LIEGI (Belgio) – La settimana scorsa eravamo sparsi in ogni angolo d’Europa, la qual cosa ci riempie di orgoglio. Alberto Fossati, appena tornato da un viaggio in Spagna con Ridley, è quello che come meteo se l’è passata meglio. Simone Carpanini e Gabriele Bonetti erano al Tour of the Alps e si sono presi la loro dose di neve e pioggia. Stefano Masi all’Eroica Juniores ha visto l’annullamento di una tappa per la grandine. Infine il sottoscritto, tra Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, ha vissuto una settimana d’inverno in Belgio. In attesa di fare ritorno in Italia, è venuto perciò spontaneo fare una riflessione sul diverso trattamento che le condizioni meteo avverse hanno avuto nelle tre corse in questione.
Eroica Juniores, tappa annullata
In Toscana, vuoi un mezzo sciopero (tutto da capire) dei corridori e vuoi qualche indicazione imprecisa, la Giuria ha ritenuto di annullare la terza tappa, data la presenza di grandine sulla strada, che rendeva impraticabile la discesa finale su Montevarchi. Si poteva passare? Decisione presa e palla al centro: ha vinto l’interesse dei corridori. Se non lo avete ancora fatto, potete leggere tutto nell’articolo di Stefano Masi.
«Probabilmente – ha detto il direttore di corsa Paolo Maraffon – si sarebbe potuto fare l’arrivo in cima a Monte Luco. Solo che a Levane, dove c’è stata l’effettiva neutralizzazione, i corridori sono andati dritti alle macchine. Quindi alla fine la decisione è stata quella di non ripartire, i ragazzi hanno praticamente fatto sciopero. Per carità, tutto legittimo, anche perché avevo quattro ragazzi in macchina e tutti tremavano dal freddo. Uno di loro lo abbiamo dovuto accompagnare in due tenendolo per le braccia».
Tour of the Alps, freddo sopportabile
Al Tour of the Alps, i corridori hanno preso freddo, ma evidentemente non c’erano le condizioni per applicare il protocollo sulle avverse condizioni meteo.
«Abbiamo trovato neve guidando sul Brennero per rientrare in Italia – spiega Simone Carpanini – mai sulla corsa. L’unica tappa un po’ al limite è stata la terza, quella di Schwaz, in cui è andato in fuga Ganna e che alla fine ha vinto Lopez su Pellizzari. Era una tappa di 124 chilometri, il freddo c’era, ma soprattutto perché i corridori non se lo aspettavano ad aprile. Alcuni sono andati in fuga per scaldarsi, ma niente di troppo estremo. Ricordo che nei giorni successivi ne ho parlato con Pellizzari, mi sembra, e mi diceva che erano stati fortunati a non avere avuto le stesse condizioni della Freccia Vallone. Le immagini di Skjelmose semi assiderato li hanno colpiti parecchio».
Il caso Freccia Vallone
Già, che cosa è successo alla Freccia Vallone? Le previsioni meteo, che ormai non sbagliano un colpo, dicevano che intorno all’ora di pranzo su Huy si sarebbe abbattuta una sorta di tormenta di ghiaccio. Per questo motivo, Roberto Damiani che rappresentava i gruppi sportivi, ha proposto alla Giuria di valutare la riduzione di un giro: arrivo sul terzo Muro d’Huy, anziché sul quarto. La risposta è stata: «Vediamo» e non lasciava presagire niente di buono. Come spesso accade, nulla ha detto invece Staf Scheirlinckx, rappresentante del CPA per il Belgio.
Quando all’ora di pranzo sulla corsa si è abbattuta la nevicata mista a grandine, con temperatura di due gradi, dalle auto della Giuria non è arrivato alcun cenno. Risultato finale: chi si era coperto alla partenza, sudando come in sauna per le prime due ore di corsa, è riuscito a fare la corsa. Gli altri hanno patito una gelata che non dimenticheranno e che ha condizionato il resto della loro settimana. In ogni caso, la Freccia si è conclusa con 44 corridori all’arrivo, 129 ritirati e 2 che non sono partiti.
Dopo l’arrivo, la rivalsa di alcuni team manager e direttori sportivi si è abbattuta sul loro rappresentante: Roberto Damiani. Il quale ha fatto presente di aver segnalato la cosa per tempo e di aver offerto anche una via d’uscita. Annullare un giro a Huy non avrebbe falsato la corsa: «Ma andava fatto subito – dice Damiani – prima che Kragh Andersen andasse in fuga».
Interlocutori diversi
Qualcuno ha scritto sui social che se i corridori si lamentano per queste condizioni, forse hanno sbagliato mestiere. Altri hanno fatto notare che quando Hinault vinse la Liegi nel 1980, finirono la corsa solo 21 dei 174 corridori partiti.
Tutto si può fare e dire. «Non c’è buono o cattivo tempo – diceva da buon militare Baden Powell, fondatore degli scout – ma solo buono o cattivo equipaggiamento». Alla Freccia alcuni hanno sbagliato materiali e altri no, ma c’erano tutte le condizioni per ridurre la prova. Al Giro del 2020 ridussero una tappa solo perché pioveva forte e non era neanche freddo. Si possono fare tutte le congetture che si vogliono e applicare le proprie convinzioni e spesso le frustrazioni alle vite degli altri.
Quello che tuttavia traspare da questi tre casi (forse due, ritenendo che al Tour of the Alps non si sono raggiunte condizioni estreme) è che la vera differenza la fa il potere dell’organizzatore. Perché una Giuria si sente in diritto di fermare una gara juniores organizzata da Giancarlo Brocci, mentre un’altra si volta dall’altra parte quando davanti ha il Tour de France?
Il prossimo anno, andando al via della Freccia Vallone, avremmo tutti ricordato la saggezza dei giudici e celebrato un vincitore comunque degno dell’evento. In cima al Muro d’Huy, che fossero 197 o 168 chilometri (la distanza con un giro in meno), avrebbe comunque vinto un grande corridore.