Ballerini all’Astana: il figliol prodigo verso Roubaix e Tour

24.12.2023
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ALTEA (Spagna) – Ridacchiando con Zanini e indicando Ballerini, la battuta è scappata spontanea: «Il figliol prodigo è tornato a casa». Ben altro era infatti lo spirito quando Davide lasciò l’Astana per approdare nella squadra che aveva sempre sognato. Alla Soudal-Quick Step c’è rimasto per quattro anni. Ha vinto e fatto vincere. Quando però il contratto è arrivato a scadenza, il corridore di Cantù ha preferito imboccare la strada di casa.

«Sono sempre stato in contatto con Zanini – sorride – anche negli anni che ero in Quick Step. Dietro c’è una grande amicizia, anche se siamo divisi dal basket: lui con Varese e io con Cantù, ma adesso nessuno dei due ha da fare lo spiritoso. Sono contento di essere ritornato e di poter lavorare ancora con lui».

Zanini e Ballerini sono amici di vecchia data: ora lavorano nuovamente insieme all’Astana
Zanini e Ballerini sono amici di vecchia data: ora lavorano nuovamente insieme all’Astana

Quattro anni di più

Tra i fattori che hanno reso il ritorno più gradevole, c’è anche il fatto che all’Astana sia arrivato Vasilis Anastopoulos, con cui Ballerini ha lavorato negli anni in Belgio.

«Rispetto al 2019 sono quattro anni più vecchio – ridacchia – più maturo, suona meglio. Ho tanta esperienza e questa penso sia una delle cose più importanti. Con Vasilis lavoro da quattro anni, mi sono sempre trovato bene. Più lavori insieme a una persona, più riesci a capire quello che ti chiede. Hai più feeling e anch’io piano piano mi sto capendo. Sto crescendo per quanto riguarda il fisico e la consapevolezza. E mentre prima non riuscivo a capire quando ero stanco o quando stavo andando in condizione, adesso ci riesco molto di più. So quando devo tirare il freno e quando posso spingere di più. Queste cose sono molto importanti, mi dispiace di non averle raccolte già da prima».

Vasilis Anastopoulos è approdato all’Astana dopo aver preparato i ragazzi della Quick Step
Vasilis Anastopoulos è approdato all’Astana dopo aver preparato i ragazzi della Quick Step

Treni in costruzione

Nel drappello di corridori che hanno condiviso chilometri e storie alla corte di Lefevere, c’è anche Morkov. Il suo arrivo ha fatto la felicità di Cavendish, ma ha raccolto anche il gradimento di Ballerini.

«Sono contento che anche Michael sia venuto qua con noi – spiega – è un’altra persona che mi ha dato tanto in Quick Step. Con lui ho imparato tutto quello che c’è da sapere sugli sprint. Ero un giovane, mi buttavo nelle volate, ma insieme abbiamo cominciato a provare i treni e le varie tattiche. Stiamo lavorando già molto bene e riusciremo a fare qualcosa di bello. Faccio parte anche io del gruppo Cavendish per il Tour e non vedo l’ora che si cominci a correre. Ogni tanto facciamo anche qualche garetta tra di noi: sono cose molto importanti che secondo me formano un grande gruppo. Ma quando andremo in ritiro in Colombia e cominceremo a provare i primi treni, allora ci renderemo conto di come abbiamo lavorato».

Ballerini Omloop 2021
La più bella vittoria di Ballerini in Belgio è la Omloop Het Nieuwsblad del 2021
Ballerini Omloop 2021
La più bella vittoria di Ballerini in Belgio è la Omloop Het Nieuwsblad del 2021

Wolfpack alla kazaka

Quando si è lavorato a lungo per gli altri, il rischio è di non vedere altri orizzonti. Per questo nel sentirlo parlare così di Cavendish, ci assale la curiosità di capire se fra gli obiettivi di Ballero ci sia anche… Ballero! Perciò la domanda, subdola il giusto, arriva secca: potendo scegliere tra vincere una Roubaix e la famosa tappa del Tour per Cavendish, Ballerini che cosa sceglie?

«Personalmente la Roubaix – dice senza pensarci un istante – perché dalla prima volta che ho visto una ruota muoversi sulla strada, ho pensato a quella gara. E’ una gara del cavolo, più ci sto dentro e più mi rendendo conto che vincerla non è facile e non è solo una questione di condizione fisica. Ci ho puntato moltissimo negli ultimi quattro anni, ma la volta che ci sono andato più vicino è stato proprio il 2019 con l’Astana (foto di apertura, ndr). Deve girare tutto nel verso giusto e io ci metterò del mio perché vada bene. Cercherò di farmi trovare pronto.

«Ho scoperto dei nuovi ragazzi qui in Astana che possono darmi una mano. La cosa principale è il gruppo e ho notato che mentre nel 2019 c’erano tanti gruppetti diversi, ora stiamo cercando di amalgamarci tutti. Sta nascendo il Wolfpack alla kazaka. “Cav” è bravo a fare gruppo, soprattutto quando l’atmosfera diventa pesante. Se ci sono pressioni, magari lui è il primo che sclera, ma sappiamo che ogni sfogo finisce in quel momento. Poi ci sediamo tutti insieme e ne parliamo: solo così si riesce a migliorare, secondo me».

Al Tour del 2021, Ballerini ha lavorato nel treno, ma con Morkov ha anche scortato Cavendish nelle tappe più dure
Al Tour del 2021, Ballerini ha lavorato nel treno, ma ha anche scortato Cavendish nelle tappe più dure

Il Tour dei miracoli

Il ricordo di quel Tour prodigioso del 2021 farà fatica ad andarsene dagli occhi di chi l’ha condiviso accanto a Cavendish, basta ascoltare Ballero per capirlo.

«Non si dimentica – spiega – perché Mark ha avuto una squadra che credeva in lui e piano piano lo sosteneva e lo portava avanti nei momenti critici. Stavamo compatti. Quando si staccava, i velocisti facevano a gara per non stare con noi. Dicevano che saremmo andati fuori tempo massimo, invece siamo sempre arrivati al traguardo. Un paio di volte a pelo, però siamo sempre arrivati. Questo è possibile quando vedi i tuoi compagni di squadra che danno tutto per te. Secondo me ti dà quella cosa in più che ti fa scattare qualcosa nella testa, che ti dà la forza in più per vincere».

Il 5 dicembre, Ballerini è volato in Francia per testare i nuovi materiali sul pavé (foto Instagram)
Il 5 dicembre, Ballerini è volato in Francia per testare i nuovi materiali sul pavé (foto Instagram)

Sopralluogo a Roubaix

Nel frattempo, approfittando del fango e del cattivo tempo, Ballerini e pochi altri sono volati sulle strade della Roubaix per fare un po’ di prove sui materiali. L’arrivo delle ruote Vision lo ha richiesto, al pari del voler saggiare la bici dopo quattro anni sulle Specialized, che sulle pietre fanno egregiamente il proprio mestiere.

«Devo dire che andare è stata un’ottima cosa – dice – anche se il meteo era disastroso. Però la condizione migliore per provare materiali è il tempo brutto, quindi ci è andata bene. Era stato brutto i giorni prima, invece quel giorno non ha neanche piovuto. C’era un po’ di vento, ma abbiamo provato le ruote Vision per la Roubaix e le varie pressioni e vari pneumatici. Devo dire che il feeling c’è ancora, quando vado sul pavé cambia tutto. Diciamo che in gara non ti accorgi dei particolari, li noti di più in allenamento. Devi prenderci la mano, perché quando piove è come essere sulle uova.

«Nel 2019 pedalavamo con l’Argon 18, mentre questa volta abbiamo provato la Filante e rispetto a Specialized non le manca nulla. Devo dire che mi sono sorpreso, non pensavo fosse così valida. Cambiando le ruote, le componenti delle ruote, i copertoni e i tubeless, non è facile metterli insieme, però devo dire che è una grande bici. Ho gonfiato i tubeless a 5,5-5,6. Mi ci trovo bene, ma penso di essere un corridore vecchio stampo, perché preferisco ancora il tubolare. Però si cerca sempre di evolvere sempre di più. All’inizio ero scettico anche sui freni a disco, ma quando li ho provati ho detto: non torno più indietro».

Colombia, due di noi alla conquista dell’Alto de Letras

24.12.2023
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ALTO DE LETRAS (Colombia) – Un mostro. Da qualsiasi punto la si voglia guardare, la strada che in 81 chilometri da quota 460 metri di Mariquita nel dipartimento del Tolima in Colombia porta ai 3.677 metri della cima Alto de Letras, sulle alture colombiane verso la provincia di Caldas, è un mostro. 

Un mostro di fatica. «El ciclismo es sufrimiento-alimento», sussurra tra le labbra mentre pedala don Hector Gustavo Buitrago, papà di Santiago, ciclista pro’ del team Bahrain-Victorious. Ansima ma gode con l’anima salendo verso la vetta, perché la fatica è alimento per l’anima.

Bellezza da vivere

Un mostro di bellezza, perché il paesaggio che scorgi quaggiù sotto i precipizi lussureggianti di verde è di una meravigliosa e selvatica bellezza. Sensazioni ancestrali amplificate dai rumori dei contadini che falciano, battono la zappa sulla terra, richiamano con fischi le greggi al pascolo. Tutto è speciale, con la sensazione di essere immerso in un mondo antico: un piccolo mondo antico come quello dell’opera di Antonio Fogazzaro, fatto di cose essenziali, semplici, naturali e vere.

Come l’immagine dei 12 ragazzini in sella alla propria bici rimediata – mtb, da passeggio, da strada – ma soprattutto di notte alle 22,30 che ti vengono incontro appena esci dall’aeroporto di Bogotà, in periferia, per una scorribanda di maschi e femmine che magari altrove, pensiamo a casa nostra, sarebbe stata virtuale. Ognuno a casa propria, davanti al cellulare, in poltrona, senza sudore, senza vigore, senza calorie, senza vita.

“Regolare…“

Alto de Letras, un mostro da 3.337 kcal bruciate, in 4 ore e 50 minuti di scalata a 16,8 km/h con una pendenza media del 4 per cento. Ogni tanto, mentre sali, a interrompere il ritmo ci pensano delle piccole discese spezza gambe a totalizzare 1.200metri di dislivello negativo che non aiuta, ma al contrario spezza il ritmo. Tre ore e tre minuti è il record di scalata, il KOM di Didier Chaparro che nel 2018 è salito a 26 di media in gara. Quattro ore 4 minuti il tempo di Santiago Buitrago in allenamento che su Strava intitola la sua attività come “Regolare” (alla faccia…). In realtà era partito insieme all’autore dell’articolo, fianco a fianco, anzi a ruota per i primi 20 chilometri a 270 watt medi, prima di esplodere dentro l’abitato di Fresno il primo paesino incontrato a quota 1.500 metri.

Poi altri 20 chilometri di fatica con Maurizio Fondriest, altro campione mai domo a 58 anni fino ai 2.100 metri di Padua (insomma la nostra Padova, che in Italia non è esattamente in salita). Infine ultimi 40 chilometri da solo, passando per Delgaditas a quota 2.600 metri, ultimo paesino fatto di 12 case e tre botteghe che vendono bevande e caramelle in alta quota ai meno 20 dalla vetta.

Per corpo e anima

Un mostro infine di mancanza di ossigeno, una saturazione da ricovero ospedaliero (81 contro 99 di Spo2), mentre in realtà non sei in corsia, ma su una strada ben asfaltata. Infinita, mentre guardi all’insù e sei solo sui pedali che spingi ma non vai, come un motore con il filtro bloccato ove passa la benzina ma non brucia. Due borracce con dentro carboidrati, quasi un litro di Coca Cola, tre barrette, tre gel, un pacchetto di vermicelli gommosi allo zucchero: acqua santa per arrivare in cima ancora abbastanza cosciente da essere felice.

Ed in cima il ristoro con Acqua Panela (acqua calda addolcita da succo di canna da zucchero) e “pane” di mais chiamato “Arepa”. Tutto molto semplice, tutto molto nutriente, per il corpo e per l’anima. Come essenziale e umana è la scorta degli “Sherpa Gregari de Letras”, un’agenzia di guide in moto che il ciclista Juan Camilo Sierra si è inventato per dare un servizio di conforto con abbigliamento pesante, acqua e cibo ai ciclisti che decidono di affrontare la sfida, ma vogliono un minimo di assistenza e più che altro sicurezza di non morire dal freddo in cima. Sì perché a Mariquita in partenza alle dieci del mattino l’aria è umida e calda, fino ai 38 gradi al sole, per poi farsi sempre più sottile e fredda in vetta, coperta da nubi e con 12 gradi.

La promessa

Aria fredda così rigida che l’abbraccio forte e complice con Santiago (il “colpevole” della sfida per la scalata) e Maurizio Fondriest risulta essere caldo e accogliente. E c’è già una nuova sfida pronta che passerà per le strade del Tour de France stavolta: se succede qualcosa di importante si tornerà tutti e tre insieme a festeggiare sull’Alto de Letras. Perché il ciclismo è sfida e condivisione, ma soprattutto come sentenzia don Gustavo: «Es sufrimiento – alimento».

Ad Anversa Van der Poel apre la sabbia e Van Aert ci sprofonda

23.12.2023
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Una settimana dopo, il responso non cambia: Mathieu Van Der Poel ha una superiorità tale su tutti gli avversari nel ciclocross che toglie anche la suspence. E allora bisogna affidarsi ai colpi del destino, come avvenuto ad Anversa, nella prova di Coppa del mondo, la sua prima quest’anno.

Pronti, via e l’olandese perde il colpo di pedale. Resta in piedi, ma gli altri passano via veloci e lui si ritrova intruppato nel gruppo. Perde tempo anche Pidcock per una caduta, così con Van Aert poco avanti i tre tenori si ritrovano quasi alla pari, nel mezzo del gruppo degli specialisti. Esito diverso dal solito? Non sarà così…

La clamorosa spaccata dell’iridato per scendere di bici sulla sabbia, testimonianza della sua agilità
La clamorosa spaccata dell’iridato per scendere di bici sulla sabbia, testimonianza della sua agilità

Un trionfo nonostante tutto

A seguire la gara anche questa volta, come una settimana prima per l’assolo dell’iridato a Herentals, Luca Bramati, che rispetto a sette giorni fa ha colto altri aspetti sulla superiorità del campione dell’Alpecin Deceuninck.

«Non ho dubitato minimamente che VDP avrebbe vinto – dice – anche dopo la partenza difficoltosa. Anzi, guardandolo in faccia ho colto come una leggera soddisfazione, come a dire “almeno oggi mi diverto un po’ di più”. Sono sicuro che non ha mai temuto per la vittoria».

Nella sua dissertazione, Bramati si affida ai numeri: «Nel primo giro Van Der Poel ha perso 25” e sapeva che gli sarebbe bastato anche mezzo giro per riprenderli, così è andato avanti con calma. D’altronde aveva sempre davanti la testa della corsa: la vedeva, era nel suo mirino. Così ha sfruttato i punti a lui più favorevoli e quello di Anversa è un percorso che gli attaglia come un vestito su misura».

Per Van Der Poel è la terza vittoria stagionale su tre uscite, in totale ne ha programmate 14
Per Van Der Poel è la terza vittoria stagionale su tre uscite, in totale ne ha programmate 14

La differenza sul bagnasciuga

Effettivamente Van Der Poel guadagnava tantissimo su tutti gli altri nei tratti su sabbia, dimostrando di essere capace di interpretarli come nessun altro.

«Questo perché abbina alla potenza stratosferica – spiega – anche una grande agilità. Si era visto anche la settimana prima che riesce a utilizzare rapporti improponibili per gli altri, ma ha già migliorato anche la tecnica. Sulla scalinata saliva come un gatto: a Van Aert ha ripreso tantissimo proprio in quei tratti e sulla sabbia ha fatto la differenza».

Quella di Anversa, dove Van Der Poel ha colto la sua settima vittoria nell’albo d’oro, la 152ª nella sua carriera nel ciclocross, era la prima sfida delle quattro che vedranno impegnati tutti e tre i “tenori” della disciplina. Si pensava che rispetto anche a 24 ore prima (quando a Mol nella tappa dell’Exact Cross c’era stato il primo testa a testa con Van Aert, finito a oltre un minuto) ci fosse più competizione e la corsa si era messa per favorirla, ma l’olandese ha fatto capire che non ce n’è per nessuno.

Il fotogramma di Eurosport dove si vede la caduta di Pidcock nel 1° giro, che poteva avere conseguenze gravi
Il fotogramma di Eurosport dove si vede la caduta di Pidcock nel 1° giro, che poteva avere conseguenze gravi

Van Aert ancora in ritardo

«A me ha deluso un po’ Van Aert – afferma Bramati – e il secondo posto non m’inganna. L’ho visto macchinoso a piedi e pesante nella condotta della bici. Per carità, nulla di preoccupante, anzi credo che sia diretta conseguenza dei carichi di lavoro che sta svolgendo per la stagione su strada. So che questa settimana è andato anche a visionare dei tratti di pavé in vista della Roubaix. Si capisce che affronta queste gare con uno spirito diverso dal solito».

Van Aert comunque con molto mestiere ha saputo mettere la museruola agli avversari. Anche a un encomiabile Eli Iserbyt rimastogli attaccato fino al giro finale e alla fine contento del terzo posto che rafforza il suo primato in Coppa. Non altrettanto si può dire di Pidcock, la cui prova di Anversa passa alla storia per la brutta caduta iniziale, dove ha davvero rischiato di sbattere la fronte contro la transenna, facendo scorrere un brivido sulla schiena di tutti gli appassionati. Un risicato ingresso fra i primi 10: dopo la vittoria di domenica scorsa a Namur nella tappa precedente c’era davvero da attendersi di più dal britannico.

Per Van Aert un secondo posto come il giorno prima a Mol, mostrando ancora una forma approssimativa
Per Van Aert un secondo posto come il giorno prima a Mol, mostrando ancora una forma approssimativa

Un paragone con il passato

Difficile a questo punto pensare che Van Der Poel possa trovare concorrenza, tanto che già si ipotizza una stagione senza sconfitte per lui, unico dei tre che andrà avanti fino al mondiale.

«Io una superiorità simile non l’ho mai vista – sentenzia Bramati – se non forse ai tempi di Roland Liboton. Ricordo che quando correva alla Guerciotti aveva delle gambe mostruose, è forse il paragone più vicino a quello che VDP sta mostrando in giro per i prati europei».

La prossima sfida fra i tre sarà subito dopo Natale, il giorno di Santo Stefano a Gavere, su un percorso molto diverso, con tanta salita e meno passaggi tecnici. C’è chi pensa che questo possa cambiare un po’ le carte in tavola, ma Bramati non è di questo avviso.

«C’è una differenza di potenza enorme – dice – almeno un minuto fra lui e tutti gli altri. Non credo comunque che Van Aert sia preoccupato per questo, è chiaro che il belga è più indietro di preparazione proprio pensando alla stagione su strada».

Viezzi in azione ad Anversa: il friulano ha chiuso 2° mantenendo la maglia di leader di Coppa del Mondo (foto Fci)
Viezzi in azione ad Anversa: il friulano ha chiuso 2° mantenendo la maglia di leader di Coppa del Mondo (foto Fci)

Un altro tassello per Viezzi

A margine della corsa elite, la prova di Anversa ha regalato ancora soddisfazioni anche all’Italia per merito di Stefano Viezzi, secondo nella prova juniores alle spalle del francese Aubin Sparfel che però in classifica si avvicina alla sua leadership e la sfida fra i due diventa di volta in volta più appassionante. Quell’incertezza che a livello assoluto non esiste più, stante la superiorità di Van Der Poel e della sua connazionale iridata Fem Van Empel, all’undicesima vittoria in 11 gare.

Ceratizit, il WorldTour come coronamento di un percorso

23.12.2023
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La Ceratizit-WNT è sempre stata considerata una formazione continental “sui generis”. Ce lo hanno ripetuto a più riprese tutte le italiane che corrono o hanno corso con i loro colori. Finalmente, verrebbe da dire, dieci giorni fa il team tedesco ha fatto quell’upgrade che voleva, ricevendo dall’UCI la licenza WorldTour.

A fine 2023 la Ceratizit ha chiuso al decimo posto nel ranking internazionale, prima dei team continental, dopo i podi di categoria nei due anni precedenti e completando una incredibile escalation che solo nel 2018 la vedeva al 34° posto assoluto. Dalle parole di Arianna Fidanza abbiamo voluto capire cosa cambia con l’acquisizione di questo status.

Nel 2023 la Ceratizit ha fatto un calendario quasi da WT, chiudendo al decimo posto del ranking internazionale, prima dei team continental
Nel 2023 la Ceratizit ha fatto un calendario quasi da WT, chiudendo al 10° posto del ranking internazionale

I ringraziamenti di Baldinger

«Vorrei ringraziare tutta la squadra e lo staff – ha dichiarato a caldo Dirk Baldinger, capo dei diesse della Ceratizit-WNT – per il loro duro lavoro, così come ringrazio tutti gli sponsor che hanno creduto nel nostro progetto negli ultimi dieci anni. Eravamo tutti motivati per raggiungere questo obiettivo e siamo felici di averlo centrato grazie ad undici vittorie con sei atlete diverse».

La notizia in ritiro

Dall’8 al 20 dicembre il neo-team WorldTour ha svolto il ritiro a Calpe. Non solo allenamenti e prove di materiali, ma anche attenzione sugli aspetti societari. Arianna Fidanza sa che la sua è una squadra-azienda, per effetto dello sponsor principale.

«Quando è stata fatta la richiesta – racconta la bergamasca che compirà 29 anni il prossimo 6 gennaio – eravamo abbastanza sicuri di passare nel WorldTour, però finché non arriva la conferma mai dire mai. Poi il 12 dicembre quando siamo rientrati dall’allenamento, i nostri dirigenti ci hanno comunicato che avevamo ottenuto la licenza. Nonostante ce lo aspettassimo, ci sono stati davvero tanta soddisfazione, orgoglio e gioia. E’ stato più che comprensibile, per la società è stato il coronamento di un percorso iniziato anni fa. Alla sera siamo andati tutti assieme in un locale a fare un piccolo festeggiamento perché comunque il giorno dopo ci aspettava un’altra seduta di allenamenti».

Inizio escalation. L’allora WNT Rotor (con Magnaldi e Vieceli) vince la classifica a squadre del Giro Donne 2019 (foto facebook)
Inizio escalation. L’allora WNT Rotor (con Magnaldi e Vieceli) vince la classifica a squadre del Giro Donne 2019 (foto facebook)

Pochi cambiamenti

Il suo contributo Arianna Fidanza l’ha dato eccome alla sua Ceratizit. A fine gennaio al debutto ad Almeria le aveva regalato la prima delle undici vittorie stagionali, aiutando poi le compagne in più occasioni, compresa la sorella Martina nel successo di Mouscron. Ma l’anno prossimo cosa potrebbe esserci di nuovo?

«Fondamentalmente per noi cambia poco – prosegue – perché già quest’anno abbiamo fatto praticamente un calendario WorldTour. La Ceratizit nel 2022 aveva chiuso al terzo posto del ranking continental, ma la Plantura-Pura era diventata WorldTour (poi con la denominazione Fenix-Deceuninck, ndr) e la Valcar si era trasformata nel devo team della UAE Team ADQ. Quindi in virtù dei punti ottenuti e a queste nuove licenze, la squadra ha potuto usufruire degli inviti praticamente obbligatori nelle corse più importanti, come classiche e giri a tappe.

Arianna Fidanza apre il 2023 vincendo ad Almeria. Era il primo degli undici successi conquistati dalla Ceratizit
Arianna Fidanza apre il 2023 vincendo ad Almeria. Era il primo degli undici successi conquistati dalla Ceratizit

«A livello organizzativo – spiega Arianna, che torna nel WT dopo il biennio nella Jayco – la nostra squadra era già estremamente preparata. Lo status sulla maglia indicava “continental”, ma eravamo un team WorldTour in tutto e per tutto. Non ci è mai mancato nulla. Quella sarà l’unica vera differenza,. Per il resto abbiamo sempre affrontato le corse con una mentalità da squadra di categoria superiore, pur consapevoli dei nostri mezzi e della concorrenza. Il 2024 è veramente dietro l’angolo. Non andremo in Australia per il DownUnder e faremo un nuovo ritiro a Calpe a gennaio per iniziare la stagione in Europa. Tra i vari obiettivi credo proprio che ci sarà quella di continuare a crescere e consolidarsi nelle prime dieci posizioni del ranking».

Lidl-Trek, il futuro è già iniziato. Parla Guercilena

23.12.2023
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Luca Guercilena e la Lidl-Trek sono nel pieno di una grande accelerazione. Le risorse pompate da Lidl hanno permesso al team un’importante campagna acquisti: l’ultimo colpo di mercato è la firma del giovane Philipsen, che raggiungerà il team a partire dal 2025. Il senso di abbondanza si ha soprattutto nell’osservare la distribuzione degli uomini nei vari appuntamenti. Ciccone al Giro per fare classifica, ad esempio, dovrà convivere col treno di Milan e con le ambizioni di Bagioli: un bel vedere pensando al ciclismo italiano, una situazione da gestire per i diesse.

Ma l’occhio del “capo” ci serve per spaziare su temi più ampi, che riguardano da un lato la sua squadra, dall’altro gli equilibri del ciclismo mondiale, che a giudicare dalle ultime e contorte vicende contrattuali, non se la sta passando proprio bene.

Ciccone sarà l’uomo di classifica della Lidl-Trek al Giro d’Italia: chi lavorerà per lui?
Ciccone sarà l’uomo di classifica della Lidl-Trek al Giro d’Italia: chi lavorerà per lui?
La Lidl-Trek ha ingaggiato un bel numero corridori di grande qualità, alcuni già pronti, altri con grandi prospettive: quali sono stati i criteri di scelta? 

L’esigenza di implementare la competitività nel WorldTour ci ha fatto valutare atleti che avessero già fatto risultati di qualità a quel livello. Come sempre però teniamo un occhio sul futuro, quindi cercando di ingaggiare giovani forti o con un talento sopra la norma. Starà a loro, col nostro supporto, trasformare il talento in performance di alto livello.

L’arrivo di Philipsen dal 2025 fa pensare a un progetto a lunga scadenza. Si è valutato di inserirlo nel devo team? In futuro questa potrebbe essere una via da seguire?

L’idea è di inserirlo step by step. Abbiamo l’intenzione di vederlo all’opera magari già nel 2024 nel nostro devo team, probabilmente dandogli la possibilità di correre alcune gare di livello superiore. Poi penseremo al passo definitivo. Albert è un grande potenziale, ma ancora molto giovane. Vogliamo dargli il giusto tempo di crescere e raccogliere i risultati a momento debito, considerato anche l’impegno in più discipline.

Quali sono state secondo te gli argomenti che hanno convinto Philipsen e in che modo seguirete il suo sviluppo durante la stagione?

Penso che il nostro modo di operare e il lavoro svolto dallo scout e manager del devo team, Markel Irizar, sia stato fondamentale.  Creare un rapporto prima di proporre un contratto credo sia la chiave giusta.  Aggiungerei che la serietà e l’affidabilità del nostro team sul fare crescere i giovani, senza affrettare i tempi, sia un altro parametro fondamentale. Non ultimo il nuovo progetto Lidl-Trek ha dato entusiasmo all’ambiente e gli atleti lo percepiscono.

Da quando ha smesso nel 2019, Irizar è diventato un talent scout. Ora è responsabile del devo team Lidl
Da quando ha smesso nel 2019, Irizar è diventato un talent scout. Ora è responsabile del devo team Lidl
La Tudor ha ingaggiato Tosatto, la Jayco ha preso Piva, com’è la situazione dei direttori sportivi nella Lidl-Trek? 

Abbiamo il nostro nucleo storico con Andersen, Baffi e De Jongh. A loro abbiamo aggiunto Sebastian Andersen, già tecnico in Riwal, che ha grande esperienza con i giovani e si occuperà del “devo” insieme a Markel Irizar. Inoltre ho fortemente voluto Schar con cui ho condiviso gli anni da CT della Svizzera, perché credo abbia le capacità per essere un grande diesse. Esattamente come facemmo con Irizar, Popovych e Rast nel recente passato. Ci sarà un graduale passaggio di consegne. Nel ciclismo moderno, con atleti sempre più giovani, bisogna avere mille attenzioni in più e il gap generazionale può essere un elemento su cui lavorare.

Per tanti team il Tour è l’obiettivo principale, la Vuelta è l’esame di riparazione. Può avere senso costruire un team per il Giro e per un leader giovane, oppure la Francia attira di più?

La realtà ad oggi è così, anche se da italiano ho sempre cercato di bilanciare il team su Giro e Tour, quasi allo stesso modo. Molto dipende dal tipo di leader che si ha. Se avesse più chance al Giro, meglio concentrarsi lì e vincere, che focalizzarsi solo sul TDF sapendo di non essere competitivi.

L’UCI valuta un rimpasto del calendario, con spostamenti di classiche: cosa pensi dell’attuale calendario? 

Ogni cambio va valutato con attenzione. Se il concetto è cambiare data per creare eventi più appetibili o aiutare i team dal punto di vista logistico a fare dei blocchi di gare vicine tra loro (avendo un occhio per un tema di grande attualità come la sostenibilità dei trasporti), sono sicuramente favorevole. 

Le Madone rosse tirate a lucido: vedremo già durante l’anno la nuova versione (piuttosto) rivoluzionaria?
Le Madone rosse tirate a lucido: vedremo già durante l’anno la nuova versione (piuttosto) rivoluzionaria?
Saresti favorevole all’introduzione di un salary cap, di un tetto stipendi che non faccia pendere tuttto dalla parte dei più ricchi? 

Sarei più per una “luxury tax” (nel basket NBA è una multa che si paga in caso di sforamento del tetto stipendi, ndr), nonché ad un serrato controllo dei contratti degli atleti. Nessuno può fare contratti più lunghi della sponsorizzazione del team (fino a che il 95% del budget è costituito dagli sponsor). Ovviamente tutto questo andrebbe inserito in un contesto dove il ciclismo professionistico si allinei agli altri sport considerati tali (ATP, NBA,NFL, F1) avendo come premessa di prendere le “parti” buone di quel business.

A Benidorm incontrato un Fiorelli “tutto nuovo”

23.12.2023
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BENIDORM (Spagna) – Filippo Fiorelli era sul lettino dei massaggi. Ai suoi muscoli pensava Gianluca Mirenda. Spesso sono questi i momenti migliori per parlare e scavare nei pensieri. Va detto che Filippo come altre volte si apre. Non si nasconde. Si mette in discussione.

Ed è quello che sta facendo questo inverno, più di altre volte. Per il siciliano della Green Project-Bardiani-CSF-Faizanè (dal 1° gennaio VF Group-Bardiani-Faizanè) è un inverno ricco di novità. Una preparazione iniziata con piglio al top. Un nuovo coach. Un’alimentazione diversa. Il suo grande motore deve raccogliere quello che gli compete.

Filippo Fiorelli (classe 1994) in allenamento sulle strade spagnole (foto Gabriele Reverberi)
Filippo Fiorelli (classe 1994) in allenamento sulle strade spagnole (foto Gabriele Reverberi)
Filippo, ormai sei il veterano di questa squadra…

Diciamo che sono tra i più vecchi, dopo Tonelli e Gabburo. Non mi sento proprio vecchio, però l’età avanza anno dopo anno.

Che stagione ci possiamo aspettare quest’anno da te?

Da parte mia c’è sempre quell’entusiasmo, come quando sono passato professionista. Cerco di dare il massimo per me e per la squadra. Parto ben concentrato, poi è chiaro che i problemi e le sfortune varie non puoi pianificarle. Però ci si mette il massimo.

Hai cambiato preparatore: è uno stimolo ulteriore? Questo cambio ti può dare di più non solo a livello tecnico, ma anche a livello mentale?

Ho cambiato preparatore, anche perché la squadra ha questa equipe molto valida e me l’hanno consigliato loro stessi. Non ho avuto problemi a cambiare. Ho avuto Paolo Alberati sin da quando son passato professionista e non mi sono trovato per niente male con lui. Mi ha fatto crescere. Vedremo quest’anno come andrà, fino ad ora procede tutto bene.

Ci sono differenze nella preparazione?

Un po’ sì. Vedo che rispetto all’anno scorso di questi tempi sono un po’ più avanti.

Ma fai più lavori, più chilometri… specifichiamo questa differenza.

Parlo di test, di valori registrati. Parto da un gradino in più rispetto all’anno scorso. In ritiro con il team ho incrementato il lavoro iniziato da qualche settimana.

Fiorelli con Gabburo, ormai sono i veterani del team
Fiorelli con Gabburo, ormai sono i veterani del team
Ti vediamo magro, tonico. Tu stesso ne hai parlato apertamente con noi diverse volte delle tue difficoltà nel perdere peso… Anche questo conta, no?

Sì, va meglio. Anche Roberto (Reverberi, ndr) me lo ha detto che sono messo bene. E’ la prima volta che i medici, facendomi la Bia e la plico, mi hanno detto che non devo perdere chili e neanche grammi. E questo facilita non poco la preparazione in generale.

Perché?

Perché un conto è cominciare anche per dimagrire e quindi dover andare in deficit. E un conto è pedalare solo per fare i lavori o le tue uscite. Adesso in bici mangio quello che devo mangiare. Questo fa sì che la gamba sia piena e che i lavori riescano bene. Un’altra cosa che mi piace è che non sto lì a fare caso sempre a cosa devo mangiare e a cosa no.

Questo è un ottimo step mentale…

Assolutamente sì. Può sembrare una cosa banale, ma non lo è. Sono già diversi mesi che collaboro con una nuova nutrizionista, Erica Lombardi. Abbiamo trovato un accordo dopo il Giro d’Italia. Ma è come la preparazione. Un conto è cambiare durante la stagione e un conto è farlo all’inizio. Per questo abbiamo lavorato passo dopo passo. A questo peso gli abbiamo dato una bella limata! E i risultati si vedono.

Insomma non devi più rincorrere una condizione. Come hai detto: un conto è lavorare per la forma e un conto è per perdere peso…

Ed è la differenza rispetto agli anni precedenti. Pensavamo che contasse solo essere magri. Per carità, è vero: il peso conta, però se io devo allenarmi per perdere peso è come il cane che si morde la coda. Se vincesse solo il corridore che è più magro, allora tanto vale che stare a casa a fare la dieta e basta. Non posso sbagliare allenamenti perché devo essere magro. Adesso invece quando mi alleno penso solo all’allenamento e non a dimagrire. E se mi devo allenare bene, devo mangiare. In passato mi sono capitate delle giornate in cui prendevo delle “scimmie atomiche”, perché giustamente dovevo andare in deficit per prendere quei chili di troppo. Però chiaramente non riuscivo a lavorare bene. E neanche li assimilavo certi lavori, mancava la forza e tutto il resto.

Sin dai tempi in cui era un dilettante, Fiorelli è stato sempre molto potente, sia in volata che sugli strappi brevi (photors.it)
Sin dai tempi in cui era un dilettante, Fiorelli è stato sempre molto potente, sia in volata che sugli strappi brevi (photors.it)
Cambiamo argomento. Cambiando coach, hai cambiato anche metodologia?

Mi segue il dottor Andrea Giorgi, interno al team. Sin qui ho notato più resistenza. E su questo aspetto stiamo lavorando. La salita secca, certo non lunga, non mi manca e non mi mancava neanche prima. Lo sforzo di 10′, che poi è quello che serve a me, andava bene. Ma avere più resistenza, mi consente di avere più brillantezza in quelle fasi dopo tanti chilometri. La prima cosa è non arrivare finito sotto la salita. Poi per la parte più specifica, per quei 10-20 in più watt ci lavoreremo più in là.

Hai cerchiato in rosso una gara in particolare? O comunque un periodo di picco?

Se dovessi dire una corsa, direi una tappa al Giro d’Italia: per me, per la squadra e per tutti. Ho un bel periodo di avvicinamento al Giro e si punta su quello. Ma di solito in quella fase ho sempre raccolto buoni risultati, come per esempio al Giro di Sicilia. Quindi se non fosse una tappa del Giro, una al Sicilia andrebbe benissimo lo stesso. Poi è ovvio che una tappa al Giro… è una tappa al Giro.

Prima del Giro pensi di fare un picco, ipotizzandolo ad inizio stagione, o optate per una crescita graduale fino alla corsa rosa?

Per come stiamo andando, sicuramente non partirò piano… sperando di non avere problemi o sfortune varie. Parto per dire la mia. Specialmente ad inizio stagione, non farò corse che non sono adatte alle mie caratteristiche, partirò con il coltello fra i denti.

E Moro a Calpe scrive “Parigi” sulla sabbia

23.12.2023
5 min
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CALPE (Spagna) – «Quasi come alle Maldive», facciamo scherzando con Manlio Moro. Il friulano guarda fuori verso la spiaggia e lo sguardo va alle vacanze concluse da poco. La sua ragazza, Rachele Barbieri, si trova pochi chilometri più a nord nell’Hotel Diamante Beach con il Team DSM-Firmenich, ma finora non sono riusciti a incontrarsi. Eppure nonostante questa nota stonata, Moro ha gli occhi che brillano. L’avventura tanto attesa nel WorldTour è iniziata, la Movistar l’ha accolto molto bene e il 2024 promette di essere un bell’anno. A ben vedere, il suo percorso ricalca quello di Jonathan Milan nel 2021, con il passaggio dalla continental alla WorldTour all’inizio dell’anno olimpico. Entrambi friulani, entrambi parte del quartetto. Parigi è alle porte.

Manlio comincia dall’Australia ed è questo il motivo per cui a un certo punto sparisce per andare a rinchiudersi sui rulli in una stanza con le finestre chiuse, in cui la pompa di calore riproduce la temperatura che troveranno ad Adelaide. Dovrà farlo anche a casa nei giorni che precedono la partenza. Giusto da poco l’UCI ha annunciato l’introduzione per le corse che si corrono con temperature troppo elevate: staremo a vedere.

Moro inizierà il 2024 dal Tour Down Under, passando poi per la Coppa del mondo pista di Adelaide
Moro inizierà il 2024 dal Tour Down Under, passando poi per la Coppa del mondo pista di Adelaide
Sei diventato grande, insomma…

Sono in squadra con Cimolai e con Formolo (ride, ndr), che fino all’anno scorso li vedevo in tivù e adesso ci alleniamo insieme. Fino a 2-3 anni fa a “Cimo” chiedevo di passarmi qualche maglia, invece ora siamo compagni di squadra. L’anno scorso ero qui a Calpe con la nazionale della pista e quelli del WorldTour mi sembravano extraterrestri, ora sono uno di loro. Ci stiamo allenando molto, sento un po’ la differenza di ritmo. Ieri abbiamo fatto un bell’allenamento, lungo e con molto dislivello, e ho dovuto stringere i denti. Soprattutto perché hanno spostato Formolino nel mio gruppo (ride ancora, ndr) e quando menava in salita, io ero bello a tutta. Mi hanno tirato il collo, però il giorno prima mi era toccato a loro. Abbiamo fatto delle sessioni di cronosquadre e gli ho restituito un po’ di fatica.

Hai notato anche tu le somiglianze con il percorso di Milan?

Credo che il passaggio alla WorldTour sarà un toccasana anche in termini di preparazione per la pista. Oltre al fatto di essere più motivato, secondo me arriverò con una gamba migliore, perché qui ci si allena sempre a tutta. Qui siamo divisi in tre gruppi e io sono in quello che inizierà dall’Australia. Per cui, partendo un mesetto prima degli altri, si va già forte. Facciamo allenamenti abbastanza tirati e di sicuro tutta questa fatica mi servirà.

Come si fa a mettere d’accordo i lavori della strada e quelli della pista?

Ne stavo parlando anche stamattina con Piepoli. Il mio obiettivo sarebbe cercare di non trascurare nessuno dei due. Lui mi ha fatto notare che comunque l’Olimpiade è un’occasione che capita una volta nella vita, quindi sono concentrato molto sull’obiettivo. Sono d’accordo con la squadra, anche loro ci puntano molto. Perciò stiamo cercando di lavorare al meglio. Ora questo ritiro di Calpe, dopo Natale farò un ritiro in pista e andrò a fare anche delle gare: probabilmente una madison a Novo Mesto. Cerchiamo di far combaciare al meglio le cose per non perdere in nessuno dei due ambiti.

A maggio Moro ha conquistato la Coppa Citta di Castiglion Fiorentino, precedendo De Pretto (photors.it)
A maggio Moro ha conquistato la Coppa Citta di Castiglion Fiorentino, precedendo De Pretto (photors.it)
E in Australia farai anche la Coppa del mondo, come Viviani e Ganna?

Esatto, infatti resterò in Australia per un mese: dal 5 di gennaio al 5 di febbraio. I lavori che servono su strada sono diversi, per cui prima del Tour Down Under, mi concentrerò a fare dei lavori più incentrati su sulla strada. E subito dopo, dato che ci sono 10 giorni, non potrò andare in pista, ma faremo sessioni più brevi ma intense, per richiamare la pista.

Il fatto di essere così brillante in pianura potrebbe farti finire ad esempio nel treno di Gaviria?

Di sicuro anche la Movistar cercherà di sfruttare le qualità della pista, quindi il fatto che abbia questi 3-4 chilometri a tutta può tornare utile per aiutare Fernando o lo stesso Cimolai. Potrei provare a fare l’ultimo o il penultimo. Potrei essere il corridore che li tiene davanti negli ultimi chilometri. Non vedo l’ora di iniziare a capire a che livello sono rispetto agli altri, così dopo le prime gare riuscirò a capire a cosa potrò servirgli.

Immaginando di tirare una riga dopo le Olimpiadi, dove vorresti andare a quel punto?

Di sicuro mi piacerebbe aiutare la squadra, ma avrei anche l’ambizione di vincere una grande classica. Però prima devo vedere a che punto sono, è difficile dirlo adesso. Magari vado di là e mi trovo subito bene o magari mi ci vuole un anno per ambientarmi, quindi non non lo so. Però, appunto, l’obiettivo è cercare di far bene, per vincere o far vincere un compagno. Penso che sia bello lo stesso.

Schierato nel quartetto a Glasgow 2023, anche Moro ha fatto la sua parte nella conquista dell’argento
Schierato nel quartetto a Glasgow 2023, anche Moro ha fatto la sua parte nella conquista dell’argento
Aver firmato già l’anno scorso ti ha fatto vivere il 2023 più serenamente?

Da un lato sì, avevo il contratto. D’altra parte avevo molta più ansia perché volevo dimostrargli di essermelo meritato. La medaglia ha mostrato entrambe le facce. Il fatto di essermi allenato con Piepoli per tutta la stagione mi ha permesso, tra virgolette, di guadagnare un anno. Mi ha cambiato completamente gli allenamenti, per cui quando sono arrivato qui, non ero così lontano. L’allenamento lungo di ieri lo avevo fatto sullo stesso percorso anche l’anno scorso, perché ero venuto in ritiro con loro. L’anno scorso l’ho finito che ero morto, quando arrivai in albergo, quasi non ricordavo come mi chiamassi. Quest’anno invece l’ho fatto tutto, nonostante in salita tirasse Formolo e nonostante io fossi il più pesante (Moro è alto 1,90 e pesa 81 chili, ndr). Ho fatto la prima salita, la seconda, la terza, la quarta, tutta la quinta e non sono arrivato morto alla fine. Quindi vuol dire che sono cresciuto molto.

Che cosa puoi dire di Piepoli come preparatore?

Secondo me è molto umano. Avendo corso anche lui, sa cosa vuol dire la fatica in bici e quindi riesce a capire come calibrare il lavoro. Mi fa molto anche da psicologo, è quello che mi dà la carica. Quando sono un po’ demotivato, lui cerca di farmi ritrovare la motivazione e questo è molto importante. Non lo vedo solo come un preparatore che fa le tabelle, ma anche come una persona che mi incoraggia a fare sempre meglio.

Com’è stato fare i rulli in una stanza tropicale, per adattarsi al caldo australiano?

L’ho fatto già una volta lo scorso, nel giorno di recupero. Qui è caldo, ma quando andrò a casa dovrò allenarmi con cinque gradi e passare di colpo a 35°C non sarà troppo graduale. Dovrò fare una sessione di allenamento simile anche a casa, per 2-3 volte a settimana. Hanno visto che funziona, perciò…

Sambinello: toccata e fuga nel mondo dei grandi

22.12.2023
5 min
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Enea Sambinello è tornato tra i banchi di scuola, come un normale ragazzo di 17 anni fa ogni giorno. Oggi, prima delle vacanze di Natale, ha fatto un’interrogazione di italiano su Machiavelli, Ariosto e Tasso. Ultima fatica prima di tornare tra i banchi l’8 gennaio. Prima, però, Sambinello, che si appresta ad iniziare il suo secondo anno da juniores, ha fatto un salto in Spagna. Più precisamente è andato nel ritiro del UAE Team Emirates, quattro giorni. Un’immersione totale nel mondo del team più vincente del 2024. 

Sambinello nel 2023 ha corso con la Work-Service, qui all’ultimo Giro della Lunigiana con la Rappresentativa Emilia-Romagna
Sambinello nel 2023 ha corso con la Work-Service, qui all’ultimo Giro della Lunigiana con la Rappresentativa Emilia-Romagna

Dei cambiamenti

Intanto Sambinello per il prossimo anno ha già messo in atto un cambiamento. Nel 2024, infatti, non sarà più con la Work Service Speedy Bike, ma con il team Pirata Vangi.

«Una decisione – racconta Sambinello – arrivata con il cambio di team da parte del mio diesse Matteo Berti. E’ stato lui ad andare al team Vangi, insieme a Fabio Camerin, ed io li ho seguiti. Mi è sembrata la scelta giusta, anche perché ero andato alla Work proprio perché c’erano loro, ed ho voluto continuare questo percorso».

«Mi è già arrivata la bici per il prossimo anno, una Guerciotti Eclipse S. Sto facendo qualche adattamento per la posizione, tra poco inizierò a spingere un po’ di più».

Il selfie mandato al presidente del Team Pirata Vangi, dove Ulissi ha corso prima di Sambinello
Il selfie mandato al presidente del Team Pirata Vangi, dove Ulissi ha corso prima di Sambinello
Come sei finito al ritiro della UAE in Spagna?

Conosco bene Andrea Agostini (con lui a sinistra in foto di apertura, ndr). Da esordiente ho corso con il team Fausto Coppi. Ero in squadra con suo figlio, che ha la mia stessa età e con il quale sono molto amico. Mi hanno contattato perché erano contenti di come stessi andando. Ho avuto questa occasione e l’ho colta al volo.

Che esperienza è stata?

Fantastica! Sono stato catapultato in un mondo surreale. Un qualcosa che sogni fin da quando sei bambino. Ho visto Pogacar da vicino, perché partecipavo anche alla riunione la sera. Era uno dei pochi momenti in cui sono stato in contatto con i grandi. Sono rimasto molto colpito dal fatto che tra staff e corridori si trattano tutti allo stesso modo.

Con chi hai parlato di più?

Ulissi. Ho parlato con lui perché ha corso da junior alla Vangi. Mi ha dato qualche consiglio e abbiamo mandato una foto insieme al presidente. Mi ha detto ottime cose sul team e mi ha chiesto di chiedergli qualche consiglio se vorrò.

Altri?

Un altro con cui ho parlato e che mi ha colpito per il suo atteggiamento è stato Del Toro. E’ al primo anno da pro’ ma ha una grande umiltà. Per farvi un esempio: eravamo in stanza insieme e sono venuti i ragazzi di Scicon a dargli gli occhiali. Lui avrà detto grazie una quindicina di volte, non ha dato per scontato che questa cosa gli fosse dovuta. Mi ha chiesto dove abitassi, perché lui vive a San Marino. Ci siamo ripromessi, questa estate, di fare una pedalata insieme. 

Sambinello, a destra, mentre pedala sulle strade spagnole con la maglia della UAE Emirates (foto Instagram)
Sambinello, a destra, mentre pedala sulle strade spagnole con la maglia della UAE Emirates (foto Instagram)
Tu hai pedalato con il Devo Team in quei giorni? 

Sì, a parte il primo giorno che ero in ritardo a causa dell’aereo e ho pedalato con i ragazzi di un team junior spagnolo. Dei ragazzi del team Gen Z conoscevo già Luca Giaimi, quest’anno ci siamo incontrati tanto alle corse. Abbiamo parlato della gestione della squadra, dello staff, del calendario… Lui è super contento di come lo stanno trattando.

Tu arrivi da una squadra juniores e ti sei ritrovato catapultato in quel mondo, che cosa hai notato in quei giorni?

E’ tutto curato nei minimi dettagli, ed è giusto che sia così. C’è tantissimo staff, tra corridori e addetti ai lavori saremo stati più di cento. Anche i test sono a 360 gradi. Ad esempio abbiamo fatto dei test per misurare la “core stability” per capire quali aspetti migliorare anche al di fuori della bici.

Ayuso ha firmato il suo primo contratto da pro’ con la UAE quando era al secondo anno juniores
Ayuso ha firmato il suo primo contratto da pro’ con la UAE quando era al secondo anno juniores
Eri lì nei giorni in cui Pogacar ha annunciato che verrà al Giro d’Italia, che aria si respirava?

C’era incertezza. Si percepiva che la decisione sarebbe stata quella di venire in Italia ma non c’erano certezze. Per il nostro Paese è un evento fantastico, non vedo l’ora che arrivi. Sicuramente andrò sulle strade a vederlo, non so ancora dove ma ci andrò. Vi racconto l’ultimo aneddoto.

Dicci pure. 

Quando c’è stato l’annuncio ero con due juniores spagnoli. Ci siamo confrontati e mi hanno detto che per loro il Giro è più bello del Tour. Anche per loro la presenza di Pogacar è un’ottima cosa, un evento bellissimo per il movimento italiano…

L’anno delle meraviglie: il 2024 di Pogacar letto con Matxin

22.12.2023
4 min
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LA NUCIA (Spagna) – Per rafforzare la scelta di Pogacar e inquadrarla nella strategia del UAE Team Emirates, nello stesso pomeriggio in cui lo sloveno ha spiegato la partecipazione al Giro, Joxean Fernandez detto Matxin ci ha messo la faccia

«E’ la prima volta che Tadej affronterà due grandi Giri nella stessa stagione – dice lo Sports Manager della squadra, in apertura sulla destra con Gianetti e Agostini – ha 25 anni e siamo dell’opinione che sia pronto per questa sfida. So bene di aver detto in passato che sia molto difficile o quasi impossibile vincere il Giro e il Tour nello stesso anno, ma abbiamo ridisegnato la stagione, decidendo di non partecipare alle corse sul pavé. Tadej è il miglior corridore che abbia visto nella mia carriera, ma l’unico modo per arrivare in forma al Giro e tenerla per il Tour è non correre troppo nei primi mesi dell’anno. Al Giro arriveremo con una decina di giorni di gara e in ognuna di queste correremo per vincere».

La UAE Emirates è stata già suddivisa fra Giro e Tour: programmazione a lunga scadenza
La UAE Emirates è stata già suddivisa fra Giro e Tour: programmazione a lunga scadenza

Il gruppo del Giro

La stagione di Pogacar inizierà alla Strade Bianche. Da lì si sposterà alla Sanremo, ignorando Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico. Ci saranno poi il Catalunya e la Liegi. E’ stato già definito anche il gruppo dei corridori che scorteranno Pogacar, prima al Giro e dopo al Tour. Correranno con lui al Giro Grosschartner, Majka e Vine, con Novak e Bjerg, più Molano e Rui Oliveira, che si dedicheranno alle volate.

«Non faremo neppure il Fiandre – spiega Matxin – nonostante sia la sua corsa preferita. Lo ha deciso Tadej per primo ed è stato frutto del ragionamento dell’ultimo anno. Abbiamo considerato tutti gli aspetti, cercando di individuare il programma più equilibrato. E’ la prima volta da anni che ci sono più di quattro settimane fra le due corse e per questo penso che sia l’occasione perfetta. Per cui abbiamo valutato di non fare ritiri in altura nell’avvicinamento al Giro, ma di farne uno prima del Tour. Tadej dovrà arrivare al Giro senza aver già stressato il suo corpo. Solo avremo la freschezza necessaria per arrivare fino alle Olimpiadi».

Nonostante quest’anno abbia vinto il Fiandre, Pogacar ha rinunciato alla difesa del titolo
Nonostante quest’anno abbia vinto il Fiandre, Pogacar ha rinunciato alla difesa del titolo

Fino al Lombardia

Quel che sorprende è la ricchezza degli obiettivi. Probabilmente chiunque dopo Sanremo, Liegi, Giro, Tour e Olimpiadi, penserebbe alle vacanze. Invece Pogacar tirerà il fiato per quel che potrà, poi rientrerà alle gare in Canada e da lì farà rotta verso i mondiali di Zurigo (che almeno sulla carta si adattano alle sue caratteristiche) e il Lombardia. Quello che ancora fa pensare è che lo scorso anno la sconfitta del Tour fu attribuita alle troppe corse di primavera: in che modo il Giro prima del Tour non costituisce un eccesso di impegno?

«E’ complicato vincere due grandi Giri nello stesso anno – dice ancora Matxin – ma non impossibile. Tadej è uno dei corridori per cui questo è meno complicato. Credo che con il suo carattere e la sua personalità possa farcela. Lui è quello speciale. Se non fosse così non avrebbe già detto che per lui Giro e Tour hanno lo stesso valore». 

Il Giro avrà due crono lunghe, due banchi di prova importanti per Pogacar
Il Giro avrà due crono lunghe, due banchi di prova importanti per Pogacar

Giro senza italiani

Quando gli facciamo notare che per la prima volta dalla sua fondazione, il UAE Team Emirates non avrà corridori italiani al via del Giro d’Italia, Matxin fa uno switch dallo spagnolo all’italiano e spiega perché Covi e Ulissi non saranno al Giro d’Italia.

«I corridori che verranno al Giro – spiega lo spagnolo – sanno di dover tirare per Tadej. E penso che abbia più senso che a farlo siano corridori che abbiamo preso per questo, piuttosto che altri più vincenti che altrove possono puntare a vincere altre corse. A Ulissi e Covi offriremo la possibilità di lottare per fare risultato in altre corse del calendario, per valorizzarli al meglio delle loro possibilità».

Infine, prima di andarsene, Matxin sciorina anche la formazione del Tour de France, in cui attorno a Pogacar correranno João Almeida, Adam Yates, Juan Ayuso, Pavel Sivakov, Marc Soler, Nils Politt e Tim Wellens. A questo punto, scoperta la strategia di Pogacar, il sogno di ogni tifoso sarebbe che Vingegaard raccogliesse la sfida. Non sarebbe strepitoso avere il danese al via del Giro?