Nella primavera delle classiche, Mozzato sarà cacciatore

21.02.2024
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Luca Mozzato è tornato ieri da Gran Canaria. C’è rimasto per due settimane. Finita l’Etoile de Besseges ha trascorso la notte a Marsiglia, poi si è imbarcato per l’isola spagnola, che si trova alla stessa latitudine del Marocco. Ha diviso chilometri e giornate con due ex compagni della B&B: Heidemann e Shonberger, poi lo ha raggiunto la compagna Giorgia, che non ha saputo resistere al richiamo di quel sole. Con la primavera delle classiche che sta per iniziare, il prossimo mese del corridore di Arzignano sarà decisamente ad alta intensità.

Ventisei anni compiuti il 15 febbraio, proprio durante le due settimane al caldo, Mozzato è reduce dal 2023 delle due vittorie (ghiaccio rotto al Limousin e poi Binche) che hanno fugato tanti dubbi ed è pronto per tuffarsi nella nuova stagione con le maniche rimboccate ancor prima di partire.

Mozzato, classe 1998, è pro’ dal 2020. Qui all’Etoile de Besseges
Mozzato, classe 1998, è pro’ dal 2020. Qui all’Etoile de Besseges
Come è cominciata la stagione?

Abbastanza bene a Valencia (8° nella corsa del debutto, ndr), invece a Besseges ho fatto più fatica del previsto. Spero che nelle ultime due settimane sono riuscito a mettermi a posto e di essere pronto per il Belgio. La prima parte di stagione è incentrata tutta su quelle corse, non farò gare a tappe: né Parigi-Nizza, né Tirreno e tantomeno il Catalunya. Solo corse di un giorno e il 90 per cento lassù. Si comincia con Het Nieuwsblad, che non è il Fiandre, però il livello sarà altissimo. Poi farò altre corse come Le Samyn, GP Criquielion e Monseré, in cui invece si parte per fare risultato.

Quattro corse in dieci giorni, insomma.

Poi dovrei avere una settimana per tirare il fiato e da lì si va dritti fino alla Roubaix. Si riparte da Nokere, poi Gand, Waregem e Fiandre, sempre che tutto vada come deve. Il Belgio è pieno di imprevisti. La discriminante più grande saranno la condizione e il fatto di essere in salute. 

Sapendo che non farai corse a tappe, la tua preparazione è cambiata?

Sicuramente non dovrò fare grandi salite, probabilmente la più lunga sarà il Vecchio Qwaremont, che dura 5 minuti. Però comunque, per come sono fatto, le salite mi servono e un bel dislivello l’ho fatto comunque. Anche se non è direttamente connesso al percorso delle gare, mi aiuta a lavorare. In questo caso specifico, mi ha permesso di fare dei lavori abbastanza lunghi, di 40′-60′. Li ho fatti a un ritmo non impossibile, ma quando ti ritrovi a fare un’ora di salita, è un lavoro che assomiglia all’ultima ora di una classica. Perché anche se le prossime corse saranno tutte a strappi, l’idea era di simulare la durezza di un’ultima ora comunque impegnativa.

Mozzato con il diesse Arnaud Gérard. Il 2024 per Luca sarà un anno da cacciatore (foto Arkea-B&B)
Mozzato con il diesse Arnaud Gérard. Il 2024 per Luca sarà un anno da cacciatore (foto Arkea-B&B)
Hai fatto anche lavori sull’esplosività?

Abbiamo fatto volate e anche lavori sul breve, tipo di 3-4 minuti, che sono la durata dei muri che dovremo superare. Oltre a questi allenamenti un po’ più lunghi e vagamente di fondo, ho fatto anche tanti lavori esplosivi, puntando anche sulle ripetizioni. Una di uno dietro l’altra, tanto da arrivare all’ultimo con la fatica nelle gambe.

Quanto sono importanti per Arkea queste corse del Nord?

Sicuramente tanto, anche perché quest’anno abbiamo una squadra incentrata soprattutto sulle corse di un giorno. Penso che tutto sia dovuto al fatto che la situazione dei punti per i prossimi due anni va seguita con attenzione e comunque abbiamo bisogno di risultati. L’indicazione della squadra è questa, tanto più che non abbiamo più grandi uomini da classifica per i Giri. In compenso a metà della stagione è arrivato Demare e con lui gli obiettivi sono certe classiche e vincere una tappa al Tour.

Questo significa che avrai più libertà?

Ci siamo parlati e siamo stati d’accordo nel dire che alla squadra torna comodo che io non venga inserito nel treno, ma vada a cercare i miei risultati. Al Tour, ad esempio, non andrò per lasciare spazio a quelli che lo aiuteranno. Sicuramente mi capiterà di fare qualche corsa con Arnaud, però l’idea è quella di non essere nel suo gruppo.

La vittoria di Binche dello scorso 3 ottobre ha mandato Mozzato in vacanza con l’animo leggero
La vittoria di Binche del 3 ottobre ha mandato Mozzato in vacanza con l’animo leggero
Quanto è stato importante aver vinto lo scorso anno?

Sono uscito benissimo dal Tour e ho portato avanti a lungo quella condizione. Per un corridore come me, che non vinceva da parecchio, è stato decisivo. Non era ancora diventata un’ossessione, ma da un paio d’anni la domanda era sempre quella: quando si vince? C’ero andato vicino diverse volte, però era mancato lo scatto che invece c’è stato l’anno scorso.

Quest’anno niente Tour, quindi Giro?

Quindi Vuelta. Per fare bene al Giro, per finire le tappe, ho bisogno di un periodo di lavoro che, facendo la Roubaix, non avrei. Un po’ dispiace, perché non l’ho mai fatto. Ma abbiamo optato per la Vuelta, anche se tappe veloci ce ne saranno poche.

Alla Het Nieuwsblad ci saranno tutti i più forti, con quale spirito si va al via?

Uno spirito diverso rispetto a quello che avrò a Le Samyn. Dipende sempre dalla corsa. A Le Samyn si può pensare di aspettare il finale e vedere come sto per giocarmela. Invece all’Het Nieuwsblad, l’idea è quella di aspettare il finale e non buttar via energie a caso durante la corsa. Altrimenti, vista la presenza di certi campioni, se non si vuole partire battuti, si deve pensare a una soluzione alternativa per arrivare davanti. Magari anticipare fra due muri o trovare il momento giusto per saltarne uno nella posizione perfetta e prendere vantaggio.

Dopo il lavoro a Gran Canaria, Mozzato è pronto per le sfide del Nord (foto Arkea-B&B Hotels)
Dopo il lavoro a Gran Canaria, Mozzato è pronto per le sfide del Nord (foto Arkea-B&B Hotels)
Con quale modello di Bianchi correrai le prossime corse?

Continuo con la Oltre. L’anno scorso l’ho usata tutto l’anno e mi sono sempre trovato bene. Per cui, dato che grandi salite non dovrei farne, ho deciso di restare sul modello più aero e più veloce, quantomeno nel 90 per cento delle corse. Alla Roubaix probabilmente cambierò, ma perché la Oltre è troppo rigida per il pavé vero.

Ruote e gomme?

Si può giocare un po’ sul profilo, ma penso che si parlerà il più delle volte di ruote da 60, anche se per Het Nieuwsblad stiamo valutando di usare le 45. Invece a livello di copertone, giochiamo tanto di più con le larghezze. I primi giorni in Belgio serviranno anche per fare gli ultimi test. Però in linea di massima si utilizzerà il tubeless normale per il 90 per cento delle corse, mentre sarà da valutare, almeno per me, quello più rinforzato per la Roubaix. Sono tutti test da fare appena troveremo il pavé per provarci. Fra due giorni si parte, non dovremo aspettare tanto…

Consonni punta alla Wiebes e alle sfide del Nord

21.02.2024
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Chiara Consonni risponde con il solito tono energico e frizzante. I primi impegni stagionali sono passati e la velocista bergamasca del UAE Team ADQ ha avuto modo di togliere la polvere dalle ruote. Sei giorni di corsa, divisi tra Spagna e UAE Tour Women. Proprio negli Emirati, Consonni si è messa alla prova con le prime della classe, prendendo loro le misure. Un secondo, un terzo e un quarto posto. E’ mancata solo la vittoria, ma sulla sua strada si è messa Lorena Wiebes. L’olandese ha vinto due delle tre volate, arrivando seconda nell’altra.

«Sono in treno – ci ha detto lunedì appena iniziata l’intervista – sono appena stata a fare le visite pre olimpiche. Le avevo già fatte tre anni fa, sono una cosa di routine, normale. Sono partita domenica sera in aereo e oggi (lunedì, ndr) sono già di rientro. Meglio così, anche perché tra pochi giorni sono in Belgio per l’Opening Weekend».

Consonni alla prima volata del UAE Tour Women ha colto un terzo posto
Consonni alla prima volata del UAE Tour Women ha colto un terzo posto
Al UAE Tour Women hai fatto le prime volate della stagione WorldTour 2024, come sono andate?

Tutto sommato ne esco soddisfatta, diciamo che su quattro tappe aver portato a casa due podi non è male. La squadra è cambiata un po’ e dobbiamo ancora conoscerci bene. 

Sulla tua strada hai trovato una Wiebes in grande forma, ma sei sempre stata lì a lottare, che cosa ti è mancato?

Loro (SD Workx, ndr) hanno un treno davvero forte. Si conoscono molto bene, già solo Guarischi ha dei meccanismi collaudati con Wiebes. Se a tutto questo aggiungete che l’ultima donna del treno era Lotte Kopecky, capite bene la qualità che hanno a disposizione.

Per il momento pensare a delle volate di rimonta contro la Wiebes è difficile
Per il momento pensare a delle volate di rimonta contro la Wiebes è difficile
Hai detto che la squadra è cambiata e dovete ancora conoscervi bene…

Un lato positivo è che Tereza Neumanova faceva le volate fino all’anno scorso, quindi ha uno spunto molto buono. Arriviamo bene ai 300-400 metri, forse manca l’ultima parte, ma arriverà con le gare. E questo lo considero il lato positivo: era la prima corsa WorldTour e comunque siamo state subito competitive. Ho fiducia che gara dopo gara miglioreremo tanto. Abbiamo provato tanto in allenamento, ma la corsa è un’altra cosa.

Guardando da vicino Wiebes dove pensi che si possa battere?

Penso che ora come ora l’unico modo di battere la Wiebes sia anticiparla. Se la riescono a lanciare davanti è impossibile rimontarla, arriva troppo forte. Non è semplice nemmeno anticiparla, perché il loro treno è veloce, molto. Però nel 2023 Elisa (Balsamo, ndr) è riuscita a batterla anticipando i tempi, penso che sia questa la strada. 

Le ragazze del quartetto dovranno continuare a lavorare per preparare al meglio l’appuntamento olimpico
Le ragazze del quartetto dovranno continuare a lavorare per preparare al meglio l’appuntamento olimpico
Hai cambiato qualcosa nella preparazione invernale?

All’inizio di questo inverno ho cambiato preparatore, sono passata a Luca Zenti, che è lo stesso di Silvia Persico. La squadra ha voluto così, mi sto trovando bene. Certo, questo è un anno particolare per cambiare (il riferimento è all’Olimpiade, ndr). Però il metodo di lavoro non è cambiato, ho fatto tante ore di fondo a novembre. Poi sono andata in Sicilia con la nazionale per un altro ritiro e lì abbiamo fatto più qualità. Il tutto era rivolto agli europei di gennaio.

Che non hai corso.

Sì, io ho sempre avuto qualche problema ad entrare in condizione subito, sapevo di avere un deficit. Ora però torneremo a lavorare ancora su pista, per fare qualche richiamo, tenere la forza e restare abituate a far girare certi rapporti. Anche tra noi ragazze dobbiamo restare unite e aiutarci a vicenda. Poi certi lavori in pista tornano utili per le volate, quindi è un cerchio che si chiude. 

Ora per Consonni si apre la stagione del Nord, da sabato 24 febbraio con la Omloop Het Nieuwsblad
Ora per Consonni si apre la stagione del Nord, da sabato 24 febbraio con la Omloop Het Nieuwsblad
Tra pochi giorni parte la stagione del Nord, pronta?

Partirò da Omloop Het Nieuwsblad. Da quelle parti ho vinto la Dwars door Vlaanderen nel 2022 e ho ottenuto buoni piazzamenti. Quest’anno, però, le gare si allungheranno, dicono. E’ una cosa che leggermente mi spaventa, aggiungere 10-15 chilometri a quei percorsi può cambiare tutto. Infatti, in inverno abbiamo fatto molti più allenamenti sul fondo, aumentando le ore da quattro a cinque. Per il resto sono tranquilla, conosco le mie qualità. 

In vista di Parigi 2024 farai il Giro Donne o il Tour de France Femmes?

Sicuramente il Giro Donne, poi la prima parte di stagione dovrebbe finire. Ma vedremo, anche in base ai giorni delle gare e le esigenze di tutti. Per il momento guardo alle prossime corse, poi tireremo le somme. 

In Algarve le risposte giuste. Tao c’è ancora, eccome se c’è

21.02.2024
5 min
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«È stato davvero bello tornare, anche se con tanto vento e un po’ di pioggia! Forse non è quello che la gente immagina di sentire, ma la sensazione non è stata diversa dall’inizio di una qualsiasi delle mie stagioni da professionista, tornando alla routine, rivedendo volti familiari dopo l’inverno e trovando il ritmo. Mi sono trovato bene nel gruppo», Tao Geoghegan Hart parla così del suo ritorno in corsa alla Volta ao Algarve.

Si era sull’Alto da Foia. Tempo da lupi. Nebbia. E quello era davvero il suo grande ritorno. Se la Volta ao Algarve era la sua prima gara dopo l’incidente del Giro d’Italia 2023, quella era la prestazione. Quella che dava fiducia e morale.

Tao Geoghegan Hart (classe 1995) incontrato a Calpe lo scorso dicembre. Era già magro, ma della condizione se ne sapeva poco
Tao Geoghegan Hart (classe 1995) incontrato a Calpe lo scorso dicembre. Era già magro, ma della condizione se ne sapeva poco

Dubbi spazzati

Quello dell’inglese, passato quest’anno alla Lidl-Trek, era un rientro in corsa contornato da mille dubbi. E grosse attese. In tanti lo aspettavano al varco. Visti i traumi della caduta al Giro, con diverse fratture fra cui quella del femore, ci si chiedeva addirittura se sarebbe stato ancora lui.

E le risposte sono state più che positive. In Portogallo, corsa infarcita di campioni, a partire da Remco Evenepoel, Tao è arrivato dodicesimo assoluto, lasciandosi alle spalle fior di corridori come Landa, Higuita e pagando poco più di 40” a gente come Pidcock, Van Aert e Kuss.

Ma quel che più conta è che il britannico si sia ben comportato in salita. E’ lì che il corridore, specie se da grandi Giri, va a cercare le risposte più importanti.

Nelle due frazioni col naso all’insù, Tao è giunto entrambe le volte settimo, con i primi a pochissimi secondi. Solo le super accelerazioni di Remco e Dani Martinez lo hanno messo in difficoltà. E per di più loro già avevano diversi giorni di corsa nelle gambe. Geoghegan Hart invece non attaccava il numero dallo scorso 17 maggio.

Nella crono di Albufeira, Tao ha pagato quasi 2′ a Remco. Ma non era su questa prova che si era concentrato
Nella crono di Albufeira, Tao ha pagato quasi 2′ a Remco. Ma non era su questa prova che si era concentrato

Verso la forma

Se pensiamo che due mesi fa lo vedevamo ancora pedalare da solo, senza nessun vero riferimento, questi piazzamenti valgono come, e più, di una vittoria.

«In effetti – aveva detto Geoghegan Hart a GCN – mi manca ancora quella grande accelerazione, ma non è poi così male la situazione in generale. Era importante tornare in gara».

«Ho trascorso una settimana senza problemi e non ero troppo lontano dal ritmo. Mi è mancato qualcosa, ma è normale per la prima gara della stagione. Alla fine mi sono staccato solo negli ultimi 500 metri», aveva poi dichiarato Tao alla sua squadra dopo il primo arrivo in salita.

Tao, ha invece pagato parecchio a crono. Ma da quel che si sa non ci ha lavorato così tanto durante l’inverno. Sì, aveva un manubrio speciale personalizzato, ma la priorità di questi mesi era un’altra. Era tornare in forma. Anzi, era tornare…

Quello di Geoghegan Hart contro il tempo è stato un distacco “pesante”, 38° a 1’51” da Remco in 22 chilometri. Tuttavia facendo un’analisi più approfondita non è stato neanche così “tragico”, se paragonato a rivali ben più accreditati. Per di più, sempre parlando di cronometro, cambiando squadra aveva anche cambiato i materiali.

Insomma non era certo quello il momento di tirare le somme nella specialità contro il tempo. E questo possibile passaggio a vuoto era calcolato, mettiamola così, già prima del via.

Alto da Foia, Tao (a sinistra) taglia il traguardo accanto all’ex compagno di squadra, Pidcock, a 8″ da Martinez e Remco (foto Instagram)
Alto da Foia, Tao (a sinistra) taglia il traguardo accanto all’ex compagno di squadra, Pidcock, a 8″ da Martinez e Remco (foto Instagram)

Si può programmare

Dall’Algarve dell’inglese, a cascata, ci saranno diverse decisioni. Il capo della performance del team americano, Josu Larrazabal, ce lo disse chiaro e tondo nel ritiro di dicembre in quel di Calpe: «Per Tao è impossibile fare un programma adesso. Vediamo come sta, come andranno le prime corse e poi decideremo». In quel momento non era certa neanche la sua data di rientro alle gare, per dirla tutta.

L’Algarve ha dunque dato il “la” per iniziare davvero a stilare un programma agonistico stagionale.

«A dire il vero – ha proseguito Tao – non abbiamo ancora deciso. Nella prossima settimana (in questi giorni, ndr) ne parleremo con la squadra. Ci sono piani provvisori, ma dobbiamo procedere passo dopo passo. Di sicuro farò una delle gare WorldTour da una settimana». Stando a queste indicazioni quindi lo rivedremo o alla Parigi-Nizza o alla Tirreno-Adriatico. Questa seconda opzione è ben più probabile, visto che la sua squadra lo ha inserito nelle preliste della corsa dei Due Mari.

L’obiettivo, tanto per tornare a citare il Larrazabal di dicembre, è quello di trovare continuità. Mettere nelle gambe i chilometri di corsa. Costruire una base solida. Poi da lì verrà tutto il resto.

Tao Geoghegan Hart è un patrimonio di questo ciclismo. Ha vinto un Giro d’Italia e visto come stava crescendo e come andava l’anno scorso, chissà che non avrebbe messo a segno il bis. In Ineos Grenadiers il vero capitano era lui e non Thomas.

La Lidl-Trek crede molto in lui. Tecnici e compagni lo hanno subito visto come un leader. La sua determinazione, per ora, non fa altro che rafforzare questa posizione.

Stagione juniores al via, ma Salvoldi si è già fatto un’idea

20.02.2024
5 min
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Il momento del via è sempre più vicino. Il 3 marzo con il GP Giuliano Baronti in Toscana inizierà la stagione nazionale degli juniores, che comprende 38 gare. I vari team stanno preparandosi per l’esordio, ma anche il cittì azzurro Dino Salvoldi è attentissimo, pronto a vedere i primi riscontri dopo la lunga preparazione invernale. Preparazione che lo ha visto protagonista, intanto con i due pomeriggi a settimana dedicati alla pista, poi con i raduni specifici.

«Ne abbiamo già fatto uno a gennaio – spiega Salvoldi direttamente da Montichiari – un secondo lo facciamo proprio in questi giorni sempre qui, dedicando uno spazio specifico alla strada, iniziando proprio da oggi».

Bessega e Montagner, con Giaimi, hanno già vinto l’oro europeo nel team relay
Bessega e Montagner, con Giaimi, hanno già vinto l’oro europeo nel team relay
Non avendo ancora riscontri oggettivi in mano, come ti gestisci fra i 1° e 2° anno?

E’ vero che non ci sono gare che sono il principale metro di misurazione, ma mi sono già dovuto fare un’idea e il mio taccuino è straricco di nomi e indicazioni. Anche perché a questo punto devo già avere un nucleo di 10-12 nomi sui quali lavorare in funzione della Nations Cup. Per i nati del 2006 ho preso in considerazione l’intero andamento della passata stagione, per il 2007 ho sì guardato ai riscontri delle gare allievi, ma li prendo con molto beneficio d’inventario. Preferisco basarmi più su quel che ho visto in questi raduni, nei quali sono passati tra pista e strada tantissimi ragazzi e poi mi affido molto al passaparola.

Una scelta molto anticipata…

Non sarà una stagione semplicissima – ammette Salvoldi – intanto so che i mondiali proporranno un percorso impegnativo. Devo assolutamente andarlo a vedere di persona e quindi devo cercare ragazzi che abbiamo spiccate qualità in salita. Poi devo considerare le gare di Nations Cup alle quali parteciperemo. Non tutte, perché sarebbe un impegno economico insostenibile fare 10 gare a tappe e una in linea. Noi punteremo su 6 gare, le più importanti fra quelle di più giorni tenendoci aperta la porta per quella finale se saremo in corsa per la vittoria nella classifica generale. Intanto però devo costruire uno zoccolo duro di atleti, basato sui 2° anno.

Ludovico Mellano è atteso da un anno di grandi progressi. Nel 2023 ha vinto anche in Spagna (foto Facebook)
Ludovico Mellano è atteso da un anno di grandi progressi. Nel 2023 ha vinto anche in Spagna (foto Facebook)
Chi comprende?

Per ora abbiamo, in ordine alfabetico, Bessega, Cettolin, Finn, Mellano, Montagner e Sambinello. Conto però di accludere anche Viezzi, che quest’anno farà più attività su strada.

Con Finn ti trovi di fronte a una novità assoluta, un corridore facente parte di un team estero

Ho già avuto contatti con i suoi dirigenti – specifica Salvoldi – oltretutto il Team Auto Eder sarà in ritiro a Peschiera del Garda. Nei prossimi giorni andrò per parlare personalmente con lui e i diesse per stabilire la giusta programmazione. Lo stesso con Viezzi: con lui non ho ancora parlato, ma mi sono sentito spesso sia con Pontoni che con i responsabili della Work Service e conto di coinvolgerlo nel prossimo raduno su strada di marzo. So che Stefano si è giustamente preso un po’ di riposo ed inizierà la sua stagione il 10 marzo.

Il Grenke-Auto Eder, la multinazionale tedesca nella quale milita Finn (dietro, 2° da sinistra)
Il Grenke-Auto Eder, la multinazionale tedesca nella quale milita Finn (dietro, 2° da sinistra)
L’attività estera sarà quindi rivolta esclusivamente alle corse a tappe, una scelta fondamentale visti i calendari che i pari età affrontano nei loro Paesi.

Per noi quelle gare sono un momento di confronto importante. Il nostro obiettivo sono le gare di un giorno, ma gli avversari li affronti, li conosci meglio nelle prove a tappe. Inoltre il periodo da metà aprile a inizio giugno avrà la maggiore concentrazione d’impegni: noi saremo alle prove più importanti, come la Corsa della Pace e il Trophée Morbihan. Abbiamo bisogno di confrontarci con i vertici della categoria, anche se poi l’obiettivo vero è molto in là nel tempo.

Una stagione che quindi ricalca quella dello scorso anno, ma inserirai qualche novità?

Sì, cerchiamo di ottimizzare le risorse. Infatti quest’anno a differenza del 2023 potremo prevedere anche un periodo di allenamento in altura prima dei mondiali – sottolinea Salvoldi con sooddisfazione – cosa che ci era molto mancata, poi faremo altri appuntamenti di gruppo proprio per cementare la squadra per un evento al quale tengo molto.

Mattia Sambinello pronto a seguire le orme del fratello Enea, intanto è nel giro azzurro (foto Instagram)
Mattia Sambinello pronto a seguire le orme del fratello Enea, intanto è nel giro azzurro (foto Instagram)
Abbiamo parlato dei corridori che hai avuto modo di conoscere direttamente. Per quel che riguarda i nuovi che idee ti sei fatto?

Ho visto qualità individuali molto interessanti, ma chiaramente mi posso solo basare sugli allenamenti. Passando di categoria cambia moltissimo per questi ragazzi: fra gli allievi sono abituati a corse dove emergono quasi unicamente le qualità individuali, fra gli juniores invece ha un peso specifico il lavoro di squadra e questo cambia completamente il loro modo di vedere le corse. E’ presto per fare previsioni e capire chi si adatterà prima e meglio. Io comunque sono ottimista, ho visto elementi molto promettenti.

Torniamo al discorso del calendario italiano. Rispetto agli under 23 il numero di gare nazionali è molto inferiore, ma l’attività è infarcita di prove locali. Per te è un bene?

E’ un calendario che compensa molto con l’attività nelle singole regioni – spiega Salvoldi – ma dobbiamo tenere conto che parliamo di un movimento che ha 750-800 elementi e bisogna consentire a tutti di correre. C’è quindi bisogno di almeno 5 gare a domenica per dare possibilità di fare attività al maggior numero possibile di ragazzi. Qualcosa però andava fatto: fino allo scorso anno c’erano corse con team di 15 atleti che si confrontavano con altri team di 6, una sproporzione esagerata. E’ stato messo il limite di 10 atleti a gara per singola squadra e questo permette un equilibrio tattico maggiore. C’è però un altro aspetto sul quale porre l’accento.

Sprinter e non solo. Filippo Cettolin va a caccia di vittorie di prestigio (photors.it)
Sprinter e non solo. Filippo Cettolin va a caccia di vittorie di prestigio (photors.it)
Quale?

Bisogna educare i ragazzi a programmarsi durante la stagione. Correre tutte le domeniche a tutta non va bene, non serve, consuma. Capisco che ora per l’inizio stagione siano tutti gasati a mille, poi però bisognerà concentrarsi sui propri obiettivi, lavorare per quelli in allenamento come in gara, pensare a medio-lungo termine. E’ un aspetto fondamentale sul quale dobbiamo lavorare.

Remco e Wout, crono al lumicino sulla via di Parigi

20.02.2024
5 min
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In Belgio si fa un gran ragionare sulla cronometro di Parigi, per la quale gli uomini hanno qualificato due atleti come l’Italia. I due nomi sulla bocca di tutti sono ovviamente quelli di Remco Evenepoel e Wout Van Aert, che hanno iniziato la stagione ad andature differenti ed entrambi convergeranno sull’obiettivo olimpico seguendo percorsi diversi.

Ben strana specialità la cronometro individuale: forse l’unica fra quelle che assegnano medaglie a non avere un calendario internazionale dedicato. Ci si accontenta di correrle nell’ambito delle corse a tappe, così che non esista un vero ranking e tantomeno la possibilità di avere il confronto diretto fra gli specialisti. Questo accade in occasione di europei e mondiali, quando in palio c’è già qualcosa di molto grosso.

Evenepoel ha stravinto il primo confronto diretto nella crono di Albufeira
Evenepoel ha stravinto il primo confronto diretto nella crono di Albufeira

Calendari al minimo

Il primo scontro fra i due belgi s’è consumato alla Volta ao Algarve e ha visto il prevalere netto di Evenepoel, con Van Aert che sta ricostruendo la condizione dopo la stagione del cross e si sta concentrano prevalentemente sulle classiche.

Sfogliando il calendario, Evenepoel disputerà 4 crono prima di Parigi: quella dei Paesi Baschi (Irun, 10 chilometri), poi al Delfinato (Neulisse, 34,4 chilometri) e le due crono del Tour (Gevrey Chambertin di 25 chilometri e Nizza di 34). Il totale per Remco è di 103,4 chilometri contro il tempo prima delle Olimpiadi.

Molto meno per Van Aert, che nel suo avvicinamento al Giro non ha previsto gare dotate della crono, avendo scelto di non passare per la Tirreno-Adriatico. Per cui le prove saranno appena 2: quelle del Giro. Quindi la crono di Perugia (37,2 chilometri) e quella di Desenzano del Garda (31 chilometri). Il totale per Wout è di 68,2 chilometri.

Per entrambi si potrebbe aggiungere il campionato nazionale di Binche, i cui dettagli non sono però ancora noti.

Van Aert ha sollevato la presa sulle appendici: obiettivo comfort e penetrazione
Van Aert ha sollevato la presa sulle appendici: obiettivo comfort e penetrazione

Le mani di Van Aert

Nonostante i pochi test in gara, i clan di entrambi i campioni sono al lavoro per trovare possibili risparmi di tempo e di watt. Non è sfuggito infatti che proprio in Algarve, la posizione di Wout van Aert è parsa leggermente cambiata rispetto alle apparizioni 2023. Si nota a occhio nudo che le appendici del manubrio sono state ruotate in senso orario, in modo che il belga possa tenere le mani più sollevate

«Abbiamo svolto dei test nella pista di Zolder – ha spiegato il diesse Marc Reef a Het Nieuwsblad – e Wout ha provato la soluzione proprio ad Albufeira. Con questa nuova posizione delle mani, dovrebbe sentirsi un po’ più a suo agio, essere più aerodinamico ed essere in grado di trasferire meglio la sua potenza alla bici».

Parallelamente risulta che Giro, nuovo sponsor per i caschi, sta mettendo a punto un prototipo proprio per Van Aert. Inoltre, pare che il team disporrà di ruote nuove e più veloci. Il tutto dovrebbe essere disponibile per il campione belga a partire dal mese prossimo.

Evenepoel si è sottoposto a due sedute in galleria del vento: a Morgan Hill e a Milano (foto Castelli)
Evenepoel si è sottoposto a due sedute in galleria del vento: a Morgan Hill e a Milano (foto Castelli)

I dettagli di Remco

Come abbiamo già raccontato, nel corso dell’inverno Evenepoel ha fatto ricorso per due volte alla galleria del vento. Prima in California, nell’impianto di Morgan Hill, di proprietà Specialized. Poi a Milano con Castelli per mettere a punto il body migliore e individuare i tessuti più veloci.

«Il suo abbigliamento è stato aggiornato – ha detto l’allenatore Koen Pelgrim – e ha potuto utilizzarlo in Algarve, perché non è dovuto partire con la maglia di leader della montagna. Anche la posizione di Remco è leggermente cambiata, ma si tratta di piccole cose. Certamente però non rimarremo fermi fino all’estate. Siamo sempre alla ricerca di innovazioni. Non guadagneremo un minuto sui 40 chilometri, ma sono i dettagli che tutti cercano. Rispetto alle cronometro di vent’anni fa, c’è un’enorme differenza. Questa grande evoluzione è il risultato dei piccoli dettagli che sono cambiati. Se guardiamo ai mondiali, la differenza con Ganna è stata inferiore all’uno per cento».

Sul fronte della preparazione, Tom Steels esclude la possibilità che dopo il Tour il campione del mondo faccia un ritiro specifico. «L’allenamento a cronometro – dice – è una parte standard dei programmi di allenamento di Remco, tutto l’anno, con qualche lavoro extra specifico qua e là».

Una foto del 2022 ritrae Van Aert con il manichino su cui si effettuano le simulazioni al TUE di Eindhoven
Una foto del 2022 ritrae Van Aert con il manichino su cui si effettuano le simulazioni al TUE di Eindhoven

Il manichino di Wout

A parlare invece di ritiro è l’entourage di Van Aert, che fra i due è certamente quello che più deve investire sul lavoro e la dedizione, dovendo fare i conti (come Ganna) con una mole e un’aerodinamica peggiore rispetto a Remco. Come detto, la crono portoghese è servita per provare le variazioni tecniche messe a punto nei mesi invernali.

«Durante le ultime settimane – ha spiegato il suo allenatore Mathieu HeijboerWout ha pensato alle classiche e non ha ancora lavorato sulla cronometro. Dopo le classiche ci dedicherà ancora un po’ di tempo in vista del Giro. Si prenderà poi qualche settimana di riposo e poi preparando Parigi farà uno stage in quota. In quell’occasione presterà molta attenzione alla sua bici da cronometro. Naturalmente si tratterà di perfezionare i dettagli. A quel punto sarà troppo tardi per fare grandi cambiamenti, ma ovviamente per provare soluzioni più importanti abbiamo sempre il manichino di Wout».

Del Grosso, italiano solo di nome, campione di fatto

20.02.2024
5 min
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A Tabor, oltre al trionfo di Viezzi, c’è stato un altro cognome italiano capace di svettare su tutti e laurearsi campione del mondo. Peccato che d’italiano, Tibor Del Grosso abbia solo il cognome, per il resto è olandese da più generazioni. Il corridore di Eelde, 20 anni compiuti, è una delle vere rivelazioni della stagione di ciclocross appena conclusa, anche se la conquista del titolo sembrava davvero nel suo destino dopo la piazza d’onore dello scorso anno.

Il tulipano non è solo un ciclocrossista, anzi. Campione nazionale juniores sia in linea che a cronometro nel 2021, lo scorso anno si è messo in luce anche nella categoria superiore con molti piazzamenti, sfiorando la Top 10 agli europei. Una doppia veste sulla quale era interessante indagare considerando anche che “in casa” ha un maestro d’eccezione nel campo come il bicampione del mondo Van der Poel.

Tante bandiere al vento per il suo trionfo a Tabor, ma Del Grosso ha vinto anche la Coppa del mondo
Tante bandiere al vento per il suo trionfo a Tabor, ma Del Grosso ha vinto anche la Coppa del mondo
Partiamo dal tuo cognome e quindi dalle tue origini italiane.

Sinceramente non ne so molto. E’ una cosa che risale a molto tempo fa, la mia famiglia è olandese da più generazioni, neanche mio nonno sa da dove sono arrivati i suoi antenati. Mi resta questo cognome piuttosto insolito, anche difficile da pronunciare nella nostra lingua.

Come hai iniziato a fare strada e ciclocross?

Mi sono sempre diviso, fin da quando ero giovanissimo. Mio padre aveva un negozio di biciclette, ci sono salito praticamente subito e ho visto che me la cavavo piuttosto bene, quindi ho provato qualcosa di più tecnico come il ciclocross. Mi dicevano tutti che ero bravo, allora ho insistito. Poi ho iniziato a fare le corse su strada da quando avevo 8-9 anni e non ho più smesso, anche se ho fatto anche altri sport. Ma ora sono concentrato sul ciclismo.

Sin da bambino il corridore di Eenle si è diviso fra strada e ciclocross (foto Julia Zwaan)
Sin da bambino il corridore di Eenle si è diviso fra strada e ciclocross (foto Julia Zwaan)
Ti senti più ciclocrossista o stradista?

Bella domanda. La verità è che non lo so davvero neanche io. Mi sento entrambi. Mi piace davvero tanto questa commistione, il passare da una parte all’altra. Penso che sia una combinazione perfetta, anche perché temporalmente non coincidono se non in minima parte, quindi si possono fondere bene.

Nel ciclocross sei sicuramente più conosciuto, ma su strada che caratteristiche hai?

Io non ne ho ancora idea. Non so in cosa mi trovo meglio, ma penso di essere piuttosto un corridore da classiche. Mi trovo bene sulle salite brevi anche con pendenze pronunciate, allo sprint vado abbastanza bene, mentre le grandi salite e quindi le corse a tappe (intese come caccia alla classifica) non fanno per me.

Su strada Del Grosso ha chiuso 2° nel Flanders Tomorrow Tour, con 9 Top 10 in totale (foto Gibson/DirectVelo)
Su strada Del Grosso ha chiuso 2° nel Flanders Tomorrow Tour, con 9 Top 10 in totale (foto Gibson/DirectVelo)
Rispetto agli altri team, essere all’Alpecin è un aiuto per chi come te fa entrambe le specialità?

Sì, di sicuro. Il fatto che siano in tanti a fare doppia attività non è un caso e nella ricerca di nuovi corridori la commistione è un aspetto che viene valutato molto positivamente. Tra l’altro è importante il fatto che i preparatori sanno coniugarlo bene, anche con l’allenamento, dando i giusti tempi di stacco tra un’attività e l’altra. Mi sento davvero a casa, è un buon passo per me.

Che cosa significa per te avere Van der Poel come compagno di squadra?

E’ molto importante per tutto il gruppo, anche se personalmente non farò gare con lui essendo io nel devo team. E’ comunque importante stare seduti sul bus della squadra con lui, condividere esperienze, oltretutto è davvero un tipo molto estroverso e simpatico. Ci sono anche momenti di allegria da condividere. Poi parliamo proprio di uno dei miei eroi d’infanzia. Essere nel suo team, averlo come riferimento è fondamentale, è un tipo davvero “cool”. Sono un suo grandissimo tifoso.

Compagno di colori di VDP, Del Grosso è uno dei tanti che all’Alpecin fa doppia attività
Compagno di colori di VDP, Del Grosso è uno dei tanti che all’Alpecin fa doppia attività
Nel ciclocross Olanda e Belgio sono le Nazioni che dominano. Quanta rivalità c’è fra voi?

Direi davvero che è una rivalità più forte che con qualsiasi altra Nazione. Penso che sia semplicemente perché il ciclocross nei nostri Paesi è molto diffuso, forse anche il più popolare tra gli sport su due ruote. Ma considerando quel che ho visto ai mondiali e più in generale durante la stagione, nelle categorie giovanili ci sono tante Nazioni che hanno corridori validi, il bacino di rivali si sta allargando, come anche nel movimento femminile. Resta però un sapore particolare quando ci troviamo in gara noi e i cugini belgi, la rivalità si sente forte.

Dopo la lunga stagione nel ciclocross, come ti prepari per la strada e quali obiettivi ti poni?

Mi sto prendendo una breve pausa dopo i campionati del mondo e ora sto ricominciando a prepararmi per la stagione su strada, che inizierò a marzo. Proverò ad essere bravo nello sfruttare la condizione, soprattutto per le prove d’un giorno.

L’olandese in maglia iridata. A Tabor ha preceduto di 27″ i belgi Verstrynge e Michels
L’olandese in maglia iridata. A Tabor ha preceduto di 27″ i belgi Verstrynge e Michels
Ciclismo a parte, raccontaci qualcosa di te: quale scuola fai, quali hobby hai?

Non vado più a scuola. Per ora da quel punto di vista non so che cosa farò. A me comunque piace imparare sempre qualcosa di nuovo. Mi piace molto anche praticare altri sport, come il tennis che nel mio Paese sta sviluppandosi molto.

Qual è il tuo sogno nel ciclismo?

Questa è davvero facile: diventare un giorno campione del mondo tra gli élite…

Volpi si fa in quattro (tra Giappone e Italia) per il JCL Team UKYO

20.02.2024
6 min
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Il team JCL UKYO ha iniziato la sua stagione, viaggiando e correndo in giro per il mondo. La continental nipponica, che da quest’anno vede una grande matrice italiana e un progetto di crescita ben delineato, ha trovato la sua dimensione. La vita di Alberto Volpi, manager della squadra, è diventata ancor più frenetica di quando lavorava nel WorldTour (foto apertura JCL Team UKYO). Le cose da fare sono le stesse, ma la macchina organizzativa non prevede lo stesso numero di bulloni, e far girare gli ingranaggi non è sempre semplice. 

«Sono di ritorno da Colle Brianza (provincia di Lecco, ndr) – ci dice subito Volpi al telefono – sono stato con i ragazzi e ho mostrato loro la casa dove si appoggeranno per i prossimi mesi. Per il momento ci sono tre giapponesi, rientrati giovedì dall’Oman. In questi giorni con loro ci saranno delle persone di fiducia che gli mostreranno le strade sulle quali allenarsi. Assieme a loro vivono un meccanico, un massaggiatore e il fotografo».

Due mondi, due staff

L’esordio del JCL Team UKYO è avvenuto tra le dune del deserto saudita, poi si sono spostati in Oman e ora tocca al calendario europeo. Non ci si ferma mai, il tempo per riprendere fiato è davvero poco

«Le trasferte sono sempre complicate – continua Volpi – devi pensare al trasporto delle bici, dei materiali, preparare i documenti per le dogane, i visti. Sono sempre procedure impegnative, c’è tanto da fare ed è un compito che ricade su di me, ma grazie alla mia esperienza so come destreggiarmi. Certo, ora siamo in pochi, ma tutti ci diamo una grande mano.

«L’impatto è stato buono – racconta – siamo tutti soddisfatti. Organizzare la vita di tutti non è semplice, ma dall’altra parte ho trovato persone volenterose e che hanno grande rispetto. I ragazzi e lo staff che vive a Colle Brianza rimarrà per tre mesi. Una volta finito questo periodo, torneranno in Giappone e affronteremo qualche gara lì. Abbiamo due staff praticamente: quello in Italia e l’altro, ridotto, in Giappone. Quest’ultimo è composto da un meccanico e due massaggiatori».

Il materiale per le gare arriva dal Giappone o lo avevate già qui in Italia?

Un mix delle due cose. Alcune cose dal Giappone, come il materiale meccanico, le ruote e le bici. La parte di alimentazione e dell’integrazione, invece, dall’Italia. Assemblare il tutto non è stato semplice a causa del viaggio.

Cosa vuol dire avere una squadra divisa in due?

Che tutto va organizzato al meglio. In questo momento è semplice, facciamo arrivare i corridori con il visto da turista, della durata di tre mesi. Una volta finito questo periodo loro sono costretti a tornare in Giappone per i successivi tre. Il massimo di giorni consecutivi che possono fare in Italia con questo visto è 180. Con il calendario che abbiamo è fattibile, ma in futuro potrebbe servire un altro genere di visto. 

Quello lavorativo?

Esatto, che però burocraticamente è più complicato da ottenere. Dovresti avere una società in Italia che si prenda la responsabilità delle persone e dei corridori. 

I contatti con la parte giapponese sono semplici?

Mi devo svegliare presto, ma si fa tutto con mail e videochiamate. La finestra per lavorare insieme è corta, a causa del fuso orario. Quando da noi sono le 7 del mattino da loro sono le 15. Quindi la prima cosa che faccio al mattino è mettermi in contatto con loro. 

L’abbigliamento, i caschi, le bici, tutto era in ordine per i primi appuntamenti?

Siamo partiti con tutti i prodotti ufficiali, senza problemi. Ora stiamo attendendo che ci inviino del materiale come caschi, occhiali e divise. La fornitura è annuale, ma a breve servirà un’integrazione, soprattutto per i materiali di usura: come le divise. Siamo in attesa che il nostro fornitore, Santic, ci dia risposta.

Il calendario è stato assemblato bene?

Siamo davvero felici di questo inizio. Andare a fare una corsa di Aso come il Tour of Oman non è scontato per un team continental. Il 28 febbraio ci sarà la prima gara del calendario italiano: il Trofeo Laigueglia. Per noi è un appuntamento importante, si tratta di una corsa 1.Pro. Successivamente andremo al Tour de Taiwan. Avevamo anche l’invito per il Giro di Sicilia e di Calabria, ma sembra che non saranno organizzate. Uno degli appuntamenti più importanti sarà il Tour of the Alpes, saremo l’unica continental presente. 

In Oriente quando andrete?

Dopo Taiwan correremo il Tour de Kumano e Giro del Giappone, due corse in casa. Infine abbiamo il Giro di Korea, finiti questi appuntamenti ognuno tornerà a casa per correre i propri campionati nazionali.

Avrai altri appuntamenti in Giappone?

Proprio in occasione del Giro del Giappone. Avrò modo di incontrare la parte organizzativa e pianificare il futuro, in vista anche di altri investimenti. Ho un grande margine di manovra all’interno del team, tanto che sono io che gestisco il budget, ma poi serve dare conto ai vertici. Siamo fiduciosi e lanciati in questa prima stagione, vi faremo sapere come andrà!

I guanti di Scinto per la Freccia di Bartoli…

20.02.2024
5 min
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Un paio di guanti, Luca Scinto, Michele Bartoli e la Freccia Vallone: metti tutto insieme e ne esce un bell’aneddoto di ciclismo.

Qualche giorno fa Michele Bartoli ci ha parlato della classica delle Ardenne. Il campione toscano è intervenuto sugli effetti tecnico-tattici che potrebbe avere l’inserimento del quarto passaggio sul Muro d’Huy. Inevitabilmente si finì per parlare anche della sua Freccia Vallone, quella del 1999.

Un’edizione storica, sia perché fu l’ultima ad essere stata vinta con un attacco da lontano e non con la selezione sul muro finale, sia per il maltempo che imperversava ad Huy quel giorno. Vento, neve, pioggia… insomma tipico meteo da Belgio. Ma c’è dell’altro. 

Michele Bartoli e Luca Scinto ai tempi della Mapei
Michele Bartoli e Luca Scinto ai tempi della Mapei

Guanti oversize

C’è una storia di un guanto e del suo proprietario, Luca Scinto. Un guanto, anzi, un paio di guanti a dire il vero che iniziarono la corsa con Luca e la finirono con Michele. 

«Ricordo – racconta Scinto con grande passione – che cominciava il tempo brutto. Iniziava a nevischiare. Michele ci disse di andare avanti. Avevamo appena superato il penultimo passaggio sul Muro d’Huy. E lì il gioco si faceva duro. Si scendeva decisi. C’erano curve e controcurve, per di più la strada era bagnata. Poi ad un tratto si girava secchi e con questa curva a 90 gradi iniziava la salita».

Scinto è una fonte di particolari. Ancora una volta fa impressione ascoltare certi racconti. I corridori rammentano tutto. A momenti il direttore sportivo toscano ricorda il rapporto che aveva in canna! Parla della salita, al 5-7 per cento di pendenza che fece da antipasto allo scatto di Bartoli.

«Era una salita stretta – prosegue Scinto – Bartoli ci disse di farla forte e che poi ci avrebbe pensato lui. La feci come se il mio arrivo fosse in cima. Quando dovevo fare un lavoro lo facevo al massimo. Ci si mise a tirare. Il gruppo si allungò. Già dopo il Muro d’Huy era bello allungato, figuriamoci in fondo alla discesa. Anche per questo iniziammo la salita forte. Chi era in coda, dopo quella curva a 90 gradi, ancora doveva finire la discesa e chi era davanti invece era già in piena salita. Così io e Coppolillo facemmo a tutta questi cinque chilometri di salita. In cima eravamo rimasti in venti o poco più. Dietro c’era uno sparpaglio della miseria».

La corsa va come vuole Bartoli. Grande ritmo, grande selezione, davanti solo i migliori. E proprio in quel frangente, con il grosso della selezione ormai fatta e il gruppo esploso, Bartoli fa a Scinto: «Luca, mi vai a prendere i guanti lunghi in ammiraglia? Qui comincia a nevicare e fa freddo».

«Come i guanti, Michele? L’ammiraglia sarà chissà dove – racconta Luca – così gli diedi i mei. Infatti se osservate bene, all’arrivo, quando Michele alza le mani, indossa dei guanti troppo grossi. Le miei mani sono il doppio delle sue!».

Bartoli festeggia sul muro… con i guanti giganteschi di Scinto
Bartoli festeggia sul muro… con i guanti giganteschi di Scinto

Mani nude nella neve

Poco dopo lo scambio dei guanti Bartoli attaccò. Andò via portandosi dietro Den Bakker e Camenzind. Li cucinò per bene strada facendo. Mentre Scinto, Bettini e Coppolillo erano dietro che remavano. Nonostante tutto, Luca concluse la sua Freccia al 15° posto.

«Arrivai per la disperazione, faceva un freddo cane a quel punto. Ricordo che a Bettini si girò un dito dal gelo. E infatti si ritirò. Salii sull’ammiraglia di Damiani, mentre Parsani era davanti con Bartoli. Io avevo le mani scoperte e in certe situazioni è la peggior cosa. Non riuscivo più a cambiare. Per togliere il 53, sul Muro d’Huy usai il palmo della mano. All’epoca la leva Shimano dovevi spostarla tutta. E lo stesso per mettere il 28 dietro, ammesso sia stato un 28!».

Mani congelate, ma sorriso in volto, o almeno interiore, per Scinto. Dalla radiolina, ricorda il toscano, arrivò la notizia che Michele, circa 4′ prima di lui, aveva tagliato il traguardo per primo.

Sul bus della Mapei scattarono i racconti, più che la festa. «Quando Bartoli puntava le Ardenne – aggiunge Scinto – di festa se ne faceva poca». La Liegi era lì che lo chiamava e Michele non l’avrebbe mai buttata all’aria per un bicchiere di troppo. Né lui, né i suoi compagni. Compagni che erano amici oltre che gregari. Per di più alcuni di loro erano toscani come lui.

«Ognuno – va avanti Scinto – raccontava la sua. Io dissi che nell’ultima discesa, prima di prendere il Muro, scesi con una mano sul manubrio e con l’altra a riparare gli occhi dalla neve che arrivava forte di traverso. Avevo gli occhiali giù, ormai appannati, quindi con una mano guidavo e con l’altra appunto mi riparavo dalla neve. Per 15 giorni ho avuto i polpastrelli gelati e non sentivo nulla».

Den Bakker, Bartoli e Camenzind in fuga alla Freccia del 1999. L’ultimo a cedere fu il corridore della Rabobank (Bridgeman Images)
Den Bakker, Bartoli e (dietro ma nascosto) Camenzind in fuga in quella Freccia del 1999 (Bridgeman Images)

Bartoli l’inventore

Scinto spiega che il percorso lo conoscevano, ma non lo avevano provato e riprovato come si fa ai tempi attuali: «Avevamo fatto una ricognizione, ma Michele improvvisava. 

«Non era come oggi che i ragazzi si dice di ogni curva, di ogni tombino prima di partire. Poi montano in bici, vanno alla partenza e si sono già scordati tutto. Michele si ricordava quello che serviva. Sapeva quali erano i punti decisivi e su quelli si concentrava. Era un inventore. Quello che gli veniva in mente in corsa, lo faceva. Io credo che se Michele Bartoli avesse corso oggi sarebbe stato un Van der Poel della situazione».

E i guanti che fine hanno fatto?

«Michele – conclude Scinto – me li restituì. Ma fra la trasferta, gli anni e tutto il resto… me ne è rimasto uno solo. La gente non ci crede, ma quel guanto ha vinto una Freccia! Michele fece un numero quel giorno e mi ringraziò. Senza i miei guanti forse si sarebbe congelato e addio Freccia».

Una vittoria per ripartire. O’Connor mette il Giro nel mirino

19.02.2024
6 min
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Prima uscita stagionale e subito una vittoria per Ben O’Connor. Per l’australiano il successo alla Vuelta a Murcia ha avuto un sapore particolare. Intanto perché considerando le sue caratteristiche, non è cosa frequente vederlo primeggiare in una corsa d’un giorno. Poi perché questa vittoria ha chiuso una lunga parentesi, nella quale O’Connor si è messo in discussione, seguendo anche alcuni giudizi non certo teneri da parte di addetti ai lavori.

Molti si sono chiesti infatti che fine avesse fatto il corridore che aveva sorpreso tutti quando nel 2021 colse il quarto posto nella classifica del Tour. Un risultato che aveva un valore speciale per il corridore arrivato al professionismo non senza difficoltà e attraversando momenti davvero complicati, sfiorando l’oblio. Una vittoria che quindi non poteva passare sotto silenzio e da lì abbiamo preso lo spunto per un’intervista esclusiva con il leader del team Decathlon AG2R La Mondiale, già negli Emirati Arabi per partecipare al Uae Tour.

Per l’australiano l’esordio vittorioso a Murcia è stata una salutare iniezione di fiducia
Per l’australiano l’esordio vittorioso a Murcia è stata una salutare iniezione di fiducia
Che significato ha avuto per te vincere alla tua prima gara dell’anno?

Mi ha dato fiducia. E’ importante sapere che quando la mia salute va bene, posso confrontarmi, qualunque cosa accada, con i migliori al mondo, essendo all’altezza. So che era una piccola gara, ma penso che meriti rispetto quello che ho fatto. Un inizio così non poteva che farmi felice e darmi coraggio per il prosieguo della stagione.

Come giudichi la tua scorsa annata?

Diciamo che è stata interessante. Mi ero posto molti obiettivi, soprattutto legati ad alcune tappe del Tour de France. Poi il bottino è stato magro, lo so, ma ho imparato molto, anche se le cose non sono andate come speravo.

Il corridore dell’AG2R a Murcia nella fuga decisiva con Wellens, poi staccato per arrivare tutto solo
Il corridore dell’AG2R a Murcia nella fuga decisiva con Wellens, poi staccato per arrivare tutto solo
Dopo il quarto posto al Tour 2021 che cosa hai pensato, ti vedi come possibile vincitore di un grande Giro?

Diciamo che più concretamente mi vedo come un possibile contendente al podio. Penso che vincere adesso con ragazzi come Vingegaard e Pogacar al loro meglio sia davvero difficile, ma nel ciclismo niente è scritto in anticipo e non va scartato nulla. Se fai questo mestiere con convinzione, sai che devi continuare a lavorare per raggiungere i tuoi obiettivi e continuare a migliorare e concentrarti su te stesso e su quale sarà il passo successivo. Quindi per me il prossimo passo è finire sul podio di un grande Giro. Sono stato quarto prima di entrare nella top 10, vivo bene oggi e penso che dovrei farne anche di più, e ottenere più risultati dove sono vicino al podio, non solo per i grandi giri ma anche per le corse a tappe. L’importante è essere pronti, come al Uae Tour dove ci sono molti big ed è davvero un bel test per confermare che sono quel tipo di corridore.

Dopo quel risultato hai sentito molta pressione su di te, da parte del team e non solo?

La pressione c’è, ma è anche giusto così. Il risultato lo meritavo e il risultato ha poi cambiato il modo in cui venivo visto come corridore. Se hai la capacità di essere tra i primi cinque del Tour una volta, sai che potrai rifarlo. Poi ci sono molti fattori che si frappongono fra le tue speranze e la realtà: il tempo, la sfortuna, gli avversari. Tutto deve filare liscio, ma vale per tutti, per chi vince il giro, per chi vince una tappa, per chi vince e basta. Per questo penso che la pressione per ripetersi sia giustificata.

L’australiano al Tour 2021, chiuso al 4° posto a 10’02” da Pogacar, con il successo a Tignes
L’australiano al Tour 2021, chiuso al 4° posto a 10’02” da Pogacar, con il successo a Tignes
Quest’anno sarai al Giro d’Italia dove tutti puntano su Pogacar. Pensi che in quel contesto sia battibile?

Dipende da quanto è in forma in quel momento, ma sapendo quel che può fare è chiaro che sarà il catalizzatore della corsa, tutti saranno contro di lui. E’ un grandissimo, ma Vingegaard ha dimostrato che è battibile, quindi non si può mai dire. Alla fine, a me poi non interessa davvero. Devo solo andare lì e fare la mia gara. Qualunque cosa accada, io devo guardare a me stesso, chiunque sia il mio avversario.

Tu sei stato al Giro nel 2020, lo ritieni più facile o difficile del Tour?

E’ diverso. Penso che il Tour comporti un certo stress per tutto il gruppo, soprattutto nei primi due giorni. Il Tour ti porta una crescente stanchezza mentale a cui pochi danno credito. Poi molto dipende dal tempo, io il Giro l’ho corso in quell’anno così particolare come il 2020, a fine estate. Sai che il clima può essere un fattore difficile da interpretare, puoi trovare il grande caldo come il freddo in alta montagna. Non sono paragonabili come corse.

O’Connor torna al giro dopo il 2020, quando trionfò all’arrivo di Madonna di Campiglio, finendo poi 20° in classifica
O’Connor torna al giro dopo il 2020, quando trionfò all’arrivo di Madonna di Campiglio, finendo poi 20° in classifica
Che cosa ricordi della tua vittoria al Giro a Madonna di Campiglio?

Ricordo solo sollievo. E’ stata una giornata molto lunga. Bellissima, tra quelle montagne e quegli ultimi chilometri in cui ero in solitudine, l’ho adorato davvero e sapevo che avrei vinto. E’ stato un momento davvero speciale, in un anno difficile per molte ragioni, sia a livello generale, sia per me personalmente. Quindi vincere è stato un sollievo assoluto e mi ha davvero aiutato a mettere piede nella porta principale di questo mondo. All’epoca non ero sicuro se il ciclismo sarebbe stato sempre il mio futuro.

Nelle corse a tappe di 5 giorni o una settimana, pensi ci sia più spazio per puntare alla vittoria rispetto a un grande giro?

Sicuramente. Essendoci meno giorni, ci sono meno variabili. Meno possibilità che le cose vadano storte. Ciò non significa che sia più facile ottenere il risultato, ma non è come correre una prova di tre settimane dove devi essere bravo sempre, non avere defaillance. Questa è una storia diversa.

Per O’Connor uno degli obiettivi è dire la sua a Parigi 2024 e ai successivi mondiali
Per O’Connor uno degli obiettivi è dire la sua a Parigi 2024 e ai successivi mondiali
I tuoi primi anni nel ciclismo professionistico non sono stati facili. Ora come ti trovi, lo vedi diverso?

Sì, mi sento a mio agio adesso. Questa ora è la mia vita, il mio lavoro e ho obiettivi e aspettative molto chiari e so di essere in una struttura ideale per ottenerli. Il mio obiettivo lo voglio raggiungere entro la fine della mia carriera e sono solo a metà.

E che obiettivo ti sei posto per questa stagione?

Penso che alla fine sia necessario tornare nella mia top 5 costante in tutte le mie gare, non pensando solo ai grandi Giri, ma anche alle gare a tappe semplici. In particolare quelle del WorldTour, magari cominciando proprio dall’Uae Tour. E’ la mia strada per la felicità.