Paolo Slongo risponde da casa. Il suo impiego in questa fase dell’anno è blando. Alla Lidl-Trek infatti ha solo corridori da seguire e la sua occupazione principale è allenare Elisa Longo Borghini. I frutti si sono visti, il Giro d’Italia è solo l’ultimo in ordine cronologico. Quello che però ha colpito è stato il passaggio a vuoto di Elisa alle Olimpiadi. Nel volgere di un giro del circuito di Montmartre, la piemontese è passata dallo sferrare un attacco allo spegnersi di colpo. Che cosa è successo?
Di ipotesi ne abbiamo fatte tante. La prima è la possibilità che la “Longo” fosse obiettivamente stanca, dopo un Giro che l’ha impegnata fino all’ultimo chilometro dell’ultimo giorno. La seconda, che si somma alla prima, è che l’intervallo troppo lungo tra fine Giro e la gara olimpica non sia stato utile per il mantenimento della condizione. La terza, croce del ciclismo femminile di questi tempi, è che come tutte le atlete di valore, anche Longo Borghini è chiamata da anni a fare gli straordinari. E così dopo le classiche è venuta la Vuelta, poi il Giro di Svizzera, il Giro d’Italia, quindi le Olimpiadi e adesso il Tour, poi Plouay infine i mondiali.
Slongo ha il polso diretto della situazione e a sua volta gestì l’avvicinamento perfetto di Nibali alle Olimpiadi di Rio. Il siciliano arrivò fortissimo, ancorché sfortunato, dopo aver vinto il Giro e avero corso un Tour da comprimario. Proviamo pertanto a entrare con Paolo nella pianificazione della stagione di una top rider come Elisa Longo Borghini. Perché lei è fortissima e sorride, ma il serbatoio rischia ugualmente di svuotarsi.
Caro Paolo, è possibile che il Giro sia costato ad Elisa più di quanto si potesse prevedere?
Sicuramente il Giro d’Italia è costato e la cronometro che ha fatto all’Olimpiade va analizzata su due binari. Il primo binario è che a livello prestativo, per i wattaggi che ha espresso, è stata in linea con quelli della crono vinta al Giro d’Italia, ma li ha tenuti più a lungo, viste le diverse distanze. E poi però c’è il binario legato al percorso. I tanti cambi di direzione e le cadute di altre atlete hanno fatto sì che facesse le curve molto piano. Di conseguenza, oltre alla curva, c’erano da fare tutti i rilanci. Quindi probabilmente la prestazione in termini di wattaggio non si è tradotta nel tempo che ci aspettavamo.
Mentre su strada?
Alla strada è arrivata un po’ tirata. Non stanchissima, però comunque aveva lavorato anche i giorni prima a Parigi e c’era un po’ di caldo. Quindi è arrivata alla gara senza la sicurezza che ha di solito. Però comunque la corsa si era impostata bene, probabilmente là c’è stato un problema.
Di che tipo?
A mio avviso, anche avendone parlato con lei dopo la gara, può esserci stato un problema di alimentazione. Nel senso che anche non essendo al 100 per cento, Elisa non si può staccare a quel modo. Le si è proprio spenta la luce, come ha detto anche lei. Era caldo e so che gli organizzatori avevano previsto solo pochi punti per il rifornimento. Quindi probabilmente per una somma di fattori, le cose sono andate così.
Secondo te non c’è troppo lavoro nei programmi di Elisa? Giro, Olimpiadi, Tour…
In realtà, già parlando con la squadra durante l’inverno, al Tour si andrà per dare una mano. L’appuntamento di Elisa era il Giro, in Francia semmai punterà a qualche tappa che le si addice. Poi vedranno i direttori che sono là. Sicuramente sarà un una cosa strana per lei, che io ho vissuto già con Nibali.
In che senso?
L’atleta che è abituato ad essere sempre davanti, fa fatica a mollare o gli sembra brutto. Però il punto di partenza è quello di non fare classifica. Dopo il Tour andrà a Plouay (25 agosto) e poi avrà un grosso periodo di stacco che la porterà al mondiale (28 settembre). Con l’idea di arrivarci senza correre.
C’era il sentore dopo il Giro che ne fosse uscita più provata di altre volte?
E’ normale che quando fai classifica sia così. Però quello che è successo a Parigi non dipende da affaticamento, quanto dalla chiusura del… rubinetto del glicogeno. Era comunque difficile andare a medaglia, però Elisa sarebbe stata comunque protagonista sino in fondo.
Perché si cade in simili errori?
Per un insieme di cose. Come dicevo, c’erano pochi punti dove gli organizzatori lasciavano la disponibilità di fare il fornimento. Tra questi, c’era lo scollinamento delle salite, dove andavano a tutta e non prendevano da mangiare. Erano dei posti obbligati e questo ha fatto sì che a mio avviso Elisa non sia riuscita ad alimentarsi e bere come doveva.
Hai fatto il paragone con Vincenzo e ci sta: col fatto che vanno forte dappertutto, certi atleti sono condannati a essere sempre sulla corda.
Quest’anno Elisa ha vinto il suo primo Giro e prima aveva vinto il Fiandre. E’ l’italiana di riferimento quindi tutti si aspettano qualcosa e questa cosa ce l’hanno in comune. Però non è sempre possibile, non puoi sempre accontentare tutti. Non puoi esserci sempre, bisogna fare delle scelte come abbiamo iniziato a fare. Con Vincenzo dichiaravi che a certe gare non facevi classifica o non saresti stato competitivo, per esserlo poi in quelle cui puntavi.
Ecco il punto. Nell’anno di Rio, anche se poi cadde, Nibali andò al Tour e non fece classifica. Elisa invece ha fatto il Giro lottando fino all’ultimo giorno.
E ha tenuto la maglia dal primo all’ultimo giorno. E’ stata una corsa usurante, ma la condizione successiva non era male, però non era neanche quella del Giro. E’ sempre una transizione, la gestione del recupero e il ritorno alla condizione.
Sapendo che c’erano le Olimpiadi, non poteva essere il caso di non lottare per il Giro e puntare invece sul Tour?
E’ una domanda un po’ strana da fare ora… Diciamo che il Giro era un obiettivo che interessava alla squadra, ma anche a Elisa. Era una cosa dichiarata, anche se non si può mai sapere come vanno le cose. Lo stesso discorso vale per Evenepoel. Ha fatto il Tour e ha vinto l’Olimpiade, quindi non è una regola fissa che nel Grande Giro prima della gara importante non si debba tenere duro. Si individua un periodo e cerchi di andare forte in quel periodo. Arrivi al top per il Giro e cerchi di andare forte anche dopo due settimane alle Olimpiadi. Non è facile, molto meno che parlarne dopo.
Hai parlato di Evenepoel, la differenza è che il Tour è finito una settimana prima delle Olimpiadi. Sarebbe cambiato qualcosa per Elisa, che invece ha avuto due settimane dopo il Giro?
Sì, sicuro. Dopo un Grande Giro la condizione ce l’hai e se resti concentrato, più vicina e meglio è. Remco è stato avvantaggiato sotto questo aspetto.
Lefevere ha detto che al team cambia poco che Evenepoel vinca le Olimpiadi, alla Lidl-Trek cambiava qualcosa che Longo Borghini vincesse?
Diciamo che il Giro era un obiettivo della squadra e di Elisa. Le Olimpiadi sono più dell’atleta e della nazionale, sapendo che non è matematico andarci e vincere. Perciò quello che puoi fare è individuare un periodo in cui trovare e tenere la forma e poi prendo quello che viene. Visto il percorso di Parigi, Elisa sarebbe arrivata in finale con le prime. E a quel punto, scappata la Faulkner, sarebbe arrivata quinta. Alle Olimpiadi fra quinta e nona cambia poco o niente. E’ stato strano vederla spegnersi di colpo a quel modo, ma non perché non ne avesse più, ma solo perché ha avuto una crisi di zuccheri. Tant’è vero che poco prima aveva provato anche ad attaccare. Fino a un certo punto stava bene, poi, come succede, finisci il carburante. Quello buono, il glicogeno, gli zuccheri, i carboidrati.
Come si recupera freschezza dopo il Tour andando verso il mondiale?
Sicuramente farà una settimana di stacco mentale e dalla bici. Poi secondo me non perdi tutto quello che avevi prima e gradualmente ritorni al tuo livello. Dovrebbe andare ad Andorra a fare un richiamo di lavoro in altura e arrivare al mondiale senza gare. Tante volte se cambi l’altura, è anche stimolante. Non fai le stesse strade, gli stessi percorsi. Lei è stata tante volte a Sestriere, più di una volta al San Pellegrino e siamo stati una volta sul Teide. Credo che dopo un così lungo periodo di recupero, a Zurigo saremo di nuovo competitivi.