Il morso di Pogacar prima delle salite. Processo alla Jumbo

06.07.2022
7 min
Salva

In qualche modo un botta e risposta. Dal trionfo di Van Aert, ai dubbi sulla corsa dello squadrone olandese. Nel giorno in cui la Jumbo Visma ha lasciato affondare Roglic, Pogacar ha dato il primo morso a questa enorme mela che è il Tour. A 20,2 chilometri dall’arrivo, sul settore di pavé numero 3 da Tilloy les Marchiennes a Sars et Rosiers, lo sloveno ha rotto gli indugi seguendo Stuyven, allo stesso modo in cui ieri Van Aert ha dato fondo alle sue energie. E anche se non ha vinto la tappa, ha fatto in modo che tutti gli avversari vedessero le sue spalle allontanarsi e sparire in una nuvola di polvere.

«Il primo obiettivo oggi – dice il diesse UAE, Andrej Hauptman – era correre davanti per difendersi. Però con Tadej è così: quando trova l’occasione, lui parte. Oggi per noi è una buona giornata e andiamo avanti, perché il Tour è ancora lungo. Sapevamo che fosse bravo sul pavé. Ha fatto le sue ricognizioni, però in tappe come questa, devi avere anche fortuna. Oppure non devi avere sfortuna. Roglic ad esempio ha perso tanto, però questo è il ciclismo. E in una giornata come questa, ci poteva anche stare».

A 20,2 chilometri dall’arrivo, l’attacco di Stuyven e Pogacar: il gruppo esita
A 20,2 chilometri dall’arrivo, l’attacco di Stuyven e Pogacar: il gruppo esita

Lo stile di Tadej

Vederlo andare sul pavé non ha la poesia dei grandi della Roubaix. Di Cancellara, Ballerini oppure Boonen. Non ha l’armonia di una struttura disegnata per galleggiare sulle pietre, neanche tiene sempre le mani in basso o al centro del manubrio, il più delle volte le mette sulle leve dei freni. Però va dannatamente forte e dannatamente facile.

«Avevo paura che mi succedesse qualcosa – dice lui al termine delle formalità da sbrigare – ma ho scoperto di avere grandi sensazioni. Quando Stuyven ha attaccato, ho cercato di seguirlo. Andava davvero forte e sono contento di essere arrivato con lui al traguardo. Oggi doveva essere sopravvivere e non perdere terreno, invece alla fine ho guadagnato. Non troppo, ma posso essere soddisfatto. Ho sentito delle varie cadute, non sapevo di Primoz. Dopo due settori, c’era un gruppo davvero piccolo. Andavamo davvero forte sulle pietre. Stavano cominciando gli attacchi e io ho fatto la mia corsa cercando di non cadere».

Pogacar contento di aver guadagnato qualcosa, ma sfinito per seguire Stuyven
Pogacar contento di aver guadagnato qualcosa, ma sfinito per seguire Stuyven

Pasticcio Jumbo

Sono caduti invece quelli della Jumbo Visma, entrata in gara per schiacciare tutti e uscita dalla giornata con l’amaro in bocca. Van Aert caduto e ancora in maglia gialla. Vingegaard caduto e attaccato alla sua scia. Roglic caduto e sprofondato nell’ennesimo episodio sfortunato. Se il compito di Van Aert era quello di tenerli entrambi fuori dai guai, la squadra evidentemente ha fatto la sua scelta. E aveva ragione Garzelli: se hai due leader e uno ha problemi, dividi la squadra a metà perdendo efficacia? Oggi è andata così.

«E’ stato proprio diverso dalle classiche – ammette Van Aert dopo esserci tolto la polvere dalla faccia – io sto bene fisicamente, ma gestire il rientro dalla caduta non è stato facile. Abbiamo inseguito duramente, ma quando ho capito che non avremmo potuto fare quello per cui eravamo venuti, ho smesso di pensare alla maglia gialla. Ho dato per scontato che l’avrei persa. E quando Jonas (Vingegaard, ndr) ha avuto il guasto e ci sono stati problemi di comunicazione per darlgi la bici, mi sono messo al suo servizio. Roglic è lontano, non ci voleva. Ma il Tour è appena cominciato e sulle montagne tutto può ancora succedere».

Roglic è arrivato a 2’59”. Se le sue condizioni sono buone, magari potrebbe tentare di riaprire il discorso, ma sul coriaceo sloveno sembra abbattersi ogni volta una maledizione. Quasi che il Tour non gli abbia perdonato quel crollo nell’ultima crono del 2020. Chissà se tornare fra due giorni sulla salita dove tutto ebbe inizio (o dove cominciò la fine) lo aiuterà a scacciare i demoni di quel 19 settembre di due anni fa.

Caruso, storia già vista

Ancora una volta i migliori italiani sono stati Mozzato e Dainese, arrivati come Cattaneo, Pasqualon e Caruso nel gruppo di Van Aert. Per il siciliano, in particolare, la giornata segna l’inizio di un nuovo Tour, secondo lo stesso copione che lo scorso anno lo portò sul podio del Giro. La caduta e il ritiro di Jack Haig, al pari di quella di Landa di allora, privano la Bahrain Victorious del suo leader per la generale.

«Cadute e forature – dice Caruso – l’hanno fatta da padrone. Siamo stati sfortunati perché abbiamo perso Jack, io invece sono stato fortunato e bravo perché sono rimasto fuori dai problemi. Ho avuto anche buone sensazioni. Un ostacolo importante che abbiamo superato. Continuiamo giorno per giorno, siamo solo all’inizio

«Questa tappa ero venuto a provarla due volte soprattutto per i materiali. Però paradossalmente ho avuto sensazioni migliori in gara che durante la ricognizione. E’ stato difficile all’inizio quando il gruppo era numeroso, poi si è andato assottigliando ed è diventato meno stressante. Ma alcuni tratti erano veramente sconnessi».

Il miracolo di Clarke

Piuttosto, la tappa da Lille alla miniera di Arenberg l’ha vinta Simon Clarke, australiano classe 1986, sopravvissuto con il gruppetto in fuga ai vari inseguimenti di giornata. Anche a quello più inquietante da parte di Pogacar.

«Sapevamo del distacco – racconta al settimo cielo – e sapevamo anche che in un finale come questo è difficilissimo recuperare un simile vantaggio. Per prenderci, sarebbero dovuti andare super veloci. Ero sicuro che saremmo arrivati, mentre non ero sicuro che avrei vinto la tappa. La volata è stata lunghissima, è cominciata all’ultimo chilometro. Powless ha fatto un allungo pazzesco e ha preso margine. Per me aveva vinto lui. Poi Boasson Hagen si è messo a chiudere con un rapportone, mentre io continuavo a ripetermi di non andare in panico e stare calmo. E quando ha lanciato la volata e Taco Van der Hoorn gli si è messo dietro, io ho preso la sua scia. Non so come ho fatto, ma sono uscito e l’ho saltato. Non è stato niente di scontato».

«Che stagione – conclude – l’anno scorso ero senza squadra. Ho continuato ad allenarmi come se ci fosse. Quando stamattina mi hanno detto che toccava a me andare in fuga, ho pensato che le due tappe vinte alla Vuelta e la maglia rosa al Giro del 2015 erano tutte nella prima settimana. Per questo ci ho creduto. Ma quando ho dato il colpo di reni, ve lo giuro, ho solo pregato che fosse abbastanza».

Van Aert, un bel ceffone giallo alla vigilia del pavé

05.07.2022
6 min
Salva

«Non potrei immaginare – dice Van Aert con la maglia gialla che lo illumina – di correre il Tour nascosto nel gruppo, a guardarmi intorno. Voglio avere un obiettivo ogni giorno. E noi a questa tappa pensavamo da parecchio tempo. Quando sul traguardo ho mimato il volo di un uccello, è stato per dimostrare che questa maglia mi ha fatto volare. E che quello degli ultimi dieci chilometri, è stato davvero un volo».

Tutto calcolato

Dopo tre secondi posti consecutivi, è arrivata la vittoria. Ed è stata una vittoria alla Van Aert, prepotente, arrogante come si conviene a chi attacca in maglia gialla. Persino eccessiva, almeno fino al momento in cui parleremo con lui scoprendone la freschezza, alla vigilia di una tappa cattiva come quella del pavé che agita il gruppo. Le persone normali dosano le energie, i supereroi se ne fanno un baffo. Al punto che nella diretta televisiva francese, persino un gigante altrettanto arrogante come Bernard Hinault ha detto che non si stupirebbe se a fine Tour Van Aert avesse una classifica molto buona.

Uno dei primi ad abbracciare il vincitore Van Aert è stato Roglic
Uno dei primi ad abbracciare il vincitore Van Aert è stato Roglic

«Era una tappa cerchiata di rosso – racconta Van Aert – un percorso severo, senza un metro di pianura. Da giorni ci dicevamo di provare qualcosa che fosse buono per la classifica con Vingegaard e Roglic e per la mia maglia verde. Sapevamo che facendo a tutta l’ultima salita, avremmo potuto centrare i due obiettivi e così è stato».

Strade più cattive

In quel momento, è sparito dall’interesse anche il “povero” Anthony Perez, coriaceo superstite della prima fuga, risucchiato dalla Jumbo Visma che ha corso come se il traguardo fosse in cima alla Cote du Cap Blanc-Nez, 900 metri al 7,5 per cento di pendenza media.

«Van Hooydonck – continua a spiegare Van Aert – è stato fortissimo. Lui è l’unico in gruppo a poter fare certe cose. Quindi è toccato a Benoot e poi sono partito io. Ci siamo detti di andare a tutta fino alla cima, poi di vedere. E quando gli uomini di classifica mi hanno dato luce verde e ho visto che gli inseguitori si guardavano, ho corso per vincere la tappa. Ma era ancora lunga. Sapevo che la vittoria sarebbe venuta. I secondi posti in Danimarca non sono mai stati un problema. E’ stato bello partire da lassù, ma quei percorsi erano troppo facili. E io per vincere ho bisogno di strade più impegnative».

I 5 secondi di Philipsen

La volata di Philipsen alle sue spalle è stata di una violenza unica, come la sua esultanza sulla riga, come quando raggiungi il grande sogno. E così dopo l’esultanza di Bettiol al Giro di Svizzera, che ha ricordato quella di Pozzato alla Roma Maxima, anche il velocista belga della Alpecin-Deceuninck, dovrà convivere per qualche giorno con gli sfottò.

«Per cinque secondi – sorride – ho creduto di aver vinto ed è stato bellissimo. Poi mi hanno detto di abbassare le braccia e ho capito. Temo che anche queste immagini rimarranno nel tempo (sorride con mestizia, ndr). Eravamo troppo ammucchiati in salita, non l’ho visto partire. Anche Kristoff a un certo punto ha fatto la volata per vincere, ma sono stato io a tagliare il traguardo per primo e ad esultare, quindi sarò io a dover gestire l’imbarazzo».

Un altro sguardo mesto dopo l’arrivo ce l’aveva anche Luca Mozzato, quinto nello sprint per il secondo posto, quindi sesto finale.

«Neppure io – dice – sapevo che ci fosse davanti Van Aert, me lo state dicendo adesso voi. Peccato, ero contento di aver centrato una top 5. Sono stanco, poteva essere la mia tappa e sono contento di essere arrivato davanti. Vediamo domani sul pavé…».

La danza sulle pietre

L’incubo è arrivato, anche se le previsioni del tempo non parlano di pioggia e sul pavé asciutto, viste le bici stratosferiche e le ruote più… comode a disposizione dei corridori, i problemi potrebbero essere meno e meno seri di quanto si sia prospettato per mesi.

«E’ difficile prevedere cosa succederà domani – dice Van Aert – per me sarà importante prima di tutto tenere fuori dai problemi Roglic e Vingegaard. Come oggi, si può provare per la tappa e per la classifica, perché abbiamo corridori molto forti per le classiche, che non vedono l’ora di ritrovare certe strade. Bisognerà aspettare e vedere cosa succede».

Inizia un altro Tour

E a chi sornione gli chiede che cosa avrebbe fatto se i suoi due compagni non gli avessero dato via libera sull’ultima salita, risponde con un ghigno ancor più sornione.

«Non è il mio ruolo averli dietro nella classifica generale – dice – per cui cercherò di combinare le reciproche esigenze. Se non mi avessero dato via libera? Mi sarei fermato, avrei girato e sarei tornato accanto a loro. Non c’è il minimo dubbio…».

Una risata chiude il giorno praticamente perfetto della Jumbo Visma. Van Aert sparisce sulla sua Cervélo gialla e già con la testa è sulle pietre della Roubaix. Da domani, in un modo o nell’altro, inizia un altro Tour.

Altre lacrime, altre spallate. E intanto arriva Dainese

03.07.2022
6 min
Salva

Groenewegen, Van Aert, Philipsen e Sagan. Settimo Dainese. La terza tappa del Tour si è snodata in una cornice di pubblico pazzesca, ma già stasera i corridori hanno lasciato la Danimarca alla volta della Francia. In lacrime davanti ai giornalisti, il vincitore di giornata si racconta così.

«E’ stata una lunga strada – dice Groenewegen, il giorno dopo parole simili di Jakobsen – voglio ringraziare la mia squadra, la mia famiglia e i miei amici per avermi riportato al Tour in buona forma. Fisicamente il ritorno non è stato difficile, mentalmente potete immaginarlo. Questa vittoria è per mia moglie e mio figlio, con cui ho passato il tempo dopo tutto quello che è successo. Questo successo significa molto per me».

La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione
La Danimarca saluta il Tour con una folla pazzesca: questa è vera passione

Il gruppo compressore

Fatto salvo Magnus Cort in fuga per tutto il giorno, il gruppo prima ha lasciato fare e poi si è messo a divorare chilometri, largo come un rullo compressore, occupando tutta la strada. Modo cervellotico e rischioso di avanzare. Basta una sbandata e si cade, cosa che puntualmente accade. Questa volta a 7 chilometri dall’arrivo ne hanno fatto le spese con 39 secondi di passivo Jack Haig, Guillaume Martin e Uran. Ma nessun leader vuole rimanere senza compagni attorno e così la testa del plotone si allarga e non molla un centimetro. Quello più smaliziato è Pogacar, che magari capisce l’inutilità di formare gruppi nel gruppo e finora se l’è sempre cavata da solo.

Lo show (inutile) di Van der Poel

Poi a circa tre chilometri dalla fine, fuoco e fiamme. Comincia Van der Poel, che mette in mostra i muscoli a fondo perduto. Nel senso che strina il gruppo per 700 metri e poi si sposta, lasciando i compagni a vedersela con la maggior solidità della Quick Step. Solo che questa volta Morkov è solo e deve spostarsi, lasciando via libera a Van Aert, Sagan, Groenewegen e Philipsen, bravo a rimanere a galla. E poi settimo, a margine degli… scambi di vedute fra Sagan a Van Aert, arriva Dainese, debuttante del Tour. E questa, dopo il nono posto di Mozzato nella tappa di ieri, è una notizia.

Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.
Ieri Dainese era rimasto coinvolto nella caduta a 25 chilometri dall’arrivo. Oggi ha corso con le botte addosso.

Dainese cresce

Ieri era caduto assieme a Mozzato sul ponte a 25 chilometri dall’arrivo, ma a lui era andata peggio rispetto al vicentino. Figurarsi, sono entrambi del 1998 e dopo una carriera spalla a spalla nelle categorie giovanili, ritrovarsi al Tour, a condividere il debutto e i rischi della corsa, è qualcosa di speciale.

«Di 200 chilometri ce ne saranno stati 20 senza pubblico – sorride – mentre lo stress per tenere le posizioni non è mai venuto meno. E’ stata una giornata un po’ più rilassata rispetto a ieri, ma in finale è tornato il caos. Eravamo insieme a tutta la squadra e i ragazzi hanno corso molto bene. Negli ultimi chilometri siamo stati sempre davanti ed abbiamo evitato le cadute, quindi è stato un buon lavoro. Bardet, Degenkolb ed Eekhoff mi hanno portato in una buona posizione nell’ultima curva.

Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen
Il periodo nero è alle spalle. e dopo Jakobsen, il Tour premia Groenewegen

«Poi ho aspettato un po’ troppo dietro Jakobsen – precisa – ma siamo rimasti chiusi a destra. Così non ho potuto realmente fare il mio sprint. Ma le sensazioni sono state buone, considerano le botte di ieri. Peccato per gli ultimi 200 metri, ma la prossima volta cercherò un risultato migliore. La volata davanti? Van Aert ha deviato un pochino, ma nei limiti…».

Sagan-Van Aert, déjà vu

Non è la prima volta che Sagan e Van Aert si scontrano al Tour de France. Nell’undicesima tappa del Tour 2020, a Poitiers, Van Aert fu toccato da Sagan, che poi venne declassato. La tappa andò a Caleb Ewan e quella volta fu il belga a… celebrare lo slovacco, ma con il dito medio.

«Ero in una posizione molto buona – dice questa volta Sagan – ma sono stato fermato. Quei movimenti di Van Aert sono stati brutti. Quel dito era destinato anche a lui, lo sa bene. Dopo non c’è stato tempo per parlargli. Alla fine sono arrivato quarto, per adesso va bene».

Van Aert, per la terza volta consecutiva secondo, dice di non essersi reso conto di aver danneggiato Sagan e delle sue rimostranze.

«No, non mi sono sentito – dice la maglia gialla – come se stessi facendo qualcosa di sbagliato. Ho visto Peter superarmi dopo lo sprint. Ho visto che provava a dire qualcosa, ma a causa del rumore non sono riuscito a capirlo. Non mi ero accorto che si stesse lamentando. Non so cosa sia successo».

Qualcosa ci dice che la rivincita se la prenderanno nella tappa del pavé. Gli uomini del Nord ci stanno arrivando con il coltello fra i denti. Ma noi per oggi ci teniamo stretto il piazzamento di Dainese, come ieri quello di Mozzato. Le nuove leve avanzano. Magari un giorno diremo che bastava semplicemente aspettarli.

Tra Ganna e Van Aert s’infila Pogacar, ma vince Lampaert

01.07.2022
5 min
Salva

Quando non è Filippo Ganna è qualcun altro a battere Wout Van Aert! La faccia del campione della Jumbo-Visma che deve lasciare la “hot seat”, la sedia del leader, parla da sola. Il suo connazionale Yves Lampaert lo ha battuto. E lo ha battuto anche bene. 

In Formula 1 le qualifiche ormai avvengono nello stesso momento tra i contendenti. Se piove, piove per tutti. Se è asciutto lo è per tutti. Nel ciclismo, nelle cronometro, non è così. Sport di situazione, si dice.

E la situazione è stata sfavorevole ai due super campioni attesi a Copenhagen. Lampaert e gli altri a seguire hanno corso con un asfalto un po’ meno bagnato. E quel po’ ha fatto una gran differenza. Ma non sminuiamo questo atleta.

Filippo Ganna, ha chiuso al quarto posto a 10″ da Lampaert
Filippo Ganna, ha chiuso al quarto posto a 10″ da Lampaert

Ganna battuto

Partiamo dal duello stellare: Ganna e Van Aert.

Pippo e Wout sono separati da soli 60” sulla rampa di partenza. Si marcano stretti sin dalla vigilia. Cercano il meteo buono. Così almeno dicevano le previsioni. L’acquazzone invece ha anticipato.

Una grande agilità per l’iridato, il quale non potendo scaricare a terra i suoi cavalli all’uscita delle curve, punta molto sull’alta cadenza per poi far scendere la catena sui pignoni più piccoli e duri. Non è male, anzi… quando taglia il traguardo è anche primo. Ma la gioia dura solo 55”, visto che Van Aert gli partiva dietro. 

Sì, la gomma posteriore di Ganna ha perso pressione. A fine gara si vedeva il liquido che fuoriusciva dalla gomma, ma bisogna capire quando ha forato. Di certo questo non ha aiutato il campione del mondo contro il tempo. Il quale, tra l’altro, con grande onestà ha ammesso che questo foro non ha inciso.

Wout Van Aert è stato beffato dal connazionale
Wout Van Aert è stato beffato dal connazionale, un vera furia nel finale

Spunta il crossista

Wout è stato bravissimo, va detto. La differenza fra lui e Ganna l’ha fatta la sua attitudine con il ciclocross, esattamente come aveva detto Adriano Malori, sia per i rilanci, sia per la capacità di guida… in questo caso amplificata dall’asfalto bagnato.

Van Aert crossista ma anche cronoman. Spianato, potente e stavolta in crescendo regolare dalla rampa di partenza fino alla linea d’arrivo. Nessun problema di gestione.

Giusto a ridosso del via era stato presentato il manubrio, Vision. Si tratta di un’estensione aerodinamica (e leggerissima, 120 grammi) in carbonio completamente personalizzata. Una protesi che gli ha consentito di guidare meglio la sua Cervélo da crono. E a quanto pare ci è riuscito.

Pogacar c’è

La giornata è un continuo susseguirsi di sorprese. Il vento che c’è, poi cala e infine torna a rinforzarsi. Il duello Van Aert-Ganna nel quale s’infila quel folletto spaziale che è Tadej Pogacar. E lui sì che ha guidato con margine. Il numero uno del Tour avrà fatto solo quattro o cinque curve delle 25 previste con le mani sulle protesi, altrimenti le aveva sempre sui freni.

Dall’ammiraglia Hauptman lo ha domato per bene. Imperativo: nessun rischio, anche perché di fatto non avevano mai provato col bagnato. 

E poi Bisseger che scivola due volte. Laporte che batte tutti all’intermedio (è suo il miglior tempo a fine corsa) per poi finire a terra anche lui.

Quella che doveva essere una sfida al “computer” si trasforma in una roulette.

Lampaert, passistone fiammingo di 1,80 in azione a Copenhagen
Lampaert, passistone fiammingo di 1,80 in azione a Copenhagen

Bravo Lampaert

E dalla roulette esce Yves Lampaert. Uno bravo, uno forte, uno che ha vinto il titolo nazionale contro il tempo due volte. Ma anche uno che non era affatto nei pronostici.

Però il ciclismo è anche questo e di certo il ragazzo della Quick Step-Alpha Vinyl non ha rubato nulla. Ha sfruttato al meglio la minor presenza di acqua sull’asfalto e, forse, del vento nel finale. All’intermedio era 2” dietro rispetto a Van Aert. All’arrivo 5” avanti. Un gap di 7”.

Tuttavia Bettiol ha smentito questa tesi. Per lui, il vento per coloro che sono partiti dopo la pioggia era anche più forte nel finale. Insomma, il dubbio resta.

L’asfalto però era bagnato. Quantomeno Lampaert ha massimizzato il fatto di non avere le goccioline sugli occhiali.

«Altroché – dice Lampaert piangendo di gioia – l’asfalto era bagnato. C’erano delle grandi pozzanghere, spesso anche in curva. E così mi dicevo: spingi Yves, spingi…».

Il belga sapeva di avere una grande occasione a portata di mano. Ma andava colta. E non era facile.

Yves, incredulo sul podio prima di vestirsi di giallo
Yves, incredulo sul podio prima di vestirsi di giallo

Gioia per il Belgio

Andava colta con tanta forza e qualche rischio. Cose che Lampaert ha messo entrambe nella sua prestazione.

«Se penso chi ho battuto: Van Aert, Pogacar, Van der Poel… non ci credo. E non credo ci riuscirò fino almeno a lunedì, quando ci sarà il giorno di riposo.

«E’ bellissimo – riprende il fiammingo – per me, per la squadra, per il mio amico Declercq che è dovuto tornare a casa per il covid, per il Belgio… Io pensavo di poter arrivare tra i primi dieci e invece sono qui in maglia gialla».

Ma già si guarda a domani. Lampaert non è una sorpresa totale. Aveva vinto anche la crono all’ultimo Giro di Svizzera. E’ un ragazzo costante e se Lefevere s’impunta per portarlo al Tour un motivo ci sarà. 

E potrebbe non essere finita. Domani si annunciano i ventagli e Yves corre nella Quick Step-Alpha Vinyl che di ventagli ne sa qualcosa.

Tre ore alla crono, ragionamenti tecnici su Van Aert

01.07.2022
5 min
Salva

Un’altra sfida fra quei due, dopo la crono di Bruges che fece piangere (simbolicamente ma neanche troppo) Van Aert ed Evenepoel, attoniti sul podio alle spalle di Ganna. Da allora non ci sono più state occasioni di scontro ad alta tensione, ad eccezione della crono del Delfinato, vinta da Ganna con 2″ sul belga. Ma oggi che c’è in palio la prima maglia gialla del Tour, evidentemente le motivazioni somigliano a quelle di settembre sul Mare del Nord.

Van Aert in azione nella crono del Delfinato di 31,9 chilometri, battuto solo da Ganna per 2″
Van Aert in azione nella crono del Delfinato di 31,9 chilometri, battuto solo da Ganna per 2″

Tre partenze stellari

Alla vigilia della partenza del Tour, Van Aert avrà una lepre d’eccezione: lo stesso Filippo Ganna che gli rovinò il giorno del mondiale. L’italiano partirà alle 17,03, il belga un minuto dopo, con Pogacar subito dietro.

Martin Heijboer, coach della Jumbo Visma ieri ha fatto il punto tecnico sul suo corridore con i giornalisti fiamminghi, cercando di spiegare e forse anche di capire come si giocherà la sfida. Ovviamente non ha detto tutto, ma ha lasciato intuire che dai numeri in suo possesso, il belga del Team Jumbo Visma potrebbe avere le carte per sovvertire un pronostico che parrebbe già scritto.

Mathieu Heijboer è il preparatore che segue i corridori di punta del team (foto Jumbo-Visma)
Mathieu Heijboer è il preparatore che segue i corridori di punta del team (foto Jumbo-Visma)
In che misura il percorso della crono si addice a Van Aert per puntare al giallo?

E’ abbastanza tecnico, con 22 curve. Dobbiamo ancora capire in che modo piazzeranno esattamente le transenne, perché questo potrebbe cambiare un po’ lo spazio e la velocità in curva, quindi lo vedremo sicuramente domattina (oggi, ndr). E’ una cronometro che gli piace molto. Se avesse dovuto disegnare lui il percorso, l’avrebbe allungata un po’, per sfruttare di più la sua potenza. Ma Wout è così versatile che saprà esprimersi anche su una distanza più breve.

Ti aspetti un altro duello con Ganna?

Proprio per la distanza inferiore, dovremo tenere conto di più concorrenti. E’ sicuro al 100 per cento che Ganna sia il favorito in assoluto, ma Bissegger può essere un cliente molto pericoloso. Bisogna fare attenzione a Küng e forse anche ad Asgreen, che corre sulle strade di casa, anche se non ha avuto un avvicinamento ideale.

Anche Ganna appare molto concentrato e in condizione. Qui sorride alla presentazione delle squadre
Anche Ganna appare molto concentrato e in condizione. Qui sorride alla presentazione delle squadre
Siete intervenuti sulla posizione e la bicicletta di Van Aert?

E’ la stessa dall’inverno scorso. Abbiamo svolto sessioni approfondite e quando si apportano modifiche, è importante abituarsi e non cambiare tanto presto. Devi allenarti e trovare confidenza, stabilità e forza. Devi essere capace di mantenere al meglio e a lungo la posizione, sono aspetti importanti. Solo il manubrio da crono è stato leggermente rinnovato. Una regolazione minima per le mani che non incide sulla posizione. La presa ora è leggermente più ergonomica e questo rende ancora più facile impugnarlo.

C’è un tratto in cui Van Aert può fare la differenza su Ganna?

Dipenderà principalmente dalla condizione nel giorno di gara. Noi siamo fiduciosi di avere una super giornata. Se è così, vittoria o sconfitta dipenderanno dai dettagli più piccoli. Abbiamo in mente un pacchetto di soluzioni che abbiamo adottato, per cui Wout potrebbe vincere. Inutile dire che non posso parlarne.

Pochi considerano tra i favoriti Van der Poel, ma Mathieu si avvicina sornione
Pochi considerano tra i favoriti Van der Poel, ma Mathieu si avvicina sornione
Van Aert si è allenato molto sulla sua bici da cronometro negli ultimi tempi?

Non tanto fino alla primavera, ma dal ritiro di Sierra Nevada, è andato sulla sua bici da crono almeno due volte a settimana.

C’è di buono che se anche non vincesse la crono, potrebbe prendere la maglia con gli abbuoni nei giorni successivi…

Abbiamo elaborato una strategia anche per questo. Abbiamo riflettuto a lungo su come suddividere le energie tra sprint intermedi e finali, ma alla fine puoi farne un piano concreto solo il giorno della gara.

Un tuttofare come Van Aert si allena ancora negli sprint?

Abbiamo aumentato la frequenza di questi allenamenti nel suo programma settimanale. Principalmente gli sprint più lunghi, perché sono la sua forza. Spesso li alterniamo con alcuni più brevi alla fine di un allenamento. Abbiamo già visto al Delfinato che quegli allenamenti hanno dato i loro frutti.

Cercate principalmente di aumentare il picco di potenza o la durata del suo sprint, mantenendo una velocità elevata il più a lungo possibile?

Per Wout, si tratta principalmente di mantenere la sua velocità di sprint per un tratto più lungo. Aumentare la sua potenza di picco significherebbe anche allenarsi per la forza. Però metterebbe massa muscolare extra, quindi aumenterebbe anche il peso e sarebbe svantaggioso in altre aree. La differenza tra Wout e i velocisti tipici è che può mantenere la sua velocità molto a lungo. E il suo sprint ha un calo minore dopo le tappe più dure. Abbiamo cercato di affilare il più possibile queste armi per essere all’altezza della maglia verde.

Prima crono del Tour. Rilanci decisivi e un altro duello fra loro

28.06.2022
5 min
Salva

Adriano Malori ci porta nella crono di apertura del Tour de France. Un po’ come abbiamo fatto ieri con Ballan per quanto riguarda il pavé, stavolta lo facciamo per la prova contro il tempo.

Chi sono i favoriti per il percorso di Copenaghen? E perché? “Malo” scende subito nel dettaglio. E prima ancora che glielo avessimo chiesto, già aveva studiato bene il tracciato danese.

La planimetria della crono di Copenaghen: dislivello impercettibile, distanza di 13,2 km (immagine Letour.fr)
La planimetria del percorso della crono di Copenaghen: dislivello impercettibile, distanza 13,2 km (immagine Letour.fr)
Adriano, che cronometro sarà?

Sarà una crono per la quale servirà tanta potenza, ma anche tanta capacità di guida. Dalla mappa non si capisce bene quanto la strada sia larga o stretta, e quindi quanto si possano fare forte le curve, ma di sicuro non è una crono filante. Non è come se fosse sull’argine del Po da Cremona a Brescello!

Come si dovrà gestire?

E’ importante partire forte e subito belli caldi. Con una quindicina di curve nei primi 5 chilometri basta perdere un secondo a svolta che già si sono accumulati quindici secondi, che sono un’eternità su una crono di 13 chilometri. Il punto chiave a mio avviso c’è a metà corsa. La strada fa una sorta d’imbuto. E’ dritta, o comunque lineare per 1,7 chilometri. Lì si può spingere forte. Chi è dietro di un paio di secondi può recuperare.

Nel complesso quindi è una crono veloce?

Abbastanza, è piatta e poi, ripeto, bisogna capire la reale larghezza della strada. Piuttosto, per me influirà non poco il vento. Perché nel finale si costeggia il mare, si pedala in spazi più aperti, mentre in città si è più riparati. Se i primi partono senza vento e poi questo dovesse cambiare, nel finale si perderebbe un bel po’ di tempo. Le energie che si sprecano prima poi presentano il conto in caso di vento contrario.

Adriano, passiamo in rassegna i favoriti. I primi due sono scontati, immaginiamo…

Assolutamente sì. Filippo Ganna e Wout Van Aert: sono loro i favoriti e visto il percorso io li metto alla pari. Pippo è più forte nel gesto, però su un tracciato con così tanti rilanci Van Aert può far valere le sue doti di crossista. E’ più abituato a rilanciare. In più lui nelle crono, quelle più lunghe, ha mostrato dei limiti in quanto alla gestione. Partiva forte, poi rallentava, poi riprendeva… Non era regolare. Su questo percorso il problema della gestione non si pone. E poi sa lavorare in acido lattico più di Pippo. Però non scordiamo gli allenamenti che hanno fatto i due per arrivare al Tour?

Cioè?

Pippo ha puntato questa crono. Ha lavorato quasi esclusivamente per questa prova. Van Aert ha dovuto lavorare anche per le salite dove dovrà aiutare Roglic.

Per Malori Thomas è troppo “rigido” per una crono così. Tuttavia si potrà difendere bene contro gli uomini di classifica
Per Malori Thomas è troppo “rigido” per una crono così. Tuttavia si potrà difendere bene contro gli uomini di classifica
Altri pretendenti?

Tra i cronoman metto Kung, ma lo vedo una tacca al di sotto di Pippo e Wout. Lui manca di continuità. Se ci fate caso fa una crono bene e una o due “male”. Aveva fatto bene nella crono del Tour scorso e poi ha steccato le Olimpiadi. Ha vinto l’Europeo e ha sbagliato il mondiale. Chiaramente è forte e segue i primi due.

E tra Pogacar e Roglic?

Vedo meglio Pogacar su questo tracciato, visto che non ci sono dei lunghi tratti in cui si può spingere a tutta. Ci sono dei rilanci o quantomeno delle curve nelle quali devi smettere di pedalare, questo è sicuro. Roglic potrebbe perdere qualcosina nei suoi confronti. Dalla sua però Primoz ha il fatto che va agile e può rilanciare bene. Entrambi potranno guadagnare qualcosa sugli altri uomini di classifica: Thomas, Adam Yates, Mas… Loro per me partono già con 30” di ritardo. Thomas forse un po’ meno. Comunque Pogacar magari potrà fare un quarto-sesto posto e Roglic appena dietro.

Eppure Thomas va forte a crono…

Sì, ma è parecchio “legato” nelle curve e nei rilanci. Questa è una crono che si vince nei rilanci. Saranno questi l’ago della bilancia. Tu arrivi all’ingresso in curva a 60 all’ora, fai la curva a 40 e poi ti rimetti a 60 all’ora. Ecco, chi impiegherà meno tempo per riportare la velocità da 40 a 60 all’ora vincerà questa crono.

Malori impegnato nella crono di apertura del Tour ad Utrecht nel 2015
Malori impegnato nella crono di apertura del Tour ad Utrecht nel 2015
E’ paragonabile alla crono di apertura di Torino dello scorso anno?

No, quella era più filante. Semmai la paragonerei a quella di Utrecht, che aprì il Tour del 2015. E’ una crono che va affrontata “cattivi a bestia”. Io stavo bene, andai forte. Entravo e facevo le curve come un elicottero, ma nei rilanci ero una mozzarella di bufala campana! Chiusi ottavo a 29″ da Rohan Dennis.

Facciamo del fantaciclismo! Potendo includere anche i cronoman dell’era moderna, diciamo degli ultimi 30 anni da Indurain in poi, chi sarebbe il corridore perfetto per questa gara?

Cancellara – risponde secco Malori – lui è il cronoman perfetto. Il più grande della storia per me. Aveva grande potenza, andando agile rilanciava benissimo e guidava la bici da crono come pochi altri. 

Il cuore di Nibali, il ginocchio di Van Aert e le regole invisibili

26.06.2022
5 min
Salva

La spallata di Lefevere è arrivata puntuale. Al grande belga non va giù e l’ha scritto nel suo editoriale su Het Nieuwsblad, bibbia belga del ciclismo. Se la Jumbo-Visma non vuole mandare i suoi corridori al campionato nazionale per averli freschi al Tour, questo il succo dell’intervento, lo dica chiaramente. Il fatto che Van Aert, campione belga in carica, abbia battuto il ginocchio sul manubrio durante il ritiro di Tignes verrebbe insomma messo garbatamente in dubbio.

Van Aert non difenderà la maglia tricolore conquistata a Waregem e sempre onorata
Van Aert non difenderà la maglia tricolore conquistata a Waregem e sempre onorata

In Belgio il campionato nazionale viene preso molto sul serio. Nessun corridore si sognerebbe di eluderlo, al punto che non sono previste sanzioni, ma viene richiesto un certificato medico per giustificare l’eventuale assenza. Van Aert ha dovuto produrne uno che attesta la sua impossibilità di partecipare alla gara di Middlekerke.

Fra soldi e bandiera

Il problema tuttavia è diffuso e mette a confronto da un lato le esigenze di marketing dei grandi team e dall’altro valori che dovrebbero essere più profondi. Se ne ebbe la riprova la scorsa estate, quando Alaphilippe scelse di disertare le Olimpiadi per correre il Tour in maglia iridata e Lefevere, sempre lui, ne sottoscrisse ovviamente la scelta.

Valverde ha vinto per tre volte i campionati nazionali spagnoli, quest’anno però non li correrà
Valverde ha vinto per tre volte i campionati nazionali spagnoli, quest’anno però non li correrà

Allo stesso modo, basti pensare al poco spazio riservato d’abitudine ai campioni nazionali sulla maglia della Movistar. Ne sa qualcosa Visconti, ma lo sanno anche i campioni spagnoli della squadra di Unzue. Così lo stesso Alejandro Valverde, bandiera del ciclismo iberico all’ultimo anno della carriera, ha annunciato il forfait.

La regola di Cassani

Qui da noi nessun team manager ha editoriali da scrivere sul quotidiano nazionale e la sensazione è che si vada molto sulla sensibilità personale e che agli assenti nessuno chiederà conto. Sta di fatto, guardando l’elenco dei partenti, che per un Nibali che ci tiene (in apertura con la maglia tricolore nel 2014) e rientra in gruppo proprio per il tricolore pugliese di oggi, ci sono corridori come Ganna, Vendrame, Pozzovivo, Guarnieri, Moscon Caruso e Oldani che non ci saranno.

Alla corsa pugliese mancherà Bettiol, alle prese con il Covid dopo il Giro di Svizzera
Alla corsa pugliese mancherà Bettiol, alle prese con il Covid dopo il Giro di Svizzera

Nibali ha anche ricordato giustamente che a un certo punto Cassani, vista la pessima abitudine di tanti di non partecipare alla gara nazionale, aveva subordinato ad essa la convocazione in nazionale. Per un po’ la cosa ha funzionato, circa sette anni, ma non si è mai capito se si trattasse di regola scritta o patto fra uomini.

La regola francese

Chi invece la regola l’ha scritta sono i francesi, ma fanno fatica a farla rispettare. La bomba scoppiò nel giugno 2019, alla vigilia dei nazionali. Pochi mesi prima, in accordo con la Lega, la Federazione aveva messo su carta un punto di regolamento per cui i professionisti fossero obbligati a partecipare al campionato nazionale.

Invece lo stesso Alaphilippe e Bardet non si presentarono, non avendo peraltro da addurre motivi più convincenti di un ginocchio battuto sul manubrio.  La Federazione non la prese bene e venne proposto che gli assenti ingiustificati dall’anno successivo venissero sanzionati. Poi venne il Covid e il tema si è riproposto nei giorni scorsi.

Arnaud Demare in maglia Alé
Arnaud Demare ha già vinto per tre volte il tricolore di Francia: oggi tenterà l’assalto al poker
Arnaud Demare in maglia Alé
Arnaud Demare ha già vinto per tre volte il tricolore di Francia: oggi tenterà l’assalto al poker

Parla la Lega

Infatti nella prova di oggi Bardet, Pinot e Laporte hanno fatto sapere che non saranno della partita. E questa volta la posizione l’ha presa la Lega.

«La partecipazione ai Campionati di Francia – ha detto a Xavier Jan, presidente della Lega Nazionale, a L’Equipe – dovrebbe essere sempre obbligatoria per i professionisti. Ma non essendo prevista alcuna sanzione, la regola non ha l’effetto desiderato. Questo è un argomento che dovrebbe essere rimesso sul tavolo del Consiglio Direttivo della Lega e della Federazione. Se la corsa regina, locomotiva dei campionati, non fosse più in grado di offrire un manifesto degno di questo nome, potrebbe diventare molto complicato impostare progetti e richiedere investimenti finanziari pubblici, se i più grandi campioni del ciclismo francese non sono alla partenza».

Ganna non correrà oggi in Puglia, avendo in testa il Tour. Per Viviani sarebbe stato un grande aiuto
Ganna non correrà oggi in Puglia, avendo in testa il Tour. Per Viviani sarebbe stato un grande aiuto

Viviani e Ganna

E forse il punto è proprio questo, volendo tornare sulle nostre strade. Quanto è difficile proporre questa corsa per ottenere finanziamenti pubblici, se nel cartello non puoi schierare gli atleti più forti? Probabilmente si tratta di una delle conseguenze del non avere squadre WorldTour di casa in cui corrano i più forti corridori italiani. A ben vedere, gli uomini delle nostre professional ci sono tutti. Quelli che mancano corrono all’estero e probabilmente nessun team manager gli imporrà nulla, dovendo magari scegliere tra il Tour e un viaggio impegnativo come può essere quello in Puglia.

A Viviani avrebbe sicuramente fatto piacere poter contare su un compagno come Ganna, che avrebbe potuto fargli addirittura da ultimo uomo. Il pubblico pugliese sarebbe andato in visibilio per la coppia di campioni olimpici vestiti degli stessi colori. Ma se pensi ai rischi di una volata, al fatto che difficilmente la Ineos metterebbe il Tour in secondo piano e che Ganna, vinto il tricolore della crono abbia in mente la prima maglia gialla, a cosa ti attacchi (se non alla sua volontà) per chiedergli di partecipare ai campionati italiani? 

Van Aert e le ambizioni di classifica? «No, sì, vedremo…»

10.06.2022
4 min
Salva

Glielo chiedono tutti: vincerà il Delfinato? Van Aert però non abbocca. Un po’ perché è realista e un po’ perché se anche lo pensasse, non verrebbe mai a dirlo. Così getta acqua sul fuoco e probabilmente ha ragione. 

«Impossibile – ha detto ieri dopo l’ennesima vittoria – questo minuto di vantaggio sparirà sabato in men che non si dica. Il Galibier, la Croix-de-Fer… Non sono pane per i miei denti. Certamente no, soprattutto se gli uomini di classifica faranno la corsa. In tappe come sabato e domenica giocheremo le carte Roglic e Jonas Vingegaard (in apertura Wout è proprio con il giovane danese, ndr)».

Forse un giorno

Eppure il tema resta sul tavolo. E mentre ad esempio Ganna fa di tutto per starne lontano, Van Aert che pure ne condivide l’imponenza (pur con 2 centimetri e 5 chili di meno), si lascia tentare.

«Forse un giorno ci proverò – ha detto – l’anno scorso alla Tirreno ho cercato di puntare alla classifica finale (arrivò secondo a 1’03” da Pogacar, ndr). E’ stato bello, ma per un corridore con il mio profilo, il Delfinato è una delle corse più difficili da vincere. Ci sono molte montagne. Alla Parigi-Nizza di solito c’è una sola e mi si addice di più. Anche la mia vittoria dell’anno scorso nella tappa del Ventoux non è una misura assoluta. Sono partito che avevo cinque minuti di vantaggio e alla fine ne era rimasto uno. Questo dice abbastanza…».

Ecco la celebre azione sul Mont Ventoux che lo scorso anno permise a Van Aert di vincere a Malaucene
Ecco l’azione sul Mont Ventoux che lo scorso anno permise a Van Aert di vincere a Malaucene

Meglio le tappe

Il bello di questi super atleti è che in apparenza possono fare tutto: girano il selettore su una nuova modalità e diventano imbattibili. Ma sarà sempre vero?

«Dovrei reimpostare i miei allenamenti – ha spiegato – il motivo per cui ho una buona posizione in classifica è perché ho ottenuto molti abbuoni negli sprint e sono andato forte nella crono. Ma se mi concentro di più sulla salita, perdo qualcosa allo sprint. Quindi meno abbuoni e meno potenza nelle crono. Ci sono pro e contro. E io a questo punto della mia carriera, preferisco puntare alle vittorie di tappa. Il Tour è dietro l’angolo. Voglio vincere le tappe e puntare alla maglia verde».

Nella crono di La Batie d’Urfe, Van Aert secondo ad appena 2″ da Ganna
Nella crono di La Batie d’Urfe, Van Aert secondo ad appena 2″ da Ganna

Si corre per vincere

Quel che traspare è però una filosofia di corsa vincente, sul piano della prestazione e del conseguente impatto sul pubblico.

«Non ho particolari segreti – ha spiegato – mi alleno duramente e corro poco. Ma ogni volta che attacco il numero alla maglia, cerco di cogliere ogni opportunità alla mia portata. Anche per questo la squadra non vuole che corra troppo. Preferiscono che io sia forte e veloce quando serve. E quando corro, mi piace dare il 100 per cento. E’ davvero speciale essere lì ogni volta».

Così sul traguardo di Chastreix Sancy Gaudu ha beffato Van Aert
Così sul traguardo di Chastreix Sancy Gaudu ha beffato Van Aert

Un bel regalo

Il ragazzo ha anche senso dell’ironia. E così, dopo aver spiegato tecnicamente la beffa subita da Gaudu (errore che ad Alaphilippe è costata una Liegi e a Zabel una Sanremo), ha strappato un sorriso alla platea.

«Mezza ruota di differenza con Gaudu – ha detto – nel momento in cui ho staccato le mani dal manubrio. Se anche fosse stato indietro di mezza bici, non sarebbe cambiato nulla. C’era vento contrario e anche forte e su un arrivo così in pendenza, è bastato che mi alzassi per perdere immediatamente velocità. Soprattutto con qualcuno che ti pedala a ruota. E’ stato ridicolo, gli ho fatto proprio un bel regalo. Guarderò ancora quelle foto, ma non troppo spesso. Sono curioso di vedere da dove sia spuntato effettivamente Gaudu. Non l’ho mai visto arrivare. Ho guardato alla mia sinistra e ho visto Lafay della Cofidis. E’ stato uno sprint allo sfinimento, non mi era rimasto molto. L’ho praticamente finito con gli occhi chiusi. E poi all’improvviso è saltato fuori lui».

Hermans 2022

Hermans a Liegi, uno sprint sognato una vita

27.04.2022
5 min
Salva

Avevamo imparato a conoscere Quinten Hermans nel ciclocross. Non un corridore qualsiasi, ma uno dei più forti, almeno dopo i “tre tenori”. Dallo scorso anno avevamo anche cominciato a seguirlo non solo d’inverno, ma anche su strada. Resta però il fatto che il secondo posto di domenica alla Liegi-Bastone-Liegi abbia avuto un sapore speciale e per molte ragioni. Innanzitutto perché è stato il primo podio in una Classica Monumento nella storia dell’Intermarché Wanty Gobert. Poi perché lo ha ottenuto battendo in volata proprio uno di quei tre, Wout Van Aert, che gli ha sempre fatto mangiare terra e sabbia, ogni inverno.

«Sapevo che la mia condizione era abbastanza buona per sopravvivere a tutti questi chilometri – raccontava subito dopo la gara – ma quando ho guardato la lista di partenza, ho capito subito che non ero l’unico in grado di farcela. Fortunatamente, la gara è andata in modo perfetto. Sono sempre stato in testa al momento giusto e queste strade sono ideali per me: gli sforzi durano al massimo cinque minuti. Inoltre, so che il mio sprint resta buono dopo una gara lunga e dura. Ho solo fatto buon uso di tutto ciò».

La volata per il secondo posto a Liegi: è il primo podio in una Monumento per l’Intermarché (foto Twitter)
La volata per il secondo posto a Liegi: è il primo podio in una Monumento per l’Intermarché (foto Twitter)

Piva aveva visto le sue possibilità

Valerio Piva, il suo diesse, ha iniziato a conoscerlo lo scorso anno e dalla sua testimonianza di capisce come l’esplosione di Hermans fosse solo questione di tempo: «Lo portai al Giro dei Paesi Baschi, sapevo che aveva bisogno di tempo per recuperare dagli sforzi invernali, ma intuii subito che aveva un’esplosività tipica del ciclocrossista, una grande esuberanza tanto che andava quasi frenato, tanto era il suo ardore nell’affrontare le corse. Lavorandoci sopra, ha affiancato a queste qualità anche il fondo tipico dello stradista e ne è venuto fuori un corridore ideale per le classiche delle Ardenne».

Hai avuto bisogno di tempo per inquadrarlo?

Sì, è normale che sia così, ma già lo scorso anno fece vedere belle cose, finì vicino ai primi 10 alla Freccia Vallone e fu con i migliori alla Liegi fino alla Roche aux Faucons. Fu però al Giro d’Italia che mi colpì, fu lì che provò a sfruttare l’esuberanza di cui parlavo prima. Andava quasi sempre in fuga, era sempre tra i più attivi a inizio tappa e colse anche qualche buon piazzamento. Lì capii che, con una preparazione mirata, poteva fare grandi cose nelle classiche.

Hermans Van Aert 2022
Van Aert si complimenta con Hermans: dopo tante sconfitte nel ciclocross, una vera rivincita
Hermans Van Aert 2022
Van Aert si complimenta con Hermans: dopo tante sconfitte nel ciclocross, una vera rivincita
Cosa avvenuta quest’anno…

Eppure non è stato un avvicinamento facile. Aveva iniziato bene la stagione su strada, al Giro dei Paesi Baschi era già con i primi ma dopo essere stato terzo nella seconda tappa, alla terza ha chiuso con 39 di febbre e come lui gli altri compagni tanto che ho dovuto portarli via tutti. Era disperato, temeva di perdere proprio le classiche alle quali teneva di più. Da allora non ha corso più, si è allenato e una settimana prima siamo andati a fare la ricognizione sia della Freccia che della Liegi. Ha interpretato la prima come preparazione della seconda e i risultati si sono visti.

Il suo secondo posto ti ha sorpreso?

Per certi versi sì, considerando da che cosa arrivava. Sapevo che poteva far bene, sapevo anche che ha uno spunto veloce, ma quando in una volata secca ti ritrovi a battere Van Aert, significa che vali davvero tanto, anche perché non era stata una gara semplice. Ha corso con molta attenzione, gestendosi al meglio.

Hermans Giro 2021
Hermans è nato ad Anversa il 29 luglio 1995. Vanta 6 vittorie su strada, nel CX due titoli mondiali U23
Hermans Giro 2021
Hermans è nato ad Anversa il 29 luglio 1995. Vanta 6 vittorie su strada, nel CX due titoli mondiali U23
Battere in volata Van Aert, per un ciclocrossista come lui, deve aver avuto un significato particolare…

Credo che neanche lui se lo aspettasse. Alla radio glielo avevo detto: « Guarda che sei veloce, guarda che dopo una gara simile te la puoi giocare». Con Van Aert su 10 sprint ne perderà 9, ma in una situazione simile, con l’avversario alla sua prima gara dopo il Covid, non brillante come sempre, aveva le sue possibilità. Ho avuto l’impressione che anche Van Aert sia rimasto sorpreso dall’essere stato rimontato.

Quest’inverno Hermans aveva iniziato la stagione alla grande, vincendo nella tappa di Coppa del Mondo di ciclocross a Fayetteville tanto che Pontoni lo dava tra i favoriti per il mondiale, l’impressione è che però poi abbia un po’ calato il rendimento: pensava già alla strada?

Un po’ sì, ma non è solo per questo. Hermans ha sempre avuto un grande avvio di stagione, poi andava un po’ spegnendosi. E’ un corridore che vive molto di sensazioni, ad esempio soffre molto la rivalità con Iserbyt, ha come un complesso d’inferiorità. Durante la stagione del ciclocross abbiamo fatto un ritiro su strada e lui è venuto, ci aveva detto che teneva ai mondiali, ma anche che pensava molto al periodo delle Ardenne, credo che questo un po’ abbia influito sul suo rendimento a gennaio.

Fayetteville Hermans 2021
L’arrivo vittorioso di Hermans nella prova di Coppa 2021 a Fayetteville (foto D.Mable/CXMagazine)
Fayetteville Hermans 2021
L’arrivo vittorioso di Hermans nella prova di Coppa 2021 a Fayetteville (foto D.Mable/CXMagazine)
Il suo secondo posto è stata la ciliegina sulla torta per la vostra squadra.

Se me lo avessero detto all’inizio, di un avvio simile, avrei messo mille firme. Già 6 vittorie in stagione, con due classiche con Girmay a Wevelgem e Kristoff alla Schelderprijs e poi piazzamenti alla Roubaix e alla Liegi, significa che abbiamo lavorato bene, soprattutto in confronto allo scorso anno quando l’inizio non fu favorevole. I problemi non sono mancati, vedi quanto successo al Paesi Baschi, ma la stagione è ancora lunga.

Ora arrivano i grandi giri, dove la vostra squadra si è sempre ben distinta.

Ai ragazzi ho sempre parlato chiaro: non abbiamo l’uomo da classifica né il velocista per le tappe, quindi dobbiamo correre lavorando di fantasia, inventare ogni tappa e i risultati si sono visti Quest’anno al Giro avremo una squadra più forte dello scorso anno, con Hirt e Pozzovivo per la classifica, Girmay, Rota e Taaramae per le tappe, un bel mix di esperienza e freschezza. Non siamo lì per vincere la maglia rosa, ma per fare bottino e mettere pepe in ogni frazione. Hermans non ci sarà, sarà utile più avanti.