«La cosa brutta è che adesso uno non potrà usare il casco con cui ha fatto tutti i test e con cui ha vinto il mondiale, gli altri invece non cambieranno niente. E visto che si giocheranno il Tour, poi forse le Olimpiadi e il mondiale, non lo trovo tanto giusto. Anzi, direi che mi fa proprio… arrabbiare».
Quando sei stato cronoman e poi sei diventato ambassador di varie aziende, ti viene facile capire che cosa significhi vedersi negare da un momento all’altro l’utilizzo di un componente per il quale avevi studiato e su cui avevi investito. Così quando Adriano Malori affronta il tema dei caschi da crono prima autorizzati e poi negati, ha un moto di stizza facilmente comprensibile. Lui che sulla crono ha costruito la sua notorietà è passato attraverso la fase dei caschi… fasulli, costruiti solo per aerodinamica. Poi però ha visto arrivare quelli sicuri e anche veloci. L’ultimo step, con il divieto del sotto casco Specialized e la messa in discussione di quelli della EF, del Bahrain e della Visma, non gli va davvero giù.
Cominciamo dal casco di Specialized, che è stato vietato. Ti piaceva?
Non è tanto un fatto di gusto, anche se credo che la decisione dopo la crono della Tirreno sia stata dettata solo dai commenti di certi tifosi che giudicano l’aspetto e non la sostanza. In questi ambiti dovrebbe essere un fatto di utilità e loro sono certi che serva. Hanno fatto i loro test, anche se come ogni cosa in questo ambito, è tutto legato alla posizione dell’atleta. Per Remco (Evenepoel, nella foto di apertura, ndr) di certo funziona. Lui ha la capacità di tenere la posizione aerodinamica e quindi, dato che tiene la testa come deve e l’aria scivola dalla zona del mento al collo, il sistema funziona. Se invece prendiamo Vlasov, che tiene la testa alta per guardare avanti, allora l’utilità di quella strana cuffia viene meno. Come facessero poi a usarlo con 40 gradi, sono fatti loro…
Singolare che prima lo abbiano approvato e poi vietato.
Come dicevo, sembra quasi che gli ultimi visti alla Tirreno li abbiano messi in discussione perché la gente ha fatto dei commenti strani. Perché loro, l’UCI, di fatto li aveva autorizzati in anticipo, per il fatto di dover correre con gli stessi materiali che è possibile trovare in commercio. La cosa buffa è che alla partenza di ogni cronometro ci sono dei giudici UCI. Se loro hanno detto che Vingegaard poteva correre con quel casco e che la Bahrain poteva usarlo, non capisco perché l’UCI adesso dica di voler riaprire il fascicolo.
Il casco deve essere esclusivamente un dispositivo di sicurezza, giusto?
Il regolamento dice questo, ma non credo che le aziende mettano fuori dei caschi che non proteggono l’atleta. Assolutamente no. Figurarsi a livello commerciale, toccando ferro, cosa accadrebbe se Vingegaard cadesse e si spaccasse la testa perché il casco non ha retto l’impatto… Per chi lo produce sarebbe un colpo mortale, non venderebbe più un solo casco. Mi ricordo che anni fa, quando ancora correvo, i modelli da cronometro li facevano con la calotta senza il polistirolo dentro: ricordate? Era il 2008 o 2009 e tra l’altro il casco con cui ho vinto il mondiale U23 ce l’ho ancora in studio e dentro non ha protezioni. Ha solo due cuscinetti. In quel caso sarebbe stato giusto vietarlo. Ma visti i caschi in questione, trovo illogico che li vogliano fermare. E’ come per il peso delle biciclette e ogni altro sviluppo…
Vale a dire?
Facciamo un esempio. Nella MotoGP ci sono delle moto che sono delle macchine come la Formula Uno. Hanno alettoni e ali, tanto che ai puristi son sembrano più neanche delle moto. Però mi sembra che lo sviluppo vada davanti lo stesso. E allora perché qui devi proibire un mezzo che aiuta la performance, senza pregiudicare la sicurezza? Il discorso di renderlo accessibile a tutti è preservato, perché non credo che un casco così avrà un costo proibitivo. Un casco da crono costa come uno da strada. Invece l’UCI si è mossa per far vedere a tutti che comandano loro. E le cose restano ferme con il nodo per il peso della bicicletta…
I famosi 6,8 chili…
Un limite che ormai è vecchio più di 20 anni, forse 25. Non ero ancora professionista (Adriano passò nel 2010, ndr) e già c’era quella regola. Adesso ci sono le biciclette che hanno i freni a disco, dei materiali che fanno paura e nuovi studi, come abbiamo visto per esempio con Ganna per il Record dell’Ora. Per quale motivo un’azienda dovrebbe investire se ha sempre quel limite? E se anche fossi un amatore e la volessi più leggera, partecipando a qualche gran fondo internazionale, sarei passibile di squalifica. E allora la ricerca si ferma e questo non è un bene.
Mettiti un attimo nella testa di Remco, che ha fatto tutti i test in galleria del vento per ottenere del margine con quel caso, come ti sentiresti ora che te l’hanno tolto?
Mi girerebbero le scatole. Come se quando correvo alla Movistar e la nostra Canyon era una bici da crono pazzesca, arrivava qualcuno e mi vietava di usarla, dopo che ci avevo corso e vinto per un anno. Sono passaggi che non capisco, non c’è in ballo la sicurezza. Le crono dovrebbero essere il banco di prova della ricerca. Le aziende non fatturano poi molto con quelle bici, non ne vendono poi molte, no? Pinarello fa un telaio allo Scandio per il record dell’Ora, ci studia, il record viene e ne ottiene una bella immagine. Logicamente se lo studio viene fermato, tutto si appiattisce.
Con i caschi è lo stesso?
E lo stesso accade con i caschi. Quelli da crono dovrebbero essere un bel terreno di studio e di sviluppo, perché il casco da strada comunque è quello. Anzi, se posso permettermi, si mettono di mezzo nelle crono e poi permettono alla EF di correre su strada con un casco da cronometro. Lo avete visto quello con cui ha vinto Bettiol alla Milano-Torino? E’ un casco che usano anche le donne su strada, ma di fatto quello è un casco da crono. Sapete cosa mi dà fastidio?
Cosa?
Hanno fatto meno storie a fare entrare i dischi sulle bici da strada in gara, che sono delle lame che girano. Mi ricordo il caso di Ventoso, che correva con me e che hanno insabbiato. Fran si è aperto il ginocchio per un disco, ma dietro i caschi non ci sono gli interessi che c’erano dietro i dischi. E allora si spiega tutto, perché alla fine è un fatto di potere e di soldi. E i corridori stanno in mezzo.