L’abbondanza del Belgio ci ricorda Zolder 2002. Parola a Petacchi

01.09.2024
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Con Alessandro Petacchi vogliamo fare un viaggio nell’abbondanza tecnica del Belgio. Quell’abbondanza di cui già vi avevamo parlato in vista del campionato europeo, quando nel mazzo erano finiti Tim Merlier e Jasper Philipsen, i due velocisti “di Bruxulles”… Il tutto senza contare un certo Wout Van Aert. Giusto qualche giorno fa, Sven Vanthourenhout, il commissario tecnico belga, ha diramato le convocazioni. Ebbene ci sono tutti e tre. Come farà a metterli d’accordo?

Questa vicenda, e forse anche il luogo dove si disputerà l’europeo, cioè nel Limburgo, ricordano un po’ il famoso mondiale di Zolder 2002, con Mario Cipollini capitano e una serie di uomini tutti attorno a lui, tra i quali Alessandro Petacchi.

Il tecnico del Belgio, Sven Vanthourenhout, durante la proclamazione dei convocati: «Una nazionale difficilissima da fare» (foto Photonews)
Il tecnico del Belgio, Sven Vanthourenhout, durante la proclamazione dei convocati: «Una nazionale difficilissima da fare» (foto Photonews)
Alessandro, dicevamo dei problemi di abbondanza per il Belgio. Lefevere diceva di schierarli entrambi, per esempio…

Con due velocisti più Van Aert non è una cosa semplice per Vanthourenhout. Ovvio che Lefevere vorrebbe il suo atleta in corsa ed è normale che abbia spinto per quello. Ma Philipsen viene dal Tour, dove ha vinto, mentre Merlier ha ripreso adesso a correre. Tim veniva dal Giro d’Italia, dove aveva vinto anche lui. Sono la squadra super favorita. Hanno anche Van Aert che sta andando molto forte alla Vuelta e magari alla fine sarà lui il capitano del Belgio.

Perché?

Perché il percorso è veloce, ma presenta anche qualche piccola difficoltà e poi c’è anche del pavè. Per me non è così facile. Loro dovranno tenere la corsa, e con due uomini veloci più Van Aert, dovranno farlo in cinque.

Uno dei quali è Jordi Meeus, che in pratica è un velocista aggiunto…

A questo punto, fossi stato il cittì del Belgio, avrei portato un velocista in meno e un uomo in più da far lavorare.

Dopo aver vinto al rientro in gara al Polonia, pochi giorni fa Merlier (a destra) è caduto al Renewi Tour
Dopo aver vinto al rientro in gara al Polonia, pochi giorni fa Merlier (a destra) è caduto al Renewi Tour
Merlier e Philipsen sono compatibili? Ed eventualmente come potrebbero convivere?

La vedo difficile. Se gli chiedi di fare l’europeo o il mondiale, entrambi ti dicono di sì. Ma sono rivali prima di tutto. Il discorso è un po’ diverso da quello che fu tra me e Cipollini all’epoca. Primo, lui era già Cipollini, in più quell’anno aveva vinto la Sanremo, la Gand… dava più garanzie per certe corse e certe distanze rispetto a me. Philipsen e Merlier sostanzialmente sono sullo stesso livello, stanno vincendo adesso in questa fase di carriera. Io credo che Vanthourenhout abbia già scelto il leader, tra i due.

Chi è?

Credo abbia scelto sulla base di quanto ha visto quest’anno e quindi Philipsen (che ha vinto anche ieri, ndr). In primis, per il secondo in una corsa lunga e dura come la Roubaix, poi per la Sanremo. Jasper ha dimostrato che dopo 250-300 chilometri il suo sprint non perde troppa potenza. Sono vittorie di un altro livello rispetto a quelle di Merlier, danno più garanzie. 

Merlier non potrebbe fare l’apripista?

Meglio uno Stuyven allora (che non è stato convocato, ndr) che è più forte e ha dimostrato di saperlo fare. Lo abbiamo visto al Giro con Milan. Merlier non so com’è in questo ruolo. Magari è bravissimo, ma ribadisco che sono rivali e che tutto sommato stanno vivendo una carriera parallela. 

Chiaro…

Sarebbe davvero brutto in un europeo, per di più in Belgio, vedere due atleti della stessa nazione disputare lo sprint. L’unica cosa che al massimo potrebbero fare è essere super onesti e ad un certo punto della corsa chi dei due non è super, decide di mettersi a disposizione dell’altro. Ma se fossi nei loro panni, direi di no.

Anche Philipsen è tornato in gara dopo il Tour. Qui è battuto da Milan, ma sta già ritrovando la sua brillantezza
Anche Philipsen è tornato in gara dopo il Tour. Qui è battuto da Milan, ma sta già ritrovando la sua brillantezza
Facciamo un passo indietro, Alessandro: Zolder 2002. Situazione vagamente simile. Anche quella volta c’erano tre velocisti: tu, Lombardi e Cipollini…

Lombardi era lì perché era l’ultimo uomo di Mario e non perché fosse un velocista. Io ero lì perché ero andato bene in primavera e al Giro. Nella prima parte di stagione Cipollini lo avevo anche battuto, ma come detto, lui aveva inanellato una serie importante di vittorie e sarei andato per aiutare. Ero adatto a quel percorso. Già se fosse stato l’anno dopo, il 2003, probabilmente non avrei accettato.

Comprensibile…

Quella era una squadra forte con un solo unico leader ed un obiettivo e non poteva non andare così. Abbiamo preso in mano la corsa sin da subito. Non ci sono mai stati rivali in campo, abbiamo fatto e gestito noi azzurri tutta la gara. Quella nazionale era fortissima per quel tipo di percorso.

Che lavoro fece Ballerini? Ricordiamo anche di qualche polemica che girava prima del mondiale: qualcuno metteva in dubbio che avresti rispettato i ruoli…

So bene a cosa vi riferite. Tutto nacque da Giancarlo Ferretti, mio diesse alla Fassa Bortolo, che un po’ spingeva per me e un po’ non amava molto Cipollini. Fece delle dichiarazioni e i giornalisti iniziarono a parlare di questa cosa. E io rischiai persino di fare la riserva! Al mondiale ero in camera con Bramati, corridore importante, esperto e uomo fidato di Ballerini. Ogni sera in hotel, mi parlava un’ora, un’ora e mezza della corsa. Voleva fare gruppo, sincerarsi che stessi ai patti e che accettassi il lavoro da fare… Ma non ce n’era bisogno. Io non dissi mai di non essere d’accordo.

Che storie!

Solo il venerdì sera ebbi un incontro da solo con Ballerini. Gli risposi che se fossi venuto per fare la mia corsa con Cipollini in squadra, me ne sarei stato a casa. Gli dissi che poteva contare su di me, che mi sarei messo a disposizione. Poi è chiaro che se Mario avesse avuto dei problemi, se fosse caduto, a quel punto si sarebbe corso per me.

Ballerini e Petacchi a colloquio. Ma nel mondiale di Zolder per il Peta non ci sarebbe neanche stato bisogno di parlare
Ballerini e Petacchi a colloquio. Ma nel mondiale di Zolder per il Peta non ci sarebbe neanche stato bisogno di parlare
Il che era anche scontato…

Fare quel mondiale sarebbe stata comunque un’occasione, anche se avessi lavorato per lui. Se fossi rimasto a casa perché volevo essere io il leader quell’occasione non l’avrei avuta a prescindere. Quindi diedi la mia parola a Ballerini e la mantenni.

E tirasti anche forte nel finale. Dai 750 metri…

Diciamo dal chilometro e cento – interrompe con fermezza e orgoglio Petacchi – ai 350 metri (qui il video dei 1.500 metri finali, ndr). Davanti a me infatti ci sarebbe dovuto essere Bettini. Ma Paolo rimase intruppato in un contatto con Freire e non riuscì a risalire. Per non rallentare il treno entrai subito in scena io e tirai il più possibile. Fu una situazione complicata. Se mi fossi spostato prima non sarebbe stato uno scandalo.

Già fare 400 metri al vento in quelle situazioni è qualcosa di mostruoso. Figuriamoci 700 metri…

Avrei poi lasciato lungo Lombardi e magari Cipollini non avrebbe vinto. A quel punto immaginate che discussioni che sarebbero emerse. “Petacchi non si è tirato indietro, non ha fatto lui la volata, ma ha cercato di fargliela perdere”. Per questo dico che tra Merlier e Philipsen non sarà facile.

Belgio al bivio: agli europei con Merlier o Philipsen?

26.08.2024
5 min
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Sono passati dieci anni dalla scomparsa di Alfredo Martini, eppure c’è chi in Belgio avrebbe bisogno della sua arte e della sua saggezza. Per fare la squadra da schierare ai prossimi campionati europei e mettere d’accordo Philipsen e Merlier (i due sono insieme a Matthews nell’apertura) sarebbe davvero preziosa la capacità di sintesi di chi ha schierato Moser con Saronni. Oppure Bugno, Fondriest e Argentin. Ma Alfredo non c’è più e per Sven Vantohurenhout la scelta si prospetta come una bella gatta da pelare. Al punto da avergli fatto dichiarare di trovarsi nel momento più difficile della carriera.

L’ultimo capolavoro di Vanthourenhout (il terzo da destra) è stato l’oro olimpico di Evenepoel (photonews.be)
L’ultimo capolavoro di Vanthourenhout (il terzo da destra) è stato l’oro olimpico di Evenepoel (photonews.be)

La provocazione di Lefevere

A rendergli il compito ancor più scomodo ci si è messo Patrick Lefevere, manager di Merlier alla Soudal-Quick Step. Dopo aver lodato le capacità del tecnico, il vecchio belga si è detto certo che agli europei Vantohurenhout porterà il suo corridore. Perché a suo dire lo merita più dell’altro. Perché è vero che Philipsen ha vinto tre tappe al Tour, cui Merlier (che ne ha vinte 3 al Giro) non ha partecipato dovendo lasciare spazio a Evenepoel, ma lo avrebbe fatto solo grazie a Van der Poel.

«Spero che alla base di questa scelta – ha detto – non ci siano giochi politici. So che i corridori stessi non ne sono entusiasti, ma se fossi il tecnico della nazionale, selezionerei sia Merlier che Philipsen, perché entrambi possono fare la propria corsa. In una gara a tappe, una squadra con due velocisti non è mai una buona idea, ma i campionati europei durano un giorno. A volte la scelta migliore è non fare una scelta».

Nel 2002 il capolavoro di Ballerini fu vincere il mondiale con Cipollini mettendo al suo servizio Petacchi
Nel 2002 il capolavoro di Ballerini fu vincere il mondiale con Cipollini mettendo al suo servizio Petacchi

Come a Zolder 2002

In realtà ci sarebbe bisogno anche di Franco Ballerini. Il cittì toscano, che in quei giorni aveva comunque Martini al fianco, si trovò a fare la squadra per i mondiali di Zolder. La zona è la stessa e anche il percorso è simile: 222 chilometri con appena 1.273 metri di dislivello. E quella volta, Ballero per tirare la volata a Cipollini portò Petacchi e Lombardi, con il giovane Bennati come riserva. Ci fu una sorta di patto d’onore fra gli azzurri e tutto funzionò alla perfezione. I belgi saranno in grado di fare lo stesso?

«Ogni giorno rispondo al telefono e sono in contatto con i corridori – dice Vanthourenhout – voglio dare presto la squadra. In realtà guardiamo tutti a quei due nomi, ma la rosa è parecchio più ampia. Abbiamo anche Meeus, Thijssen, Van Aert o De Lie. Ci sono tanti bravi velocisti in questo momento. Ma certo, se parliamo di velocisti puri di altissima qualità, torniamo a Philipsen e Merlier. Se ci sarà da lasciarne a casa uno, sarà molto importante comunicare chiaramente il motivo per cui ho preso la decisione. Ma con Jasper e Tim è una cosa molto difficile. Non ci sono argomenti a favore di uno sull’altro».

La variabile Van Aert

Il discorso porta nella stessa direzione indicata da Lefevere, a patto però che alla fine entrambi convergano su una sola volata e non su due sprint paralleli. La soluzione potrebbe gettare nello scompiglio gli avversari, ma potrebbe anche sgretolare la forza della squadra belga.

«Stiamo valutando se è possibile averli entrambi», spiega Vantohurenhout, che ha già gestito la convivenza di Evenepoel con Van Aert a Wollongong e Parigi. «Tuttavia il mio punto di vista è sempre stato che una squadra con due velocisti sia molto difficile da guidare. Tim e Jasper conoscono la mia posizione».

I due hanno corso insieme nel 2021 e 2022 e gli capitava spesso di partecipare alle stesse corse, però allora Merlier era il velocista già affermato e Philipsen il giovane che spingeva per uscire. Ora i due sono quantomeno alla pari, salvo che nel frattempo Philipsen ha vinto la Sanremo ed è arrivato secondo alla Roubaix.

L’attuale Van Aert della Vuelta potrebbe essereun autorevole candidato al ruolo di leader agli europei
L’attuale Van Aert della Vuelta potrebbe essereun autorevole candidato al ruolo di leader agli europei

«So che potrebbero farlo – annota Vantohurenhout – ma alla fine sarò sempre io che prendo la decisione: li ascolterò e poi seguirò il mio istinto. Se non dovesse finire bene, starà a me renderne conto. E se poi Van Aert dovesse dire di voler partecipare, le cose saranno ancora più complesse, perché a quel punto non è detto che servano entrambi i velocisti. Non è che perché uno fa sempre e solo le volate, in nazionale non possa fare qualcosa di diverso. Comunque a breve arriverà la squadra. Non penso sia colpa mia, al momento però abbiamo un’abbondanza enorme di corridori con le stesse caratteristiche. E’ un enigma difficile da risolvere, ma questa settimana vorrei sciogliere gli ultimi nodi».

Sul traguardo con le ali aperte, Van Aert riallaccia il filo

20.08.2024
5 min
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«E’ questo il posto cui appartengo», ha detto Van Aert subito dopo aver vinto la terza tappa della Vuelta. «Corro per vincere. Sono arrivato qui con un’enorme motivazione. Ero ansioso di vincere una tappa e oggi è arrivato il giorno. Ho avuto dei dubbi nei mesi successivi alla caduta, ma durante il Tour de France ho sentito che prima o poi avrei potuto raggiungere il mio livello migliore. Questo risultato mi rende molto felice».

La tappa verso Castelo Blanco, la terza in Portogallo, misurava 191,2 chilometri
La tappa verso Castelo Blanco, la terza in Portogallo, misurava 191,2 chilometri

La volata e poi il volo

La tappa di ieri a Castelo Blanco non era una frazione banale, ma quando la maglia roja della Vuelta ha lanciato lo sprint, si è ricordato di essere semplicemente Wout Van Aert. Quello che in salita metteva in croce Pogacar, a crono se la giocava con Ganna e allo sprint teneva testa ai migliori velocisti. Ed è per questo che dopo l’arrivo il belga ha aperto le ali e mimato il gesto di volare, come il 5 luglio 2022 a Calais. Quel giorno anticipò il gruppo e vinse la quarta tappa del Tour. Van Aert è tornato e non è stato niente di facile, forse per questo dopo l’arrivo erano tutti contenti per lui.

«E’ bello quando le cose vanno così – ha detto dopo la vittoria – vale la pena avere pazienza. E’ passato molto tempo dall’ultima volta che avevo potuto agitare di nuovo le braccia e adesso mi sento bene».

Non vinceva dalla Kuurne-Bruxelles-Kuurne del 25 febbraio, la caduta di un mese dopo alla Dwars door Vlaanderen ha chiuso in modo drammatico la prima parte della sua stagione e la risalita è stata più ripida di qualsiasi colle alpino avesse affrontato in precedenza.

Una preparazione particolare

Vincere una tappa era il suo obiettivo personale per questa Vuelta, ma non deve essere stato facile arrivarci dopo la caduta, la rincorsa al Tour, il Tour, le Olimpiadi e la necessità di ripartire.

«E’ stato abbastanza impegnativo nelle ultime settimane – ha spiegato – non è stata una normale preparazione per un Grande Giro, specialmente con le Olimpiadi subito dopo. Mi sono preparato cercando di mantenere quello che avevo alla fine del Tour, mentre devo dire che mentalmente è stato abbastanza facile perché ho ancora fame per questa stagione. Sto bene. Mi sentivo bene anche alle Olimpiadi e negli ultimi dieci giorni a casa credo di aver lavorato bene, anche se senza correre, è sempre difficile capire la forma che hai. Diciamo che va bene per settembre e per fare una bella corsa. Non ho intenzione di risparmiare energie, voglio fare bene e aiutare i miei compagni. Penso che i mondiali quest’anno siano davvero difficili, spero di andarci e avere una piccola possibilità, ma di sicuro sarà una piccola possibilità. Quindi preferisco cogliere le opportunità che troverò qui in Spagna».

Un bel grazie ad Affini, che ha lavorato sodo tutto il giorno
Un bel grazie ad Affini, che ha lavorato sodo tutto il giorno

Sprint ai 200 metri

Perciò questa volta è stato Van Aert a lanciare lo sprint lungo, anticipando Groves e migliorandosi rispetto al Tour, quando rimaneva sistematicamente chiuso alle transenne. Proprio l’australiano della Alpecin-Deceuninck lo aveva battuto domenica e Van Aert deve essersela legata al dito o semplicemente ha messo a punto la strategia per rifarsi.

«Il mio piano era di fare il contrario di domenica – ha spiegato – cioè lanciare lo sprint lungo e poi usare la mia forza. Sono partito a più di 200 metri dal traguardo. La strada era leggermente in salita, lo sprint perfetto per me, e ho sorpreso Groves. Mi sono sentito bene domenica e stavo bene anche oggi. La squadra è stata forte e mi ha messo in una posizione perfetta. Questo mi ha dato la fiducia necessaria per concludere il lavoro».

Nelle interviste dopo la tappa, la gioia per il successo e la consapevolezza della salita odierna
Nelle interviste dopo la tappa, la gioia per il successo e la consapevolezza della salita odierna

Iniziano le salite

Oggi la pacchia finirà. La quarta tappa propone il primo arrivo in salita al Pico Valluercas, a quota 1.544, in una tappa con tre salite prima di quella d’arrivo. Per essere il Van Aert che sarebbe venuto al Giro per fare classifica, si potrebbe pensare che farà di tutto per tenere. Ma avendo davanti il Van Aert in ripresa dopo l’incidente, anche la sua ambizione fa fatica a puntare troppo in alto.

«Ormai il divertimento finisce – ha riso ieri dopo l’arrivo – sarò felice di cedere il ruolo di leader della squadra a Sepp Kuss e Cian Uijtdebroeks. Sarà il primo test tra i corridori di classifica e per me sarà molto difficile mantenere la maglia di leader. Mi mancava il sapore della vittoria e l’ho ritrovato, ma sono venuto alla Vuelta per aiutare i miei compagni e ora il momento è arrivato. E’ un anno diverso dal solito, non è detto che non possa essere ugualmente bello».

Modolo e le volate di Van Aert al Tour de France

13.08.2024
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Il Tour de France è stato il trampolino di lancio perfetto per l’appuntamento olimpico di Parigi 2024. Molti corridori che sono stati protagonisti nella corsa a cinque cerchi sono passati dalla Grande Boucle. Oltre al vincitore Remco Evenepoel, anche il suo compagno di nazionale Wout Van Aert ha corso sulle strade del Tour prima di andare a Parigi. Il belga della Visma-Lease a Bike ha sfruttato quelle tre settimane per gettare una base in vista della corsa olimpica. Ma, come ogni grande campione, non si è tirato indietro e si è dato spesso da fare cercando di cogliere il bersaglio grande: una vittoria. 

A Rimini, nella prima tappa è arrivato terzo, una grande occasione sfumata, il percorso era favorevole
A Rimini, nella prima tappa è arrivato terzo, una grande occasione sfumata, il percorso era favorevole

Qualche incertezza

Van Aert l’ha sfiorata in un paio di occasioni, nella 12ª e 13ª tappa, nelle quali ha colto due secondi posti dal gusto un po’ amaro. Il belga ha sfruttato la Grande Boucle per lanciarsi in qualche volata e testarsi in questo nuovo campo. Difficile però entrare nel novero dei velocisti quando al Tour ci sono tutti i migliori. Di questo si è accorto Sacha Modolo, ex corridore e sprinter, che con il suo occhio tecnico non ha mancato di sottolineare appunti e note emerse dal Van Aert velocista.

«Va detto – spiega subito Modolo – che parlo da estimatore di Van Aert, non da critico. Lui è un corridore fortissimo, il quale però al Tour non è arrivato al massimo della condizione e in alcuni momenti si è visto. Rispetto all’anno scorso era più insicuro, probabilmente a causa dell’infortunio patito in primavera. L’avvicinamento al Tour non è andato come previsto e questo ha un po’ minato la sua sicurezza, non era in condizione top. Poi va sottolineato che Van Aert anche al 90 per cento va più forte di metà dei corridori in gruppo. Però per vincere serve essere al massimo, specialmente in una gara così importante».

Dov’è Van Aert? Stretto alle transenne, mentre gli altri sprintano lui è costretto a rialzarsi
Dov’è Van Aert? Stretto alle transenne, mentre gli altri sprintano lui è costretto a rialzarsi
Da cosa lo hai notato?

Dalle volate. Ogni volta che si lanciava in uno sprint limava fino all’ultimo, cercando di guadagnare terreno attaccato alle transenne. Non è però una mossa vincente quando sei in una volata, il velocista è furbo e quando vede l’ombra chiude la porta. In maniera più o meno scorretta, ma poi questo è un problema dei giudici. 

Cercare le transenne è un segno di debolezza?

In generale sì, ma qualche tempo fa di più. Ora vedo tanti velocisti che fanno le volate vicini alle transenne. Se sei in testa è un modo per rimanere coperti un po’ di più. Gli spettatori e le transenne proteggono dal vento, se invece sei a centro strada rimani scoperto. Però un conto è quando si parte dal centro e poi si va verso le transenne, altro quando si scatta già attaccati al bordo. 

Essere chiusi diventa più semplice.

Rimani coperto e riparato dal vento, ma se non trovi lo spiraglio non passi mai. E il velocista forte, quello che è anche furbo, lo spazio sulle transenne lo chiude. Van Aert al Tour provava sempre a uscire all’ultimo e rimaneva sempre penalizzato. Ad onor del vero va detto che non avendo un treno non poteva prendere il centro della strada e primeggiare, ma doveva fare le volate di rimessa. Però al Tour non ho visto questi treni devastanti, forse la Alpecin era l’unica in grado di comandare. 

Cosa gli è mancato, solo la condizione?

In realtà anche l’occasione giusta. Non ci sono state tappe mosse dove i velocisti arrivavano cotti e lui poteva inserirsi e vincere perché più fresco. Van Aert le volate ristrette rischia di dominarle, talmente è forte. Ha tanti watt e uno scatto importante, ma non ha l’esplosività pura tipica degli sprinter. Magari gli mancano quei 20 watt, sono pochi ma fanno tanta differenza. 

Con il passare dei giorni il divario con i migliori si assottiglia, le chance aumentano
Con il passare dei giorni il divario con i migliori si assottiglia, le chance aumentano
Perché?

La volata da qualche anno a questa parte è diventata tenere dei watt altissimi per 30 secondi. Ti trovi alle spalle dell’ultimo uomo che sei già a 1.000 watt, di media in quei 30 secondi devi avere 1.150 o 1.200 watt. Il picco di potenza di 1.800 watt conta fino ad un certo punto se poi non riesci ad essere costante. Questi sono numeri di un velocista medio, con un peso intorno ai 72 chilogrammi. Questo l’ho imparato alla Alpecin, quando correvo con loro, per il velocista ciò che conta sono i watt puri sui 500 metri.

Van Aert non ha questi numeri…

Non perché sia scarso ma perché per averli dovrebbe snaturarsi un po’. Avete visto che accelerazione ha fatto per seguire Van Der Poel sulla salita di Montmartre? Spaventosa. Però scattare in salita è diverso rispetto a farlo in pianura. Sono due prestazioni totalmente diverse. 

Come potrebbe fare Van Aert per vincere una volata?

Nelle corse a tappe di tre settimane lui può emergere nell’ultima, quando i valori si pareggiano e i velocisti sono stanchi. In quei casi i numeri un po’ scendono e lui può dire la sua. Oppure nelle frazioni mosse, nelle quali rimane più fresco e riesce a infilare i favoriti. Per vincere le volate testa a testa dovrebbe snaturarsi e non gli conviene.

“Remco il maturo” si è preso il Belgio. Ora è popolare come Wout

01.08.2024
4 min
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Se si leggono i titoli di giornale e i siti belgi, c’è una standing ovation unilaterale nei confronti di Remco Evenepoel. L’enfant prodige fiammingo dopo gli ultimi successi ha travolto tutti. Con la sua ondata di entusiasmo e di gioia, per i grandi risultati ottenuti, ha appianato molte differenze a quanto pare.

E’ noto che il Belgio fosse tutto o quasi per Wout Van Aert, specie per quel concerne il tifo. Tutti amano Wout, non a tutti stava simpatico Remco. Ma adesso? 

Tra Tour e Olimpiadi si è visto un Remco commosso, più umano
Tra Tour e Olimpiadi si è visto un Remco commosso, più umano

Remco il maturo

Dopo il Podio al Tour de France e l’oro olimpico di Parigi le cose sembrano essere cambiate parecchio.

«Sì – spiega Guy Van Den Langenbergh, giornalista della Gazet van Antwerpen e dell’Het Nieuwsblad – ma sono cambiate non tanto per i risultati, che Evenepoel ha sempre riportato, quanto piuttosto per il suo atteggiamento. Per il suo modo di porsi. E’ lui che è cambiato».

Certamente da quando è andato al Tour de France e si è scontrato con i più grandi, per la prima volta se ci si pensa bene, la rotta si è invertita. Probabilmente il fatto di ritrovarsi in un palcoscenico tanto importante, lo ha indotto giocoforza a rivedersi. Remco non poteva essere “spaccone” o irriverente come in altre occasioni.

«Quando dico che Remco è cambiato, non è più come in passato quando diceva: “Ora vinco”. No, stavolta parlava di una top cinque come un buon risultato. Diceva che salire su un podio sarebbe stato un successo. Ha ammesso i suoi limiti in salita. Abbiamo dunque un Remco più maturo, più intelligente nel modo di porsi. Sì, maturo: questa è la parola giusta».

E questo è vero. Pensiamo per esempio a quelle battute a fine tappa con Pogacar, quel modo indiretto di riconoscere la superiorità dello sloveno ha significato molto per i belgi. E anche l’atteggiamento in corsa ha inciso secondo noi. Pensiamo al modo di correre: il salire di passo e non mollare quando Pogacar e Vingegaard scattavano. L’anno scorso alla Vuelta alla prima occasione in cui perse due metri, poi naufragò. All’improvviso Remco è parso più rispettoso. Appunto più maturo.

Le ultime settimane hanno ridotto se non azzerato la differenza di popolarità con Van Aert, vero beniamino dei belgi
Le ultime settimane hanno ridotto se non azzerato la differenza di popolarità con Van Aert, vero beniamino dei belgi

Sul trono con Wout

Come dicevamo, Van Aert era il più amato in assoluto, ora i due sembrano essere alla pari. In qualche modo anche Evenepoel si è preso tutto il Belgio. Non ha più solo i tifosi dei vari fans club.

«Ma Wout resta Wout – prosegue Van Den Langenbergh – anche lui ha continuato ad avere i suoi sostenitori. Dopo la caduta alla Dwars door Vlaanderen e tutto il percorso di recupero che ne è conseguito ha sentito il sostegno dei tifosi. Le fratture, il lavoro per tornare in bici, la fatica del Tour, le volate in Francia e poi la crono olimpica (gettando il cuore oltre l’ostacolo con l’azzardo della doppia lenticolare, ndr)… Van Aert è sempre amato. Ma certo adesso sono alla pari in quanto a livello di popolarità».

Colleghi corridori, giornalisti, campioni, anche chi non era perfettamente allineato con Evenepoel adesso si è ricreduto. Pensiamo a Greg Van Avermaet per esempio. Ma soprattutto Remco è stato in grado di far cambiare idea persino a sua maestà: Eddy Merckx. Tra le tante punzecchiate del Cannibale, ricorderete le critiche sul ritiro dal Giro d’Italia. O l’ingiusta, sempre secondo Merckx,  convocazione per i mondiali del 2021, tanto per dirne due. A sua volta Remco punzecchiò Eddy: «Deve sempre dire qualcosa». Insomma, i due non si amavano troppo, mettiamola così.

«Senza dubbio – va avanti il giornalista belga – Remco era atipico nel suo modo di porsi. E Merckx lo ha criticato in modo diretto. Diceva che parlava troppo, anche i suoi genitori a volte avevano replicato a Merckx con toni forti. Invece proprio Eddy era a Parigi e lì ha incontrato i genitori di Remco. Adesso anche lui ha riconosciuto un cambiamento del ragazzo e l’incontro con la famiglia Evenepoel è stato disteso, sereno. Ora tra i due c’è comprensione».

Durante il Tour de France si è visto un Evenepoel sempre disponibile con la stampa
Durante il Tour de France si è visto un Evenepoel sempre disponibile con la stampa

La stampa apprezza

Tutto questo discorso su Evenepoel e la sua popolarità si riversa poi anche nei confronti della stampa. A volte i rapporti erano di carta vetrata, anche se va detto che uno come Remco è stato e resta una manna per i giornalisti. Evenepoel ha sempre fatto scrivere. E spesso lo ha fatto proprio per le sue uscite colorite. Però non sapevi mai che Remco avresti trovato dopo avergli messo il microfono sotto al naso.

«Il rapporto è cambiato anche nei confronti di noi giornalisti – ha concluso Van Den Langenbergh – Remco è più aperto. In questi ultimi mesi lui sapeva quello che volevamo. Ogni giorno ci ha dato qualcosa. Ha trovato un buon equilibrio nel parlare, nella quantità di cose da dire, e lo ha fatto in modo franco. Anche questo si è percepito bene. Remco è molto comunicativo. Mi sento ancora di utilizzare il termine maturo».

Ganna contro Remco, la differenza l’ha fatta la pista?

28.07.2024
6 min
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«Ganna purtroppo – dice Malori cambiando tono – ha sempre, passatemi il termine, la spada di Damocle della pista. Lui è l’unico in gara che partiva per vincere, ma che ha preparato anche la pista. Gli altri del podio vengono dal Tour, un’altra gamba. Quindi per me sulla carta, Ganna oggi avrebbe anche potuto avvicinare Evenepoel, magari fare qualche secondo in meno. Però chiaramente, dovendo fare entrambe le preparazioni, non ha potuto curare tutto al meglio come esigerebbe un’Olimpiade. Non voglio fare il saputello, ma se ti alleni per essere Cristiano Ronaldo, non sarai pronto per fare il centrocampista e viceversa».

La crono e la pista, le due facce della stessa anima: non chiedete a Ganna di scegliere, non potrebbe. Però è innegabile che la specializzazione estrema pretende l’esclusività del lavoro e questo potrebbe risultare penalizzante. A noi piace tanto il Ganna che rincorre (e ottiene) medaglie nell’una e nell’altra, ma possiamo capire il ragionamento estremamente concreto di chi punta all’oro e non vede alternative.

La crono di Parigi ha emesso i suoi verdetti e i 15 secondi fra l’oro e l’argento, tre più di quelli dello scorso anno ai mondiali, per Malori si spiegano con la diversa preparazione. Adriano le Olimpiadi non le ha mai corse, sarebbero state il suo obiettivo di quel 2016 in cui la vita cambiò per la caduta in Argentina. Da allora però non si perde una crono e la sua analisi di quello che vede è spesso diretta e pertinente. Per questo gli abbiamo chiesto di rileggere insieme la prova olimpica di ieri, con la vittoria di Evenepoel su Ganna e Van Aert.

Grande crono per Ganna, ma la coabitazione con la pista porta a sacrificare qualcosa?
Grande crono per Ganna, ma la coabitazione con la pista porta a sacrificare qualcosa?
Si può dire che ti aspettassi un risultato simile?

Mi aspettavo vincesse Evenepoel. Se il percorso fosse stato asciutto, sarebbe stato perfetto per passisti pesanti, come Tarling e Ganna, ma Remco vola quando esce dai Grandi Giri. Mi ricorda quello che fece nel 2022, quando vinse la Vuelta e ai mondiali in Australia fece terzo nella crono e dominò la prova in linea. Perciò, quando ho visto che è uscito così bene dal Tour, ho detto che avrebbe vinto di sicuro. Poi mi aspettavo Tarling secondo e Ganna terzo e forse se l’inglese non avesse bucato, sarebbe andata così. Però comunque Filippo ha fatto una grande prestazione, secondo me, anche per il fatto che la sua preparazione è sempre divisa tra crono e pista.

Quindi secondo te la pioggia ha inciso?

Sì, assolutamente. Però sono convinto che questo rende ancora più notevole la performance di Evenepoel. Sappiamo che Remco non è un drago a guidare la bicicletta. Anche sullo sterrato al Tour abbiamo visto che era in difficoltà rispetto a Pogacar e Vingegaard, quindi sicuramente nelle curve, rispetto a Van Aert, ha pagato dazio. Per questo la sua prestazione prende ancora più risalto. Il fatto che abbia vinto con un margine di soli 15 secondi mi fa pensare che con l’asciutto ne avrebbe guadagnati tranquillamente altri 10.

Tarling ha pagato il cambio di bici per foratura e la necessità di rilanciare dopo le curve
Tarling ha pagato il cambio di bici per foratura e la necessità di rilanciare dopo le curve
Ha vinto il mondiale con 12 secondi, questa volta con 15: il gap cresce invece di scendere…

Purtroppo il problema con Evenepoel, tra virgolette, è che ha una potenza eccezionale, peso ridotto, ma soprattutto un coefficiente aerodinamico irrisorio. Remco ha un quarto del CX di Ganna e Tarling, perché è minuto e pesa 60 chili, quindi è duro da battere. In più ha finito il Tour increscendo. Il segnale è stato quando nell’ultima tappa di montagna ha messo la squadra a tirare per attaccare il secondo posto. Poi Vingegaard l’ha staccato, perché in salita va il doppio anche se è all’80 per cento. Per questo dico che mi aspettavo una prestazione di altissimo livello.

E’ parso anche pedalare a una frequenza maggiore.

Sì, anche secondo me e questo è sicuramente un altro segno di grande condizione. Però parlando di Ganna, ho visto dalla muscolatura notevole. Si vede che ha allenato tanto la forza, perché nel quartetto partirà da fermo con il 66×14, quindi dovranno avere una forza disumana. Per questo ci sta che fosse un po’ più duro. Invece secondo me, la grande sorpresa, visto come era andato ultimamente, è stato Van Aert. Finalmente ha rialzato la testa, dopo un anno in cui anche prima dell’incidente non era neanche parente del corridore che faceva staccare Pogacar in salita. E’ bello averlo visto così e attenzione per la gara di sabato: se dovesse arrivare con un gruppetto di 4-5 rischia di vincere l’oro su strada.

Il bronzo propone un Van Aert in netta ripresa. Le due ruote lenticolari hanno colpito
Il bronzo propone un Van Aert in netta ripresa. Le due ruote lenticolari hanno colpito
Ti ha stupito con la scelta della doppia ruota lenticolare?

Non si vede troppo spesso, però so per certo che è una scelta molto performante. Visto il percorso, ha fatto bene a usarla, anche se con la pioggia io avrei evitato, puntando su un altissimo profilo. Su asciutto invece, sarebbe stata perfetta. Ma di certo uno che viene come lui dal cross era l’unico in grado di guidarla sul bagnato. Secondo me comunque deve averla provata da tempo, perché è parso molto sicuro della sua scelta.

E’ stata una crono corta, anche rispetto ai 44 chilometri di Tokyo. Sarebbe cambiato qualcosa con 10 chilometri in più?

Se avessero fatto 45 chilometri, Remco avrebbe dato un minuto a entrambi. E’ stato fenomenale, ma su una cosa non mi è piaciuto, cioè quando ha criticato così duramente le strade di Parigi. Poteva usare altre parole, dire che l’asfalto non è ottimale. Detto da uno che viene dal Belgio dove le strade sono di cemento con le righe, è parso eccessivo. E poi ha fatto 53,7 di media con la pioggia e le curve, quindi non era un asfalto così orrendo.

Pensi che lui possa fare bene anche su strada?

Non gli metto limiti, ma credo anche che lo strappo di Montmartre non sia tanto adatto a lui, che non è un grande limatore. Credo che il grande favorito sarà Alaphilippe. Al Giro lo abbiamo visto rialzare la testa, come non si vedeva da tanto tempo. Si è preparato in Italia, al passo San Pellegrino, per starsene tranquillo. Deve trovarsi una squadra e si corre in Francia. Secondo me sarà un duello fra lui e Van der Poel, con Van Aert che si metterà di mezzo. Anche perché per la prima volta da inizio anno l’ho visto con un peso decente. Secondo me la prova su strada sarà una gara tanto bella.

Ganna è ora atteso a una settimana di lavoro a Montichiari prima delle gare su pista
Ganna è ora atteso a una settimana di lavoro a Montichiari prima delle gare su pista
Ma volendo dire un’ultima cosa sulla crono, come fa Ganna per battere Evenepoel?

L’unico modo è trovare una crono più lineare di questa. In un percorso dove le curve abbassano molto la velocità a causa della pioggia, uno come Remco rilancia meglio la bici dato che pesa 10-15 chili meno di Ganna o Tarling. Quindi l’unica cosa è che non piova e ci siano meno curve. Perché oggettivamente è brutto dirlo, però da quando Evenepoel ha iniziato a a fare l’Evenepoel, Ganna non ha più vinto una crono titolata.

Può essere che ormai lo soffra anche psicologicamente?

Su questo discorso bisognerà fare un pezzo a parte, perché io mi trovavo regolarmente davanti Cancellara, Tony Martin oppure Wiggins. Quindi o stai a casa oppure trovare la motivazione è semplice. Cercare di capire dove migliorare, come migliorare e dare sempre il meglio di sé. E credo che Ganna lo faccia. Comunque parliamo di esseri umani, non di computer. Può esserci la giornata storta o magari capita che l’avversario non sia super e perda quel mezzo secondo al chilometro. La grossa speranza quando l’avversario è superiore è sempre questa. Adesso però facciamo di nuovo il tifo per Pippo, in pista i fenomeni siamo noi.

Ganna, le luci e le ombre di una crono bellissima

27.07.2024
6 min
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PARIGI (Francia) – La prima medaglia italiana dei Giochi di Parigi viene dal ciclismo. La conquista Filippo Ganna nella cronometro ed è anche il primo podio italiano dal 1996, cioè da quando la corsa contro il tempo è entrata nel programma olimpico.

«Ma non pesa come un oro», dice subito Pippo senza nascondersi. E‘ stato autore di una grande prestazione, a 53.331 km/h. Ma ancora una volta il belga ha fatto di più e gli è arrivato davanti di 25 secondi, rallentando leggermente nel finale. E proprio nel finale Ganna ha costruito il suo argento, mettendosi dietro Van Aert e ricacciando indietro l’assalto di un Tarling sfortunato per via di una caduta (anche Ganna ha rischiato), ma che è già proiettato nel futuro. E il primo a saperlo è proprio Filippo. «Il domani è suo, io inizio ad andare verso i 30 anni, forse l’ultima occasione per vincere l’oro olimpico era questa».

Mezzo pieno e mezzo vuoto

E’ un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, ma pur sempre mezzo. Aveva dichiarato che sarebbe uscito senza rimpianti. E’ così?

«Più di questo non potevo fare. Il rimpianto è il colore della medaglia. Mi sono difeso, ho portato a casa una medaglia. Ma da italiano è un po’ come vedere la Ferrari quando arriva seconda: ti rode. Nel finale ho trovato la motivazione per spingere come all’inizio, la prestazione è in linea con i miei valori. Non sono un drago con la pioggia, ma ho fatto il massimo. Non è bastato, ho preso quasi mezzo secondo al chilometro e questo brucia».

L’ironia di Van Aert

Con Evenepoel è una sfida infinita, che però ha quasi sempre lo stesso vincitore. «Lui è un fenomeno, un grande campione. Lo sapevamo bene sul podio, con Van Aert. Mi ha detto: “So cosa vuol dire arrivare secondo. Poi l’abbiamo presa a ridere, provando a farci un selfie sul podio, ma non è riuscito. Troppo stanchi».

A proposito di stanchezza, si diceva che Evenepoel potesse essere stanco dopo il Tour. Di sicuro non era stanco di vincere. E’ stato il più continuo in questa cronometro dove Tarling ha pagato la foratura, Van Aert è calato nel finale, Ganna ha avuto un passaggio a vuoto con una sbandata. Cosa è successo?

«Ci ripenserò. La rivedrò. Sapevo che quel punto era pericoloso, bisognava prenderlo un po’ meglio. Sul finale mi sono detto: “Filippo, è troppo tempo che aspetti, non puoi sederti proprio adesso”. E ho trovato questa medaglia, che mi dispiace non sia d’oro. Ho faticato tanto, ho dovuto buttare via la visiera perché non vedevo più neanche il manubrio. Dovevo decidere se andare a terra o vedere la strada».

Le scuse a Mattarella

Ora non è più tempo di vedere la strada, ma la pista. E per un po’ non è più tempo di vedere Parigi. «Domani tornerò in pista a Montichiari con i miei compagni e cercherò di regalare all’Italia un’altra gioia. So che i ragazzi erano insieme a vedermi sul maxischermo, ora sono pronto a raggiungerli. Dopodomani sarò di nuovo con loro».

Sulla pista non ci saranno problemi di percorso o di pioggia. «Alla fine questa era una gara intermedia – prosegue Ganna – né troppo lunga né troppo corta. Non sapremo mai come sarebbe andata con il sole, è inutile chiederselo. Ho provato a spingere fino alla fine, non so come fossi in classifica dopo la sbandata. Ho rischiato di saltare psicologicamente, ma ho continuato e sono arrivato secondo».

In quel momento ha pensato al motivo per cui quando gli si chiede a chi dedica la medaglia risponde sicuro: «A me stesso». Perché «tutti vedono i 36 minuti di gara, ma non il lavoro che c’è prima. Quello lo so solo io. E non potevo mandarlo sprecato». 

Al traguardo ha trovato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che si è complimentato. «Gli ho detto che mi è dispiaciuto farlo aspettare sotto la pioggia, ma l’ordine di partenza era quello e io ero il penultimo». Prima di Evenepoel, che è arrivato ancora una volta prima di lui. 

L’analisi di Velo

In chiaroscuro anche l’analisi del commissario tecnico Marco Velo: «Filippo ha dimostrato di essere un campione, ribaltando una situazione che poteva vederci uscire dal podio. Ci ha regalato una splendida medaglia, la prima per l’Italia in questi Giochi. La sbandata? Non me ne sono accorto, ho sentito tutta la macchina che ha urlato, l’ho visto praticamente in terra. Poi ho visto quanto è stato bravo a rimanere in piedi. Se gli succede altre cento volte, cade centoventi. Gli ho detto di resettare e riprendere la concentrazione e lui ha fatto così. Il percorso? Più che altro la pioggia.

«Un atleta col fisico di Pippo fatica a rilanciare dopo le curve col bagnato. E’ come rilanciare un camion rispetto a una macchina. Comunque ha fatto numeri impressionanti, nulla da dire. E’ un signor podio, brucia, ma siamo consapevoli di aver fatto tutto al cento per cento».

Diciottesimo Alberto Bettiol, che non ha forzato, pensando alla prova in linea. Dove cercherà riscatto anche Elisa Longo Borghini, ottava nella gara vinta da Brown su Henderson e una sfortunata Dygert, condizionata da una brutta caduta.

Vingegaard getta la maschera: sui Pirenei sarà caccia a Pogacar

12.07.2024
6 min
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PAU (Francia) – Nell’immensa bolgia che ha accolto il gruppo a Pau, a un certo punto non s’è capito più niente. Eravamo al pullman del UAE Team Emirates a parlare con Ayuso, ritirato per il covid, quando s’è sparsa la voce che Pogacar fosse caduto prima della volata. Il tempo di capire che non fosse vero e ci siamo trovati davanti alla maglia gialla che invece lo sprint addirittura l’ha fatto. Certo alla larga dallo sgomitare dei velocisti, ma pur sempre una volata di gruppo. Già è abbastanza strano – ma emozionante – che corra in attacco infischiandosene delle astuzie e le cautele del leader, ma addirittura fare la volata di gruppo?

Domani Pla d’Adet, ma prima ancora il Tourmalet e Horquette d’Ancizan accenderanno il fuoco sotto il pentolone del Tour. Finora se le sono date, ma senza mai affondare il colpo. Domani potrebbe essere l’inizio di un nuovo viaggio. Oggi per qualche chilometro, Adam Yates li ha fatti tremare. La sua presenza nella fuga poteva significare ritrovarselo nuovamente in classifica. Per questo la Visma-Lease a Bike si è impegnata per chiudere.

Sprinter Pogacar

Eppure Pogacar se la ride. Sta facendo esattamente come negli ultimi due anni: fuochi d’artificio per tutti, ogni giorno, alla prima occasione. E domani che cominciano i Pirenei, Tadej si ritroverà senza Ayuso e con Vingegaard che vuole davvero capire a che punto si trovi.

«Il finale non era stressante – spiega la maglia gialla – ero nella mia zona sicura, la mia bolla ed ho evitato tutte le situazioni più frenetiche con la mente lucida. Alla fine però ho visto la possibilità di fare un piazzamento nei dieci e ho fatto la volata. Tranquilli ragazzi, non preoccupatevi. Semmai è più preoccupante l’abbandono di Ayuso, ma credo che abbiamo ugualmente una squadra fortissima. Soler e Politt stanno facendo un lavoro incredibile. Yates e Almeida in montagna sono due sicurezze. Sono tutti in forma per il lavoro che ci attende da domani. Sono le prime salite vere, finora non ce ne sono state, tranne forse nel giorno del Galibier. Considerata la situazione della classifica generale, ora possiamo correre un po’ sulla difensiva. Vorrei vincere la tappa, ma non spenderò troppe energie per quello».

Vingegaard parla di unità della squadra e di aver finito la tappa tutti insieme
Vingegaard parla di unità della squadra e di aver finito la tappa tutti insieme

Cecchino Vingegaard

Tanto è spavaldo Pogacar, per quanto è cauto e cinico Vingegaard. Il danese non ha l’appeal, il ciuffo e i modi telegenici dell’attuale maglia gialla, ma è un grande professionista. Cento giorni fa era messo davvero male, ora è qui con la sensazione che potrebbe nuovamente giocarsi il Tour. Pogacar l’ha capito e questa consapevolezza secondo noi ha reso meno rilassanti i suoi giorni. Forse il tanto sbandierare la serenità è la prima spia di qualche preoccupazione sorta nel frattempo?

«Entriamo in un terreno che mi si addice un po’ di più – dice Vingegaard – aspettiamo con ansia i prossimi giorni. Mi sento molto bene, oggi per noi è stata una bella giornata. Siamo arrivati tutti insieme, non abbiamo perso tempo con nessuno e adesso speriamo di poter recuperare bene fino a domani. Yates in fuga non era la situazione ottimale, non volevamo lasciarlo rientrare nella classifica generale, per questo abbiamo preferito riprenderlo. Da questo punto di vista è stata una giornata dura. Abbiamo provato anche a spaccare il gruppo con i ventagli, ma alla fine i principali avversari erano ancora lì e non avrebbe avuto molto senso continuare a spingere e suicidarsi.

«Da domani però non ci sarà spazio per nascondersi, ma vedremo come verrà gestita la tappa. Dovremo solo aspettare e vedere. Non ho intenzione di dire cosa faremo domani, ma abbiamo le nostre idee. E’ il fine settimana che mi si addice meglio, per cui spero in una corsa dura. Potrei anche attaccare. Finora abbiamo ragionato sul presente, anche perché non stavo benissimo: da domani inizieremo a lavorare per il futuro».

Nostalgia di Parigi

Philipsen della presenza di Pogacar in volata dice di non essersi accorto. Non che sarebbe cambiato qualcosa. Il belga, già primo a Saint Amand Montrond, ha fatto la sua traiettoria creativa, spostandosi dal centro sulla destra e resistendo poi alla rimonta di Van Aert. Al momento del cambio di linea, Wout non ha potuto fare altro che prendergli la ruota. Sarà perché convive male con il soprannome “Disaster”, quando gli chiedono che cosa pensi delle lamentele di qualche avversario, Jasper si indurisce e taglia corto. Hai qualche commento?

«No comment. Non mi piace questa domanda». Le domande dirette si possono fare, poi tutti pronti a ricevere risposte come questa. Il belga va avanti nel discorso dicendo che solo a fine Tour faranno un’analisi per capire che cosa non abbia funzionato nella prima settimana, ma che due vittorie non sono così male. Non vuole parlare di forma che non c’era e tantomeno di sfortuna, per paura che ne chiami altra. Poi con quel ghigno furbetto da velocista spiega che è impossibile prendere nuovamente la maglia verde. E che da velocista trova singolare che il Tour non finisca a Parigi.

«E’ davvero strano – sorride (penserà già al ritiro dopo la tappa di Nimes?) – manca lo zuccherino in fondo. Non è la sensazione più bella, ma è così e non possiamo cambiarlo. In pratica sappiamo che dopo la tappa 16 ne avremo altre cinque in cui soffriremo per arrivare in fondo. Dovremo restare forti, questo è il Tour del 2024».

Van Aert aiuterà Vingegaard, ma vuole soprattutto vincere una tappa
Wout Van Aert aiuterà Vingegaard, ma vuole soprattutto vincere una tappa

Van Aert diviso a metà

Chi si va mangiando le mani è Wout Van Aert, anche oggi secondo, come se gli mancasse la forza necessaria per volgere la volata a suo favore. Sempre alla ricasca degli altri, scegliendo traiettorie non sempre ideali.

«C’erano vibrazioni da vere classiche oggi – dice – un po’ di vento, terreno collinare e tappa a tutto gas dal colpo di pistola. Mi è davvero piaciuta, per questo è un peccato che non riesca ancora a vincere. Il gruppo era piccolo, tanti pensavano di potercela fare. Ho sbagliato ritrovandomi in testa troppo presto, per il vento che c’era. Quando è così, a volte sei troppo lontano e a volte troppo davanti. Ho dovuto aspettare un po’ ai 350 metri dall’arrivo, perché sarebbe stato troppo presto. Forse se fossi partito ai 200, avrei vinto, ma non dirò mai che non sono soddisfatto del lavoro di Laporte per me. Domani inizia di nuovo un’altra gara e daremo pieno supporto a Jonas. Spero di svolgere il mio compito, ma a questo punto spero anche di vincere una tappa. Nella seconda settimana mi sto sentendo bene, il grande risultato è nelle gambe, ma devo dimostrarlo anche sulla bici».

Qualche punto interrogativo, ma Visma pronta: parola di Affini

27.06.2024
6 min
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Sono pronti a partire con il numero uno e a difendere la maglia gialla. Sono uno dei quattro “dream team” del Tour de France: sono i ragazzi della Visma-Lease a Bike. Della corazzata olandese non farà parte un pezzo importante, Edoardo Affini. Ma il mantovano, “da fuori”, ci aiuta ad analizzare bene la sua squadra e come si pone in relazione alle altre.

Affini in autunno, quando si fanno i programmi in base anche ai percorsi, era stato inserito nella lista lunga del Tour, tanto più che Wout Van Aert e Olav Kooj avrebbero preso parte alla corsa rosa. Poi le cose sono cambiate strada facendo e si è ritrovato, giustamente come sostiene anche lui, al Giro. Ma ora è tempo di Tour de France…

Affini (al centro) al termine del Giro d’Italia. Ora il mantovano è in fase di recupero
Affini (al centro) al termine del Giro d’Italia. Ora il mantovano è in fase di recupero
Al netto del forfait all’ultimo minuto per Covid di Sepp Kuss, la Visma-Lease a Bike resta uno squadrone, Edoardo…

Penso che sulla carta, i corridori che vanno in Francia costituiscono una bella selezione. Ci sono tanti campioni, anche se non mancano dei punti interrogativi.

Ti riferisci a Jonas Vingegaard?

Onestamente non conosco le condizioni di tutti. C’è da vedere un po’ come sta ovviamente Jonas, ma anche come sta Wout Van Aert. Sappiamo che se Wout sta in una certa maniera può essere fondamentale in ogni senso, come uomo jolly e come gregario per Jonas. Non penso sarà quello
del Tour del 2022… mettiamola così. E ci starebbe tranquillamente visto l’infortunio che ha avuto e  il percorso di recupero che ha fatto. Potrebbe non essere nella condizione migliore di sempre. Però è sempre Van Aert.

E Vingegaard?

Spero che Jonas vada in crescendo durante la corsa, però le sue condizioni al momento sono difficili da capire. Presumo siano abbastanza buone, altrimenti non l’avrebbero portato.

Lui quando ha ripreso realmente a pedalare?

Onestamente non lo so, è non è perché non lo voglio dire. Non conosco precisamente le tempistiche. Ad aprile avrà fatto qualche pedalata sui rulli, giusto per muovere le gambe e vedere come rispondeva il corpo. Ma sicuro, prima di maggio non è montato in bici.

Due leader, ma stavolta, anche due incognite. Cosa faranno vedere Vingegaard e Van Aert? (foto Instagram)
Due leader, ma stavolta, anche due incognite. Cosa faranno vedere Vingegaard e Van Aert? (foto Instagram)
Manca Kuss e Van Aert e Vingegaard non danno le solite certezze, Matteo Jorgenson invece sì. Può essere il jolly come ha detto anche il vostro capo? O sarà il gregario di lusso?

Può essere una pedina fondamentale per Jonas, ma io lo vedo bene anche come mina vagante per qualche tappa se ne avrà la possibilità. Tra i selezionati Jorgenson è quello che ha dimostrato la forma migliore ed è stato anche il più costante. E’ stato protagonista in primavera e si è giocato il Delfinato fino all’ultima tappa, quindi credo che si possa considerare come il corridore che dà più certezze.

Tra i punti interrogativi c’è anche Laporte…

Anche Christophe, bisogna vedere dopo il Giro come si è ripreso. Lui era caduto. Il modo e il tempo per recuperare bene e di prepararsi per il Tour lo ha avuto.

Tu, Edoardo, corri in uno di questi squadroni e al tempo stesso ci corri contro. Dov’è siete più forti? E dove invece pagate qualcosa? La UAE Emirates ha molti capitani…

E secondo me avete già centrato il nocciolo della questione. Se prendete i suoi singoli corridori la UAE è superiore… per la classifica. Sono tutti corridori che in altre squadre potrebbero puntare al podio. Forse noi siamo più squadra. Che poi anche lì è tutto da vedere, perché bisognerebbe essere in quel team e vederne le dinamiche interne. Noi della Visma-Lease a Bike siamo un po’ più completi su tutti i terreni. E abbiamo un obiettivo “più unico”.

“Più unico” rende bene l’idea…

Siamo più centralizzati su uno o massimo due obiettivi. Non abbiamo quattro corridori che fanno classifica. Siamo più votati ad una causa, mettiamola così.

Non abbiamo nominato Tratnik: lo sloveno dà garanzie su molti terreni. Un’arma in più per la Visma
Non abbiamo nominato Tratnik: lo sloveno dà garanzie su molti terreni. Un’arma in più per la Visma
Anche Bora-Hansgrohe e Ineos Grenadiers hanno le spalle larghe. Dove si possono battere? E dove daranno fastidio?

La Bora al Giro si è dimostrata una bella squadra. Ha fatto vedere di saper correre per il proprio capitano, in quel caso Martinez. Con Primoz hanno ovviamente uno dei candidati maggiori per vincere il Tour o comunque per il podio. L’unico punto di domanda può essere il fatto che Roglic e altri sono nuovi in squadra e magari hanno bisogno ancora di un filo di rodaggio. Sono aspetti che sembrano semplici, ma un po’ di tempo lo richiedono.

Anche Roglic e Gasparotto lo avevano detto dopo la Parigi-Nizza…

Siamo tutti professionisti e sappiamo cosa fare, però quel tocco in più, quello 0,5 per cento che magari ti fa dare qualcosa in più, quella comunicazione in meno che serve per prendere una decisione veloce al momento giusto… magari non ce l’hanno ancora. Se Roglic se ne è reso conto è perché veniva da 10 anni consecutivi nel nostro team e lì conosceva ogni cosa come le tue tasche.

Della Ineos invece cosa ci dici?

Sono storicamente abili nel vincere grandi Giri. Nell’ultimo periodo gli è mancato il fuoriclasse, soprattutto dopo quello che è successo a Bernal, però ragazzi hanno Thomas che è un corridore fantastico. Ha vinto un Tour. A 38 anni è ancora lì la lottare, guardate che Giro d’Italia ha fatto. Per me ha fatto un Giro esagerato. Ecco, nel suo caso bisogna valutare il recupero post Giro.

Bernal cosa può dare secondo te a questa squadra in questo momento e con quei compagni?

Per quello che abbiamo visto nella prima parte di stagione, mi è sembrato in crescita ad ogni corsa. Al Delfinato è andato forte. Ma  un po’ come in UAE Emirates anche lì sono tanti: Bernal, Thomas, Pidcock, Carlos Rodriguez… Non so chi di loro vorrà fare classifica, ma di certo sono un bel blocco. E con corridori simili ti puoi giocare anche diverse carte in base a come si mette la corsa. Puoi portare in avanscoperta uno ed aspettare con quell’altro. Hanno più opzioni. E poi, ripeto, sono esperti. Loro possono inventarsi qualcosa… sicuramente.

Kuss è uno degli scalatori più forti e mancherà molto alla causa della Visma – Lease a Bike
Kuss è uno degli scalatori più forti e mancherà molto alla causa della Visma – Lease a Bike
Torniamo a voi, Edoardo. Hai parlato di blocco, qual è il vostro blocco per la salita? Tanto più ora che manca Kuss?

Senza Sepp, l’ultimo uomo dovrebbe essere Jorgenson. Poi ci sarà Wilco Kelderman che se sta bene va veramente forte, credetemi. E anche il sostituto di Sepp, Bart Lemmen, non è affatto male. Magari dovrà prenderci un po’ la mano, soprattutto perché è la sua prima partecipazione.

Kuss è una mancanza grossa…

Penso di poter dire, se parliamo solo scalatori, che se non è il migliore del mondo è tranquillamente nei primi cinque. Sepp sa come si va in salita, è il suo terreno, sa scandire il passo come pochi altri e a diverse velocità. Quindi è chiaro che è una perdita pesante. E non è un caso che in tutti i grandi Giri che abbiamo vinto lui era presente.

Chi sarà il regista in corsa?

Di solito è Tiesj Benoot. Ma penso che anche Van Aert possa ricoprire quel ruolo lì.