Prendi Simoni, mettilo seduto, assicurati che sia concentrato e chiedigli che cosa farebbe nei panni di qualcun altro. E’ un vecchio giochino giornalistico, che funziona soltanto se hai davanti l’interlocutore giusto. E Gibì è sicuramente uno dei migliori. Anche perché pur essendosi tirato fuori dal frullatore del ciclismo, dedicandosi spesso ad altro, il trentino osserva tutto. Al Giro d’Italia ha corso fra quelli delle bici elettriche, anche se a un certo punto hanno dovuto rimandarli a casa per la positività dei 17 poliziotti in moto. E così, alla vigilia dei vent’anni del suo primo Giro d’Italia (foto di apertura), gli abbiamo chiesto di giocare con noi.
Se fossi Nibali
Che cosa faresti se fossi Nibali, a 36 anni, nella stagione in cui si ritroverà fra i piedi i ragazzini che l’hanno… schiaffeggiato al Giro?
«Difficile da dire – comincia Simoni – ma la prima cosa è che a quell’età non devi preoccuparti degli altri e puntare su te stesso. Così starei tranquillo e mi giocherei sapendo che non sarò io l’uomo faro della corsa. Tornerei a puntare sull’effetto sorpresa come quando ero giovane. Anche sul fronte della preparazione forse farei una riflessione, perché quello che andava bene a 30 anni magari adesso non vale più. Voglia di vincere ne avrei ancora tanta, ma se lo facessi vedere mi passerebbero sopra. Meglio stare accorti. Sarei sempre un riferimento, consapevole del fatto che quei ragazzini magari hanno cominciato sognando di diventare come me. Non correrei mai contro qualcuno, se non contro me stesso per superare qualche limite».
Se fossi Pogacar
Hai vinto il Tour a 21 anni e adesso che ne hai 22 sono tutti lì ad aspettarti. Cosa fai, ci credi o te la fai sotto?
«E’ un problema essere giovani adesso – dice – perché hanno cominciato ad andare forte troppo presto. Belle le soddisfazioni, belli i soldi, ma non è tutto rose e fiori. Da dilettante può anche essere divertente essere sotto i riflettori, ma ora cominci a renderti conto che non hai contro solo degli avversari, ma intere squadre, direttori sportivi che vogliono farti perdere. Nel professionismo ci sono tante invidie, meglio capirlo presto. Fra un po’ si accorgerà che qualche amico diventerà avversario. Allora se fossi in lui, mi troverei due corridori tutti miei. Compagni di squadra, di stanza, di allenamento, compagni di avventura. Gente trattata bene, che mi tenga al riparo. Finché sei ragazzo, tutti ti aiutano. Poi devi saperti gestire, perché altra gente vuole partecipare alle tue vittorie».
Se fossi Froome
Ti sei appena ripreso da un infortunio e scopri che la tua squadra ti preferisce le forze più fresche, cosa fai?
«Bel dilemma – dice Simoni – perché Froome si è sempre chiuso in se stesso, senza lasciare capire molto di sé e sfinendosi in allenamento. Se fossi vissuto tanti anni in quella squadra, avrei addosso l’ansia dei miei compagni che sono anche i miei avversari. Saprei di aver sempre vinto essendo capitano a metà, perché al primo intoppo ne saltava fuori un altro. Secondo me tutto questo gli ha tolto tranquillità. Io non ci credo che ancora abbia tanti strascichi dell’infortunio, secondo me come tanti della sua età ha sbagliato la preparazione durante e dopo il lockdown. Comunque bisognerà vedere quali conclusioni ha tratto dalle esperienze precedenti. Se insiste a voler correre come ha fatto finora, temo che alla Israel Sart-Up Nation farà un buco nell’acqua. Se invece prova a cambiare, allora magari tira fuori qualcosa».
Se fossi il Presidente
Se fossi uno di quelli che si candida alla Presidenza della Federazione, che cosa faresti?
Questa volta, la prima dall’inizio del gioco, la risposta non arriva subito. Ci pensa. Il silenzio dura qualche secondo.
«Mi auguro che cambi qualcosa – parte dritto Simoni – ma qua tutti vogliono i numeri, le vittorie, le medaglie che sono il gran segreto della Federazione. Anche Cassani si preoccupa troppo delle medaglie. Ne abbiamo di forti, che andrebbero forte anche senza la Federazione. Ma dietro non c’è niente. La Fci dovrebbe eliminare la burocrazia e riscrivere certe regole, che sono più vecchie di me. Siamo allineati con gli altri sport. Nel calcio e nello sci si parla di talenti di 10 anni che quando arrivano a 15 non li ricorda più nessuno. Bisognerebbe che il Coni ci mettesse mano, lasciando che fino alle medie lo sport lo gestissero le scuole. E poi l’Uci, cui basta che paghi e puoi correre anche nelle gare WorldTour. Hanno tolto il gusto del successo per molti sponsor. Come se una squadra di prima categoria nel calcio si svegliasse un giorno e potesse giocare in serie A solo perché ha trovato lo sponsor. Tanto ormai si paga per passare e per correre, si paga per tutto. E poi basta con queste categorie. Via i dilettanti, gli under 23, le continental. Facciamo gli juniores fino alla scuola e poi tutti professionisti. Che senso ha il mondiale under 23 cui partecipano i professionisti? Se fosse ancora vivo Dante Alighieri, farebbe il girone del ciclismo, non dei ciclisti. Una bolgia in cui c’è il peggio del peggio di questo sport bellissimo. Cosa farei se fossi il presidente della federazione? Anche Roma ha dovuto bruciare perché la ricostruissero».
Se fossi Ganna
Hai vinto tutte le crono e un arrivo in salita e adesso sono tutti a tirarti per la manica perché punti al Giro. Sei d’accordo?
«Se fossi Ganna – dice Simoni – andrei a leggermi la storia di Boardman e quella di Olano. Anche se Olano ha vinto una Vuelta, che poi magari… vabbè! Se fossi Ganna andrei a leggermi la storia di Chris Boardman che ha la collezione delle maglie di leader di tutte le corse a tappe. Forse gli manca quella del Giro e avrebbe dovuto provarci. Come Boardman, mi porterei a casa tutte quelle cronometro, magari come lui punterei al record dell’Ora e vedrai che prima o poi salta fuori pure un mondiale su strada adatto alle sue caratteristiche. Puntare alla classifica di un Giro? Secondo me è presto. E’ vero che ha vinto a Camigliatello, ma con una fuga da lontano. La stessa salita con il peso di una maglia addosso sarebbe un’altra cosa».