Soudal senza Landa, cosa inventerà Bramati?

10.05.2025
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TIRANA (Albania) – Prima di venire alla crono, Bramati è andato all’ospedale per capire come stesse Landa, caduto ieri a 5 chilometri dall’arrivo. Purtroppo non gli è stato possibile vedere il corridore basco, perché l’accesso è stato permesso soltanto al medico, ma le sue rassicurazioni sono bastate per venire in corsa facendosi una ragione della cattiva sorte.

Mikel è caduto in una curva a sinistra (in apertura foto Getty Images), vedendo svanire i suoi sogni sul Giro. La diagnosi parla di frattura di una vertebra, per la quale lo spagnolo dovrà restare fermo per 4 settimane e poi iniziare la rieducazione. Quando raggiungiamo Bramati, sta raccontando l’incidente a Ivan Gotti, Ermanno Brignoli e Giovanni Bettineschi, tre bergamaschi venuti in Albania un po’ per vedere il Giro e un po’ per andare al mare. Il primo, vincitore di due Giri d’Italia. Il secondo, compagno di Pantani fino agli ultimi giorni. Il terzo, organizzatore di eventi nella sua provincia. Mikel è stato il primo a cadere, nessuna inquadratura lo ha raccontato. Ha spiegato di aver trovato un avvallamento che gli ha fatto saltellare la ruota anteriore, che si è sollevata e lo avrebbe sparato contro un palo, prima di cadere sul marciapiede. «Ormai quando cadono si rompono», sta dicendo Bramati agli amici. La magrezza è tanta, ma certi colpi fanno male a prescindere.

Ai microfoni di Jens Voigt per Eurosport e poi con noi: il racconto di Bramati
Ai microfoni di Jens Voigt per Eurosport e poi con noi: il racconto di Bramati

Bramati si è ritrovato nella stessa situazione al Giro d’Italia nel 2021 e poi nel 2023, entrambe le volte quando Remco Evenepoel tornò a casa, prima per una caduta e poi per il Covid. Il tecnico bergamasco dovette rimboccarsi le maniche e convincere il resto del team a tenere duro, resettare la mente e cercare fortuna senza il loro leader.

Caro Brama, come si fa?

Non è facile, però ci chiamano Wolfpack per un motivo ben preciso, quindi sicuramente dobbiamo motivare i corridori. Oggi c’è già un’altra tappa, dobbiamo guardare avanti e dispiace. Sappiamo che le cadute fan parte del ciclismo, però sappiamo anche che Mikel era pronto, stava benissimo. Ha fatto di tutto per arrivare pronto a questo Giro d’Italia e purtroppo lo abbiamo perso dopo una sola tappa.

Nel 2023 perdeste Remco e fu Van Wylder che per qualche tappa provò a fare classifica: qualcun altro può riuscirci?

Sicuramente vivremo giorno per giorno. Ieri nel primo gruppo dopo la caduta, non avevamo davanti nessuno. Siamo già un po’ in ritardo, però vedremo se si rientrerà in classifica. Sicuramente l’obiettivo adesso sarà guardare le tappe, cercare giorno dopo giorno di capire che giorni saranno. Se la fuga andrà all’arrivo. Cercheremo di inserire qualcuno per provare a vincere almeno una tappa.

Le crono sono già un bel banco di prova per Cattaneo, se non oggi quella di Pisa…

Mattia sta bene, ieri ha lavorato tanto. Adesso bisogna motivarli e poi sicuramente faremo il massimo possibile. Ne parleremo domani mattina nella riunione. Il motto per oggi era: carpe diem, prendere ogni momento come viene.

Gotti in visita al Giro non è passato inosservato: passaggio sul podio di partenza ieri a Durazzo
Gotti in visita al Giro non è passato inosservato: passaggio sul podio di partenza ieri a Durazzo
Sei andato all’ospedale, ma non hai visto Mikel…

Vero, volevo fargli sentire che gli siamo vicini. Adesso bisogna cercare di tenerlo su di morale, affinché recuperi al più presto. Ha da poco rinnovato il contratto e siamo davvero contenti che resti con noi, è il massimo. Questo gli darà la tranquillità per recuperare nel modo giusto. Ma adesso vado, devo seguire Garofoli nella crono…

Proprio lui, poi ti lasciamo, che cosa potrà fare in questo primo Giro?

E’ motivato, era qui per aiutare. Gli ho parlato stamattina, è venuto qui con me alla partenza e gli ho parlato. Ci saranno delle tappe anche per lui, penso che potrà fare qualcosa di bello in questo Giro.

Evenepoel ha mandato qualche messaggio nella chat di squadra?

L’altro giorno ha mandato il suo in bocca al lupo e sicuramente dopo la caduta di ieri scriverà qualcosa. Non è bello vedere quando un compagno cade e sicuramente nei prossimi giorni ci tirerà su di morale.

Francesco Baruzzi: l’esplosione del pupillo di Loda

10.05.2025
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Il Giro d’Abruzzo juniores ha incoronato Francesco Baruzzi e a ben guardare non è neanche una grande sorpresa perché di segnali ce n’erano stati nel corso della stagione, con 3 vittorie e il podio in classiche come la Piccola Liegi e il Liberazione. Il portacolori dell’Aspiratori Otelli è sicuramente fra quei 3-4 junior che si sono messi maggiormente in luce quest’anno, ma molti si sono chiesti da dove salti fuori, considerando che è un secondo anno e che non era mai assurto a questi livelli.

Podio di lusso al Giro d’Abruzzo, con Baruzzi primo davanti a Magagnotti e Turconi (foto Fci)
Podio di lusso al Giro d’Abruzzo, con Baruzzi primo davanti a Magagnotti e Turconi (foto Fci)

A garantire sulle sue qualità c’è però un padrino piuttosto rinomato nell’ambiente ciclistico, sia per i suoi trascorsi da pro’ che per il suo seguito come tecnico e uomo rimasto nell’ambiente: Nicola Loda. La loro amicizia è profonda e Nicola è quasi un secondo padre per il lombardo, che anche grazie ai suoi consigli è arrivato a fare il salto di qualità.

Per capire che cosa è successo, in senso positivo, solo Francesco poteva dare la risposta: «Partivo da una base molto bassa perché il 2024 è stato davvero terribile, fra mononucleosi e la rottura del piede destro sono stato fermo 4 mesi. Ho perso praticamente tutta la stagione, sono riuscito appena a riassaggiare l’agonismo nel finale dopo aver ripreso la bici a settembre, con un paio di giorni buoni che si alternavano a due giorni assolutamente pessimi. Chiusa la stagione ho pensato solo a riprendermi, mentalmente prima di tutto, ho lavorato tanto d’inverno perché volevo riscattarmi subito».

In 9 corse disputate quest’anno, Barussi ha mancato la top 10 solo due volte. Nel 2024 solo 6 gare all’attivo
In 9 corse disputate quest’anno, Barussi ha mancato la top 10 solo due volte. Nel 2024 solo 6 gare all’attivo
Come sei arrivato al ciclismo?

Nella mia zona, la Valle Sabbia, la bici è quasi un culto, io ad esempio abito vicino a Sonny Colbrelli. Mio padre è un grande appassionato e seguendolo mi sono subito gettato in questo mondo iniziando a gareggiare da G2. Già da esordiente poi ho trovato casa al Gs Aspiratori Otelli.

E con Loda com’è nato il vostro rapporto?

E’ stato abbastanza casuale. Continuando nella mia attività, avevo bisogno di qualcuno competente che mi seguisse. Mio padre che aveva corso da giovane conosceva Nicola e sapendo che continua la sua attività fra amatori e giovani gli ha chiesto se poteva iniziare a guidarmi. Il rapporto si è costruito pian piano andando anche al di là di quello allenatore-corridore. Ci sentiamo tutti i giorni e parliamo di tutto, anche al di fuori del ciclismo.

Il bresciano insieme a Nicola Loda, diventato per lui un autentico riferimento nel ciclismo e non solo
Il bresciano insieme a Nicola Loda, diventato per lui un autentico riferimento nel ciclismo e non solo
Hai avuto modo di vedere quel che Nicola ha fatto da corridore?

Lo so, mi ha raccontato tantissimi episodi dei suoi 14 anni di carriera, attraverso le sue parole ho rivissuto quei momenti e mi sono fatto un’idea di che cos’è il mondo professionistico. Spero un giorno di poter fare almeno qualcosa di quel che ha fatto lui e rivivere quelle emozioni direttamente sulla mia pelle.

Cerchiamo di capire che corridore sei…

Credo abbastanza completo, perché vado bene in salita ma mi difendo nelle volate, anche in quelle lunghe. La grande incognita sono le cronometro: da poco mi è arrivata la bici specifica e ho cominciato a lavorarci, voglio fare bene anche lì per completarmi, credo che sarà un passo importante nella mia maturazione.

Il lombardo sta emergendo come corridore completo, che tiene in salita ma ha anche una bella volata
Il lombardo sta emergendo come corridore completo, che tiene in salita ma ha anche una bella volata
Anche perché le cronometro sono un passaggio importante per completare la tua figura di corridore per gare a tappe…

Esatto. Il Giro d’Abruzzo era la mia prima esperienza in assoluto in questo tipo di corse e a dir la verità è stato entusiasmante al di là del risultato. Avevo visto in allenamento di avere non solo una certa tenuta, ma anche buone doti di recupero, andando sempre meglio assommando giornate in sequenza di allenamenti pesanti. Ma si sa che in gara è diverso e per questo tenevo a scoprire le mie reazioni in corsa.

Hai vinto la classifica senza aggiudicarti tappe. Da che cosa nasce questa costanza di rendimento?

All’inizio non pensavo a curare la classifica, ma dopo la prima tappa chiusa al secondo posto alle spalle di Manion mi sono ritrovato con 2” di vantaggio sugli altri e con la squadra abbiamo pensato che potevamo capitalizzarli. Abbiamo quindi cambiato la nostra strategia di corsa puntando alla difesa di quel piccolo gruzzolo. Il secondo giorno avrei anche potuto puntare alla vittoria, ma a 700 metri dall’arrivo ho rotto 4 raggi della ruota e per fortuna sono riuscito a finire davanti, 6° ma senza la possibilità di fare una vera volata. Abbiamo cercato nelle altre due tappe di tenere la corsa chiusa, controllando la situazione. Mi sono difeso attaccando, seguendo i consigli del mio allenatore Giambattista Bardelloni.

L’australiano Manion si aggiudica la prima tappa, ma dietro Baruzzi allunga. Quei 2″ di vantaggio saranno decisivi (foto Fci)
L’australiano Manion si aggiudica la prima tappa, ma dietro Baruzzi allunga. Quei 2″ di vantaggio saranno decisivi (foto Fci)
Pensi di essere adatto alle corse a tappe, dopo questa tua fortunata esperienza?

Io credo di sì, chiaramente non posso sapere quali, di quale durata, ma intanto per quelle medio-brevi sono a mio agio perché gestisco le situazioni con sangue freddo. L’importante è saper leggere la corsa in ogni suo sviluppo. Poi molto dipenderà dalla mia crescita, tra qualche anno si vedrà se posso anche sperare di far bene in un grande giro.

Questo cambia le tue prospettive a breve termine?

Per certi versi sì. Ora mi prendo un breve periodo di riposo e recupero per poi puntare alla seconda parte di stagione, dove proverò a ripetermi al Giro del Friuli e al Baron, ma per me come per il team l’obiettivo vero sono le gare titolate, quelle per i titoli regionali e quelle nazionali, sia in linea che a cronometro.

La vittoria di Baruzzi al GP Fioritura, con una volata imperiosa su Dentelli e Ferrari (foto Rodella)
La vittoria di Baruzzi al GP Fioritura, con una volata imperiosa su Dentelli e Ferrari (foto Rodella)
Hai difficoltà a conciliare la tua attività con la scuola?

Domanda delicata… Fino allo scorso anno no, andavo anche bene, quest’anno faccio molta fatica anche perché non ho agevolazioni da parte della scuola (frequento l’Itis d’informatica a Vobarno), le gare mi costringono a saltare giorni di lezione e i professori non sono contenti, men che meno la mamma che vuole giustamente che la scuola sia al primo posto e che solo ora si sta abituando all’idea di un figlio ciclista, avrebbe preferito uno sport meno pericoloso. L’anno prossimo avrò la maturità, ma devo capire come arrivarci. Il discorso scolastico e quello ciclistico sono strettamente collegati.

Nel senso che influirà anche sulla tua scelta di fine stagione? Ti aspetta il cambio di categoria e dopo questi risultati, ci sarà la fila di squadre alla tua porta…

Ce n’erano già prima ma so che sono aumentate. Mi segue Mazzanti come procuratore, ma la scelta che dovrò fare entro giugno verte anche su come concludere il mio cammino scolastico. Anche perché ho possibilità sia di rimanere in Italia che di andare all’estero. A me non dispiacerebbe quest’ultima opportunità, ma dobbiamo valutare bene insieme alla mia famiglia. Nel caso stiamo pensando anche di fare l’ultimo anno online con un tutor che mi segua. Quel che è certo è che non voglio farmi sfuggire l’occasione di poter fare il grande salto.

La Polti nella crono con un manubrio segreto

10.05.2025
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TIRANA (Albania) – L’ultimo giorno di allenamento alla vigilia della prima tappa, i corridori del Team Polti-VisitMalta l’hanno dedicato a un’uscita di due ore sulla bici da crono e sono stati forse gli unici. Hanno trovato una strada con l’asfalto decente e hanno fatto avanti e indietro fino a completare la distanza desiderata. Il dettaglio curioso prima che partissero era la presenza attorno alle loro biciclette di Fabio Guerini e Davide Guntri: gli uomini di Deda Elementi che dallo scorso inverno si è messa al lavoro per la squadra di Basso e Contador.

Casualmente, avevamo incontrato Guntri anche nel ritiro di dicembre della Polti a Oliva, quando la collaborazione con l’azienda cremonese era ancora da definire e ci fu proibito di fare foto. Oggi che il discorso è andato avanti e quella protesi manubrio è qui, il risultato sarà sotto gli occhi di tutti a partire dalle 13,54 quando Giovanni Lonardi scatterà dal blocco della crono.

Il Team Polti-VisitMalta è pronto per partire: siamo alla vigilia del via del Giro
Il Team Polti-VisitMalta è pronto per partire: siamo alla vigilia del via del Giro

Tester Maestri

La necessità della Polti era avere una protesi manubrio da crono personalizzata per ciascun corridore. Il risultato del lavoro ha il nome di Jet Hydro: è made in Italy, è in alluminio idroformato ed è stata sviluppata da Deda Elementi con la grande collaborazione di Mirco Maestri. Il corridore di Guastalla, che lo scorso anno conquistò l’oro europeo nel Mixed Relay, ha fatto da tester e con lui abbiamo raccolto una prima base di informazioni. Le regolazioni possibili riguardano l’inclinazione della torretta e delle protesi stesse, disponibili in due lunghezze, che possono essere registrate anche sul piano orizzontale e nell’avanzamento.

«Curando molto le crono negli ultimi due anni – spiega Maestri – ho notato che ci sono dettagli ormai fondamentali. Con questa nuova protesi, riusciamo ad avere comfort e aerodinamica. Sono andato tante volte in azienda e ci abbiamo lavorato insieme. Con Davide (Guntri, ndr) mi trovo benissimo e penso che abbiamo trovato la giusta soluzione per ogni tipo di atleta, dato che la protesi è adattabile a ogni tipo di braccia e avambracci. Ho parlato di comfort e prestazione perché ci sono crono che durano più di mezz’ora e restare in posizione diventa difficile. Quindi avere una protesi performante, ma anche comoda aiuta tanto».

Segmenti in alluminio idroformato: leggerezza e made in Italy: è la nuova Jet Hydro di Deda Elementi per il Team Polti
Segmenti in alluminio idroformato: leggerezza e made in Italy: è la nuova Jet Hydro di Deda Elementi per il Team Polti

Protesi su misura

Quando nel ritiro di dicembre del Team Polti assistemmo ai ragionamenti fra Guntri, i corridori e i meccanici, uno degli scogli più duri da superare sembrava la possibilità di stare con la protesi nei limiti delle misure imposte dall’UCI. Si ragionava sull’inclinazione della protesi che a sua volta incide sulla lunghezza. Sul tavolo c’erano tutti i pezzi che compongono Jet Hydro, a sua volta regolabile grazie a una serie di registri.

«E’ una protesi che viene fatta su misura – conferma Maestri – quindi riusciamo ad arrivare al limite per ciascun corridore. Sono percentuali di miglioramento che sembrano minime, ma su una performance di parecchi minuti aiutano parecchio. Io credo di aver trovato la posizione adeguata o quantomeno la migliore possibile per stare nei parametri. Sabato (oggi, ndr) farò la prima crono al massimo e poi anche la seconda. Ormai è diventata la mia specialità».

Guntri e Maestri si scambiano le ultime opinioni prima che l’emiliano parta per l’allenamento con il Team Polti
Guntri e Maestri si scambiano le ultime opinioni prima che l’emiliano parta per l’allenamento con il Team Polti

Alluminio vs carbonio

Il tempo di sistemare gli ultimi dettagli sulle Jet Hydro, poi Davide Guntri ci ha raggiunto. Dice Fabio Guerini che è stato lui a credere più di tutti nel progetto e se lo è portato avanti con convinzione e caparbietà.

«Il progetto è partito proprio da Oliva – annuisce Guntri – mentre Mirco (Maestri, ndr) è stato quello che ci ha dato i feedback per le ultime modifiche e lo sviluppo dei grip e dei poggia gomiti. L’esigenza di partenza era trovare un prodotto fatto totalmente in Italia, discostandoci dal produrre per forza ogni cosa in Oriente. Un prodotto italiano che fosse anche top di gamma. Volevamo far capire che non esiste solo il carbonio, ma c’è anche l’alluminio. E che l’alluminio può avere dei pesi molto contenuti perché i tubi con cui sono fatte le protesi sono idroformati e li facciamo noi in casa.

«Penso che siamo l’unica azienda in Italia che idroforma i tubi e Polti ci sta dando una grande mano per andare avanti. Questo è un grosso progetto. Sono idroformature di due lunghezze differenti. Abbiamo le stesse lunghezze della Jet, cioè la S e la M. In questo caso abbiamo la Jet Hydro S e la M. I pad e i grip sono totalmente fatti da noi in stampa 3D, quindi customizzati per ogni corridore. Ecco il grande vantaggio di questa protesi».

I pad e i grip del Jet Hydro per il Team Polti sono stampati in 3D nella sede di Deda Elementi
I pad e i grip del Jet Hydro per il Team Polti sono stampati in 3D nella sede di Deda Elementi

Solo su misura

Mentre i corridori si allontanavano, il discorso è andato avanti tornando proprio al tema delle misure UCI che tanto hanno dato da lavorare ai tecnici di Deda e ai biomeccanici della Polti-VisitMalta.

«Riusciamo a stare dentro tutte le misure – spiega Guntri – perché le sviluppiamo noi. Prendiamo la misura della vecchia bici e della vecchia posizione e con un programma creato in azienda con Stefano Rossi, il nostro disegnatore, sviluppiamo anche l’angolo della torretta. Potrebbe essere di 15-20-25-30 gradi, in modo da sfruttare l’angolo maggiore che il corridore può utilizzare nella sua categoria. Le torrette sono in alluminio, un pezzo unico. La nostra paura era quella che, avendo delle torrette abbastanza alte, potessero svettare nel punto superiore, perché quando vai a crono tiri molto con l’esterno. Invece Mirko ci ha detto che era tutto a posto. E così siamo partiti, spingendo forte sull’alluminio».

Ultime regolazioni prima dell’allenamento che serve anche a trovare il feeling con la bici da crono
Ultime regolazioni prima dell’allenamento che serve anche a trovare il feeling con la bici da crono

Lo bisbigliano e non fanno nomi. Pare che una squadra WorldTour si sia mostrata interessata a Jet Hydro e abbia chiesto di provarlo. Se andasse in porto, Deda Elementi potrebbe anche prendere in considerazione di creare delle protesi fisse, senza possibilità di regolazione: su misura per ciascun corridore. Fisse, una volta trovato il giusto assetto.

Ranking UCI: il punto sulla lotta fra team

10.05.2025
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L’inizio del Giro d’Italia fa da spartiacque della stagione. Chiude definitivamente quella delle classiche e lancia quella dei grandi Giri. E come spesso avviene in queste fasi, è tempo di bilanci. Ma quali? Quelli della classifica UCI per team. Una graduatoria che appare sempre più al centro dei dibattiti. E trasversalmente emerge anche nei nostri articoli.

Quante volte abbiamo scritto di quel corridore mandato a una corsa con il preciso obiettivo di fare punti? E lo stesso vale per la composizione delle formazioni. In poche parole, stare nel WorldTour è fondamentale o quantomeno estremamente importante. Anche se poi bisogna avere le spalle larghe per restarci (spalle sia economiche che tecniche): guardate cosa sta passando l’Arkéa-B&B Hotels. E’ molto probabile che a fine anno chiuderà i battenti. «Servono 25 milioni di euro», ha detto il patron del team bretone, Emmanuel Hubert. Tuttavia, c’è un ciclismo anche oltre il WorldTour.

Lorenzo Fortunato conquista la tappa al Romandia. Unico successo WT per ora della XDS-Astana
Lorenzo Fortunato conquista la tappa al Romandia. Unico successo WT per ora della XDS-Astana

XDS sul podio nel 2025

E allora qual è la foto ad inizio maggio? Partiamo col considerare l’anno, il 2025. Okay, scontato dire che a dominare è la UAE Team Emirates di sua maestà Tadej Pogacar. La squadra emiratina guida con oltre 13.000 punti. Circa un terzo (4.385) li ha portati lo sloveno, che da solo sarebbe la decima squadra dell’anno!

Alle spalle della UAE c’è la Lidl-Trek: Pedersen, Ciccone, Skjelmose, Nys… per loro ottime prestazioni nelle classiche monumento e tanti punti messi in cascina. E terza? E’ questa la vera notizia: la XDS-Astana.

Per i ragazzi di Vinokourov il discorso è diverso. Ricordate cosa ci disse Mazzoleni a inizio anno? La volontà di costruire un calendario alternativo proprio per risalire la china nel triennio. Ebbene, gli XDS ci sono riusciti in pieno. Hanno vinto 13 corse e sono stati sempre regolari. Sempre piazzati e con più corridori anche nelle gare “minori”, ammesso che oggi esistano davvero gare minori. Lo stesso discorso infatti lo fanno anche altri team in difficoltà nel ranking WT, solo che loro ci stanno riuscendo.

Chi invece non ha brillato nei primi cinque mesi del 2025 sono la Decathlon AG2R La Mondiale, ben più pimpante nel 2024, la Team Jayco-AlUla e la Picnic–PostNL. Mentre va segnalato il crollo verticale della Lotto: 24ª “senza” De Lie.

SQUADRANAZIONESTATUSPUNTI
1. UAE EmiratesEmirati Arabi UnitiWT82.195
2. Visma-Lease a BikeOlandaWT56.328
3. Lidl-TrekStati UnitiWT43.644
4. Soudal-QuickStepBelgioWT42.200
5. Ineos GrenadiersRegno UnitoWT39.075
6. Red Bull-Bora GermaniaWT35.018
7. Alpecin-DeceuninckBelgioWT35.004
8. Groupama-FDJFranciaWT30.943
9. Bahrain-VictoriousBahrainWT29.799
10. Decathlon-AG2RFranciaWT28.796
11. LottoBelgioPRO28.705
12. EF-EasyPostStati UnitiWT27.510
13. MovistarSpagnaWT26.155
14. Israel-PremierTechIsraelePRO24.803
15. Jayco-AlUlaAustraliaWT24.623
16. Intermarché-WantyBelgioWT23.531
17. CofidisFranciaWT21.801
18. Picnic-PostNLOlandaWT21.287
19. XDS-AstanaKazakhstanWT21.167
20. Uno-X MobilityNorvegiaPRO19.651

E il triennio WT?

E passiamo a guardare la classifica del triennio 2023-2025, che decreta la permanenza nel WorldTour. Le prime 18 restano o entrano nella prima categoria, le altre sono (o diventano) professional. Una WT che retrocede, se resta nelle prime venti (cioè se è 19ª o 20ª), può usufruire del paracadute: ha il diritto partecipare ai grandi Giri.

La classifica vede ancora saldamente in testa la UAE Emirates, con quasi 30.000 punti di vantaggio sulla seconda, la Visma–Lease a Bike. Terza, la Lidl-Trek, che dopo la bella primavera sorpassa la Soudal–Quick-Step. Per il resto, posizioni quasi congelate, salvo la discesa della Lotto, che ne perde a vantaggio di Bahrain-Victorious e Decathlon AG2R.

Ma di nuovo è interessante vedere cosa succede in zona retrocessione. E ancora una volta a rendere il tutto vibrante è la risalita della XDS-Astana. Lo scorso anno, i punti di distacco dal 18° posto erano oltre 2.000: un’impresa disperata, anche perché questi team hanno meno occasioni di beccare il “pesce grosso”, quando in giro ci sono squali come Pogacar, Pedersen, Van der Poel, Vingegaard, Roglic… che si prendono le corse più importanti e remunerative.

La XDS è 19ª, ma dista solo 150 punti dal 18° posto della Picnic–PostNL. La partita è del tutto aperta. E poco più avanti c’è la Cofidis. Ventunesima e non certo con vita facile è l’Arkéa, ultima WT del ranking.

Per la Solution Tech 9 vittorie, di cui 4 firmate da Rajovic (foto Instagram). La squadra toscana è la migliore italiana dell’anno
Per la Solution Tech 9 vittorie, di cui 4 firmate da Rajovic (foto Instagram). La squadra toscana è la migliore italiana dell’anno

Le italiane

Chiudiamo con le squadre italiane, che sostanzialmente sono tre: VF Group-Bardiani, Polti–VisitMalta e SolutionTech-Vini Fantini. Qui la “zona salvezza”, e forse in questo caso nel vero senso del termine, è il 30° posto. Sappiamo infatti che solo restando nelle prime 30 del ranking UCI si ha diritto alla Wild Card per un grande Giro.

Guardando alla stagione in corso, la migliore è la squadra toscana, la SolutionTech, che è 29ª, proprio davanti alla VF Group. Mentre è 32ª la Polti. Va detto, però, che queste ultime due squadre sono al Giro d’Italia e avranno modo di riscattarsi. Senza contare, e non ce ne voglia nessuno, che hanno organici un po’ più strutturati.

Se invece facciamo la foto del triennio, la situazione è dura in termini di posizione, ma meno guardando i punti. La VF Group infatti è 26ª, ma ha un tesoretto di 3.600 punti sul 30° posto, occupato dalla Unibet–Tour de Tietema. La Polti è 29ª, ma anche lei ha un margine di sicurezza: 2.000 punti sul team belga e non sono pochi.

Mentre è 31ª, e ha diritto di sperare in una risalita, la SolutionTech. La squadra di Conti e Sbaragli è ad appena 96 punti dalla Unibet. Tutto è da vedere.

Tirana incorona Pedersen: la tappa e la prima maglia rosa

09.05.2025
6 min
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TIRANA (Albania) – Avevate un piano ed è andata alla perfezione? Pedersen sorride, fasciato della maglia rosa ed è di ottimo umore. «Sai, quando vinci – dice – è il piano che funziona alla perfezione. Quindi sì, oggi avevamo un piano chiaro, volevamo fare la gara dura e tutto ha funzionato. La squadra ha lavorato bene ed è bello dare loro la vittoria».

Mads vs Wout

Il danese della Lidl-Trek ha vinto la prima tappa del Giro d’Italia, partita dalla spiaggia di Durazzo e arrivata nel cuore di Tirana. La sua squadra ha fatto un forcing notevole sull’ultima salita del circuito, con il contributo eccellente di Ciccone. E nella volata che lo ha visto protagonista, Pedersen ha anticipato di mezza ruota Van Aert. Ha cercato di staccarlo (vanamente) in ogni modo. In cima alla salita si è voltato per due volte, perché Vacek gli aveva dipinto il belga in difficoltà. Ma Wout è stato furbo e si è gestito bene per arrivare fresco alla volata. Solo che la freschezza non è stata sufficiente per battere il danese.

«Non ero sicuro che avrei vinto – dice Pedersen – non è mai scontato. Ci sono tanti corridori forti in questo gruppo e sono tutti qui in ottima forma. Quindi, potrebbe essere controproducente sentirsi sicuri di vincere al via della corsa. Devi affrontarla con rispetto, credere in te stesso e poi credere nella tua squadra. Ed è quello che ho fatto oggi. Volevamo mantenere un ritmo molto elevato perché nessuno scattasse ed è per questo che “Cicco” ha preso il comando. Perché quando lui va così forte, bisognerebbe togliersi il cappello di fronte a chiunque volesse attaccare. In più, i corridori della generale non avrebbero vinto il Giro oggi, per cui hanno lasciato fare. Ma davvero sarei stato sorpreso se qualcuno fosse riuscito ad attaccare».

Il lavoro di Ciccone in salita ha sfiancato i velocisti, mentre Pedersen stava bene a ruota
Il lavoro di Ciccone in salita ha sfiancato i velocisti, mentre Pedersen stava bene a ruota

La grinta di Ciccone

L’Albania ha accolto il Giro con inatteso calore, anche se a Tirana il traffico è impazzito. Ci hanno chiesto la differenza fra il pubblico italiano e quello di qui. Ci siamo guardati intorno e abbiamo risposto che i tifosi italiani, al passaggio chiamano i corridori per nome. Qui invece urlavano, incuriositi dall’evento. Stamattina alla partenza Paolo Mei intratteneva il pubblico spiegando come funzioni il Giro d’Italia, segno che si sta seminando in un terreno ancora incolto. Eppure anche il pubblico albanese ha applaudito quando in testa al gruppo è passato Giulio Ciccone e si è messo a fare il forcing.

L’abruzzese l’abbiamo fermato dopo il controllo sulla sua bicicletta. Un bel sorriso e il tono soddisfatto di quando le cose vanno nel modo giusto. La sensazione che abbia dovuto lavorare più del necessario resta nell’aria, ma era la prima tappa del Giro e le energie erano per tutti fresche e desiderose di esplodere.

«E’ stata tosta – ha detto pieno di orgoglio – però abbiamo visto subito che Mads oggi aveva una gamba super. E quando lui sta bene in salita, più la facciamo forte e più è contento perché i suoi avversari fanno fatica. Con Mads c’è un rapporto speciale, tante volte è lui il primo a mettersi a disposizione, per cui aiutarlo è stato il minimo. Quando ha smesso di tirare Carlos (Verona, ndr), sapevo che bisognava fare una progressione a tutta, fino in cima. Come ho detto non sono qui per nascondermi. La mia condizione è buona e vogliamo ottimizzare ogni tappa. Oggi eravamo qui con un obiettivo e l’obiettivo l’abbiamo raggiunto. Domani c’è la crono e voglio farla bene per testarmi un po’ e poi vedremo giorno per giorno».

Pedersen e la rosa

Mads Pedersen è uno tosto ed è un grande corridore. Ieri pomeriggio, poco prima della conferenza stampa dei migliori, Stefano Diciatteo – coordinatore dell’ufficio stampa del Giro – si è lasciato scappare una battuta: «Manca proprio quello che vincerà la tappa e prenderà la maglia rosa. Ma ci hanno detto di chiamare un corridore per squadra e abbiamo preferito portare Ciccone». Scelta giustificata, però mai previsione fu più azzeccata e oggi Pedersen ha presentato il conto.

«Quando inizi con una vittoria nella prima tappa – sorride – non puoi stare lì a goderti i 20 giorni successivi. Quindi siamo qui per continuare a impegnarci e vincere il più possibile. Abbiamo fame di altro e se mi chiedete chi ci sarà domani qui dopo la crono, vi rispondo che potrei esserci nuovamente io. Farò di tutto per onorare la maglia. Abbiamo lavorato duramente per essere in forma in questa gara, per cui una sola vittoria non ci basta. Non ero esattamente un bambino che guardava le gare in televisione, ma so che questa maglia rosa è speciale. Il Giro è una delle corse più importanti al mondo e per me essere qui è la ciliegina sulla torta».

Dopo l’arrivo, Ciccone soddisfatto per la vittoria del compagno e ambizioso per quanto riguarda sé
Dopo l’arrivo, Ciccone soddisfatto per la vittoria del compagno e ambizioso per quanto riguarda sé

Giorno per giorno

Anche Ciccone, come detto, vuole fare una bella cronometro e quando gli abbiamo chiesto in che modo si aspetta che continui il suo Giro, ha risposto con la solidità del campione navigato. Quello che di fatto ormai è.

«La mia condizione è buona – ha detto – era il primo giorno ed è difficile trovare subito le buone sensazioni, però devo dire che è andata bene. Non mi nascondo, l’ho già detto ieri che voglio fare quello che mi riesce meglio. Cioè vivere alla giornata, divertirmi, attaccare e vincere. E farò questo giorno per giorno, non voglio tirarmi indietro. Quando c’è da lavorare come oggi, lo faccio. E quando c’è da provare a vincere, ci proverò. Mads è un leader eccezionale, tra noi c’è molta intesa. Basta uno sguardo e sappiamo quello che dobbiamo fare».

Quarto nella volata, Francesco Busatto ha conquistato la maglia bianca. Un bell’incentivo, al primo Giro
Quarto nella volata, Francesco Busatto ha conquistato la maglia bianca. Un bell’incentivo, al primo Giro

Nibali non ha cent’anni

Il cuore, dice Pedersen, batte al Nord. Per cui il fatto di aver vinto la tappa e preso la maglia non è paragonabile alla gioia per aver vinto la terza Gand-Wevelgem. Eppure il rispetto che mostra nel parlare del Giro dipinge la sua umiltà e la sua concretezza.

«Le classiche sono qualcosa di completamente diverso – dice – e sapete che il mio cuore è lassù. Ma anche vincere in un Grande Giro è speciale e, come ho detto, quando indossi una maglia come questa, diventa ancora più bello. Quindi non starò qui a fare paragoni: sono due cose diverse e mi rendono entrambe orgoglioso».

E quando gli viene chiesto se la maglia rosa evochi in lui immagini del ciclismo del passato, che ha più volte ammesso di non conoscere, Pedersen risponde con l’arguzia che spesso mette in mostra nelle sue interviste.

«Non ho grandi ricordi di maglie rosa del passato – sorride – ho qualche memoria con Nibali, ma non è passato così tanto. Vincenzo non ha ancora 100 anni, quindi era ancora ai miei tempi. Ho anche corso con lui e non ricordo che sia accaduto così tanto tempo fa…».

La corsa rosa, la numero 108 della serie, deve salutare Mikel Landa, caduto in una curva a 5 chilometri dall’arrivo, e Bouchard. Il basco della Soudal-Quick Step è stato portato all’ospedale per accertamenti. Domani la crono, il Giro d’Italia è finalmente iniziato.

Il cammino tortuoso di Oldani: al Giro con la grinta di sempre

09.05.2025
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Il Giro d’Italia di Stefano Oldani parte con le buone certezze portate dal settimo posto di Francoforte poco più di una settimana fa. La vigilia della Corsa Rosa per il milanese del team Cofidis è passata con una sgambata, un pranzo veloce e gli ultimi preparativi che il Giro porta con sé. Uno sguardo alla bici, i ritocchi con i meccanici, il colloquio con il nutrizionista e altre piccole cose. La sera arriva presto e quasi non ci si accorge che sta per iniziare la corsa più importante dell’anno, almeno per Oldani. 

«Fin da dicembre il Giro è stato evidenziato come obiettivo principale della stagione». Racconta dall’altra parte della cornetta mentre la linea va e viene, la partenza dall’Albania è anche questo. «Insieme alla squadra avevamo inserito delle tappe intermedie ma l’infortunio di inizio anno ha richiesto tanto tempo per essere riassorbito al meglio».

Stefano Oldani alla partenza della prima tappa del Giro, il sorriso è tornato sul suo volto dopo un periodo difficile
Stefano Oldani alla partenza della prima tappa del Giro, il sorriso è tornato sul suo volto dopo un periodo difficile

Frattura, ancora

Alla fine del 2023 avevamo raccontato della voglia da parte di Stefano Oldani di mettersi in gioco in una realtà diversa. Lasciare la Alpecin per la Cofidis aveva il sapore di una scommessa su se stesso e sulle proprie qualità. La caduta e la frattura dello scafoide qualche mese dopo aveva rallentato il processo, che però non si è fermato. 

«Questo gennaio però – racconta ancora Oldani – la cattiva sorte ci ha messo ancora lo zampino. Alla prima gara della stagione, il 25 gennaio, sono caduto in coda alle ammiraglie e mi sono dovuto fermare ancora. E’ stato uno stop lungo che ha richiesto tanta pazienza e un po’ di freddezza. In prima battuta sembrava un infortunio più semplice, la diagnosi iniziale recitava: frattura del radio».

Ma così non è stato…

La sera stessa della caduta ho scritto al chirurgo che mi ha operato lo scorso anno (il dottor Pegoli, ndr). Appena ha visto la lastra ha capito che non si trattava solamente di una frattura del radio, ma l’osso era rotto in tre punti diversi. Inoltre, come se non bastasse, si è notata anche una frattura dell’ulna e dello scafoide. Praticamente cinque fratture al posto di una

Già avevi capito la gravità dell’infortunio?

Sì. Il decorso post operatorio è stato difficile e ha aggiunto ulteriore consapevolezza che non sarebbe stata una passeggiata. Nonostante fossi sotto antidolorifici mi svegliavo in piena notte in preda al dolore. Lo scorso anno con la frattura dello scafoide non avevo sofferto così tanto. 

Il rientro in corsa è arrivato due mesi dopo al GP Indurain prima e al Giro dei Paesi Baschi poi
Il rientro in corsa è arrivato due mesi dopo al GP Indurain prima e al Giro dei Paesi Baschi poi
Anche perché in gruppo ti abbiamo rivisto a inizio aprile.

Sono stato completamente fermo per tre settimane, dovevano essere due ma appena ho cominciato a fare i rulli ho avuto un virus gastrointestinale forte. Sono stato anche una notte in ospedale. Insomma, sono risalito in bici con costanza praticamente un mese dopo l’infortunio. Nel frattempo facevo tutto con il tutore.

Una ripresa davvero lenta, come mai?

La frattura dell’ulna non permetteva di inserire una placca. Quindi i legamenti dovevano rinforzarsi in autonomia e per farlo ci vogliono, in media, sei settimane. Sono tornato in gara al Gran Premio Hindurain e poi al Giro dei Paesi Baschi. Il mio allenatore (Luca Quinti, ndr) è stato bravo a capire come resettare tutto in vista del Giro d’Italia. Dopo le corse in Spagna sono stato due settimane in altura a Sierra Nevada.

Prima della Corsa Rosa un passaggio alla Eschborn-Frankfurt con un settimo posto a dare morale e fiducia
Prima della Corsa Rosa un passaggio alla Eschborn-Frankfurt con un settimo posto a dare morale e fiducia
Sei sceso ed è arrivato il settimo posto di Francoforte, quanto conta quel risultato?

Dal punto di vista pratico non troppo, mentalmente tanto. Non partivo con l’obiettivo di fare bene ma di capire come stessi. E’ stato un periodo difficile dove per tanti giorni ho avuto una routine delicata: allenamento e poi cure e fisioterapia. Mi alzavo presto la mattina e tornavo a casa alle 21. 

Il Giro lo guardi da dicembre, hai segnato qualche tappa?

Non mi piace pensare troppo a lungo termine, specialmente in corse a tappe di tre settimane. Ho visto che ci sono tante tappe miste e questo mi fa pensare che di occasioni ne avrò. Guarderò giorno per giorno l’evoluzione della corsa. Essere al Giro è sempre bello, mi torna in mente la vittoria di Genova ed essere qui in buona forma mi trasmette tranquillità. 

Facciamo anche a te la stessa domanda fatta a Zanatta: torni dal Giro felice se…

Vinco una tappa.

La Tappa Bartali, la nipote Gioia racconta nonno Gino

09.05.2025
6 min
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Il prossimo 18 maggio il Giro d’Italia affronterà la Gubbio-Siena, nona frazione. Sarà questa la Tappa Gino Bartali. L’immenso, l’Intramontabile, come veniva chiamato, ha una tappa a lui dedicata dal 2000. Quest’anno ricorrono 25 anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 5 maggio di quell’anno.

Bartali è stato uno dei giganti del pedale. Un mito in carne ed ossa. Partendo da questa frazione, abbiamo voluto parlare di lui con sua nipote Gioia, per ricordare l’uomo, il nonno, oltre che il campione. E sapere cosa rappresenta per lei questa commemorazione così speciale.

La Tappa Bartali del prossimo 18 maggio: Da Gubbio a Siena, 181 km
La Tappa Bartali del prossimo 18 maggio: Da Gubbio a Siena, 181 km
Gioia, quante cose ci sarebbero da raccontare su suo nonno. Iniziamo parlando della Tappa Bartali del Giro…

Mi ricordo che qualche anno fa a premiare la tappa Bartali ci fu Vittorio Adorni, che conoscevo già ed era una persona bravissima. Gli scrissi un messaggio, una battuta come per dire: ci sei tu, non ci sono io! Io ho avuto il privilegio di premiare la tappa Bartali nel 2018, a Gerusalemme. Quando il Giro partì da Israele ci furono grandi onori per il nonno. Fu una grandissima emozione, anche per il contesto.

Ricordiamo che Gino fu nominato Giusto tra le Nazioni per il suo impegno durante la Seconda Guerra Mondiale…

Per me fu un privilegio e mi auguro che presto ci sia l’opportunità di presiedere nuovamente a questa premiazione. Portare il ricordo e la memoria di mio nonno non è il mio lavoro. E’ qualcosa che faccio per la passione che mi lega a lui.

Come è nata l’idea della Tappa Bartali?

Come si suol dire, l’abbiamo scoperto dai giornali. Non c’è stata una comunicazione ufficiale alla famiglia, ma credo sia comunque bellissimo.

Quest’anno la tappa Bartali è in Toscana, come è successo spesso. C’è un criterio per sceglierla o dipende solo dalla geografia?

Sinceramente non conosco la dinamica con cui viene stabilita la tappa Bartali, ma è indubbio che una tappa in Toscana significa celebrare il suo amore per la sua terra. Nonno Gino era innamorato di Firenze. Aveva anche una casa a Siena. Magari non mi immagino una tappa Bartali in Piemonte a casa di Coppi! Ricordo un’intervista in cui disse: «Io sono e mi sento italiano, quindi preferisco pagare più tasse, però voglio restare qui». Firenze era il suo mondo, la sua storia, le sue origini.

Gioia indica il nome di Gino nella lista dei Giusti a Gerusalemme
Gioia indica il nome di Gino nella lista dei Giusti a Gerusalemme
Ha nominato Firenze, da dove è partito il Tour de France l’anno scorso. Abbiamo parlato con Prudhomme e sembrava colpito dalla figura di Bartali. I francesi l’hanno celebrato più di noi?

E’ andata sicuramente benissimo per quanto riguarda la figura del nonno, un po’ meno per quanto riguarda il coinvolgimento. Ho comunque fatto un intervento a piazzale Michelangelo dove ho detto che il nonno ha ancora tanto da dare. Sono passati 25 anni dalla sua scomparsa, ma il suo ricordo è in crescendo. Prima era mio padre Andrea, figlio primogenito, a portarlo avanti…

Chiaro…

E nel tempo questa memoria è cresciuta. C’è gente che mi dice: «Ho la foto di tuo nonno». «Ho l’autografo di Bartali». Chi mi invia poster… Il tramandarsi continua, di generazione in generazione. Una memoria che ha avuto un inizio, ma non vedo una fine. Mi parlano spesso anche della foto dello scambio della borraccia.

E lei cosa risponde?

Che tra i due c’era un enorme rispetto e una grande amicizia anche fuori dalla bici. Nonno diceva che lo sport senza solidarietà era inutile. Quella foto li ritrae con la borraccia tra le mani, ma mi ha detto che tante volte se l’erano scambiata. Non importava chi la dava a chi. Diceva che Fausto era una delle persone più corrette. Nonno soffriva molto gli sgarbi, le cattiverie… anche quelle scritte dai giornali. Leggeva tutto. Quando partì per il Tour del ’48 i titoli dei giornali scrivevano: Gino il vecchio.

Che poi quel Tour lo vinse…

Ha subito certe cose e da toscanaccio verace ci stava male. Riguardo a Coppi va detto anche che la stampa ha enfatizzato tanto quella rivalità. Bisognava tenerla viva, specie con due personaggi così grandi. Di buono c’è che anche noi, nipoti e figli, siamo diventati amici. Ho un bellissimo rapporto con Faustino e Marina Coppi, e anche con la pronipote di Girardengo, Michela.

Maggio 2018, Gioia Bartali premia Tom Dumoulin, per la prima volta è lei a celebrare la tappa dedicata a suo nonno
Maggio 2018, Gioia Bartali premia Tom Dumoulin, per la prima volta è lei a celebrare la tappa dedicata a suo nonno
Quando si è resa conto da bambina di avere un nonno così importante? C’è un momento preciso?

Sono cresciuta con la consapevolezza del suo personaggio. L’ho toccata con mano. Magari si andava in un ristorante e la gente lo salutava, gli stringeva la mano, o tutto il locale si alzava per applaudirlo. Per una ragazzina queste cose fanno effetto. E io ero un po’ vergognosa!

E ora continua a portare avanti il suo ricordo…

Quando partecipo a eventi dedicati al nonno, parlo da nipote. Non porto mai un testo scritto. Il Gino Bartali corridore lo conoscono. Io porto l’uomo, il nonno. Racconto il mio affetto.

Le è mai capitato che le raccontasse di una corsa?

No, però per caso, all’inizio degli anni ’90 sono andata a trovare lui e mio padre che seguivano il Giro d’Italia. C’era una tappa da Porto Sant’Elpidio a Sulmona e mi sono ritrovata in macchina con il nonno a percorrerla. La gente lo salutava ovunque. Mi disse: «Guarda ti faccio vedere come facevo le traiettorie in discesa». Quel giorno mi disse anche un’altra cosa: «Di me parleranno più da morto che da vivo».

E lei?

Mi misi a ridere, non capivo bene. Secondo me lui aveva la consapevolezza di aver fatto del bene, mi riferisco chiaramente al periodo della Guerra. Lo fece senza nulla in cambio, rischiando la vita per salvare persone che non conosceva. Era un cattolico fervente, un cristiano vero. Devoto a Santa Teresina del Bambin Gesù. Era un terziario carmelitano. Il suo progetto era quello di arrivare in paradiso. E’ stato seppellito solo con il mantello dei Terziari Carmelitani, senza tasche. Come a dire che non possiamo vivere solo per arricchirci, per accumulare.

Sarà uno spettacolo anche tra gli sterrati quello della prossima Tappa Bartali. Qui Pidcock alla Strade BIanche in una cornica di pubblico di altri tempi
Sarà uno spettacolo anche tra gli sterrati quello della prossima Tappa Bartali. Qui Pidcock alla Strade BIanche in una cornica di pubblico di altri tempi
A suo nonno sarebbe piaciuto questo ciclismo di oggi? Ci sono corridori che fanno imprese d’altri tempi…

Non so, lui ha vissuto un ciclismo del tutto diverso. Non credo si sarebbe rivisto in quello attuale. Era un altro mondo: c’era gente che faceva 100 chilometri in bici solo per raggiungere la gara. So però che ha dato consigli a tantissimi corridori, anche a Bugno e Chiappucci. Ma ripeto: era un ciclismo diverso. Mio nonno anche quando si allenava, scriveva a mia nonna, Adriana, il suo grande amore.

Che storie…

Circa 200 lettere, stupende. Mia nonna le ha conservate con cura. Lui le scriveva quando era via per le gare o per allenarsi. Attraverso quelle lettere ho conosciuto un lato di mio nonno che ignoravo: un Gino romantico, uomo di fede. Scrisse anche una lettera al cardinale Elia Dalla Costa per dirgli che avrebbe smesso di correre. In quella lettera diceva che la bicicletta era ciò che più lo avvicinava alla preghiera. Io penso sempre che mio nonno fosse un piccolo contadino che ha seminato. E noi oggi stiamo raccogliendo i suoi frutti.

E quella memoria infinita, no?

Esatto!

Il Giro di David Gaudu, partendo a fari spenti

09.05.2025
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Sono 18 anni che un francese non vince una corsa a tappe professionistica appartenente al WorldTour, l’ultimo fu Christophe Moreau nel 2007 al Delfinato. Se poi andiamo a guardare un grande giro, l’astinenza dura da trent’anni, con Laurent Jalabert alla Vuelta 1995. Al Giro addirittura bisogna risalire al 1989 e al compianto Laurent Fignon. A tutto questo spera di mettere fine David Gaudu, al via del Giro d’Italia, ma le premesse non sono certamente delle migliori.

A inizio stagione il leader della Groupama-FDJ era abbastanza fiducioso delle sue possibilità nella corsa rosa: «Mi hanno sempre parlato bene del Giro – aveva detto a Eurosport – quando sei leader di una squadra francese, tutti ti aspettano al Tour. Pinot e Bardet si sono costruiti una fama alla Grande Boucle prima di provare il Giro, io faccio un po’ la stessa cosa e non vedo l’ora di provarci».

Gaudu è partito al Romandia dopo l’operazione alla mano e 7 settimane lontano dalle gare (foto Gachet-DirectVelo)
Gaudu è partito al Romandia dopo l’operazione alla mano e 7 settimane lontano dalle gare(foto Gachet-DirectVelo)

Un inizio stagione dranmatico

Quello era a inizio stagione, ma poi le cose non sono andate molto bene: caduta a inizio stagione a causa di un cane randagio che gli ha attraversato la strada. Neanche il tempo di rimettersi in sesto ed altra caduta alla Strade Bianche, poi la peggiore, alla Tirreno-Adriatico che l’ha costretto a un’operazione alla mano e a sette settimane di stop. E’ chiaro che la condizione non può essere quella sperata, anche se David vuole provarci, anche per rispondere con i fatti a chi lo critica ritenendolo un’altra delle tante promesse francesi non mantenute.

Gaudu arriva al Giro dopo aver fatto le prove generali al Romandia. Corso senza grandi test precedenti, ripartendo di fatto da zero. DirectVelo lo ha seguito passo passo, per verificare la sua crescita fisica ma anche morale sempre con la corsa rosa sullo sfondo. Perché diciamoci la verità: non capita spesso che una grande corsa a tappe arrivi senza uno dei “tre tenori” al via, Pogacar, Vingegaard, Evenepoel, che già schiacciano tutti gli altri sul piano dell’attenzione mediatica e che poi impongono la loro legge in corsa. Al Giro i pretendenti alla vittoria sono parecchi, e il transalpino vorrebbe essere tra loro.

Una delle tante cadute che il transalpino ha subìto quest’anno. Alla Tirreno la più dolorosa
Una delle tante cadute che il transalpino ha subìto quest’anno. Alla Tirreno la più dolorosa

La difficoltà delle prime uscite

Gli inizi in Svizzera non erano stati semplici, perché il ventottenne di Landivisiau sapeva di non avere il serbatoio pieno, anzi: «E’ la corsa ideale per preparare il Giro – aveva detto – ma devo affrontarla senza prendere rischi, pensando solo ad accumulare chilometri, fatica e condizione. Devo ritrovare il ritmo gara, vedere come rispondono le gambe, il risultato non conta».

Le prime frazioni lo hanno visto correre sempre nelle retrovie: «Il livello è sempre più alto, si evolve ogni anno e se non sei più che pronto, paghi le conseguenze. Io avevo anche iniziato bene la stagione, al Tour of Oman avevo vinto una tappa, chiuso sul podio nella generale, c’erano tutte le avvisaglie per una buona primavera, ma mi accorgo, correndo ora in una prova WorldTour, che rispetto ad allora avrei dovuto andare molto più forte, per ottenere qualcosa».

Per il corridore della Groupama Fdj le prime tappe al Romandia sono state molto difficili
Per il corridore della Groupama Fdj le prime tappe al Romandia sono state molto difficili

Il cammino verso la rinascita

Ottantacinquesimo nella prima tappa, poi sempre intorno alla quarantesima posizione, ogni tappa finiva con lo sguardo di compagni e dirigenti con quell’aria interrogativa: «Non posso recuperare il tempo perduto, parto da una base molto più bassa di tutti gli altri. Posso solo sperare di crescere verso la partenza albanese».

Intanto Gaudu ripercorreva il cammino svolto dal punto più basso: «Dopo l’operazione sono stati 6 giorni senza pedalare e poi due settimane sui rulli. Sono uscito su strada per una settimana per accumulare ore poco per volta, poi ho cominciato a fare sul serio e quella è stata la parte che mi è piaciuta di più, una settimana a casa e una a Tenerife ma senza andare in altura. Un’altra settimana a casa e poi valigie pronte per il Romandia. E’ impossibile pensare che ciò possa bastare…».

Gaudu aveva iniziato bene la stagione, vincendo una tappa in Oman e finendo 3° in classifica
Gaudu aveva iniziato bene la stagione, vincendo una tappa in Oman e finendo 3° in classifica

In salita si è rivisto a sprazzi il vero Gaudu

Una situazione non semplice da gestire, anche psicologicamente: «La condizione non è la peggiore, vedo ogni giorno qualche miglioramento, ma non posso pensare di essere al livello degli altri. Ho solo la consapevolezza di aver fatto tutto quello che potevo, poi sarà la strada a dire se sarà stato sufficiente».

Poi è arrivato il giorno più importante, la prova del nove con il tappone di Thyon 2000 e a fine frazione Gaudu, finito 32° a 6’26” dal vincitore Lenny Martinez era felice quasi quanto lui: «Mi sento rassicurato perché sono andato meglio di quanto pensavo. Ho iniziato con sensazioni non buone, ho corso in difesa nelle prime tre tappe, ma qui ho ritrovato il piacere di pedalare e lottare, senza mai andare in difficoltà e non era scontato».

La conometro finale del Romandia. David ha pensato soprattutto a curare la posizione pensando al Giro
La conometro finale del Romandia. David ha pensato soprattutto a curare la posizione pensando al Giro

A cronometro, prove tecniche di Giro

Poi la cronometro finale, interpretata senza guardare il cronometro: «Non era assolutamente importante, guardavo altre cose, le sensazioni dopo un giorno faticoso, pensando soprattutto a curare la posizione in bici. Alla fine ho chiuso 30° in classifica e posso assicurarvi che per come stavo all’inizio, per quel che ho passato nelle settimane precedenti, non era assolutamente scontato».

Ciò però era il passato, ora il momento del via albanese è alle porte: «Devo guardare le cose obiettivamente: non riesco a reggere gli scatti, vado in difficoltà. Io confido nella struttura del Giro dove la prima settimana è abbastanza tranquilla, ci sono solo due tappe difficili dove dovrò limitare i danni, poi faremo il punto. Il Giro è davvero speciale quest’anno e io spero molto nel giorno di riposo dopo la tre giorni albanese per recuperare».

Il francese conta di superare indenne la prima settimana, poi deciderà se puntare alla classifica o a una tappa
Il francese conta di superare indenne la prima settimana, poi deciderà se puntare alla classifica o a una tappa

Tappe come obiettivo, ma basterà?

Con che progetti si parte, allora? «Noi partiamo guardando alle vittorie di tappa, come abbiamo fatto – e con costrutto – all’ultima Vuelta, poi vediamo come si mette la classifica. Io ho una buona squadra, ho un ottimo feeling con tutti, c’è poi Enzo Paleni che è un vero maestro in tutto a dispetto dei suoi 22 anni. Io parto con il cuore sollevato perché sono tutto intero, ho finito il Romandia senza cadere e divertendomi, per ora è già qualcosa. Vediamo ora che cosa possiamo costruire…».

Van Aert, la 1ª tappa per decifrare l’enigma della condizione

09.05.2025
4 min
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TIRANA (Albania) – E’ come se di colpo non gliene andasse bene più una. Anche l’avvicinamento al Giro d’Italia di Wout Van Aert è stato condizionato da un malanno che lo stesso belga ha raccontato sin dal primo impatto con i media alla presentazione delle squadre. E se è vero che a quelli che vincono non succede mai niente – dai problemi di salute alle più banali forature – bisogna riconoscere che al belga quest’anno le cose stanno andando parecchio storte. Così da vincitore predestinato della prima tappa e prima maglia rosa, Van Aert si trova ora alle prese con qualche dubbio di troppo.

«Sono stato molto malato – ha ribadito ieri a margine della conferenza stampaho avuto un’infezione virale e ho dovuto prendere molti antibiotici. Ecco perché ho dovuto apportare molte modifiche alla mia preparazione. Non è stato l’avvicinamento che speravo. Quindi inizio con un po’ di paura. La verità è che non sono riuscito ad allenarmi bene dopo l’Amstel, tranne al mio primo giorno qui in Albania. Quando è così, è difficile andare alla partenza con la fiducia necessaria».

«Per me Wout è più di un semplice corridore – ha detto ieri Roglic – avrà sicuramente le sue occasioni in questo Giro»
«Per me Wout è più di un semplice corridore – ha detto ieri Roglic – avrà sicuramente le sue occasioni in questo Giro»

Il sogno rosa

Il solo allenamento buono è un giro di 63 chilometri nei dintorni della capitale albanese, con una ricognizione del circuito che oggi verrà percorso per due volte nella prima tappa (foto Visma-Lease a Bike in apertura). La salita di Surrel, lunga 7 chilometri e con una pendenza di circa il 4,5 per cento, che a cose normali sarebbe stata per lui un trampolino verso la vittoria e la prima maglia rosa, parrebbe ora motivo di preoccupazione.

«E’ stato utile provare la salita – ha ribadito ieri durante la conferenza stampa riservata ai primi della classe – ma la mia impressione è che sia piuttosto difficile per me. L’inizio è ripido e dopo lo scollinamento sarà solo discesa fino all’arrivo. Vedo una possibilità per gli attaccanti di raggiungere il traguardo. Spero di non dover rinunciare al mio sogno rosa, soprattutto perché ho concluso la primavera con buone sensazioni».

L’obiettivo di crescere

Certo la partenza albanese sarebbe stata l’ideale per il miglior Van Aert, che con la prima tappa e poi la crono, avrebbe avuto il terreno ideale e la squadra giusta per conquistare la prima maglia rosa. Anche se è opinione comune che la tappa di Valona domenica sarebbe un osso troppo duro anche per la miglior versione del Van Aert 2025.

«E’ frustrante – ha spiegato ieri sollevando il velo sui suoi problemi – ma mi ammalo sempre nei momenti meno opportuni. La settimana scorsa avevo persino paura di non riuscire a partire. Ora che sono qui, è un sollievo. Spero di essere in forma, ma vedremo come andrà giorno per giorno. Qualcosa proverò a fare, sono qui per vincere. La cosa più importante ora è superare bene le prime tappe e vedere come reagirà il mio corpo. Di solito in un Grande Giro riesco sempre a crescere, quindi se non sarò al meglio fin dall’inizio, sono fiducioso di stare meglio con il passare delle tappe. Non ho mai avuto ambizioni di classifica, sarebbe bello vincere il maggior numero di tappe possibile».

Alla presentazione delle squadre, Van Aert (accanto ad Affini) ha ammesso come sia un peccato debuttare al Giro solo ora
Alla presentazione delle squadre, Van Aert ha ammesso come sia un peccato debuttare al Giro solo ora

Rompere il ghiaccio

Malattia o no, il belga ha così fugato ogni sospetto su quali siano i suoi obiettivi al Giro d’Italia. Si era arrivati a pensare che non avesse più la sua punta di velocità a causa di una preparazione mirata a fare meglio nelle corse a tappe, ma pare che non sia così.

«Non è mai stata mia intenzione- ha spiegato – vincere il Giro. Siamo qui per conquistare più tappe possibili, mentre il nostro uomo per la classifica generale è Simon Yates. Potrei anche fare una buona cronometro domani. Quest’anno ne ho fatta solo una di 19 chilometri in Algarve ed è andata piuttosto bene (Van Aert si è piazzato al secondo posto dietro Vingegaard, ndr). Ma a questo punto, con tutti i dubbi causati dalla malattia, dovremo aspettare e vedere come andrà il primo giorno. Poi potremo capire quali saranno i miei obiettivi più immediati».