Kristoff, fratello d’arte, conquista Siena e pareggia la sfortuna

19.04.2024
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SIENA – L’occhio da Cinigiano si perde verso l’orizzonte e scorre veloce verso Siena, sull’arrivo di Piazza del Campo. Qui, dove qualche mese fa Tadej Pogacar ha disegnato una delle sue imprese più belle, i ragazzi sognano di ripercorrere le sue gesta. Per un giovane che guarda al ciclismo con aria sognante e che spera, un giorno, di correre tra i grandi, questo è un bell’assaggio di futuro. 

L’Eroica Juniores Nations Cup nella sua seconda tappa in linea mette in palio un pezzo di storia recente del ciclismo. Ad aggiudicarsi l’arrivo più prestigioso di questa edizione è Felix-Orn-Kristoff, norvegese classe 2006. Regola il gruppo con una volata fatta con le ultime energie rimaste in corpo. 

«E’ qualcosa di veramente bello – commenta a caldo mentre le sue ruote lo accompagnano al podio posto sotto la Torre del Mangia – incredibile direi. Divento pazzo se penso a quanti grandi corridori sono passati qui, che grande occasione. E che bella vittoria!».

Ancora i segni addosso

L’Eroica Juniores Nations Cup si lecca le ferite a meno di ventiquattro ore dalla giornata che ha mandato a casa alcuni dei pretendenti alla vittoria finale. Lorenzo Finn non ce l’ha fatta a ripartire. Con lui abbandona la corsa anche Stefano Viezzi, il campione del mondo ciclocross. I due italiani non sono gli unici nomi illustri a lasciare la corsa, a loro si aggiunge Erazem Valjavec, lo sloveno secondo a Roubaix meno di dieci giorni fa. Anche il vincitore di oggi ha ancora i segni sul corpo, specialmente sulle gambe, dovuti alla tappa di ieri. 

«Stamattina – racconta – mi sentivo bene. Ho qualche livido e dei segni ma nulla di grave. In realtà alcune di queste escoriazioni me le sono fatte alla Parigi-Roubaix (dice ridendo, ndr). La caduta di ieri ha compromesso la classifica generale, quindi rimanevano solo le tappe. Da qui in poi mi concentrerò su queste e mi viene da dire che abbiamo già rimediato bene».

Al riparo dai danni

Le colline che accompagnano la corsa sono carezze morbide agli occhi. Su questi dolci pendii poggiano paesini minuscoli, di una bellezza incantata, tanto che viene da chiedersi se siano stati adagiati da mani invisibili o se siano davvero opera dell’uomo. Troppo dolci per creare un buco, così la corsa diventa nervosa, fatta di continui scatti e allunghi

«Sono entrato nella fuga del mattino – racconta ancora Felix-Orn-Kristoff – per restare al sicuro nei tratti di strada bianca e per anticipare. Ero con ragazzi molto forti, ma ci hanno ripreso perché il vento era contrario e non ci ha favoriti. Una volta ripresi ho deciso di aspettare, provare ad uscire voleva dire tornare subito in gruppo. Tutti gli attacchi sono durati pochi chilometri, se non metri. Ho fatto la scelta giusta, bene così, ora arrivano altre corse».

Oggi quattro settori di strada bianca, per 18 chilometri complessivi
Oggi quattro settori di strada bianca, per 18 chilometri complessivi

Futuro già segnato

Felix-Orn-Kristoff è uno di quei ragazzi con il futuro già scritto, almeno per una piccola parte. Dal 2025 correrà con la Circus-ReUz, il devo team della Intermarché-Wanty. Ha già firmato anche un contratto che lo lega al team WorldTour per le due stagioni successive: 2026 e 2027

«Ho firmato con loro – dice – a gennaio o febbraio di quest’anno. In realtà mi avevano contattato dopo il mondiale di Glasgow (terminato in terza posizione, ndr). Stavano già selezionando i corridori per il team del 2025 e ci siamo avvicinati sempre di più. Un solo anno nel devo team non è poco, avrò comunque l’occasione di crescere anche quando sarò nel WorldTour. Non dovrò andare subito al Tour de France (dice ridendo, ndr). Ci sarà modo di fare corse più impegnative ma anche di gareggiare per provare a vincere».

Tanti attacchi in gruppo ma nessuna selezione
Tanti attacchi in gruppo ma nessuna selezione

Un fratello su cui contare

Il cognome Kristoff riporta alla mente quello di Alexander, corridore della Uno-X. Vincitore, tra le altre corse, di una Sanremo e di un Fiandre. I due sono fratelli, anche se vista la grande differenza di età non si direbbe».

«Dovreste chiederlo ai nostri genitori come mai abbiamo così tanti anni di differenza – scherza – ma siamo fratelli. Avere vicino una figura come la sua è bello e stimolante. Mi piace fargli domande sulle gare, per esempio a quale pressione gonfiare i copertoni per la Roubaix. Siamo anche molto simili come tipologia di corridore, vedremo se riuscirò a seguirlo, ma senza pressioni. 

«Penso di essere uno scattista, un puncheur – incalza ancora prima di farci porre la domanda – per via delle mie qualità tecniche. Mi piacciono le salite corte ed esplosive, più o meno come quella di ieri. Forse era troppo corta e rischiosa, gradisco di più chilometraggio superiori con maggiori strappi. Posso essere un corridore da corse di un giorno, da classiche. Il mio risultato nell’ultima Roubaix è condizionato dalla caduta, ma so che ho di più nelle gambe. Oggi l’ho dimostrato».

Il nuovo “Juanpe” Lopez si prende il Tour of the Alps

19.04.2024
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LEVICO TERME – Esultano in due allo stesso modo sul traguardo di Viale Vittorio Emanuele. A Levico Terme, l’ultima tappa del Tour of the Alps viene vinta da Aurélien Paret-Paintre, mentre Juan Pedro Lopez (nono) conquista la generale davanti ad O’Connor e Tiberi.

La frazione finale del “TotA” è scoppiettante, meno scontata di quello che si poteva pensare. Lopez non va nel panico quando subisce gli attacchi di quasi tutti i suoi più diretti rivali, dagli uomini della Bahrain-Victorius a quelli della Decathlon-AG2R La Mondiale. Proprio guardando la concorrenza, il trionfo dell’andaluso della Lidl-Trek è tanto inatteso quanto meritato. Se la vittoria della terza frazione a Schwaz poteva apparire come il frutto di una grande giornata, la maglia verde conclusiva è la conferma della rinnovata dimensione in cui è entrato Lopez.

Le prime volte di “Juanpe”

Eravamo rimasti al Lopez conosciuto in vetta all’Etna al Giro d’Italia di due anni fa quando conquistò la maglia rosa che portò per dieci giorni. Poi di lui si erano perse le tracce per un motivo o l’altro. Sulle strade dell’Euregio si voleva mettere alla prova ed il risultato è stato strabiliante, con un pensiero per tutti e su tutto.

«E’ la mia prima vittoria in una classifica generale – racconta in conferenza stampa – pochi giorni dopo la mia prima vittoria da pro’. Sono felicissimo e se ci penso mi emoziono molto, ma non solo per me. Penso alla mia famiglia e ai miei amici. Però penso anche al nostro general manager (Luca Guercilena, ndr) che non sta attraversando un bel momento. Mi sono detto quindi che dovevo cercare di vincere anche per lui.

Il podio del TotA 2024. Lopez in mezzo a O’Connor e Tiberi (secondo nell’ultima frazione)
Il podio del TotA 2024. Lopez in mezzo a O’Connor e Tiberi (secondo nell’ultima frazione)

«Guardando l’altimetria delle tappa – prosegue Lopez – la quarta doveva essere quella più dura, invece forse a conti fatti è risultata quest’ultima. I miei avversari me l’hanno fatta sudare oggi. Sapevamo che sarebbe stata difficile, ma eravamo convinti che avremmo potuto controllare bene sulle salite. Il lavoro fatto da Carlos e Amanuel (rispettivamente Verona e Ghebreigzhabier, ndr) è stato davvero pazzesco. Devo ringraziare tantissimo la mia squadra».

Lopez ritorna a casa con altre convinzioni. «L’ho detto subito quando ho vinto a Schwaz che il territorio di questa gara è veramente fantastico per allenarsi. Forse un po’ troppo freddo per me, ma adesso è diventato perfetto (sorride, ndr). Resterà una gara che porterò per sempre nel cuore perché mi ha permesso di conquistare le mie prime vittorie. Spero di tornare al TotA nel 2025 per difendere questo successo».

Palleggi e rotta sul Giro

Sul tavolo della conferenza stampa ogni giorno c’era un pallone da calcio, simbolo della partnership del Tour of the Alps con l’FC Sudtirol di Serie B. Negli ultimi due post-tappa, Lopez ha mostrato uno scampolo di one-man show palleggiando a lungo prima di concedersi alle domande. Un segnale di un corridore sereno e in fiducia.

«In questi giorni – spiega – ho indossato la maglia verde, che ha piccole striature bianche. Ovvero i colori sociali del Betis Siviglia, la formazione per cui tifo. Ho giocato tanto a calcio da bambino ed è stato uno sport importante per me. Quest’ultima mattina il mio preparatore mi ha incitato con lo slogan del Betis e mi ha caricato tanto.

Lopez controlla la situazione sull’ultima salita. Bardet, O’Connor e Tiberi non riusciranno a staccare lo spagnolo
Lopez controlla la situazione sull’ultima salita. Bardet, O’Connor e Tiberi non riusciranno a staccare lo spagnolo

All’orizzionte c’è la corsa che lo ha lanciato al grande pubblico: «Nel 2022 ho fatto 10 giorni di maglia rosa chiudendo decimo, ma è il 2022. Adesso guardo al prossimo Giro senza pensare a quello di due anni fa. Vado al Giro per puntare a qualche tappa, quello è il mio obiettivo. Se viene la classifica tanto meglio. Dopo questa vittoria non guardo a lungo termine in questa stagione. La prima cosa che farò domani è pensare al recupero e riposare bene. Non voglio vedere troppo in là perché non sai mai cosa può succedere».

Visto da Popovych

Una delle prime mattina, avevamo incontrato Yaroslav Popovych nella zona-bus che ci raccontava del mix della sua Lidl-Trek. Una formazione composta da un paio di giovani del devo team con Cataldo a fare da chioccia e altri atleti esperti in supporto di Juanpe Lopez. Era difficile anche per il diesse ucraino fare previsioni.

Un raggiante Popovych dietro il palco. Non si aspettava un successo del genere al TotA
Un raggiante Popovych dietro il palco. Non si aspettava un successo del genere al TotA

«Sinceramente non mi aspettavo un Tour of the Alps del genere – analizza raggiante dietro il podio delle premiazioni – Siamo venuti qua con l’obiettivo di vincere qualche tappa sapendo che la corsa era molto dura. La è diventata ancora di più con la pioggia e il freddo dopo i primi giorni. Per noi questa vittoria è un sogno. Noi siamo stati sempre lì a lottare, ma Juanpe ci ha fatto vedere qualcosa di spettacolare. A Schwaz nel giorno in cui ha vinto la tappa, nel finale in radio gli gridavo “non sei tornato, sei completamente un Juanpe nuovo!”. Prima lo conoscevamo spaesato, agitato. Invece qui per come ha corso, con intelligenza e lucidità, è un altro corridore.

«Juanpe è gran chiacchierone, è molto simpatico – prosegue Popovych – è amico di tutti, parla con tutti, dal compagno di squadra all’avversario, agli autisti delle auto in gara al motociclista. Nel finale di corsa animava i propri compagni e sollecitava pure i rivali. Le classiche parole che si dicono in quei frangenti. Questa però è la dimostrazione della sua superiorità di testa e di condizione.

Lopez abbraccia Carlos Verona, decisivo nel chiudere sugli attacchi dei diretti rivali
Lopez abbraccia Carlos Verona, decisivo nel chiudere sugli attacchi dei diretti rivali

Anche Popovych è sulla stessa lunghezza d’onda di Lopez sulla condotta di gara. «Avevamo una squadra meno attrezzata rispetto alla concorrenza, ma eravamo ben preparati. Carlos oggi è andato come un treno, riscattando la prestazione di ieri dove si era perso. Stamattina avevo un po’ paura, però quando hai la maglia di leader cambia tutto. Il morale alto aiuta e ti porta almeno un 15 per cento in più di energie e motivazioni. Anche Amanuel ha fatto vedere quanto sia un ragazzo forte.

«Al Giro andremo per le tappe – ci saluta Popovych con l’ultima considerazione – Di base prepariamo la squadra per il treno di Milan per le volate, poi avremo 2-3 corridori per puntare alle tappe. Prima del Tour of the Alps Juanpe mirava alle tappe, adesso l’asticella si alza. Vediamo come andranno i primi giorni per capire cosa potrà fare e se puntare ad una buona classifica generale».

Un giorno con Pogacar, fra bici, interviste, sogni e paure

19.04.2024
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BILZEN (Belgio) – L’hotel dove Tadej Pogacar incontra i giornalisti nel pomeriggio è un vecchio castello rimesso a nuovo, con mura in mattoncini fuori e vetrate scure che affacciano su prati verdi a perdita d’occhio. Si fa presto a capire perché mai il Belgio sia tanto verde, dato che anche oggi ha piovuto ininterrottamente dal mattino e soltanto alle 16 ha deciso di smettere.

Quando stamattina lo sloveno e i suoi compagni hanno arrestato il pullman sulla strada fra Trois Ponts e Stavelot, è servita tutta la loro grinta per vestirsi e partire lungo gli ultimi 100 chilometri della Liegi. Ulissi, che mercoledì si è sciroppato la Freccia Vallone, guardava il cielo poco convinto, ma Tadej è arrivato ieri sera e i compagni lo hanno aspettato per la “recon”. Si sono coperti con guanti in neoprene degni di un sub, hanno chiuso ogni possibile spiffero e sono spariti alla volta della Cote da Wanne, prima salita di giornata.

«Abbiamo fatto una bella ricognizione – dice Pogacar – mi piace sempre ripassare le strade di una delle mie corse preferite. Sta diventando una tradizione, da sei anni facciamo più o meno sempre gli stessi allenamenti e oggi non ha fatto eccezione. Siamo andati e abbiamo spinto forte per non avere freddo. Così la distanza è passata molto velocemente».

Dopo la recon del mattino, Pogacar ha incontrato i giornalisti nel primo pomeriggio
Dopo la recon del mattino, Pogacar ha incontrato i giornalisti nel primo pomeriggio

La Freccia Vallone è rimasta negli occhi di tutti i corridori e se ne fa ancora un gran parlare. Anche Pogacar l’ha seguita in televisione e ammette di aver sofferto per i suoi compagni. Il ragazzo ha la solita faccia pulita e gli occhi stanchi, ma come al solito appare molto ben disposto, per cui le domande arrivano e spaziano. Non solo la Liegi, ma anche le cadute e tutto quello che per un motivo o per l’altro popola la fantasia di venti giornalisti venuti da tutte le parti soltanto per lui.

Domenica scontro con Van der Poel: chi di voi due secondo te è fisicamente più attrezzato per queste gare?

Non vedo l’ora di affrontare di nuovo Mathieu, ma non penso che ci sia solo lui da tenere d’occhio. La Liegi è adatta agli scalatori più che ai corridori più pesanti come Mathieu, ma sappiamo che lui può fare tutto. Penso che domenica sarà una gara abbastanza aperta, con molti attacchi da lontano e tutto può succedere. E’ una gara molto lunga, una delle più lunghe dell’anno, con tanti metri di dislivello in salita. Si adatta meglio ai ciclisti un po’ più leggeri, ma comunque incisivi.

Che cosa pensi di quello che ha fatto Mathieu in questa primavera?

Ogni anno, ormai. Quello che fa ogni anno è fantastico, anche se questa volta si riconosce di più con la maglia di campione del mondo. Sta scegliendo le sue gare e si esibisce ogni volta ad altissimo livello. Per questo è anche divertente correre contro di lui, anche se forse divertente non è la parola giusta.

La UAE Emirates è partita alle 11 del mattino da Vielsalm: c’erano 8 gradi e pioveva
La UAE Emirates è partita alle 11 del mattino da Vielsalm: c’erano 8 gradi e pioveva
Cambiando discorso, che cosa ti è parso delle cadute che si sono viste di recente?

Penso che quest’anno ho visto uno dei due incidenti più orribili di sempre mentre guardavo la televisione. Non è stato bello vedere queste enormi cadute, in cui i corridori a terra non si muovevano nemmeno. Erano sdraiati e fermi e da casa ero lì a sperare che qualcuno venisse a prenderli velocemente e ad aiutarli. Purtroppo non ci si può fare nulla, è già successo. Gli incidenti accadono continuamente e altri ne accadranno. Il ciclismo è uno sport molto pericoloso, spero che tutti lo sappiano. Ogni anno andiamo sempre più veloci. Abbiamo attrezzature più veloci. Superiamo i limiti dei nostri corpi e delle bici. Ovviamente non possiamo provare tutte le tappe, tutte le strade. Hai le mappe per studiarle. Puoi farlo con Google Maps, Earth View, qualunque cosa. Puoi vedere la strada, ma non è la stessa cosa se la conosci. Per cui andiamo e basta.

Pensi che ci sia un po’ di responsabilità anche dei corridori?

Certamente sì. Molti corridori incolpano gli organizzatori, ma a volte è solo colpa nostra. Andiamo troppo veloci. Non sempre le cadute sono dovute a buche o crateri, ma certo non abbiamo la fortuna di correre sempre su asfalto nuovo. Andiamo più veloci in ogni discesa, in ogni salita, in ogni tratto pianeggiante. Poi si somma la stanchezza dei corpi e normalmente ci sono cadute. Anche io sono caduto alla scorsa Liegi, ma la colpa fu soltanto mia. Mi stavo concentrando per risparmiare quanta più energia possibile. Ero dietro al mio compagno Vegard, che è piuttosto grande e non vedevo niente. Così, quando Michael Honoré è caduto, non ho potuto evitarlo

E comunque domenica si torna alla Liegi, nella stagione del Giro e del Tour: in che modo la Doyenne si inserisce nel programma?

Sono abbastanza in forma. Vengo dal ritiro di Sierra Nevada e sono già concentrato sul Giro e sul Tour, ma credo di essermi preparato abbastanza bene anche per domenica. Mi piace molto questo programma. Non è troppo pesante e mi lascia molto tempo per allenamento e riposo fra una corsa e l’altra. Al contempo mi aiuta a trovare motivazioni nelle gare che faccio. Quando guardo il Fiandre, l’Amstel o la Freccia vorrei correrle anche io, ma so anche che devo essere più fresco per il Giro e poi per il Tour. Quindi la motivazione arriva con ogni gara che vedo in tivù.

La verifica della pressione delle gomme, che in una giornata come questa è decisiva
La verifica della pressione delle gomme, che in una giornata come questa è decisiva
La caduta dei Baschi ha colpito tre dei pretendenti al Tour, cosa hai pensato quando te ne sei reso conto?

So per esperienza che ci vuole molto tempo per recuperare. Il corpo ha bisogno di tempo, anche se la mente è pronta per andare sulla bici. Vorresti spingere, ma il corpo ha bisogno di riprendersi, qualsiasi sia la frattura o il danno. Un infortunio così influisce sulla preparazione e anche sulla parte mentale, quindi spero che tutti possano recuperare il più velocemente possibile. Che possano andare ad allenarsi in altura più velocemente possibile. So quanto sia importante avere più tempo possibile e penso che ne abbiano ancora abbastanza per il Tour.

Vorresti che Vingegaard fosse al Tour, dunque?

Sì, di sicuro. Sono il tipo di persona che vuole sempre gareggiare contro i migliori e Jonas è probabilmente il miglior scalatore del mondo. Mi auguro che torni allo stesso livello di prima e che possiamo creare ancora una volta un buono spettacolo. E spero che nessuno pensi che sia felice del suo infortunio, altrimenti dovrei pensare che qualcuno lo scorso anno lo sia stato per il mio e non vorrei pensarci.

Prima di partire, piccolo contrattempo per Tadej: il tempo di resettare il cambio e si va
Prima di partire, piccolo contrattempo per Tadej: il tempo di resettare il cambio e si va
Cosa ti aspetti dalla sfida Giro-Tour?

Ci saranno degli alti e bassi in questo programma, ma adoro correre in Italia. Ho corso in Italia per tutta la mia vita e voglio arrivare a Roma con buone sensazioni e vivere bene quelle tre settimane. Poi ovviamente voglio passare una bella settimana dopo il Giro e iniziare il lavoro per il Tour e prepararmi a soffrire in Francia. L’importante sarà finire il Giro bene mentalmente e anche fisicamente, non essere del tutto distrutto. Non servirà fare chissà cosa, in quel mese non servirà sfinirsi. Il corpo sarà ancora in forma, servirà seguire le sensazioni per arrivare al Tour de France non cotti.

Tornando alla Liegi, dopo gli 80 chilometri di fuga alla Strade Bianche e i 60 di Van der Poel alla Roubaix, cosa dobbiamo aspettarci per domenica?

Attaccherò ai meno 100 (ride ndr). Perché no? Si fa per ridere, ragazzi. Penso che questa non sia la Roubaix e neanche la Strade Bianche. Le salite più dure della Liegi si affrontano nel finale, quindi penso che sia piuttosto difficile andare via troppo presto. Vi dirò anche che mi manca Remco nella lista dei partenti, lo ammetto. Perché ha vinto le ultime due edizioni, in cui io non sono stato nei finali. Speravo dall’inizio dell’anno che ci saremmo scontrati qui alla Liegi, perché lui ama questa corsa e la adoro anch’io. Sarebbe stato interessante. Il ciclismo a volte fa schifo, quando succedono queste cose. Quando in gara ci sono tutti quelli del massimo livello e ugualmente riesco a vincere, mi sento sicuramente più soddisfatto.

Un autografo al volo mentre il meccanico lavora: la signora ha riconosciuto Pogacar e si è fermata
Un autografo al volo mentre il meccanico lavora: la signora ha riconosciuto Pogacar e si è fermata
Pensi che domenica potresti perdere?

Non penso a perdere. Voglio dire che in questa gara ci sono così tante salite ed è una gara così lunga, che puoi essere sorpreso da un gruppetto che va via e devi avere una buona squadra per controllare. Penso che ci siano parecchi altri contendenti. Quindi guai sentirsi già vincitori, dovremo essere molto attenti nel finale.

Ci pensi davvero a vincere i cinque Monumenti?

La Sanremo si avvicina ogni anno di più, ma è una delle gare più difficili da vincere. E la Parigi-Roubaix, vedendo come si è corsa negli ultimi due anni, potrebbe essere adatta a me. Potrei vedermi lì dentro. Non è la soluzione migliore per i piani della squadra, ma di certo proverò a vincerla. Non serve neanche parlarne tanto, la squadra lo sa. Penso che sia abbastanza chiaro che cerco di vincere il più possibile e che non mi piacciono i programmi copia e incolla.

Villa, da Milton con tante speranze e qualche timore

19.04.2024
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Marco Villa è tornato da Milton, la sede canadese dell’ultima prova di Nations Cup su pista con un taccuino pieno di annotazioni, ma soprattutto con l’animo molto soddisfatto, conscio di avere fra le mani un gruppo che a Parigi potrà dargli belle soddisfazioni. Il circuito dell’Uci non è stato semplice da gestire, con azzurri e azzurre presenti a singhiozzo, ma quando ci sono stati i big, i risultati sono sempre arrivati.

In Canada in campo maschile sono stati fatti esperimenti, dovendo oltretutto presentare un Viviani ancora acciaccato e scosso per la caduta rimediata nelle classiche belghe. Le ragazze erano invece presenti in formazione tipo e i riscontri sono stati talmente esaltanti da far sognare in ottica olimpica.

«Ce la siamo giocata bene – ammette il cittì (in apertura con la Paternoster) pensando al secondo posto delle ragazze nel quartetto – c’erano le squadre migliori, mancava solo la Nuova Zelanda che penso sia l’unica con noi e la Gran Bretagna che possa fare 4’09”. Io non ho mai schierato il quartetto titolare per scelta: la Paternoster aveva già fatto mondiali ed europei, volevo invece vedere all’opera Consonni e Alzini per dare a tutte la possibilità di giocarsela, anche perché il torneo olimpico sarà lungo».

Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)
Le ragazze azzurre hanno ottenuto ottimi riscontri cronometrici, finendo seconde (foto Uci)
La finale con le inglesi che presentavano la formazione tipo che cosa ti ha detto?

Che possiamo sfidarle con coraggio, senza partire battute. Pur senza Letizia, dopo 3 chilometri eravamo in vantaggio e loro avevano perso un elemento. Purtroppo anche noi lo abbiamo perso, la Consonni al terzo impegno in un solo giorno non ha tenuto e le ragazze si sono un po’ sfaldate. Il torneo era racchiuso in una sola sessione, ci può stare anche perché avevamo una differenza rispetto alle altre squadre.

Quale?

Ho avuto la netta sensazione che le formazioni come Gran Bretagna e Francia siano arrivate a Milton rodate, dopo allenamenti mirati. Noi no, le ragazze si sono ritrovate lì dopo tempo, visti gli impegni su strada. La Fidanza è venuta a Montichiari venerdì prima della partenza per il Canada, la Guazzini aveva fatto i suoi carichi ma la Alzini non c’era, quando è arrivata non avevo con chi farla girare. Mancavano molti sincronismi, ma questo non mi preoccupa, anzi in questo periodo e considerando le difficoltà contingenti è un buon segno.

La Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e Valente
La Paternoster sul podio dell’omnium, con la vincitrice Archibald e Valente
La situazione sembra identica a quella di tre anni fa degli uomini, quando i ragazzi erano vicini ma ancora inferiori alla Danimarca. Poi sappiamo a Tokyo com’è andata a finire…

Io sono fiducioso, se avremo la possibilità di farle lavorare tutte insieme potremo fare grandi cose. A 4’09” ci siamo già con questa situazione, significa che si può fare meglio. Sono rimasto molto colpito dal rendimento di Consonni e Balsamo senza alcun allenamento specifico, come anche da quel che ha fatto la Paternoster

Che sembra tornata davvero ai suoi migliori livelli…

Ho preferito che a Milton si concentrasse sull’omnium per avere e darmi risposte. Ha fatto davvero delle belle prove, è più vicina alle più forti come Archibald e Valente. Sicuramente l’attività su strada e soprattutto i risultati ottenuti in essa le hanno dato tanto in termini di fiducia, la vedo più sicura, si è messa finalmente alle spalle tutte le tribolazioni. Anche nel suo caso i margini di miglioramento sono ampi.

Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)
Per il quartetto maschile azzurro un 5° posto che serve soprattutto in ottica ranking (foto Uci)
Paradossalmente anche la madison ha dato risposte positive, con Balsamo e Guazzini quarte dopo molti errori tecnici, soprattutto nei cambi.

Voglio vedere quella gara come un bicchiere mezzo pieno proprio perché ci sono molti particolari tecnici da aggiustare. La volata va impostata almeno 4 giri prima, non negli ultimi due e questo concetto non è ancora entrato nei sincronismi della coppia. L’ultimo sprint ha visto la Guazzini partire da molto dietro e fare una grande rimonta, ma spendendo molte energie che sarebbero state utili. Rivedremo i filmati, lavoreremo su quel che non ha funzionato guardando anche a come si muovono formazioni collaudate come Gran Bretagna e Francia. Io sono ottimista.

Veniamo agli uomini. Il 5° posto ti ha soddisfatto?

Era quello il nostro livello, in presenza di squadre con la formazione tipo e che hanno fatto una sorta di prova generale per i Giochi. Vorrei sottolineare la prova del Giappone, arrivato ancora a 3’48”, si vede come Gisiger stia lavorando bene anche lì dopo quanto fatto con la Svizzera. A dir la verità mi aspettavo un po’ di più da Manlio Moro, ma è arrivato con ancora dentro le tossine della Roubaix. Per uno giovane come lui era stata una grande opportunità, non potevo certo chiedergli di rinunciare.

Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)
Per la Vece seconda qualificazione olimpica, dopo la velocità arriva anche quella nel keirin (foto Uci)
A tal proposito, in Belgio abbiamo vissuto la grande paura delle cadute di Milan e Viviani. Come stai vivendo queste settimane di approccio olimpico, hai anche tu paura di infortuni?

Se avessi paura non andrei avanti. Non dimenticate che nell’opinione generale è la pista che è più pericolosa, dove si cade e ci si fa male. Può capitare dappertutto, ma io non posso fasciarmi la testa a prescindere. I corridori devono onorare gli impegni delle loro squadre, io non posso far altro che sperare che non avvenga nulla né quando sono con loro, né tantomeno quando si allenano con noi. Non dimenticate quanto avvenne prima di Tokyo, quando Milan cadde in allenamento a Montichiari, mica in una corsa su strada… E’ un avvicinamento normale, andiamo avanti alla giornata.

Come si lavorerà ora?

Alcuni saranno impegnati con le squadre, c’è anche chi andrà al Giro, con altri faremo un periodo in altura. Lo stesso dicasi per le ragazze dove anzi ho programmato uno stage in altura per tutte meno la Guazzini che farà la Vuelta. Vedremo di giostrarci come sempre, cercando tutti i momenti giusti per lavorare insieme fino al rush finale verso Parigi dove tireremo le somme.

Un cenno finale lo merita Miriam Vece, che ha portato a casa due storiche qualificazioni…

Quando ho preso in mano il settore femminile le ho detto subito che doveva e poteva provarci, soprattutto nel keirin che viveva con grandi paure per cadute passate. Ci ha lavorato, a Milton ho visto suoi passaggi senza paura in mezzo alle avversarie, cosa che prima non avrebbe mai fatto. Sta migliorando, si presenta sempre in buona posizione alla campana, io dico che non va a Parigi solo per partecipare.

Il battesimo al Nord, la Roubaix, le Olimpiadi: ascoltiamo Moro

19.04.2024
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Quando Manlio Moro ci parla della Parigi-Roubaix il suo tono cambia completamente. Si distende prima e si accede poi: è passione pura. Ascoltarlo è un piacere se ti piace anche solo un briciolo il ciclismo (in apertura foto Instagram/Movistar Team).

Il corridore del Team Movistar è anche un pistard ed è fresco di ritorno da Milton, Canada, per la prove di Coppa del mondo su pista: crocevia importantissimo verso le Olimpiadi di Parigi di questa estate.

Ma procediamo con ordine. Moro è stato tra coloro che in assoluto hanno fatto più classiche del Nord, in pratica ha saltato solo il Fiandre. Forse solo Michael Matthews, un veterano, ne ha fatte tante quante lui. E questa sua prima Campagna del Nord merita di essere raccontata.

E merita anche sei i risultati non sono stati di grido – e questo Manlio stesso lo sa bene – non capita spesso che un neopro’ prenda parte a tante classiche e anche così importanti.

Manlio Moro (classe 2002) impegnato nella Omloop Het Nieuwsblad, il suo battessimo al Nord da pro’
Manlio Moro (classe 2002) impegnato nella Omloop Het Nieuwsblad, il suo battessimo al Nord da pro’
Manlio, partiamo da questa tua prima Campagna del Nord, quella delle pietre ovviamente…

E’ stata bella, dura e lunga. Infatti certe gare erano previste e altre no, ma le ho fatte praticamente tutte. Sono contento perché sono quelle che mi si addicono di più, che meglio corrispondono alle mie caratteristiche. E sono anche quelle su cui punto a fare bene in futuro.

I risultati come detto non sono stati super però…

Sì, sì, ma sono soddisfatto e contento proprio perché ho fatto esperienza. Era ciò che mi serviva. Ho messo nel sacco già due monumenti. In più ho fatto tutte gare, Sanremo compresa e le altre del Belgio, in cui le squadre portavano i migliori. Per assurdo da inizio anno il livello più basso l’ho incontrato alla prima corsa, il Tour Down Under. Per il resto ho preso parte sempre a corse con qualità al top. Anche per questo mi ritengo soddisfatto e consapevole di aver fatto un’ottima scuola.

Hai detto di alcune corse che non dovevi fare. Quali erano?

Per esempio De Panne e la Roubaix. Il Fiandre invece era in programma. Della Roubaix me lo hanno detto una settimana prima. Ma come potevo dire di no? E’ la mia corsa preferita.

E cosa ti è parso di queste gare del Nord?

Che sono dure, tutte, ma la Roubaix è un’altra cosa. Un altro livello. Un livello sopra le altre. Omloop, Kuurne… sono toste, impegnative, tecniche, ma la classica del pavè come emozione e come durezza è stata diversa. Io poi del Nord avevo fatto solo la Gand da under 23. Basta.

Ecco il friulano nella Foresta di Arenberg durante la ricognizione (foto Instagram/Movistar Team)
Ecco il friulano nella Foresta di Arenberg durante la ricognizione (foto Instagram/Movistar Team)
Perché? Prova a spiegarci meglio.

Perché non è solo uno sforzo di gambe, la Roubaix è uno sforzo totale. Devi imparare a soffrire. Devi soffrire con le braccia, con le gambe ovviamente, con la schiena, con le dita… E c’è uno stress! Negli ultimi settori non riuscivo più a tenere le mani sul manubrio. Ho visto in giro tante foto di mani aperte e piene di vesciche. Io le vesciche non le avevo, ma finivo i settori e mi serviva qualche minuto per riprendere la sensibilità alle mani. E anche alla schiena. 

Bellissimo, ci stai portando dentro la Roubaix. 

Tutti i settori sono duri, ma la Foresta di Arenberg è un’altra cosa. E sì che mi ero preparato a soffrire anche mentalmente. Mi ero detto: “Manlio devi fare fatica. E zitto”. Ma  non credevo così. La TV non rende. L’aggettivo giusto è impressionante. Distruttiva. E dopo averla fatta in gara ti chiedi: “Ma come fa uno ad andarci con la bici corsa?”.  Per fortuna non ho visto mie foto sulla Foresta in corsa, avrei avuto una faccia tremenda! Poi vedo Van der Poel e sembra che vada sull’asfalto. E non capisco…

Tu sei comunque entrato al velodromo, anche se appena fuori tempo massimo. Cosa ti è sembrato?

Bellissimo. Abbiamo tenuto un ritmo altissimo per tutta la gara. La Roubaix è la corsa dei miei sogni e già averla fatta è stato super. Entrare nel velodromo con tutta quella gente è stato emozionante ed era il mio obiettivo di quest’anno. Sono immagini che rimangono dentro per sempre.

Ora qual è il tuo programma?

In questi giorni sto facendo un po’ di scarico. Cinque giorni senza bici. Mi serve per recuperare un po’. Anche dal fuso orario. La mattina faccio un po’ fatica a svegliarmi. Per un mese e mezzo non correrò. Poi farò una gara, la Boucle de la Mayenne (una tre giorni, ndr) e da lì si inizierà a preparare per bene le Olimpiadi su pista. A fine maggio andrò in altura.

A Milton, Moro ha disputato la madison con Viviani. Un esperimento di Villa (foto Shutaro Mochizuki)
A Milton, Moro ha disputato la madison con Viviani. Un esperimento di Villa (foto Shutaro Mochizuki)
Passiamo alla pista e alle Olimpiadi, ma prima ancora una domanda “di mezzo”. Con una Roubaix tanto dura sei subito volato in Canada. La fatica si è fatta sentire?

Di sicuro non ero freschissimo o quantomeno non ero nelle migliori condizioni per un avvicinamento ad una gara su pista. Avevo solo cinque giorni di tempo tra la Roubaix e il viaggio. Se ci mettiamo anche il fuso orario non posso dire di aver recuperato al 100 per cento. Però la Roubaix andava fatta. Okay era rischiosa. Pippo Ganna non l’ha fatta per questo. Però non me la sentivo di dire di no. E per fortuna che non è piovuto. Abbiamo fatto la recon sotto la pioggia e sembrava di pedalare sul ghiaccio.

Ci sei sembrato super motivato per le Olimpiadi. Cosa puoi dirci? Sei dentro allora? 

Questo non si sa. Ma una cosa è certa: io farò di tutto per esserci. La possibilità di andare a Parigi c’è, poi spetta al cittì decidere se sarò in grado oppure no.

E come sei inquadrato? Ovviamente c’è il quartetto, ma in Canada hai fatto anche la madison con Viviani, che tra l’altro è anche caduto proprio alla Roubaix…

Sono inquadrato nel quartetto di sicuro. Poi, è vero, ho fatto anche la madison: così per sicurezza, per fare esperienza. Io so solo che devo lavorare al 100 per cento. Se andrò alle Olimpiadi sarò l’uomo più contento del mondo, altrimenti fra quattro anni avrò un’altra possibilità.

Girano voci, ma non solo voci, che i tuoi tempi siano ottimi. Insomma Milan e Ganna  non sono poi così distanti…

Vediamo. Ripeto: io ce la metterò tutta.

Busatto cresce: un anno dopo, il rendez-vous con la Doyenne

19.04.2024
7 min
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RIEMST (Belgio) – Domenica scorsa, giorno del debutto all’Amstel Gold Race, era passato giusto un anno dalla vittoria di Francesco Busatto alla Liegi U23. Mercoledì il vicentino ha assaggiato la Freccia Vallone. E ieri mattina, all’indomani della gelata di Huy, con la sua squadra e tante altre, ha pedalato sugli ultimi 100 chilometri della Liegi. A un anno dalla vittoria fra i piccoli, domenica debutterà nella Doyenne dei grandi e lo capisci da come ne parla che nutre un rispetto esagerato. Sarebbe dovuto andare al Romandia, ma c’è stato uno scambio di programmi ed eccolo qua.

Lo incontriamo nel bar dell’Hotel Malpertuus della famiglia Molenars: quello di Piva, per chi mastica pane e ciclismo, che però stasera è con la Jayco-AlUla a progettare un’altra vigilia. Quest’anno qui a Riemst ci sono tre squadre: la Intermarché, la Bahrain e l’Astana. La cucina è come al solito indimenticabile, al punto che anche lo staff della Bora ha prenotato per cena. Mentre il vecchio Ivo Molenars porta i suoi 90 anni avanti e indietro con forza ed eleganza, Busatto ci raggiunge al pian terreno.

Ieri hai provato la vera Liegi in allenamento: che effetto ti ha fatto?

E’ dura anche in allenamento. Fai fatica perché sono strappi duri, non puoi andare su piano. Poi sentendo i compagni che ti ricordano il punto in cui si sono staccati o quello dove in gara si andrà più forte, immagini quello che potrai fare, a che punto potrai arrivare. Secondo me già arrivare alla Redoute con i primi vuol dire essere andati forte. Non è impossibile. Alla fine posso testarmi, vedere quanto riesco ad pescare le energie.

In cima alla Redoute con Colleoni. Nella Intermarché correrà anche Rota, il terzo italiano
In cima alla Redoute con Colleoni. Nella Intermarché correrà anche Rota, il terzo italiano
L’anno scorso con gli U23 eri tra i favoriti, oggi davvero no…

E’ come essere tornati under 23 di primo anno. Ricordo che c’era Ayuso che vinceva Piva e Belvedere e aveva la mia età. Adesso ovviamente c’è ancora Ayuso, però ci sono anche Evenepoel, Van der Poel, Van Aert, Pogacar e altri che vanno fortissimo. Devo resettare tutto e non è facile. Sei abituato agli under, che vinci e arrivi davanti anche se non stai benissimo. Qua invece, se anche hai un uno per cento in meno, è già tanto se arrivi alla fine. Per il morale non è facile, perché ti alleni e non sempre basta. Penso sia una questione di maturità.

E’ un passaggio che fa paura?

No, non paura. Penso di aver già fatto qualche buona corsa. L’unica cosa è che va bene avere ambizioni e aspettative alte, ma non troppo. Il WorldTour è il WorldTour, non si scherza più.

La Liegi, per come l’hai vista ieri, è ancora una corsa adatte a te?

Penso di sì, alla fine sono tutti sforzi brevi. Una delle salite più lunghe nel finale è la Rosier, che comunque sono tra i 9-10 minuti. Tutte le altre sono intorno ai 3-5 minuti, quindi sono sforzi brevi che mi si addicono. Anche l’Amstel potrebbe piacermi. Ci sono strappi addirittura da 1-2 minuti, forse ancora meglio per me, perché è uno scatto continuo e mi viene bene. Infatti domenica avevo anche buone sensazioni, il problema è stata la distanza. Invece alla Liegi non sarà solo la distanza, ma anche il ritmo alto da subito. Magari un po’ meno esplosivo, ma un passo più sostenuto.

La Strade Bianche 2024 è stata la prima corsa WorldTour di Busatto, che ha chiuso al 14° posto
La Strade Bianche 2024 è stata la prima corsa WorldTour di Busatto, che ha chiuso al 14° posto
Che effetto fa pensare di essere in gruppo con gente come Pogacar e Van der Poel?

Dal punto di vista del risultato, conviene non guardarli: almeno per adesso sono assolutamente su un altro livello. Per contro, vedere che qualche volta sono lì con loro, mi fa pensare che sono sulla buona strada. Magari essere in mezzo ai migliori negli ultimi 40 chilometri, sarebbe di buon auspicio. Mi motiva.

Quanto è cambiata la vita di Francesco Busatto da quando è approdato in Belgio?

Parecchio. L’anno scorso si vinceva spesso, ero sempre davanti. Oggi sono un altro corridore, sono molto più carico. E’ diverso. Forse la vita e gli allenamenti sono più intensi. Per quanto sia al primo anno, vedere altri come me che vanno tanto forte, mette addosso un po’ di pressione. Prima c’era l’obiettivo di vincere, adesso l’obiettivo è cercare di raccogliere il più possibile, fare esperienza e crescere anche a livello di prestazioni. Correre a questi livelli ti migliora, senza dubbio. E’ tutto un progredire, anche se personalmente mi sento sempre lo stesso.

In squadra hanno a cuore che questo avvenga anche cercando la vittoria e non solo lavorando?

L’anno scorso facevo le corse con i professionisti e poi puntavo a quelle con gli under 23. Adesso è un po’ lo stesso. Nel WorldTour è come se fosse una preparazione, anche se poi sono queste le corse che contano. Si lavora per migliorare e poi nelle prove minori posso cercare di dire la mia. Per questo ho fatto il Limburg, sono stato in Oman e anche Drome Ardeche. Insomma, corse in cui se sto bene bene posso anche puntare alla vittoria. Allo stesso modo, più avanti ce ne saranno altre e questo fa bene per il morale. Anche perché sono pure quelle occasioni per fare punti.

Alla fine di marzo, per Busatto un bel quarto posto nella Volta NXT Classic vinta da Kielich
Alla fine di marzo, per Busatto un bel quarto posto nella Volta NXT Classic vinta da Kielich
Nel frattempo hai cambiato preparatore: come ti trovi?

Vero, non lavoro più con Paolo Santello. Nelle WorldTour vogliono seguire tutto dall’interno, anche per avere ogni aspetto sotto controllo. Però non mi trovo male. E’ cambiato un po’ il modo di lavorare, però mi ascoltano e questo è importante, perché alla fine sei tu che devi andare forte. Quindi se il preparatore non è un dittatore, la collaborazione fa la differenza. Mi hanno sempre detto che sei tu il tuo miglior allenatore di te stesso e qua lo sanno. Danno priorità alle sensazioni del corridore e poi adattano il lavoro.

Come hai vissuto la Freccia Vallone sotto la neve e la grandine?

Sinceramente mi sento ancora un po’ strano. Prendere così tanto freddo bene non fa. Conta tanto anche come si era vestiti e io avevo solo la gabba. Altri corridori, come quelli della Uno X, erano vestiti dalla testa ai piedi sin dalla partenza, anche se non faceva tanto freddo. Infatti in salita si sudava e tanti si sono svestiti, poi è arrivata la neve e rivestirsi non era così semplice. Penso di essere anche andato oltre quello che dovevo fare. Quando senti che è così freddo e stai già soffrendo, sai che non ti puoi mettere i guanti, non ti puoi vestire perché non riesci… c’è poco da fare. Non serve andare avanti, insistere e poi magari ammalarsi seriamente. Dopo il terzo passaggio sul muro, mi sono fermato e sono andato al pullman.

E’ stato più un dire “chi me l’ha fatto fare”, oppure hai provato a tenere duro?

Quando ho visto che eravamo rimasti subito in 50, ho detto che se fossi rimasto, avrei fatto un buon risultato. Anche una top 20. Non dico che sarebbe stato facile, ma la questione era resistere al freddo, non al ritmo. In realtà non si andava neanche tanto forte, perché con quelle temperature fai fatica anche a contrarre i muscoli. Però a un certo punto non è stato più possibile, penso che stessi andando in ipotermia. Venivamo dal caldo dei giorni precedenti, credo che pochi fossero preparati per delle condizioni del genere.

Dopo la LIegi vinta nel 2023, in Belgio per Busatto è nato un fan club. Accanto a lui suo fratello e Florio Santin, italo-belga e fondatore
Dopo la LIegi vinta nel 2023, in Belgio per Busatto è nato un fan club. Accanto a lui suo fratello e Florio Santin, italo-belga e fondatore
Lo scorso anno hai vinto la Liegi degli under 23, per cosa saresti contento domenica sera dopo la prima fra i pro’?

Sarò contento se avrò fatto una buona gara, senza mollare prima. So che mi stacco, ma vorrei tenere duro e cercare di ottenere il miglior risultato possibile. Anche solo finire la corsa, che per carità non è impossibile se il tempo ci assiste. Se dovessi arrivare nei primi 20-30 sarebbe un bel risultato. Ma so anche che abbiamo Rota e Zimmermann che normalmente andranno molto più di quello che potrei fare io, per cui se servirà sarò a loro disposizione. Per il tipo di squadra che siamo, non credo che ci sarà da tirare tutto il giorno come UAE e Visma, per cui aiuterò, ma sarò contento anche se verrà un risultato anche per me. Resto abbastanza con i piedi per terra.

E’ interessante il tuo modo di ragionare perché Nibali alla prima Liegi arrivò ultimo.

Se dovessi arrivare ultimo e poi fare una carriera come Nibali, ci metterei subito la firma!

La giornata della Auto Eder: iniziata sul podio e finita all’ospedale

18.04.2024
5 min
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CASTIGLIONE DELLA PESCAIA – La giornata della Grenke Auto Eder si divide in due momenti. Il primo è al mattino, quando fin da subito si era capito che la cronometro a squadre sarebbe stata affare loro. I ragazzi di Christian Schrot hanno imposto la loro legge sulla strada che ha portato i corridori da Punta Ala a Castiglione della Pescaia. 

Uniti, veloci e sicuri, appena tagliato il traguardo avevano già la testa alla semitappa del pomeriggio. Avevamo parlato con Lorenzo Mark Finn nel parcheggio delle ammiraglie. Il focus della squadra era recuperare le energie e presentarsi pronti al pomeriggio, per continuare il lavoro iniziato in mattinata. Ma tutto ha preso un verso inaspettato.

La volata ristretta a Castiglione della Pescaia la vince l’olandese Remijn
La volata ristretta a Castiglione della Pescaia la vince l’olandese Remijn

Tutto sotto sopra

Meno di tre ore dopo tutto si è ribaltato, segnando indelebilmente l’avventura della Grenke Auto Eder. Il coraggio non è mancato e la voglia era quella di tenere in mano la corsa. Una volta però imboccato il primo tratto di strada bianca sono iniziati i problemi. Lorenzo Finn, che si trovava in seconda posizione alle spalle del compagno Patrick Casey, scivola e si ritrova ad inseguire. 

La presenza delle radioline permette a Christian Schrot di comandare i suoi ragazzi dall’ammiraglia. I corridori della Grenke rallentano, aspettano Finn e il male sembra alle spalle, ma è solo l’inizio del declino. Pochi chilometri dopo, prima dell’imbocco del secondo tratto di strada bianca, una maxi caduta mette gran parte del gruppo a terra. I danni sembrano subito gravi, la strada in quel tratto invitava ad accelerare e la foga di stare davanti ha chiuso gli occhi ai corridori. 

Attesa e confusione

Dopo la linea del traguardo la vittoria dell’olandese Remijn Senna passa quasi in secondo piano. Il sentimento generale è quello dello sconforto, soprattutto in casa Grenke Auto Eder. Ma non solo, sono molti i corridori che riportano danni fisici dopo questa seconda semitappa. Chi passa con la divisa sporca di sangue, altri hanno segni su gambe e braccia

Quello messo peggio, degli atleti arrivati al traguardo, è Lorenzo Finn. Il genovese raggiunge la zona della ammiraglie in netto ritardo e mentre tutti si assicurano sulle sue condizioni lo sconforto ha preso il sopravvento. Le lacrime gli rigano il volto e dal ginocchio destro il sangue continua a scendere. Il peggio, però, sembra averlo subito la spalla destra, e mentre lo aiutiamo a vestirsi ci racconta…

«Sono caduto due volte – racconta Finn con il dolore attaccato alle ossa e i segni di una caduta che probabilmente lo metterà fuori corsa – la prima è stata una scivolata banale. La seconda caduta, invece, è arrivata mentre stavo rimontando il gruppo e sono finito in un fosso. Andremo a fare i raggi X in ospedale e vediamo cosa è successo».

Racconta Casey

Sotto al palco delle premiazioni per la Grenke Auto Eder c’è Patrick Casey. Massaggiatori e staff del team tedesco gli lasciano una barretta e una banana e si dirigono ad assicurarsi delle condizioni degli altri ragazzi. 

«Della seconda caduta non ho visto nulla – dice – ho seguito due ragazzi e ci siamo avvantaggiati. Non so se fosse un tratto pericoloso o meno. Ogni anno succedono cadute del genere, si va sempre più forte. Non è una questione di percorso, sarebbe potuto accadere anche domani o venerdì. Il problema non sono nemmeno i settori di strada bianca, ma i tratti che li precedono, dove si va forte e tutti vogliono stare davanti». 

«Stamattina tutto andava per il verso giusto – conclude – pomeriggio l’atmosfera nel team è completamente diversa. Eravamo partiti con Finn, Friedl e Fietzke come leader e ora tutti e tre sono caduti e due sono all’ospedale. La corsa è ancora lunga, abbiamo la maglia di leader, vedremo domani cosa accadrà».

Intanto la maglia di leader della classifica dei GPM, conquistata da Finn, viene ritirata dal diesse Schrot. Domani se il giovane italiano sarà al via potrà indossarla, altrimenti passerà di mano, senza possibilità alcuna di difenderla. 

Carr vince al TotA, Tiberi convince in vista del Giro

18.04.2024
5 min
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BORGO VALSUGANA – Tiberi sarà capitano al Giro d’Italia per la Bahrain Victorious. Ce lo ha detto questa mattina prima del via da Laives e oggi ha dimostrato di essere pronto a battagliare con i big. Il suo pedalare a ritmo costante sempre seduto è un primo biglietto da visita che è probabile ci accompagni nel futuro prossimo. Il banco di prova sulle salite impegnative di questo Tour of the Alps è stato importante e qualche test oggi sembra averlo fatto.

La tappa regina del TotA arrivata a Borgo Valsugana è andata all’attaccante Simon Carr della EF Education-EasyPost con un attacco spiccato dalla fuga di giornata a 45 chilometri dall’arrivo. Per il gallese è la settima vittoria in carriera e la seconda in questa corsa.

Tiberi consolida la sua maglia bianca di miglior giovane
Tiberi consolida la sua maglia bianca di miglior giovane

Banco di prova

Dopo la pioggia battente e le temperature prossime allo zero nella tappa di ieri, Tiberi questa mattina ci aveva detto: «Oggi innanzitutto c’è da vedere come rispondono le gambe dopo il freddo e la pioggia di ieri. Si capirà subito sulla prima salita che abbiamo sette chilometri dopo la partenza, spero che il fisico risponda bene e nel caso spero di sbloccarmi il prima possibile per cercare di restare con i migliori e magari di lottare per la classifica finale».

Un’analisi chiara che ha confermato in gara, dimostrando di essere un leader pronto a giocarsi le sue carte. «E’ stata parecchio faticosa oggi, però per fortuna la gamba era buona. Sulla prima rampa sentivo di essere ancora freddo e mi sono scaldato un pochino, poi c’è stato un momento sulla terza salita (Valico di Tenna, ndr) dove ci stavamo controllando e lì ho capito che si poteva provare. Era la fase finale di gara, c’era Paret-Peintre (Valentin, ndr) poco avanti a noi e ho visto Lopez che era un attimo in difficoltà. Sentivo che la gamba c’era e ho provato il tutto per tutto».

Nel gruppetto dei big insieme a Tiberi era presente anche il compagno Poels
Nel gruppetto dei big insieme a Tiberi era presente anche il compagno Poels

Podio e sensazioni 

In vista di un Giro da capitano, Antonio Tiberi in questo Tour of the Alps sta dimostrando di essere pronto a prendersi le proprie responsabilità. «Sono molto contento – afferma – di come mi sento qui alla prima gara dopo un periodo d’altura e in vista del Giro è molto positivo. Più corro e più miglioro, questa è sempre stata una mia caratteristica e penso che possa tornarmi molto utile nelle corse a tappe». 

Tiberi ad oggi si trova in terza posizione in classifica generale. Guida Juan Pedro Lopez davanti a tutti con 38’’ su Ben O’Connor e 48’’ sul laziale. La quinta e ultima di domani non è banale e ci può essere ancora qualche squillo da parte di chi non vuole accontentarsi del piazzamento e della maglia bianca di miglior giovane. «Domani ci giocheremo il tutto per tutto e sarà un po’ come oggi, dove ci siamo trovati lì a battagliare. Stasera studieremo bene la tattica e vedremo cosa si può provare a fare».

Simon Carr ha preceduto all’arrivo Storer e O’Connor di 1’19”
Simon Carr ha preceduto all’arrivo Storer e O’Connor di 1’19”

Sempre all’attacco

Se dietro i big se le davano di santa ragione davanti c’era in solitaria Simon Carr. Il suo successo è stato frutto di un attacco partito subito dopo il via. Con lui altri 11 e quando mancavano meno di 50 all’arrivo ha deciso che per lui era il momento di andare in fuga solitaria. Per lui il Tour of the Alps è un terreno che si adatta alle sue caratteristiche da attaccante.

«E’ una corsa – spiega Carr – adatta alle mie caratteristiche. Andare all’attacco è una mia specialità e qui trovo sempre tappe dove posso provare. Questa mattina sul bus abbiamo deciso di attaccare di squadra e così siamo usciti io e il mio compagno Carthy. Durante l’attacco ho pensato solo a spingere e Hugh è stato preziosissimo perchè mi ha aiutato a suddividere l’attacco in piccole parti. Così uno dopo l’altro sono riuscito ad arrivare al traguardo».

Per il gallese è la settima vittoria in carriera e la seconda al TotA
Per gallese è la settima vittoria in carriera e la seconda al TotA

Riscatto

La vittoria di oggi per Simon Carr ha un retrogusto di riscatto. Il suo programma di avvicinamento al Tour of the Alps aveva come scopo la classifica generale. Tuttavia aver conquistato questa tappa gli ha regalato un po’ di morale in vista del Giro d’Italia. 

«Oggi è stata una giornata perfetta – conclude Carr – anche se non tutto il Tour of the Alps è andato secondo i piani. L’obiettivo era quello di battagliare per la classifica generale. Prima di venire qui ho fatto tre settimane di altura, mi sono preparato in vista di questa gara e del Giro, ma negli ultimi due giorni ho accusato delle allergie e quindi le sensazioni e i risultati non sono stati quelli previsti. Comunque ci ho creduto e oggi ho sentito di avere le gambe buone. Vincere una tappa qui è una bellissima sensazione».

Giro d’Abruzzo juniores. Successo oltre le previsioni

18.04.2024
5 min
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Era alla sua prima edizione e, svolgendosi praticamente in contemporanea con l’omonima gara riservata ai professionisti, è rimasto forse un po’ schiacciato nell’attenzione generale, ma il Giro dell’Abruzzo per juniores è stato un vero successo. Ha radunato praticamente tutti i migliori nomi del panorama nazionale della categoria e dato una scossa a tutto l’ambiente, perché finalmente anche i nostri ragazzi hanno potuto affrontare una corsa a tappe primaverile.

Tre erano le frazioni previste. Nella prima a Cepagatti c’è stato lo squillo di Alessio Magagnotti (Autozai Contri) che al primo anno poi si è ripetuto nella terza tappa dimostrando di essersi già più che ambientato nella nuova categoria. Nella seconda successo per Ludovico Mellano (Team Giorgi) che tutti alla vigilia dell’ultima tappa davano per vincitore finale, ma alla fine il gioco dei punti (la classifica vede addirittura 49 corridori accreditati tutti dello stesso tempo) ha premiato Diego Nembrini (Sc Cene), corridore di secondo anno che nelle corse a tappe sembra essere molto a suo agio, come gestione della fatica e della strategia su più giornate di gara.

Il podio finale, con Diego Nembrini fra Mellano e Montagner, tutti nel giro azzurro
Il podio finale, con Diego Nembrini fra Mellano e Montagner, tutti nel giro azzurro

La carenza di corse a tappe

Il Giro dell’Abruzzo era nato con l’intento di dare un’occasione ai corridori su più giornate, iniziare a metterli alla prova nell’ambito degli sforzi ripetuti. Pasquale Parmegiani della Parmegiani Management (che ha affiancato la Vomano Bike nell’allestimento della manifestazione) ha colto subito la palla al balzo per fornire loro la corsa ideale.

«Lo scorso anno il Settore tecnico della Federazione aveva sottolineato l’esigenza di aumentare le gare a tappe. Bisognava mettere i corridori italiani a livello di competitività più vicino a quelli stranieri, che svolgono gran parte della loro stagione proprio su queste prove. Era una bella opportunità così ci siamo fatti avanti. Poi nelle ultime settimane è saltata fuori la gara professionistica, nata in sostituzione del Giro di Sicilia. Così si è creata questa singolare concomitanza con addirittura la loro tappa finale contemporanea con la nostra iniziale, ma questo non ha inficiato la riuscita dell’evento».

Dopo il 2° posto al GP del Perdono, Magagnotti non ha perso tempo: 2 vittorie in Abruzzo…
Dopo il 2° posto al GP del Perdono, Magagnotti non ha perso tempo: 2 vittorie in Abruzzo…
Una gara che nasceva dal nulla, su che cosa avete puntato?

Noi ci siamo affidati prima di tutto sull’esperienza che abbiamo accumulato negli anni, poi abbiamo deciso di guardare non solamente all’aspetto tecnico, ma anche a una struttura organizzativa snella e che desse ai ragazzi la possibilità di guardare a questa gara anche come un’occasione per viverla insieme. Non è un caso se abbiamo scelto un’ampia location a Roseto degli Abruzzi dove tutti, fra corridori, staff dei team, giudici, organizzatori, si mangiava insieme, si socializzava e lo stesso dicasi per gli alberghi tutti in zona. E’ diventato così un vero happening che ha permesso a molti ragazzi di entrare ancor più nel vivo dell’attività.

Che impressione hai avuto del livello di gara?

Mi ha davvero colpito. Io un po’ di esperienza nel campo ce l’ho, sono stato a lungo diesse della Vini Fantini, ho occhio e la cosa che mi ha più sorpreso è che vanno forte tutti. Erano presenti team da ogni regione e sinceramente io ho visto tanta qualità sparsa un po’ dappertutto, dal Piemonte alla Sicilia. Questo è confortante, è un livello generale che fa ben sperare e fa capire che la strada intrapresa è quella giusta. Bisogna andare avanti con gare come la nostra.

Mellano con la vittoria del secondo giorno sembrava aver chiuso i giochi, poi è arrivata la beffa
Mellano con la vittoria del secondo giorno sembrava aver chiuso i giochi, poi è arrivata la beffa
Avete trovato pubblico?

Un’enormità, un bagno di folla assolutamente inatteso. Ad esempio a Cepagatti le scuole avevano chiuso prima per vedere il passaggio dei corridori. Certo, quello è un luogo dove il ciclismo ha una grande tradizione (è sede del Trofeo Matteotti, ndr), ma parliamo pur sempre di juniores, eppure c’era un calore popolare incredibile. Teniamo presente che il ciclismo crea sempre disagi a una città, per la circolazione urbana che giocoforza è interrotta a lungo, ma la cittadinanza di quei luoghi non si è minimamente lamentata.

Rivedresti qualcosa sul percorso?

Difficile a dirsi, credo che proprio il disegno del tracciato abbia favorito l’incertezza. Parliamoci chiaro, prima dell’ultima tappa erano almeno 50 quelli che potevano vincere il Giro. E’ vero, i profili erano abbastanza facili, ma la fatica c’è sempre. La selezione soprattutto nelle giovani categorie c’è comunque. Tanti in tutte e tre le tappe previste hanno provato azioni, è proprio che il livello era mediamente molto alto. Avevamo anche valutato di mettere gli abbuoni, ma alla fine incidono fino a un certo punto, sono i corridori che fanno la gara…

Il Giro d’Abruzzo ha mostrato un ottimo livello medio della categoria, ma anche poca selezione
Il Giro d’Abruzzo ha mostrato un ottimo livello medio della categoria, ma anche poca selezione
E ora?

Adesso siamo già al lavoro per riprogrammare la corsa nel 2025 e già abbiamo non solo le date, che verranno ufficializzate dalla Federazione, ma sappiamo già che aumenteremo di un giorno, portando la prova ad avere 4 tappe. Poi ci sarà anche un’altra sorpresa che stiamo già allestendo, per dare a questa categoria sempre di più. La strada intrapresa è quella giusta…