Ganna e quei 9 decimi su Vine: la lettura di Malori e Cioni

12.09.2025
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Nove decimi. Due battiti di ciglia, un niente, meno di un secondo. Ma tanto è bastato a Filippo Ganna per aggiudicarsi la cronometro individuale di Valladolid, atto numero 18 della Vuelta. Un finale da urlo, che ha tenuto tutti sul filo a cominciare da Pippo stesso. «Credo di aver sofferto più a stare tre ore sulla hot seat (il posto dove siede colui che è primo in classifica, ndr) che sulla bici», ha detto Ganna.

Alle sue spalle si è piazzato Jay Vine, che in maglia a pois e in lotta ogni giorno per se stesso e per il capitano Joao Almeida si conferma formidabile contro il tempo. Nella generale invece l’accorciamento della crono (da 27 a 12 chilometri) ha di fatto congelato quasi tutto. Alla fine Almeida ha strappato una decina di secondi a Jonas Vingegaard. Mentre Giulio Pellizzari, che ieri ci aveva confidato di attendere questa tappa con grande attenzione, si è ben difeso: 36° a 45″ da Ganna e a 5″-10″ dai rivali diretti.

Jay Vine è stato un missile, ma nulla ha potuto contro il finale travolgente di Ganna: 2° a 0,9″
Jay Vine è stato un missile, ma nulla ha potuto contro il finale travolgente di Ganna: 2° a 0,9″

Oltre i 60 all’ora

Pippo parte in sordina. O meglio, sembra gestire. Ma certo una crono di 12 chilometri deve essere terribilmente complicata da gestire. Si deve andare a tutta dall’inizio alla fine, ma per fare questo i 12 chilometri diventano tanti. Il tracciato però invita a spingere.

Al primo intermedio, dopo 4 chilometri, Pippo non era neanche tra i primi dieci. Al secondo intertempo, dopo 8 chilometri, era sesto a 9” proprio da Vine. Ganna si è sciroppato gli ultimi 4.200 metri a una media di 57 all’ora. Deve essersi messo in modalità pista, come nell’inseguimento. Il tachimetro indicava costantemente 61-63 all’ora. Qualcosa di incredibile.

«Nella prima parte del percorso – ha detto il piemontese – non sono riuscito a trovare un giusto ritmo. Nella seconda metà invece ho provato a spingere il più possibile, senza guardare ai numeri. Sono molto felice, questa settimana sta andando molto bene per noi (il riferimento è alla vittoria di Bernal, ndr).
Dopo la caduta al Tour non è stato facile ritrovare la condizione, sono arrivato qui dopo tante fatiche (e tanta altura, ndr). La Vuelta non è una corsa facile per un ragazzone come me, ci sono tantissime salite. Ma sono felicissimo, ci voleva dopo tanta sofferenza e tante malattie».

Vingegaard si è detto soddisfatto della sua prova, andata secondo le aspettative
Vingegaard si è detto soddisfatto della sua prova, andata secondo le aspettative

Il pensiero di Malori

Come da nostra abitudine abbiamo voluto commentare la tappa con l’esperto, che in questo caso è stato Adriano Malori, un gigante della crono. E come sempre il Malo ci ha visto lungo.

Adriano: finalmente Ganna! Come lo hai visto?

Il solito Pippo Ganna che va forte e fa un gran finale, ma con appena 1” di vantaggio su Vine. Lo dico in modo un po’ brusco: vedo in generale una piccola debacle dei grandi cronoman ultimamente. Per esempio non pensavo che oggi Kung, in una crono così veloce, perdesse così tanto. E anche altri specialisti in questi ultimi periodi non brillano.

E perché secondo te?

In generale non saprei, nel caso di Pippo perché ha fatto un po’ più di strada del solito e magari è un filo più magro. Ma attenzione, non voglio criticarlo, magari ci sta provare anche altre cose. Ci sta che uno come lui, che ha già vinto tanto, si ponga altri obiettivi. E comunque è andato fortissimo, perché ha fatto 56 di media! Voglio dire che la figura del cronoman puro sia stata un po’ cancellata. Anche Remco Evenepoel è più di un cronoman. Pogacar, e penso alla crono spaziale che ha fatto al Tour, non è solo un cronoman. Sono corridori completi che vanno. Questo, posso ipotizzare, perché tutti curano di più la specialità.

Cioè?

Prima solo gli uomini di classifica e i cronoman curavano con attenzione la posizione, i materiali e tutto il resto. Ora lo fanno tutti. Tutti hanno materiali top, escono con la bici da crono. I livelli cambiano e i distacchi si riducono.

Ieri nel finale Ganna è stato strepitoso. Come ti spieghi questa rimonta su Vine, Adriano?

Di certo Pippo ne aveva, bisogna vedere che l’altro non si sia gestito male e sia rimasto senza gambe. Spesso le crono così corte sono difficili da gestire, sono queste quelle in cui si resta senza gambe e non quelle da 50 minuti. Perché lì sai che non puoi andare a tutta sin da subito. In prove così veloci e intense imposti il pacing, i watt, ma sei comunque portato a spingere troppo.

Almeida ha rifilato 10″ a Vingegaard ed ora è a 40″ dal danese
Almeida ha rifilato 10″ a Vingegaard ed ora è a 40″ dal danese
Domanda all’ex corridore: ma quando vedi che il computerino segna 62-63 all’ora ti gasi?

Personalmente non guardavo la velocità, ma osservavo i watt. Ho sentito di un mio ex tecnico alla Movistar e poi vicino alla Visma-Lease a Bike che diceva come nel famoso giorno di Vingegaard nella crono di Combloux al Tour 2023, avesse il potenziometro leggermente sfasato, che segnava di più. Ebbene lui non se ne è curato, si sentiva bene e ha continuato a spingere secondo le sue sensazioni, anche se i dati che vedeva erano già alti. Bravo Jonas. Ma quando tu hai una FTP di 450 watt e vedi che tieni bene i 470-480 allora in quel caso ti gasi davvero e a livello psicofisico decolli.

A proposito di Vingegaard, l’accorciamento della crono secondo te ha danneggiato Almeida?

No, non credo. Anche se Vingegaard è meno forte del 2023, è comunque solido. Non spreca un’energia più del previsto. E poi un giorno uno guadagna qualche secondo e un giorno li recupera l’altro. La crono di Valladolid pertanto non avrebbe influito a mio avviso anche se fosse stata lunga i 27 chilometri previsti. Insomma non ce lo vedo Almeida che sulla Bola del Mundo gli rifila un minuto.

Ma alla fine dunque, Adriano, Ganna è più felice perché ha vinto o sta lì a pensare che ha dato solo 1” a Vine?

No, no… è felice perché ha vinto. Tra l’altro Vine è un ottimo cronoman. Anche a me è capitato di vincere per un secondo contro corridori meno specialisti di me. Poi alla fine analizzi la gara e rivedi tante cose. E comunque, come dicevano in Fast and Furious: non è importante che tu vinca per un miglio o per un centimetro, ma che tu arrivi primo!

Ed ecco TopGanna. Anche a Valladolid ha optato per il setup che più ama con il 64×11 come massimo rapporto
Ed ecco TopGanna. Anche a Valladolid ha optato per il setup che più ama con il 64×11 come massimo rapporto

Parla Cioni

E partendo proprio da quest’ultima risposta di Adriano Malori, circa l’analisi della gara a posteriori, ci pensa subito Dario David Cioni, tecnico della Ineos Grenadiers, a dare una chiara visione dell’andamento della corsa.

«Pippo è andato forte – ha spiegato il toscano – ma è anche vero che Vine ha beneficiato di un paio di scie di corridori partiti prima di lui che ha ripreso. In più è partito tra i primi e si sa che col tempo le condizioni possono cambiare.

«Se guardo alla sua prestazione questa è ottima. Togliamo Vine che è così vicino, gli altri, Almeida, Vingegaard, sono tutti più staccati. No, oggi su un percorso così veloce era difficile poter fare più distacchi. In più all’inizio Ganna era un po’ bloccato. Siamo nella terza settimana di un grande Giro, non in una corsa di un giorno, e può succedere, tanto più se pensiamo che ieri c’era stata una tappa in salita. Non certo il massimo per lui che non è uno scalatore».

Cioni spiega poi un altro fatto. Partendo presto, Ganna aveva di fatto solo un’ora e mezza tra la ricognizione e il via. Di fatto la sua recon si è trasformata in una sorta di pre-riscaldamento.
«Pippo – conclude Cioni – ha fatto due giri del percorso. Il primo piano, il secondo un po’ più allegro soprattutto per visionare le curve. Da lì è stato un’ora e mezzo tranquillo e poi ha iniziato la trafila del riscaldamento. Alla fine la cosa più stressante per lui è stata attendere tre ore il verdetto! Cosa mi è piaciuto di questa sua crono? Il gran finale. E’ letteralmente volato. In certi tratti andava a 64 all’ora».

Dal volo di Remco al podio di Affini. L’analisi a tutto tondo di Malori

09.07.2025
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Tutto (quasi) secondo programma. A Caen, tappa a cronometro individuale, vince Remco Evenepoel, ma subito dietro c’è Tadej Pogacar, che torna a vestirsi di giallo. Completa il podio un grandioso Edoardo Affini. E anche Adriano Malori in qualche modo si gode e saluta il gigante mantovano: è con lui che analizziamo questa crono.

Ma forse la grande notizia di giornata è che Jonas Vingegaard ha pagato dazio. Neanche Donald Trump avrebbe fatto tanto: 1’21” da Remco e 1’05” dal primo rivale, Pogacar

Di nuovo il Tour de France offre un bagno di folla. E’ incredibile come questo evento riesca a essere così attraente. Un po’ per il suo DNA e parecchio per la bravura dei suoi organizzatori anche nel renderlo così grande e appetibile. La gente che si è vista in queste due frazioni è stata qualcosa di incredibile. In fin dei conti, quella odierna è stata uno spettacolo lungo: i test del mattino e poi la possibilità di vedere uno ad uno tutti i 179 atleti rimasti in gara.

Pogacar in giallo. VdP cede nettamente. Lo sloveno guida con 42″ su Remco e 59″ su Vauqelin. Vingegaard è a 1’13”
Pogacar in giallo. VdP cede nettamente. Lo sloveno guida con 42″ su Remco e 59″ su Vauqelin. Vingegaard è a 1’13”

Parola ai tre tenori

«Tutto è andato secondo i piani – ha detto Evenepoel – non ho mai avuto la sensazione di poter andare più veloce, quindi sono contento del risultato. E’ la seconda vittoria per la squadra (dopo quella di Tim Merlier, ndr), quindi è fantastico. Ho corso in modo piuttosto costante, ho mantenuto un ritmo regolare dall’inizio alla fine e credo che questo sia stato il mio punto forte. Nei vari intermedi: ho continuato a risalire in classifica ogni volta e ho guadagnato tempo negli ultimi 7 chilometri. Il mio ritmo era perfetto e tutto procedeva a gonfie vele. E’ un passo in avanti verso il podio, non vincerò questa corsa quest’anno. Ma fra qualche anno sì».

Stranamente, nonostante non abbia vinto, il più felice sembra essere proprio il re sloveno. La rivincita dopo la debacle nella cronometro al Delfinato è bella e servita.

«Sono davvero contento di come ho corso oggi – ha detto Pogacar già in giallo – sono a soli 16 secondi dal campione olimpico, dal campione del mondo e miglior cronoman del momento. Sono estremamente contento. E inoltre, a parte Evenepoel, sto guadagnando tempo su tutti gli altri miei rivali per la maglia gialla. Soprattutto perché non mi aspettavo di guadagnare così tanto tempo, pensavo che Vingegaard sarebbe stato più vicino. Ora però dobbiamo restare concentrati. Nulla è deciso e difendere la maglia gialla fino a Parigi non sarà facile».

Piegato a lungo sulla sua Cervélo dopo il traguardo, Vingegaard è stato l’ultimo a parlare ed è stato laconico: «Non avevo le gambe e non so… non me lo aspettavo, ma succede. Il risultato riflette le sensazioni che avevo in bici. Stavo lottando con le gambe e la posizione in bici. Distacco superiore al minuto? Se guardiamo agli ultimi anni si è vinto con distacchi maggiori – come a dire che c’è spazio per recuperare».

E adesso passiamo ad Adriano Malori.

Vingegaard è incappato in una giornata poco positiva. «Ho litigato con la posizione», ha detto il danese
Vingegaard è incappato in una giornata poco positiva. «Ho litigato con la posizione», ha detto il danese
Adriano, cosa ti è sembrato di questa crono?

Sicuramente non mi aspettavo un tracollo così di Vingegaard. Mi aspettavo un Pogacar più forte rispetto a quello visto al Delfinato, perché lì non era per niente in giornata. Credevo che il danese potesse perdere 15”-20” da Pogacar ma non così tanto. Lo si vedeva scomposto, anche di spalle. E poi una volta era agile, una volta andava duro… questo è il tipico segno di chi non riesce a trovare il ritmo, il rapporto…

Ovviamente un distacco simile, Adriano, è figlio di una giornata no. Però abbiamo notato che c’era vento e lui aveva all’anteriore una ruota molto più alta rispetto agli altri. Può aver inciso?

No. Ripeto, si vedeva che non era in giornata e lo si è visto sin da subito. Storicamente Vingegaard è leggermente superiore a Tadej a crono, mentre oggi la tendenza è stata decisamente opposta. Per me, anche con una ruota più bassa, non sarebbe cambiato niente. Anche perché il vento forte e costante c’era solo nella parte finale. E tra l’altro, se guardiamo bene, è quella dove Remco ha fatto la differenza netta su Plapp e Affini.

E ora?

Tanti diranno Tour finito, ma il Tour non è finito perché 1’13” si possono recuperare. E’ chiaro che non è facile perché là davanti c’è Pogacar… Ma aspetterei, insomma.

La freccia Evenepoel. Da notare la visiera tagliata per lasciare spazio alle braccia
La freccia Evenepoel. Da notare la visiera tagliata per lasciare spazio alle braccia
Quale aspetto tecnico ti ha incuriosito di questa crono?

In generale un miglioramento di posizione veramente grande. Fino all’anno scorso solo Evenepoel riusciva a stare incassato veramente bene con le spalle ed essere tutt’uno col manubrio. Ora sono in tanti. Ma è così: quando uno ha un’invenzione, gli altri la copiano. Oppure prendiamo i caschi, per esempio. Tutti dicevano che quelli lanciati dalla Visma erano inguardabili, però adesso li usano quasi tutte le squadre così. Davvero una grande cura. Così come la guida…

Anche noi lo abbiamo notato. La parte finale era tecnica, eppure Remco è sembrato più abile con la bici da crono che con quella da strada…

In generale ora c’è una ricerca della prestazione anche dal punto di vista della guida. Nel finale Pogacar ha addirittura guadagnato 3”-4” a Remco che a sua volta è stato bravissimo, e quella poteva essere tranquillamente la differenza che decideva la gara. Di certo questo livello di guida, parlo in generale, è figlio di allenamenti particolari. Allenamenti che, se non avessi avuto l’incidente, avrei fatto anche io.

Spiegaci meglio…

La guida della bici da crono era un aspetto migliorabile e avevo in programma degli allenamenti nei kartodromi. Era una cosa che avrei fatto a fine stagione. Kartodromi, o piste per bambini… insomma circuiti sicuri con curve strette, in cui si riesce a fare tecnica di guida. A stare in posizione, a fare bene le traiettorie. Un tempo solo Cancellara guidava la bici da crono come fanno i ragazzi oggi. Adesso tutti si buttano giù in ingresso curva come se fossero sulla bici da strada.

Rispetto al Delfinato si è visto un Pogacar più sciolto. Probabilmente quel giorno stava provando un nuovo assetto
Rispetto al Delfinato si è visto un Pogacar più sciolto. Probabilmente quel giorno stava provando un nuovo assetto
Credevamo che con tutto il vantaggio su Vingegaard, dall’ammiraglia avessero detto a Pogacar di non rischiare. E invece ha guadagnato…

Pogacar ha rischiato, ma non oltre il limite, perché lo fa con naturalezza. Questo vuol dire che è abituato, che è sicuro su quella bici. Poi penso anche che tutti questi atleti vivono in luoghi dove le strade, almeno in certi orari del giorno, ti permettono di osare un pelo di più, di fare tecnica. Vivono in Francia, Slovenia, Monaco, Danimarca, Spagna… dove la lingua d’asfalto è ampia, sicura, e il fondo stradale è ottimo. Qui da noi, almeno dalle mie zone di Parma, ci sono crepe in cui ci finisci dentro fino alle protesi!

Chiaro…

Gente così può dire: «Beh, stamattina mi sveglio presto e mi butto giù una discesa bello andante». E magari davanti ho anche una moto che mi fa da riferimento. Vi racconto questa: prima dei mondiali di Firenze 2013, Cancellara si svegliò in piena notte per essere pronto alla primissima luce dell’alba. Erano lui e una moto e andò a percorrere il finale della crono perché voleva vederlo senza traffico e farlo a velocità di gara, o quasi. E anche questo faceva una grande differenza. Già dieci anni fa si guardava a queste cose. E dieci anni fa, nel ciclismo di oggi, è come se fossero trenta.

Invece il casco di Remco con l’apertura sulla visiera?

Prima ancora che una questione aerodinamica, io credo sia perché, stando lui così chiuso, la visiera gli dava fastidio sugli avambracci. Quel taglio oltre a non avere questo problema gli permette di chiudersi ancora meglio.

La crono è specialità futuristica, l’estremo della tecnica e della preparazione?

C’è stata un’evoluzione impressionante: materiali, posizione. Prendiamo gli scalatori: un tempo prendevano minuti, su minuti… oggi sono lì a un minuto e mezzo. Ci pensate voi a un Quintana che in una crono di 33 chilometri come quella di oggi prende solo un minuto e mezzo da Cancellara? Ora è normalità. Cura delle posizioni, gestione dello sforzo, misuratore di potenza, preparatore che ti fa un’analisi del wattaggio prima del via e come distribuirlo… Per assurdo, se vogliamo, il mestiere del cronoman è andato un po’ a sparire. Perché non devi più imparare a gestirti, non devi più imparare la posizione: sono i team, gli staff, che ti ci portano.

Bravissimo Affini, terzo a 33″ da Remco. Sarebbe stato interessante vederlo partire più vicino a Remco per avere pari condizioni di vento
Bravissimo Affini, terzo a 33″ da Remco. Sarebbe stato interessante vederlo partire più vicino a Remco per avere pari condizioni di vento
Cos’altro ti ha colpito della crono di Caen?

Che finalmente hanno messo una cronometro da cronoman. Senza salite in mezzo o strappi al 15 per cento che non si possono vedere. Quello odierno era un percorso bello, lineare. Anzi, farei un appunto…

Vai…

Visto che c’è questo grande fenomeno, Pogacar, che poi stacca tutti anche in salita, mi piacerebbe vedere un Tour con due belle cronometro da 50 chilometri come un tempo. Pensateci. Magari Remco arriva alle montagne con due minuti di vantaggio. Cambierebbe tutto. Ci sarebbe più spettacolo.

Torniamo all’attualità: che ci dici di Affini?

Ve ne avrei parlato anche se non me lo aveste chiesto! Edoardo mi è piaciuto veramente tanto. Senza nulla togliere ad altri grandi cronoman, ma ricordiamoci che è un gregario. Tira tutto il giorno, tiene davanti i capitani, va a prendere le borracce. Ha fatto così al Giro e sta facendo così al Tour. Non ha potuto fare la crono tricolore perché lo hanno richiamato in altura e nonostante tutto il lavoro di questi giorni oggi ha fatto terzo… dietro due alieni che hanno preparato il Tour al meglio. Quindi, veramente complimenti a lui. E’ bello vederlo lì. E se una squadra come la Visma-Lease a Bike lo ha appena fatto rinnovare per tre anni, un motivo c’è.

Siamo tutti con Van Aert, un po’ meno con la Visma

04.04.2025
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Davanti a una corsa come la recente Dwars door Vlaanderen, ci sono due piani da far coincidere: il piano della tattica di corsa e il piano degli uomini che hai di fronte. E se l’uomo è un campione che fatica a ritrovarsi, allora il discorso si complica. Che cosa sta succedendo a Van Aert? L’esito della corsa belga sarà l’ennesimo chiodo sulla croce o se ne può dare una diversa lettura? E perché la squadra non ha voluto fargli da ombrello?

Abbiamo riletto i post di ieri, quelli dopo la sconfitta. Non i commenti dei tifosi, ma quelli degli addetti ai lavori che nella difficoltà del belga forse hanno riconosciuto anche un pezzetto della propria storia. Da Demi Vollering in avanti, nessuno di loro ha puntato il dito contro l’uomo, mentre alcuni si sono focalizzati sulla condotta della sua ammiraglia. Il piano della tattica di corsa, appunto, e l’uomo che si ha di fronte.

A Van Aert vogliamo tutti bene e abbiamo tutti la sensazione che qualcosa non vada come deve. Per cui abbiamo ripreso alcune di queste voci e siamo andati più a fondo, cercando di capire se la nostra sensazione di una squadra incapace di gestire il finale di corsa e ancora meno di proteggere il suo leadeer sia condivisa da altri. Oggi Van Aert e la Visma-Lease a Bike incontreranno la stampa alla vigilia del Fiandre, con quale stato d’animo ci arriverà il belga?

Powless davanti a tutti e dietro i tre Visma sconfitti
Powless davanti a tutti e dietro i tre Visma sconfitti

La Visma e Van Aert

Adriano Malori ha scritto un post puntando il dito su squadre sempre più legate ad un approccio scientifico al ciclismo e sempre meno capaci di gestire situazioni che richiedono esperienza.

«Condivido che sia sbagliato fare una crociata contro Van Aert – spiega ora Malori – che purtroppo si trova in un momento psicologicamente molto delicato. Lo testimonia anche il fatto che sia in sovrappeso, lontano parente del Van Aert che al Tour 2022 era stato capace di staccare Pogacar in salita. Viste le cose, non avrei tenuto chiuso il finale dando a lui la responsabilità di finalizzare la corsa. Se anche avesse avuto le gambe migliori, poteva saltargli il cambio o rompere la catena. Se volevano risollevare Van Aert, secondo me l’hanno fatto nel modo più sbagliato.

«Volevi farlo vincere e fargli riprendere un po’ il sorriso in vista del Fiandre? Allora si facevano scattare i compagni in modo… morbido, facendo in modo che Powless ogni volta rientrasse, lasciando poi a Van Aert il compito di dare la botta finale per staccarlo definitivamente. Invece Wout ha dimostrato poca lucidità nel chiedere di tenere la corsa chiusa, ma l’ammiraglia ha dimostrato di non avere gli attributi per dirgli di no. Io ho la sensazione che alla Visma di Van Aert importi poco. Lo hanno sempre usato per fare il gregario in lungo e in largo. L’hanno sfruttato senza considerazione, mentre il suo rivale di sempre, Van Der Poel, si è gestito come un cecchino mirando l’appuntamento, e ci è sempre arrivato più pronto di lui. Mercoledì dovevano tutelarlo mettendosi davanti e dicendo che è stata la squadra a sbagliare la tattica. Vederlo così prostrato nella conferenza stampa a me ha fatto veramente paura».

Il secondo posto in volata è stato un colpo troppo duro per Van Aert
Il secondo posto in volata è stato un colpo troppo duro per Van Aert

Ammiraglia anestetizzata

«Il post che ho fatto ieri – dice invece Angelo Furlan – non è nel mio stile, perché sono sempre per le cose costruttive. Mi ricordo sempre quando ero corridore e le critiche da divano mi piacevano fino a un certo punto. Si capisce che Van Aert stia passando un momento difficile e che la squadra voleva farlo vincere, ma hanno sbagliato. Il fatto di non aver provato a staccare Powless quando mancava tanto all’arrivo non è stato responsabilità dei corridori: il senso del mio post era questo. Non voleva essere un’accusa, ma cosa diciamo agli esordienti e agli allievi?

«Già abbiamo tattiche che vengono stravolte da corridori che partono da lontano perché sono dei fuoriclasse. Cosa imparano i ragazzini da un finale come quello di mercoledì? Questo è il problema. Doveva arrivare un ordine dall’ammiraglia. Ci sono watt predittivi, i kilojoule predittivi, GPS, telecamere, riproduzione predittiva in 3D dell’arrivo e cosa stai facendo sull’ammiraglia quando si decide la corsa, guardi il tablet? Lo so che vuoi far vincere Van Aert, ma prova a giocartela. Gli altri due che avevano lì sono due vincenti, due punte di diamante, invece chi li guidava è parso quasi anestetizzato. Si sono dimenticati che basta fare delle cose semplici, applicare una tattica semplice e avrebbero vinto. Non vorrei essere nel povero Van Aert che ha tutta la solidarietà ed è un corridore per cui io faccio il tifo e ammiro tantissimo. Dopo l’arrivo è stato fin troppo un signore ad assumersi tutte le colpe».

Pedersen si è inchinato alla forza della Visma, ma ora conforta Van Aert
Pedersen si è inchinato alla forza della Visma, ma ora conforta Van Aert

Programma da capire

«C’è un problema Van Aert – dice Bennati – e mi dispiace tantissimo. Ci sta il fatto che la squadra voglia far vincere Wout, come quando il capitano vuole far segnare il goleador, non passa la palla agli altri attaccanti e la squadra avversaria fa goal in contropiede. Mercoledì volevano metterlo nelle condizioni di vincere la corsa, ma se in questo momento Van Aert non riesce a battere Neilson Powless in volata, allora il problema c’è davvero.

«Facciamo un passo indietro – prosegue Bennati – un campione come lui non si può gestire così. Dopo gli incidenti dello scorso anno, non doveva fare la stagione del cross e non credo che alla Visma qualcuno lo abbia costretto. Aveva la grande opportunità di recuperare al 110 per cento e prepararsi per la stagione su strada, riazzerando tutto. Avrebbe dovuto fare un programma classico, passare attraverso Parigi-Nizza o Strade Bianche e Tirreno. Un corridore come lui deve fare quel tipo di calendario, con la Sanremo e la Gand, non andare tre settimane in altura per preparare queste gare, perché obiettivamente non ne ha bisogno.

«Secondo me giocarsi solo la carta della volata è sempre sbagliato, anche se sei nettamente più forte. E se anche non avesse vinto lui perché magari Benoot andava via, dal punto di vista mentale era sempre meglio che vincesse un compagno di squadra, che avere questa grande delusione perdendo con Powless sull’arrivo. Questo episodio va sempre più a complicare la situazione di Van Aert. A meno che non abbia un carattere talmente forte che da questa grande delusione riuscirà a tirare fuori il meglio di sé, vincendo il Fiandre e la Roubaix».

Powless è incredulo, Van Aert è più incredulo di lui
Powless è incredulo, Van Aert è più incredulo di lui

Tifosi di Wout

«Mercoledì in tanti abbiamo criticato la tattica della Visma – scrive Giada Borgato – non certo Van Aert. Il campione non si discute e sono sicura che il mondo del ciclismo era lì a fare il tifo per lui. A fine corsa, da campione qual è, frustrato, deluso e amareggiato, si è dichiarato “colpevole” ai microfoni di mezzo mondo. Sentire quelle parole mi ha fatto male e mi sono chiesta perché gli sia stato permesso di prendersi una responsabilità cosi grande. Credo che in questo momento Wout non debba prendersi responsabilità per il semplice fatto che non ha bisogno di ulteriori pesi sulle spalle.

«In condizioni normali avrebbe vinto con due biciclette su Powless, ma si è visto che non è il solito Van Aert e credo che lui lo sappia. Il campione ha nell’indole di provarci, vuole vincere, ma la squadra conosce i valori dei suoi atleti e in teoria dovrebbe anche sapere come stanno a livello mentale. Allora forse sarebbe servita un po’ di freddezza da parte dei direttori sportivi che avrebbero dovuto dirgli: “No, decidiamo noi. E se sbagliamo, sbagliamo noi, non tu”. L’ammiraglia avrebbe dovuto tutelarlo e prendersi la responsabilità di scegliere cosa fare. Le critiche sono state rivolte per lo più alla squadra e non al corridore. Perché in fondo siamo tutti dalla parte di Wout».

Il 4 maggio torna “L’Etape Parma”: un percorso da Grandi Giri

16.03.2025
8 min
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Tra il 2010 e il 2015, Adriano Malori ha disputato Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta per un totale di sette volte. Ha conosciuto molto bene le grandi montagne di queste corse, così come i paesi più caratteristici o alcune tra le zone più remote nelle gare minori. L’esperienza pertanto non gli manca quando dice che il percorso de L’Etape Parma by Tour de France non ha – e non avrebbe – nulla da invidiare ad una tappa di media montagna di un Grande Giro.

La seconda edizione della gran fondo ufficiale del Tour – organizzata sempre da ExtraGiro – andrà in scena domenica 4 maggio con partenza e arrivo a Parma e un tracciato leggermente modificato rispetto all’anno scorso. Planimetria e altimetria aumentano di pari passo: 150 chilometri e 3.150 metri di dislivello. Dalla città all’Appennino Est parmense e rientro, per una giornata da vivere tutta d’un fiato per i più agonisti e con più serenità per il resto dei pedalatori.

Andata fuori Parma

L’uscita dal Parco Ducale verso i primi rilievi rispecchia lo stesso tragitto del 2024. Tutte le strade toccate da L’Etape Parma sono ben conosciute da Malori. Su quegli asfalti ne ha fatti fuori tanti di copertoncini fin da quando era un allievo che studiava per diventare il grande pro’ che è stato.

«La gran fondo – attacca il 37enne di Traversetolo – è caratteristica perché si sviluppa su tutti gli itinerari che fanno i ciclisti parmensi in base alle varie stagioni. La prima parte, quella che va verso la zona dei calanchi e dei “vulcanelli” del gpm di Rivalta, è la palestra d’allenamento per tutti quegli appassionati che sfruttano la propria pausa pranzo in bici. Le colline di quell’area della provincia non sono troppo distanti dalla città, ma ti permettono già di fare una validissima sessione. Sono caratterizzate principalmente da strappi medio-corti e secchi che ricordano le côte delle Ardenne. Si torna a casa sempre con un bel dislivello concentrato in un paio d’ore».

Si continua a salire

Se durante la settimana il tempo per allenarsi è ridotto, nel weekend si possono estendere le ore di bici andando a cercare le salite leggermente più lunghe nel tratto di alta collina. E’ in questo frangente che la gran fondo del Tour comincia la seconda parte.

«In questo tratto – prosegue Malori nella sua analisi – l’Appennino ti fornisce infinite possibilità di itinerari. Il Passo del Crocione (secondo gpm di giornata, ndr) è una salita di tutto rispetto con una lunghezza che ti impegna già per diversi minuti. La relativa discesa è l’unico momento in cui rifiatare perché da lì in avanti si continua a salire. Si arriva attorno agli 800 metri di Lagrimone, paese che per me ha sempre rappresentato il crocevia dei miei allenamenti. Ricordo che quando arrivavo lì, guardavo il computerino e decidevo cosa fare, ovviamente tenendo conto anche del meteo. Se avevo ancora tempo e volevo salire, ne sceglievo una delle tante che sono lì attorno. Viceversa se ero un po’ stretto con i tempi, mi buttavo nelle discese veloci che portano in Val Parma o in Val Termina, che era quella più vicina a casa mia».

Le curve che portano al Passo del Crocione (da fare due volte) e sullo sfondo il paese di Langhirano (foto drone ExtraGiro)
Le curve che portano al Passo del Crocione (da fare due volte) e sullo sfondo il paese di Langhirano (foto drone ExtraGiro)

Monte Caio, la vetta de L’Etape

Da Lagrimone – che nel ’91 venne attraversato dalla Prato-Felino vinta in solitaria da Ghirotto – inizia l’ascesa a Schia-Monte Caio, il punto più alto della corsa con i suoi 1.273 metri di altitudine. Schia è la sede dell’omonimo comprensorio sciistico, nel quale è cresciuto l’ex azzurro di discesa libera Alessandro Fattori (due vittorie in Coppa del mondo), nonché appassionato ciclista.

«Nonostante le mie caratteristiche fossero altre – dice Malori – ho sempre amato questa salita perché è molto simile a quelle che trovi in una grande corsa a tappe. Non le manca davvero nulla. Schia aveva diversi versanti, ma a causa di frane e smottamenti recenti, ne sono rimasti solo un paio ben percorribili. Quello più “nobile” lo si affronta nella gran fondo. Si sale a gradoni con tanti tratti in doppia cifra di pendenza e altri in cui bisogna saper spingere di potenza. Poi a livello ciclo-turistico offre panorami favolosi. Sarebbe bello vederci arrivare una tappa del Giro, visto che di spazio lassù ce n’è tanto. Vi garantisco che ne uscirebbe un bello spettacolo. Purtroppo il grosso problema di Schia è un altro, che vi dirò fra poco».

Schia è la vetta più alta della gara. Considerando lo spazio disponibile, per Malori potrebbe ospitare un arrivo del Giro d’Italia
Schia è la vetta più alta della gara. Considerando lo spazio disponibile, per Malori potrebbe ospitare un arrivo del Giro d’Italia

Ultime salite e ritorno

Una volta scollinati sulla “Cima Coppi” de L’Etape Parma, restano due gpm da fare tutt’altro che anonimi. Il primo è Cozzano Pineta (quasi a quota 1000 metri), introdotto dal celeberrimo ed infernale “cavatappi”: tre chilometri e mezzo al 12% e punte al 16% prima di affrontarne altrettanti con pendenze un po’ più umane. Il secondo è nuovamente il Passo del Crocione, fatto all’andata dallo stesso versante, che rappresenta quella famosa modifica rispetto al 2024.

«La cosiddetta salita di Sodina – racconta Malori – ovvero l’inizio che porta a Cozzano Pineta è tremenda e se lo ricordano bene i partecipanti del Giro ’90. All’epoca però la iniziavano di slancio perché si arrivava in discesa da Corniglio, nella gran fondo invece la si prende da Pastorello e quindi si inizia a salire già da qualche chilometro prima. Per gli amatori della zona il “tirabuson” (cavatappi in dialetto parmigiano, ndr) è il nostro Zoncolan. La salita più dura che abbiamo qui attorno, una vera leggenda. E comunque anche il paesaggio di Cozzano Pineta è incredibile. Appena inizia la discesa, nelle giornate terse, si vede tutta Langhirano, la Val Parma fino alla pianura attorno alla città»-

«Dopo il secondo Passo del Crocione – puntualizza – se guardate il profilo altimetrico, c’è la salita di Faviano che non è segnata come gpm, ma che non è da sottovalutare. Così come gli altri severi strappi successivi all’interno del comune di Lesignano Bagni. Quando correvo li usavo spesso come tappabuchi per completare il mio allenamento di giornata. Vi assicuro che questo finale può restare nelle gambe a tantissimi, specie chi si vuole giocare la vittoria finale. Rispetto ad un anno fa, il rientro a Parma è meno semplice».

Importante per la promozione turistica

Un percorso di 150 chilometri di una qualsiasi gara ciclistica non è mai solo da vedere in ottica agonistica. Tutto ciò che le gravita attorno è fondamentale per far conoscere un territorio assieme alle sue eccellenze culturali, enogastronomiche o di altra natura. Malori conosce bene le sue terre e quelle confinanti per avere le idee chiare sull’argomento.

«Vi ricordate prima quando vi avrei detto il problema di Schia? – riprende il filo lasciato in sospeso – Il guaio di località come Schia è l’assenza delle istituzioni provinciali che non riescono ad incentivarne il turismo in inverno e soprattutto in estate. Ci sarebbero percorsi bellissimi da fare per le famiglie con le e-bike se solo ci fosse un numero adeguato di attività. Bene, ora so che dirò una cosa impopolare, attirandomi forse le ire di qualche parmigiano. La provincia di Parma dovrebbe prendere esempio da ciò che hanno fatto sulle montagne di Reggio Emilia, dove hanno riqualificato i loro centri montani facendoli diventare paesi attrezzati di villeggiatura praticamente tutto l’anno».

«Nel 2014 – chiude con una riflessione Malori – quando il Giro ebbe due tappe parmensi, ricordo che il mio compagno Giovanni Visconti alla Movistar rimase sorpreso dal fatto che non ne sentiva mai parlare delle nostre montagne attraverso pubblicità o mezzi simili. Secondo me qua da noi ci vogliono più le idee che i soldi per migliorare la situazione. In questo senso penso proprio, e lo spero vivamente, che L’Etape Parma by Tour de France sia un eccezionale veicolo di promozione turistica per le nostre zone dimenticate o sottovalutate. Perché, lo ripeto senza paura di essere smentito: sulla carta al nostro Appennino Est, con le sue salite, non manca nulla per essere teatro di una grande tappa del Giro d’Italia».

Malori e il no iridato di Ganna: «Crono assurda, giusto non andare»

01.02.2025
7 min
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La lista delle defezioni di atleti e federazioni al mondiale in Rwanda è iniziata da diverso tempo ed è in continuo aggiornamento. Al netto del recentissimo e riemerso conflitto nella parte orientale della confinante Repubblica Democratica del Congo, tenuto sotto osservazione dall’UCI che ha già diffuso una nota ufficiale sulla (per ora) regolare organizzazione della rassegna iridata, i forfait verso il centro dell’Africa avevano anche radici espressamente tecniche. In particolare in casa azzurri sono già arrivati l’irritazione di Marco Velo e i “no” di Ganna e Guazzini per la crono e l’impressione che altri specialisti puri del “tic-tac” si accoderanno ai due azzurri (in apertura, Ganna nella crono di Perugia del Giro: veloce fino alla salita finale in cui Pogacar ebbe la meglio).

Già l’anno scorso il tracciato di Zurigo era risultato un po’ border line, soprattutto per la pericolosità di una lunga discesa ripida, stretta e veloce, anche se poi accontentò tutti e ne uscì una crono da oltre 52 chilometri di media oraria. Stavolta invece non appena sono usciti i dati delle prove contro il tempo, è parso abbastanza evidente che le altimetrie del Rwanda strizzassero l’occhio a uomini da Grandi Giri o corridori piuttosto completi. Cosa scatta quindi nella mente dello specialista? La molla per prepararsi a puntino per una sfida nuova e stimolante oppure la volontà di puntare ad altri obiettivi senza snaturarsi? Abbiamo chiesto tutto ad Adriano Malori, ormai nostro consulente per le cronometro.

Altimetrie e planimetrie

Il percorso che si snoda attorno all’altopiano di Kigali assume la forma di una Y molto tortuosa, con poca pianura ed un arrivo all’insù. Quattro le ascese previste: Côte de Nyanza all’andata (2,5 km al 5,8%) e al ritorno (6,6 km al 3,5%), Côte de Peage (2 km al 6%, che non verrà fatta dalla donne) e Côte de Kimihurura (1,3 km in pavè al 6,3%) prima degli ultimi 600 metri tutti a salire. Gli uomini si confronteranno su 40,6 chilometri per un dislivello di 680 metri, le donne faranno 31,2 chilometri per un dislivello di 460 metri.

Per ritrovare un tracciato contro il tempo piuttosto anomalo, bisogna tornare al 2017 quando a Bergen in Norvegia la crono maschile si concluse in vetta a Mount Floyen e diversi atleti scelsero di cambiare la bici ai piedi della salita finale. Vinse Dumoulin davanti a Roglic (l’unico del podio a fare il cambio) e Froome al termine di una prova di 31 chilometri con 660 metri di dislivello chiusa a 41,6 km di media oraria.

Scelta condivisa

Alla luce di quanto detto sopra, Malori va subito al sodo senza troppi giri di parole come sa fare lui. «I forfait già annunciati di Ganna e Guazzini – parte il preparatore parmense – sono state le scelte giuste, le stesse che avrei fatto io. Onestamente credo e spero che possano fare altrettanto anche atleti come Kung, Affini, Tarling o simili. Per me è un percorso assurdo. Lo dico da cronoman che ama quel tipo di esercizio proprio nella sua essenza. In questa crono manca il punto in cui lo specialista possa davvero spingere con una certa continuità e tenere alta la media.

«A parte i primi 8,3 km pianeggianti – prosegue il “Malo” – poi sono tutte salite ravvicinate e altrettante discese. E’ come una mini gara in linea, ma da fare singolarmente. Questa crono è adatta a gente da gare a tappe. Roglic, Evenepoel se non soffrirà in discesa, Vingegaard e Pogacar sono i favoriti. Ci metto però pure Van Aert, che secondo me sta tornando quello del 2022 quando vinse tre tappe diverse al Tour e fece terzo ad Hautacam. Tra gli italiani potrebbero andare molto forte Cattaneo e Tiberi. Anche tra le donne vedo favorita una da Grandi Giri come Longo Borghini, che per noi sarebbe un bene».

Vittoria Guazzini ha già annunciato che non farà la crono mondiale in Rwanda per il percorso poco adatto a lei
Vittoria Guazzini ha già annunciato che non farà la crono mondiale in Rwanda per il percorso poco adatto a lei

Strategia mediatica

Malori conosce bene il mondo del ciclismo, avendo visto da dentro come funzionano certi meccanismi per le manifestazioni più importanti. Un’idea sul perché di una crono così se la è fatta.

«La morfologia del Rwanda – spiega – probabilmente non offre alternative a percorsi da specialisti o magari non ne hanno voluti trovare in altre zone del Paese lontano dalla sede principale, come invece è successo in altre edizioni. La prendo però un po’ da lontano. Se andiamo a rivedere i percorsi dei mondiali precedenti, abbiamo visto come ci sia stata la tendenza a rendere le crono sempre meno semplici dal punto di vista altimetrico. Il caso del 2017 è più unico che raro e a mio modo di vedere incomprensibile. Nel 2023 in Scozia si arrivò su uno strappo secco in pavé, però alla fine era una crono veloce. Insomma è come se l’UCI ci volesse abituare a quest’anno perché hanno un interesse ben preciso».

Nel 2023 la crono mondiale terminava al Castello di Stirling dopo uno strappo secco sul pavè di circa un chilometro
Nel 2023 la crono mondiale terminava al Castello di Stirling dopo uno strappo secco sul pavè di circa un chilometro

«Tutto ciò – va avanti Malori – potrebbe essere una mossa ad hoc per avere l’ennesima sfida tra Pogacar e Vingegaard con Evenepoel terzo incomodo come all’ultimo Tour. Anche adesso che è inizio stagione, sui social si parla solo di loro. La gente vuole un confronto ovunque tra questi fenomeni. La sfida del Tour riportata al mondiale sia in linea che a crono. Forse l’UCI vuole un corridore che sia in grado di vincere tutto e gli importa molto poco dei cronoman puri.

«Attenzione però al rovescio della medaglia. Se vince tutto sempre il solito, anche le cronometro di mondiali o europei, gli stessi appassionati possono perdere interesse. Per me il Pogacar del 2024 in Rwanda può fare doppietta senza nemmeno faticare troppo. E potrebbe arrivarci dopo aver già vinto tantissimo in stagione. Se la strategia dell’UCI è quella di sfruttare il monopolio vincente di Pogacar, deve mettere in conto che la gente possa poi stancarsi di seguire le corse».

Nel 2017 in Norvegia andò in scena una crono iridata anomala. Arrivo in salita e per qualcuno (qui Kelderman) la scelta di cambiare bici
Nel 2017 in Norvegia andò in scena una crono iridata anomala. Arrivo in salita e per qualcuno (qui Kelderman) la scelta di cambiare bici

Obiettivi diversi

Il ragionamento di Malori torna comunque all’inizio immedesimandosi a quando si infilava nei body aerodinamici del club e della nazionale per vincere dove sa che poteva.

«Ci sono gare in cui ti devi preparare meglio o più approfonditamente – finisce la sua analisi Adriano, che da pro’ ha vinto 14 crono su 16 successi totali – altre invece dove è inutile farlo. Per essere veramente competitivo e considerando la iper specializzazione del ciclismo attuale, Ganna per questo mondiale, dovrebbe stravolgere la sua preparazione e forse anche snaturarsi un po’. Ne vale la pena?

«Lui ha già vinto due mondiali a crono e tanto altro, non ha bisogno di fare i salti mortali per questa gara. Anche perché rischierebbe di impostare una stagione su questa crono e magari raccogliere un piazzamento nei dieci o nei cinque se va bene. Già l’anno scorso ha dimostrato su un percorso poco incline a lui e dopo un periodo fuori forma, di aver fatto una grande prova. Fossi in lui mi concentrerei su altri appuntamenti per vincere. Che siano a crono o altre gare, lui ha le carte in regola per farlo».

Crono, cosa c’è dopo Ganna? Malori vede già l’erede

12.12.2024
7 min
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Le cinque medaglie azzurre conquistate dagli uomini nelle crono individuali dei tre eventi principali del 2024 hanno avuto un grande valore per il nostro movimento, soprattutto se contestualizzate nel momento in cui sono arrivate. Tuttavia hanno evidenziato all’orizzonte “una coperta” che si sta accorciando.

Vale la pena iniziare a prevedere un dopo-Ganna in maniera mirata? Oppure lasciamo tutto il peso sulle spalle del totem verbanese, col rischio di gravarlo ancora di eccessive pressioni? Giusto per dare un riferimento, tra europei, mondiali e Giochi a cinque cerchi, Pippo ha conquistato 8 delle 13 medaglie ottenute dall’Italia dal 2017 (anno del suo passaggio tra i pro’). E’ stato ed è tutt’ora il capostipite di una specialità che non si può improvvisare, oltre ad essere un riferimento per i più giovani.

Tante considerazioni e tante risposte le abbiamo chieste ad Adriano Malori. Uno che della cronometro ha fatto una filosofia di vita fin dalle categorie giovanili. E come sempre il vice-campione del mondo di Richmond ci ha dato tanti spunti, sbilanciandosi su un nome in particolare come futuro faro azzurro.

Per Malori bisogna prevenire il dopo-Ganna lavorando più a fondo nelle categorie giovanili
Per Malori bisogna prevenire il dopo-Ganna lavorando più a fondo nelle categorie giovanili

Meriti attuali

Abbiamo già detto più volte che quest’anno Ganna ha dovuto staccare la spina dopo Parigi, saltando le prove continentali in Limburgo, per ripresentarsi rigenerato psicofisicamente a Zurigo. Per lui due argenti dietro ad un Evenepoel inarrivabile. Eppure parallelamente – e fortunatamente per i colori azzurri – ha trovato in Affini un compagno che ha tenuto altissima la bandiera.

«Senza contare Pippo, che è sempre una garanzia – spiega Malori – anche Affini ormai è una certezza e l’ho sempre detto che era un buon cronoman. L’oro all’europeo e il bronzo al mondiale sono meritati ed Edoardo ha dimostrato di essere davvero il vice-Ganna. La differenza tra i due è che Affini alla Visma | Lease a Bike è un super gregario che lavora tantissimo, a scapito di qualche sua carta da giocare ogni tanto. Invece Ganna alla Ineos Grenadiers è diventato un capitano in molte gare o tappe. Lo stesso discorso vale anche per Cattaneo che ha raccolto un bel bronzo europeo vedendo ripagati i suoi sforzi nella Soudal-Quick Step. Detto questo però iniziano un po’ di note dolenti, se andiamo a vedere cosa c’è dietro di loro».

Ganna e Affini (qui col cittì Velo) sono rispettivamente il leader ed il vice della specialità in Italia (foto FCI/Maurizio Borserini)
Ganna e Affini (qui col cittì Velo) sono rispettivamente il leader ed il vice della specialità in Italia (foto FCI/Maurizio Borserini)

Eredità da raccogliere

Il “Malo” prima di elencarci chi potrebbe essere il successore, fa più di un passo a ritroso per spiegare cosa bisognerebbe fare per allevare nuovi cronoman. Perché, gli chiediamo noi, per una nuova leva raccogliere il testimone da Ganna e i suoi fratelli è uno stimolo oppure una zavorra?

«Sinceramente – risponde Adriano con la solita lucida franchezza – credo che possa essere un grosso peso perché inevitabilmente verranno fatti dei paragoni. Nel 2015 quando io ho vinto l’argento mondiale si fecero grandi titoli. Erano più di vent’anni che un italiano non prendeva una medaglia a crono. E’ vero, andavo forte ed ero cresciuto molto, però non avevo alcuna eredità da raccogliere. E di fatto posso dire che Ganna l’ha raccolta da me e sono ben felice che abbia poi vinto due mondiali di fila.

«Ma pensate se adesso un nostro giovane dovesse inanellare una serie di podi importanti, che cosa gli direbbero tutti, dal pubblico agli addetti ai lavori. Avrebbe sempre il confronto con Pippo che rischierebbe di essere controproducente. So bene che dovrebbe essere una grande motivazione cercare di raggiungere i livelli di Ganna o di Affini, ma in Italia manca la pazienza. Così come stiamo aspettando di trovare un nuovo Nibali, rischiamo di fare altrettanto con il dopo-Ganna se non si inizia a fare qualcosa con i giovani».

Allenamento imprescindibile. Malori per migliorare e vincere nelle prove contro il tempo faceva tante ore da solo sulla bici da crono
Per migliorare e vincere nelle prove contro il tempo, Malori faceva tante ore da solo sulla bici da crono

Ore in solitaria

Quello moderno è un ciclismo che assomiglia molto alla Formula Uno, dove si ricercano i dettagli per andare più forte. Figuratevi per chi vuole diventare un cronoman competitivo. Galleria del vento, abbigliamento, materiali e soprattutto tante, tante e tante ore di allenamento. Malori potrebbe avere una cattedra sull’argomento in questione.

«Il livello italiano nelle categorie giovanili – chiarisce Adriano – non è veritiero. Da juniores e da U23 si confonde la forza generica con leventuali predisposizione per le crono o ad esempio per la salita. In Italia purtroppo non si ragiona in prospettiva. I giovani si allenano tanto per la categoria che fanno. Potenzialmente ce ne sono tanti che potrebbero essere portati per le prove contro il tempo, ma bisogna vedere chi ha veramente voglia di mettersi lì a pedalare per delle ore da solo, con metodo e concentrazione.

«Sempre nel 2015 – ricorda – dopo la crono di apertura che vinsi alla Tirreno, a quattro secondi da me arrivò a sorpresa Oss. Gli suggerii di insistere nella disciplina. Però lui mi rispose sorridendo che più di dieci, massimo 15 minuti a tutta non riusciva a tenere perché poi saltava di testa. E capivo benissimo il suo ragionamento. Ecco perché è facile perdere col passare degli anni tanti talenti a crono».

Eredità pesante. Dal 2017 ad oggi, Ganna ha raccolto 8 medaglie su 13 conquistate dall’Italia tra europei, mondiali e Olimpiadi
Eredità pesante. Dal 2017 ad oggi, Ganna ha raccolto 8 medaglie su 13 conquistate dall’Italia tra europei, mondiali e Olimpiadi

Investire sulle crono

Investire nelle crono è il mantra ricorrente quando se ne parla a livello giovanile. Un discorso che ci fece anche Marco Velo, il cittì delle crono, prima e dopo le prove degli ultimi europei nelle quali gestisce uomini e donne dagli juniores ai pro’.

«Sono d’accordo con quello che sostiene Marco – va avanti Malori – perché non ci sono molte cronometro nelle categorie giovanili, fatti salvi i campionati italiani e in qualche giro a tappe. Purtroppo è un problema economico per gli organizzatori ed anche per le squadre che devono avere una bici adatta. Adesso molti direttori sportivi vedono le crono come una mezza rogna perché bisogna investirci tempo e denaro. E sappiamo che non tutti ce li hanno, tenendo conto dello stress sempre più dilagante che condiziona i giovani.

«Ovvio, non tutte le realtà sono così per fortuna, ma ora è difficile trovare chi crede veramente in un potenziale cronoman. A meno che, e lo dico brutalmente, non si faccia come Finn che è andato a correre in un team tedesco e satellite della Red Bull-Bora Hansgrohe. Ed è diventato campione italiano su strada e a crono, investendoci tanto».

Milesi per lo scettro

Gira e rigira la lancetta batte dove la cronometro duole. Il dopo-Ganna bisogna anticiparlo cercando di farsi trovare pronti. Malori non ha dubbi su chi potrebbe prendere lo scettro di Pippo, a patto che si facciano le cose a modo.

«Per me Lorenzo Milesi – ci dice Adriano – ha tutte le carte in regola per raccogliere quella famosa eredità da Ganna. Non si vince un mondiale a crono U23 per caso, considerando che quella categoria ormai è piena da anni di atleti molto forti di team WorldTour. Purtroppo quest’anno ha avuto una stagione non semplice, raccogliendo pochi risultati anche a crono, ma può capitare. Ha 22 anni, è ancora molto giovane e può crescere ulteriormente. Tuttavia gli consiglio quello che consigliai allo stesso Ganna quando era nella prima UAE, la ex Lampre in cui ero stato per diversi anni. Ovvero cambiare squadra se vuoi fare il salto di qualità a crono».

Lorenzo Milesi per Malori può raccogliere l’eredità di Ganna, ma deve sperare che la Movistar torni ad investire nella crono
Lorenzo Milesi per Malori può raccogliere l’eredità di Ganna, ma deve sperare che la Movistar torni ad investire nella crono

«Pippo alla Ineos lo ha fatto – conclude – mentre l’attuale Movistar di Milesi non è la stessa di quando c’ero io. Non ci credono come prima. L’unica sua speranza è che la Movistar (con cui Milesi ha firmato fino al 2026, ndr), voglia nuovamente investire risorse importanti in quella specialità. Hanno Mas per i Grandi Giri e Ivan Romeo, successore di Lorenzo in maglia iridata.

«Sotto di lui, tra gli altri giovani italiani c’è il Milesi della Arkea (Nicolas, non sono parenti, ndr). E’ arrivato due volte secondo al tricolore U23 e sembra ben predisposto. Però per entrambi e per tutti gli altri direi di vedere come andrà il 2025. Eventualmente faremo nuovamente questo discorso fra dodici mesi, se non prima».

Cronoman e statura. Remco resta una particolarità

01.10.2024
5 min
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Remco Evenepoel ci ha anche scherzato su qualche giorno fa dopo aver rivisto il titolo iridato contro il tempo: «Per fortuna che ero sul gradino più alto del podio altrimenti con questi due spilungoni ai miei lati neanche sarei entrato nelle foto». I due spilungoni erano Filippo Ganna ed Edoardo Affini, entrambi più alti di un metro e 90. Ma questa frase ha sollevato una questione interessante: l’altezza è sempre sinonimo di forza?

Pensiamoci. L’ultimo cronoman di bassa statura di un certo livello fu Chris Boardman e forse Levi Leiphemer, il quale però prima di altri aveva intuito determinate posizioni, altrimenti il gesto della crono è sempre stato a favore dei passistoni alti. Gente che può sfruttare tanti muscoli e leve lunghe.

E tutto sommato anche a Zurigo tra gli juniores e gli under 23 hanno vinto corridori di statura elevata. E prima dell’era Remco bisogna scorrere appunto a Boardman, Catania 1994, per trovare un iridato contro il tempo più basso di un metro e 75 centimetri. Ricordiamo che Remco Evenepoel è alto 171 centimetri.

Boardman è stato uno degli iridati a crono più bassi: era alto 174 cm (foto Getty Images)
Boardman è stato uno degli iridati a crono più bassi: era alto 174 cm (foto Getty Images)

Sentiamo Malori

La stazza quindi conta? E fino a che punto? Ne abbiamo parlato con i due italiani forse più esperti in materia: Adriano Malori e Marco Pinotti.

«Remco è piccolo, è vero – spiega Malori, 1,82 di statura – ma quel che conta è la muscolatura. Torniamo indietro di qualche anno. C’era Cancellara che vinceva poi venne Tony Martin. Lui era due spanne più alto, ma al tempo stessa aveva quadricipiti enormi e spalle strettissime. E per questo guadagnava: era super aerodinamico. O al contrario, prendiamo Enric Mas: anche lui è alto, ha leve lunghe e potrebbe andare forte a crono, ma non ha la stessa muscolatura di Remco. E ancora Castroviejo, che è alto 1,71. Lui è forse in assoluto il corridore più aerodinamico come posizione che abbia visto. E’ molto schiacciato, grazie anche alla sua elasticità, ma non ha la stessa potenza e spalle tanto strette, quindi perde qualcosa rispetto a Remco e agli specialisti».

La scena che più ha fatto sorridere dopo i mondiali crono di Zurigo, con “il piccoletto” in mezzo ai due giganti
La scena che più ha fatto sorridere dopo i mondiali crono di Zurigo, con “il piccoletto” in mezzo ai due giganti

Il fisico di Remco

Malori entra nel dettaglio dell’analisi della fisionomia di Evenepoel. Remco è un brevilineo: «Ma anche le braccia relativamente lunghe e questo unito alle spalle più piccole rispetto ai cronoman puri gli consente di distendersi e chiudersi bene. Ecco quindi che ha il fisico perfetto per andare forte a crono. Non solo, ma questa sua caratteristiche si riscontra anche su strada. Perché quando attacca a 60 chilometri dall’arrivo fanno fatica riprenderlo? Perché è potente e super aerodinamico».

Facendo un passo indietro e ipotizzando un paragone con gli specialisti degli anni ’90, per Malori gli sviluppi aerodinamici e le nuove posizioni lo hanno agevolato.

«Consentite infine un commento alla crono iridata. Ganna ha perso il mondiale per 6”, io sono convinto che sia andata così perché il percorso non era del tutto per specialisti. C’era una salita piuttosto impegnativa. E lì Pippo ha pagato non solo in termini di tempo, ma anche di dispendio energetico. Pensateci, l’ultimo vero percorso a crono per specialisti tra mondiali ed olimpiadi qual è stato? Quello delle Fiandre 2021 e chi ha vinto?». La risposta è implicita e dice proprio Ganna.

Anche Castroveijo secondo Malori è super aerodinamico, ma ha spalle più larghe e meno forza rispetto a Remco
Anche Castroveijo secondo Malori è super aerodinamico, ma ha spalle più larghe e meno forza rispetto a Remco

Parola a Pinotti

Da Malori passiamo a coach Marco Pinotti. Una brevilineo tra gli spilungoni.  «Parlo dei mio caso – dice Pinotti, alto 1,76 – e nel contesto dei miei tempi. Io non avevo una grande potenza assoluta, ma avevo una buona posizione, una posizione stabile che mi consentiva di spingere bene. Remco oltre ad avere un cda (coefficiente aerodinamico, ndr) ottimo, ha anche un grande motore, una grande potenza, che unito ad un’ottima posizione ne fa un grande cronoman».

La sua abilità in questa disciplina quindi da dove viene? E’ un fattore di watt, di aerodinamica, di posizione…

«Per me è di posizione e di conseguenza di aerodinamica. Certamente Evenepoel è un cronoman atipico. Ha il busto corto, una gabbia toracica importante e quadricipiti possenti: tutto ciò lo rende particolarmente adatto al tipo di sforzo che richiede una prova contro il tempo. Chiaro che i watt assoluti contano: un cronoman di alta statura ha più muscoli, più forza, più leva… Remco non avrà mai gli stessi watt di Ganna. Il fatto è che lui ha i watt di un atleta di 65-67 chili, pure essendo più leggero (60-61 chili, ndr). E poi pensiamo a come va in pianura anche su strada».

Sia Malori che Pinotti hanno preso a esempio anche la posizione d’attacco di Evenepoel su strada: anche questa potente e aero
Sia Malori che Pinotti hanno preso a esempio anche la posizione d’attacco di Evenepoel su strada: anche questa potente e aero

Punti di vista

E qui Pinotti ripete esattamente quel che ha detto Malori prima: Remco è aerodinamico “per natura” e per questo riesce ad andare via quando è in fuga. Mentre va in disaccordo con Malori quando si parla di regole.

Secondo Malori le quote fisse, come la distanza fra linea del movimento centrale e punta delle appendici, svantaggiano gli atleti più alti: «In alcuni casi si vede che Ganna è sacrificato in certe posizioni – spiega Adriano – e tutti questi studi sull’aerodinamica, l’evoluzione dei materiali lo hanno aiutato ad ottimizzare la sua potenza». Mentre per Pinotti il ritocco ai regolamenti ha ridato vantaggio anche a questi ultimi e che tutto sommato Remco sarebbe stato Remco anche con materiali e posizioni meno aero.

«Io penso – conclude Pinotti – che la forza di Remco a crono dipenda molto dalla sua posizione. Fate caso a quanto è stabile. Se non fosse per le curve, sulla sua schiena potresti mettere un bicchiere d’acqua e quello non si muoverebbe, questo perché è riuscito a riportare i test in galleria su strada. Tanti in galleria del vento ottengono buone posizioni, ma poi su strada si muovono e molto di quel lavoro decade. Io credo che questa sua stabilità dipenda anche da una buona forza nella parte alta del corpo: spalle, braccia… che gli consentono di sostenersi bene».

Insomma, la regola che il cronoman debba essere alto e potente resta valida: leve lunghe e watt assoluti hanno ancora il loro perché. Poi la cura dell’aerodinamica può aiutare, certamente, ma è Remco Evenepoel la vera eccezione.  

Ganna contro Remco, la differenza l’ha fatta la pista?

28.07.2024
6 min
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«Ganna purtroppo – dice Malori cambiando tono – ha sempre, passatemi il termine, la spada di Damocle della pista. Lui è l’unico in gara che partiva per vincere, ma che ha preparato anche la pista. Gli altri del podio vengono dal Tour, un’altra gamba. Quindi per me sulla carta, Ganna oggi avrebbe anche potuto avvicinare Evenepoel, magari fare qualche secondo in meno. Però chiaramente, dovendo fare entrambe le preparazioni, non ha potuto curare tutto al meglio come esigerebbe un’Olimpiade. Non voglio fare il saputello, ma se ti alleni per essere Cristiano Ronaldo, non sarai pronto per fare il centrocampista e viceversa».

La crono e la pista, le due facce della stessa anima: non chiedete a Ganna di scegliere, non potrebbe. Però è innegabile che la specializzazione estrema pretende l’esclusività del lavoro e questo potrebbe risultare penalizzante. A noi piace tanto il Ganna che rincorre (e ottiene) medaglie nell’una e nell’altra, ma possiamo capire il ragionamento estremamente concreto di chi punta all’oro e non vede alternative.

La crono di Parigi ha emesso i suoi verdetti e i 15 secondi fra l’oro e l’argento, tre più di quelli dello scorso anno ai mondiali, per Malori si spiegano con la diversa preparazione. Adriano le Olimpiadi non le ha mai corse, sarebbero state il suo obiettivo di quel 2016 in cui la vita cambiò per la caduta in Argentina. Da allora però non si perde una crono e la sua analisi di quello che vede è spesso diretta e pertinente. Per questo gli abbiamo chiesto di rileggere insieme la prova olimpica di ieri, con la vittoria di Evenepoel su Ganna e Van Aert.

Grande crono per Ganna, ma la coabitazione con la pista porta a sacrificare qualcosa?
Grande crono per Ganna, ma la coabitazione con la pista porta a sacrificare qualcosa?
Si può dire che ti aspettassi un risultato simile?

Mi aspettavo vincesse Evenepoel. Se il percorso fosse stato asciutto, sarebbe stato perfetto per passisti pesanti, come Tarling e Ganna, ma Remco vola quando esce dai Grandi Giri. Mi ricorda quello che fece nel 2022, quando vinse la Vuelta e ai mondiali in Australia fece terzo nella crono e dominò la prova in linea. Perciò, quando ho visto che è uscito così bene dal Tour, ho detto che avrebbe vinto di sicuro. Poi mi aspettavo Tarling secondo e Ganna terzo e forse se l’inglese non avesse bucato, sarebbe andata così. Però comunque Filippo ha fatto una grande prestazione, secondo me, anche per il fatto che la sua preparazione è sempre divisa tra crono e pista.

Quindi secondo te la pioggia ha inciso?

Sì, assolutamente. Però sono convinto che questo rende ancora più notevole la performance di Evenepoel. Sappiamo che Remco non è un drago a guidare la bicicletta. Anche sullo sterrato al Tour abbiamo visto che era in difficoltà rispetto a Pogacar e Vingegaard, quindi sicuramente nelle curve, rispetto a Van Aert, ha pagato dazio. Per questo la sua prestazione prende ancora più risalto. Il fatto che abbia vinto con un margine di soli 15 secondi mi fa pensare che con l’asciutto ne avrebbe guadagnati tranquillamente altri 10.

Tarling ha pagato il cambio di bici per foratura e la necessità di rilanciare dopo le curve
Tarling ha pagato il cambio di bici per foratura e la necessità di rilanciare dopo le curve
Ha vinto il mondiale con 12 secondi, questa volta con 15: il gap cresce invece di scendere…

Purtroppo il problema con Evenepoel, tra virgolette, è che ha una potenza eccezionale, peso ridotto, ma soprattutto un coefficiente aerodinamico irrisorio. Remco ha un quarto del CX di Ganna e Tarling, perché è minuto e pesa 60 chili, quindi è duro da battere. In più ha finito il Tour increscendo. Il segnale è stato quando nell’ultima tappa di montagna ha messo la squadra a tirare per attaccare il secondo posto. Poi Vingegaard l’ha staccato, perché in salita va il doppio anche se è all’80 per cento. Per questo dico che mi aspettavo una prestazione di altissimo livello.

E’ parso anche pedalare a una frequenza maggiore.

Sì, anche secondo me e questo è sicuramente un altro segno di grande condizione. Però parlando di Ganna, ho visto dalla muscolatura notevole. Si vede che ha allenato tanto la forza, perché nel quartetto partirà da fermo con il 66×14, quindi dovranno avere una forza disumana. Per questo ci sta che fosse un po’ più duro. Invece secondo me, la grande sorpresa, visto come era andato ultimamente, è stato Van Aert. Finalmente ha rialzato la testa, dopo un anno in cui anche prima dell’incidente non era neanche parente del corridore che faceva staccare Pogacar in salita. E’ bello averlo visto così e attenzione per la gara di sabato: se dovesse arrivare con un gruppetto di 4-5 rischia di vincere l’oro su strada.

Il bronzo propone un Van Aert in netta ripresa. Le due ruote lenticolari hanno colpito
Il bronzo propone un Van Aert in netta ripresa. Le due ruote lenticolari hanno colpito
Ti ha stupito con la scelta della doppia ruota lenticolare?

Non si vede troppo spesso, però so per certo che è una scelta molto performante. Visto il percorso, ha fatto bene a usarla, anche se con la pioggia io avrei evitato, puntando su un altissimo profilo. Su asciutto invece, sarebbe stata perfetta. Ma di certo uno che viene come lui dal cross era l’unico in grado di guidarla sul bagnato. Secondo me comunque deve averla provata da tempo, perché è parso molto sicuro della sua scelta.

E’ stata una crono corta, anche rispetto ai 44 chilometri di Tokyo. Sarebbe cambiato qualcosa con 10 chilometri in più?

Se avessero fatto 45 chilometri, Remco avrebbe dato un minuto a entrambi. E’ stato fenomenale, ma su una cosa non mi è piaciuto, cioè quando ha criticato così duramente le strade di Parigi. Poteva usare altre parole, dire che l’asfalto non è ottimale. Detto da uno che viene dal Belgio dove le strade sono di cemento con le righe, è parso eccessivo. E poi ha fatto 53,7 di media con la pioggia e le curve, quindi non era un asfalto così orrendo.

Pensi che lui possa fare bene anche su strada?

Non gli metto limiti, ma credo anche che lo strappo di Montmartre non sia tanto adatto a lui, che non è un grande limatore. Credo che il grande favorito sarà Alaphilippe. Al Giro lo abbiamo visto rialzare la testa, come non si vedeva da tanto tempo. Si è preparato in Italia, al passo San Pellegrino, per starsene tranquillo. Deve trovarsi una squadra e si corre in Francia. Secondo me sarà un duello fra lui e Van der Poel, con Van Aert che si metterà di mezzo. Anche perché per la prima volta da inizio anno l’ho visto con un peso decente. Secondo me la prova su strada sarà una gara tanto bella.

Ganna è ora atteso a una settimana di lavoro a Montichiari prima delle gare su pista
Ganna è ora atteso a una settimana di lavoro a Montichiari prima delle gare su pista
Ma volendo dire un’ultima cosa sulla crono, come fa Ganna per battere Evenepoel?

L’unico modo è trovare una crono più lineare di questa. In un percorso dove le curve abbassano molto la velocità a causa della pioggia, uno come Remco rilancia meglio la bici dato che pesa 10-15 chili meno di Ganna o Tarling. Quindi l’unica cosa è che non piova e ci siano meno curve. Perché oggettivamente è brutto dirlo, però da quando Evenepoel ha iniziato a a fare l’Evenepoel, Ganna non ha più vinto una crono titolata.

Può essere che ormai lo soffra anche psicologicamente?

Su questo discorso bisognerà fare un pezzo a parte, perché io mi trovavo regolarmente davanti Cancellara, Tony Martin oppure Wiggins. Quindi o stai a casa oppure trovare la motivazione è semplice. Cercare di capire dove migliorare, come migliorare e dare sempre il meglio di sé. E credo che Ganna lo faccia. Comunque parliamo di esseri umani, non di computer. Può esserci la giornata storta o magari capita che l’avversario non sia super e perda quel mezzo secondo al chilometro. La grossa speranza quando l’avversario è superiore è sempre questa. Adesso però facciamo di nuovo il tifo per Pippo, in pista i fenomeni siamo noi.

Tre punti forti (e uno debole) di Pogacar a crono. Parola a Malori

30.05.2024
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In questo Giro d’Italia, Tadej Pogacar è andato fortissimo anche nelle crono e il “nostro” esperto in materia Adriano Malori, ex pluricampione italiano contro il tempo, ci aiuta ad analizzare l’evoluzione dello sloveno in questa specialità. Specialità che più di altre è quella dell’estremizzazione, della perfezione.

Nei 71,8 chilometri contro il tempo che ha proposto il Giro, Pogacar ha fatto vedere cose importanti che noi analizziamo appunto con Malori, il quale ha individuato tre aspetti principali. Aspetti che in vista del Tour de France ci dicono di quanto sia migliorato lo sloveno.

Secondo Malori, il vero punto di forza di Pogacar… è la la forza
Secondo Malori, il vero punto di forza di Pogacar… è la la forza

La muscolatura

«A me – sostiene Malori – quel che più ha colpito non è stata tanto la posizione, che secondo me ha ritoccato molto poco e resta sempre molto avanzato, ma proprio lui. La sua muscolatura. E mi ha colpito non tanto nella crono di Perugia, dove tutto sommato ha fatto il suo, gestendosi in pianura e dando tutto nella salita finale, ma in quella di Desenzano, una crono ben più veloce. Una crono per specialisti».


Quel giorno Pogacar è arrivato secondo alle spalle di Ganna, ma si è lasciato dietro passistoni e cronoman importanti come Thomas e Arensman che, al netto della caduta, gli sarebbe comunque arrivato dietro.

«In una crono così pianeggiate Tadej ha battuto Thomas che lo scorso anno era stato vicinissimo ad Evenepoel. Per fare questa prestazione serve potenza. Io Pogacar lo vedo più magro dell’anno scorso, ma anche con le gambe più muscolose, finalmente si vede “la curva del quadricipite”. Di certo ci ha lavorato. E infatti spinge rapporti più lunghi. Aveva il 62».

Materiali

Non è un segreto che la Colnago da crono andasse perfezionata. E in tal senso sia il clan del team che il costruttore hanno lavorato bene e a braccetto. Per esempio è stata alleggerita. Ma in una crono pianeggiante la componente peso non è poi così determinante. E anche sugli accessori non si è stati a guardare, basta pensare al casco, il Met (un lavoro che tra l’altro avevamo anche visto dal vivo).

«Questi grandi team – riprende Malori – spesso utilizzano dei materiali neutri, diciamo così, extra sponsor. E per me la ruota lenticolare che ha usato Pogacar non aveva scritte, pertanto posso presupporre non si trattasse dello sponsor ufficiale, Enve.

«Poi ricordiamoci che in generale, Pogacar ha fatto stravolgere le misure a Colnago, pertanto non stento a credere che anche a crono abbiano fatto grossi interventi. Ma sono interventi che con precisione conoscono bene solo nello stretto entourage».

Un grande passo avanti è stato fatto anche con il casco, il Met: sia nella zona anteriore che soprattutto in quella posteriore dove si scarica l’aria
Qui Pogacar quest’anno al Giro…

Posizione

Come detto, secondo Malori Pogacar non è intervenuto troppo sulla posizione (anche se è leggermente più chiuso con le mani, come se avesse alzato un po’ gli avambracci), tuttavia Adriano ci parla del suo stare in sella sulla bici da crono.

«Pogacar mi sembra più composto – dice Adriano – merito anche di una maggiore potenza. E poi il fatto che fino a che bisognava affrontare le tappe contro il tempo abbia fatto il defaticamento post tappa sulla bici da crono mi ha fatto riflettere. Aveva la necessità di “rinnovare” questa posizione perché secondo me lui paga un po’ il giorno dopo la crono».

E qui Malori apre un capitolo, molto interessante. Ecco il suo ragionamento: «Pensateci, lo scorso anno dopo la crono di Combloux dove sì le ha prese da Vingegaard, ma era comunque andato fortissimo, il giorno successivo è crollato.

«Quest’anno a Prati di Tivo ha fatto lavorare la squadra tutto il giorno e poi ha fatto “solo” la volata… vincendola. Al Giro non aveva Vingegaard o Roglic e si è salvato, ma quel giorno per me non era super sul piano muscolare e per questo non ha attaccato. Per me quindi lui soffre il passaggio dalla bici da crono a quella da strada, dopo uno sforzo così importante».

Già dalla prima tappa Pogacar ha iniziato a fare il defaticamento con la bici da crono
Già dalla prima tappa Pogacar ha iniziato a fare il defaticamento con la bici da crono

Un punto debole?

E qui un paio di considerazioni a dare manforte a questa tesi le aggiungiamo noi. Quelli di Prati di Tivo sono stati proprio i giorni in cui Pogacar era un po’ più nervoso. Inoltre, quel suo “non attacco” verso il Gran Sasso secondo diversi tecnici era proprio perché non fosse super come al solito. E questo aveva anche alimentato qualche timida speranza in quel momento. 

Poi però la fatica è aumentata per tutti, mentre lui essendo il più forte era il più fresco. Tra le altre cose il giorno di Desenzano dopo la crono Pogacar ha fatto defaticamento sulla bici da strada, non doveva più pensare a questo aspetto.

In vista del Tour questo è un “punto debole” (con due virgolette grosse così) da prendere in considerazione. Per fortuna sua, quest’anno in Francia la prima crono è seguita da una tappa impegnativa, ma non di montagna. Mentre la seconda segue le salite, ed è quella che chiuderà la Grande Boucle.