Cassani: il Tour, Prudhomme, il Papa e un pensiero su Moscon

21.06.2024
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Dopo aver parlato con Gianni Moscon qualche giorno fa, una voce nella testa ci aveva consigliato di fare uno squillo a Davide Cassani. Il ricordo di quando anni fa il trentino ci aveva parlato dell’ex cittì come uno dei pochi con cui fosse riuscito a tirare fuori il meglio ci era rimasto attaccato addosso. Il quinto posto ai mondiali di Innsbruck e il quarto l’anno dopo ad Harrogate furono gli squilli di un Moscon ad altissimo livello. Nel 2021 le due vittorie al Tour of the Alps e quella di Lugano sono ancora le ultime di una carriera che sembrava destinata a ben altri palcoscenici. Invece qualcosa si è inceppato e abbiamo pensato di chiedere a Cassani quale fosse il suo approccio con l’atleta che andrà al Tour accanto a Remco Evenepoel.

Il fatto è che se chiami Cassani in questi giorni che conducono al Tour de France, rischi di restare a bocca aperta. Se ne parlava ieri ai tricolori crono con Francesco Pancani, che con Davide ha commentato il Giro, mentre per il Tour il romagnolo affiancherà Rizzato: come fa a mettere così tante cose nelle sue 24 ore? Per cui, prima di parlare di Moscon, sentite che cosa è venuto fuori…

Cassani, Prudhomme e il sindaco Nardella: è stato Davide il motore della partenza del Tour dall’Italia
Cassani, Prudhomme e il sindaco Nardella: è stato Davide il motore della partenza del Tour dall’Italia
Dove sei?

Ero a Bologna e ora sto scendendo a Roma. Domattina, questa è una bella cosa, siamo in udienza privata dal Papa con Prudhomme e Nardella, sindaco di Firenze, e altre 7-8 persone.

Prudhomme in Italia non se ne è persa una, è davvero bravo…

E’ impressionante, il numero uno. Per fare un esempio. L’altra settimana gli ho detto che quelli del museo di Bottecchia avrebbero veramente piacere di averlo. E lui ha detto subito di sì. Quindi lunedì mattina andremo anche a trovare Bottecchia nel Museo di Colle Umberto. Il 2 gennaio è andato da Coppi. E’ venuto all’apertura del calendario italiano alla Firenze Empoli. Domenica sarà al campionato italiano. E’ venuto al Ghisallo. E’ veramente una persona che sa fare il suo lavoro.

Torniamo a Moscon: che cosa ti pare della sua carriera?

Pensavo sinceramente che potesse fare qualcosina in più. Forse è stato anche un po’ sfortunato, per cui a questo punto il Tour per lui diventa un appuntamento importante. Il problema è che comunque in squadra c’è un certo Evenepoel, quindi dovrà lavorare per la squadra. Però sì, mi piacerebbe rivedere un Gianni Moscon motivato, con la voglia di fare. Non ho dubbi che il motore ci sia ancora, a volte però basta un granello di sabbia per andare a rompere questo meccanismo che è prezioso. Spero che abbia tutti gli elementi a posto per poter dare il meglio di se stesso.

Moscon ha partecipato a 5 mondiali con Cassani. Qui 4° ad Harrogate, con Trentin 2° dietro Pedersen
Moscon ha partecipato a 5 mondiali con Cassani. Qui 4° ad Harrogate, con Trentin 2° dietro Pedersen
Qual era la tua chiave d’accesso a questo meccanismo?

Io gli ho sempre dimostrato fiducia. Ero assolutamente convinto che avesse tutto quello che gli serviva per essere bravo. Stavo attento nel dargli l’importanza giusta e soprattutto l’attenzione. che meritava e lui questo l’ha sempre apprezzato.

Perché dice che adesso la sua dimensione è quella di tirare e che per vincere avrebbe bisogno di migliorarsi di un 10 per cento?

La carriera di qualsiasi atleta lo porta sempre a un leggero miglioramento. Se uno fa il corridore al 100 per cento, migliora per forza. Basta vedere i dati di qualche ultra trentenne, che comunque è riuscito a migliorarsi. Deve credere in se stesso, capire che è ancora forte e ricordarsi che ha ottenuto dei risultati. E capire che se fa quello che deve, può migliorarsi ancora. E’ un ciclismo esigente, molto esigente. Per emergere devi davvero non lasciare nulla al caso e quindi, come dico sempre, basta calare o migliorare del 2 per cento per passare dall’essere in crisi alla possibilità di vincere. Devi veramente guardare a tutto, dalle gocce d’olio che metti in un’insalata, ai 10 chilometri di allenamento in più o in meno.

A sentirlo, si ha la sensazione di uno che ha perso il treno e fa una fatica bestiale per rimettersi sul binario… 

L’importante è non abbattersi, perché se prendi come una sconfitta il fatto che questi vanno più forti, sei finito. Lui forse non era consapevole della forza che aveva e quindi alla fine è anche una questione mentale. Mi ricorda l’ultimo Gianni Bugno…

L’ultima vittoria di Moscon risale al Gp di Lugano del 2021: era il 27 giugno
L’ultima vittoria di Moscon risale al Gp di Lugano del 2021: era il 27 giugno
In cosa?

Anche Gianni a un certo punto preferiva tirare che mettersi davanti. Non riusciva a dire a se stesso quello che aveva fatto, dai due mondiali al Giro d’Italia. Invece devi farti forza su quanto di buono sei riuscito a fare e spazzare sia le remore. Gianni deve dire a se stesso: ho ancora qualche anno a disposizione e faccio tutto quello che è necessario per dare il meglio di me stesso.

Sei pronto per commentare il Tour?

Sì, sono pronto.

Chiusura in Polonia, poi Benedetti salirà sull’ammiraglia

21.06.2024
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Appena compiuti 37 anni, Cesare Benedetti appenderà la bici al chiodo. Lo farà in Polonia, la sua patria d’adozione, al termine del Tour of Pologne, ma subito dopo entrerà nel nuovo ambito della sua vita ciclistica, salendo sull’ammiraglia della Bora Hansgrohe, squadra nella quale ha militato sin dai suoi albori nel 2010. Un destino già segnato che ha avuto i suoi prodromi nelle ultime battute della sua carriera.

Il legame così profondo e antico con la squadra tedesca lo ha portato a questa decisione: «Me lo hanno proposto loro. Io pensavo di tirare avanti un’altra stagione, ma obiettivamente era solo perché non mi ero ancora mentalizzato sulla fine della mia carriera agonistica. I dirigenti mi hanno prospettato quest’eventualità e ho detto subito di sì, anche perché era mio grande obiettivo rimanere nel mondo delle due ruote».

Cesare Benedetti è passato professionista del 2010 con l’allora NetApp, dopo uno stage con la Liquigas nel 2009
Cesare Benedetti è passato professionista del 2010 con l’allora NetApp, dopo uno stage con la Liquigas nel 2009
Un passaggio quasi naturale, considerando che nelle ultime stagioni eri diventato un po’ un regista in corsa più che un semplice gregario…

Effettivamente era un ruolo a me congeniale, soprattutto perché i più giovani si avvicinavano sempre per chiedere consigli, per capire come muoversi in corsa. La cosa non è sfuggita ai responsabili del team che infatti mi hanno chiesto di mettermi a lavorare con gli under 23, per indirizzarli meglio verso l’attività maggiore.

L’idea ti piace?

Non nascondo che mi interessa molto. La Bora Hansgrohe è sempre stata strutturata come una filiera, anzi è stata una delle prime a capire che per alimentare la prima squadra non bastava muoversi sul mercato, ma serviva avere un vivaio, come in altri sport. Ora vogliono dare maggior impulso al settore under 23 avendo capito che non è così semplice passare da juniores e fare un salto così precipitoso, è meglio procedere per gradi. Ormai i devo team danno a tutti la possibilità di fare esperienze con la squadra maggiore nelle prove al di fuori del WorldTour, è la strada giusta per imparare, ma bisogna arrivarci pronti.

Il polacco con il danese Wandahl, uno dei giovani che ha introdotto nel team
Il polacco con il danese Wandahl, uno dei giovani che ha introdotto nel team
Arrivando al termine della carriera è il momento di fare un consuntivo, che cosa vedi guardandoti indietro?

Credo di aver fatto anche più di quello che pensavo quando iniziai questa lunga avventura. Sapevo già da under 23 che non sarei stato un vincente e già allora avevo l’idea che senza grandi chance di vittoria sarebbe stato difficile durare. Non è stato così, ho trovato la mia dimensione. Ho fatto bene il mio lavoro, questo è stato riconosciuto da tutti. Ho seguito la mia carriera aiutando tanti leader a centrare il proprio obiettivo e la cosa che mi piace è che chiudo essendo sempre rimasto a un livello altissimo, in un team della massima serie affrontando corse che anno dopo anno sono diventate sempre più dure.

In questi anni hai mai pensato di cambiare team? Tu sei stato una delle ultime bandiere, di quei corridori fedeli a una scelta fatta quasi a inizio carriera…

Ogni tanto qualche pensiero mi è venuto, più che altro per la curiosità di verificare un’altra scelta, ma servivano motivazioni profonde che non avevo. Ragionandoci era giusto rimanere in un ambiente che ha sempre creduto in me e in quello che potevo dare. Il fisico in questi anni ha dato sicuramente tanto, per questo non ho rimpianti guardandomi indietro, so che i giovani che ci sono ora vanno decisamente più forte di me.

Con Sagan in maglia iridata, una lunga esperienza che ha segnato la carriera di Benedetti
Con Sagan in maglia iridata, una lunga esperienza che ha segnato la carriera di Benedetti
Tu hai lavorato con tanti leader al tuo fianco. Chi ti è rimasto più impresso?

Sicuramente Peter Sagan, è stato lui a farmi fare un vero salto di qualità. Correndo al suo fianco, in maglia iridata, sapevo che non potevo sbagliare e questo mi ha fatto andare anche oltre i miei limiti e mi ha fatto capire che avevo dentro di me qualcosa in più di quanto fatto fino allora. Le sue vittorie sono state per me emozionanti, ma devo molto anche a Majka e ai grandi giri corsi al suo fianco.

La tua più grande soddisfazione?

Il Giro d’Italia conquistato da Hindley, tutta quell’edizione è stata il mio apice come uomo squadra, centrando un grandissimo obiettivo. Il momento più bello però è stato al Giro 2023, quando siamo passati per Rovereto, la mia città, con il gruppo tutto alle mie spalle transitando per le mie strade, davanti alla mia gente pronta ad accogliermi. Avrei potuto chiudere la mia carriera anche allora…

L’unica vittoria di Benedetti da pro’, al Giro d’Italia 2019, nella mitica tappa Cuneo-Pinerolo
L’unica vittoria di Benedetti da pro’, al Giro d’Italia 2019, nella mitica tappa Cuneo-Pinerolo
Come finirai invece?

Un paio di corse a tappe in Romania e Repubblica Ceka e poi il Giro di Polonia. E’ la settima volta nella mia patria d’adozione e mi sembra giusto chiudere lì anche perché in squadra vogliono che sfrutti le settimane successive per fare un po’ di tirocinio in vista della prossima stagione sull’ammiraglia.

A proposito della Polonia, ti sei mai pentito di non aver fatto il passaggio prima del 2021? Se non altro, avresti potuto partecipare a più campionati mondiali…

Ho iniziato la procedura nel 2018, ma i tempi burocratici sono stati lunghi. Non posso negare però che partecipare ai mondiali in Belgio nel 2021 è stata un’emozione forte, esordire a un mondiale a 34 anni. Ora che non dovrò più allenarmi con assiduità, quando sarò libero dal lavoro vivrò maggiormente con la mia famiglia in Polonia. Il Trentino è nel cuore, ma quella è ora casa mia…

Pellizzari, la fama va bevuta a piccoli sorsi

21.06.2024
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ROMA – Alla Camera dei Deputati, martedì scorso, oltre a Tiberi c’erano anche Pellizzari e i suoi ventuno anni. Il marchigiano aveva da poco concluso il Giro di Slovenia con il terzo posto finale (alle spalle di Aleotti e Pello Bilbao) e la maglia dei giovani: dopo il Giro degli attacchi meravigliosi e i siparietti con Pogacar, un altro segno di continuità. Eppure la sensazione era che volesse soprattutto essere tenuto fuori dalle celebrazioni per stare sulla sua bici, in mezzo alle sue salite, facendo il suo mestiere.

L’accoglienza di Camerino al ritorno dal Giro lo ha frastornato e ancora adesso, pensandoci, si mette le mani nei capelli accorgendosi di esserci andato con la felpa e i bermuda. La leggerezza dell’animo è la dote principale di chi vuole arrivare lontano: se fosse schiavo a questa età di manierismi e convenzioni, probabilmente non andrebbe lontano.

«Per me è rimasto tutto uguale – dice – sono quello di sempre. E’ stato bello essere accolti a quel modo, però poi sono tornato alla vita di tutti i giorni. Sono stato anche contento di correre in Slovenia, anche se è stato duro. Prima di partire abbiamo parlato con Piepoli. Mi ha chiesto quali fossero i miei obiettivi. Gli ho risposto: il podio e la maglia bianca e li abbiamo raggiunti entrambi».

Con Tiberi e il Presidente della Camera Fontana, a Montecitorio c’era anche Pellizzari (foto Lega ciclismo)
Con Tiberi e il Presidente della Camera Fontana, a Montecitorio c’era anche Pellizzari (foto Lega ciclismo)

Avenir: no, grazie

Allo Slovenia è mancata forse la brillantezza di certi attacchi, probabilmente perché la curva della condizione è in fase discendente, dopo aver corso il Tour of the Alps e appunto il Giro d’Italia. Proprio nei giorni scorsi si ragionava con Mirco Rossato della scelta di portarlo al Giro dei grandi e non puntare su di lui per quello Next Gen. La stessa logica ha portato Pellizzari a declinare l’invito del cittì Amadori per il Tour de l’Avenir. Dicono che in casi come questi si abbia più da perdere che da guadagnare: l’esempio di Riccitello dello scorso anno è ancora negli occhi. Protagonista al Giro d’Italia, l’americano andò alla corsa francese e venne preso… a legnate, risalendo a fatica fino al quarto posto finale, giusto dietro Del Toro, Pellizzari e Piganzoli.

La curiosità sarebbe semmai quella di vederlo andare all’Avenir preparandolo come il Giro d’Italia, ma è qualcosa di cui dovremo fare a meno. La strada è tracciata. Giulio correrà il resto della stagione con la maglia del VF Group-Bardiani e poi dal prossimo anno indosserà quella della Red Bull-Bora, entrando a 22 anni nel grande gruppo.

Al Tour de l’Avenir del 2023, Pellizzari vinse una tappa, finendo secondo nella generale
Al Tour de l’Avenir del 2023, Pellizzari vinse una tappa, finendo secondo nella generale

Ipotesi austriaca

«Dopo il Giro – racconta – ho staccato per una settimana. Poi ho visto che stavo davvero bene, sentivo che la gamba veniva fuori, quindi andare in Slovenia è stato azzeccato, anche se nelle ultime due tappe ero un po’ in calando. Non ero certo al 100 per cento, sono curioso di vedere come andrà al campionato italiano.

«Comunque dopo la prima settimana, sono andato un po’ in Trentino da Andrea, anche perché su la temperatura era migliore che da me. C’è da capire cosa farò dopo l’italiano, se qualche corsa o subito stop. Andrea farà il Giro d’Italia, io potrei approfittarne per aggregarmi ai miei che vanno in vacanza in Puglia, ma non ho ancora deciso niente».

Pellizzari ha conquistato il podio dello Slovenia nella tappa di Krvavec, con il 4° posto all’arrivo
Pellizzari ha conquistato il podio dello Slovenia nella tappa di Krvavec, con il 4° posto all’arrivo

Obiettivo tricolore

Il campionato italiano lo chiama e la sua squadra al via è sempre una delle più numerose. Difficile dire se Pellizzari potrà correre per se stesso, se davvero la condizione è in calo. Così come ci sarà da valutare la possibilità che corra anche il Giro d’Austria, che inizia il 2 luglio. Staccare subito dopo il campionato italiano significherebbe rimanere senza corse per più di un mese.

«Intanto spero che il campionato italiano sia duro – dice – noi siamo una gran bella squadra, allo Slovenia siamo andati forte e forse abbiamo raccolto meno di quello che potevamo. All’italiano ci teniamo, ma questo non significa che si correrà soltanto per me, anzi. Nei giorni scorsi mi hanno aiutato tanto, voglio ricambiare perché non sono l’unico che va forte in squadra. C’è qualcuno che forse è ancora più adatto alle caratteristiche del percorso, quindi io mi metto a disposizione. Sarà Reverberi a dirmi cosa devo fare».

Davide Ballerini: il Tour, Cavendish, il record e io

21.06.2024
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Tra poco più di una settimana inizierà la 111^ edizione del Tour de France che, tra i moltissimi motivi di interesse, avrà anche la ricerca del record assoluto di vittorie di tappa da parte di Mark Cavendish, il quale, in questo momento, lo detiene a pari merito con sua maestà Eddy Merckx. Davide Ballerini sarà uno degli uomini più importanti su cui farà affidamento il campione inglese nelle volate. Fra le curiosità, Cavendish è stato da poco nominato Cavaliere Commendatore dell’ordine dell’Impero Britannico da re Carlo III, guadagnando il titolo di Sir.

Abbiamo raggiunto il corridore canturino al telefono durante i suoi ultimi giorni di ritiro a Livigno, per farci raccontare com’è andato l’avvicinamento ad un appuntamento così importante per lui e per tutta l’Astana Qazaqstan Team (in apertura l’ultimo giorno in altura, così raccontato su Instagram).

L’Astana ha corso buona parte del Giro a ranghi ridotti, a causa dei numerosi ritiri (foto Instagram)
L’Astana ha corso buona parte del Giro a ranghi ridotti, a causa dei numerosi ritiri (foto Instagram)
Davide, come prima cosa: com’è andato il tuo Giro d’Italia?

Il Giro è andato discretamente bene, soprattutto considerato l’infortunio che ho avuto ad inizio anno. Poi sono andato quasi subito in altura, scendendo per il Campionato Italiano di domenica.

E subito dopo partirà il Tour, dove sarai un uomo fondamentale nel treno dell’Astana Qazaqstan Team.

Sì, io dovrei essere il penultimo uomo di Cavendish nelle volate, subito prima che entri in azione Morkov. Mark non lo vedo da un po’, dal Giro di Turchia, ma da quello che so mi sembra in forma. Ha da poco terminato il Tour de Suisse e so che ha fatto un buon allenamento. Quando ci vedremo avremo modo di parlare assieme, io farò del mio meglio per aiutarlo a raggiungere il record di vittorie.

Mentre Ballerini era a Livigno, Cavendish ha cercato la condizione al Tour de Suisse
Mentre Ballerini era a Livigno, Cavendish ha cercato la condizione al Tour de Suisse
A questo riguardo, questo record com’è sentito in squadra? E’ davvero un obiettivo fondamentale per tutti?

Direi proprio di sì. Se ne parlava già da inizio anno come uno dei nostri principali obiettivi della stagione. E’ qualcosa di molto sentito tra di noi e cercheremo di portarlo a casa, anche se ovviamente non sarà facile, ci sono tante squadre molto attrezzate. Noi faremo il massimo. Non abbiamo ancora parlato delle tappe, ma quando ci troveremo le studieremo a tavolino. Cercheremo di capire quale possa essere la più adatta a lui, anche se di sicuro ce ne saranno diverse. Sarà importantissimo anche vedere come andranno le prime due giornate che non sono per nulla facili, però sfrutteremo ogni occasione.

Veniamo a te. Oltre a supportare Cavendish credi che avrai la possibilità di provarci in prima persona in qualche tappa?

Spero di potermi ritagliare un po’ di libertà, certamente, perché mi sto allenando molto, sto facendo tutte le cose fatte bene. La gamba c’è, adesso vedremo appena scendo dall’altura, ma ormai so che lavorare qui porta sempre qualcosa di buono. Cercherò il risultato in qualche tappa, anche se per ora non ne ho cerchiata una in particolare. In ogni caso l’importante sarà farsi trovare pronti e cogliere il momento giusto, anche se, come sempre al Tour, non sarà facile.

Dopo un Giro molto duro, Ballerini ha lavorato per ritrovare esplosività
Dopo un Giro molto duro, Ballerini ha lavorato per ritrovare esplosività
Ultima domanda. Ci racconti quali allenamenti specifici hai fatto in questo periodo di altura?

Qui a Livigno mi sono allenato in particolare sull’esplosività, perché al Giro mi sono accorto che spesso mi è mancata un po’ di brillantezza nel finale. Quindi ho lavorato molto sui picchi dopo le 4 ore. Oltre a quello, in vista delle tappe più dure del Tour ho fatto anche tanta distanza, arrivando ad allenamenti di 6 ore con 4-5.000 metri di dislivello. Quindi sì, direi che mi sento pronto.

Caos crono: vince Guazzini, Longo retrocessa. Chi corre ai Giochi?

20.06.2024
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GROSSETO – Le 17,20. «Sapevano entrambe che chi avesse vinto la crono, avrebbe avuto il posto alle Olimpiadi – dice Velo – ma adesso mi hanno messo in una brutta situazione. Avrò bisogno di un po’ di tempo per riordinare le idee e valutare l’andamento della gara. Ho tempo fino al 5 luglio per decidere fra Guazzini e Longo Borghini…».

Tardo pomeriggio, è successo un bel pasticcio e adesso la storia è tutta da riscrivere. Elisa Longo Borghini non ha vinto il tricolore della crono con 0,950 di vantaggio su Vittoria Guazzini, perché è stata penalizzata. Al terzo posto resta invece Elena Pirrone, soddisfatta. Dice di essere venuta puntando al podio e che contro le prime due non avrebbe potuto fare nulla.

Gaia Masetti è 4ª a 1’05”: è così accaldata che Fabiana Luperini le versa acqua addosso
Gaia Masetti è 4ª a 1’05”: è così accaldata che Fabiana Luperini le versa acqua addosso

Guazzini seconda per 95 centesimi

Le 16,06, facciamo un passo indietro. Guazzini è scocciata, come sarebbe chiunque perdesse un campionato italiano per meno di un secondo. Ha lasciato la zona del podio per andare a prendere il necessario per cambiarsi, anche se quando torna indossa ancora il body delle Fiamme Oro. Se Elisa Longo Borghini non ne fosse uscita, il podio al completo avrebbe i colori granata della Polizia di Stato.

«Sapevo che ci giocavamo la partecipazione alla crono di Parigi – dice Guazzini – però non volevo farmi condizionare troppo. Sapevo che c’era tanto in ballo. Prima di partire mi hanno detto di divertirmi e di farlo per me. Adesso, che sia divertente fare mezz’ora così, a blocco, non è proprio detto. Però mi sono divertita. Ho fatto una bella crono, devo essere contenta di questo. Non voglio neanche pensare a dove ho lasciato il secondo che mi è mancato, perché magari a parti inverse lei potrebbe pensare la stessa cosa. Abbiamo fatto due ottime crono e devo fare i complimenti alla Longo. Ma non è che lo scopriamo oggi, va forte da tutto l’anno, quindi bravissima lei».

Il timore di Mosca

Le 16,15. Il tempo passa, in attesa della premiazione. Si va per le lunghe e il sole picchia così forte che qualcuno inizia a lamentarsi. Di colpo arriva Jacopo Mosca, che era nell’ammiraglia Lidl-Trek con Slongo e dice che la Giuria si è appena riunita. Pare che contestino la distanza fra la macchina ed Elisa durante la crono, teme che possano toglierle la maglia. Ci sarebbero dei video. Si avvicina anche il dottor Daniele e poi arriva Slongo, che si dirige verso la tenda in cui la Giuria sta prendendo la sua decisione.

Mosca ricorda che un giudice ha seguito tutta la crono e ci si chiede perché mai, se avesse ravvisato un’irregolarità, non abbia dato un avvertimento. Nessuno crede che il risultato della strada possa essere messo in discussione, anche se nel clan della campionessa piemontese inizia a serpeggiare qualche dubbio.

Longo Borghini dalla Giuria

Le 16,20. Un tale che fa parte dell’organizzazione si avvicina a Longo Borghini. Le ragazze sono sedute sotto il gazebo, al centro Elisa, ai lati le altre due: come sul podio. Nel frattempo a pochi metri da qui sta partendo la gara degli under 23, in questa giornata contro il tempo che sembra lenta come una messa cantata in latino.

Longo Borghini entra sotto il gazebo verde ai piedi del palco. Resta dentro due minuti, poi esce. Il sorriso con cui ha salutato la vittoria adesso è tirato, le guance arrossate per il sole e forse per la rabbia. Non dice nulla. Si avvicina a Vittoria Guazzini, le mette una mano sulla spalla, dice due parole e poi si abbracciano. Quindi si siede, alza lo sguardo, lo incrocia col nostro e solleva l’indice e il medio: seconda.

Mosca ha lo sguardo livido, preferisce non parlare. La domanda è sempre quella: c’è stato un reclamo oppure la Giuria ha fatto tutto in autonomia? La posta in palio è alta, un posto alle Olimpiadi non te lo giochi tutti i giorni.

Le premiazioni sono meno altisonanti di quelle degli uomini. Di colpo Pirrone e Longo Borghini si alzano e si dirigono verso l’antidoping.

In attesa delle premiazioni, l’unica cosa che Longo Borghini può fare è rassegnarsi e accettare
In attesa delle premiazioni, l’unica cosa che Longo Borghini può fare è rassegnarsi e accettare

20 secondi di penalità

Le 16,40. Avevamo camminato accanto a lei dopo la vittoria della Liegi, questa volta il quadro psicologico è diverso. In Belgio fu battuta dalla volata di Grace Brown, qui ha fatto la sua crono senza mai distogliere lo sguardo dalla strada, ha vinto e adesso si ritrova seconda.

«Prima ho vinto – dice Longo Borghini – poi mi hanno comunicato che sfortunatamente la macchina è stata troppo vicina a me. Di conseguenza ho ricevuto una penalità di 20 secondi e sono stata retrocessa al secondo posto. Però io personalmente non ci posso fare niente, non lo sapevo. Io la fatica l’ho fatta, ho fatto una buona performance. Cosa devo dire? Ci rifaremo l’anno prossimo, è ovvio però che dispiace. Oggi c’era in palio qualcosa di più grande, però questa non è una scelta che dipende da me. Come non è dipesa da me la vittoria o meno della maglia tricolore. Chiaro che brucia e che dà fastidio, sono cose che nello sport succedono e sono sempre successe. Dispiace che mi sia toccata a me.

«Ho iniziato a capire che c’era qualcosa di strano quando hanno posticipato la premiazione e mi hanno detto che sarebbe arrivata la Giuria a parlarmi. Sono scocciata, chi non lo sarebbe? Avrei voluto conquistare questa maglia tricolore, vediamo se potrò rifarmi sabato su strada. Il percorso non è adatto alle mie caratteristiche, però oggi a numeri ho fatto una buona crono. E la condizione c’è, l’ho fatto anche vedere in Svizzera, quindi vediamo un sabato come andrà…».

Per Vittoria Guazzini, oltre alla maglia tricolore, l’abbraccio di suo padre
Per Vittoria Guazzini, oltre alla maglia tricolore, l’abbraccio di suo padre

Guazzini frastornata

Le 16,48. Torniamo verso il podio e vediamo arrivare Vittoria Guazzini, con la maglia tricolore e una serie di gadget e trofei fra le mani. Suo padre poco fa le ha passato un cellulare, ma lei appare frastornata.

«Che è successo? Sinceramente non lo so. Ovviamente sono contenta di questo tricolore – dice – ma è stato un po’ strano. Ero soddisfatta della mia crono, mi dispiaceva per quei 95 centesimi. Poi è stato un vortice di emozioni, con questa decisione che ci è stata comunicata. Mi dispiace sinceramente per Elisa, tanto quanto sono contenta della maglia che indosso. Non so bene come siano andate le cose. C’è stata una pausa prima delle premiazioni, così ho detto che sarei andata a cambiarmi per non ammalarmi. Poi sono tornata e mi è stata detta questa cosa. Un po’ sono stata presa alla sprovvista, non è come passare l’arrivo e sapere di aver vinto. Però credo ci siano dei regolamenti. Potrebbe significare che andrò io alla crono di Parigi? Potrebbe, non so. Intanto mi godo la maglia, poi vediamo.

«L’estate sta andando abbastanza bene. Ho fatto un ritiro in altura con la Cec (Elena Cecchini, ndr), che mi ha veramente sopportato. Poi ho fatto qualche allenamento in pista, un paio di gare a tappe e ora tornerò in pista con quelle altre… disgraziate del quartetto. Farò il Giro d’Italia. Cerchiamo di fare l’avvicinamento migliore. Magari non sapremo se è effettivamente quello giusto, ma noi crediamo in quello che facciamo. Siamo veramente mentalizzati».

Gara nella gara, Federica Venturelli vince il tricolore U23 nonostante una caduta. Batte Cipressi e Pellegrini. Dominio UAE
Gara nella gara, Federica Venturelli vince il tricolore U23 nonostante una caduta. Batte Cipressi e Pellegrini. Dominio UAE

Il parere di un giudice

Le 17,10 e c’è ancora tutto da scrivere. Però sfidiamo ancora una volta il solleone per andare in partenza a chiedere un’informazione a un giudice. Vediamo Francesca Mannori che verifica le bici degli U23 e ricordiamo il grande quantitativo di multe che sono volate con lei al Giro d’Italia: sicuramente una conduzione severa. Ci avviciniamo a un suo collega. La domanda è semplice: se il giudice che segue l’atleta ravvede un comportamento scorretto, è tenuto ad avvisare l’atleta e la squadra oppure può decidere di passare direttamente alla sanzione?

«Non è che per ogni corridore devi metterti a dare gli avvertimenti – spiega – se il giudice ravvede l’infrazione, applica il regolamento. Non c’è bisogno necessariamente che qualcuno faccia ricorso. In questo caso sono stati 20 secondi di penalità. Non c’è l’obbligo di avvertimento».

E così prima di metterci scrivere torniamo alle parole di Velo che hanno chiuso questa gara delle donne elite. Elisa Longo Borghini ha vinto il campionato italiano su strada, Vittoria Guazzini è la nuova maglia tricolore. Starà a Velo adesso venire fuori dalla situazione in cui l’hanno cacciato.

Pinarello Dogma F, non finisce mai di stupire

20.06.2024
8 min
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COLFOSCO – Nel magnifico scenario delle Dolomiti dell’Alta Badia viene presentata la tredicesima generazione di una delle bici più iconiche di sempre. La Pinarello Dogma F.

Più leggera di oltre 100 grammi (a parità di taglia), più aerodinamica e sempre rigidissima, certamente identificativa con il suo design. La nuova Pinarello è la prima bici ad utilizzare il carbonio Torayca M40X, con un modulo ancora più alto rispetto alla T1100. Entriamo nel dettaglio anche grazie a Fausto Pinarello e Scott Drawer (performance manager del Team Ineos-Grenadiers).

Fausto Pinarello con la “sua” Dogma F
Fausto Pinarello con la “sua” Dogma F

La creatura di Fausto Pinarello

«Questa è la Dogma numero 13. E’ tanto cambiata – ci dice Fausto Pinarello – ma in ogni epoca è sempre stata un riferimento. La prima Dogma è stata quella in magnesio, sono passati 22 anni tra evoluzione e sviluppo, anche per quello che riguarda i materiali. La nuova Dogma inizia a prendere forma due anni fa. L’apporto ed il supporto del Team Ineos-Grenadiers, con il suo contributo, capacità di analisi e ovviamente grazie ai suoi atleti, sono stati fondamentali nel processo di realizzazione della nuova bici. Anche per questi motivi, abbiamo firmato con loro per altri quattro anni».

Carlos Rodriguez, vittorioso al Delfinato con la nuova Dogma F
Carlos Rodriguez, vittorioso al Delfinato con la nuova Dogma F

Ogni dettaglio fa la differenza

«Amo ascoltare i corridori tutto l’anno – racconta Pinarello – mi piace portare al mio staff i feedback degli atleti, perché ogni parola è uno spunto per far evolvere la bici. Ogni corridore ha delle necessità, ha il suo modo di correre e vivere la bicicletta. La nuova Dogma rappresenta alla perfezione la filosofia Pinarello, un concentrato di tecnologia, prestazioni e bellezza.

«Abbiamo combinato i numeri – prosegue Pinarello – anche quelli più piccoli. Designer, ingengeri e partner hanno lavorato duramente per arrivare a questo risultato, dove io metto la firma e dove il design deve essere identificativo con DNA Pinarello».

Scott Drawer è il responsabile performance di Ineos Grenadiers
Scott Drawer è il responsabile performance di Ineos Grenadiers

Marginal gains per grandi differenze

«La ricerca delle prestazioni è cambiata tantissimo negli utlimi anni e non si tratta esclusivamente di marginal gains – ci dice Drawer – o meglio, ogni dettaglio è parte integrante di un grande processo evolutivo. Il nostro approccio negli anni non è cambiato, si è evoluto e la conferma della bontà del lavoro arriva anche dal fatto che tutti i team hanno investito tantissimo per seguire la nostra linea di pensiero.

«Quando abbiamo iniziato a ricercare ed analizzare, i margini di miglioramento erano elevati ed immediati, perché non c’era uno storico in questo senso. Ora i miglioramenti sono costanti, è ancora possibile migliorare tutto quello che è legato alla performance – conclude Drawer – ma il processo è più lento. La nuova Dogma F è parte di un sistema che chiamiamo performance planning. Come corriamo? Come ci alleniamo? Quale supporto tecnico utilizziamo? Possiamo dire che le bici Pinarello si sono evolute con noi».

La prima bozza nel 2022

Le analisi e gli studi che hanno permesso di realizzare la Dogma F partono dal Tour de France 2022. E’ stato preso in esame tutto quello che ha fatto Geraint Thomas. Cosa accade in ogni singolo momento di un Grande Giro? Non c’è esclusivamente la salita, o la discesa, oppure i tratti in pianura percorsi a velocità folli.

Una gara non è fatta solo di sprint ed accelerazioni, oppure di asfalto perfetto, perché ci sono anche il pavè ed il gravel. Numeri e dati, analisi su analisi, tutto doveva collimare per dare una bici totale. Più leggera di 108 grammi, sviluppata con i nuovi modelli CFD e con un coefficiente di efficienza aerodinamica migliore dello 0,2% (tantissimo).

La nuova Pinarello Dogma F

Il carbonio Torayca M40X, che compare per la prima volta nell’ambito bici, ha un modulo ancora maggiore del T1100 grazie ai 377 fili per pollice quadrato (rispetto ai 324). L’impiego del nuovo tessuto di carbonio e l’evoluzione delle forme di ogni profilato hanno obbligato a variare in modo importante l’impatto estetico (ed i volumi) di alcune parti della bici. La scatola del movimento centrale ad esempio, più grande, più arrotondata nella sezione inferiore, ma sempre fedele alla larghezza da 65 millimetri e alle calotte filettate per il movimento centrale. La sua forma deriva (Aero-Keel) da quella utilizzata per la bici da pista di Ganna. Tutto il carro posteriore e la forcella hanno passaggi più larghi degli pneumatici (fino a 30 millimetri di larghezza).

La tubazione obliqua è stata ridisegnata ed ha subito una cura dimagrante. E’ stata ridotta la superficie interna tronca, a favore di un risparmio di peso e senza sacrificare rigidità ed efficienza aerodinamica.

Il tubo sterzo è stato ridotto complessivamente di 8 millimetri (per quello che concerne i volumi), anche in questo caso senza perdere sostanza e rigidità. E’ stata cambiata la serie sterzo che è compatibile con i soli gruppi elettronici.

Sono stati calottati e resi cechi i punti di innesto dei perni passanti. Il blocchetto del reggisella è stato alleggerito ed è più funzionale. Non in ultima la forcella Onda, anche in questo caso completamente ridisegnata. Ha un rake di 47 millimetri, comune a tutte le taglie. Ha uno stelo con due protuberanze laterali (rinforzato e ottimizzato per il passaggio interno delle guaine, nessuna ostruzione, eliminati gli attriti e maggiore precisione nella guida, il tutto con un peso ridotto).

Dogma F e l’arte dell’asimmetrico

Ogni sezione della nuova Pinarello Dogma F è asimmetrica, proprio come da tradizione Dogma. La Pinarello Dogma F è disponibile in quattro configurazioni per quanto concerne la trasmissione (Sram Red AXS, Shimano Dura Ace con e senza power meter, Campagnolo Wireless e prezzi di listino che partono da 14.500 euro). Sono 3 invece le tipologie di ruote, tra Princeton, DT Swiss e Campagnolo. E’ disponibile anche il kit telaio. Sempre ampia la disponibilità della taglie (ben 11), dalla 43, alla 62.

Per gli amanti dei numeri: l’allestimento con il Red AXS ha un valore alla bilancia dichiarato di 6,63 chilogrammi (taglia 53), mentre il Dura-Ace 6,77 (entrambi con le Princeton 4550). Il montaggio Campagnolo Wireless (con le Bora WTO 45) è dichiarato a 6,88 chilogrammi.

Manubrio Talon Fast

Ora adotta il suffisso Fast. Segue il filone attuale che vuole i manubri full carbon ed integrati con il flare della piega, il tutto a norma UCI. La svasatura delle curve è di 7°, ma è anche il design (leggermente ondulato) della piega che permette di fare una grande differenza in termini di comfort e precisione nella presa bassa. Ogni misura ha un attacco manubrio con angolazione di 8° e un’ampiezza della curva di 125 millimetri.

Pinarello

Ganna, il quinto tricolore lancia la volata verso Parigi

20.06.2024
5 min
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GROSSETO – Ganna di nuovo campione italiano della crono, per la quinta volta. Il piemontese della Ineos Grenadiers si è trovato nella fornace del percorso dopo il ritiro in altura e per qualche istante deve essergli passato per la testa il fantasma di Faenza. Anche in quel giorno del 2021 il caldo non concedeva scampo, ma il percorso era più duro e alla fine Pippo si ritrovò al quarto posto, battuto da suo cognato Matteo Sobrero.

Anche oggi, come allora, sta preparando le Olimpiadi e anche questa volta è partito fortissimo. Forse troppo. E arrivare al traguardo è stato un bell’impegno.

Ganna è arrivato in calando dopo la partenza volutamente troppo allegra
Ganna è arrivato in calando dopo la partenza volutamente troppo allegra

Overpacing in avvio

L’inferno è più caldo, ma certo meno umido. Grosseto ha accolto i campionati italiani della crono con temperature che ti svuotano, è difficile immaginarsi come sia fare una crono di 35 chilometri. I corridori arrivano, si gettano sul marciapiede, sputano via la polvere e la fatica e ricominciano a parlare solo dopo qualche minuto.

«Sono partito troppo forte, perché era in previsione fare un overpacing per vedere cosa succedeva. Volevamo cercare di arrivare più vicini a una performance olimpica, però non sono ancora nella condizione che serve, quindi ho sofferto un po’ troppo. Nel finale ho faticato, però siamo riusciti a mantenere un buon ritmo e finire comunque con un’ottima prestazione. Diciamo che fare altura e poi scendere immediatamente… Ho avuto una settimana a casa, però ugualmente non sono riuscito a fare un ottimo adattamento al caldo e oggi un po’ l’ho sofferto».

L’assetto per Parigi è a posto: cambierà soltanto la bici, che sarà nuova
L’assetto per Parigi è a posto: cambierà soltanto la bici, che sarà nuova

La bici nuova

Parigi non è ancora dietro l’angolo, ma la conferenza stampa del 5 luglio metterà nero su bianco i nomi degli atleti e a quel punto avremo tutti la sensazione di qualcosa di immenso che sta per iniziare. Per ora si lavora. L’altura. La pista. Il tricolore crono e domenica quello su strada.

«Si lavora anche sui materiali – dice e sorride – praticamente è tutto fatto, manca soltanto la bicicletta, anche se da qualche parte si è già vista. Questa è stata l’ultima crono lunga prima delle Olimpiadi, ma a casa se ne simuleranno altre. I tempi saranno quelli. Si cercherà di fare allenamenti sempre più specifici sul tempo. La prova di oggi è buona, ma sono alla ripresa. Nelle crono del Giro i valori erano molto più alti, qua ho dovuto comunque tenere di più perché sennò non sarei arrivato al traguardo. E’ un avvicinamento buono, continuiamo così e vediamo come si arriva».

Per Affini il casco Giro che tanto ha fatto parlare alla Tirreno
Per Affini il casco Giro che tanto ha fatto parlare alla Tirreno

Fra crono e pista

Quella volta a Faenza mise su un muso che impiegò del tempo per passare. Si era nella rincorsa per Tokyo, l’oro del quartetto era una suggestione più che una possibilità, mentre oggi è tutto diverso. C’è più consapevolezza e forse il risultato di giornata è importante non tanto per se stesso quanto per la conferma di essere sulla strada giusta.

«Sappiamo a cosa andiamo incontro – dice – quindi le fatiche e gli allenamenti che ci saranno da fare. Come quartetto siamo motivati, ci siamo già trovati. Abbiamo già cercato di mettere giù un programma per trovarci quasi sempre tutti insieme. Poi ovviamente per obiettivi di squadra saremo anche impegnati in altre gare o ritiri, quindi abbiamo cercato di programmare il meglio per girare il più possibile insieme e cercare di fare più prove insieme. Cosa preferisco a livello del cuore fra crono e pista? Semplice, muoio in entrambe…».

Cioni fa parte da sempre del cerchio magico di Ganna assieme a Villa. A Parigi sarà invece con Tarling
Cioni fa parte da sempre del cerchio magico di Ganna assieme a Villa. A Parigi sarà invece con Tarling

Il Cioni condiviso

L’umore è buono, non potrebbe essere altrimenti. Passa Affini, che gli molla una battuta. Poco distante c’è Baroncini, il terzo di giornata. Gianluca Valoti, appostato dietro la transenna, fa notare che tutti e tre da U23 sono passati per il Team Colpack. E’ una riflessione che merita attenzione. Se un’ombra può esserci sulle Olimpiadi, riguarda l’assenza del suo allenatore Dario Cioni che, come pure agli ultimi mondiali, sarà impegnato accanto a Joshua Tarling. Il tema brucia: Tarling che a Glasgow era poco più di una promessa oggi è uno dei grandi favoriti. Quando scherzando abbiamo fatto su questo una battuta al toscano, lo sguardo ha lampeggiato.

«Io non ci penso – dice Ganna – alla fine con Dario ho un bel rapporto e abbiamo già discusso di questa cosa. Ovviamente quando saremo là, ci sarà un ottimo staff che mi seguirà e cercheremo di dare sempre il meglio. I rivali potrebbero essere gli stessi di Glasgow, quindi Remco e Tarling. Ma potrebbe venire fuori anche un Van Aert oppure Kung».

Dovendo e volendo pianificare ogni cosa nei dettagli, la Federazione non avrebbe potuto precettare Cioni e portarlo a Parigi? Si fa per parlare, ovviamente…

Jonathan Milan ha chiuso al quarto posto, a 1’01” da Ganna
Jonathan Milan ha chiuso al quarto posto, a 1’01” da Ganna

Il tempo delle pressioni

Il modo in cui si avvicinerà agli ultimi giorni resta coperto da un bello strato di segreto. Quando gli chiediamo se ha intenzione di simulare allenamenti a temperature simili, sorride dicendo di chiedere a Cioni. E così torniamo sulla partenza troppo allegra di giornata e del rischio di scoppiare prima del tempo.

«Me ne sono accorto all’intertempo dove avevo già 20 secondi di vantaggio su Affini – spiega – sapevo di aver scelto un passo un po’ troppo… ottimistico (sorride, ndr). Anche a Faenza avevo un po’ esagerato, vero, però l’ultima crono l’avevo fatta al Giro, in condizioni diverse. Non era una prova secca, adesso sarà da puntare un po’ più in alto. Cerchiamo di essere sempre sul pezzo, di lavorare sempre in ottica di Parigi. Non sarà facile, perché da una parte e l’altra inizieranno le pressioni. Perciò cerchiamo di rimanere calmi e di fare il meglio. Se tutto andrà bene, si festeggerà. Se non va bene, non credo che avrò ammazzato qualcuno. Non mi merito la galera…».

Continental all’italiana: si va forte, ma c’è da spendere

20.06.2024
6 min
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I primi due corridori nella classifica del Giro Next Gen che non fanno parte di un devo team appartengono alla stessa squadra: il Team MBH Bank-Colpack-Ballan. Davanti a loro e subito dopo, si leggono gli stessi nomi che abbiamo da poco applaudito al Giro d’Italia e che a breve ritroveremo al Tour de France. Questo suscita due considerazioni. La prima è che lo strapotere dei vivai WorldTour è ineludibile. La seconda è che lavorando nel modo giusto e investendo risorse, si può fare buon ciclismo anche in una continental italiana. Le differenze cronometriche ci sono, ma non somigliano a quella fra Pogacar e il resto del gruppo. Novak si è piazzato al quinto posto a 1’39” da Widar, Kajamini è arrivato a 2’14” (in apertura il loro arrivo a Pian della Mussa, foto NB Agency).

Gianluca Valoti ieri era in giro per aziende. E’ passato da Rosti che realizza l’abbigliamento e poi da Cinelli per le bici. Nel frattempo, Davide Martinelli scendeva verso Grosseto dove oggi Bagatin è impegnato nella crono tricolore. C’è tanto da fare anche in questa fase di quasi stacco, perché a breve sarà tempo per il Valle d’Aosta e poi si spera in una convocazione azzurra per il Tour de l’Avenir.

Che bilancio puoi fare di questo Giro?

Un bilancio positivo. Prima di partire l’obiettivo era che uno dei due ragazzi entrasse fra i primi cinque, invece siamo riusciti a metterne due nei dieci e, tutto sommato, è stata una buona classifica. Di più non si poteva fare, perché vedendo i valori che hanno fatto nella tappa di Pian della Mussa e poi quella di Fosse, hanno fatto entrambi il loro record di wattaggio, quindi più di così non si poteva. Bene così. Nelle prime dieci sono tutti devo team del WorldTour quindi usciamo a testa alta. Abbiamo investito tanto, dai ritiri a Sestriere al materiale più leggero e più scorrevole. Abbiamo speso per i ragazzi e alla fine però i risultati di sono visti.

Forse siete andati anche oltre le attese. Non era scontato che Kajamini tenesse sulle salite più lunghe…

Alla fine è la prima volta che riesce a fare un anno senza problemi. Al primo da U23, nel 2022, ha fatto una gara e mezza, cioè una l’ha finita e l’altra mezza è venuto per farci un favore e far partire la squadra. Ha avuto tanti problemi fisici. L’anno scorso con meno problemi ha finito in crescendo, dimostrando anche di esserci in qualche gara importante. Quest’anno sta andando forte.

Mentre Novak?

Deve ancora migliorare tatticamente e a quel punto con i suoi valori, potrebbe essere uno dei più forti in salita. E’ brutto da dire, ma è un secondo anno e come al solito si rischia che ce lo portino via. Bisognerebbe farci un articolo, è una situazione che ci sta rovinando. Non riesci a programmare più la crescita, non riesci ad avere ragazzi a lungo termine, almeno per tre anni. C’è anche il rischio che prendi atleti come loro che vanno bene e l’anno prossimo non li hai più, quindi non riesci neanche a programmare.

Sono entrambi in rampa di lancio verso qualche WorldTour?

Stanno aspettando quello che decidiamo di fare. O meglio cosa ci propone MBH Bank. Siamo tutti in attesa. Vogliamo vedere cosa mettono sul piatto, perché abbiamo il contratto di tre anni per la continental, mentre c’è da capire se effettivamente l’intenzione è quella di crescere. Per fortuna sono passaggi che devono avvenire abbastanza alla svelta, dato che ad agosto bisogna iscrivere la squadra, quindi in 15-20 giorni bisogna concludere.

Due corridori nei primi 10 e anche la maglia degli scalatori: forse di Nespoli si è parlato anche poco, non credi?

Nespoli lo conoscono quelli con cui ha corso in passato, ma per il resto se ne è parlato poco. L’obiettivo per lui era proprio questo, quindi riuscire a prendere la maglia GPM già dalle prime tappe. Purtroppo era un po’ rammaricato di non esserci riuscito, poi per fortuna siamo riusciti a prenderla alla fine del Giro. Era il nostro obiettivo perché conoscevamo le sue caratteristiche. Anche lui ha iniziato la stagione con un po’ di problemi e deve migliorare fisicamente, perché è alto e molto magro, però ha delle grosse qualità. E’ un 2004, ma forse nel suo caso si può sperare di lavorarci con calma.

Un investimento importante, due ritiri, avete fatto come i devo team e i risultati sono arrivati. Si può fare anche per una continental italiana, insomma…

Fa piacere che lo diciate, per noi significa tanto. La vera differenza probabilmente è proprio il budget. Quello che per noi è stato uno sforzo finalizzato al Giro Next Gen per loro è la regola. Quelli che avevamo davanti, lo stesso che ha vinto il Giro, avevano fatto un minimo 3-4 gare a tappe, più i ritiri. Noi ci siamo presentati con tre corse a tappe: Coppi e Bartali, Giro d’Abruzzo e poi Giro d’Ungheria. In Italia mancano le corse a tappe anche per gli juniores. Alla fine vedo che i francesi e gli altri fanno più corse a tappe rispetto a noi e noi invece siamo qui a fare le corse di un giorno. A parte Valle d’Aosta, Veneto e Friuli, che però si fanno verso fine stagione. Ci vorrebbe un paio di corse a tappe in inizio stagione.

Per il Valle d’Aosta si può lavorare come per il Giro d’Italia?

Adesso c’è il campionato italiano, uno degli obiettivi dell’anno. Poi li lasceremo un po’ liberi, mentre qualcuno si farà ancora 15 giorni di altura. Non tutti quelli del Giro faranno anche il Valle d’Aosta, sulla carta di sicuro Kajamini e Novak. E poi speriamo anche in una convocazione per il Tour de l’Avenir.

Come è andato il primo Giro U23 con Martinelli in ammiraglia?

Molto bene. Lo abbiamo voluto a tutti i costi e lui ha accettato subito il progetto. Lo conoscevamo da corridore e ci ha dato una grossa mano, al Giro d’Italia come nella prima parte di stagione. Si vede che ha appena smesso. Non è che mi senta vecchio, però si vede che Davide è più aggiornato e ci sa fare anche per parlare con i ragazzi. Con lui siamo migliorati anche sul piano tecnico, oltre ad avere due allenatori come Dario Giovine e Antonio Fusi che non hanno sbagliato niente e siamo arrivati al Giro in ottime condizioni. E’ la conferma che sappiamo fare anche noi del buon ciclismo, ma che con i soldi si va più forte.

Fuori dal Giro Next Gen: i ragionamenti di Delle Vedove

20.06.2024
6 min
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Mentre i corridori degli altri devo team erano impegnati sulle strade del Giro Next Gen, Alessio Delle Vedove si dava da fare allo ZLM Tour. Corsa per professionisti di categoria 2.1 che il veneto ha disputato tra le fila dell’Intermarché-Wanty. Anche quest’anno Delle Vedove non ha preso parte alla corsa di casa dedicata agli under 23, ma non si dispera. 

«Allo ZLM – dice – non mi aspettavo di fare prestazioni così alte come poi dimostrato. Ho fatto registrare i miei migliori numeri, nell’ultima tappa ho fatto una tirata per i miei compagni che ha spaccato il gruppo. Alla fine dei cinque giorni eravamo tutti contenti, sia io che la squadra. Chiaro che non correre il Giro Next Gen mi è dispiaciuto, più per un fatto di appartenenza che di calendario. La squadra ha deciso che sarebbe stato più utile, per me, fare una gara con i pro’ che con gli under 23. Erano dell’idea che mi potesse far bene per il motore e per l’esperienza».

Mentre i suoi pari età erano al Giro Next Gen Delle Vedove correva in Olanda allo ZLM Tour con i pro’
Mentre i suoi pari età erano al Giro Next Gen Delle Vedove correva in Olanda allo ZLM Tour con i pro’

Ancora lontano dall’Italia

Per un ragazzo giovane come Delle Vedove gareggiare lontano dall’Italia ha un peso, un dispiacere legato al piacere di vedere parenti e amici che alla corsa in sé. 

«Alla fine – continua – non ho corso nessuna delle due edizioni del Giro Next Gen, mi manca. Ma non mi mancano le corse di alto livello dedicate agli under 23. Da inizio anno, come nel 2023, ho preso parte al Tour de Bretagne, Gent-Wevelgem, Parigi-Roubaix e Youngster Coast Challenge. E ultimamente ho raccolto un buon ottavo posto alla Omloop Het Nieuwsblad U23. Al Giro Next Gen la squadra ha deciso di puntare alla classifica con Toussaint che fino alla caduta era quinto».

Non gli sono mancate le gare per confrontarsi con gli U23 più forti, qui alla Youngster Coast Challenge
Non gli sono mancate le gare per confrontarsi con gli U23 più forti, qui alla Youngster Coast Challenge
Come ti hanno comunicato la cosa?

Dicendomi chiaramente che avrebbero puntato alla classifica, quindi hanno ritenuto più utile mandarmi ad altre gare, lo ZLM, per crescere. Non avrebbe avuto senso, secondo loro, fare otto tappe per provare a vincerne una e poi andare di conserva per il resto del tempo. Sarebbe stato meglio lavorare, fare fatica e ritmo tra i grandi. 

Saltando però il confronto con i tuoi coetanei. 

Contro di loro ho corso da inizio anno, li conosco molto bene. De Schuyteneer l’ho incontrato alla Loir et Cher, Teutenberg al Bretagne e alla Roubaix under 23. Avrò modo di incrociarli anche in altre occasioni, come al Flanders Tomorrow Tour. Poi non sono stato nemmeno troppo fortunato, al Tour de Bretagne non ero stato bene e mi sono ritirato. Non sapevo come avrei reagito ad un’altra gara di otto giorni. 

E allo ZLM hai imparato quindi?

Tanto, ero in camera con Gerben Thijssen che è uno dei velocisti del momento e sta emergendo. Passare cinque giorni con lui a parlare, confrontarsi e correre insieme mi ha dato tanto. In Olanda ho avuto modo di affrontare ventagli, capire come si corre in gruppo tra i professionisti, risparmiare energie, limare e ho visto da dentro le volate. Essere al Giro Next Gen sarebbe stato un senso di appartenenza, come per un francese fare il Tour, ma le gare di spessore under 23 non mi mancano. 

Le hai viste le tappe del Giro?

Tutte! Ogni volta che c’era una volata in casa calava il silenzio totale e mi immergevo nello schermo. Ho visto i ragazzi della Soudal QuickStep Devo lavorare molto bene per Magnier. Anche Teutenberg è andato forte, anche se forse mi sarei aspettato qualcosina in più. Degli italiani mi è piaciuto Conforti, si è difeso molto bene. 

Quale volata ti sarebbe piaciuto vincere?

Da velocista direi tutte, senza ombra di dubbio. Forse le più interessanti, per percorso e dinamiche, sono state quella di Saint-Vincent e di Borgomanero. 

Cosa te n’è parso della maglia rosa Widar?

Non ho mai avuto modo di correrci contro, viste le grandi differenze di fisico abbiamo calendari tanto lontani. Però non mi aspettavo potesse andare così forte, sapevo delle sue qualità ma da quelle a vincere il Giro ce ne passa. Il nome che avevo evidenziato era Nordhagen ma si è ritirato per motivi di salute. 

Il clima all’interno della Wanty-Circus è sereno e rilassato, quello giusto per lavorare
Il clima all’interno della Wanty-Circus è sereno e rilassato, quello giusto per lavorare
Tutti giovanissimi, di primo anno. 

Esatto! De Schuyteneer, Widar, Torres, Nordhagen… Questi 2005 stanno facendo dei numeri pazzeschi, hanno fisico e vanno forte. Fa strano dirlo perché hanno un anno in meno di me, ma 20 anni sei quasi vecchio. Poi molti hanno già un contratto nel WorldTour.

E per te che si dice?

Nulla di scritto o di detto. L’unica cosa che si sa è che a dicembre mi scade il contratto. Ma con la squadra sta andando bene, parleremo sicuramente. 

Saresti disposto a fare un terzo anno nel devo team?

Onestamente sì. Da noi alla Wanty-ReUz il terzo anno si corre per il 60 per cento con i professionisti e per il restante 40 con gli under 23. Se dovessi ritenere di aver bisogno di fare un altro anno a imparare e correre in questa categoria lo farei volentieri. I primi anni vanno forte e passano, ma al Giro Next Gen il mio compagno che ha vinto, Artz, è ultimo anno. Anche Teutenberg è 2002 e avete visto che numeri ha fatto in primavera. Solo in Italia se sei al quarto anno tra gli under 23 ti dicono di andare a lavorare, all’estero pensano che sei pronto, maturo. 

Delle Vedove non esclude di correre un altro anno tra gli under 23 nel 2025
Delle Vedove non esclude di correre un altro anno tra gli under 23 nel 2025
Non senti pressioni?

Nessuna, chiaramente se sei al quarto anno e ancora non hai accordi magari sei più timoroso. Però la squadra non mette nessuna pressione o fretta, anzi. Quando al Bretagne stavo male mi hanno detto di fermarmi completamente, di riposarmi, andare al mare, non pensare alle corse per una settimana. Mi sono ripreso, sono tornato e alla Omloop Het Nieuwsblad ho fatto ottavo. Ti danno tutto per fare bene, poi però vogliono vedere risultati e impegno, come giusto che sia.