Simone Consonni casco Kask

Kask, gli… elmetti magici dei quartetti azzurri

17.02.2021
5 min
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Nella recente visita al velodromo di Montichiari abbiamo notato l’attenzione che riservano ai loro caschi i ragazzi della nazionale italiana su pista. Per capire come nascano e vengano sviluppati questi tipi di caschi abbiamo parlato con Luca Viano, Direttore prodotto di Kask. Il marchio italiano è fornitore ufficiale della nazionale italiana su pista.

Si parte dal meglio

Progettare e sviluppare dei caschi che devono fornire la massima efficienza aerodinamica richiede una serie di studi molto approfonditi e complessi.
«La storia di Kask è un po’ particolare – esordisce così Luca Viano – sin dall’inizio abbiamo sempre collaborato con quello che era il Team Sky e che oggi è l’Ineos. Questo per noi ha voluto dire collaborare con i corridori e anche con i partner tecnici della squadra, che sono stati molti. A partire da British Cycling per poi passare a Jaguar fino a oggi con Mercedes. Detto questo, per sviluppare un casco da cronometro o da pista si parte dallo studiare cosa di meglio c’è sul mercato o a livello di prototipi e si vanno a cercare i punti da migliorare».

Elia Viviani con casco Kask bambino Pro Evo
Elia Viviani mentre indossa il Kask Bambino Pro Evo
Elia Viviani con casco Kask bambino Pro Evo
Elia Viviani mentre indossa il Kask Bambino Pro Evo con la coda lunga

In galleria del vento

La collaborazione con una squadra di primissimo livello come la Ineos Grenadiers ha certamente portato una seri di vantaggi.
«Negli ultimi anni abbiamo sempre sviluppato insieme a ogni singolo atleta – ci spiega Viano – utilizzando la galleria del vento e la scansione completa del corridore mentre è in bicicletta».

Il lavoro in galleria del vento risulta sempre molto importante: «Facciamo delle simulazioni con il vento che proviene da diverse direzioni e con l’atleta che assume diverse posizioni in bici. Ovviamente ci sono quelli che stanno più in una posizione e altri che si muovono maggiormente e anche questo fattore deve essere considerato ai fini dell’efficienza aerodinamica. Alla fine, tutte le variabili vengono bilanciate e si va capire quanto può essere diminuito il drag per quel singolo corridore».

Kask Bambino Pro
Il casco Bambino Pro con la coda corta
Kask Bambino Pro
Il casco Bambino Pro con la coda corta, nato dalle caratteristiche di Froome

Coda lunga o corta?

Le caratteristiche fisiche e la tenuta in posizione di ogni atleta vanno ad influire sulle scelte tecniche da prendere per sviluppare un casco.
«I ragazzi della nazionale italiana su pista hanno delle caratteristiche diverse – ci dice Luca Viano – per capire meglio quanto le peculiarità di ogni atleta influiscano sullo sviluppo di un casco faccio l’esempio di Froome. Lui è uno che durante le cronometro guarda molto verso il basso e muove la testa. Da queste sue caratteristiche è nato il casco Bambino Pro con una coda tronca, perché una coda lunga avrebbe fatto da freno. Invece Thomas e Ganna, che vengono dalla pista e hanno una posizione più stabile e duratura, conviene che usino il Bambino Pro Evo con la coda più lunga».

Ma quanto incide la lunghezza del casco sull’aerodinamica?

«La coda più lunga aiuta ad attaccare il flusso d’aria il più possibile alla schiena e questo migliora l’aerodinamica, ma se si muove molto la testa mentre si pedala agisce come un freno».

Attenzione ai dettagli

Entrando nello specifico dei caschi usati dagli atleti della nazionale italiana Luca Viano ci ha detto che: «I ragazzi usano il Bambino Pro Evo, quello con la coda più lunga, che offre il profilo alare migliore ed è più vantaggioso. Bisogna pensare che le prove in pista durano pochi minuti e quindi gli atleti stanno stabilmente in posizione aerodinamica».

E poi ci sono i marginal gains.
«I caschi che vengono usati in pista sono gli stessi usati nelle cronometro su strada o nel triathlon – ci dice – però, per ricercare la massima prestazione, vengono rimossi i fori frontali di ventilazione, che a livello aerodinamico portano qualche disturbo. Ovviamente questa operazione non viene fatta per le prove su strada dove il corridore deve affrontare sforzi più lunghi».

Kask Mistral
Il Mistral ha una larghezza maggiore
Kask Mistral
Il Mistral ha una larghezza maggiore che si sposa meglio con i corridori con le spalle larghe

Un casco per gli australiani

Kask collabora anche con la nazionale australiana su pista e anche da questa partnership è nato un casco specifico.
«Il casco Mistral è nato dal fatto che gli atleti australiani hanno mediamente delle spalle più larghe – ci spiega Viano – questo vuol dire che hanno un impatto con l’aria differente. Questa caratteristica ci ha portato a sviluppare un casco che ha una parte frontale più larga e permette di creare un corpo unico con il profilo dell’atleta. In questo modo si è reso più lineare il flusso d’aria. Il Mistral è adatto anche alle prove di triathlon meno tortuose, anche perché spesso i triatleti hanno una larghezza delle spalle maggiore rispetto ai ciclisti»

Ganna guida il quartetto azzurro
Filippo Ganna guida il trenino azzurro
Ganna guida il quartetto azzurro
Filippo Ganna guida il trenino azzurro. Tutti i componenti usano lo stesso casco

Prove diverse, stesso casco

Per finire abbiamo chiesto se c’è differenza fra il casco usato nel quartetto da quello dell’inseguimento individuale.
«In realtà non ci sono differenze, nel senso che usano lo stesso casco in entrambe le prove. Nel quartetto sono molto importanti l’ordine e i tempi delle tirate e si cerca di lavorare molto sulle caratteristiche delle persone per fare in modo che siano il più omogenee possibile. D’altronde quando Ganna è davanti a tirare, dovrebbe avere un tipo di casco, mentre quando sta in scia dovrebbe averne un altro. Ma questo non è possibile, quindi lui utilizza lo stesso della prova individuale con cui ha il massimo vantaggio aerodinamico».