Grand Depart in Italia: bellezza, campioni e progetti

14.02.2023
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Firenze-Rimini, Cesenatico-Bologna, Piacenza-Torino. Gino Bartali, Marco Pantani e Fausto Coppi. Lungo queste strade si passa davanti casa di tanti altri campioni. Vedi Gastone Nencini (anche lui vincitore di un Tour), di Vittorio Adorni, di Giovanni Valetti e persino di quella eroina che fu Alfonsina Strada.

Il Tour de France in Italia non sarà un evento fine a se stesso. E’ un classico esempio della forza promotrice del ciclismo. Di questo sport che passa sotto casa, che ti porta a scoprire posti unici e al tempo stesso li mostra al mondo intero e, soprattutto in questo caso, che lascia qualcosa sul territorio.

Da sinistra: Ricca, Nardella, Prudhomme e Bonaccini firmano l’accordo per il Grand Depart 2024
Da sinistra: Ricca, Nardella, Prudhomme e Bonaccini firmano l’accordo per il Grand Depart 2024

Percorso non casuale

C’è una frase di Christian Prudhomme che ci ha colpito. «Nell’era delle tappe più corte, non abbiamo inserito una frazione di 225 chilometri a caso. Lo abbiamo fatto perché ne valeva la pena. E lo stesso per le altre tappe, entrambe sui 200 chilometri». Il direttore del Tour si riferiva alla Piacenza-Torino e anche alla prima frazione del Grand Depart 2024.

Voleva dire che il ciclismo è bellezza. E’ il filo che unisce le perle, che dà loro un’identità, una storia. Prudhomme, nel suo viaggio in Italia per sancire ufficialmente l’accordo del Tour con le nostre terre, è rimasto ammaliato dalla bellezza che offre il nostro Paese.

Più volte in conferenza stampa ha allargato le braccia con senso di stupore per lo sfarzo di Palazzo Farnese. «In Italia ne avete tantissima di bellezza, di cultura. E mi chiedo come il Tour non sia partito prima da qui».

Ha parlato di Firenze. Delle colline che introducono a Torino o della storia della via Emilia. Prudhomme voleva unire i puntini con le sue tappe. E per farlo non ha badato troppo ai chilometraggi. Ma ha invece insistito su storia, geografia, bellezza, campioni.

Che occasione

«La nostra città – ha detto il sindaco di Firenze, Dario Nardella – ha investito 6 milioni di euro, ma  stimiamo che ci sia un ritorno dieci volte superiore. Per l’evento del prossimo anno ci saranno 400 nuovi posti di lavoro e una parte di questi sarà permanente.

«Quando si è presentata questa opportunità, con il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, abbiamo subito stabilito una grande collaborazione per realizzare il progetto. Avremmo i riflettori del mondo su di noi. Sul nostro ciclismo».

E su questo “nostro ciclismo” vogliamo ragionare. Perché se l’indotto e il ritorno sono pazzeschi, cosa può restare sul territorio? Cosa si può offrire? L’occasione è ghiotta – 1,2 miliardi di persone per tre giorni ammireranno le nostre terre – ma come si può sfruttarla nel concreto?

Il museo di Bartali a Ponte a Ema sarà coinvolto nella partenza della prima frazione
Il museo di Bartali a Ponte a Ema sarà coinvolto nella partenza della prima frazione

La forza del bike tourism

Nardella, Bonaccini e anche l’assessore allo sport del Piemonte, Fabrizio Ricca, stanno lavorando ad eventi di avvicinamento al Grand Depart. Ad uno sviluppo dell’offerta turistica legata alla bike economy, allo sviluppo di una rete ciclabile migliore in città e anche fuori. Dagli hotel della riviera romagnola, alle stradine del Chianti a quelle delle Langhe. Scoprire la “Regione orizzontale”, così Bonaccini ha ribattezzato la “sua” Emilia-Romagna, con le facili pedalate lungo le stradine di campagna della Via Emilia, che guarda caso parte da Rimini e finisce a Piacenza.

E di fruizione concreta ha parlato Prudhomme stesso. Nonostante sia il direttore della corsa più importante del mondo, il francese ha insistito molto sul ciclismo amatoriale sportivo e su quello per tutti nel quotidiano. Anche se lui fa leva su una cultura un po’ diversa.

Il suo concetto è: “Chi è a bordo strada a guardare il Tour, è la stessa persona che in qualche modo è incentivata ad usare la bici per viaggiare, fare sport ma anche per andare a lavoro o a comprare il pane”. Il che è anche giusto, ma non di facile applicazione da noi. Forse questo ragionamento va bene per alcune zone dell’Emilia Romagna.

«Il bike tourism, ma in generale il turismo legato allo sport – ha detto Bonaccini – è il secondo motivo di turismo che c’è. Gli eventi sono importanti (viene in mente la Nove Colli in primis, ndr), ma anche l’offerta permanente è importante. E non è un caso che da noi il responsabile del turismo sia uno sportivo come Davide Cassani».

Sulle strade dei campioni. Fra Castellania e Tortona ogni curva è buona per ricordare Fausto Coppi
Sulle strade dei campioni. Fra Castellania e Tortona ogni curva è buona per ricordare Fausto Coppi

Bellezza da toccare

Prima abbiamo parlato di storia, geografia, bellezza. Spesso, ma tanto spesso, in Italia le prime due parole si trasformano nella terza. Ed è stato soprattutto Prudhomme, “lo straniero”, ad esaltare la bellezza. La bellezza dell’Italia. E della storia del ciclismo.

«In questi giorni in Italia – ha detto il patron del Tour – sono rimasto colpito dal Museo di Gino Bartali. Chi era il corridore, chi era l’uomo. Gino il pio. Gino il Giusto. I campioni sono coloro che fanno sognare… Anche oltre i decenni, che portano i bambini in sella. Passiamo a Tortona, regno di Fausto Coppi. Andiamo a casa di Marco Pantani.

«Tutto ciò non è un patrimonio da tenere vivo per commemorare qualcuno o qualcosa. E’ un patrimonio di cui noi abbiamo la fortuna di beneficiare». Il paradigma francese in tal senso è spettacolare…

Quando il Giro passò sul Barbotto nel 2010 ci fu un vero assalto del pubblico per ammirare i campioni. Qui la rampa finale al 18%
Quando il Giro passò sul Barbotto nel 2010 ci fu un vero assalto del pubblico per ammirare i campioni. Qui la rampa finale al 18%

Al lavoro…

Le parole di Prudhomme hanno un riscontro reale. Già solo nella prima tappa, tra l’altro più che dura con i suoi circa 4.000 metri di dislivello, si scala la “Cotes de Barbotto”. Ogni granfondista italiano conosce questo passaggio mitico e miticizzato della Nove Colli. Prudhomme sapeva benissimo, per esempio, del San Luca a Bologna, classico finale del Giro dell’Emilia. E’ quel patrimonio ciclistico-culturale su cui si farà leva.

La chiave è proprio questa: far diventare le strade italiane del Tour eventi e simboli. «Quello è il Barbotto, vado in Romagna per scoprirlo, scalarlo». Che sia in e-Bike o per confrontare i propri tempi su Strava con quelli dei campioni… Ognuno sceglie il suo ciclismo, ma resta il fatto che si passa di lì. Si ammira il luogo. Si mangia una piadina, si dorme in un agriturismo o in un hotel della costa adriatica.

Tornando al tema del far diventare un simbolo certi passaggi e le strade del Tour, stando a quanto detto da Nardella, Bonaccini e Ricca, non ci stupiremmo se queste tre tappe diventassero dei percorsi permanenti, con una segnaletica a loro dedicata.