Mauro Gianetti è volato ieri in UAE, dove da lunedì inizierà in UAE Tour degli uomini. Quello delle donne l’ha vinto domenica scorsa Elisa Longo Borghini: maglia simile, ma società diverse. Certo Pogacar e compagni (in apertura foto Fizza/UAE) non saranno in ansia per dover reggere il confronto, ma è innegabile che andare a correre in casa dello sponsor sia sempre un’esperienza particolare. Al punto che sarebbe stato lo stesso Tadej a insistere perché lo portassero laggiù. Così almeno dice Gianetti.
«E’ la corsa di casa – spiega il manager svizzero – c’è entusiasmo per tutto quello che il Governo ha progettato e creato negli ultimi dieci anni. Anche i corridori, quando vengono negli Emirati per il ritiro, se ne rendono conto. Soprattutto Tadej ha visto la crescita, perché lui è con noi dall’inizio. Ha visto tutta l’evoluzione e quello che si continua a realizzare. In principio non era previsto che corresse il UAE Tour. Vogliamo dare la possibilità anche ad altri, ma è stato lui a chiederlo. Sentiva il richiamo di fare la prima gara del 2025 con la maglia di campione del mondo proprio negli Emirati. Il piano originario prevedeva invece che cominciasse alla Strade Bianche».
Sicuramente gli piace andare in bici. Lo abbiamo anche visto pedalare della Foresta di Arenberg…
Era al Nord per vedere le tappe del Tour, ve lo ha raccontato Fabio Baldato, in più quel giorno doveva fare dei test in pista. Però ha sentito che Wellens sarebbe andato a fare un allenamento sul pavé e si è offerto di accompagnarlo. Per questo lo avete visto in quel video e mi sembra che andasse anche bene. Alla fine era gasatissimo. Gli è piaciuto tanto, non aveva mai provato il vero pavé. E ha detto che un giorno andrà a fare la Roubaix, ma non quest’anno. Si diverte ed è bene così.
Quanto è popolare Pogacar negli Emirati?
Da morire, non faccio paragoni dissacranti, ma è molto popolare. Al di là dell’atleta, è qualcuno che ha fatto grande gli Emirati Arabi, li ha portati in cima al mondo. E’ amato e adorato da tutti, forse più che in Europa. In generale, chiunque faccia parte della squadra, viene visto con occhi speciali. Quello che stiamo facendo per loro è veramente percepito come qualcosa di grande, che va al di là del semplice sport.
Ci saranno eventi speciali per l’arrivo del campione del mondo?
La gara è quella. E’ chiaro che noi, anche in Europa, ormai abbiamo capito che quando andiamo alle gare con Tadej, abbiamo bisogno di una struttura che prima non avremmo mai immaginato. Forse il ciclismo prima non ne aveva mai avuto bisogno, se non con Marco Pantani e forse Armstrong. C’è bisogno di più di sicurezza attorno a lui quando si muove e negli Emirati sarà più o meno la stessa cosa.
E’ da escludere che parteciperà per fare presenza: lo immaginiamo all’attacco ogni volta che potrà…
Lui corre per vincere. E’ un agonista, uno che ha voglia e lavora tanto. Si allena, si impegna, è dedicato, è appassionato, condivide l’emozione dell’allenamento anche con i compagni. Ha accompagnato Tim Wellens a provare la Roubaix, gli piace essere con loro. Lui è veramente così e di conseguenza corre per vincere. Sa di poterlo fare quindi ci prova e non parte mai senza un obiettivo chiaro.
Se Tadej è fatto così, avete paura che il tanto successo possa cambiarlo? Ne avete mai parlato con lui?
E’ un argomento che va affrontato, anche perché la sua crescita come atleta non è finita e tantomeno come personaggio. E’ tutto in evoluzione, per cui sono discorsi e un’attenzione che discutiamo regolarmente con lui e con chi lo circonda. Quindi la famiglia, il suo agente, la squadra, il nostro gruppo. Tutti assieme vogliamo il meglio, ma prima di tutto bisogna capire cosa vuole lui. Al centro c’è Tadej. Per cui da un lato non vogliamo limitare la sua notorietà, dall’altro non vogliamo creare un fenomeno da baraccone che non sia in grado di sostenere la troppa pressione.
Quindi è ancora tutto in divenire?
E’ un lavoro costante che dobbiamo portare avanti perché l’evoluzione del personaggio e dell’atleta è tutt’ora in corso. Bisogna stare concentrati anche su quello. Quindi è chiaro che lui deve rimanere se stesso e noi tutti attorno lavoriamo per far sì che il il personaggio coincida con il vero Tadej.
Come procede lo sviluppo del ciclismo in UAE?
A causa del Covid c’era stato un piccolo rallentamento dei nostri progetti nelle scuole, mentre negli ultimi due anni c’è stata un’impennata. Nel 2025 ripartiamo con un grosso progetto, in cui per ogni anno metteremo in bicicletta altri 3.000 bambini. E’ un progetto di sei anni, molto concreto e con molta passione da parte di tutte le scuole degli Emirati Arabi, che fanno gara per poter partecipare. Vedere la voglia dei bambini di indossare una t-shirt della squadra e imparare ad andare in bicicletta, è una cosa davvero bella.
E poi ci sono le infrastrutture?
Stiamo assistendo alla crescita velocissima del velodromo che ospiterà il mondiale pista del 2029. E poi le strutture, i chilometri e chilometri di piste ciclabili che ogni mese si aggiungono a quelle già create in questi anni. Questo è davvero bello, c’è uno sviluppo veramente rapido, veloce e appassionante.