EMBRUN (Francia) – Guillestre, paesino con il campanile e il castello nel Parco Naturale del Queyras, sarà teatro dello sprint a punti della tappa di oggi. Passaggio previsto fra le 12,56 e le 12,58. Girmay potrebbe chiuderla o essere costretto a rimandare al giorno dopo. Non è un paese a caso, bensì quello da cui parte la scalata del Vars. I velocisti, soprattutto Girmay e Philipsen, avranno 21,1 chilometri per scaldare la gamba e sprintare per i 20 punti che vanno al primo, i 17 del secondo, i 15 del terzo e poi giù a scendere. Ad ora il distacco è di 34 punti, con 60 ancora a disposizione.
La differenza potrebbero farla certo la volata, ma anche la fatica dopo le salite che si stanno accumulando. Nella volata intermedia di mercoledì a Veynes, il corridore eritreo della Intermarché-Wanty ha dimostrato di aver ben recuperato dalla caduta, piegando il rivale nello sprint per il quinto e sesto posto, dato che davanti viaggiava la fuga. Ieri anche peggio da loro punto di vista, dato che la fuga di giornata ha spazzolato ogni punto residuo sulla strada. E così oggi, nella tappa che gli scalatori rispettano e i velocisti temono, dopo 21,1 chilometri ci sarà una volata di tutto rispetto.
Girmay è caduto martedì in una rotonda prima del traguardo di NimesIl traguardo a punti della 19ª tappa si trova a Guillestre, al chilometro 21,1 di garaGirmay è caduto martedì in una rotonda prima del traguardo di NimesIl traguardo a punti della 19ª tappa si trova a Guillestre, al chilometro 21,1 di gara
La caduta di Girmay
Girmay è caduto martedì, prima del traguardo di Nimes che rappresentava l’ultima occasione per i velocisti. Con lui sono rimasti indietro quasi tutti i più forti, così che Philipsen ha avuto gioco anche più facile nel vincere la sua terza tappa di questo Tour. L’eritreo della Intermarché-Wanty ha riportato contusioni alla spalla, al gomito e al ginocchio, ma non ci sono state fratture. Nonostante i cerotti, quando mercoledì si è trattato di sprintare sulla riga di Veynes ha superato piuttosto agevolmente il belga che la verde la vinse lo scorso anno.
«Quando sono caduto – ha raccontato Girmay – ho detto alla squadra: “Non è un problema, mi sento davvero forte mentalmente e fisicamente”. Sono andato dal dottore dopo la corsa per escludere che ci fosse qualcosa di peggio. Sono felice di aver potuto dimostrare che sono ancora in questa lotta fino a Nizza».
Jasper Philipsen ha già avuto modo di vincere tre tappe come Girmay e la verde nel 2023Jasper Philipsen ha già avuto modo di vincere tre tappe come Girmay e la verde nel 2023
Philipsen non si ritira
Il messaggio chiaramente era destinato anche a Philipsen, di cui Girmay è diventato ormai l’ombra. Davanti a una tattica così cauta e attenta, anche il tecnico della Alpecin-Deceuninck ha voluto dire la sua.
«E’ più facile difendere questa maglia che andare a prenderla», ha ammesso Philip Roodhooft, allenatore dell’Alpecin-Deceuninck. «Ma se si guarda lo sprint di mercoledì, non credo che Jasper abbia intenzione di ritirarsi».
Il ritiro è un’opzione che qualsiasi velocista inizia a valutare quando alla fine del Grande Giro non c’è una volata bensì una crono. Parlando di velocisti in buona forma, quello che potrebbe incidere potrebbe essere qualche intoppo, derivante magari da recupero precario o dallo stato di salute.
Biniam Girmay occupa la testa della classifica a punti. Ha vinto anche lui tre tappeBiniam Girmay occupa la testa della classifica a punti. Ha vinto anche lui tre tappe
Asmara in delirio
E’ innegabile che in ogni tappa Girmay venga ripreso nei pressi dell’auto del medico e che dopo l’arrivo di ieri abbia eseguito degli allungamenti del braccio destro. Ma qui entrano in ballo altri fattori.
«Il ritiro è da escludere – dice però lui – da quando mio padre mi ha detto che la folla era in delirio ad Asmara. Non c’era nessuno per le strade dalle 14 in avanti, perché stavano guardando la tappa».
Non si molla niente. Non ci meraviglieremmo di vedere le loro squadre già scaldarsi sui rulli. In una giornata così severa, con il Vars, la Bonette e l’arrivo a Isola 2000, l’idea di partire tutti in fila potrebbe non rendere entusiasti anche gli uomini di classifica.
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BARCELONETTE (Francia) – Dice Campenaerts che per vincere questa tappa al Tour è stato per nove settimane a Sierra Nevada. Per quattro, ci sono stati anche i suoi compagni di squadra, poi loro se ne sono andati e lui è rimasto. Il primo ad arrivare, l’ultimo ad andarsene. La famiglia è stata con lui a lungo, come lo hanno seguito nella settimana centrale del Tour, piuttosto vicina al Belgio. Hanno passato del tempo insieme. Dice che gli piacerebbe stare a casa con loro, ma se prevalesse questo sentimento, allora non potrebbe fare il Tour de France.
Dice Campenaerts di aver cerchiato questa tappa da dicembre, quando gli hanno detto che la Lotto Dstny sarebbe venuta in Francia con De Lie. Arnaud è un grande velocista, ma che lui per vincere avrebbe avuto bisogno di una tappa come questa. E infatti l’ha vinta, come vinse quella di Gorizia al Giro 2021, chiudendo idealmente la porta su ciò che di interlocutorio c’è stato in questa corsa così bella.
Victor Campenaerts batte in volata Vercher e Kwiatkowski: soprattutto quest’ultimo un bell’osso duroCampenaerts ha raccontato che la sua Orbea è su misura per avere meno rigidità verticale a favore della schienaNove settimane di altura per una tappa cerchiata di rosso da dicembre: un bello shock emotivo, no?Campenaerts ha 32 anni, è alto 1,73 e pesa 68 chili. Dopo la tappa al Giro 2021, ecco una vittoria al TourVictor Campenaerts batte in volata Vercher e Kwiatkowski: soprattutto quest’ultimo un bell’osso duroCampenaerts ha raccontato che la sua Orbea è su misura per avere meno rigidità verticale a favore della schienaNove settimane di altura per una tappa cerchiata di rosso da dicembre: un bello shock emotivo, no?Campenaerts ha 32 anni, è alto 1,73 e pesa 68 chili. Dopo la tappa al Giro 2021, ecco una vittoria al Tour
A casa di Remco
Domani infatti cominciano i tre giorni che decideranno il Tour de France. Si potrebbe dire che tutto sia ormai definito, ma le due tappe di montagna e poi la crono finale sono così cattive che la minima flessione potrebbe costare parecchio. Pogacar ha appena sottolineato l’importanza di conoscere le strade e ha escluso ogni alleanza con Evenepoel, perché saranno tappe che richiederanno più forza che tatticismi. Eppure il belga è l’oggetto misterioso. Non perché possa vincerlo, ma perché il passare dei giorni ha visto anche il crescere della sua fiducia.
Il suo Tour è una sorpresa e una conferma, questo dice Tom Steels, direttore sportivo della Soudal-Quick Step con 9 tappe vinte al Tour e 2 Gand-Wevelgem. Lui lo ha visto nascere, crescere e diventare corridore e sul suo Tour si è fatto un’idea. Parliamo all’ombra del pullman, l’asfalto si squaglia sotto i piedi.
«Siamo venuti qui con l’ambizione di arrivare tra i primi cinque – dice – e poi, passo dopo passo, di avvicinarci al podio. Abbiamo vinto la crono. Ora però ci sono ancora tre giorni duri, sarà molto difficile. Spero che riusciremo a difendere la posizione, ma possiamo essere fiduciosi. Remco ha comunque recuperato molto bene. Salire sul podio a Nizza va bene, se viene fuori qualcos’altro, ci proveremo».
Tom Steels, classe 1971, è diesse alla Soudal-Quick Step dal 2011Tom Steels, classe 1971, è diesse alla Soudal-Quick Step dal 2011
Anche gli altri soffrono
In quell’attaccare sconclusionato di Pogacar nella tappa di ieri, l’allungo di Evenepoel nel finale è stato un punto di svolta. Di quelli che cambiano una carriera. Non tanto per il vantaggio, ma per averlo pensato e portato a termine.
«E’ stato importante – conferma Steels – è decisivo per lui sentire che è fisicamente è ancora vicino a Vingegaard e Pogacar. Deve rendersi conto che soffrono anche gli altri, anche se Pogacar adesso vola. Mentalmente è molto importante sentire di poter fare qualcosa. Vedremo come andrà domani, ma almeno sa di essere vicino al loro livello. Non sappiamo quale squadra scandirà il ritmo sulla Bonette o come sarà fatta la discesa. Poi Isola 2000 sarà difficile da affrontare. In ogni caso, Remco ha confermato che il Tour è il suo ambiente naturale. Non sente la pressione della gara e del fuori gara. Si comporta come quando non è al Tour e vi garantisco che qui c’è tanta pressione. Lui invece continua come al solito. Sono molto sorpreso dal percorso dalla prima tappa fino ad oggi, da come affronta la corsa. Questa per me è la vera sorpresa».
Sui rulli dopo l’arrivo con il suo giubbino del ghiaccio: Evenepoel è atteso a tre giorni molto importantiSui rulli dopo l’arrivo con il suo giubbino del ghiaccio: Evenepoel è atteso a tre giorni molto importanti
Parla l’allenatore
Certe cose non riescono se non si hanno grandi gambe. E la sensazione è che il ragazzino belga in maglia bianca stia crescendo. Forse è funzionale al fatto che poi ci saranno le Olimpiadi o forse si potrà davvero parlare di lui come di un corridore per corse a tappe. Koen Pelgrim che lo allena sembra ottimista circa la sua tenuta.
«Non mi aspettavo di trovarmi così a tre tappe dalla fine – dice – ma lo speravo. Sapevamo che se Remco fosse arrivato nella forma migliore, avrebbe potuto competere con i primi cinque. Penso che ogni giorno sia stato importante e lui è sempre stato stabile fin dai primi giorni in Italia, poi sul Galibier, gli sterrati e la crono. Non c’è stata una tappa in particolare: sta crescendo passo dopo passo. Sapevamo dalla Vuelta vinta che se avesse fatto un buon Tour, allora nell’ultima settimana avrebbe potuto recuperare il terreno perso e questo sta accadendo. Le due corse non sono paragonabili, troppe differenze di temperature, alture, distanze. Ma la sua costanza resta interessante da osservare, in una corsa che non ha avuto un solo giorno privo di agonismo. Stiamo traendo le indicazioni su cui ragionare e poi lavorare».
Koen Pelgrim con Van Wilder al suo arrivo al pullman: il racconto della tappa e delle sensazioniKoen Pelgrim con Van Wilder al suo arrivo al pullman: il racconto della tappa e delle sensazioni
Due anni da colmare
All’arrivo di ogni corridore al pullman, Koen si ferma a parlare e ne chiede i feedback immediati. Landa è stanco, ma sembra stare bene. Van Wilder ha fastidio a un ginocchio. Moscon, arrivato per primo, sta alla grande. Forse nel valutare questa corsa, si dovrebbe considerare che Evenepoel ha due anni meno di Pogacar e quattro meno di Vingegaard.
«Il fatto di migliorare – spiega l’allenatore – è legato al crescere. Non penso che il cambio di ritmo sia il vero punto debole, soprattutto osservando le tappe qui. Il divario da Pogacar è dovuto al fatto che Tadej al momento è un corridore migliore, soffre di meno e quindi ha più margine per l’accelerazione. In più è un corridore esplosivo per natura. Quindi, se ha ancora molta riserva, la sua accelerazione è davvero impressionante. Penso sia solo un fatto di maturare e far crescere il motore. E se ci riusciamo, anche le accelerazioni saranno più facili da gestire. Forse domani sarà la chiave del suo Tour, con la Bonette così lunga il grande caldo. Guai però sottavalutare il giorno successivo. La tappa è più corta, il dislivello è maggiore. E poi c’è la crono. Sono tre giorni, ma saranno lunghissimi…».
GAP (Francia) – Che cosa passa nella testa e nel cuore dei corridori della Astana Qazaqstan Team ora che Cavendish ha stabilito il suo record e non restano che montagne e montagne, da masticare piano perché non facciano male e non rimangano sullo stomaco? Attorno al pullman alla partenza c’è un bel movimento di tifosi, ma niente in paragone alla bolgia di casa UAE Emirates e delle francesi. Gabriele Tosello e Federico Borselli chiacchierano in attesa che la corsa cominci. Il mattino è lungo e noi ne approfittiamo per fare due chiacchiere con Davide Ballerini. Subito dopo l’annuncio dell’ingresso del gruppo cinese XDS nella squadra, è arrivato quello del rinnovo contrattuale per il corridore lombardo.
«Sono contento – dice – è un grande progetto e la squadra punta tanto su di me, soprattutto per le classiche. Perciò ho deciso di accettare il loro progetto. Praticamente non riesco a correre al Nord da un anno e mezzo, ho qualche conto aperto lassù».
Il 3 luglio si è fatta la storia. Cavendish ha vinto la 53ª tappa al Tour: battuto il record di MerckxIl 3 luglio si è fatta la storia. Cavendish ha vinto la 53ª tappa al Tour: battuto il record di Merckx
Come è stato vincere la tappa con Cavendish?
Ci voleva. Ci voleva per noi, ci voleva per lui. Purtroppo non è stato facile nelle volate successive senza Morkov, però abbiamo cercato di fare il possibile. Ovviamente il Tour non è ancora finito, ma occasioni per velocisti non ci sono più e noi cercheremo sempre di dare il massimo, come abbiamo sempre fatto.
Com’è stato il giorno della vittoria?
Fantastico! Come tutti sanno, ho ricevuto anche la multa, ma ne è valsa la pena. Di sicuro sono ricordi che porterò nel cuore. Siamo riusciti a scrivere un pezzo di storia del ciclismo e sono contento di averne fatto parte. Andiamo avanti così!
Racconta quel momento davanti al maxi schermo…
L’ho visto e ho pensato che fosse il posto giusto per vedere come andava a finire. Mark ha vinto, io ho festeggiato. Sono ripartito e ho alzato anche un braccio. E’ stato fantastico, è come se avesse vinto io. Non sembra, ma c’era tanta pressione da parte dei giornalisti, da tutti quanti. Tutti sapevano di questo record, anche Mark si metteva pressione.
Nella tappa di ieri, sul Col du Noyer, Ballerini ha avuto anche il tempo per guardarsi intornoNella tappa di ieri, sul Col du Noyer, Ballerini ha avuto anche il tempo per guardarsi intorno
La multa scoccia?
Mi è sembrato molto strano, anche perché non penso di essere stato un pericolo per nessuno. Prima di tutto ho controllato dieci volte prima di fermarmi e poi abbiamo visto che non sono stato l’unico. Se non sbaglio anche un altro corridore si è fermato con me a vederla. E poi nella cronometro hanno dato la multa a Julian Bernard che ha rallentato per baciare la moglie. E’ un po’ strana come cosa, anche perché sono dei momenti indimenticabili, soprattutto per me e magari per lo stesso Bernard. E’ un po’ difficile da accettare, ma ce ne faremo una ragione e credo che anche questa multa resterà nella storia. Sono stati 200 franchi, ma non è per l’importo in sé, quanto perché la scalano dai premi per la squadra e il personale.
Tanta gioia per la vittoria, eppure il primo giorno quasi non si arrivava a Rimini…
Eh sì, è stata dura, ma siamo riusciti a farcela. Se però posso dire, la tappa più dura è stata quella a Plateau de Beille domenica scorsa.
Quanto è duro per un velocista un Tour che non finisce a Parigi?
Non è una cosa facile. La volata di Parigi è qualcosa di fantastico per un velocista, quindi è sempre la spinta in più per cercare di finire il Tour. Ma penso che quest’anno Mark non mollerà. E’ l’ultimo Tour, quindi penso che sia convinto al 110 per cento di arrivare a Nizza, di riuscire a concluderlo. E noi lo aiuteremo come l’abbiamo aiutato fino ad oggi.
Ballerini ha visto Cavendish nervoso fino alla vittoria, poi Mark ha un po’ “mollato”Ballerini ha visto Cavendish nervoso fino alla vittoria, poi Mark ha un po’ “mollato”
Come sono queste giornate di montagna?
Non le ho ancora guardate, le affronto giorno per giorno. Di sicuro non sono facili. Noi abbiamo la fortuna di avere un grande staff che studia sempre tutte le tappe e ci dà delle tabelle di watt da rispettare. Grazie a questo riusciamo ad arrivare al pelo. Ovviamente ci deve andare anche di fortuna, perché bisogna essere sempre competitivi. Alla fine se non ti ricordi di alimentarti bene magari, perché si tira o per altri motivi, sei nei guai. La benzina non può finire, quindi non si sa mai. C’è sempre un punto di domanda, ma noi sappiamo che se rispettiamo le nostre tabelle, i watt, le nostre cose e i nostri tempi, riusciamo ad arrivare e mal che vada cerchiamo sempre qualche modo per starci dentro.
Come è stato vivere Cavendish al Tour?
L’ho visto molto stressato all’inizio, questo è poco ma sicuro. Dopo la vittoria un po’ più rilassato. Mi dispiace che non ci siamo riusciti a trovarci nelle volate successive alla sua vittoria, anche perché secondo me la gamba ce l’ha. E’ in ottima forma, è magro e convinto. Quindi c’è un po’ di rammarico appunto perché nell’ultima volata lo abbiamo perso, non siamo riusciti a fare una volata come volevamo. Però capita, nel ciclismo non è sempre rose e fiori.
Le occasioni per Ballerini erano tutte nella prima settimana, ma la gamba non era al meglioLe occasioni per Ballerini erano tutte nella prima settimana, ma la gamba non era al meglio
Rammarico di non aver fatto qualche tappa per Ballero?
A dir la verità, le tappe per me c’erano pure: il problema è che non c’erano le mie gambe. Ovviamente ho faticato moltissimo, il primo weekend è stato veramente fuori dal normale. Non mi riconoscevo, però purtroppo bisogna soffrire, soffrire e soffrire ancora. E dopo magicamente mi sono ripreso, però non ho più trovato tappe adatte. Il percorso non si può cambiare e purtroppo, se non hai la gamba giusta nelle giornate giuste, non ci puoi fare nulla. Io ho provato di tutto, ma è andata così.
La stagione di Alessio Martinelli ad oggi, 17 luglio giorno in cui stiamo scrivendo questo articolo, conta solamente 12 giorni di gara. Ha iniziato a marzo con la Milano-Torino, prima di fermarsi al termine del Giro d’Abruzzo il 12 aprile. Da lì un’assenza dai tabellini delle gare, anzi ci sarebbe un DNS al Tour of the Alps. Un periodo lungo che ci ha spinti a chiederci quale sia stato il problema che ha tenuto Martinelli lontano dalle corse per tutto questo tempo.
«Ce ne fosse stata solamente una di sfortuna – spiega il giovane della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè – deve essere l’anno bisestile. Nel 2020 sono caduto e ho subito una frattura facciale con tanto di cicatrici e operazione. Questa stagione, invece, le disavventure sono iniziate a novembre con un problema al ginocchio che mi ha costretto a fermarmi fino a gennaio. Ho potuto fare solamente fisioterapia e palestra, camminate ed esercizi a secco. Si trattava di una sindrome femororotulea dovuta al modello di sella utilizzato. Una volta scoperto il problema ho fatto dei test ho cambiato modello, rimanendo sempre in casa Selle SMP».
Nonostante i problemi al ginocchio Martinelli era riuscito a ripartire a gennaio per allenarsiNonostante i problemi al ginocchio Martinelli era riuscito a ripartire a gennaio per allenarsi
Una sfortuna dietro l’altra
Fin qui i problemi per Martinelli sono stati fastidiosi ma sembrano ancora gestibili. Vero che ha perso tutto il periodo della preparazione invernale, ma una casa può essere costruita in qualsiasi momento, serve il tempo giusto.
«Sono tornato in bici il 20 gennaio – racconta – e da lì ho affrontato le prime gare della mia stagione, con l’esordio alla Milano-Torino e poi alla Sanremo. La condizione non era al massimo, visto che ho avuto modo di lavorare seriamente per un solo mese. Ma la fiducia c’era, d’altronde non avevo più dolori al ginocchio. Tornare a correre era l’obiettivo per aumentare la condizione e lanciarmi comunque verso il Giro d’Italia, che avrei dovuto e voluto correre. Alla Coppi e Bartali erano anche arrivate delle buone risposte, con un nono posto nella tappa finale. Non un risultato eccezionale ma la fiducia cresceva».
Alla Settimana Coppi e Bartali le prime sensazioni positive in vista di una ripresaAlla Settimana Coppi e Bartali le prime sensazioni positive in vista di una ripresa
Ad attenderti ci sarebbe stato un aprile intenso, fino alla partenza del Giro.
Esatto. Avevamo già deciso, insieme alla squadra, dei blocchi di allenamento con il Giro d’Abruzzo e il Tour of the Alps in preparazione alla Corsa Rosa. Finite quelle gare sarei andato sull’Etna insieme ai miei compagni.
Invece al Tour of the Alps non sei nemmeno partito…
E’ arrivato un altro problema a guastare il tutto. Sedendomi sulla sella nuova mi si erano formate delle cisti che si erano poi ingrossate. Questo già al Giro d’Abruzzo, che ho fatto fatica a finire, ma ho stretto i denti sperando mi passassero. Invece alla vigilia del Tour of the Alps il problema persisteva e in accordo con il dottor Giorgi, medico del team, mi sono fermato.
Ma dietro l’angolo si nascondeva il problema al soprasella che lo ha fermato in primaveraMa dietro l’angolo si nascondeva il problema al soprasella che lo ha fermato in primavera
Che hai fatto?
Sono andati a farmi vedere da uno specialista, il dottor Antonino Cassisi, lo stesso che ha operato Masnada e Ciccone. Abbiamo provato con una cura antibiotica ma le cisti erano troppo grosse per essere curate in quel modo. Siamo ricorsi all’operazione, il 24 aprile, e sono stato fermo ancora un mese e mezzo. Il periodo di convalescenza è stato lungo perché il taglio dell’operazione era grande 15 centimetri, sono serviti 25 punti di sutura per chiuderlo.
Poi a inizio giugno sei tornato in sella ancora…
Sì, ho cambiato definitivamente modello, passando alla TT3 di Selle SMP, quella da cronometro. Il dottor Cassisi mi ha tenuto sotto controllo e a metà giugno era tutto ok. Sarei dovuto andare a correre in Cina al Tour of Qinghai Lake, ma il martedì prima di partire ho avuto una brutta caduta in allenamento a causa di un pedone che ha attraversato fuori dalle strisce.
Il rientro definitivo al Giro dell’Appennino il 14 luglio con il modello nuovo di Selle SMP: la TT3Il rientro definitivo al Giro dell’Appennino il 14 luglio con il modello nuovo di Selle SMP: la TT3
Altro infortunio?
Questa volta per fortuna no. Ho temuto per il peggio, perché nei giorni successivi all’incidente avevo un gran dolore al femore. Pensavo di essermelo rotto. Ma si sono confermate essere delle forti contusioni senza conseguenze. Però la trasferta in Cina è saltata.
Sei tornato a correre al Giro dell’Appennino, domenica 14 luglio. Com’è andata?
Bene per quello che era il mio livello di condizione è andato al meglio. Non ero alla ricerca del risultato ma i valori espressi e il feeling con la bici erano buoni. Il Giro dell’Appennino è una gara con tante salite, ben cinque. Mi sono staccato sulla penultima ascesa, poi sono andato al traguardo tranquillo. Era importante finire la gara e mettere chilometri nelle gambe.
Quanto erano buoni i valori espressi?
Sono lontano rispetto a quelli fatti registrare lo scorso anno. Nel 2023 su una salita da 45 minuti salivo a 350 watt e non ero a tutta. All’Appennino ho fatto gli stessi watt ma su salite di 20 minuti e con più fatica addosso. Ma è un primo passo del cammino, voglio tornare ad essere competitivo per settembre e ottobre. Poi, nel 2025, vorrei essere alla partenza del Giro d’Italia.
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Che il Giro d’Italia Women regalasse spettacolo ed incertezza fino agli ultimissimi metri di gara forse non era stato preventivato da nessuno. Che potesse invece fornire utili indicazioni in vista delle Olimpiadi era piuttosto assodato da tempo. Ed in questo senso cosa si è segnato il cittì Paolo Sangalli sul suo taccuino?
A parte qualche assenza dovuta a diverse scelte di programmazione, al Giro Women erano presenti tante ragazze che saranno protagoniste a Parigi. Dalle atlete che si sobbarcheranno il lavoro oscuro alle cosiddette seconde linee – quanto meno per ciò che riguarda il borsino delle favorite – fino alle big che puntano dritto alle medaglie. Il primo appuntamento a cinque cerchi sarà la crono del 27 luglio poi si farà rotta verso la prova in linea del 4 agosto, dove c’è condensata la maggior parte dell’attesa. Prima di allora le azzurre di Sangalli – Balsamo, Cecchini, Longo Borghini e Persico – svolgeranno un raduno in altura per rifinire condizione e tattiche, seppur con qualche differenza. Andiamo a scoprire quindi quali sono gli ultimi appunti del cittì (in apertura con Balsamo, foto Il Ciclista Fotografo).
Dopo il testa a testa al Giro Women, anche a Parigi si rinnoverà la sfida Longo Borghini-Kopecky?Dopo il testa a testa al Giro Women, anche a Parigi si rinnoverà la sfida Longo Borghini-Kopecky?
Paolo, partiamo naturalmente da Longo Borghini, splendida vincitrice del Giro Women.
Elisa l’avevo vista in grande forma durante il ritiro sul Passo San Pellegrino, dove avevamo sviluppato un bel blocco di lavoro con tutte le altre ragazze. Devo dire che non mi ha sorpreso la sua vittoria al Giro, o meglio, è andata oltre le mie previsioni. Ad esempio non ha avuto quel famoso giorno di crisi che aveva sempre avuto gli altri anni. La sua prestazione complessiva mi ha trasmesso tanta tranquillità. E so che porterà questa condizione fino a Parigi.
Lei farà anche la prova contro il tempo olimpica. Seguirà un programma diverso?
Sì, Elisa salirà a Parigi col gruppo crono il 23 luglio, mentre noi della strada andremo a Soraga in Val di Fassa dal 25 al 30 luglio assieme alla nazionale maschile di Bennati, per poi partire in aereo per la Francia il giorno successivo. Già nella crono di Brescia al Giro Women, Elisa è andata molto forte. Una prova solida. E per quella olimpica sono molto fiducioso. Il podio è ampiamente alla sua portata. Anzi, ritengo che sia un bene che corra la crono, così avrà già scaldato il motore.
La cronometro olimpica si correrà sabato 27 luglio alle 14:30. Sangalli è fiducioso in una prova da medaglia da parte di Longo BorghiniAlle 14 del 4 agosto ci sarà la prova in linea. Distanza importante con un dislivello contenuto: sarà una gara di difficile interpretazioneLa cronometro olimpica si correrà sabato 27 luglio alle 14:30. Sangalli è fiducioso in una prova da medaglia da parte di Longo BorghiniAlle 14 del 4 agosto ci sarà la prova in linea. Distanza importante con un dislivello contenuto: sarà una gara di difficile interpretazione
Cosa possiamo dire delle altre azzurre?
Balsamo non è stata fortunata, ma non sono preoccupato. Ha preso la tonsillite e avevo messo in preventivo che potessero saltare fuori questi virus visto il grande caldo e i relativi sbalzi termici per raffreddarsi. Elisa ha fatto solo quattro tappe, nelle quali ha lavorato bene. Sono molto contento per il suo terzo posto di Volta Mantovana perché si è buttata nuovamente in volata, in un finale tutt’altro che semplice e con avversarie di altissimo livello. Arriverà pronta anche lei per Parigi.
Da Cecchini e Persico ti aspettavi qualcosa in particolare?
Hanno avuto compiti diversi al Giro Women, facendo tuttavia ciò che avevo chiesto. Elena si è confermata la “solita” atleta fidata che dà garanzie ed equilibrio. Ha lavorato tantissimo per Kopecky sia in volata che negli ultimi due giorni, che erano durissimi. Ha dimostrato di stare bene. Silvia invece è partita con l’obiettivo Parigi in testa, forse più delle altre. Ha lavorato su sforzi da 5/6 minuti come troverà sul percorso olimpico. Aveva messo nel mirino alcune tappe, ma ha dovuto giustamente adattarsi alle tattiche della sua formazione. A Chieti poteva fare qualcosa in più, ma aveva Magnaldi in fuga e non si è mossa. E’ comunque uscita in crescita dal Giro.
Cecchini al Giro Women ha lavorato molto per Kopecky dimostrando una buona condizione. A Parigi avrà un ruolo da registaPersico ha corso il Giro Women in funzione di Parigi, testandosi nelle tappe più indicate a lei Cecchini al Giro Women ha lavorato molto per Kopecky dimostrando una buona condizione. A Parigi avrà un ruolo da registaPersico ha corso il Giro Women in funzione di Parigi, testandosi nelle tappe più indicate a lei
L’hai nominata prima. La Kopecky vista al Giro Women sarà l’avversaria numero uno oppure pensi che abbia consumato troppo?
Magari fosse solo lei quella da tenere d’occhio (sorride, ndr). Kopecky era partita per puntare alle tappe e rifinire la condizione. Si è trovata poi a giocarsi la generale e sappiamo che atleta sia quando è in lizza per una vittoria, specie se di quella portata. Non ha recuperato dallo sforzo del Blockhaus e all’ultima tappa ha pagato, anche se per me Elisa avrebbe vinto ugualmente perché era più forte. In ogni caso Kopecky sarà la principale nemica per le Olimpiadi.
Chi saranno le altre rivali per l’Italia?
Beh, prima facevo riferimento a chi non abbiamo visto al Giro Women, ovvero Vollering, Vos e Wiebes. Quest’ultima sta correndo al Baloise Tour (fino al 21 luglio, vincendo ieri il prologo d’apertura, ndr) e vedremo come sta. Prevedo una sfida a tre tra noi, Olanda e Kopecky, perché penso proprio che il Belgio sarà tutto per lei. Poi bisognerà fare attenzione alle outsider, ammesso che si possano definire così…
A chi fai riferimento?
Ci sono tanti nomi da tenere sotto osservazione. Niewiadoma non va mai sottovalutata perché lei c’è sempre. Però attenzione a quelle che hanno finito il Giro Women in crescendo. Grace Brown ha fatto una grande crono a Brescia (seconda per un solo secondo dietro Longo Borghini, ndr) e ci ha provato in diverse occasioni. Ludwig è stata protagonista nelle frazioni mosse e nella generale. Lippert ha vinto la tappa di Chieti, la più lunga del Giro, e mi è piaciuta tantissimo. Mi limito a loro, ma lista può essere più lunga.
Wiebes sarà una delle punte dell’Olanda al pari di Vollering e Vos. Per Sangalli sono loro e Kopecky le avversarie principaliTra i tanti nomi da tenere sott’occhio, Sangalli ha inserito anche la tedesca Lippert, vincitrice della tappa di Chieti al Giro WomenLa danese Ludwig è sempre imprevedibile nelle gare di un giorno. E’ uscita in crescendo dalla Corsa RosaWiebes sarà una delle punte dell’Olanda al pari di Vollering e Vos. Per Sangalli sono loro e Kopecky le avversarie principaliTra i tanti nomi da tenere sott’occhio, Sangalli ha inserito anche la tedesca Lippert, vincitrice della tappa di Chieti al Giro WomenLa danese Ludwig è sempre imprevedibile nelle gare di un giorno. E’ uscita in crescendo dalla Corsa Rosa
In sostanza che gara si aspetta il cittì Paolo Sangalli?
Sicuramente sarà dura, fin dai primi chilometri. Il 2 agosto faremo una ricognizione collettiva sul circuito di Parigi quasi chiuso al traffico, anche se lo conosciamo bene perché ci eravamo stati nei mesi scorsi. E’ una gara che si presta a tante soluzioni, tipo il mondiale di Wollongong nel 2022. Difficile dire se si arriverà con un gruppetto di venti atlete o in solitaria, una ad una. Dall’ultimo scollinamento di Montmartre al traguardo ci sono ancora nove chilometri e quindi il tempo di recuperare. Di sicuro sarà un finale imprevedibile, soprattutto dal punto di vista mentale. Però io sotto quell’aspetto sono sereno. So di essere ben coperto dalle mie ragazze, pronte ad ogni evenienza.
BERGAMO – Oggi chiamatela pure Marlen “Rosa” Reusser. La 31enne svizzera della Movistar domina la crono d’apertura del Giro d’Italia Women rifilando 12” a Kopecky, 16” a Longo Borghini e […]
SAINT PAUL TROIS CHATEAUX (Francia) – Dove sia finito Luca Mozzato se lo chiedono un po’ tutti. Il vicentino della Arkea-B&B in effetti sta correndo un Tour nell’ombra. In realtà era prevedibile che fosse così, dovendo lavorare per Demare. Ma quando sei al via con soli otto italiani, ti piacerebbe che ogni tanto alzassero la mano. Ma non è sempre così. Mozzato sta lavorando per il suo capitano e per un obiettivo superiore: le Olimpiadi. Lo stesso, con le debite proporzioni, sta facendo Mathieu Van der Poel. Anche lui tira per un compagno velocista: la differenza è che Philipsen vince, Demare non più.
In ogni caso quando sei al Tour, il modo migliore per sapere dove sia Luca Mozzato è andare a cercarlo. E nessun momento è migliore del tempo tra la firma di partenza e il via effettivo della tappa. Perciò ieri lo abbiamo trascinato giù dal pullman per farci raccontare il suo momento e quello che verrà (in apertura, Mozzato è con Davide Ballerini).
Con Bennati nelle tappe italiane del Tour: Mozzato si sente di frequente con il cittìCon Bennati nelle tappe italiane del Tour: Mozzato si sente di frequente con il cittì
Vai alle Olimpiadi. E’ il sogno di ogni sportivo di qualunque disciplina: che effetto fa?
Sicuramente penso sia una delle convocazioni più importanti che uno sportivo possa ricevere. Rappresentare il proprio Paese alle Olimpiadi sarà sicuramente un onore. E’ una cosa cui mi fermo a pensare ogni giorno, anche se comunque siamo lontani dall’appuntamento. E’ un’occasione che arriva una volta ogni quattro anni, io sono stato fortunato che il percorso si adatti a me. Ho fatto una bella prima parte di stagione e quindi insomma vado all’Olimpiadi con l’idea di far bene.
Come hai reagito quando Bennati te l’ha detto?
Diciamo che forse a inizio stagione era un sogno. Un po’ ci pensavo, soprattutto per come è fatto il percorso. Comunque di corridori ce ne sono tanti, per cui era qualcosa di lontano. Poi le classiche sono andate bene, tanto bene. E lì è cominciato a diventare una cosa un po’ più reale. Ho cominciato a respirare la sensazione che ci potesse essere effettivamente una possibilità per andare. Le cose si facevano sempre più serie e quando Bennati mi ha detto che mi avrebbe portato, è stata una gioia incredibile.
Il Tour potrebbe essere la miglior preparazione, non a caso Van Der Poel è qua e nessuno l’ha visto, ad eccezione di due volate e una fuga…
Secondo me nella scelta ha giocato un po’ anche il fatto che venissi qua. La gamba che ti dà una corsa di tre settimane a queste velocità, a questi ritmi, penso che nessuna preparazione sia in grado di poterla eguagliare. L’idea, soprattutto quando la squadra mi ha detto che venivo qua con l’unico obiettivo di essere in appoggio ad Arnaud, era quella di essere utile alla squadra e di costruire la condizione. Poi è ovvio che non si parta al Tour con l’idea di preparare un’altra corsa, perché ovviamente il Tour è il Tour. Però c’è sempre un occhio di riguardo a quello che viene dopo. Si cerca di non sprecare troppo e la cosa più importante, adesso che le tappe adatte a me sono finite, è quella di uscire bene. Quindi non troppo stanco e magari in crescita.
La tappa degli sterrati a Troyes è stata l’occasione per fuorigiri importantiLa tappa degli sterrati a Troyes è stata l’occasione per fuorigiri importanti
Come dire che in questi giorni sulle Alpi si andrà avanti guardando il contagiri?
Già in un’edizione… normale del Tour si è sempre a centellinarle le forze, perché comunque è lungo e duro e quest’anno ancora di più. Quindi se si può andare un minuto o due minuti più piano per salvare qualche forza, lo si fa volentieri.
Finisce il Tour e poi cosa farai?
Sicuramente ci sarà un po’ di recupero, perché comunque per quanto tranquillo si possa prendere, il Tour è sempre duro. Poi a seconda delle sensazioni, si comincerà un po’ a lavorare. Penso qualche lungo, un po’ di intensità, soprattutto perché uscendo da una corsa così dura, non servirà arrivare troppo “riposati”. Avendo l’abitudine a stare ogni giorno con la fatica nelle gambe, c’è il rischio che magari arrivare troppo rilassati sia controproducente. E poi che dire? E poi si andrà a Parigi…
Sabato la tragedia. Chris Anker Sorensen investito da un'auto mentre era in bici. Ai mondiali lo ricordano i danesi e tutti quelli che gli hanno voluto bene
SUPERDEVOLUY (Francia) – E’ un sogno che si realizza, ma Carapaz è troppo stanco per mettersi a saltare. Il sole a piombo disegna ombre profonde sul suo volto sfinito, solo i denti bianchi brillano più degli occhialoni specchiati. Il venezuelano ha vinto la sua prima tappa al Tour, dopo essere stato il primo ecuadoregno a indossarne la maglia gialla. E forse per averci parlato del tutto casualmente stamattina prima del via, capiamo che in quella voglia di arrivare e vincere c’è anche altro.
La bici dorata da campione olimpico ha fatto ottimamente la sua parte, quasi alla fine di un viaggio durato un anno meno di tutti gli altri, dato che Il Covid s’è mangiato un anno e da Tokyo è passato appena un triennio.
«Ci riprovo – le sue parole alla partenza – penso che manchi una settimana molto dura. Spero che la classifica si sia assestata, così arriveranno anche le fughe di giornata. La verità è che sto bene, sto ritrovando buone sensazioni. Spero di continuare questa crescita e di riuscire a trovare qualcosa qui al Tour. Ormai mi sono fatto una ragione del fatto che non mi porteranno alle Olimpiadi, è un problema che ho già affrontato. Penso di avere davanti ancora una bella stagione. La Vuelta e persino il campionato del mondo, che sarà una bella conclusione della stagione».
Finalmente per Carapaz dopo la maglia gialla, arriva anche la vittoria di tappa al TourCarapaz ha raccontato che la vittoria di tappa fosse il suo obiettivo dall’inizio, dato che la classifica è… chiusaQuesto è il momento in cui Carapaz stacca Yates che si era mosso per primoFinalmente per Carapaz dopo la maglia gialla, arriva anche la vittoria di tappa al TourCarapaz ha raccontato che la vittoria di tappa fosse il suo obiettivo dall’inizio, dato che la classifica è… chiusaQuesto è il momento in cui Carapaz stacca Yates che si era mosso per primo
Una vittoria per sempre
Meno di cinque ore dopo, la sua missione si è compiuta e a giudicare da come la racconta, potrebbe non essere ancora del tutto completa. La linea di arrivo è un ribollire di massaggiatori, perché il caldo si è fatto sentire e i corridori arrivano stremati. Le ultime due salite piene di gente hanno offerto uno scenario pazzesco e persino educato, per quello che si è potuto vedere dal nostro punto di osservazione.
«Questa vittoria significa tutto! Ho cercato di ottenerla dall’inizio del Tour – racconta – quello era l’obiettivo. Sono riuscito a ottenere questo risultato che ricorderò per sempre, ho sfruttato al meglio il momento. Conoscevo bene la salita finale avendola studiata con il mio direttore sportivo. Avevo vinto tappe al Giro e alla Vuelta, ma il Tour de France è la corsa con tutti i migliori corridori del mondo. Ogni squadra arriva con il suo miglior assetto e la squadra migliore. Il Tour è la gara più bella. Sono felice anche per tutte le persone che mi seguono, sono orgoglioso di essere qui e rappresentare tutta l’America nel miglior modo possibile».
Pogacar si volta, dietro c’è Evenepoel: Vingegaard è in difficoltà, l’attacco proseguePogacar si volta, dietro c’è Evenepoel: Vingegaard è in difficoltà, l’attacco prosegue
L’istinto stupido
Mentre davanti la fuga dei 48 si andava scremando e da dietro prima Simon Yates e Poi Carapaz rientravano sui primi e li saltavano, nel gruppo della maglia gialla quel diavoletto di Pogacar si è accorto che Vingegaard non avesse esattamente una bella cera. E così, prendendo bene la rincorsa sul Col du Noyer, ha attaccato e l’ha messo sulle ginocchia. Il senno di poi dirà che non è servito a molto, dato che i distacchi sul traguardo sono stati contenuti.
«E’ stata una giornata molto bella – dice Pogacar nella zona mista – c’è stata una partenza veloce, come se nei primi 125 chilometri fossimo in una gara juniores. Forse per questo prima dell’ultima salita c’è stata un po’ di fatica e ne ho approfittato. Non so se tanto attaccare faccia parte del mio dna, potrebbe essere. Non so davvero perché ho provato. Ho seguito l’istinto, ma è stato un istinto stupido. Ho tolto due secondi a Jonas e ne sono felice. Invece Remco è stato bravissimo. Ha fatto un ottimo attacco nel finale. La Visma ha lavorato molto bene come squadra. Se Jonas non avesse più uomini davanti, penso che io e Remco potremmo mettergli più pressione e il risultato sarebbe stato diverso».
Evenepoel ha attaccato per la prima volta in questo Tour: un bel segno della condizione che cresceEvenepoel ha attaccato per la prima volta in questo Tour: un bel segno della condizione che cresce
Remco cresce
Vedere Vingegaard in difficoltà ha dato infatti morale a Evenepoel. Il belga ha prima risposto a Pogacar. Assieme a Vingegaard e a Laporte lo hanno raggiunto in discesa. E quando poi si sono ritrovati sugli ultimi chilometri verso Superdevoluy, la maglia bianca ha attaccato in prima persona. Vingegaard ci ha provato, ma quando alla fine gli è andato via anche Pogacar, ha capito che le stagioni non sono tutte uguali. Alla fine Evenepoel ha guadagnato 10 secondi su Pogacar, che ne ha guadagnati due su Vingegaard. Non è tanto per il margine in sé, ma quello che significa alla vigilia di altre tre giornate sulle montagne.
«Mi sentivo ancora bene – dice Evenepoel – e avevo ancora Jan Hirt davanti. A un certo punto mi hanno gridato all’orecchio che avrei potuto attaccare se il ritmo fosse sceso ai piedi dell’ultima salita. E’ quello che ho fatto. Forse avrei dovuto essere più aggressivo, ma per me è tutto nuovo. Non oso ancora dare il massimo su un arrivo in salita di quattro chilometri. Jan è stato fortissimo, mi ha lasciato all’ultimo chilometro come gli avevo chiesto. Poi io ho fatto un altro chilometro a tutta. Alla fine la differenza con Pogacar e Vingegaard è di pochi secondi. Ma con gli uomini dietro di me in classifica oggi è stata di oltre due minuti. Mi aspettavo che Pogacar rispondesse, ma forse visto che ho 5 minuti di ritardo ha preferito far lavorare la Visma. Non so se ci riproverò, vorrei rispettare il nostro piano che prevede podio e una tappa. Forse ne vincerò un’altra, ma tutto ciò che di nuovo potrò sperimentare è un vantaggio. Perciò resto concentrato sul terzo posto e poi si vedrà. Jonas ha vinto due Tour, non credo sia semplice riprendergli due minuti».
Vingegaard si è difeso bene, tenendo testa a Pogacar e onorando il TourVingegaard si è difeso bene, tenendo testa a Pogacar e onorando il Tour
Onore a Vingegaard
A questo punto forse si impone una riflessione. La presenza di Vingegaard al Tour è un miracolo. Visto l’incidente di aprile non avrebbe mai potuto recuperare il suo livello migliore. Ma siccome da più parti lo si ritiene una sorta di robot e la sua squadra capace di tirare fuori l’acqua dal sale, erano tutti convinti che sarebbe venuto e sarebbe stato tutto come al solito. Così non è. E se l’anno scorso si è accettato lo scafoide di Pogacar come causa nel ritardo di condizione, davanti a questo ragazzo danese tutto pelle, grinta, ossa e muscoli, bisogna solo togliersi il cappello.
«Alla partenza avevo immaginato una tappa conservativa – dice Vingegaard – ma a un certo punto ho visto che la Trek attaccava e ho pensato che sarebbe stato possibile che partisse Tadej. E in quell’istante lui ha attaccato. Ogni volta che qualcun altro rende la corsa difficile, allora devi aspettarti che se ne andrà. Poi Remco ha attaccato e Tadej si è messo alla mia ruota. Pensavo che l’avrei ripreso, ma avevo già chiesto tanto ai miei compagni di squadra, che oggi devo ringraziare molto. Laporte è stato davvero prezioso. Sulla mia condizione, cosa dire? Mi sento ancora come se stessi migliorando e oggi forse non è stato il mio giorno migliore. In un Grande Giro può capitare di avere una brutta giornata e se questa è la mia brutta giornata, allora sono felice».
Avrebbe potuto fregarsene e puntare tutto sulla Vuelta. E’ qui a rendere più grande la vittoria di Pogacar. Già solo per questo Jonas Vingegaard merita che gli si faccia un applauso.
La Groupama-FDJ arriva al Tour senza un leader al centro di tutto, ma con tanti attaccanti. E fra loro a sorpresa spunta Lenny Martinez. Cosa è successo?
Con la chiusura del Giro d’Italia Women, e la conseguente vittoria di Elisa Longo Borghini su Lotte Kopecky, si apre il sipario verso la prova su strada di Parigi. Le due, che sulle strade del Giro si sono date battaglia fino all’ultimo giorno e hanno terminato la prova a 21 secondi di distanza, saranno anche tra le protagoniste della prova olimpica. Al fianco di Elisa Longo Borghini ci sarà Elena Cecchini, che Sangalli ha nominato come regista in corsa. L’atleta friulana ha corso accanto a Lotte Kopecky questo Giro d’Italia Women, ma tra pochi giorni la belga diventerà avversaria. Mentre Elisa Longo Borghini sarà una delle punte del team azzurro.
«In SD Worx – dice scherzando – ce n’è più di una. Oltre a Kopecky ci sarà anche la Vollering, ad esempio. E’ strano perché ci corri insieme tutto l’anno, ma quando indosso la maglia azzurra esiste solo quella. Rappresentare il proprio Paese alle Olimpiadi è un’occasione unica e immensa».
Dopo un Giro d’Italia accanto a Kopecky ora Cecchini sarà al fianco della Longo Borghini a ParigiDopo un Giro d’Italia accanto a Kopecky ora Cecchini sarà al fianco della Longo Borghini a Parigi
La condizione
Per Elena Cecchini questo Giro d’Italia è la seconda corsa a tappe in quest’ultima parte di stagione. Prima lei e le compagne del team azzurro sono state in ritiro sul San Pellegrino a lavorare per arrivare pronte e in condizione in vista di Parigi.
«La prima metà di stagione – racconta ancora – si è chiusa con la Vuelta, poi ho riposato e ricaricato le batterie. Proprio in quel periodo di stacco, inizio maggio, siamo andate a vedere il percorso della prova olimpica con Sangalli. E’ stato un ritiro, se così vogliamo definirlo, molto utile, perché pedalare su quelle strade ti dà una sensazione migliore. Sai come allenarti e cosa aspettarti il giorno della gara».
Elisa Longo Borghini e Lotte Kopecky saranno anche le protagoniste della corsa olimpica?Elisa Longo Borghini e Lotte Kopecky saranno anche le protagoniste della corsa olimpica?
Hai messo nelle gambe tanti chilometri.
Sì, con Guazzini siamo andate in ritiro, meteo a parte (dice ancora ridendo, ndr) ci siamo allenate bene. Il rientro in corsa è stato al Tour of Britain, insomma il periodo di allenamento e di preparazione è stato intenso.
Al termine del quale è arrivata la convocazione olimpica.
Fa sempre piacere e per me era anche un obiettivo di stagione. Sono molto felice di esserci e di avere al mio fianco queste tre compagne (Persico, Balsamo e Longo Borghini, ndr). Penso che potremo fare molto bene in qualsiasi modo si svolgerà poi la gara.
E cosa ci possiamo aspettare dalla gara olimpica?
Penso che la riunione pre gara, quella della sera prima, possa durare anche tre ore. E’ un percorso bellissimo e apertissimo a tutte le possibilità. Ho fatto anche Rio nel 2016 ma lì sapevo che sarebbe stata una questione tra scalatrici. A Parigi potranno giocarsela le ragazze che fanno bene alle Ardenne, oppure se la gara verrà meno dura, ci saranno davanti le atlete votate alle Classiche.
Le ragazze di Sangalli sono andate a vedere il percorso di Parigi a maggioLe ragazze di Sangalli sono andate a vedere il percorso di Parigi a maggio
Con un parterre ridotto, anzi ridottissimo.
Partiremo in 65, di cui 50 potranno tranquillamente puntare al podio. Dal mio punto di vista sono super motivata, perché penso verrà fuori una corsa molto tattica. Con un finale da brividi visto che si passa accanto al Musée d’Orsay e alla Torre Eiffel.
Percorso diviso in due parti?
Praticamente sì. All’inizio ci sarà il tratto che porta fino al circuito di Parigi. Dicono che sia pianeggiante ma non è così, scaleremo diverse cote e non sarà facile. La parte più semplice dal punto di vista altimetrico non aveva nemmeno un albero intorno, se sarà una giornata calda il rischio è di soffrirla parecchio.
Cecchini al centro con a sinistra Silvia Persico loro dovranno coprire le fughe iniziali (foto Maurizio Borserini)Cecchini al centro con a sinistra Silvia Persico loro dovranno coprire le fughe iniziali (foto Maurizio Borserini)
Poi si arriva al circuito.
Che non sarà come quello del mondiale di Glasgow dello scorso anno, ma molto diverso. Meno curve però esigente con la salita di Montmartre in pavé. Uno sforzo da due minuti, quindi da atlete da Classiche.
Difficile controllare la corsa però, anche se voi sarete nel numero massimo consentito: quattro.
Infatti non puoi sapere cosa verrà fuori nel circuito finale. Ci saranno poche nazioni con una leader unica, una sarà il Belgio. L’Olanda non sapremo se avrà una capitana designata. Noi dovremo prendere vantaggio da queste situazioni e comportarci da squadra, come al solito.
La vittoria di Anna Kiesenhofer a Tokyo 2020 ha aperto le porte alle attaccanti, che saranno agguerritissimeLa vittoria di Anna Kiesenhofer a Tokyo 2020 ha aperto le porte alle attaccanti, che saranno agguerritissime
Nella prima parte di gara pensi potrà andare via un gruppo numeroso?
Penso proprio di sì, soprattutto dopo Tokyo. La vittoria della Kiesenhofer ha dato speranza a tante. Di contro direi che molte squadre alzeranno l’attenzione e controlleranno bene la gara. Nazioni come Danimarca o Australia, che non hanno nulla da perdere, attaccheranno fin da subito. Starà a noi, Persico e me, entrare nelle fughe e non collaborare se c’è un gruppo che non va bene. Rincorrere porterebbe a dimezzare la squadra e non è detto che si riesca a chiudere. Quindi bisogna anticipare le mosse.
Tu e Persico in anticipo, la Balsamo che ruolo potrà avere?
L’infortunio che ha avuto le ha condizionato l’approccio a questa parte di stagione. Ma il pronto recupero e la convocazione da parte di Sangalli sono dati significativi. Lei sarà quella che dovrà tenere duro, in teoria correre accanto alla Wiebes. Se arriveremo in volata giocheremo tutto su di lei.
Anche se l’appuntamento olimpico bussa alle porte, per i tecnici azzurri della pista c’è anche tanto altro da affrontare. Nella scorsa settimana ad esempio ci sono stati i campionati europei per juniores e under 23, in quella Cottbus che nel secolo scorso era uno dei centri principali dello sport della Germania Est. L’Italia con le sue 20 medaglie complessive di cui 7 d’oro ha colto il terzo posto nel medagliere, alle spalle di britannici e padroni di casa tedeschi, confermando che dietro le punte presenti a Parigi c’è un intero movimento ricco di ricambi. E che va a pescare anche in territori da troppo tempo inesplorati come la velocità.
Ivan Quaranta ha portato a casa, nello specifico settore, titoli e medaglie, ma soprattutto tante indicazioni. Eppure si sente dalla voce che le pur grandi soddisfazioni hanno solo lenito il rammarico per non aver portato il suo giovanissimo gruppo a Parigi.
Il team della velocità con Quaranta e il presidente Fci Dagnoni. Un oro pesante il primo giorno (foto Uec)Quaranta fra Napolitano e Minuta, nuove entrate nella squadra della velocità U23 (foto Uec)
«Quando ho intrapreso quest’avventura, dopo aver visionato i test dei ragazzi dissi che volevo qualificarli per i Giochi e mi presero per pazzo – racconta il tecnico cremasco – La realtà è che abbiamo sfiorato la qualificazione continuando sempre a crescere, dimostrando che la mia idea non era balzana. Abbiamo una nazionale fortissima, a livello Under 23 ormai non abbiamo avversari e questo l’ho sottolineato ai ragazzi dopo la vittoria nel team sprint: bravi, ma siamo sempre a livello di categoria, gli Elite vanno più forte e lo sanno, sono loro che dovranno battere. E ci riusciranno…».
Lo scorso anno erano arrivato 4 titoli, questa volta oltre a quello del team sprint c’è stato quello di Predomo nel keirin: sei soddisfatto?
Sì perché la nostra squadra di velocità è cambiata per metà. Intanto abbiamo ora Moro e Bianchi che sono Elite, poi abbiamo perso Tugnolo che ha scelto di concentrarsi sul ciclismo su strada, ma intanto sono cresciuti Napolitano e Minuta. La squadra c’è e sta migliorando. Tra l’altro abbiamo vinto su una pista ben diversa da quelle canoniche, un velodromo di 333 metri in cemento, il che significa che nel team sprint c’era un chilometro da fare per l’ultimo componente. Farlo senza riferimenti assoluti non è cosa di tutti i giorni.
Lo sprint vincente di Predomo ai danni del tedesco Hackmann: l’oro nel keirin è suo (foto Uec)Lo sprint vincente di Predomo ai danni del tedesco Hackmann: l’oro nel keirin è suo (foto Uec)
Da parte sua Predomo continua a faticare nella velocità individuale…
Paga il suo essere un peso leggero che costa tantissimo nella prova di qualificazione, i 200 metri lanciati, dove rispetto a chi può lanciare dalla sommità della curva 90 e passa chili ha un gap non di poco conto. Poi nella batteria può giocarsela, ma chiaramente gli abbinamenti lo penalizzano. Dobbiamo lavorarci, trovare il giusto compromesso perché nella sfida a tu per tu la sua agilità è un punto a favore.
Dietro questa squadra, ora che i migliori juniores dello scorso anno sono passati, che cosa c’è dietro?
Tanto lavoro da fare, soprattutto cercando nelle categorie più piccole, gli esordienti e gli allievi. Il problema è che tanti ragazzini poi si lasciano abbagliare dalle vittorie su strada e decidono di non provarci più. E’ un prezzo che paghiamo alla nostra cultura, difficile da sradicare. Avevo commissionato al centro studi un lavoro statistico sui migliori giovani velocisti degli ultimi 12 anni, quasi tutti si sono ritirati, non hanno proseguito neanche su strada, vittime delle prime delusioni. La generazione dei Predomo, Bianchi, Minuta è la prima che vuole insistere e spero che dietro ne arrivino tanti altri seguendo un po’ quel che sta succedendo fra le donne.
Siria Trevisan, terza nei 500 metri da fermo, un nuovo talento sul quale lavorare (foto Fci)Siria Trevisan, terza nei 500 metri da fermo, un nuovo talento sul quale lavorare (foto Fci)
Qui infatti si sono registrate delle novità…
Abbiamo vinto il bronzo nel team sprint juniores con Trevisan, Bianchi e Centi e la stessa Trevisan ha chiuso terza nei 500 metri da fermo. La cosa particolare è che sono ragazze al primo anno di categoria che vogliono investire su questa disciplina e che anzi mi hanno contattato loro per entrare nel gruppo. E’ chiaro che sono solo agli inizi, ma il fatto che siano le ragazze stesse a volerci provare, a chiedermi di farlo è un segno positivo e devo dire che lavorare insieme a Miriam Vece, sapendo che andrà alle Olimpiadi è un forte richiamo, perché sanno che potranno farlo anche loro un giorno, se ci credono e lavorano. Si sta innestando un circolo virtuoso, fra le donne come in campo maschile.
Appena tornato dalla Germania hai subito ripreso il lavoro a Montichiari con lo staff di Villa: che atmosfera hai trovato?
Delle migliori, l’approccio ideale verso i Giochi, con i ragazzi concentrati ma allo stesso tempo allegri, scherzosi. Sanno che non sarà per nulla facile rifare quanto avvenuto a Tokyo, ma le possibilità ci sono e questa volta anche per le donne. Io sono convinto che le medaglie sono alla portata, poi è la gara che decide tutto. Le ragazze soprattutto ci stupiranno: sappiamo tutti quel che hanno passato, in particolare la Balsamo, ma posso assicurare che in questi ultimi giorni sta lavorando a livelli superiori a quelli che ci aspettavamo. Villa intanto ha dato a tutti i propri ruoli in base alle caratteristiche, anche per le altre gare e tutte hanno accettato di buon grado le scelte.
Il velodromo di Cottbus è stato invaso di gente nei 6 giorni di gara (foto Uec)Il velodromo di Cottbus è stato invaso di gente nei 6 giorni di gara (foto Uec)
E per la Vece?
Molto dipenderà dal tempo che farà nei 200 metri lanciati, ma io credo che nella velocità potrà entrare nelle prime 10, poi bisognerà vedere che abbinamenti troverà. Per il keirin sono molto ottimista, nelle sue corde c’è la possibilità di entrare in finale, lo ha già fatto due volte in Coppa del Mondo. Io sono fiducioso, anche perché quando sei in finale tutto è possibile, la storia delle Olimpiadi è piena di esiti contro ogni previsione…
Ivan Quaranta, iridato juniores della velocità, chiamato a curare le discipline veloci della pista: compito non facile, ma stimolante. Ecco le sue idee