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Laporte campione, ma perché Van Aert ancora secondo?

24.09.2023
5 min
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Difficile dire se in questa serata che saluta l’autunno ci sia da stupirsi più per la vittoria di Laporte all’europeo, per l’ennesima sconfitta di Van Aert o per il podio completamente occupato da corridori della Jumbo-Visma. Allo stesso modo in cui ieri le atlete della olandese SD Worx hanno dominato la prova in linea delle donne, quest’oggi un altro team dei Paesi Bassi ha schiacciato la concorrenza. E trattandosi di un campionato europeo corso per loro sulle strade di casa, c’è da capire che si possa parlare a buon titolo di dominio olandese. Anche se oggi il vincitore è francese, ma ha cambiato decisamente passo da quando è approdato nella squadra giallonera.

Christophe Laporte ha attaccato quando l’ultima caduta del giorno, quella causata dal tedesco Heiduk, ha tagliato fuori dalla lotta metà gruppo di testa, compresi Trentin e Ganna. Il francese ha avuto la scelta di tempo e il coraggio per tirare dritto, con lo stesso piglio che ieri ha consegnato la gara delle donne alla olandese Bredewold. Senza mai voltarsi, Laporte sembrava avere il destino segnato quando ai 200 metri De Lie gli ha portato sotto il gigantesco Van Aert. Sembrava un finale già scritto.

Christophe Laporte è nato nel 1992, è alto 1,91 e pesa 76 chili. E’ pro’ dal 2014. Eccolo all’arrivo di Col du Vam
Christophe Laporte è nato nel 1992, è alto 1,91 e pesa 76 chili. E’ pro’ dal 2014. Eccolo all’arrivo di Col du Vam

Rimonta strozzata

Van Aert infatti è scattato con l’olandese Kooij a ruota. Ha guadagnato metro su metro nel ripido arrivo di Col du Vam. Ha affiancato Laporte. E quando non mancava che la pedalata decisiva, il belga si è seduto. L’altro se ne è accorto e ha rilanciato proprio nel momento in cui anche Van Aert ha trovato la forza per rialzarsi. Risultato: primo Laporte, secondo Van Aert, terzo Kooij. Come già alla Vuelta, podio tutto Jumbo-Visma, ma con attori diversi. Mentre al quarto posto Arnaud De Lie si è messo in un angolo a chiedersi se non avrebbe fatto meglio a farsi gli affari suoi.

«Questa maglia è molto bella – dice il francese – dovrò abituarmi. Sono molto orgoglioso. La squadra ha fatto un ottimo lavoro mettendomi in buone condizioni. Mi sentivo bene, ho provato e ha funzionato. Ne è valsa la pena. Ho sempre sognato di cantare la Marsigliese sul podio con i miei amici. La dedico alla squadra francese e a Nathan Van Hooydonck, che sarà contento per me. Non sono mai stato neppure campione francese, sono davvero molto felice. E sono felice di condividere questo podio con Wout e Olav».

Peso psicologico

Van Aert però probabilmente non è altrettanto allegro. Lo abbiamo visto sorridere in alcune inquadrature prima del podio, poi tornava a guardare il vuoto. Avevamo sentito ieri le sue parole sul fatto di lottare sempre e dei suoi dubbi dopo tanti piazzamenti, ma è davvero credibile che un campione così forte si faccia scivolare addosso certi colpi? Già un’altra volta quest’anno era finito dietro a Laporte: nella Gand-Wevelgem che in modo insolito (e a questo punto poco opportuno) aveva deciso di lasciargli vincere.

«Avevo concordato con De Lie – spiega nella zona mista – che avremmo giocato la mia carta. Penso che anche lui abbia capito che dei due oggi ero il più forte. E’ stata una buona decisione, ma Arnaud (De Lie, ndr) ha inseguito così forte per chiudere su Laporte, che non sono più riuscito a saltarlo. Abbiamo sottovalutato quanto gli fosse rimasto. Forse l’errore è stato che davanti non ci fosse uno di noi due al posto di Laporte, questo sì. 

«Durante le corse non penso che potrei fare secondo – aggiunge e riflette – ma è una constatazione che adesso non posso negare e ovviamente questo in qualche modo agisce nella mia testa. Cerco di vincere ogni gara, oggi ho corso per questo ed è il motivo per cui ho sentimenti contrastanti. Da un lato è bello essere sempre davanti, quest’anno semplicemente non riesco a vincere. Resto fiducioso che in futuro le cose andranno diversamente (il prossimo impegno titolato di Van Aert potrebbe essere il mondiale gravel di inizio ottobre, ndr)».

De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale
De Lie è arrivato fortissimo all’europeo. Ha lavorato per Van Aert, ma forse avrebbe potuto fare lui il finale

La saggezza di De Lie

Cosa dice De Lie? Il ragazzone di Libramont, che sogna di comprarsi una fattoria ed è arrivato agli europei con la vittoria di Quebec City, si guarda bene dal fare polemiche. Sa stare al suo posto e conferma le scelte del finale.

«Possiamo dire che sia venuta una corsa davvero dura – spiega – ho parlato con Wout a cinque chilometri dal traguardo. Gli ho detto: “E’ buona per te”. Era l’occasione giusta per regalargli un bel titolo, ma sfortunatamente è arrivato secondo dietro ad un fortissimo Laporte. Non l’ho visto partire, ero troppo indietro, forse altrimenti lo avrei seguito. Guardando indietro, forse avrei anche avuto le gambe per vincere, ma non ne sono certo. Semmai potremmo aver iniziato lo sprint un po’ troppo presto, ma la sensazione era che altrimenti Laporte non lo avremmo più visto. E così è stato».

Van Aert spalle al muro risponde colpo su colpo

23.09.2023
6 min
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Alla vigilia dei campionati europei di Drenthe su strada, dopo la crono chiusa al terzo posto (su 20 podi del 2023, le vittorie sono state “solo” 5), Wout Van Aert ha parlato con la stampa nell’hotel della nazionale belga. In questo finale di stagione, in cui l’europeo ha preso il posto del mondiale e si fa fatica a trovare le motivazioni, al campione di Herentals sono arrivate domande su quattro grossi temi. Il ritiro forzato di Nathan Van Hooydonck, cui è stato impiantato un defibrillatore come lo scorso anno a Colbrelli. La squadra che vola nei Giri e meno nelle classiche. Le poche vittorie a fronte dei tanti piazzamenti. Infine la Vuelta della Jumbo-Visma, vissuta da spettatore mentre era al Tour of Britain.

Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno
Van Hooydonck e Van Aert hanno diviso corse su corse: lo stop al compagno ha lasciato il segno

Su Van Hooydonck

Nathan Van Hooydonck si è sentito male mentre era alla guida della sua auto. I soccorsi sono stati immediati, il ricovero in ospedale ha permesso di rintracciare le cause della perdita di coscienza, ma la carriera del gregario belga si è subito interrotta, al pari di quello che accadde a Colbrelli, che sui social gli ha espresso la totale vicinanza.

«Non ho mai pensato di annullare questa trasferta – ha detto Van Aert – così come per fortuna le cose sono andate diversamente rispetto a quando assistemmo alla morte di Mader. Non conoscevo personalmente Gino e ho legato il suo incidente al fatto di essere un ciclista. Anch’io avevo appena fatto la discesa in cui è caduto e a un certo punto ho pensato che sarebbe potuto accadere a me. Nathan si è sentito male in macchina, non in un momento di sforzo. Con lui conta soprattutto l’aspetto personale: è un amico, conosco la sua famiglia.

«Nathan è un ragazzo molto dolce, pensa agli altri più che a se stesso. Inoltre è un professionista in tutto e per tutto. Siamo sempre stati compagni di stanza anche in nazionale, l’unica cosa che non sopporto di lui è quel guardare in continuazione le telecronache di golf (ridendo, ndr). Quando ho saputo che avrebbe dovuto chiudere la carriera ho pensato che è ingiusto. Deve essere un duro colpo per lui non poter portare avanti la sua passione. Sembra brutale. Spero soprattutto che guarisca completamente. Lui e la sua compagna hanno già dovuto affrontare troppi problemi. Spero che la nascita del loro bambino sia l’occasione per essere felici».

Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP
Roubaix e Fiandre mancano al palmares di Van Aert, per sfortuna e per atleti più in forma coma Pogacar e VdP

Sulle classiche

Nel 2023, la Jumbo-Visma ha vinto i tre Grandi Giri, ma nessun monumento. Tanti piazzamenti, corridori spesso protagonisti, ma nei finali si è sempre spenta la luce. Perché l’approccio tanto magnificato nelle corse a tappe non funziona nelle classiche?

«E’ qualcosa cui ho pensato spesso anche io – ha riflettuto Van Aert – anche se a mio avviso abbiamo fatto grandi passi avanti nel preparare queste corse. Sono consapevole anche del fatto che saremmo qui a fare altri discorsi se non avessi bucato alla Roubaix o se non ci fossimo imbattuti in qualcuno più forte, come Pogacar al Fiandre e Van der Poel alla Sanremo. Forse questi corridori, cui sommo anche Evenepoel a Liegi, hanno più talento nelle classiche maggiori. Se invece ci sarà da cambiare qualche programma per arrivarci più fresco, si dovrà valutarlo con la squadra. Potremmo parlarne a lungo.

«Siamo stati spesso vicini alla vittoria, non esserci riusciti potrebbe essere dipeso anche dalla sfortuna? Se così fosse, si potrebbe tenere lo stesso calendario e sperare che le cose vadano meglio. E’ il destino del corridore che arriva secondo. E’ il primo cui viene chiesto che cosa non abbia funzionato e cosa potrebbe cambiare l’anno dopo. Io credo che cambiamenti ci saranno, ma per piccole cose. Magari si potrebbe ridurre l’impegno nelle corse minori, ma io se ho buone gambe, non mi tiro indietro. Forse potrei imparare a risparmiarmi un po’ dopo aver fatto la selezione. Questo è un tema sul tappeto…».

Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP
Van Aert dice che non otrebbe mai correre il Tour in preparazione del mondiale come ha fatto VdP

Sulla specializzazione

Il guaio è che a lasciarlo fare, Van Aert brilla su tutti i terreni. Gli manca la pista, ma per il resto vince nel ciclocross, in volata, nelle crono, sui muri e va fortissimo in salita. E’ così fuori categoria che finora nessuno gli aveva chiesto di fare delle scelte, invece il 2023 è stato il primo anno in cui si è mostrato battibile. E questo ha aperto il fronte rei ragionamenti.

«Al giorno d’oggi – ha detto – spesso si vince con azioni solitarie, ma molte classiche si decidono allo sprint di un piccolo gruppo. Io sono semplicemente versatile. Potrei provare molte più soluzioni contemporaneamente, ma non lo faccio consapevolmente. Quest’anno ad esempio non ho lottato per la classifica alla Tirreno-Adriatico. Forse non mi concentrerò troppo sulle crono a inizio stagione, perché le ore di allenamento che richiedono sono effettivamente energia sprecata rispetto alle classiche.

«Invece non sono d’accordo sulle critiche dopo il mondiale per aver sprecato troppo al Tour. Stiamo parlando del Tour, la corsa più importante dell’anno. Non penso che potrei mai farlo solo come preparazione. Non sono uno da 90 corse all’anno, per cui tante le farebbe in preparazione. Io corro per vincere e quando attacco il numero sulla maglia, do valore al mio impegno. Spero che la gente mi apprezzi anche per questo. Personalmente la vedo come una grande forza che non vorrei mai gettare a mare. Penso che con il mio modo di correre, puntando sempre al massimo su tanti obiettivi diversi, lascio il segno più che con una vittoria specifica. Fiandre e Roubaix darebbero molto al mio palmares, ma se non arrivano, non sarà un fallimento. Non è questo il punto di partenza con cui voglio correre per il resto della mia carriera».

Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss
Il finale della Vuelta ha reso Van Aert orgoglioso del suo team e felice per la vittoria di Kuss

Sulla Vuelta

Infine la Vuelta, vissuta con gli occhi dello spettatore, senza essere perfettamente consapevole delle dinamiche interne, ma sapendone abbastanza per averne un’idea precisa.

«Kuss, Roglic e Vingegaard – ha detto – mi sono davvero piaciuti. Sepp è la persona più educata che conosco. Nello stress della gara, lui sorride sempre. Si diverte, trova tutto bello, mostra sempre apprezzamento per il lavoro degli altri. E’ fantastico che abbia appena vinto la Vuelta. Lui e i suoi suoceri spagnoli pensano che questo sia il grande Giro più importante dell’anno. Certo Roglic ha detto di avere una sua opinione diversa sulla tattica della squadra e magari non è stata l’affermazione più saggia, perché ha solo alimentato la confusione. Primoz ha un background da atleta individuale (lo sloveno proviene dal salto con gli sci, ndr) e talvolta questo affiora. Ma la cosa più importante è il modo in cui sono riusciti ad arrivare in fondo.

«Sono orgoglioso di far parte di una squadra del genere, anche se capisco che la gente ci guardi con circospezione. Capisco che sia un argomento di conversazione, ma le domande devono essere motivate. Quando ne parlo con gli altri corridori e spiego come lavoriamo, nessuno ha cose da dire. Alcune domande invece provengono dal passato di questo sport, ma io resto fedele al mio punto di vista: se per definizione mettessimo in discussione ogni grande prestazione, continueremmo a non trovare la strada».

Con la stampa belga, il ritorno del venerato Van Aert

17.09.2023
5 min
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Il grande ritorno di Wout Van Aert. Al Tour of Britain abbiamo rivisto il miglior Wout: quello che aiuta e gestisce la squadra, che vince e domina per potenza pura. Eppure la sua è stata una stagione strana. E per strana intendiamo costellata più che di alti e bassi, di una latente opacità. E’ mancato l’acuto sostanzialmente.

In questo quadro abbiamo voluto coinvolgere due dei maggiori giornalisti di ciclismo del Belgio, Guy Van Den Langenbergh e Renaat Schotte, per sapere cosa si pensa dell’asso della Jumbo-Visma nella loro Nazione.

Una tappa e la classifica generale del Tour of Britain per Van Aert. In questa stagione ha ottenuto 23 top 5 sin qui
Una tappa e la classifica generale del Tour of Britain per Van Aert. In questa stagione ha ottenuto 23 top 5 sin qui

Wout sempre presente

Partiamo con Van Den Langenbergh di Het Nieuwsblad. E partiamo proprio dall’estate di Van Aert e da quel ritiro al Tour de France. Un ritiro che forse ha colpito più noi che i belgi stessi.

«L’abbandono del Tour – spiega Van Den Langenbergh – è stato un po’ triste, ma anche abbastanza normale direi. La moglie era incinta e loro da tempo volevano il secondo genito. Semmai ha colpito più il fatto che se ne sia andato senza una vittoria. E le occasioni le aveva avute, una su tutte quella di San Sebastian».

Quel giorno la Jumbo-Visma non lavorò benissimo nel finale e nel dopogara c’era una certa tensione. Van Aert tornò in hotel da solo in macchina e non con i compagni sul bus. Forse proprio quel giorno è stato, l’emblema della sua stagione… per ora.

«Non possiamo dire – riprende Van Den Langenbergh – che Wout sia andato piano. E’ sempre stato lì davanti in tutte le gare che ha fatto, dalla primavera all’estate. Gli è mancata la ciliegina sulla torta. Poteva esserci alla Roubaix, ma è stato sfortunato.

«Okay, in Gran Bretagna è andato forte ma non è sufficiente. Da lui ci si aspetta una vittoria di peso, però come ripeto non si può dire che sia andato piano».

«Spesso ha lavorato per la squadra e come sempre è stato determinante. E’ stato così al Tour ma anche alla Gand-Wevelgem per esempio, quando ha lasciato vincere Laporte. Ma in Belgio nessuno lo critica proprio perché comunque è sempre stato presente. E dà sempre tutto».

Van Aert e la sfortunata foratura quando era davanti con Van der Poel all’ultima Roubaix
Van Aert e la sfortunata foratura quando era davanti con Van der Poel all’ultima Roubaix

Il Belgio lo ama

Quest’ultima affermazione si lega benissimo con quanto sostiene il collega Renaat Schotte, di Sporza. 

«Io – spiega Shotte – penso che il pubblico lo ami e anche più di Remco Evenepoel perché Van Aert è il campione del popolo. Lui è sempre disponibile, fuori dalle polemiche, mentre Remco ha una personalità più “battagliera”. Forse anche perché uno è più giovane e l’altro più esperto. E anche se come quest’anno non ha vinto, Wout è sempre molto rispettato. Il grande desiderio del popolo belga è che Van Aert vinca il mondiale, non c’è riuscito, non è facile, ma i tifosi sono sempre per lui».

Anche con Schotte si passa poi ad esaminare l’estate di Van Aert. Il corridore di Herentals è uscito dal Tour e dal mondiale soprattutto col “barometro in ribasso”: stanco, appannato e ancora una volta battuto dallo storico rivale Van der Poel a complicare le cose.

«Dopo il Tour – riprende Shotte – e la nascita del figlio indubbiamente Wout ha pagato qualcosa, non è stato facile per lui. Però poi ha staccato e ha ripreso per bene. E si è visto al Tout of Britain: ha svolto un lavoro favoloso per la squadra, ha vinto una tappa e la generale. Si è rimesso in linea per il suo principale obiettivo di questo finale di stagione che è il campionato europeo».

Dopo il riposo estivo Wout sembra aver ritrovato gli “occhi della tigre” (foto Instagram)
Dopo il riposo estivo Wout sembra aver ritrovato gli “occhi della tigre” (foto Instagram)

Verso il finale

Shotte mette sul piatto l’europeo. Questa gara, che assume sempre maggior importanza, sarà poi seguita dal mondiale gravel. Ecco come i due giornalisti belgi inquadrano i due obiettivi.

«L’europeo non è un mondiale chiaramente – dice Shotte – ma è importante. E’ una corsa giovane (tra i pro’, ndr) e conquistare quella maglia è prestigioso. Se dovesse andare a Van Aert, andrebbe sulle spalle di un corridore molto presente in gruppo, di un corridore in vista e di colpo anche la stessa maglia europea sarebbe più importante che in passato. Sarebbe una maglia che pesa. Tanto per fare un paragone non sarebbe come ai tempi di quando vinceva Sagan (lo sloveno di fatto non la indossò in quanto campione del mondo aveva quella iridata, ndr)».

Anche Van Den Langenbergh sottolinea l’importanza dell’europeo e non solo: «E’ comprensibile che ne voglia fare l’obiettivo principale di questa seconda parte di stagione. Tra l’altro l’europeo si corre in Olanda, Paese della sua squadra di club. Loro ci tengono. Sarà il leader del Belgio insieme a De Lie

«E poi a seguire c’è il mondiale gravel che arriva appunto quando la stagione su strada è ormai finita, quindi non crea alcun problema. A lui questa disciplina piace. Il gravel è una via di mezzo fra la strada e il cross e potrà sfruttare questa sua esperienza del cross appunto. In più anche Cervélo spinge in tal senso per sviluppare e promuovere le sue bici gravel. Di certo andrà per vincere… come sempre».

Kooij mattatore al Tour of Britain: Affini fa gli onori di casa

14.09.2023
5 min
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L’ultima settimana di corsa della Jumbo-Visma ha visto una grande serie di vittorie. Quella che, da un certo punto di vista, ha colpito più di tutte è il dominio al Tour of Britain. In particolare il poker calato da Olav Kooij nelle prime quattro tappe, un dominio in volata che merita di essere approfondito. Chi può aiutarci a guardare attraverso questi successi è Edoardo Affini

Il mantovano risponde da casa, è appena rientrato dalla trasferta britannica. La notizia dell’incidente di Van Hooydonck lo ha raggiunto nella mattinata di ieri. I due hanno corso insieme il Tour of Britain.

«Siamo stati insieme fino a 24 ore prima dell’incidente – dice Affini con voce affranta – anche noi non sappiamo nulla. Il comunicato di ieri sera della squadra racchiude quel che sappiamo: praticamente nulla. Con Nathan ci avevo appena corso 8 giorni di fila e fino alla sera prima ci eravamo scambiati anche dei messaggi. Mi dà fastidio che parte della stampa scriva cose non accertate, la vedo come una mancanza di privacy verso la famiglia».

Affini è stato il penultimo uomo del treno per Kooij al Tour of Britain
Affini è stato il penultimo uomo del treno per Kooij al Tour of Britain
Edoardo, cerchiamo di tornare con la mente al Tour of Britain, siete andati in grandi forze.

Per fare una squadra da grande Giro mancavano due corridori, visto che correvamo in sei. Però eravamo ben attrezzati diciamo, considerando che l’ultimo uomo di Kooij era Wout (Van Aert, ndr). 

Quattro vittorie di fila non si vedono tutti i giorni…

Vero, ma è anche dovuto alla conformazione delle tappe, l’arrivo in volata era quasi sicuro in tutte le prime frazioni. Dopo aver vinto il primo sprint abbiamo capito che la corsa sarebbe stata in mano nostra. Le altre squadre hanno capito il nostro potenziale e ci hanno lasciato l’onere di chiudere sui fuggitivi. 

Tu che ruolo hai ricoperto in questo Tour of Britain?

Ero il penultimo uomo del treno, un ruolo che ho già fatto qualche volta e con il quale mi sono trovato bene. Alla Parigi-Nizza, sempre per Kooij, ho fatto anche l’ultimo uomo. Al Tour of Britain eravamo più organizzati, perché la squadra era tutta per lui: Van Emden e Kruijswijk avevano il compito di chiudere sulla fuga. Mentre Van Aert, Van Hooydonck ed io eravamo gli addetti al treno. 

L’ultimo uomo era un certo Wout Van Aert, una garanzia per il giovane calabrone
L’ultimo uomo era un certo Wout Van Aert, una garanzia per il giovane calabrone
Che tipo di velocista è, esigente?

Il giusto. In questo caso eravamo ben attrezzati per lui, ma alla Parigi-Nizza ci è capitato più volte di doverci arrangiare. E’ uno che sa prendere bene la posizione in gruppo anche se non scortato alla perfezione, ha una buona capacità di lettura. 

In che modo affrontavate gli sprint?

Nella maniera classica: guardando la strada su Veloviewer. A parte un paio di occasioni, dove abbiamo avuto la fortuna di partire e arrivare nello stesso posto, così dopo il foglio firma andavamo a vedere gli ultimi 2 chilometri.

Sempre meglio avere un occhio in più…

Sì, Kooij veniva insieme a Wout e me e insieme guardavamo la strada: buche, tombini, rotonde. Che poi, si può guardare tutto alla perfezione, ma poi la corsa è un’altra cosa.

Kooij è un velocista moderno, che non teme gli arrivi in leggera pendenza o percorsi difficili
Kooij è un velocista moderno, che non teme gli arrivi in leggera pendenza o percorsi difficili
In che senso?

Ricordo che in un’occasione, ai meno 7 dall’arrivo, eravamo piazzati bene in testa al gruppo. Stavamo arrivando verso una rotonda che avevamo già visto dalle mappe e sapevamo di doverla prendere a sinistra. Solo che accanto a noi c’erano due squadre che hanno sbagliato la traiettoria e siamo finiti dalla parte opposta. Tutto ad un tratto da primi ci siamo trovati ultimi. 

In questi casi è uno che si fa prendere dal panico?

No. Come detto, ha ottimo capacità di prendere posizione anche da solo, quindi non cade in questi tranelli. 

Che tipo di sprint ha?

Non ha una volata estremamente lunga, non è uno di quei corridori che parte ai 300 metri. Allo stesso tempo non nemmeno è uno sprinter alla Ewan che esce praticamente sulla linea d’arrivo. 

Per l’olandese è l’anno della consacrazione: 10 vittorie ed altrettanti piazzamenti sul podio nel 2023
Per l’olandese è l’anno della consacrazione: 10 vittorie ed altrettanti piazzamenti sul podio nel 2023
E’ un corridore che tiene bene anche nelle volate atipiche, magari con la strada che sale un po’ o con un finale insidioso.

Non teme salitelle o rettilinei che tirano un po’ all’insù. Non è pesante (è alto 184 centimetri e pesa 72 chili, ndr) e questo lo aiuta. E’ quello che definiremmo come velocista moderno.

Correrete ancora insieme?

Domenica abbiamo una gara in Belgio: la Gooikse Pijl. 

Poi tu come prosegui con il calendario?

Ancora non lo so bene. L’unica cosa che so è che dovrei finire con la Parigi-Tours l’8 di ottobre. Quest’anno ho iniziato presto: dalla Omloop Het Nieuwsblad a febbraio e correrò fino all’ultima gara del calendario europeo, la Parigi-Tours appunto. Metterò insieme 65 giorni di corsa più o meno, non pochi.

Roglic e Vingegaard alla Vuelta, Van Aert tra le gravel

30.08.2023
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Wout Van Aert e il gravel. Se ci si pensa potrebbe essere il suo terreno naturale, la specialità per lui più congeniale in assoluto: “Dio del cross, asso su strada”: da questo connubio il risultato sembra scontato. E infatti nel suo debutto ha vinto con nove minuti di vantaggio.

Il fatto è avvenuto alla Houffa Gravel, ad Houffalize, località che tra l’altro Van Aert ben conosce in quanto tappa storica del coppa del mondo di ciclocross, dove sull’ondulato percorso di 110 chilometri tra le Ardenne ha dominato. Evidentemente gli è bastata una manciata di giorni di riposo dopo Glasgow per ripresentarsi subito al top.

Al via circa 1.200 appassionati. Davanti gli elite: si nota (in giallo) Van Aert
Al via circa 1.200 appassionati. Davanti gli elite: si nota (in giallo) Van Aert

Assolo di potenza

Wout si è messo “di passo” e dopo neanche 40 chilometri era in testa da solo. La sua è stata una cavalcata solitaria. Il tutto mentre i suoi illustri colleghi, Vingegaard e Roglic iniziavano la Vuelta. Loro ad un grande Giro e lui in una gara nascosta tra le colline delle Ardenne: sembrava un “quadro al ribasso”, il fil rouge di un campione che non ha brillato come ci aveva abituato durante l’estate.

Sin da subito, Van Aert ha detto di affrontare il gravel per divertimento. Tuttavia nel suo programma figura già un appuntamento importante: il campionato mondiale, previsto in Veneto per l’8 ottobre.

«Non sapevo cosa aspettarmi – ha detto Van Aert a fine gara – volevo stare davanti (probabilmente per non incappare in nessun rischio, ndr) e così ho fatto. Quando è iniziata la salita ho preso il mio ritmo e sono rimasto da solo. Per il resto mi sono divertito. Alla fine sì, gare come il Tour o il campionato del mondo sono importanti, ma non ci sono solo quelle».

Poco dopo questo passaggio in salita Wout è rimasto da solo. Era il chilometro 40, più o meno
Poco dopo questo passaggio in salita Wout è rimasto da solo. Era il chilometro 40, più o meno

Test dei materiali 

Il percorso di Houffalize era anche relativamente tecnico, non è mancato qualche passaggio “roccioso”, diciamo di grandi sassi, ed è stato anche un test per i materiali. Anche in questo caso Wout e la Jumbo-Visma non lasciano nulla al caso.

«In effetti – ha spiegato Van Aert – volevamo correre qui anche per testare il materiale proprio in vista del mondiale. Sentivo che la bici rispondeva e potevo guidare bene in discesa. Mi sentivo sicuro. Il gravel è un buon punto d’incontro fra la strada e il cross: non è tecnico come il cross, appunto, ma è più lungo… quasi come una gara di strada».

Van Aert ha utilizzato la Cervélo Áspero-5, montata con il monocorona Sram e le coperture Vittoria Terreno Dry il cui diametro sembrava – il condizionale è d’obbligo – da 45 millimetri. Questa è infatti la sezione massima che può ospitare il carro di una gravel bike aerodinamica come la Áspero-5. E infatti di spazio tra ruota e telaio ce n’era davvero poco. In caso di fango Wout dovrà optare per altre soluzioni.

Alla fine il belga ha chiuso con 32,9 di media oraria, e poco di 2.000 metri di dislivello su 110 chilometri
Alla fine il belga ha chiuso con 32,9 di media oraria, e poco di 2.000 metri di dislivello su 110 chilometri

Obiettivo iridato

«La mia idea è quella di vincere il titolo mondiale gravel. Ogni volta che parto per una gara è quello il mio obiettivo. Certo, ci sarà un altro livello», ha detto Van Aert.

Al mondiale il livello sarà differente: questo è certo. Lo scorso anno la coppia della Alpecin-Deceuninck, Mathieu Van der Poel e Gianni Vermeersch, fu dominante. Ci sarà anche Valverde, che di fatto per sua stessa ammissione, non ha smesso di allenarsi come una volta. Ci sarà qualche punta della nazionale italiana, viene da pensare a Daniel Oss che lo scorso anno salì sul podio. Magari ci sarà anche Sagan. E ci saranno due atleti che a questa disciplina danno del tu: Lutsenko e Pidcock.

Gli stradisti, spinti anche da un mercato delle bici che “tira”, alla fine non mancheranno.

Van Aert si è preso Houffalize con 9′ sul connazionale (e grande amico) Dan Soete e il tedesco Paul Voss
Van Aert si è preso Houffalize con 9′ sul connazionale (e grande amico) Dan Soete e il tedesco Paul Voss

Ma prima l’europeo

Van Aert è stato il primo a scoprire le carte tra i grandi che puntano al mondiale gravel. Questa sua presenza a Houffalize è stata dettata soprattutto da un prendere coscienza con l’ambiente, per capire certe dinamiche. Una prova generale dei materiali come effettivamente è stato e anche per allenarsi e competere con meno stress, come ha detto lui stesso.

Tuttavia, tra il mondiale gravel, che si terrà ad ottobre, e questi giorni di mezzo c’è il campionato europeo, su strada chiaramente.

«L’europeo è il mio obiettivo principale di fine stagione. La gara di Drenthe, dove si disputa, mi piace», ha detto Wout. Il corridore di Herentals ci arriverà passando dal Tour of Britain (piccola corsa a tappe) e un’altra piccola gara di un giorno in Belgio.

EDITORIALE / Forza, talento e determinazione non si insegnano

07.08.2023
4 min
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GLASGOW – Quando si trattò di distribuire i suoi doni, madre natura diede a Mathieu Van der Poel talento, forza fisica e determinazione. A Van Aert una testa da schiacciasassi, tanta forza e meno talento. Infine a Pogacar diede indiscutibilmente talento e testa, ma meno forza rispetto agli altri due. Ovvio che ogni percorso faccia risaltare una caratteristica tecnica rispetto all’altra, ma la sintesi del mondiale di ieri è tutta qui. Quando le situazioni sono estreme o lo scontro è particolarmente elevato, vince chi ha tutte le doti al posto giusto. Van der Poel ha vinto a Glasgow perché più di Van Aert ha avuto il talento per indovinare l’attacco giusto e più di Pogacar, che un’azione del genere avrebbe potuto anche pensarla, la forza per realizzarla e portarla a termine.

Quando si dice che il podio del mondiale sia il più bello degli ultimi anni, forse ci si riferisce proprio a questo. Non tanto al palmares dei tre occupanti, quanto alle doti grazie alle quali li hanno riempiti di successi.

Bettiol non avrebbe potuto reggere il confronto diretto con i primi e ha fatto bene ad anticipare
Bettiol non avrebbe potuto reggere il confronto diretto con i primi e ha fatto bene ad anticipare

Gli azzurri di Bennati

Che cosa avrebbe potuto fare l’Italia di Bennati per infilarsi nel mezzo? Tentare la carta della superiorità numerica, come detto tante volte nell’avvicinamento al mondiale. Dato che anche i fenomeni a volte commettono qualche errore o si mostrano stanchi (anche Evenepoel ha dovuto alzare bandiera bianca), avere più uomini per approfittarne poteva essere il modo per portare qualcosa a casa. Altrimenti, nel confronto diretto chi dei nostri avrebbe potuto mettere sul tavolo talento, forza fisica e determinazione per battere Van der Poel, Van Aert e Pogacar?

Bettiol ha talento e forza fisica, ma si perde spesso dietro ai suoi ragionamenti. Trentin ha forza e testa, ma forse gli manca il guizzo risolutore o gli anni se lo sono portato via. Bagioli ha talento e una serie di altre fragilità che speriamo vengano superate dal passare degli anni. Forse Baroncini potrebbe mettere sul tavolo doti all’altezza, ma è troppo giovane per pretendere che possa già farlo.

Allora bene ha fatto Bettiol, perso il supporto di Trentin, a giocare la carta solitaria. Sarebbe arrivato ugualmente decimo, staccato inesorabilmente quando Van der Poel avesse deciso di partire. Attaccando, ha se non altro inseguito il sogno di vincere.

Una pioggia di watt sul percorso di Glasgow: a certe andature la cilidrata è comunque decisiva
Una pioggia di watt sul percorso di Glasgow: a certe andature la cilidrata è comunque decisiva

Il miglior Nibali

Una cosa però è certa: corridori come quelli che stanno dominando la scena saranno anche il prodotto di una scuola che funziona, ma sono essenzialmente delle splendide eccezioni. Quei watt nelle gambe li ha messi la natura.

Van der Poel è nato così forte magari anche per i geni di famiglia. Il Van Aert ragazzino non godeva di una grandissima considerazione: ricordano però tutti quanto fosse volitivo e capace di lavorare su se stesso. E Pogacar, corridorino già noto da junior, ha avuto la fortuna di essere gestito bene, ma tutto quello che scarica nei pedali viene da sua madre e suo padre.

Questo per dire che se ieri nel gruppo ci fosse stato il miglior Vincenzo Nibali, l’ultimo italiano al top di gamma, sul piano del talento e della forza fisica avrebbe avuto poco da invidiare agli altri tre, della determinazione invece si sarebbe potuto parlare.

Ganna avrebbe potuto ben figurare su strada? Ha preferito vincere l’oro in pista: non male
Ganna avrebbe potuto ben figurare su strada? Ha preferito vincere l’oro in pista: non male

Lo sport dei social

La scuola italiana è in crisi, ha detto qualche giorno fa Bettini in un’intervista su Tuttobiciweb, ma sarebbe riduttivo ridurre il tutto a un problema del ciclismo. E’ la società italiana che ha perso l’orientamento e fa sembrare il ciclismo uno sport troppo faticoso rispetto al giocherellare sui social. Avete provato a chiedere a un ragazzo di 17 anni di aiutarvi a fare un lavoro minimamente faticoso?

I governi si fronteggiano su decine di temi, ma dello sport nelle scuole non si parla, dello sport come palestra di vita non si parla, di borse di studio per meriti sportivi non si parla. Lo sport è ai margini. Lo sport è il calcio, per il resto non c’è posto.

Siamo certi che da qualche parte in Italia non ci sia un Van der Poel o un nuovo Nibali? Nessuno dei presenti si sente di escluderlo. Dice Bettini che abbiamo solo Ganna e forse ieri Pippo, visto il quinto posto di Kung, avrebbe potuto fare la sua parte anche su strada. Ha preferito correre in pista e vincere il mondiale dell’inseguimento. Non ci pare che sia andata tanto male, insomma. Quanti hanno nelle loro bacheche quei titoli e quel campione? Ma a noi non basta, forse il problema in qualche modo ce l’abbiamo anche noi. Quanto alla strada, bene insistere sulle scuole, soprattutto per il reclutamento dei talenti. Ma scordiamoci che possa essere una scuola di ciclismo a tirar fuori certi mostri. Non si può dare a nessuno la colpa per il sole che tramonta né il merito per quando sorge.

Van der Poel li stronca tutti: è lui il campione del mondo

06.08.2023
6 min
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GLASGOW – Dice con gli occhi chiari che conosceva esattamente il punto in cui avrebbe attaccato. Non perché lo avesse provato prima, ma perché se ne è accorto col passare dei giri. Così Mathieu Van der Poel riconduce a una tattica apparentemente logica la sua vittoria che sfugge a ogni definizione. Ha saputo aspettare, diverso dal cavallo pazzo che alla Tirreno del 2021 rischiò di mandare tutto in malora a Castelfidardo, per la crisi di fame conseguenza di un attacco scriteriato. Ha lasciato che fossero gli altri a mettere nel mirino Bettiol. Van Aert, Pedersen e Pogacar: la crema del ciclismo mondiale. Evenepoel invece si era già staccato, come tutti gli altri, in questo giorno di battaglia strappo dopo strappo, curva dopo curva. Chi aveva valutato il mondiale di Glasgow come corsa per passisti veloci, davanti all’ordine di arrivo avrà i suoi begli spunti di riflessione.

Uno dei podi più belli degli ultimi anni: con Van Aert, il vincitore Van der Poel e Tadej Pogacar
Uno dei podi più belli degli ultimi anni: con Van Aert, il vincitore Van der Poel e Tadej Pogacar

Il punto studiato

Mathieu ha fatto la sua parte e intanto studiava. Alla partenza aveva parlato chiaramente. Sapeva, lo sapevano tutti, che a meno di una clamorosa impresa, l’azzurro fosse destinato a spegnersi chilometro dopo chilometro. E quando finalmente se lo sono ritrovato nel mirino, non ci ha pensato due volte ed è partito secco in contropiede.

«Sapevo che il punto in cui avrei attaccato – racconta – sarebbe stato il punto più duro del mondiale, perché c’era subito la discesa e poi una nuova salita. Mi sentivo forte e ho notato invece che gli altri stavano soffrendo. Quando ho guardato indietro dopo il mio scatto e ho notato che non mi aveva seguito nessuno, mi sono spuntate le ali. Fino alla caduta, almeno. A quel punto ho davvero pensato che il bel gioco fosse finito…».

Caduta per caso

Quella curva a gomito verso destra aveva già tradito altri corridori. Ci si arriva velocissimi e si ha la pretesa di farla frenando il meno possibile. Pretesa impossibile anche per un mago della bici come l’olandese, che è finito pesantemente sull’asfalto. Il Boa dei suoi scarpini Shimano si è strappato via, per fortuna c’erano i lacci a tenergli chiusa la scarpa. E’ caduto, ha imprecato, si è rialzato, è ripartito. E degli altri non si vedeva ancora l’ombra. Quando li abbiamo visti passare ai piedi della penultima scalata a Montrose Street, avevano le facce spente e lo sguardo sbarrato.

«Non ho corso particolari rischi – ragiona – ma era super scivoloso. Non so ancora esattamente come abbia fatto a cadere, ero davvero furibondo con me stesso. Tutto quello che dovevo fare era restare sulla mia bici. Se quella caduta mi fosse costata il titolo mondiale, non avrei dormito per qualche notte».

Polemica Van Aert

La stretta di mano a Van Aert è stata più fredda di quella che lo stesso belga riservò al giovane Evenepoel lo scorso anno a Wollongong. Il grande belga ha fatto tutto alla perfezione, ma su quello strappo così duro ha dovuto arrendersi.

«Non faccio salti per la felicità – dice – ma devo dire che Mathieu è stato il più forte. Ero sulla sua ruota e non sono riuscito a tenerlo. Basta. Come ho conquistato il secondo posto? Ho notato che Pedersen non era molto sicuro in curva. Inizialmente avrei voluto prendere l’iniziativa sull’ultima salita e l’ho fatto, perché dopo c’erano solo curve fino al traguardo. Però non credo di averlo distanziato sullo strappo, quanto piuttosto nelle curve.

«Invece un aspetto su cui non riesco a restare tranquillo è l’assenza di comunicazioni nella corsa più importante dell’anno. Quando gli ambientalisti hanno fermato il gruppo, noi non sapevamo nulla. Eravamo lì su una strada in mezzo alla campagna, allo stesso modo in cui non ho mai saputo che Mathieu van der Poel fosse caduto».

Nello sprint per il terzo posto, Pogacar ha battuto Pedersen, non troppo a sorpresa
Nello sprint per il terzo posto, Pogacar ha battuto Pedersen, non troppo a sorpresa

Il malore di Pogacar

Pogacar è sfinito, durante le interviste è quasi svenuto e hanno dovuto portarlo via a braccia. Si aveva quasi paura nel pronosticarlo, pur sapendo che il biondino sia capace di tutto. E in effetti le sue accelerazioni si sono sentite. Proprio durante un suo scatto, si è verificata la caduta di Trentin, con il gruppo allungato allo spasimo.

«E’ stato uno dei miei giorni più difficili in bicicletta – spiega la medaglia di bronzo di Glasgow durante la conferenza stampa – e dopo l’arrivo, durante le interviste nella zona mista sono stato anche poco bene. Ho dovuto sdraiarmi e andare urgentemente in bagno, per fortuna ora le cose vanno meglio. Van der Poel è stato fortissimo, non siamo proprio riusciti a rispondergli. Aveva così tanto vantaggio, che la caduta non avrebbe potuto influire. Sul suo scatto, abbiamo dovuto tutti riprendere fiato. E’ sicuramente il giusto vincitore di oggi».

Mondiale cross, Sanremo, Roubaix e mondiale strada: il 2023 di Van der Poel è stellare
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Vendicata Wollongong

Mathieu ringrazia, ma chi l’ha seguita con attenzione ha capito che mai e poi mai gli inseguitori sarebbero riusciti a riprenderlo. A meno che, chiaramente, lui fosse rimasto più a lungo contro quella transenna.

«Diventare campione del mondo – dice – era uno dei grandi obiettivi che mi restavano. Riuscire a vincere questa maglia iridata è fantastico. Non vedo l’ora di andare in giro indossandola per un anno intero. Penso che la mia carriera sia quasi completa ora. A cosa pensavo in quegli ultini chilometri? Penso che sia stata la rivincita dell’anno scorso (quando fu coinvolto in una rissa, ndr) e per questo provo una soddisfazione incredibile».

Remco furioso, Mathieu gasato, Wout roccioso

06.08.2023
4 min
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GLASGOW – «La mia concentrazione non è stata disturbata – ha detto Remco Evenepoel prima di partire – ma personalmente penso che tutti dovrebbero stare zitti e lasciarmi fare le mie cose. So abbastanza bene a me ciò che è e ciò che non è possibile. Sia mio padre che Patrick farebbero meglio a stare zitti».

Evenepoel al via con quella che sembra essere la nuova Tarmac Sl8 di Specialized
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Remco: «Buono per attaccare»

La voce secondo cui Remco potrebbe passare subito alla Ineos Grenadiers per avere tutte le carte in regola in vista del Tour è deflagrata come una bomba, con un tempismo che lascia di stucco, pensando che l’ha messa in giro suo padre Patrick alla vigilia del mondiale. La reazione di Lefevere non è tardata ed è stata piuttosto dura nei confronti della famiglia Evenepoel, accusata di avere i violini scordati, visto il diverso tenore delle dichiarazioni. Insomma, in questa mattina mite sull’Atlantico, in casa Belgio speravano tutti di dover e poter fare altri ragionamenti.

«Può essere anche un percorso da specialisti del cross – ha proseguito Remco cambiando decisamente discorso – ma tutti sappiamo andare in bicicletta. Sarà un lungo finale, quasi undici giri. Sarà abbastanza difficile, ma siamo pronti. Siamo più forti insieme che da soli su questo percorso. Cosa ho imparato dalle gare juniores? Che non è necessariamente uno svantaggio se l’attacco viene da lontano. E questo per me è un bene».

Van der Poel ha scherzato sulla vigilia dello scorso anno. Il Tour sarà una buona base?
Van der Poel ha scherzato sulla vigilia dello scorso anno. Il Tour sarà una buona base?

Mathieu: «Non si vince in curva»

Il rivale numero uno, Mathieu Van der Poel, arriva al giorno del mondiale sicuramente meglio dello scorso anno, quando passò la notte in una centrale di Polizia, per l’accusa di aggressione dalla quale fu successivamente assolto.

«Se ho dormito meglio dell’anno scorso? Sì – ha scherzato – non poteva andare peggio. E’ un mondiale che aspettavo da tempo, un percorso che avrei sempre voluto affrontare. Quindi spero di avere anche delle buone gambe. E’ un po’ difficile stimare a che punto è la mia condizione, perché è la prima volta che continuo ad allenarmi per un obiettivo dopo un grande Giro. Sul fatto che la mia capacità di guida mi avvantaggerebbe sugli altri, non è che gli altri non sappiano fare le curve. E poi non credo che il mondiale si vincerà in curva. E’ un percorso molto difficile in cui sarà importante stare davanti. Non guarderemo solo i belgi, anche francesi e danesi hanno un blocco fortissimo».

Van Aert sente che il giorno è speciale, l’avvicinamento è andato benissimo
Van Aert sente che il giorno è speciale, l’avvicinamento è andato benissimo

Wout: «Un giorno speciale»

Sull’altra sponda belga, quella della Jumbo-Visma, Wout Van Aert è arrivato alla partenza con la calma dei giganti e insieme l’occhio laser, consapevole di avere una buona occasione e dopo un avvicinamento meno fragoroso dello scorso anno. La famiglia al seguito gli ha dato serenità, dopo che nei giorni del Tour era stato impossibile.

«Sono molto emozionato – dice – è sempre elettrizzante svegliarsi in una giornata del genere. Mi sono alzato abbastanza presto e mi sono reso conto che non sarà una giornata qualunque. E’ un circuito molto tecnico, resta da vedere cosa significherà. Di certo, non siamo più abituati a certi percorsi. Dalle corse di ieri si è capito che basta distrarsi un attimo e i distacchi si dilatano, mentre dietro è molto stressante e difficile restare nel gruppo. C’era il fuggitivo davanti e, dopo che ciascuno aveva terminato il suo turno a tirare, nessuno aveva le gambe per chiudere il buco. E’ un percorso speciale.

«Abbiamo studiato bene le nostre tattiche, ma ovviamente fare un piano è sempre facile. Ci sono molti altri corridori, quindi è particolarmente importante rispondere bene a tutte le situazioni che andranno a creare».

Philipsen-Van Aert, si discute già sulla volata dei mondiali

01.08.2023
4 min
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Jasper Philipsen sembra fatto apposta per suscitare clamore. E così, dopo essersi inimicato una fetta di gruppo con alcuni atteggiamenti spregiudicati al Tour, la sua risposta a una domanda sui mondiali di Glasgow ha fatto insorgere l’orgoglio belga. E’ successo infatti che negli ultimi giorni francesi, gli abbiano chiesto come si comporterà con Mathieu Van der Poel che in quell’occasione sarà un avversario. E Philipsen, forse avendolo accanto e certo sbagliando, ha risposto che non farà nulla per mettergli i bastoni fra le ruote. Apriti cielo!

«Non è stata un’affermazione appropriata – ha spiegato il cittì Vanthourenhout – ma Jasper si è scusato. E’ stata una domanda improvvisa che ha ricevuto al Tour. In quel momento, avere Mathieu accanto ha influenzato la sua risposta».

Il Criterium di Herentals si svolge nel quadro di Herentals Fitest Feest (foto Event Photography Peter)
Il Criterium di Herentals si svolge nel quadro di Herentals Fitest Feest (foto Event Photography Peter)

Belgio a tre punte

Quel che però resta è il quesito che la conferenza stampa del Belgio non ha fugato del tutto: chi farà l’eventuale sprint al mondiale tra Van Aert e Philipsen?

«Dipende da chi si sentirà ancora meglio dopo una gara difficile – ha risposto Vanthourenhout – ma sono abbastanza sicuro che Wout e Jasper (in apertura l’immagine Photonews dal Criterium di Herentals) non seguiranno la stessa tattica di corsa. Con Remco e Wout possiamo correre in modo molto offensivo. Con Jasper siamo forti sulla difensiva. Abbiamo delle ottime possibilità con qualsiasi scenario di corsa. Andiamo a Glasgow con tre leader che possono vincere il titolo mondiale».

Tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: come la gestiranno a Glasgow?
Tra Philipsen e Van de Poel c’è grande complicità: come la gestiranno a Glasgow?

Poco riposo dopo il Tour

Philipsen dal canto suo ha ultimato il giro dei criterium del Belgio, dove ha monetizzato le fatiche del Tour e ha salutato i suoi tifosi.

«Diciamo che prima ho avuto bisogno di una breve fase di decompressione – dice – ma non troppo breve. Un bicchiere o forse anche due, non oltre. Domenica a Parigi abbiamo fatto una festa tranquilla con la squadra, non mi sono riposato molto dopo il Tour. Ho portato la maglia verde nei circuiti, a Herentals e ad Haast, in modo da restituire qualcosa ai miei tifosi. E anche per vendicare la mancata vittoria a Parigi contro Jordi Meeus».

Philipsen è uscito dal Tour stanco ma tirato a lucido, con la maglia verde e 4 tappe vinte (foto Instagram)
Philipsen è uscito dal Tour stanco ma tirato a lucido, con la maglia verde e 4 tappe vinte (foto Instagram)

La verde e quattro tappe

Aver perso l’ultima volata del Tour un po’ gli brucia. Ad attenuare il fastidio c’è il fatto che Jordi Meeus, vincitore dei Campi Elisi, è suo amico e compagno di allenamenti.

«Se dovevo perdere – ammette – meglio che sia stato per mano sua. E’ stato uno sprint diverso rispetto allo scorso anno. Ero già praticamente a ruota di Van der Poel e sicuramente avevo ancora le gambe, ma alla fine ho pagato il conto a un Tour difficile. Come tutti i velocisti, anche Jordi ha sofferto sulle montagne e la vittoria è stata una bella ricompensa.

«Io ho portato la maglia verde a Parigi e mentalmente è stata molto dura. Il Tour non è un giro di piacere. Ho sofferto parecchio e posso solo essere felice di esserci riuscito. Quattro vittorie di tappa sono un bel bottino, non credo che ci riuscirò tutti gli anni, quindi sono soddisfatto. Penso di poter dire che sono stato il velocista più forte del Tour».

La sua compagna Melanie ha ricevuto minacce di morte indirizzate a Jasper, che preferisce non pensarci
La sua compagna Melanie ha ricevuto minacce di morte indirizzate a Jasper, che preferisce non pensarci

Le minacce di morte

Quel che gli ha guastato parzialmente la festa sono state le minacce di morte ricevute dalla sua compagna Melanie nel momento in cui impazzavano le polemiche sulle sue presunte scorrettezze, allo stesso modo in cui fu minacciato di morte Groenewegen dopo la caduta di Jakobsen.

«E’ stato brutto – dice – ma mi rendo conto di averci pensato anche troppo. E quando inizi a pensare alle cose negative, metti da parte quelle positive. Perciò, finiti i criterium in Belgio, adesso mi concentro sul mondiale. Terrò le gambe ben salde per mostrare qualcosa anche a Glasgow».