GRUISSAN (Francia) – Pogacar è di buon umore. Racconta di aver fatto appena un giro con i compagni stamattina (in apertura foto di Alen Milavec) e di essersi fermato in una pasticceria, mangiando – con preghiera di non dirlo al suo nutrizionista – il miglior muffin di sempre.
La maglia gialla si racconta online, come si usa dagli anni del Covid e come le squadre amano fare per non dover allestire una sala in cui accogliere i giornalisti. In più l’impennata di casi di Covid ha indotto ASO a imporre le mascherine ai media che hanno a che fare con gli atleti. Una decisione che la gente comune non capisce, sta però il fatto che per il Covid diversi atleti hanno già dovuto rinunciare alle prove olimpiche.
In questo giorno di riposo hanno già detto la loro Vingegaard e anche Evenepoel. Il belga ha ammesso che difenderà il terzo posto e non vede l’ora di correre l’ultima crono. Dice che ha studiato le tappe che ci attendono e che ieri a Plateau de Beille lo ha motivato il fatto di aver corso più veloce di Pantani.
Pogacar è di buon umore, forte del vantaggio accumulato e della consapevolezza di avere ancora del tempo libero, prima che riprenda la rumba del Tour. «Manca ancora metà del giorno di riposo – sorride – spero che finiremo velocemente la conferenza stampa così potrò rilassarmi nella mia stanza e guardare un bel film…».
Vingegaard ha detto che ieri ha avuto la migliore prestazione della sua vita. Cosa significa per te?
Penso che ieri tutti abbiamo assistito a una delle migliori esibizioni in salita di sempre. Anche per me, quando ho controllato i miei numeri, è stato davvero pazzesco. Soprattutto la parte in cui Matteo Jorgenson e Jonas sono andati in testa, sono stati i numeri più alti che abbia mai fatto nella mia carriera. E’ stato un grande giorno. E si capisce che Jonas è venuto qui preparato a lottare per la vittoria. Ieri finalmente hanno mostrato le palle e hanno colpito forte. Alla fine è stato uno sforzo totale, dal basso e fino alla cima. E’ stata una tappa pazzesca, davvero pazzesca.
Si è molto parlato del fatto che tu abbia battuto il record di Pantani.
Marco Pantani ha fatto la doppietta. Giro-Tour, penso che fosse l’anno in cui sono nato. Purtroppo in Italia Marco Pantani è il dio del ciclismo, ma personalmente non mi piacciono questi confronti. Ci sono quasi 30 anni di differenza, quindi non voglio pensare alla doppietta in termini di un confronto. Mi concentro ogni giorno per raggiungere l’obiettivo in giallo, senza pensare a queste cose.
Hai letto i commenti sui social media?
Ci sono sicuramente commenti negativi, me ne sono reso conto negli ultimi due anni. In nessuna situazione puoi piacere a tutti. Anche se fai tutto alla perfezione, ci sarà sempre qualcuno a cui qualcosa non piace. Per alcuni non va bene se non vinci, per alcuni non va bene se attacchi in quel chilometro. Ci sono venuto a patti. Sui social non seguo quasi nulla, ho persone che mi aiutano in questo, soprattutto su Instagram. Il mio Instagram è una parte di me, sembra piuttosto bello, ma non guardo troppo cosa succede, perché penso che i social network siano una specie di veleno in questo nostro mondo.
La prestazione di ieri a cosa ti fa pensare?
Il ciclismo si sta evolvendo davvero tanto. Quando sei anni fa sono arrivato in questa squadra, non voglio parlarne male, ma era tutto totalmente diverso. Se confronto quest’anno con il mio primo alla Vuelta, allora era quasi tutto dilettantistico, eppure pensavo che fosse molto professionale. Andiamo avanti così velocemente perché le squadre si spingono a vicenda con la tecnologia, la nutrizione, con i piani di allenamento, con i ritiri in altura. Penso soprattutto alla Visma contro UAE e Ineos. Alla Lidl-Trek e alla Soudal-Quick Step. Ci rincorriamo per raggiungere i nuovi limiti. E così ieri abbiamo assistito alla scalata più veloce mai vista. E penso che potremmo vedere qualcosa del genere ogni anno, perché tutti si concentrano così tanto sui dettagli, altri limiti cadranno. Si ragiona su ogni singolo grammo di cibo, dove puoi risparmiare sulla bici. Stiamo andando molto veloci e per me è davvero impressionante vedere come sono cambiate le cose negli ultimi sei anni della mia carriera.
Quali sono gli aspetti che più hanno cambiato le cose?
La nutrizione, per quanto mi riguarda. Sei anni fa, quando ho iniziato, era tutto incentrato sui carboidrati. A colazione si mangiava pasta in bianco, riso bianco e magari frittata. Adesso facciamo una colazione più normale come riso, porridge, fiocchi d’avena. Ancora frittata, pane, pancake e già penso questa piccola cosa faccia la differenza. Per cui non hai più bisogno di mangiare la pasta al mattino. Il cibo è ponderato per la colazione, per la tappa, per il dopo la tappa, per i tempi in cui hai bisogno di mangiare. Quando un anno dopo di me Gorka si è unito al team, il nostro nutrizionista, per me è stato molto difficile seguirlo. Devo dire che ci sono voluti circa quattro anni per iniziare a concentrarmi davvero sul suo piano, perché non è facile seguire mentalmente così tanto l’alimentazione. Questo è stato un grande cambiamento.
E sulle bici?
Ora sono molto più veloci. Penso che le gomme facciano la differenza più grande rispetto a quelle che avevamo sei anni fa, dieci anni fa. Le ruote, l’aerodinamica, i telai. E’ semplicemente incredibile quanto sia diversa la bici adesso rispetto a cinque anni fa.
Ti abbiamo visto parlare più spesso di un tempo con Evenepoel: come è cambiato il vostro rapporto?
Quando lo guardavo in tv, sembrava un vero campione. Uno che non gliene frega niente di nessun altro, che ha sempre fatto le sue cose e vinceva davvero sempre tutto. Fra noi non abbiamo gareggiato quasi mai negli ultimi cinque, sei anni. E ora finalmente ci siamo trovati al Tour de France. Devo dire che in queste due settimane ho sviluppato tanto rispetto nei suoi confronti. Il modo in cui guida nel gruppo, non è nervoso, è davvero rispettoso verso tutti, per cui mi piace correre contro di lui. E’ un corridore di super classe.
Nell’ultima settimana ci sono più montagne che in qualsiasi altra settimana e poi la crono. Ti aspetti attacchi di Vingegaard?
Attaccherà di certo. Non penso che punteranno su entrambe le tappe, venerdì e sabato: penso che si concentreranno su una. Noi proveremo a fare la nostra gara, non credo che possano fare nulla di pazzesco. Siamo fiduciosi di poter andare al nostro ritmo e passare le montagne con quanti più corridori possibile, perché abbiamo una squadra super buona. Ma penso che sicuramente ci proveranno. Jonas ha detto che non rinuncerà alla lotta e penso che sia il giusto modo di pensare e parlare. Sarà una settimana dura in cui sicuramente vedremo molti fuochi d’artificio, da parte di tutti.
La tappa della Bonette può essere un ostacolo, vista l’altitudine e l’arrivo a Isola 2000?
Adoro il Col de la Bonette, è una salita super bella. L’ho fatta per la prima volta l’anno scorso ad agosto e mi è piaciuta. Amo quei passi sulle Alpi e poi la discesa verso Isola 2000, dove ci siamo allenati prima del Tour. Per cui non ho paura né apprensione e non vedo l’ora che quella tappa arrivi. La scalata a Isola 2000 è fantastica, simile a quella del Plateau de Beille. Invece la tappa di sabato è quasi la mia tappa di casa, direi che è la mia tappa di casa. Mi alleno molto su quelle salite. Le conosco molto bene e non vedo l’ora di trovarmi lì il prossimo fine settimana.
Che cosa ti fa paura?
Non so cosa temo di più, credo di non temere nulla. Ci sono ancora sei tappe da percorrere, prima di finire a Nizza con una cronometro davvero dura. Ovviamente non voglio ammalarmi o altro nell’ultima settimana, quindi proviamo a evitarlo. Nel complesso, sta girando molto Covid e molte malattie. Anche in salita, quando le persone sono così vicine, è difficile prevenirlo. Perciò, incrociamo le dita perché vada tutto liscio.
Ci sono corridori malati in gruppo?
Sembra di sì, Covid soprattutto. Il team di Aso ha provato a mettere le mascherine sui podi, dietro il podio e nelle zone con la stampa. Penso che più o meno tutti stiano sperimentando lo stesso Covid che ho avuto anche io prima del Tour. Era una lieve malattia, due giorni in cui mi sono sentito un po’ spento. Niente di veramente pazzesco. Qualcuno ha la febbre o qualcosa del genere, allora forse è meglio fermarsi.
Continui a escludere di andare anche alla Vuelta?
Manteniamo la percentuale del 99 per cento che non ci andrò quest’anno. Più probabile il prossimo.