Longo Borghini: il sesto titolo arriva col brivido

28.06.2025
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DARFO BOARIO TERME – Questa mattina vedere Elisa Longo Borghini senza il tricolore addosso ci ha fatto quasi strano. La campionessa della UAE ADQ ha rimesso le cose in chiaro a trenta chilometri dall’arrivo quando con un’azione che è sembrata semplice ha spazzato via Eleonora Ciabocco e Monica Trinca Colonel. Per Elisa Longo Borghini è arrivato così il terzo titolo italiano consecutivo, il sesto in carriera. Nemmeno la foratura nel finale l’ha fatta tremare. 

«Quella foratura – racconta con un sorriso dopo l’arrivo di nuovo vestita con il tricolore – ha fatto più paura al meccanico che a me. Devo ancora sincerarmi delle sue condizioni dopo il volo che ha fatto per scendere di corsa dall’ammiraglia. Speriamo stia bene!». 

«Indossare il questa maglia oggi – continua subito – è un’emozione nuova e diversa perché è la prima conquistata con la UAE ADQ. In generale sono molto affezionata a questo simbolo e al campionato italiano in sé. Penso sia una corsa da rispettare e da correre sempre, al netto di problemi fisici o di salute. Quando parto per questa gara cerco sempre di dare il meglio di me perché vestire il tricolore un anno intero è una cosa bellissima e un grande onore». 

Una vittoria di tutte

Il UAE team ADQ questa mattina nella piazza dove si è tenuta la presentazione delle squadre, e poi la premiazione finale, era l’unica squadra ad avere il pullman. La formazione emiratina è arrivata con la consapevolezza di avere l’atleta più forte in gruppo e una squadra di altrettanto valore pronta a darle sostegno. La corsa è sempre stata nelle loro mani, complice la superiorità numerica, e quando è arrivato il momento di fare selezione Longo Borghini ha fatto quello che le riesce meglio, terminare il lavoro con una vittoria. 

«Sinceramente credo che sia stata una vera vittoria di squadra – spiega sorridente – non è mai semplice partire da favoriti, però oggi non abbiamo avuto paura di ricoprire questo ruolo. Dal primo momento la squadra ha preso in mano la corsa grazie al lavoro svolto da Pellegrini e Venturelli, le quali hanno mantenuto il ritmo alto fin da subito. A loro due vanno i miei complimenti perché sono delle ragazze promettenti e molto giovani che in futuro vedremo spesso». 

Il forcing sulla salita di Colle Maddalena ha dato il colpo di grazia…

Si sono messe all’opera Magnaldi, Marturano, Persico e Gasparrini che aveva il compito di rimanere sempre insieme a Elisa Balsamo. Il ritmo imposto è stato talmente elevato che alla fine ci siamo ritrovate in tre (Ciabocco, Trinca Colonel e Elisa Longo Borghini, ndr) e ho cercato di “sfruttare” la presenza delle altre due fino al primo dei tre passaggi sullo strappo finale. 

Era previsto che rimanessi da sola già dai trenta chilometri dall’arrivo?

In realtà no, l’obiettivo era far soffrire la Balsamo e creare un gruppetto ristretto. Alla fine, nell’arco di pochi chilometri mi sono ritrovata da sola.

Il piano del UEA Team ADQ era di mettere in difficoltà Elisa Balsamo facendo un ritmo alto sulla salita più impegnativa di giornata
Il piano del UEA Team ADQ era di mettere in difficoltà Elisa Balsamo facendo un ritmo alto sulla salita più impegnativa di giornata
Cosa hai pensato in quei venticinque chilometri?

A quello che è stato il lavoro fatto in queste settimane e alle incertezze che accompagnano sempre un’atleta una volta che ritorna a gareggiare. Devo un enorme grazie, oltre a quello per le mie compagne, al mio preparatore Paolo Slongo perché ha creduto in me anche quando io ho avuto dei piccoli dubbi. 

Il cambio bici non ti ha preoccupata?

Era qualche chilometro che sentivo di avere una perdita di pressione, infatti vedevo il copertone sempre più quadrato (dice ancora con un sorriso, ndr). Non mi sono fermata subito perché volevo mettere la distanza sufficiente per far arrivare l’ammiraglia alle mie spalle e fare il cambio con la massima serenità.

Marco Velo, cittì della nazionale femminile si confronta con le ragazze del UAE Team ADQ sotto al podio
Marco Velo, cittì della nazionale femminile si confronta con le ragazze del UAE Team ADQ sotto al podio
I risultati di queste due prove tricolore, cronometro e gara in linea, sono i risultati che ti aspettavi in vista dei prossimi obiettivi?

sono delle buone risposte in vista del Giro d’Italia Women, chiaro che troverò un altro livello ancora ma credo che come atlete italiane avremo un ottima condizione.

Arriverai alla partenza della cronometro di Bergamo con addosso ancora il tricolore e per difendere la maglia rosa?

Certo, le motivazioni saranno altissime. E’ sempre difficile andare a un appuntamento del genere per riconfermarsi, preferisco resettare e ripartire come se fosse l’anno zero. Andrò per vedere cosa riuscirò a fare. 

Sparfel: 19 anni e domina sia nel cross che su strada

28.06.2025
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PINEROLO – Aubin Sparfel è uno dei migliori prospetti del ciclismo francese per quanto riguarda il ciclocross e la strada. Il passaggio di categoria da juniores a under 23 non sembra averlo messo in difficoltà, soprattutto nella stagione invernale. Nelle prove di Coppa di Francia di categoria ha raccolto sette vittorie, alle quali si aggiungono il secondo posto agli europei nel team relay e il terzo nella gara under 23. Il prodigio francese si è trovato spesso in contrapposizione al nostro Stefano Viezzi, entrambi classe 2006, sia nel cross che su strada. 

Il cammino di entrambi i ragazzi ha visto una crescita progressiva grazie alla quale siamo riusciti ad ammirare il loro talento. Tuttavia Sparfel ha avuto una maggiore costanza dato che, da quando è passato tra gli juniores, corre con la Decathlon AG2R La Mondiale, prima nel team U19, ora in quello U23. Al francese non sono mancate le prime esperienze con i professionisti, in una di queste è anche riuscito a vincere: al Tour du Finistère.

Una magra consolazione

Un buon banco di prova per Sparfel è stato il Giro Next Gen appena concluso (in apertura foto Marie Vaning), lo scalatore francese arrivava al via di Rho forte della vittoria finale all’Alpes Isère Tour. La corsa rosa under 23 tuttavia non è andata come si sarebbe aspettato e vedere il suo volto nonostante indossi la maglia rossa, dedicata alla classifica a punti, ci fa capire come questa sia una magra consolazione. 

«Non è stato sicuramente il Giro Next Gen dei miei sogni – racconta con addosso il gilet refrigerante prima del via dell’ultima tappa – mi sarebbe piaciuto giocarmi la classifica generale. Purtroppo al primo arrivo in salita, sul Passo del Maniva, non stavo molto bene quindi ho lasciato perdere la classifica e mi sono concentrato sul vincere una tappa (anche questo obiettivo è sfumato, ndr)». 

Abbiamo incontrato Sparfel alla partenza dell’ultima tappa del Giro Next Gen, a Pinerolo
Abbiamo incontrato Sparfel alla partenza dell’ultima tappa del Giro Next Gen, a Pinerolo
Com’è stato il salto di categoria da juniores a under 23?

Arrivando dal team Decathlon U19 direi molto bene. La squadra mi conosce e io conosco loro. Ora siamo professionisti e alcuni aspetti della mia vita sono cambiati, sono molto più concentrato sull’allenamento e fare il mio lavoro. 

Hai fatto anche alcune gare con i professionisti…

E’ stato molto divertente e avevo anche una buona gamba. Fin da inizio anno, quando ho chiuso la stagione del ciclocross, sentivo di stare bene. Ero davvero in un’ottima forma e ho semplicemente continuato a correre. 

Il francese della Decathlon Development Team ha colto come miglior risultato al Giro U23 un secondo posto a Cantù dietro a Vervenne (Marie Vaning)
Il francese della Decathlon Development Team ha colto come miglior risultato al Giro U23 un secondo posto a Cantù dietro a Vervenne (Marie Vaning)
Quindi sei un ciclocrossista e un corridore da classifica generale?

Non direi che sono un atleta da classifica generale, sono forte in salita ma non il migliore. Tuttavia sono arrivato a raccogliere ottimi risultati e vincere all’Alpes Isère. Riuscire a fare tutte e due le discipline è molto difficile ma sono concentrato e poi mi piacciono entrambe. Non riuscirei a decidere e la squadra non mi chiede di farlo, anzi mi lascia molta libertà di scelta e mi sostiene parecchio durante l’inverno. 

Il ciclocross in quali aspetti ti aiuta a livello atletico?

La mia guida, grazie alle gare nel fuoristrada, è molto tecnica. Inoltre ho grandi prestazioni su sforzi da un minuto o anche meno. Insomma, ho sviluppato qualità importanti per tante gare differenti sia su percorsi mossi che nelle classiche. Sulle salite lunghe no.

I tuoi allenamenti sono cambiati?

No, sono uguali a quelli di tutti: sprint, sforzi sulle salite sia brevi che di media lunghezza. Cerco di lavorare in ogni aspetto. Il più grande miglioramento dall’anno scorso a ora l’ho visto nel ciclocross, sono rimasto piacevolmente sorpreso di questo. Su strada invece la crescita è più graduale ma c’è tempo.

Una nuova posizione da crono per Pogacar? Cerchiamo di capire

28.06.2025
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La posizione attuale di Pogacar sulla bici da crono è davvero redditizia? E’ un quesito che ci siamo posti dopo la tappa contro il tempo del Giro del Delfinato, al di la del risultato conseguito dal fuoriclasse sloveno.

La sensazione è quella di un corridore che ha estremizzato ulteriormente il setting sulla bici da crono, a favore dell’aerodinamica, ma sacrificando in parte il comfort. Vediamo se il nostro approccio può essere fondato e se sì, quali potrebbero essere le motivazioni, i vantaggi e gli svantaggi. Per farlo abbiamo approfondito l’argomento con l’Ingegnere Alessandro Colò di Body frame.

Nella prima crono del 2025 negli Emirati Arabi si già si è notato qualcosa in termini di posizione avanzata
Nella prima crono del 2025 negli Emirati Arabi si già si è notato qualcosa in termini di posizione avanzata
Alessandro, rispetto all’anno passato, Pogacar può avere un setting biomeccanico differente? Ti sei fatto un’idea?

Sicuramente Pogacar ha cambiato diverse cose nella sua posizione da crono. Ha i gomiti più arretrati, le protesi più angolate verso l’alto e di conseguenza le mani più vicine al viso. E’ decisamente più raccolto rispetto al 2024 ed il bacino è molto più vicino al manubrio.

Alessandro Colò nello studio Body Frame di La Spezia
Alessandro Colò nello studio Body Frame di La Spezia
Quale può essere il motivo?

Hanno cercato di estremizzare il setting aerodinamico in posizione da crono. Se dovessimo tracciare una linea dalla sua spalla, verso la ruota anteriore della bici si noterebbe ancora di più, anche lo spostamento del gomito verso il retro. Il rovescio della medaglia è che un setting del generare crea instabilità e perdita di prontezza nella guida.

Avere a disposizione anche una bici aero concept, la Y1Rs, ha influito sul setting da crono?

Direi di no. La bici da crono e quella per le gare in linea hanno due percorsi indipendenti. La posizione su una bici da crono non è mai comoda ed è una sorta di compromesso tra la migliore efficienza, la penetrazione aerodinamica ottimale e l’effettiva resa su strada. E poi ci sono le regole UCI da rispettare e sono piuttosto stringenti. Pogacar rientra in una categoria 1.

Cosa significa?

Pogacar è alto meno di 1 metro e 80, 1,76 per essere precisi. Per essere a norma nella sua categoria si prendono una serie di valori numerici relativi alle proporzioni. Ad esempio la distanza orizzontale che va dalla perpendicolare del movimento centrale alla punta delle appendici non può oltrepassare gli 80 centimetri.

Alla Roubaix il cambio bici e due selle diverse, una customizzata, l’altra standard
Alla Roubaix il cambio bici e due selle diverse, una customizzata, l’altra standard
La sella rientra nel cambio di setting?

Il passaggio da Prologo a Fizik è prima di tutto un discorso commerciale, ma è pur vero che il modello di Fizik che utilizza Pogacar, una Argo Adaptive personalizzata, ha una forma diversa rispetto alla Prologo che ha usato fino al 2024. La nuova Fizik gli permette di essere ancora più avanzato, la cosa si nota maggiormente sulla V5Rs e sulla Y1Rs, meno sulla crono, dove, come detto in precedenza le regole da rispettare sono perentorie.

La disposizione delle frazioni a crono del Tour può avere un risvolto nelle scelte tecniche della bici?

A mio parere sì. Perché ci sarà una crono di 33 chilometri, nella tappa numero 5. Poi una crono-scalata, alla frazione numero 13, di soli 11 chilometri, dove si potrebbe anche limitare l’impiego della bici da cronometro. L’approccio è completamente diverso rispetto al Tour del 2024, dove le due crono erano più lunghe, impegnative e dove il dettaglio più piccolo poteva fare una grande differenza. In questo caso invece, facendo un ragionamento sommario, i corridori, dopo la crono di 33 chilometri potrebbero anche dimenticare la bici specifica.

Al Delfinato ha sperimentato quindi?

Da un corridore del genere ci si può aspettare anche una sorta di test in gara. Magari una sorta di esperimento adottando soluzioni differenti rispetto al passato.

A prescindere da tutto, può aver perso un po’ di attitudine sulla bici da crono, visto una primavera incentrata sulle classiche? Lui stesso ha detto di voler fare qualcosa di più in allenamento a crono…

Le gare contro il tempo nelle quali si è cimentato sono state solo due. Sono una piccolissima parte di un puzzle che include tantissime prove ed allenamenti. Rispetto a quanto visto al Delfinato sono convinto che cambierà qualcosa, lo vedremo presto.

Alla scoperta della Rossignoli, tricolore figlia d’arte

28.06.2025
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Primo anno da junior, con alle spalle appena 6 gare di alto livello e Matilde Rossignoli è già campionessa d’Italia. Basterebbe questo dato per sottolineare il valore dell’impresa della diciassettenne di Salizzole che sabato a Trieste ha messo in fila ragazze più esperte andando a prendersi di forza la maglia tricolore. Per molti Matilde risulta ancora abbastanza sconosciuta, eppure la sua vittoria non è arrivata per caso, perché parliamo di un prospetto molto interessante, che ha già conosciuto la maglia azzurra.

Lo sprint finale della veneta per tenere lontano il gruppo. Il titolo italiano è suo (foto profilo Instagram)
Lo sprint finale della veneta per tenere lontano il gruppo. Il titolo italiano è suo (foto profilo Instagram)

La cosa che colpisce, parlando con Matilde, è la consapevolezza di sé, inconsueta per una ragazza della sua età: «Ho iniziato da G5 seguendo un po’ le orme di famiglia, mio padre è stato professionista dal 1985 al ’90. Sono cresciuta nel Gs Luc Bovolone dove ho conquistato nel 2022 il titolo italiano esordienti 2° anno. Da quest’anno sono nella BFT Burzoni. Sono adatta ai percorsi ondulati, per natura mi piacciono i tracciati difficili dove poter attaccare. Mi alleno nella zona del veronese ma io sono nella parte della Pianura Padana, così per allenarmi spesso mi spingo a Soave e affronto la salita di Boscochiesanuova».

Al mattino della gara che cosa pensavi?

Ero fortemente determinata, sapevo che potevo giocarmela per la vittoria perché nelle ultime settimane avevo dimostrato di stare bene, conquistando anche una Top 10 in Francia e salendo sul podio al Trofeo Bike Service dove ho conquistato anche il Gran Premio della Montagna. Dovevo solo giocare bene le mie carte perché il percorso era adatto alle mie caratteristiche.

Matilde è al suo primo anno junior. Suo padre Francesco ha corso nella Carrera con Chiappucci
Matilde è al suo primo anno junior. Suo padre Francesco ha corso nella Carrera con Chiappucci
Come hai gestito la corsa?

La fuga iniziale non mi aveva fatto particolarmente paura, c’erano anche due compagne di squadra e quindi abbiamo lasciato alle altre squadre l’iniziativa. Sapevo che lo strappo finale avrebbe fatto la differenza e allo scollinamento eravamo ancora una quindicina. Io avevo provato a fare selezione, ma senza successo. Dopo la discesa c’era però un tratto in pianura e lì ho visto che tutte rallentavano per preparare la volata, così sono partita a tutta per prenderle in contropiede.

E’ un po’ questo il tuo marchio di fabbrica?

Sì, non sono propriamente una scattista, non sono velocissima ma mi piace attaccare, provarci sempre e questa volta è andata bene, avevo le gambe che giravano davvero forte. Ora vorrei mostrare questa bellissima maglia il più possibile e magari battezzarla con un successo.

La veronese aveva già vinto un titolo italiano da esordiente con il Gs Luc Bovolone
La veronese aveva già vinto un titolo italiano da esordiente con il Gs Luc Bovolone
C’è qualche modello a cui ti ispiri?

In verità ne ho due: Demi Vollering e Lotte Kopecki. Dell’olandese mi piace come affronta le salite, la determinazione che ci mette e come riesce a gestire le corse a tappe. Della Kopecki apprezzo soprattutto il suo spirito di squadra, il sapersi sacrificare per le altre pur essendo tra le più forti al mondo. Quel che ha fatto alla Milano-Sanremo per la Wiebes è spettacolare…

E’ curioso che ti piacciano due atlete che lo scorso anno correvano insieme e che si sono separate non propriamente in maniera serena…

Io credo che sia nell’ordine delle cose, sono due campionesse, in corsa erano un bel duo, sapevano anche aiutarsi a vicenda. Secondo me il fatto che ora corrano per due squadre diverse è una nuova sfida anche per loro, più stimolante. Io non parteggio per nessuna delle due, mi piacciono entrambe in maniera diversa.

La Rossignoli ha trovato grande feeling con il suo team, che ha contribuito al suo trionfo
La Rossignoli ha trovato grande feeling con il suo team, che ha contribuito al suo trionfo
Qual è l’ambiente fra le juniores, c’è molta competizione fra voi?

Solo in gara perché per il resto c’è un forte legame. Con alcune come la Campana siamo compagne di squadra, con altre come la Pegolo ci conosciamo da quand’eravamo esordienti, significa che da almeno 5 anni ci vediamo in giro per le gare e spesso siamo anche insieme ai raduni della nazionale, quindi posso dire che al di fuori delle corse siamo tutte amiche.

Come concili lo studio con gli allenamenti?

Non è molto facile, io ho appena finito il 3° anno al Liceo Linguistico e con gli allenamenti tornavo sempre a casa a metà pomeriggio per mettermi subito a studiare. Ora posso allenarmi al mattino, quand’è più fresco e dedicare il resto della giornata alle mie attività. E’ indubbiamente meglio.

Pochi giorni dopo il trionfo tricolore, la Rossignoli ha preso parte alla prova a cronometro, finendo sesta
Pochi giorni dopo il trionfo tricolore, la Rossignoli ha preso parte alla prova a cronometro, finendo sesta
Considerando le tue caratteristiche e la maglia che ora porti indosso, non è azzardato pensare a una tua convocazione per europei e mondiali…

Lo spero tantissimo, ho visto qualcosa dei percorsi e mi piacciono particolarmente, poi vestire la maglia azzurra è sempre un grande onore. Spero di essere presa in considerazione, ma intanto prima ci sono gli europei su pista e quello è il mio primo obiettivo, magari per la madison che è la mia specialità preferita in assoluto. D’altronde sono una vera ragazza di squadra…

E il Ballero? E’ pronto graffiare… già da domani

28.06.2025
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Dopo il lungo stop imposto dalla caduta alla Parigi-Roubaix, giugno ha segnato il rientro alle corse del Ballero, al secolo Davide Ballerini.
«E’ stato un periodo lungo – racconta Davide – non correvo da aprile, da quando all’uscita di un settore di pavè mi sono rotto l’uncino dell’uncinato, un osso che non sapevo neanche esistesse. E’  dalla parte opposta dello scafoide, sul palmo della mano, diciamo».

Il corridore della XDS-Astana è uno degli undici, forse dodici, italiani che vedremo sulle strade del Tour de France.

Il suo ritorno è avvenuto al GP Gippingen e poi al Tour de Suisse, passando per allenamenti serrati e un recupero non scontato. Gli abbiamo chiesto come ha vissuto questi mesi e come si sente ora alla vigilia dell’imminente campionato italiano e appunto della Grande Boucle.

Dopo due buone top 10 a Gand e Fiandre, la campagna del Nord di Ballerini si è fermata anzitempo alla Roubaix
Dopo due buone top 10 a Gand e Fiandre, la campagna del Nord di Ballerini si è fermata anzitempo alla Roubaix
Davide, com’è stato davvero il rientro?

E’ stato duro, soprattutto il periodo che ho passato a casa. Ho scelto di non andare in altura con la squadra per recuperare più in fretta. A Gippingen è stato un calvario, mi mancava tanto il ritmo gara. Allo Svizzera però, giorno dopo giorno, ho visto dei miglioramenti.

E’ stato uno Svizzera di sofferenza, ma programmato…

Sì, si sapeva. Avevo visto le tappe e parlato con il preparatore: l’obiettivo era finirlo e mettere fatica nelle gambe. E’ servito come preparazione per il Tour, questo era chiaro. Poi non era un percorso per me, figuriamoci al rientro…

Quando hai ripreso davvero ad allenarti dopo la frattura?

Sono rimasto fermo del tutto una dozzina di giorni, quindi fino alla fine di aprile. Poi ho cominciato con una settimana di rulli senza caricare il polso. Dopo un po’ sono uscito su strada, ma facevo solo un’ora o un’ora e mezza. In tutto ho perso tre settimane, forse tre e mezzo di allenamenti veri.

Nonostante la fatica, in Svizzera Ballerini ha sfiorato la vittoria. In volata è stato secondo, alle spalle di Meeus, nella 6ª tappa
In Svizzera Ballerini ha sfiorato la vittoria. In volata è stato secondo, alle spalle di Meeus, nella 6ª tappa
I rulli li facevi con la bici da crono o quella da strada?

All’inizio con quella da strada. Poi ho usato la bici da crono ed è stato molto meglio, perché non appoggiavo la mano sul manubrio e scaricavo il peso sull’avambraccio.

Avevi un tutore?

Sì. Prima una stecca, poi il chirurgo che mi ha operato mi ha detto che già due giorni dopo l’intervento potevo usare un tutore. L’importante era non muovere il polso per almeno due settimane. Poi ho iniziato a toglierlo la notte, a muovere un po’ la mano. Non sono ancora al 100 per cento, ma l’importante è che in bici non sento dolore. Ero un po’ preoccupato prima del rientro perché mi dava fastidio quando mi alzavo sui pedali, ma allo Svizzera ho visto un netto miglioramento.

Davide, come si fa a soffrire oggi in gruppo, con i ritmi così alti? Si dice sempre che nel ciclismo attuale bisogna arrivare ben preparati alle corse. Tu come ti sei gestito?

Alle spalle del rientro c’è stato tanto allenamento: questa è la base. Mi sono fatto un bel mese intenso a casa, con tante ore in sella e tante salite. Però anche se ti alleni tanto, in gara manca sempre qualcosa. In questo caso ho dovuto centellinare le energie: perché se si inizia a non recuperare più diventa un problema.

Quando il “Ballero” finiva il lavoro per il team, andava regolare. Il giusto mix fra tenere duro e non fare fuorigiri eccessivi
Quando “Ballero” finiva il lavoro per il team, andava regolare. Il giusto mix fra tenere duro e non fare fuorigiri eccessivi
Correvi col contagiri o spingevi comunque?

Dipendeva dal percorso. Se c’era un arrivo in salita lungo, magari tenevo duro per 5 chilometri e poi mi spostavo, oppure aiutavo i compagni a prendere la salita davanti. In quelle situazioni fai degli sforzi intensi. Poi salivo più tranquillo. Lo stesso nei giorni duri: andavo fin dove riuscivo e poi tiravo i remi in barca… tra virgolette.

Ora si profila il campionato italiano. Il percorso in teoria ti si addice?

Ah – sorride Ballerini – a dire la verità sembra sempre che i percorsi dell’italiano vadano bene per me! Il problema è come si fa la corsa. Anche se c’è una salita di due chilometri, o un po’ più lunga come l’anno scorso, la selezione può arrivare lo stesso: 230 chilometri, il caldo, la corsa dura dall’inizio. E’ forse la gara più difficile da vincere per dinamiche e tattiche. Ma alla fine contano sempre le gambe.

E poi ci sono team che corrono in tanti…

E’ un bel vantaggio. Loro possono controllare la corsa. Detto questo, noi della XDS-Astana siamo una bella squadra quest’anno, siamo in buon numero. Però se ti vanno via 8-9 della VF Group-Bardiani, che sono in tantissimi, tra quelli ce n’è sicuramente uno o due che vanno forte. E poi è una corsa lunga, più di 180 chilometri: non tutti riescono a emergere su quella distanza.

La fatica di Ballerini sul Mont Ventoux nel 2021, che si affronterà anche quest’anno. Quello fu il suo primo Tour (foto Instagram – Solowataggio)
La fatica di Ballerini sul Mont Ventoux nel 2021, che si affronterà anche quest’anno. Quello fu il suo primo Tour (foto Instagram – Solowataggio)
Si andrà sullo strappo di San Floriano, visto anche al Giro. I compagni che hanno fatto la corsa rosa cosa ti hanno detto?

Ho parlato con loro, mi hanno detto che non è impossibile. Però, come dicevo, dipende sempre da come viene fatta la gara.

Capitolo Tour de France: c’è un obiettivo preciso? Hai già segnato delle tappe?

Il Tour de France è una gara molto importante. Le prime tappe sono tutte mosse, se hai la gamba puoi provare a fare qualcosa. Vincere non lo so, il livello è altissimo. Ma come squadra possiamo far bene: non puntiamo alla classifica generale, ma a vincere tappe. Saremo una squadra simile a quella del Giro, costruita per provarci.

La questione dei punti resta centrale o si può pensare in modo diverso ora che la situazione è migliorata?

Ci hanno mentalizzato così da inizio anno. Le cose sono andate bene, ma attenzione: siamo ancora lì. La situazione non è del tutto felice. Non possiamo rilassarci perché siamo a metà stagione e quello che abbiamo fatto noi può essere fatto anche dalle altre squadre da qui a fine anno.

Delcourt sprona Labous e avverte: «Due punte al Giro Women»

27.06.2025
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L’anno scorso Juliette Labous ha chiuso al quinto posto il Giro d’Italia Women. Quest’anno è ripartita in grande spolvero, ottenendo altri buoni risultati e si presenta con ambizioni alla prossima edizione della corsa rosa, in programma dal 6 al 13 luglio. Sarà uno dei volti da tenere in considerazione per la lotta alla maglia rosa detenuta dalla nostra Elisa Longo Borghini, per questo volevamo saperne di più.

E sempre per questo motivo, ne abbiamo parlato con Stephen Delcourt, team manager della FDJ-Suez, che ha allargato il discorso anche a Evita Muzic. A quanto pare la squadra transalpina verrà in Italia con due punte… e mezzo. L’idea a quanto pare è quella di proporre un team battagliero.

Proprio Labous ha ottenuto ieri il secondo posto nella cronometro dei campionati nazionali francesi, a 36 secondi da Cédrine Kerbaol. E domani, nella prova in linea, partirà con il numero uno: è lei infatti la campionessa in carica.

Stephen Delcourt (39 anni) è il general manager della FDJ-Suez
Stephen Delcourt (39 anni) è il general manager della FDJ-Suez
Stephen, come si sta avvicinando Juliette al Giro Women? E come l’hai vista di recente?

Juliette ha appena concluso tre settimane intense di allenamento in quota a Tignes, insieme a Evita Muzic, Vittoria Guazzini e Léa Curinier. Ne è uscita forte, concentrata e con grande motivazione. Il Giro è una corsa che ama davvero, tira fuori il meglio di lei. E’ una delle atlete che sa alzare il livello quando il terreno e la pressione si fanno più duri.

Al Giro Labous ha sempre fatto bene. Cosa le è mancato finora per vincere o per vincere più spesso?

Juliette è una vera campionessa, ma non vince abbastanza per i miei gusti. Ne abbiamo parlato apertamente: l’obiettivo di questa stagione è aiutarla a fare l’ultimo salto di qualità e sta già mostrando segnali importanti.

Secondo Delcourt la vicinanza con Vollering sta facendo crescere Labous
Secondo Delcourt la vicinanza con Vollering sta facendo crescere Labous
In effetti nelle classiche di primavera si è visto qualcosa…

Deve essere più opportunista, fidarsi del proprio istinto e credere fino in fondo nella possibilità di chiudere le corse. E adesso sta facendo proprio questo.

Ma Juliette è anche una grande gregaria. Secondo te rende meglio come supporto, magari per Vollering, o quando parte da leader?

Juliette è l’esempio perfetto di una compagna di squadra di lusso, capace di sacrificarsi per le altre, ma allo stesso tempo è una risorsa preziosa quando ha il via libera per attaccare. Stando accanto a Demi Vollering è cresciuta molto. Demi l’ha aiutata a vincere e presto sarà Juliette ad aiutare Demi. Questo equilibrio la rende una pedina fondamentale nel nostro sistema.

Al Giro sarà capitana unica o dividerà i gradi con Evita Muzic?

Dividerà la leadership con Evita Muzic. Crediamo molto in questo duo. Le due ragazze si completano bene e adatteremo la nostra strategia in base alla dinamica di corsa. L’obiettivo è restare in lotta per la classifica generale e questa leadership condivisa ci dà flessibilità e forza.

In FDJ-Suez si punta forte anche su Muzic, sempre più costante e solida
In FDJ-Suez si punta forte anche su Muzic, sempre più costante e solida
Avete svolto delle ricognizioni sulle tappe?

Purtroppo no: nessuna ricognizione. Non abbiamo ricevuto il percorso con sufficiente anticipo. E’ un punto su cui stiamo chiedendo un miglioramento a RCS Sport. La ricognizione è fondamentale per la preparazione e vorremmo poter lavorare in modo più professionale e dettagliato.

Guardando il percorso e i nomi in gara, che tipo di Giro ti aspetti?

Sarà un Giro molto aperto e aggressivo. La lista delle favorite è impressionante: Reusser, Kopecky, Van der Breggen, Longo Borghini e tante altre. Il nostro obiettivo è restare sempre in partita ed essere tatticamente intelligenti. Il Giro premia chi ha costanza e chi osa.

La FDJ-SUEZ sarà tutta concentrata su Juliette o ci sarà spazio anche per cercare tappe?

Punteremo alla classifica generale con Juliette ed Evita, ma cercheremo anche vittorie di tappa. FDJ-Suez ha sempre creduto in un modo di correre ambizioso su più fronti. Uno dei nostri sogni è vedere Vittoria Guazzini vincere la cronometro con la maglia di campionessa italiana: sarebbe un momento speciale per tutta la squadra.

In gruppo si rivede Fabbro. Viaggio nel lungo inverno di Matteo

27.06.2025
5 min
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Si è allenato per mesi da solo. Senza squadra. Senza certezze sul futuro. Testa, tenacia, passione… A lungo è andato avanti così Matteo Fabbro. Il friulano ha finalmente trovato una nuova opportunità ed è approdato da pochi giorni alla SolutionTech–Vini Fantini.

Lo abbiamo visto subito in grande spolvero al Giro dell’Appennino, al netto di una scivolata nel finale: senza quel contrattempo, si sarebbe probabilmente giocato il podio. Matteo è tornato in gara dopo la sua ultima apparizione al Giro di Lombardia con la maglia dell’allora Polti-Kometa.

Fabbro sull’arrivo di Genova (in compagnia di Kyrylo Tsarenko, a sinistra). E’ stato importante rompere il ghiaccio
Fabbro sull’arrivo di Genova. E’ stato importante rompere il ghiaccio
Matteo, prima di tutto bentornato! Andiamo con ordine: si è chiuso un periodo un po’ tumultuoso. Come si è concretizzato questo arrivo alla SolutionTech?

E’ stata una cosa tra virgolette rapida. Dopo aver parlato con Parsani (il general manager, ndr) abbiamo trovato un accordo velocemente… a differenza di altre squadre che in primavera mi tiravano lungo. Loro erano disposti e disponibili a farmi correre subito e quindi è stato facile.

Hai trovato qualcuno che già conoscevi?

Ho trovato Sbaragli e Conti, mentre per il resto dello staff e dei ragazzi non conoscevo nessuno.

Un’avventura insomma, hai gettato il cuore oltre l’ostacolo…

Esattamente. Ma dopo tutto questo periodaccio ero contento di tornare ad attaccare il numero sulla schiena.

E l’hai attaccato alla grande. Vederti sgambettare subito davanti dopo un sacco di mesi con gente che ha il ritmo gara consolidato non era scontato…

Avevo delle buone sensazioni. Ho continuato ad allenarmi duramente in questi mesi e ho dovuto sopperire alla mancanza di gare con un po’ di ritmo in allenamento. Però a San Marino, dove ci sono molti pro’, mi confrontavo tutti i giorni con loro: con Velasco, per dire, esco tutti i giorni. Bene o male avevo un’idea di dove fossi con la condizione e sapevo che fosse discreta.

All’Appennino il rientro in gara del friulano dopo ben 254 giorni dall’ultima volta
All’Appennino il rientro in gara del friulano dopo ben 254 giorni dall’ultima volta
In effetti era un bel riferimento… Hai fatto tanto dietro motore per avere ritmo?

Non esageratamente. Ho lavorato un po’ sulla soglia e sul fuori soglia, ma li ho inseriti all’ultimo perché non si sapeva niente fino alla fine. Sarebbe stato inutile sfinirsi senza obiettivi concreti.

La preparazione l’hai fatta da solo o ti ha seguito qualcuno?

Principalmente è stata fatta da me. Comunque ho dei buoni riferimenti, come Pozzovivo. Con Domenico mi sono confrontato spesso. Per la parte invernale, grosso modo, dopo un po’ di anni che sono nell’ambiente, mi sono arrangiato con l’esperienza. Ho sfogliato anche le vecchie tabelle e qualche rapido confronto l’ho avuto con un vecchio coach di quando ero under 23.

Ultima domanda sul passato: qual è stato il momento più duro?

Il periodo prima del Giro, quando ho ricevuto il “no” da una squadra con cui stavo trattando. Quello è stato il momento peggiore, perché mi ero preparato bene e mi è un po’ crollato tutto addosso.

E lì che hai fatto?

Mi sono preso qualche giorno. Stacco totale. Poi ho ricominciato, perché sentivo che c’era ancora qualcosa da dare e perché c’era qualche trattativa in ballo. Fino ad arrivare alla SolutionTech.

Matteo Fabbro (classe 1995) è pro’ dal 2018. Ha corso con Katusha, Bora (ben quattro stagioni), Polti e ora Solution Tech
Matteo Fabbro (classe 1995) è pro’ dal 2018. Ha corso con Katusha, Bora (ben quattro stagioni), Polti e ora Solution Tech
Adesso cosa prevedono il tuo futuro immediato e quello un po’ più lontano?

Nell’immediato ci sono il Campionato Italiano e il Tour of Qinghai. Dopodiché magari prolungherò con un po’ di altura, visto che il Qinghai è già in quota. Non è sicuro, ma credo che andrò a Livigno. Per il resto vedremo. L’importante era ricominciare.

Prima hai parlato di buone sensazioni fisiche all’Appennino. Invece quelle mentali? Cosa pensi quando in salita sei lì a giocarti la corsa?

Diciamo che sono cose che fanno bene al morale e alla testa. Era da un po’ che non mi ritrovavo davanti in questo modo, per via dei problemi che ho avuto. E devo dire che la gioia più grande è stata quella di non aver avuto dolori durante lo sforzo, nemmeno nel respirare.

Ricordiamo i tuoi problemi fisici?

Avevo un batterio nei polmoni e tra i vari problemi che comportava, quando ero sotto sforzo mi dava dolore. Non averlo sentito mentre respiravo forte è stato bellissimo.

E’ la tua prima esperienza al Tour of Qinghai?

E’ la prima volta che vado in Cina. Ne so ben poco, se non che si corre ad alta quota. Sembrerà strano, ma non ho avuto tempo per fare altura, nonostante i tanti mesi senza gare, semplicemente perché non avendo squadra non c’era un calendario. Quindi che altura avrei fatto? In programmazione di cosa? In teoria avrei dovuto correre in Slovenia e al GP Gippingen, ma solo il giorno prima ho saputo che non le avrei disputate perché non arrivava il via libera per il tesseramento. Così in altura non ci sono andato. Ho vissuto giorno per giorno.

Uno dei prossimi appuntamenti per Fabbro sarà il Tour of Magnificent Qinghai, nell’Ovest della Cina. Lì si pedalerà anche sul filo di 4.000 metri di quota (foto X)
Uno dei prossimi appuntamenti per Fabbro sarà il Tour of Magnificent Qinghai, nell’Ovest della Cina. Lì si pedalerà anche sul filo di 4.000 metri di quota (foto X)
Che limbo, Matteo. Serve una testa mostruosa…

Pensate che c’era chi mi diceva che invece non l’avevo.

Domanda un po’ diversa: usciamo un attimo da Matteo Fabbro corridore. Com’è stato vedere le corse da fuori, dalle classiche di primavera al Delfinato?

In effetti ho avuto tempo per guardare tutte le corse! Che dire, sono state abbastanza monopolizzate. Tolto il Giro d’Italia che è stato divertente, il resto delle corse è stato un dominio delle due grandi squadre (UAE e Visma, ndr) più Van der Poel. Però Pogacar e Vingegaard la fanno da padrone, direi.

Il tuo favorito per il Tour?

Al momento Pogacar sembra essere superiore, almeno quello visto al Delfinato. Però confido che la Visma-Lease a Bike saprà dare gran battaglia.

Scalatore che scappa o velocista che tiene? Voliamo a Gorizia

27.06.2025
5 min
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Se ieri è stato il giorno di Filippo Ganna nella cronometro, oggi il pensiero va al campionato italiano su strada. Il Friuli Venezia Giulia è pronto ad accogliere una sfida che si preannuncia entusiasmante, tanto più con un tracciato che apre la corsa a numerose interpretazioni.

Lo sostiene anche il cittì Marco Villa, alla sua prima volta da tecnico azzurro in un tricolore su strada. E’ con lui che analizziamo il percorso, da Trieste a Gorizia, valido anche per la Coppa Italia delle Regioni 2025, nuova iniziativa lanciata dalla Lega del Ciclismo Professionistico insieme alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, come avevamo visto per il tricolore donne.

E a proposito di Trieste, il cambio di partenza ufficializzato qualche giorno fa da San Vito al Tagliamento al capoluogo friulano, ha un po’ colto di sorpresa in molti. In parte anche il cittì stesso che si aspettava una prima parte in linea diversa. Ma alla fine la politica ha voluto che l’italiano del Friuli Venezia Giulia partisse dal suo capoluogo e… bene così.

Villa, tecnico di enorme esperienza su pista, si appresta a vivere il primo tricolore su strada
Villa, tecnico di enorme esperienza su pista, si appresta a vivere il primo tricolore su strada
Marco, di campionati italiani ne avrai visti centinaia, ma questo è il primo da cittì su strada. Come lo stai vivendo?

L’ho vissuto già qualche settimana fa, quando mi hanno chiamato per vedere il percorso. Domenica lo guarderò con occhi diversi. Ho sempre seguito con attenzione anche prima: tanti degli atleti che avevo in pista arrivavano da qui. L’emozione sappiamo gestirla…

Il percorso l’hai disegnato tu o lo hai trovato già pronto?

Mi hanno interpellato e sono venuto a vederlo. Avrei comunque dato un’occhiata. C’è un bando, chi lo vince propone anche il tracciato. Secondo me è un bel percorso, aperto a tante interpretazioni: ognuno può provare a metterci qualcosa del suo. C’è pianura, c’è salita… C’era in ballo la decisione sui giri finali. A me hanno chiesto un parere: non tanto sul tracciato, ma se farlo con tre o quattro giri.

E tu hai scelto per i tre giri, giusto?

Sì, perché a mio modo così è più equilibrato per tutti. Bisogna anche considerare che tanti corridori sono senza squadra o con pochi gregari perché militano in team stranieri. Chi parte da solo ha già un handicap. Un tracciato troppo duro avrebbe escluso qualche velocista che magari pensa al Tour de France. Io ho suggerito tre giri invece di quattro e la mia opinione è stata accolta. Poi le difficoltà organizzative le conoscono meglio loro. Io ho trovato un circuito interessante: c’è una salita con un versante che può stimolare anche gli scalatori. Ma allo stesso tempo un velocista con una buona gamba può provare a tenere fino alla fine.

Una volta il tricolore rispecchiava il Mondiale. Quest’anno il percorso del Mondiale in Ruanda sarà duro, mentre Gorizia è più veloce…

Mi ricordo il Trittico come selezione per il Mondiale, ma il campionato italiano è tre mesi prima del mondiale. Con un tracciato da 5.500 metri come quello del Ruanda non so quanti sarebbero partiti domenica. Poi ci sono le dinamiche di squadra: alcune sono più organizzate, altre meno. E’ difficile pensare a un tricolore su misura del Mondiale. Abbiamo tante gare per valutare le caratteristiche degli atleti che andranno alla corsa iridata.

Chiaro…

Poi tornando al Mondiale, io ho già un’idea delle caratteristiche che servono per il Ruanda. Dopo settembre valuteremo la condizione. Se un atleta ha fatto Giro e Tour e arriva scarico, devo cambiare. Ho una rosa allargata, ho già parlato con i team, i direttori, i preparatori. Il mio auspicio è fare un bel settembre di avvicinamento al Mondiale, senza penalizzare le esigenze delle squadre. Se si riesce a costruire un percorso condiviso, è già un modo per facilitare le scelte. Ribadisco, un tricolore modellato sul Mondiale avrebbe escluso una categoria di atleti troppo ampia.

Non puoi fare nomi, ma qual è la caratteristica giusta per questo tracciato?

I 230 chilometri sono già selettivi. La salita finisce a 9-10 chilometri dall’arrivo, può essere il trampolino ideale per uno scalatore. Ma anche un velocista in forma, magari con una squadra organizzata o trovando alleati, può chiudere su chi attacca. La discesa e i chilometri successivi possono aiutare a ricucire il gap. Un velocista resistente e con gamba può arrivare a giocarsela in una volata ristretta.

Questa salita è stata affrontata anche durante la 14ª tappa dell’ultimo Giro. Si trova proprio sul confine con la Slovenia
Questa salita è stata affrontata anche durante la 14ª tappa dell’ultimo Giro. Si trova proprio sul confine con la Slovenia
La discesa è tecnica?

Qualche curva impegnativa c’è, ma la strada è larga e l’asfalto buono. Un discesista può fare la differenza. Anche uno scalatore bravo in discesa può non perdere nulla. E un velocista abile può invece rientrare.

Hai parlato spesso di squadre: team come VF Group-Bardiani e Polti-Kometa correranno in tanti. La squadra conterà anche qui?

Sì, anche la squadra può fare la differenza. VF Group e Polti investono molto nel ciclismo italiano ed è giusto che abbiano occasioni così. Magari hanno meno individualità, ma possono compensare con il gioco di squadra. Un campionato aperto a tanti corridori e squadre che investono, a me non dispiace affatto.

Le crono si sono corse col caldo: inciderà anche sulla gara in linea?

Io penso che i ciclisti siano abituati. Il caldo fa parte del tricolore, lo è sempre stato. Gli atleti sanno ormai correre con ogni condizione, con i giusti accorgimenti. Noi come nazionale mettiamo a disposizione due ammiraglie per chi non ne ha. Le guideremo Scirea ed io. E’ un modo per non lasciare nessuno senza supporto.

Bressan: «Diventare devo team era il passo giusto da fare»

27.06.2025
4 min
Salva

PINEROLO – La mattina della tappa decisiva del Giro Next Gen, tra i mezzi della Bahrain Victorious Development Team si aggirava Roberto Bressan: lo storico Team Manager del Cycling Team Friuli ora diventato devo team della Bahrain Victorious. Se li coccola e li abbraccia come fossero figli, negli occhi dei ragazzi vedi il rispetto e la fiducia che una figura come quella di Roberto Bressan è capace di trasmettere. Anche lui è emozionato, eppure in carriera ha vinto tanto. Ma ogni successo porta nuove emozioni, soprattutto se alla base c’è stato un cambiamento importante come quello avvenuto per il CTF (in apertura foto Claudio Mollero).

«Trovare una società come la Bahrain Victorious – racconta Bressan – in un certo modo fa diventare tutto un po’ più semplice. Però alla base del progetto, anche se con colori diversi, ci sono le teste e l’animo friulano che hanno contraddistinto il Cycling Team Friuli. Gli allenatori, i coach e i diesse rimangono sempre gli stessi: Mattiussi, Boscolo e tanti altri. Sono arrivate anche delle figure nuove che hanno saputo integrarsi benissimo all’interno di un sistema capace di funzionare». 

Alessandro Borgo e Bryan Olivo insieme a Roberto Bressan i due italiani sono parte del team da quando era CTF
Alessandro Borgo e Bryan Olivo insieme a Roberto Bressan i due italiani sono parte del team da quando era CTF
Cosa vuol dire per lei tornare a vincere una corsa così importante?

Per me non è una novità ed è in un certo senso indifferente perché è da tanti, troppi anni che sono in questo mondo. Sono felicissimo per tutti. Per noi è stato fondamentale tenere questa squadra anche a livello di staff perché avevamo già iniziato a lavorare con alcuni ragazzi: Olivo, Borgo e non solo. Poi sono arrivati ragazzi grazie al progetto devo team come Omrzel e Dunwoody. 

Il cammino che avete sempre fatto con i giovani è rimasto invariato?

Quest’anno abbiamo fatto più altura, un po’ più ritiri di invernali. Prima, quando eravamo CTF, in qualche maniera dovevamo arrangiarci. Però anche in passato dal nostro vivaio sono usciti tanti nomi: Jonathan Milan, De Marchi, Aleotti, Fabbro…

Il progetto devo team ha permesso di portare anche ragazzi stranieri di grande prospettiva, come Omrzel (foto La Presse)
Il progetto devo team ha permesso di portare anche ragazzi stranieri di grande prospettiva, come Omrzel (foto La Presse)
Ora che il progetto si è allargato arrivano anche tanti ragazzi dell’estero, si è aggiunta qualche responsabilità in più?

Per certi versi sì, per altri no. Dal punto di vista economico dormo la notte, mentre la responsabilità è diventata un po’ più grande. Non è facile confrontarsi con un team e una struttura così grande come quella del WorldTour, in qualche modo subisci la pressione. Prima come CTF eravamo noi ad essere esigenti con noi stessi, ora la subisco anche io. Però le cose stanno andando bene. 

Cosa vogliono dire per lei queste responsabilità?

Che devo rispondere a qualcosa di cui si percepisce l’importanza. Ma a essere sincero: era il momento giusto per farlo.

Lo staff tecnico del CTF ha raccolto tanto negli anni e sta trasportando il suo metodo anche al Bahrain Victorious Development Team (foto La Presse)
Lo staff tecnico del CTF ha raccolto tanto negli anni e sta trasportando il suo metodo anche al Bahrain Victorious Development Team (foto La Presse)
Perché?

Sarebbe stato difficile continuare al nostro passo perché ogni stagione che passa eravamo costretti a investire qualcosa in più. Purtroppo gli investimenti e i soldi facevano fatica ad arrivare, Bahrain ci ha supportato per tre anni, questo sarebbe stato il quarto, ma se non fossimo stati assorbiti il CTF sarebbe stato destinato a chiudere. Quando costruisci una casa e arrivi al tetto come fai ad arredarla?

Eravate arrivati alla fine di un progetto?

Il passo successivo poteva essere solamente uno: diventare devo team. Io oggi sono felicissimo ma lo sono ancora di più per i miei ragazzi perché loro hanno tante stagioni davanti. Renzo Boscolo ed io abbiamo costruito la casa e ora tocca a loro proseguire, sono il futuro. Non dico di essere alla fine della mia carriera ma ho dato tanto ed è giusto che qualcun’altro porti avanti il tutto.