siamo pronti per allargare il discorso a quanto vorranno offrire il loro contributo. Dopo una prima fase in cui ha accolto la modifica con parole assai poco gentili, l’emiliano ha cominciato a ragionarci.

«Secondo me resta una boiata – dice sorridendo – ma d’altra parte non è sbagliato dare ai ragazzi la possibilità di adattarsi a quello che troveranno nelle continental, dove di fatto corrono tra i pro’. Avrei scelto la via di mezzo. Avrei concesso il 53 e lasciato il 14. Oppure avrei salvaguardato i primi anni. Di certo non è pensabile confidare nel buon senso di chi li gestisce. Parliamo di fisici spesso molto acerbi, con il rischio di danni alla muscolatura, alle articolazioni e ai tendini. Mi aspetto che facciano le crono con il 58×11…».

Controllo dei rapporti per le azzurre al via dei mondiali di Leuven. Dal 2023 un passaggio in meno
Controllo dei rapporti per le azzurre al via dei mondiali di Leuven. Dal 2023 un passaggio in meno
E’ così evidente che alcuni siano ancora immaturi fisicamente?

Ce ne sono alcuni che devono formarsi e altri più fisicati che a questo punto faranno quel che vogliono. Ci sono ragazzini con le spalline basse, che ancora devono farsi. Penso allo stesso Mattia Cattaneo, con cui ho avuto l’onore di correre. Negli under 23 era filiforme, non era ancora formato. Ha iniziato a costruirsi muscolarmente alla Androni e adesso fa parte dell’elite mondiale. Quando sei così esile, il fisico non è pronto e te ne accorgi perché ad esempio hanno problemi alle ginocchia.

Secondo il tecnico della Auto Eder questo passaggio aumenterà le differenze tra forti e deboli.

Sicuro. Uno che fisicamente è già formato mette il 53×11 e stacca in pianura il ragazzino di 50 chili che ha bisogno di crescere. Utilizzare un rapporto non adatto alla tua età però è come andare in palestra e pretendere di sollevare i carichi dei professionisti. Il risultato è che tanti ragazzini rischiano di smettere prima di essersi formati.

Cambierà di riflesso anche la preparazione degli allievi? Foto alla partenza della Coppa d’Oro
Cambierà di riflesso anche la preparazione degli allievi? Foto alla partenza della Coppa d’Oro
Dici che non ci hanno pensato?

Non so se l’UCI abbia in mente di riscrivere le categorie, portando il ciclismo nella scia del calcio e di tutti gli altri sport professionistici, in cui a 17 anni sei lì a giocare contro i grandi campioni. Vedo la scomparsa della categoria U23 in quanto tale, che magari rimarrà riservata alle gare titolate, come europei, mondiali e Coppa delle Nazioni. Di sicuro togliere l’agilità “forzata” agli juniores rischia di produrre dei nuovi Gontchar (il pro’ ucraino rinomato per l’abuso di lunghi rapporti, ndr) o dei nuovi Malori. Anche io da piccolino ero abituato ad andare duro, pensate se avessi avuto il 53×11 da junior…

Ma la regola per ora non la cambi. E allora come si fa a conviverci?

L’unica cosa è farli allenare da allievi un paio di volte a settimana con il 52×12. La palestra va bene fino a un certo punto, perché i veri watt li fai in bici. E comunque non puoi costringerli a sollevare dei pesi eccessivi, perché sarebbe contro natura. Se invece da metà anno alleni quelli che devono passare juniores con il 52×12, forse iniziano ad abituarsi.

E così però metti mano anche negli allievi.

Sarà inevitabile. Si crea un problema piramidale al contrario, è una cosa bestiale. Si va verso carriere per forza più brevi, se iniziano con certi carichi a 17 anni. Quello che non condivido è che si lamentano tanto delle precocità e poi fanno norme del genere. A meno che non si voglia creare una generazione di corridori subito spettacolari, avendo visto questa infornata di ragazzini fortissimi. Così si elimina la categoria degli U23 e si gareggia subito al top.

Il primo Malori abusava dei rapportoni: buoni per vincere da U23, limitanti fra i pro’
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E’ anche vero che all’estero è sempre stato così…

L’anomalia italiana è evidente. Come è evidente una cosa che ha detto Moreno Moser in telecronaca, mi piace come commenta. Ha detto che giovani come Evenepoel e Pogacar hanno avuto la fortuna di non doversi confrontare con i campioni che c’erano prima di loro, perché il Covid li ha danneggiati più di quanto abbia fatto con i giovani. E’ mancato lo scontro generazionale. Il miglior Ganna non si è mai scontrato con il miglior Dennis, perché il 2020 ha riscritto la storia.

Quindi si costruisce il futuro sulla base di un’anomalia?

Questa è la sensazione, staremo a vedere. Intanto però c’è da ragionare su come allinearsi a questa nuova regola.